Roberto G. Timossi (n. 1953), La prova ontologica dell’esistenza di
Dio di Kurt Gödel
Dopo che le geometrie non-euclidee avevano messo in discussione l'autoevidenza degli assiomi
della geometria di Euclide, i teoremi di Gödel palesavano come in un qualsiasi sistema ben
formalizzato non fosse sempre provata l'identificazione della verità con la coerenza logica; fatto
questo che faceva definitivamente tramontare l'ipotesi dell'esistenza di una verità logica o formale
di cui potersi dire assolutamente certi. I risultati dei teoremi di incompletezza e indecidibilità
parrebbero in tal modo scoraggiare anche qualsiasi programma volto a dimostrare l'esistenza di Dio
tramite un mero procedimento logico-formale; invece Gödel non si dimostrò di questa opinione, anzi
si propose di riprendere la prova ontologica leibniziana con l'intenzione di corroborarla avvalendosi
dei moderni strumenti della logica modale. Per capire questa sua decisione, che non dipende certo
esclusivamente dal suo temperamento spontaneamente religioso, occorre tenere presente
soprattutto due importanti componenti della sua impostazione culturale: il platonismo matematico e
la grande ammirazione per Leibniz.
[…]
La prova ontologica gödeliana fino a qualche hanno fa era poco nota, poiché essa risultava
conosciuta esclusivamente da pochi amici dell'autore e rimase dopo la sua morte tra le carte
inedite: soltanto nel 1987 è stata infatti pubblicata negli Stati Uniti all'interno di un volume che
raccoglie diversi scritti del grande matematico. Tra i motivi per cui il logico moravo non pubblicò in
vita la sua Ontologisches Beweis alcuni studiosi sostengono esservi stato il timore di venire
frainteso, ovvero di vedere la sua dimostrazione non apprezzata per il suo valore logico-formale, ma
interpretata come una deviazione verso il misticismo. È difficile stabilire come siano andate
realmente le cose; quello che é certo e che se da un lato Gödel concepiva la sua prova come un
teorema del tutto analogo ad altri teoremi logico-matematici, dall'altro lato essa rispondeva
all'istanza di fondo che angustiava il suo animo fin da giovane e che egli riassumeva nella seguente
domanda filosofica fondamentale: «È possibile ricondurre il mondo ad unità razionale?».
Dopo aver tentato nel 1949 di prospettare una soluzione originale delle equazioni della teoria
generale della relatività di Albert Einstein sulla base dell'ipotesi di un Universo in rotazione su se
stesso, con un tempo ciclico di settanta miliardi di anni e una linea temporale deformata (tutte
ipotesi oggi scartate dal modello cosmologico standard), dopo aver cioè proposto una descrizione
logica del cosmo, Gödel percepì che pure così al suo sistema continuava a mancare qualcosa di
essenziale: la ragione dell'esistenza del mondo secondo un ordine logico-matematico. La soluzione
di questo problema poteva venire secondo lui soltanto dalla dimostrazione razionale dell'esistenza di
Dio, ossia dalla necessità logica della presenza di un Ente che assommi in sé tutte le qualità
positive. È dunque da presupposti sia logici sia esistenziali che è scaturita nella sua mente
l'esigenza di concepire una nuova prova ontologica modale.
Chi legge l' Ontologisches Beweis di Gödel difficilmente riesce a non provare nello stesso istante
ammirazione e sconcerto: ammirazione per il rigore logico della dimostrazione; sconcerto per
l'arditezza della prova. Si tratta, infatti, di un teorema logico costituito da ventotto passaggi e
strutturato con formule ben formate di logica simbolica (accompagnate da alcune annotazioni
piuttosto scarne dell'autore), la cui conclusione equivale alla seguente perentoria affermazione:
«Dio esiste necessariamente, come volevasi dimostrare».
[…]
Premesso che con la lettera «G» si deve intendere «ente di natura divina» («G» sta infatti per
«Gott», «Dio» in tedesco), abbiamo:
– Definizioni:
1) Un ente è di natura divina [ «God-like» ] se e soltanto se ha quali proprietà essenziali tutte le
proprietà positive e soltanto proprietà positive.
2) A è un'essenza di x se e soltanto se per ogni proprietà B , x include B necessariamente
esclusivamente se A implica B.
3) x esiste necessariamente
necessariamente esistente.
se
e
soltanto
se
ogni
suo
elemento
essenziale
risulta
– Assiomi:
1) Se una proprietà è positiva, allora la sua negazione non è positiva.
2) Ogni proprietà che include una proprietà positiva è a sua volta positiva.
3) Essere un ente di natura divina è una proprietà positiva.
4) Se una proprietà è positiva, allora é necessariamente positiva.
5) L'esistenza necessaria è una proprietà positiva.
– Teoremi:
1) Una proprietà positiva è logicamente consistente [quindi è possibile che esista].
2) Se una cosa è un ente di natura divina, allora la proprietà dell'esistenza è un'essenza di
questa cosa [ossia gli appartiene per essenza].
3) Necessariamente esiste qualcosa che è un ente dalla natura divina, ovvero esiste almeno una
x tale che x è G.
