Classe 5° B liceo
Anno Scolastico 2013/2014
FRANCESCO RAVASIO
PRESENTA
Introduzione
La dieta mediterranea è un modello di alimentazione caratterizzato dal
consumo di prodotti vegetali tipici delle zone a clima temperato, come l’Italia.
Più precisamente stiamo parlando di cereali, olio e vino.
I cereali occupano un ruolo di primaria importanza dovuto ad un’abitudine
tipicamente nostrana ,che vede i suoi più importanti derivati (pane e pasta)
come i protagonisti della tavola italiana. E’ proprio a questa abitudine che
ricondotta la soddisfacente quantità di carboidrati complessi, presenti nella
dieta mediterranea. Questo è in perfetto accordo con quanto prescrivono le
più moderne teorie circa un’alimentazione corretta.
Un’altra caratteristica della nostra alimentazione è quella di condire usando
l’olio di oliva, un alimento estremamente sano e genuino, un’ottima fonte di
grassi vegetali che secondo recenti studi ha la capacità di proteggere il fegato
prevenendo la formazione di tumori.
Infine vi è il vino, che bevuto con moderazione fa bene alla salute , mentre il
consumo eccessivo è causa di un danno organico multiplo.
Non vi è solo questo, la dieta mediterranea comprende anche l’assunzione di
molteplici alimenti quali legumi, ortaggi, frutta, uova, e formaggio; tutti alimenti
che danno un grosso contributo nell’integrare la qualità dell’apporto proteico
assicurato dai cereali, nell’equilibrare la razione lipidica, con le giuste quantità
di acidi grassi insaturi e nel fornire una quantità fisiologicamente adeguata di
fibra alimentare.
Per quanto riguarda i prodotti del mondo animale la dieta mediterranea tende
a consigliare un consumo di pesce più largo rispetto a quello della carne,
questo è dovuto soprattutto alla presenza dell'ambiente marino, che ha
plasmato e determinato la storia dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo.
Il pesce gode principalmente di ottime quantità proteiche, di acidi
grassi essenziali e di molti sali minerali Per quanto riguarda la carne
la sua importanza viene ridimensionata, preferendo quella bianca
(pollo,coniglio,tacchino), alle carni rosse suine e bovine.
Altra importante caratteristica degli alimenti tipici mediterranei è la loro
adattabilità nel formare piatti unici, assicurando in una sola portata tutti
gli apporti nutritivi necessari, rendendo più facile la realizzazione di un
conveniente equilibrio tra la spesa e l’assunzione di energia. Così facendo
si risparmia efficacemente in termini di tempo e denaro rispetto al primo e
al secondo piatto abituali, quindi aggiungere a questi piatti unici un secondo
tradizionale sarebbe inutile ed eccessivo.
I dolci sono poco presenti nella dieta mediterranea ma essa, essendo una
dieta variata, ne consente l'utilizzo una volta alla settimana.
La dieta mediterranea rappresenta, per noi italiani, uno schema nutrizionale
che ci viene tramandato come una delle più importanti tradizioni familiari:
riunirsi la domenica intorno ad una tavola imbandita, assaporando cibi
preparati con cura e amore è sicuramente ciò che caratterizza l’essere
italiani. Oggi essa , secondo le moderna teorie alimentari, acquisisce
rinnovata validità grazie alla sua riconosciuta adattabilità alle esigenze della
vita moderna. La Tradizione alimentare mediterranea ha, negli usi della
gente, radici tanto forti da riuscire a perdurare dinnanzi allo scorrere dei
secoli e all’incalzare sempre più prepotente di nuovi e apparentemente più
moderni modelli di alimentazione. Essa può essere interpretata come una
vera e propria filosofia di vita, incentrata sull’alimentazione, oltre che essere
una parte della nostra storia che merita di essere salvaguardata con vigore
perché in essa si ritrova il più grande vanto di tutta l’Italia.
Un po’ di Storia
Le sponde del Mediterraneo hanno visto gli albori delle più antiche civiltà, ma
secondo alcuni studi la dieta mediterranea potrebbe essere ancora più antica,
addirittura la sua nascita potrebbe coincidere con la nascita dell’agricoltura,
ben 10.000 anni fa nel Neolitico.
