Classe 5° B liceo Anno Scolastico 2013/2014 FRANCESCO RAVASIO PRESENTA Introduzione La dieta mediterranea è un modello di alimentazione caratterizzato dal consumo di prodotti vegetali tipici delle zone a clima temperato, come l’Italia. Più precisamente stiamo parlando di cereali, olio e vino. I cereali occupano un ruolo di primaria importanza dovuto ad un’abitudine tipicamente nostrana ,che vede i suoi più importanti derivati (pane e pasta) come i protagonisti della tavola italiana. E’ proprio a questa abitudine che ricondotta la soddisfacente quantità di carboidrati complessi, presenti nella dieta mediterranea. Questo è in perfetto accordo con quanto prescrivono le più moderne teorie circa un’alimentazione corretta. Un’altra caratteristica della nostra alimentazione è quella di condire usando l’olio di oliva, un alimento estremamente sano e genuino, un’ottima fonte di grassi vegetali che secondo recenti studi ha la capacità di proteggere il fegato prevenendo la formazione di tumori. Infine vi è il vino, che bevuto con moderazione fa bene alla salute , mentre il consumo eccessivo è causa di un danno organico multiplo. Non vi è solo questo, la dieta mediterranea comprende anche l’assunzione di molteplici alimenti quali legumi, ortaggi, frutta, uova, e formaggio; tutti alimenti che danno un grosso contributo nell’integrare la qualità dell’apporto proteico assicurato dai cereali, nell’equilibrare la razione lipidica, con le giuste quantità di acidi grassi insaturi e nel fornire una quantità fisiologicamente adeguata di fibra alimentare. Per quanto riguarda i prodotti del mondo animale la dieta mediterranea tende a consigliare un consumo di pesce più largo rispetto a quello della carne, questo è dovuto soprattutto alla presenza dell'ambiente marino, che ha plasmato e determinato la storia dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Il pesce gode principalmente di ottime quantità proteiche, di acidi grassi essenziali e di molti sali minerali Per quanto riguarda la carne la sua importanza viene ridimensionata, preferendo quella bianca (pollo,coniglio,tacchino), alle carni rosse suine e bovine. Altra importante caratteristica degli alimenti tipici mediterranei è la loro adattabilità nel formare piatti unici, assicurando in una sola portata tutti gli apporti nutritivi necessari, rendendo più facile la realizzazione di un conveniente equilibrio tra la spesa e l’assunzione di energia. Così facendo si risparmia efficacemente in termini di tempo e denaro rispetto al primo e al secondo piatto abituali, quindi aggiungere a questi piatti unici un secondo tradizionale sarebbe inutile ed eccessivo. I dolci sono poco presenti nella dieta mediterranea ma essa, essendo una dieta variata, ne consente l'utilizzo una volta alla settimana. La dieta mediterranea rappresenta, per noi italiani, uno schema nutrizionale che ci viene tramandato come una delle più importanti tradizioni familiari: riunirsi la domenica intorno ad una tavola imbandita, assaporando cibi preparati con cura e amore è sicuramente ciò che caratterizza l’essere italiani. Oggi essa , secondo le moderna teorie alimentari, acquisisce rinnovata validità grazie alla sua riconosciuta adattabilità alle esigenze della vita moderna. La Tradizione alimentare mediterranea ha, negli usi della gente, radici tanto forti da riuscire a perdurare dinnanzi allo scorrere dei secoli e all’incalzare sempre più prepotente di nuovi e apparentemente più moderni modelli di alimentazione. Essa può essere interpretata come una vera e propria filosofia di vita, incentrata sull’alimentazione, oltre che essere una parte della nostra storia che merita di essere salvaguardata con vigore perché in essa si ritrova il più grande vanto di tutta l’Italia. Un po’ di Storia Le sponde del Mediterraneo hanno visto gli albori delle più antiche civiltà, ma secondo alcuni studi la dieta mediterranea potrebbe essere ancora più antica, addirittura la sua nascita potrebbe coincidere con