• • segue da pag. n 12 Ipotizzare risultati miracolistici. È tuttavia altrettanto vero che piccoli ma significativi progressi possono avere un'enorme ricaduta a livello sociale, considerando la vasta diffusione di alcune neoplasie e la comune tendenza ad un aumento della incidenza delle patologie oncologiche legata al progressivo invecchiamento della popolazione. Né, anche nelle fasi più avanzate di malattia, laddove i trattamenti rivestono ancor oggi un ruolo prevalentemente palliativo, devono sfuggire i possibili vantaggi delle terapie innovative in termini di qualità della vita che si riflettono non solo sullo stato di benessere del singolo cittadino ammalato ma che possono avere forti ricadute anche a livello socio-economico, considerando che spesso una bassa qualità della vita si associa alla disabilità e/o comunque alla incapacità di provvedere autonomamente alle necessità quotidiane più elementari. Di questi vantaggi dovrebbero pertanto tenere conto gli esperti di farmacoeconomia, spesso impegnati in approssimative valutazoni di costo-beneficio e di costo-utilità delle prestazioni sanitarie, sulle cui risultanze i decisori politici finiscono talvolta per programmare tagli della spesa sanitaria non sempre giustificati. D'altra parte è fisiologico che rinnovazione in campo farmaceutico e tecnologico si accompagni ad un incremento sostanziale dei costi dell'assistenza che può essere limitato solo parzialmente dal miglioramento dei processi organizzativi. È chiaro a questo punto che il problema della sostenibilità non può essere semplicemente circoscritto nell'ambito delle valutazoni di tipo tecnico e farmacoeconomico, ma investe ambiti più ampi, dall'etica al concetto di solidarietà e sussidiarietà, che a loro volta Impegnano il decisore verso scelte di tipo strategico e politico che devono rispondere ai bisogni dei cittadini, assicurando una sanità equa. * Ordinario di oncologia medica e Primario oncologo Istituto nazionale per la ricerca sul cancro, Genova rimo piano Le novità Dalla chemio ai bersagli molecolari IN QUESTI ultimi anni la terapia farmacologia dei tumori ha avuto una importante evoluzione con la disponibilità di nuovi tarmaci a bersaglio molecolare. «Farmaci», sottolinea Marco Venturini, tesoriere nazionale Aiom, «che si differenziano in modo peculiare dalla chemioterapia proprio perché hanno dei bersagli specifici, al contrario della chemioterapia che agisce in modo indiscriminato su tutte le cellule che proliferano». Cosa abbiamo di nuovo per i prossimi due anni? Innanzi tutto la conferma che di tarmaci chemioterapici ne vengono sintetizzati sempre meno. L'unico che si affaccerà alla cllnica è Yixabepilone, che sembra avere buona attività nel tumore del seno e del polmone. In arrivo invece diversi farmaci a bersaglio molecolare. Per il tumore del seno, il lapatinib. Piccola molecola che ha una ottima attività nei tumori della mammella HER2 positivi, malattia per la quale disponiamo anche di altri farmaci specifici quali il trastuzumab. Per il tumore del rene dopo l'avvento di sunitinib e sorafenib, farmaci antiangiogenetici con modalità di azione complessa, si avrà a disposizione il temsirolimus, molecola non nuova che trova già applicazione nell'ambito dei "Più vantaggi che limiti nei nuovifermaci,ma..!' di Silvia Baqlioni MANCHESTER VALE la pena investire Ingenti risorse In farmaci motto costosi che, in media, garantiscono un vantaggio in termini di sopravvivenza di soli pochi mesi? Molti oncologi clinici, soprattutto in Gran Bretagna, ritengono di no, Proprio a Manchester, in occasione della tavola rotonda dal titolo "Le nuove frontiere in oncologia", organizzata da AstraZeneca, ha affrontato la questione Dino Amadori, Direttore Dip. Oncologia di Forti. «Un farmaco biotec è in grado di colpire un bersaglio preciso, una molecola presente solo nelle cellule che provocano un certo tipo di tumore. Per questo ci permette di offrire ai pazienti terapie efficaci e poco tossiche. Il limite sta nel selezionare i malati in base al loro profilo genetico e molecolare. Ma anche così, solo il 60% risponde alla terapia». Che speranza di sopravvivenza può avere questo sottogruppo di pazienti? «I meccanismi d'azione di questi farmaci non sono perfettamente chiarì. Molti pazienti avranno un vantaggio di pochi mesi, ma per il 50% di loro abbiamo osservato perìodi molto più lunghi, anche diversi anni. La documentazione necessaria per registrare i farmaci non offre nessuna spiegazione, come non menziona effetti collaterali a lungo termine. Sono necessari quindi ulteriori studi, che però le aziende produttrici non hanno interesse a compiere». Come si deve comportare il Sistema Sanitario? «Condivido trapianti, ed il bevacizumab, anticorpo monoclonale diretto contro il Vascular Endothelial Growth Factor (fattore di crescita dell'endotelio vascolare o VEGF). Il bevacizumab troverà applicazione anche nei tumori del seno avanzati, in associazione ai chemioterapici classici quali il paclitaxel. Dopo anni bui si aprono finalmente per il carcinoma renale importanti prospettive con ben quattro farmaci a disposizione. Qualcosa si muove anche per un altro tumore ritenuto da sempre resistente alla chemioterapia: l'epatocarcinoma. Per questo tumore primitivo del fegato il sorafenib ha dimostrato una buona attività incrementando anche se di poco la sopravvivenza. Stiamo sempre più vivendo l'era della oncologia molecolare e delle sue applicazioni nei vari ambiti. Ci aspettano anni di intenso sviluppo scientifico in cui i farmaci a bersaglio biologico si stanno affiancando a pieno titolo alla classica chemioterapia ed ormonoterapia. Come combinare tutti questi farmaci è una importante sfida per la medicina moderma ed un ulteriore messaggio di speranza ed ottimismo per i pazienti. (mp. s.) A sinistra, la molecola del lapatinib, farmaco per il tumori al seno Her2positivo. Sotto, un laboratorio di ricerca di biologia molecolare. in pieno la posizione di molti clinici che prescrivono queste terapie nonostante i loro limiti, soprattutto in virtù dei vantaggi che questi farmaci offrono al sottogruppo dei "lungoviventi". Sono convinto, però, che le Regioni e il Sistema Sanitario dovrebbero sollecitare le aziende a fornire gratuitamente, agli istituti di ricerca, le quantità di farmaci necessarie ad eseguire una serie di studi indipendenti, per rendere queste terapie più efficienti e per studiare i potenziali effetti collaterali, evidenziabili solo quando il farmaco si somministra a migliaia di pazienti». I costi di queste terapie sono, però, sempre molto alti. Potrebbero essere abbattuti in qualche modo? «Allungando I tempi del brevetto. Oggi dura 20 anni, ma i primi 10-12, generalmente, vengono impiegati dalle aziende per mettere a punto il farmaco. Una volta depositato, non restano che 8 anni per ammortizzare gli ingenti costi. Se questo periodo fosse più lungo anche le aziende sanitarie ne trarrebbero profitto».