Quello che sappiamo per certo è che sono stati gli antichi Greci a
tramandarla a noi, con la triade alimentare classica:frumento, olio e vino.
Queste abitudini sono rimaste radicate e mantenute attraverso i secoli,
fino alla miseria che ha caratterizzato tutto il Medio Evo, quando il popolo
era obbligato ad integrare con prodotti della terra e verdure di raccolta la
scarna dieta a sua disposizione. Successivamente la tradizione contadina
meridionale ha tesaurizzato le povere risorse alimentari con una saggia
distribuzione dei suoi componenti. In effetti è stata proprio la tradizione
alimentare dei contadini meridionali che ha elaborato nei secoli quel sistema
alimentare che oggi va sotto il nome di Dieta Mediterranea, e che un
nutrizionista americano ha studiato e codificato con questo nome.
Ancel Benjamin Keys (1904-2004) è stato un biologo
e fisiologo statunitense, noto soprattutto per i suoi studi
sulla distribuzione e sulla frequenza delle malattie
cardiovascolari, che lo condussero a formulare le ipotesi
sull'influenza dell'alimentazione su tali patologie e sui
benefici apportati dall'adozione della cosiddetta dieta
mediterranea.
Attraverso un’ampia indagine chiamata “Seven Countries Study”
(studio di sette paesi mediterranei quali:Italia, Grecia, Spagna,
Marocco,Cipro), mise a fuoco la relazione tra alimentazione dei paesi
mediterranei e statistiche sulle patologie dell’apparato cardiocircolatorio.
Lo studio, considerato una pietra miliare della scienza della nutrizione,
dimostra che la causa delle migliori condizioni di salute dei cittadini dei paesi
mediterranei, soprattutto per quanto riguarda le malattie cardiovascolari, è
proprio l’alimentazione.
Il suo nome è anche legato alla formulazione, nel 1942, durante la seconda
guerra mondiale, della Razione K, che costituì la base per l'alimentazione di
sussistenza dell'esercito americano. Lui , che visse per anni in un paesino del
Sud Italia, provando sulla sua pelle i benefici della dieta Mediterranea, morì
all’età di 101 anni.
Dal dopoguerra in poi, l’alimentazione degli Italiani ha visto un aumento del
consumo dei prodotti di origine animale, principalmente della carne bovina,
e dello zucchero raffinato, rispetto ad altri alimenti ed un calo per quanto
riguarda i cereali minori ed il riso. Inoltre è calato il consumo di vino a favore
della birra e dei super alcolici.
Possiamo concludere che negli ultimi decenni l’italiano medio ha
abbandonato i nostri tradizionali modelli, per adottare i modelli alimentari
d’importazione della tipica società opulenta occidentale.
Il risultato è l’aumento dell’incidenza di malattie che, si è accertato, siano
favorite dalle errate scelte alimentari.
Nel 2008 l’Italia si vide promotore di una richiesta verso l’UNESCO affinché
le dieta mediterranea venisse inserita fra i patrimoni culturali immateriali
dell’umanità, richiesta che venne accettata nel 2010.
La Triade Alimentare Fondamentale
Il Vino
Il vino è una bevanda alcolica, ottenuta esclusivamente dalla fermentazione
del frutto della vite ovvero l'uva, una bacca classificata nel gruppo della frutta
carnosa con semi. Le bacche o acini sono organizzate in grappoli e sono uniti
al raspo tramite un pedicello contenente fasci vascolari.
La maturazione degli acini dipende da vari fattori:
- Elevata luce solare, oltre che per la normale fotosintesi la luce
determina un riscaldamento delle superfici e dei tessuti, aumentando
la concentrazione di zuccheri e innalzando il pH e regolando la
presenza di acido malico e composti fenolici.
-Temperatura ottimale, velocizza i processi metabolici e quindi rende
più rapida la maturazione
-Regime idrico, sé troppo abbondante provoca una maturazione
prematura, con acini più piccoli con attività enzimatiche elevate.
L’uva si considera matura quando possiede un tenore di zuccheri pari a 180/
200 g/L, valore che dipende molto dal clima.