la nascita dell’agricoltura, ben 10.000 anni fa nel Neolitico. Quello che sappiamo per certo è che sono stati gli antichi Greci a tramandarla a noi, con la triade alimentare classica:frumento, olio e vino. Queste abitudini sono rimaste radicate e mantenute attraverso i secoli, fino alla miseria che ha caratterizzato tutto il Medio Evo, quando il popolo era obbligato ad integrare con prodotti della terra e verdure di raccolta la scarna dieta a sua disposizione. Successivamente la tradizione contadina meridionale ha tesaurizzato le povere risorse alimentari con una saggia distribuzione dei suoi componenti. In effetti è stata proprio la tradizione alimentare dei contadini meridionali che ha elaborato nei secoli quel sistema alimentare che oggi va sotto il nome di Dieta Mediterranea, e che un nutrizionista americano ha studiato e codificato con questo nome. Ancel Benjamin Keys (1904-2004) è stato un biologo e fisiologo statunitense, noto soprattutto per i suoi studi sulla distribuzione e sulla frequenza delle malattie cardiovascolari, che lo condussero a formulare le ipotesi sull'influenza dell'alimentazione su tali patologie e sui benefici apportati dall'adozione della cosiddetta dieta mediterranea. Attraverso un’ampia indagine chiamata “Seven Countries Study” (studio di sette paesi mediterranei quali:Italia, Grecia, Spagna, Marocco,Cipro), mise a fuoco la relazione tra alimentazione dei paesi mediterranei e statistiche sulle patologie dell’apparato cardiocircolatorio. Lo studio, considerato una pietra miliare della scienza della nutrizione, dimostra che la causa delle migliori condizioni di salute dei cittadini dei paesi mediterranei, soprattutto per quanto riguarda le malattie cardiovascolari, è proprio l’alimentazione. Il suo nome è anche legato alla formulazione, nel 1942, durante la seconda guerra mondiale, della Razione K, che costituì la base per l'alimentazione di sussistenza dell'esercito americano. Lui , che visse per anni in un paesino del Sud Italia, provando sulla sua pelle i benefici della dieta Mediterranea, morì all’età di 101 anni. Dal dopoguerra in poi, l’alimentazione degli Italiani ha visto un aumento del consumo dei prodotti di origine animale, principalmente della carne bovina, e dello zucchero raffinato, rispetto ad altri alimenti ed un calo per quanto riguarda i cereali minori ed il riso. Inoltre è calato il consumo di vino a favore della birra e dei super alcolici. Possiamo concludere che negli ultimi decenni l’italiano medio ha abbandonato i nostri tradizionali modelli, per adottare i modelli alimentari d’importazione della tipica società opulenta occidentale. Il risultato è l’aumento dell’incidenza di malattie che, si è accertato, siano favorite dalle errate scelte alimentari. Nel 2008 l’Italia si vide promotore di una richiesta verso l’UNESCO affinché le dieta mediterranea venisse inserita fra i patrimoni culturali immateriali dell’umanità, richiesta che venne accettata nel 2010. La Triade Alimentare Fondamentale Il Vino Il vino è una bevanda alcolica, ottenuta esclusivamente dalla fermentazione del frutto della vite ovvero l'uva, una bacca classificata nel gruppo della frutta carnosa con semi. Le bacche o acini sono organizzate in grappoli e sono uniti al raspo tramite un pedicello contenente fasci vascolari. La maturazione degli acini dipende da vari fattori: - Elevata luce solare, oltre che per la normale fotosintesi la luce determina un riscaldamento delle superfici e dei tessuti, aumentando la concentrazione di zuccheri e innalzando il pH e regolando la presenza di acido malico e composti fenolici. -Temperatura ottimale, velocizza i processi metabolici e quindi rende più rapida la maturazione -Regime idrico, sé troppo abbondante provoca una maturazione prematura, con acini più piccoli con attività enzimatiche elevate. L’uva si considera matura quando possiede un tenore di zuccheri pari a 180/ 200 g/L, valore che dipende molto dal clima. Dopo aver messo in funzione