IL CUORE E LA MANO
Essere trasparenza di Dio per gli altri
Si dice spesso che la nostra società e, di conseguenza, le nostre
comunità di credenti abbiano bisogno di testimoni e di maestri.
La mancanza di punti di riferimento chiari o di personalità che
siano per davvero dei luminari di saggezza si fa sentire, in particolare nei momenti di disorientamento e difficoltà.
di fra Martino Dotta, cappuccino
cuore
Il discorso vale sia sul piano individuale che collettivo: qualsiasi essere umano ed ogni gruppo di persone necessitano di orientamenti precisi, di valori
sui quali costruire i loro rapporti interpersonali, dei
motivi fondati per il loro impegno di fede e per le
loro attività sociali o politiche (nel senso più ampio
possibile dei termini). Come ricordano gli scritti del
Nuovo Testamento, non basta dire di amare Dio
(che non si vede), se non si riesce a vivere un amore
autentico nei confronti delle sorelle e dei fratelli
umani (che invece si vedono, eccome!). Il nostro
credere deve essere in sintonia con il nostro dire e
fare o, viceversa, le nostre scelte morali ed azioni
devono rispecchiare le convinzioni spirituali che
sono in noi. In questo campo, come in altri, la concretezza è la parola d¹ordine e deve fare inevitabilmente rima con coerenza e trasparenza.
Non mi riferisco al principio usato da alcuni partiti che rivendicano (a ragione, per carità!) maggiore
rigore nel gestire i beni pubblici, senza però dichiarare il loro vero intento: il taglio degli aiuti statali
alle fasce di popolazione più deboli, secondo il criterio per cui la responsabilità di condizioni precarie
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il dialogo 3/07
va addossata soltanto a chi le subisce. La trasparenza in questione è un'attitudine interiore, un modo
d¹essere, una virtù umana e nel contempo divina.
In sostanza, si tratta di lasciar trasparire attraverso
il proprio comportamento la fede che muove il
cuore e la mente; si tratta di essere "un'immagine
divina in questa realtà", come canta Franco
Battiato. Si tratta di "vivere come Cristo ha vissuto", ci ricorda san Paolo! Ciò non ha pertanto nulla
a che vedere con giochi di parole e di potere, né
interessi materiali da difendere talvolta a discapito
di quanti si trovano in difficoltà. Come spesso si
sostiene: Dio non ha mani se non le nostre mani,
nemmeno voce, piedi, orecchie, occhi e cuore, se
non i nostri, vale a dire la disponibilità che Gli
diamo di diventare anche con il nostro corpo!
strumenti di bene per gli altri, indistintamente.
Per quanto ardito possa sembrare una simile affermazione, in realtà, se non collaboriamo con Dio
nel dare forma al Suo disegno salvifico, Lui si trova
le mani legate. La nostra vera vocazione umana
consiste quindi nel diventare esseri umani per davvero, nel mostrare tramite le intenzioni, i fatti e le
parole che siamo creati a immagine e somiglianza
divina. Il che significa essere capaci d¹intendere e
volere come Gesù ha inteso, voluto e agito, di
modo che vedendo noi le altre persone possano
scorgere, come in una vetrata variopinta di una
chiesa, le sembianze dell'agire divino.