Dopo aver messo in funzione gli ingranaggi della pigiatrice otterremo il
mosto, esso è un liquido zuccherino semidenso nel quale sono disciolte tutte
le varie sostanze che erano nell’uva: la percentuale d’acqua si aggira fra il
70/80%, la concentrazione di zuccheri (suddivisi fra glucosio, fruttosio e altri
pentosi) è in media del 20%, inoltre vi è una presenza di pectine intorno allo
0,3%.
In concentrazioni molto inferiori possiamo trovare acidi organici (Tartarico,
Malico e Citrico), polifenoli, proteine e minerali quali calcio,potassio,
manganese,ferro e altri….
Una volta ottenuto il mosto bisogna metterlo in condizione di fermentare,
cosa che avverrà naturalmente dopo 4-5 ore dalla pigiatura.
La fermentazione alcolica, che è il processo alla base della produzione del
vino, è operata, in condizioni di anaerobiosi, da specifici lieviti che, attraverso
una serie di reazioni, trasformano gli esosi del mosto in alcol etilico, prodotto
primario, ed in glicerina che è il componente più abbondante tra i prodotti
secondari.
La fermentazione prosegue poi attraverso due vie diverse: dalla
fosfogliceraldeide si ottiene l’alcol etilico e dal fosfodiossiacetone si ottiene la
glicerina, molecola molto importante dal punto di vista organolettico, perché
conferisce un carattere di morbidezza al vino.
Numerose indagini cliniche ed epidemiologiche hanno posto l’accento
sull’azione protettiva del vino nei confronti del cuore e dei vasi sanguigni. I
responsabili di questi benefici sono i polifenoli, in particolare il resveratrolo.
Non tutti i vini sono però uguali; gli alimenti antiossidanti
sono infatti presenti soprattutto nei rossi invecchiati,
molto meno nei vini giovani e nei bianchi.
I componenti del vino agiscono a vari livelli:
•
hanno un effetto antiossidante e antinvecchiamento;
•
agiscono positivamente su colesterolo, trigliceridi e glicemia basale;
•
inducono un aumento della sensibilità dei tessuti all’azione dell’insulina;
•
hanno un’azione fibrinolitica e antitrombotica.
È stato ipotizzato un ruolo protettivo del vino anche nei confronti del morbo
di Alzheimer e di altre malattie degenerative del sistema nervoso. Anche
in questo caso il merito andrebbe agli antiossidanti e in particolare al
resveratrolo.
I benefici del vino non finiscono qua, l’assunzione moderata di vino sembra
avere un effetto benefico sulle ossa, contrastando l’osteoporosi, tanto negli
uomini quanto nelle donne, inoltre contiene acido acetilsalicilico, il principio
attivo dell’aspirina e chi ne beve un paio di bicchieri al giorno ne introduce
una quantità analoga a quella consigliata per prevenire l’infarto.
Alcuni studi hanno ipotizzato un effetto positivo del vino bianco nella
prevenzione delle malattie reumatiche; tale beneficio sarebbe dovuto
a due sostanze - tirosolo e acido caffeico – in grado di contrastare
l’infiammazione.
Infine un’avvertenza, il vino è pur sempre una sostanza alcolica e quindi non
va somministrata ai minori di 16 anni poiché prima di questa età gli enzimi, in
grado di assimilare l’alcol, sono completamente assenti.
L’Olio
Gli effetti salutari del modello mediterraneo dipendono anche dal fatto che
la nostra dieta è povera di grassi di origine animale(lardo,burro,panna),
efficacemente sostituiti da quelli di origine vegetale di cui l’olio è il principale
fornitore.
L’olio di oliva è ricco di acidi grassi monoinsaturi e contiene un’alta
percentuale di acido oleico oltre a essere una buona fonte di acido linoleico
che se assunto in dosi ottimali (30g. al giorno) favorisce la produzione di
alcuni ormoni, regola il livello di colesterolo e combatte l’ipertensione.
L’olio è composto principalmente da trigliceridi semplici e misti.
Un trigliceride semplice è un trigliceride in cui tutti e tre gli acidi grassi sono
uguali, mentre nei trigliceridi misti uno o più acidi grassi si differenziano dai
rimanenti, c’è da dire anche che gli acidi grassi naturali non hanno catene
ramificate e contengono un numero pari di atomi di carbonio.