gli ingranaggi della pigiatrice otterremo il mosto, esso è un liquido zuccherino semidenso nel quale sono disciolte tutte le varie sostanze che erano nell’uva: la percentuale d’acqua si aggira fra il 70/80%, la concentrazione di zuccheri (suddivisi fra glucosio, fruttosio e altri pentosi) è in media del 20%, inoltre vi è una presenza di pectine intorno allo 0,3%. In concentrazioni molto inferiori possiamo trovare acidi organici (Tartarico, Malico e Citrico), polifenoli, proteine e minerali quali calcio,potassio, manganese,ferro e altri…. Una volta ottenuto il mosto bisogna metterlo in condizione di fermentare, cosa che avverrà naturalmente dopo 4-5 ore dalla pigiatura. La fermentazione alcolica, che è il processo alla base della produzione del vino, è operata, in condizioni di anaerobiosi, da specifici lieviti che, attraverso una serie di reazioni, trasformano gli esosi del mosto in alcol etilico, prodotto primario, ed in glicerina che è il componente più abbondante tra i prodotti secondari. La fermentazione prosegue poi attraverso due vie diverse: dalla fosfogliceraldeide si ottiene l’alcol etilico e dal fosfodiossiacetone si ottiene la glicerina, molecola molto importante dal punto di vista organolettico, perché conferisce un carattere di morbidezza al vino. Numerose indagini cliniche ed epidemiologiche hanno posto l’accento sull’azione protettiva del vino nei confronti del cuore e dei vasi sanguigni. I responsabili di questi benefici sono i polifenoli, in particolare il resveratrolo. Non tutti i vini sono però uguali; gli alimenti antiossidanti sono infatti presenti soprattutto nei rossi invecchiati, molto meno nei vini giovani e nei bianchi. I componenti del vino agiscono a vari livelli: • hanno un effetto antiossidante e antinvecchiamento; • agiscono positivamente su colesterolo, trigliceridi e glicemia basale; • inducono un aumento della sensibilità dei tessuti all’azione dell’insulina; • hanno un’azione fibrinolitica e antitrombotica. È stato ipotizzato un ruolo protettivo del vino anche nei confronti del morbo di Alzheimer e di altre malattie degenerative del sistema nervoso. Anche in questo caso il merito andrebbe agli antiossidanti e in particolare al resveratrolo. I benefici del vino non finiscono qua, l’assunzione moderata di vino sembra avere un effetto benefico sulle ossa, contrastando l’osteoporosi, tanto negli uomini quanto nelle donne, inoltre contiene acido acetilsalicilico, il principio attivo dell’aspirina e chi ne beve un paio di bicchieri al giorno ne introduce una quantità analoga a quella consigliata per prevenire l’infarto. Alcuni studi hanno ipotizzato un effetto positivo del vino bianco nella prevenzione delle malattie reumatiche; tale beneficio sarebbe dovuto a due sostanze - tirosolo e acido caffeico – in grado di contrastare l’infiammazione. Infine un’avvertenza, il vino è pur sempre una sostanza alcolica e quindi non va somministrata ai minori di 16 anni poiché prima di questa età gli enzimi, in grado di assimilare l’alcol, sono completamente assenti. L’Olio Gli effetti salutari del modello mediterraneo dipendono anche dal fatto che la nostra dieta è povera di grassi di origine animale(lardo,burro,panna), efficacemente sostituiti da quelli di origine vegetale di cui l’olio è il principale fornitore. L’olio di oliva è ricco di acidi grassi monoinsaturi e contiene un’alta percentuale di acido oleico oltre a essere una buona fonte di acido linoleico che se assunto in dosi ottimali (30g. al giorno) favorisce la produzione di alcuni ormoni, regola il livello di colesterolo e combatte l’ipertensione. L’olio è composto principalmente da trigliceridi semplici e misti. Un trigliceride semplice è un trigliceride in cui tutti e tre gli acidi grassi sono uguali, mentre nei trigliceridi misti uno o più acidi grassi si differenziano dai rimanenti, c’è da dire anche che gli acidi grassi naturali non hanno catene ramificate e contengono un numero pari di atomi di carbonio. L’olio