– Dimostrazioni:
Prima dimostrazione:
a. Se G è un ente di natura divina, allora [in base alla definizione 1] possiede tutte le proprietà
positive e soltanto proprietà positive.
b. Ma G è un ente di natura divina.
c. Dunque, G possiede tutte le proprietà positive e soltanto proprietà positive.
Seconda dimostrazione:
a. Se G è un ente di natura divina, allora [stando all'assioma 3] è una proprietà positiva.
b. Ma G è un ente di natura divina.
c. Dunque, G è una proprietà positiva.
Terza dimostrazione:
a. Se G è una proprietà positiva, allora [in base dell'assioma 4] è necessariamente una proprietà
positiva.
b. Ma G è una proprietà positiva [conclusione della seconda dimostrazione].
c. Dunque, G è necessariamente una proprietà positiva.
Quarta dimostrazione:
a. Se G possiede tutte le proprietà positive, allora [stando all'assioma 5] possiede anche
l'esistenza necessaria in quanto è una proprietà positiva.
b. G possiede tutte le proprietà positive [conclusione della prima dimostrazione].
c. Dunque, G possiede anche l'esistenza necessaria.
Quinta dimostrazione:
a. Se G è un ente di natura divina, allora [in base al teorema 2] la proprietà dell'esistenza gli
appartiene per essenza.
b. Ma G è un ente di natura divina.
c. Dunque, a G appartiene per essenza la proprietà dell'esistenza.
Sesta dimostrazione:
a. Se G è una proprietà positiva, allora [secondo il teorema 1] è logicamente consistente.
b. Ma G è una proprietà positiva [conclusione della seconda dimostrazione].
c. Dunque, G è logicamente consistente [ossia è possibile].
Settima dimostrazione:
a. Se G è consistente, allora esiste necessariamente [in base alla conclusione della quinta
dimostrazione, la proprietà positiva dell'esistenza gli appartiene infatti per essenza].
b. Ma G è consistente [conclusione della sesta dimostrazione].
c. Dunque, G esiste necessariamente.
Come si può facilmente notare, la premessa maggiore della settima dimostrazione gödeliana è
del tutto simile a quella leibniziana: «Se Dio è possibile [consistente], allora esiste
necessariamente». Di fatto, l'esistenza di G (Dio) risulta o necessaria o impossibile, poiché in base
al «Teorema 2» e alla «Quinta dimostrazione» si tratta di un essere unico nel suo genere a cui
l'esistenza appartiene per essenza. Anche in base alla «Definizione 3», del resto, un ente divino
esiste necessariamente se ogni suo elemento essenziale risulta necessariamente esistente: e questo
è appunto il caso di Dio.
Per il logico-matematico moravo la natura divina rappresenta un'essenza e poiché a ogni essenza
corrisponde un solo ente, l'essere la cui essenza implica l'esistenza deve risultare esclusivamente
uno soltanto: Dio. Secondo Gödel non è dunque logicamente plausibile ammettere la possibilità di
un unico essere dotato di tutte le «proprietà positive», inclusa ovviamente l'esistenza, e poi non
riconoscergli una realtà effettiva, perché ciò rappresenterebbe una evidente contraddizione.
Facciamo infine notare come il concetto di proprietà positive ricordi la definizione leibniziana di
perfezione intesa come «ogni qualità semplice che sia positiva e assoluta» [G.W. leibniz, L'Essere
perfettissimo esiste, in Scritti filosofici, Utet, Torino 1967, vol. I, p. 261].
[…]
Nonostante l'indiscutibile genialità della prova gödeliana e la sua migliore strutturazione formale,
anche ad essa sono dunque applicabili le critiche mosse all'argomento modale leibniziano,
soprattutto per quanto concerne l'identificazione del possibile con il necessario e il passaggio diretto
dal contesto di un'esistenza ipotetica o meramente logica al contesto dell'esistenza reale od
ontologica. Non sussiste infatti alcuna dimostrazione in grado di provare la corrispondenza dei
mondi possibili della logica modale con un mondo reale: questo perché non si può escludere a priori
che non tutti i mondi logicamente ammissibili coincidano con un mondo realmente esistente. In
breve, non vi è alcuna argomentazione capace di garantire l'assoluta identità tra esistenza possibile
ed esistenza necessaria.
Concludiamo l'esposizione dell' Ontologisches Beweis gödeliana rammentando come l'ente di
natura divina dotato di tutte le proprietà positive e necessariamente esistente non venne da Gödel
relegato nel ruolo del «Dio della ragione» di fronte al quale - come ha scritto il filosofo tedesco
Martin Heidegger - «l'uomo non può pregare, non gli può sacrificare e […] non può per timore
cadere in ginocchio» [M. Heidegger, Identità e differenza , “Aut Aut”, 187-188 (1982), pp. 2-37]. A
differenza della concezione un po' intellettualistica del divino quale «mente superiore» professata
dall'amico Albert Einstein, il logico moravo considerava infatti Dio non solo un'entità razionale
logicamente dimostrabile, ma anche un essere degno di venerazione.
da R.G. Timossi, Prove logiche dell'esistenza di Dio da Anselmo d'Aosta a Kurt Gödel . Storia critica
degli argomenti ontologici , Marietti 1820, Genova-Milano 2005, pp.437-445.