L’olio contiene inoltre minime quantità di digliceridi che possono essere degli
1,2 digliceridi oppure degli 1,3 digliceridi. Gli 1,2 digliceridi sono i precursori
dei trigliceridi e derivano quindi da una incompleta biosintesi, mentre gli 1,3
digliceridi derivano dal processo di idrolisi dei trigliceridi.
Questo aspetto è molto importante perché il rapporto tra 1,2 digliceridi ed 1,3
trigliceridi ci dà un'idea dello stato di conservazione dell'olio. Se prevalgono
gli 1,2, che come abbiamo detto derivano dal naturale processo di biosintesi,
significa che l'olio è fresco, se prevalgono gli 1,3, che derivano invece
dalla degradazione enzimatica, significa che siamo in presenza di un olio
invecchiato.
Degli studi hanno dimostrato il ruolo benefico di alcune componenti minori
come i polifenoli, che abbondano soprattutto nell’extravergine, capaci di
contrastare la formazione di placche che sporcano e fanno irrigidire i vasi
sanguinei.
L’olio di oliva è l’unico tipo di olio ricavato dalla spremitura dei frutti invece
che dai semi; la tipologia di olio detta “vergine” o “extra vergine” si ricava
dalla spremitura puramente meccanica delle olive, che sono appunto il
frutto dell’ ulivo, che è la pianta più diffusa e più caratteristica di tutta l’area
mediterranea. In antichità si diceva che il mediterraneo finiva quando
finivano gli ulivi.
L'olio di oliva, alimento principe della dieta mediterranea, è il condimento da
preferire in assoluto sia crudo, sia per cucinare. Il suo elevato punto di fumo
(210 °C per l'olio extravergine di oliva) ne fa uno dei condimenti più adatti per
le fritture. L'olio di oliva ha tuttavia un altissimo valore energetico (899 Kcal
per 100 grammi) e per tal motivo, nonostante le sue benefiche proprietà, è
bene non abusarne, specie in caso di obesità e sovrappeso.
Il Frumento e i suoi derivati
Per ultimo, ma non per importanza, troviamo il frumento,appartenente
alla famiglia delle graminacee. Esso è la prima fra le piante a essere stata
coltivata dall’uomo, addirittura nell’Odissea gli uomini vengono definiti come
“mangiatori di pane”.
Oltre al pane, immancabile sulle nostre tavole, il derivato del frumento
che a noi è più caro è senza dubbio la pastasciutta , o pasta, come è
più comodamente chiamata. Essa è un alimento a base di semola o
farina in piccole forme regolari destinate a una cottura in acqua calda
e accompagnate da una salsa, da un sugo o da altro condimento.
La sua produzione avviene mediante alcune operazioni tecniche specifiche
che sono: miscelazione e la lavorazione degli ingredienti (che origina
l'impasto), frammentazione e formatura (per definire la pezzatura della pasta
alimentare), eventuale essicazione (per ridurre al minimo l'umidità).
La pasta è un alimento ad alta densità energetica (350kcal/100g)
prevalentemente glucidica (87% dell’energia fornita), in particolare stiamo
parlando di amidi. L’amido è un polisaccaride caratterizzato da un gran
numero di unità di glucosio unite fra loro da un legame glicosidico α(1-4) ed è
.
il più diffuso polisaccaride di origine vegetale.
Il tenore proteico della pasta è modesto (12%
,
dell’energia) ed è caratterizzato da peptidi che ,
possono essere oggetto di intolleranza alimentare
(celiachia), il contenuto di lipidi totali è trascurabile (circa 1%), così come
quello di acidi grassi essenziali e vitamine liposolubili. L'apporto di vitamine
idrosolubili è inversamente proporzionale al grado di raffinazione della
farina così come quello di sali minerali, l'apporto di fibra è insufficiente per
la pasta alimentare raffinata, mentre raggiunge livelli soddisfacenti per
quella integrale.
Negli ultimi anni sono stati intensificati gli studi su questo alimento e sono
state rilevate notizie molto interessanti, come la capacità di abbassare il
livello di colesterolo nel sangue, e di aiutare la tiroide a funzionare con
regolarità. Di recente la pasta è tornata ad essere fondamentale anche
nell’alimentazione degli sportivi, per l’alto valore energetico e la digeribilità
rapida.