contiene inoltre minime quantità di digliceridi che possono essere degli 1,2 digliceridi oppure degli 1,3 digliceridi. Gli 1,2 digliceridi sono i precursori dei trigliceridi e derivano quindi da una incompleta biosintesi, mentre gli 1,3 digliceridi derivano dal processo di idrolisi dei trigliceridi. Questo aspetto è molto importante perché il rapporto tra 1,2 digliceridi ed 1,3 trigliceridi ci dà un'idea dello stato di conservazione dell'olio. Se prevalgono gli 1,2, che come abbiamo detto derivano dal naturale processo di biosintesi, significa che l'olio è fresco, se prevalgono gli 1,3, che derivano invece dalla degradazione enzimatica, significa che siamo in presenza di un olio invecchiato. Degli studi hanno dimostrato il ruolo benefico di alcune componenti minori come i polifenoli, che abbondano soprattutto nell’extravergine, capaci di contrastare la formazione di placche che sporcano e fanno irrigidire i vasi sanguinei. L’olio di oliva è l’unico tipo di olio ricavato dalla spremitura dei frutti invece che dai semi; la tipologia di olio detta “vergine” o “extra vergine” si ricava dalla spremitura puramente meccanica delle olive, che sono appunto il frutto dell’ ulivo, che è la pianta più diffusa e più caratteristica di tutta l’area mediterranea. In antichità si diceva che il mediterraneo finiva quando finivano gli ulivi. L'olio di oliva, alimento principe della dieta mediterranea, è il condimento da preferire in assoluto sia crudo, sia per cucinare. Il suo elevato punto di fumo (210 °C per l'olio extravergine di oliva) ne fa uno dei condimenti più adatti per le fritture. L'olio di oliva ha tuttavia un altissimo valore energetico (899 Kcal per 100 grammi) e per tal motivo, nonostante le sue benefiche proprietà, è bene non abusarne, specie in caso di obesità e sovrappeso. Il Frumento e i suoi derivati Per ultimo, ma non per importanza, troviamo il frumento,appartenente alla famiglia delle graminacee. Esso è la prima fra le piante a essere stata coltivata dall’uomo, addirittura nell’Odissea gli uomini vengono definiti come “mangiatori di pane”. Oltre al pane, immancabile sulle nostre tavole, il derivato del frumento che a noi è più caro è senza dubbio la pastasciutta , o pasta, come è più comodamente chiamata. Essa è un alimento a base di semola o farina in piccole forme regolari destinate a una cottura in acqua calda e accompagnate da una salsa, da un sugo o da altro condimento. La sua produzione avviene mediante alcune operazioni tecniche specifiche che sono: miscelazione e la lavorazione degli ingredienti (che origina l'impasto), frammentazione e formatura (per definire la pezzatura della pasta alimentare), eventuale essicazione (per ridurre al minimo l'umidità). La pasta è un alimento ad alta densità energetica (350kcal/100g) prevalentemente glucidica (87% dell’energia fornita), in particolare stiamo parlando di amidi. L’amido è un polisaccaride caratterizzato da un gran numero di unità di glucosio unite fra loro da un legame glicosidico α(1-4) ed è . il più diffuso polisaccaride di origine vegetale. Il tenore proteico della pasta è modesto (12% , dell’energia) ed è caratterizzato da peptidi che , possono essere oggetto di intolleranza alimentare (celiachia), il contenuto di lipidi totali è trascurabile (circa 1%), così come quello di acidi grassi essenziali e vitamine liposolubili. L'apporto di vitamine idrosolubili è inversamente proporzionale al grado di raffinazione della farina così come quello di sali minerali, l'apporto di fibra è insufficiente per la pasta alimentare raffinata, mentre raggiunge livelli soddisfacenti per quella integrale. Negli ultimi anni sono stati intensificati gli studi su questo alimento e sono state rilevate notizie molto interessanti, come la capacità di abbassare il livello di colesterolo nel sangue, e di aiutare la tiroide a funzionare con regolarità. Di recente la pasta è tornata ad essere fondamentale anche nell’alimentazione degli sportivi, per l’alto valore energetico e la digeribilità rapida. Gli Alimenti Minori La Frutta La frutta, in special modo gli agrumi, rappresentano un’altra pietra miliare dell’alimentazione mediterranea. Essa contiene un altro livello di acqua e di vitamina C ed A oltre che al fruttosio, uno zucchero semplice permesso anche ai diabetici in dosi controllate. La Verdura La verdura fresca contiene vitamine antiossidanti A,E,C e B; le ultime due tendono a degradarsi durante la cottura e quindi è consigliabile consumare verdura cruda. Essendo gli ortaggi dei prodotti della terra ne assorbono molti elementi quali: ferro, calcio, fosforo, potassio, manganese, magnesio; tutte sostanze indispensabili per l’organismo. Le fibre contenute nelle verdure agevolano le funzionalità intestinali e sono utili a chi vuol dimagrire perché saziano fornendo pochissime calorie. Il Riso Il riso è un dono dell’oriente, coltivato da millenni in Cina, è sbarcato sulle nostre coste con l’arrivo degli Arabi in Sicilia e Spagna. Da lì la coltura è poi passata in Piemonte e Lombardia dove l’abbondante regine idrico del Po e dei fiumi limitrofi permetteva di irrigare a sufficienza le piantine. Esso fornisce la stessa quantità di energia della pasta ma è molto più digeribile e completamente assimilabile. Il Pesce Il Pesce è facilmente digeribile se cucinato semplicemente. Il suo contenuto di grassi varia da specie a specie ( si va dall’ 1% per l’orata all’ 9% per lo sgombro) ma in ogni caso i loro lipidi contengono acidi grassi del tipo omega-3, è stato più volte dimostrato che hanno un’azione benefica per il cuore. Esso è anche una preziosa fonte di sali minerali come il selenio e lo iodio. Il Formaggio Il formaggio è uno degli alimenti più primitivi prodotti dall’uomo, ma è anche uno dei più nutrienti che esistano. Prodotto derivato interamente dal latte esso è molto ricco di proteine, grassi, vitamine e calcio. Come per la carne il consumo di formaggio deve essere molto contenuto a causa della presenza di colesterolo e grassi saturi, dannosi per la salute se ingeriti in abbondanza. Per Una Corretta Alimentazione L’organismo umano può essere considerato come una macchina alla quale si chiede un certo rendimento, ovviamente il funzionamento di questa macchina è tanto migliore quanto maggiore è la quantità di energia che viene trasformata in “lavoro”. L’energia che il nostro organismo trasforma in lavoro è l’energia chimica contenuta nelle molecole delle sostanze alimentari . Quando ci nutriamo è opportuno introdurre nel nostro corpo alimenti plastici, ossia capaci di formare nuove parti del nostro corpo, e che sono più comunemente conosciuti come proteine ; ed alimenti termodinamogeni quali carboidrati e grassi che sono il vero e proprio combustibile del nostro corpo. Non appena ingeriamo gli alimenti sopracitati, i fenomeni di ossidazione interna che avvengono nel nostro organismo, subiscono un’accelerazione del 13% per i grassi , 30% per i carboidrati e 60% per le proteine. Questa osservazione dimostra che il nostro corpo non ha fretta di eliminare i grassi, che invece tende ad accumulare, brucia più rapidamente i carboidrati e tende sbarazzarsi subito delle sostanze proteiche poiché esse sono le sostanze alimentari meno adatte per produrre energia, se a questo aggiungiamo la considerazione che esse sono molto più “care” dei carboidrati e dei grassi, ne risulta che noi non dobbiamo cibarci di proteine oltre alla quantità necessaria per sopperire alle perdite del nostro organismo. Per precisare meglio l’importanza di limitare le proteine al loro preciso ufficio osserviamo le seguenti cifre, che rappresentano l’apporto energetico: • I carboidrati = 4200 cal/gr • I grassi = 9400 cal/gr • Le proteine = 5800 cal/gr A vederle così si direbbe che le proteine siano molto più energetiche dei carboidrati, dobbiamo però tener conto dell’energia utilizzata dal nostro organismo per assimilarle, una specie di “prezzo” da pagare. Il “prezzo” da pagare per