Gli Alimenti Minori
La Frutta
La frutta, in special modo gli agrumi, rappresentano un’altra pietra miliare
dell’alimentazione mediterranea. Essa contiene un altro livello di acqua e
di vitamina C ed A oltre che al fruttosio, uno zucchero semplice permesso
anche ai diabetici in dosi controllate.
La Verdura
La verdura fresca contiene vitamine antiossidanti A,E,C e B; le ultime due
tendono a degradarsi durante la cottura e quindi è consigliabile consumare
verdura cruda. Essendo gli ortaggi dei prodotti della terra ne assorbono molti
elementi quali: ferro, calcio, fosforo, potassio, manganese, magnesio; tutte
sostanze indispensabili per l’organismo.
Le fibre contenute nelle verdure agevolano le funzionalità intestinali e sono
utili a chi vuol dimagrire perché saziano fornendo pochissime calorie.
Il Riso
Il riso è un dono dell’oriente, coltivato da millenni in Cina, è sbarcato sulle
nostre coste con l’arrivo degli Arabi in Sicilia e Spagna.
Da lì la coltura è poi passata in Piemonte e Lombardia dove l’abbondante
regine idrico del Po e dei fiumi limitrofi permetteva di irrigare a sufficienza le
piantine. Esso fornisce la stessa quantità di energia della pasta ma è molto
più digeribile e completamente assimilabile.
Il Pesce
Il Pesce è facilmente digeribile se cucinato semplicemente. Il suo contenuto
di grassi varia da specie a specie ( si va dall’ 1% per l’orata all’ 9% per
lo sgombro) ma in ogni caso i loro lipidi contengono acidi grassi del tipo
omega-3, è stato più volte dimostrato che hanno un’azione benefica per il
cuore. Esso è anche una preziosa fonte di sali minerali come il selenio e lo
iodio.
Il Formaggio
Il formaggio è uno degli alimenti più primitivi prodotti dall’uomo, ma è anche
uno dei più nutrienti che esistano.
Prodotto derivato interamente dal latte esso è molto ricco di proteine, grassi,
vitamine e calcio. Come per la carne il consumo di formaggio deve essere
molto contenuto a causa della presenza di colesterolo e grassi saturi, dannosi
per la salute se ingeriti in abbondanza.
Per Una Corretta Alimentazione
L’organismo umano può essere considerato come una macchina alla quale
si chiede un certo rendimento, ovviamente il funzionamento di questa
macchina è tanto migliore quanto maggiore è la quantità di energia che viene
trasformata in “lavoro”. L’energia che il nostro organismo trasforma in lavoro
è l’energia chimica contenuta nelle molecole delle sostanze alimentari .
Quando ci nutriamo è opportuno introdurre nel nostro corpo alimenti
plastici, ossia capaci di formare nuove parti del nostro corpo, e che sono
più comunemente conosciuti come proteine ; ed alimenti termodinamogeni
quali carboidrati e grassi che sono il vero e proprio combustibile del
nostro corpo. Non appena ingeriamo gli alimenti sopracitati, i fenomeni
di ossidazione interna che avvengono nel nostro organismo, subiscono
un’accelerazione del 13% per i grassi , 30% per i carboidrati e 60% per le
proteine.
Questa osservazione dimostra che il nostro corpo non
ha fretta di eliminare i grassi, che invece tende ad accumulare, brucia più
rapidamente i carboidrati e tende sbarazzarsi subito delle sostanze proteiche
poiché esse sono le sostanze alimentari meno adatte per produrre energia,
se a questo aggiungiamo la considerazione che esse sono molto più “care”
dei carboidrati e dei grassi, ne risulta che noi non dobbiamo cibarci di
proteine oltre alla quantità necessaria per sopperire alle perdite del nostro
organismo.
Per precisare meglio l’importanza di limitare le proteine al loro preciso ufficio
osserviamo le seguenti cifre, che rappresentano l’apporto energetico:
• I carboidrati = 4200 cal/gr
• I grassi = 9400 cal/gr
• Le proteine = 5800 cal/gr
A vederle così si direbbe che le proteine siano molto più energetiche
dei carboidrati, dobbiamo però tener conto dell’energia utilizzata dal
nostro organismo per assimilarle, una specie di “prezzo” da pagare.