assimilare di un chilogrammo di proteine sta a quello di ugual peso di grassi e di proteine come 1 : 3 : 6 , da questa proporzione risulta che per bruciare un grammo di proteine serve sei volte l’energia rispetto ad un grammo di carboidrati e ciò rende le proteine un combustibile carissimo e inadatto. Si aggiunga poi che a differenza dei carboidrati e grassi, che bruciano completamente formando acqua e anidride carbonica, le proteine si riducono ad urea ed acido urico, quest’ultimo è la causa di gravi malattie diffuse soprattutto nelle classi più agiate quali: gotta, artrite, renella ecc…. Per quanto riguarda le sostanze grasse non c’è molto da dire, tranne che il loro accumulo esagerato porta all’obesità e a tutti i problemi ad essa collegati: diabete, ipertensione, problemi cardiaci e circolatori…E’ sana norma d’igiene reagire ai primi sintomi di sovrappeso con un pronto ed attivo esercizio muscolare e con una razionale diminuzione della dieta alimentare. I carboidrati sono le sostanze che più dobbiamo preferire per fornire forza e calore al nostro corpo. Gli zuccheri e l’amido sono solubili per semplice azione della saliva; da qui la necessità di insalivare molto bene questi cibi nella masticazione, altrimenti la loro digestione, che in tali condizioni è facilissima, non si effettua nello stomaco, ma solo laboriosamente ed incompletamente nell’intestino. Dopo aver detto tutto ciò una domanda sorge lecita, quanto di queste tre specie di alimenti deve ingerire un uomo adulto per vivere sano ed evitare ogni eccesso di alimentazione ? Cominciando dalle sostanze proteiche è stato fissato un quantitativo di circa 30 gr al giorno fino a un massimo di 50 gr , quantità più che sufficiente per un uomo sano che lavori. Quanto ai grassi la cifra è molto variabile, specialmente in rapporto all’ambiente in cui si vive e a al lavoro eseguito; in climi e stagioni fredde il consumo di grassi è assai maggiore che in condizioni opposte, al pari durante un periodo di intenso lavoro muscolare. Possiamo comunque assegnare una media di 50-80 grammi al giorno. In fine per i carboidrati la quantità fissata è più abbondante è si aggira intorno ai 350-400 grammi al giorno. Dieta e Letteratura Il Manifesto della Cucina Futurista, scritto interamente da Filippo Tommaso Marinetti è una raccolta di pensieri, convinzioni e intenzioni dei Futuristi riguardanti la cucina e la gastronomia. Oltre all'eliminazione della pastasciutta, il Manifesto predica l'abolizione della forchetta e del coltello, dei condimenti tradizionali, del peso e del volume degli alimenti e della politica a tavola; auspica la creazione di «bocconi simultaneisti e cangianti», invita i chimici ad inventare nuovi sapori e incoraggia l'accostamento ai piatti di musiche, poesie e profumi. L'idea di un Manifesto simile prende le mosse da una cena di Marinetti al ristorante milanese Penna d'oca, avvenuta il 15 novembre 1930. Al termine, il fondatore del futurismo preannuncia il Manifesto della cucina futurista, che sarà pubblicato il 20 gennaio 1931. Secondo i futuristi la cucina riveste un ruolo molto importante nella vita delle persone, tanto da dover essere equiparata alle arti più 'nobili', come la letteratura e le arti figurative. nel Manifesto è scritto “...Pur riconoscendo che uomini nutriti male o grossolanamente hanno realizzato cose grandi nel passato, noi affermiamo questa verità: si pensa si sogna e si agisce secondo quel che si beve e si mangia...Il cibo deve contraddistinguere il popolo che ne usufruisce: la cucina futurista deve impedire che l'Italiano diventi cubico massiccio impiombato da una compattezza opaca e cieca. Si armonizzi invece sempre più coll'italiana, snella trasparenza spiralica di passione, tenerezza, luce, volontà, slancio, tenacia eroica. Prepariamo una agilità di corpi italiani adatti ai leggerissimi treni di alluminio che sostituiranno gli attuali pesanti di ferro legno acciaio.” In altre parole, dal cibo dipende la forza di un popolo, e i futuristi credono fermamente che nell’imminente conflitto vincerà il popolo più agile, più scattante adatto ad una vita sempre più aerea e veloce. Secondo il Manifesto, affinché il popolo italiano vinca questa futura conflagrazione è necessaria l'abolizione della pastasciutta. Marinetti nomina inoltre un professore napoletano suo amico, il dott. Signorelli, il quale gli avrebbe confidato che "...a differenza del pane e del riso la pastasciutta è un alimento che si ingozza, non si mastica. Questo alimento amidaceo viene in gran parte digerito in bocca dalla saliva e il lavoro di trasformazione è disimpegnato dal pancreas e dal fegato. Ciò porta ad uno squilibrio con disturbi di questi organi. Ne derivano: fiacchezza, pessimismo, inattività nostalgica e neutralismo". Infine, secondo i futuristi l'abolizione della pastasciutta libererà l'Italia dal costoso grano straniero e favorirà l'industria italiana del riso. Il Pensiero e L’Alimentazione Nel 1850 Feuerbach recensisce favorevolmente “Lehre der Nahrungsmittel für das Volk” (Dell’alimentazione: trattato popolare), uno scritto di Jakob Moleschott sull'alimentazione, interpretata come la base che rende possibile il costituirsi e perfezionarsi della cultura umana: un popolo può migliorare migliorando la propria alimentazione. Significativo è il titolo che egli diede poi ad un suo scritto del 1862: “Il mistero del sacrificio o l'uomo è ciò che mangia”; cioè esiste un'unità inscindibile fra psiche e corpo, per pensare meglio dobbiamo alimentarci meglio. L’obiettivo manifesto che Feuerbach si pone è, naturalmente, quello di sostenere un materialismo radicale e anti-idealistico, a tal punto da portarlo a sostenere che noi coincidiamo precisamente con ciò che ingeriamo. Forse questa coincidenza tra essere e mangiare potrà sembrare un po’ eccessiva, ma è innegabile il fatto che, se siamo, è perché mangiamo. Il compito degli scritti di Feuerbach, come egli stesso afferma, è di abbattere le illusioni e i pregiudizi del presente, traendo la filosofia da quello che egli chiama il regno delle anime morte per reintrodurla nel dominio delle anime vive, radicalmente legate al corpo e alla sensibilità. Per ora il problema è di trarre l'uomo fuori dal pantano in cui era sommerso , non ancora di rappresentare l'uomo quale è. Si tratta in altre parole di dedurre dalla teologia la necessità di una filosofia dell'uomo, di un'antropologia, capendo gli errori concettuali del pensiero pregresso. Questo è il compito che Feuerbach assume per il suo filosofare, provvedendo con i suoi scritti a renderlo noto ed accessibile. In una delle sue ultime opere, “Spiritualismo e materialismo” (1866), Feuerbach ribadisce la sua concezione dell'individuo come organismo sensibile caratterizzato da bisogni, polemizza contro il dualismo di anima e corpo e, nega l'esistenza del libero arbitrio. Per molti aspetti le tesi di Feuerbach saranno uno spunto per il lavoro di Marx, che comunque non tarderà a criticare; nei Manoscritti del 1844 Marx definirà Feuerbach il solo che sia in un rapporto serio e critico con la dialettica hegeliana. Mediterranean Diet Pyramid The Harvard School of Public Health, and the European Office of the World Health Organization introduced the classic Mediterranean Diet in 1993 at a conference in Cambridge, MA, along with a Mediterranean Diet Pyramid graphic to represent it visually. The pyramid continues to be a well -known guide to what is now universally recognized as the “gold standard” eating pattern that promotes lifelong good health. It has been widely used for years by consumers, educators, and health professionals alike to implement healthier eating habits. The pyramid was created using the most current nutrition research to represent a healthy, traditional Mediterranean diet. It was based on the dietary traditions of Crete, Greece and southern Italy circa 1960 at a time when the rates of chronic disease among populations there were among