Il “prezzo” da pagare per assimilare di un chilogrammo di proteine sta
a quello di ugual peso di grassi e di proteine come 1 : 3 : 6 , da questa
proporzione risulta che per bruciare un grammo di proteine serve sei volte
l’energia rispetto ad un grammo di carboidrati e ciò rende le proteine un
combustibile carissimo e inadatto.
Si aggiunga poi che a differenza dei
carboidrati e grassi, che bruciano completamente formando acqua e anidride
carbonica, le proteine si riducono ad urea ed acido urico, quest’ultimo è la
causa di gravi malattie diffuse soprattutto nelle classi più agiate quali: gotta,
artrite, renella ecc….
Per quanto riguarda le sostanze grasse non c’è molto da dire, tranne che il
loro accumulo esagerato porta all’obesità e a tutti i problemi ad essa collegati:
diabete, ipertensione, problemi cardiaci e circolatori…E’ sana norma d’igiene
reagire ai primi sintomi di sovrappeso con un pronto ed attivo esercizio
muscolare e con una razionale diminuzione della dieta alimentare.
I carboidrati sono le sostanze che più dobbiamo preferire per fornire forza
e calore al nostro corpo. Gli zuccheri e l’amido sono solubili per semplice
azione della saliva; da qui la necessità di insalivare molto bene questi
cibi nella masticazione, altrimenti la loro digestione, che in tali condizioni
è facilissima, non si effettua nello stomaco, ma solo laboriosamente ed
incompletamente nell’intestino.
Dopo aver detto tutto ciò una domanda sorge lecita, quanto di queste tre
specie di alimenti deve ingerire un uomo adulto per vivere sano ed
evitare ogni eccesso di alimentazione ?
Cominciando dalle sostanze proteiche è stato fissato un quantitativo
di circa 30 gr al giorno fino a un massimo di 50 gr , quantità più che
sufficiente per un uomo sano che lavori.
Quanto ai grassi la cifra è molto variabile, specialmente in rapporto
all’ambiente in cui si vive e a al lavoro eseguito; in climi e stagioni fredde il
consumo di grassi è assai maggiore che in condizioni opposte, al pari durante
un periodo di intenso lavoro muscolare. Possiamo comunque assegnare una
media di 50-80 grammi al giorno.
In fine per i carboidrati la quantità fissata è più abbondante è si aggira intorno
ai 350-400 grammi al giorno.
Dieta e Letteratura
Il Manifesto della Cucina Futurista, scritto interamente
da Filippo Tommaso Marinetti è una raccolta di pensieri,
convinzioni e intenzioni dei Futuristi riguardanti la cucina
e la gastronomia.
Oltre
all'eliminazione della pastasciutta, il Manifesto
predica
l'abolizione della forchetta e del coltello, dei
condimenti
tradizionali, del peso e del volume degli
alimenti e della
politica a tavola; auspica la creazione di
«bocconi
simultaneisti e cangianti», invita i chimici ad
inventare
nuovi sapori e incoraggia l'accostamento ai piatti di musiche, poesie e
profumi.
L'idea di un
Manifesto simile prende le mosse da una
cena di
Marinetti al ristorante milanese Penna d'oca,
avvenuta
il 15 novembre 1930. Al termine, il fondatore del
futurismo
preannuncia il Manifesto della cucina futurista, che sarà pubblicato il 20
gennaio 1931. Secondo i futuristi la cucina riveste un ruolo molto importante
nella vita delle persone, tanto da dover essere equiparata alle arti più 'nobili',
come la letteratura e le arti figurative.
nel Manifesto è scritto “...Pur riconoscendo che uomini nutriti male o
grossolanamente hanno realizzato cose grandi nel passato, noi affermiamo
questa verità: si pensa si sogna e si agisce secondo quel che si beve e
si mangia...Il cibo deve contraddistinguere il popolo che ne usufruisce:
la cucina futurista deve impedire che l'Italiano diventi cubico massiccio
impiombato da una compattezza opaca e cieca. Si armonizzi invece sempre
più coll'italiana, snella trasparenza spiralica di passione, tenerezza, luce,
volontà, slancio, tenacia eroica. Prepariamo una agilità di corpi italiani
adatti ai leggerissimi treni di alluminio che sostituiranno gli attuali pesanti
di ferro legno acciaio.”
In altre parole, dal cibo dipende la forza di un popolo, e i futuristi credono
fermamente che nell’imminente conflitto vincerà il popolo più agile, più
scattante adatto ad una vita sempre più aerea e veloce.
Secondo il Manifesto, affinché il popolo italiano vinca questa futura
conflagrazione è necessaria l'abolizione della pastasciutta.
Marinetti nomina inoltre un professore napoletano suo amico, il dott.
Signorelli, il quale gli avrebbe confidato che "...a differenza del pane e del
riso la pastasciutta è un alimento che si ingozza, non si mastica. Questo
alimento amidaceo viene in gran parte digerito in bocca dalla saliva e il lavoro
di trasformazione è disimpegnato dal pancreas e dal fegato. Ciò porta ad uno
squilibrio con disturbi di questi organi. Ne derivano: fiacchezza, pessimismo,
inattività nostalgica e neutralismo".
Infine, secondo i futuristi l'abolizione della pastasciutta libererà l'Italia dal
costoso grano straniero e favorirà l'industria italiana del riso.
Il Pensiero e L’Alimentazione
Nel 1850 Feuerbach recensisce favorevolmente “Lehre der Nahrungsmittel
für das Volk” (Dell’alimentazione: trattato popolare), uno scritto di Jakob
Moleschott sull'alimentazione, interpretata come la base che rende
possibile il costituirsi e perfezionarsi della cultura umana: un popolo
può migliorare migliorando la propria alimentazione.
Significativo è il titolo che egli diede poi ad un suo scritto del 1862:
“Il mistero del sacrificio o l'uomo è ciò che mangia”; cioè esiste un'unità
inscindibile fra psiche e corpo, per pensare meglio dobbiamo alimentarci
meglio. L’obiettivo manifesto che Feuerbach si pone è, naturalmente, quello
di sostenere un materialismo radicale e anti-idealistico, a tal punto da portarlo
a sostenere che noi coincidiamo precisamente con ciò che ingeriamo.
Forse questa coincidenza tra essere e mangiare potrà sembrare un po’
eccessiva, ma è innegabile il fatto che, se siamo, è perché mangiamo.
Il compito degli scritti di Feuerbach, come egli stesso afferma, è di
abbattere le illusioni e i pregiudizi del presente, traendo la filosofia da quello
che egli chiama il regno delle anime morte per reintrodurla nel dominio
delle anime vive, radicalmente legate al corpo e alla sensibilità. Per ora
il problema è di trarre l'uomo fuori dal pantano in cui era sommerso , non
ancora di rappresentare l'uomo quale è. Si tratta in altre parole di dedurre
dalla teologia la necessità di una filosofia dell'uomo, di un'antropologia,
capendo gli errori concettuali del pensiero pregresso. Questo è il compito
che Feuerbach assume per il suo filosofare, provvedendo con i suoi scritti a
renderlo noto ed accessibile.
In una delle sue ultime opere, “Spiritualismo e materialismo” (1866),
Feuerbach ribadisce la sua concezione dell'individuo come organismo
sensibile caratterizzato da bisogni, polemizza contro il dualismo di anima
e corpo e, nega l'esistenza del libero arbitrio. Per molti aspetti le tesi di
Feuerbach saranno uno spunto per il lavoro di Marx, che comunque non
tarderà a criticare; nei Manoscritti del 1844 Marx definirà Feuerbach il solo
che sia in un rapporto serio e critico con la dialettica hegeliana.
Mediterranean Diet Pyramid
The Harvard School of Public Health, and the European Office of the World
Health Organization introduced the classic Mediterranean Diet in 1993 at a
conference in Cambridge, MA, along with a Mediterranean Diet Pyramid
graphic to represent it visually.
The pyramid continues to be a well
-known guide to what is now universally
recognized as the “gold standard”
eating
pattern that promotes lifelong
good
health.
It has been widely used for years by
consumers, educators, and
health
professionals alike to implement
healthier
eating habits.
The pyramid was created using the most
current nutrition research to represent
a
healthy, traditional Mediterranean
diet.