the lowest in the world, and adult life expectancy was among the highest even though medical services were limited. The key to this longevity is a diet that successfully resisted the last 50 years of “modernizing” foods and drinks in industrialized countries. These modern trends led to more meat (mostly beef) and other animal products, fewer fresh fruits and vegetables, and more processed convenience foods. Ironically, this diet of “prosperity” was responsible for burgeoning rates of heart disease, obesity, diabetes, and other chronic diseases. Curiosità dalla prima Guerra Mondiale Lo straniero passa, l’italiano no: la prima guerra mondiale in campo gastronomico assume un esito opposto rispetto a quello che avrebbe avuto nelle trincee. La bevanda di origine straniera, ovvero il caffè, solo dopo la prima guerra mondiale entrerà a far parte della prima colazione di tutti gli italiani. Un alimento che stava alla base della dieta popolare di parecchie regioni dell’Italia settentrionale, il riso, diventa l’incubo dei soldati meridionali che, una volta tornati a casa, si rifiuteranno di mangiarlo ancora per dimenticarsi delle orride minestre di riso che arrivavano in trincea. E altre simpatiche questioni gastronomiche avvenivano tra le nostre fila sul fronte: Le arance sull’Adamello In un diario di un’ufficiale degli alpini si racconta della sorpresa dei soldati originari dell’Abruzzo schierati sull’Adamello quando arrivano in prima linea casse piene di strane palle arancioni, mai viste in precedenza. Gli alpini le afferrano e le mangiano così come si trovano e sta all’ufficiale spiegare che bisogna sbucciarle e che si chiamano arance. Le miniere di bollito Si racconta che i soldati meridionali, si ritrovassero in trincea per la prima volta ad avere a che fare con un cibo a loro sconosciuto, il bollito, che invece uno stato maggiore ad alto tasso di piemontesi fa distribuire in abbondanza nelle caldaie portate al fronte. La leggenda narra che i fanti settentrionali prendessero in giro i commilitoni meridionali raccontando loro che esistevano le miniere di bollito, dove la carne si estraeva tagliandola direttamente dalle pareti della gallerie sotterranee, un po’ come si fa con il carbone. E pare che invariabilmente qualche ingenuo ci cascasse, con gran divertimento di tutti gli altri. Caporetto… e dopo fu caffè a colazione All’indomani della sconfitta di Caporetto, l’esercito italiano si rischiera lungo il Piave, e c’è bisogno che i fanti stiano ben all’erta per non far passare lo straniero. E quindi che bevano caffè. La circolare del novembre 1917 prevede che al mattino vengano distribuiti otto grammi di caffè e dieci di zucchero. Nel tempo le dosi saranno aumentate fino ad arrivare a venti grammi. I soldati, una volta tornati a casa, continueranno a bere caffè al mattino, determinando in tal modo un cambiamento definitivo della prima colazione di tutti gli italiani. Il riso al fronte Il riso viene distribuito al fronte nella versione settentrionalizzata e ha tutto per venire disprezzato dai meridionali. Definito spesso alimento da «sciacquapanza», da gente nutrita a brodaglia, che mangia cose insulse tipo la polenta, quando arriva in trincea quel detestabile intruglio bianco, scaldato e riscaldato nelle casse di cottura portate a dorso di mulo, è ormai una specie di pastone tiepido, stracotto, che si mangia solo per non restare a stomaco vuoto. Come scrive Massimo Alberini, giornalista e storico dell’alimentazione: «Reclute e anziani di Campania, Puglia, Calabria, isole, formulano una specie di giuramento: “mai più minestra di riso in vita mia”. E lo mantengono, spesso trasmettendolo in eredità alla famiglia». Questo è il motivo per cui, per almeno un cinquantennio, il risotto penetra con estrema difficoltà nell’Italia meridionale. Bibliografia e Sitografia - wikipedia.com - “Per la disciplina dei consumi” Prof. Quirino Sestini - “Chimica organica” Hart, Hadad, Craine. Zanichelli - Il sole 24 ore.com