It was based on the dietary
traditions of
Crete, Greece and
southern Italy circa 1960 at a time when the rates of chronic disease
among populations there were among the lowest in the world, and adult
life expectancy was among the highest even though medical services were
limited.
The key to this longevity is a diet that successfully resisted the last 50 years
of “modernizing” foods and drinks in industrialized countries. These modern
trends led to more meat (mostly beef) and other animal products, fewer fresh
fruits and vegetables, and more processed convenience foods. Ironically, this
diet of “prosperity” was responsible for burgeoning rates of heart disease,
obesity, diabetes, and other chronic diseases.
Curiosità dalla prima Guerra Mondiale
Lo straniero passa, l’italiano no: la prima guerra mondiale in campo
gastronomico assume un esito opposto rispetto a quello che avrebbe
avuto nelle trincee. La bevanda di origine straniera, ovvero il caffè, solo
dopo la prima guerra mondiale entrerà a far parte della prima colazione
di tutti gli italiani. Un alimento che stava alla base della dieta popolare di
parecchie regioni dell’Italia settentrionale, il riso, diventa l’incubo dei soldati
meridionali che, una volta tornati a casa, si rifiuteranno di mangiarlo ancora
per dimenticarsi delle orride minestre di riso che arrivavano in trincea.
E altre simpatiche questioni gastronomiche avvenivano tra le nostre fila sul
fronte:
Le arance sull’Adamello
In un diario di un’ufficiale degli alpini si racconta della sorpresa dei soldati
originari dell’Abruzzo schierati sull’Adamello quando arrivano in prima linea
casse piene di strane palle arancioni, mai viste in precedenza. Gli alpini le
afferrano e le mangiano così come si trovano e sta all’ufficiale spiegare che
bisogna sbucciarle e che si chiamano arance.
Le miniere di bollito
Si racconta che i soldati meridionali, si ritrovassero in trincea per la prima
volta ad avere a che fare con un cibo a loro sconosciuto, il bollito, che invece
uno stato maggiore ad alto tasso di piemontesi fa distribuire in abbondanza
nelle caldaie portate al fronte. La leggenda narra che i fanti settentrionali
prendessero in giro i commilitoni meridionali raccontando loro che esistevano
le miniere di bollito, dove la carne si estraeva tagliandola direttamente dalle
pareti della gallerie sotterranee, un po’ come si fa con il carbone. E pare che
invariabilmente qualche ingenuo ci cascasse, con gran divertimento di tutti gli
altri.
Caporetto… e dopo fu caffè a colazione
All’indomani della sconfitta di Caporetto, l’esercito italiano si rischiera lungo
il Piave, e c’è bisogno che i fanti stiano ben all’erta per non far passare lo
straniero. E quindi che bevano caffè. La circolare del novembre 1917 prevede
che al mattino vengano distribuiti otto grammi di caffè e dieci di zucchero. Nel
tempo le dosi saranno aumentate fino ad arrivare a venti grammi. I soldati,
una volta tornati a casa, continueranno a bere caffè al mattino, determinando
in tal modo un cambiamento definitivo della prima colazione di tutti gli italiani.
Il riso al fronte
Il riso viene distribuito al fronte nella versione settentrionalizzata e ha
tutto per venire disprezzato dai meridionali. Definito spesso alimento
da «sciacquapanza», da gente nutrita a brodaglia, che mangia cose insulse
tipo la polenta, quando arriva in trincea quel detestabile intruglio bianco,
scaldato e riscaldato nelle casse di cottura portate a dorso di mulo, è ormai
una specie di pastone tiepido, stracotto, che si mangia solo per non restare
a stomaco vuoto. Come scrive Massimo Alberini, giornalista e storico
dell’alimentazione: «Reclute e anziani di Campania, Puglia, Calabria, isole,
formulano una specie di giuramento: “mai più minestra di riso in vita mia”. E
lo mantengono, spesso trasmettendolo in eredità alla famiglia». Questo è il
motivo per cui, per almeno un cinquantennio, il risotto penetra con estrema
difficoltà nell’Italia meridionale.
Bibliografia e Sitografia
- wikipedia.com
- “Per la disciplina dei consumi” Prof. Quirino Sestini
- “Chimica organica” Hart, Hadad, Craine. Zanichelli
- Il sole 24 ore.com