Paolo Albrigi1 Un’introduzione al principio di sovrapposizione Penso si possa tranquillamente affermare che nessuno capisce la meccanica quantistica. [Richard P. Feynman] Introduzione Nel mondo della fisica atomica e sub-atomica i modi di essere e i comportamenti sono assolutamente diversi da quelli cui noi siamo abituati. Le tranquillizzanti immagini che ci consegnano modelli planetari dell'atomo con gli elettroni che ruotano intorno al nucleo che ancora oggi troviamo su numerosi testi (anche scolastici) se da un lato sono il primo e (forse) necessario approccio visuale al mondo microscopico, dall'altro lato ne forniscono un'immagine fuorviante. L'immagine di elettrone come piccolo punto materiale, che peraltro appare anche come risultato di esperimenti tesi a rivelarlo deve fare i conti con aspetti del tutto imprevisti e imprevedibili. La natura intrinsecamente probabilistica della meccanica quantistica gioca un ruolo chiave nella descrizione del mondo dell’infinitamente piccolo e la sua “logica” lascia sbalorditi ed increduli; con il risultato paradossale che nonostante l'enorme mole di previsioni corrette verificate con altissima precisione e la miriade di ricadute pratiche, ancora oggi i fondamenti della teoria ed il suo “vero” significato sono oggetto di profonde riflessioni critiche e accesi dibattiti filosofici; per non parlare poi del limitatissimo spazio che questi argomenti trovano nella formazione di una cultura scientifica moderna Il principio di sovrapposizione, la cui introduzione è l'oggetto di questo articolo, costituisce secondo alcuni il paradigma delle stranezze logiche cui la teoria ed in ultima analisi la natura ci impongono. 1 Docente di matematica e fisica al Liceo Ferraris 1/9 Nel seguito non faremo uso di termini tecnici o matematici ma sfrutteremo alcuni esperimenti su elettroni (ma potrebbero essere altri tipi di particelle o anche fotoni) eseguiti con l'ausilio di strumenti molto semplici. E' rilevante per quanto diremo il fatto che tali esperimenti siano stati effettivamente eseguiti con strumenti di vario tipo ed i risultati qui riportati sono veri. Non useremo reali proprietà fisiche degli elettroni, ma altre che chiameremo fittiziamente colore (C) e sapore (S). I fatti sperimentali mettono in luce che, per quanto riguarda il colore, gli elettroni possono essere solo rossi (r) o blu (b). Non sono mai stati osservati elettroni di altro colore. Analogamente, per quanto riguarda il sapore, gli elettroni possono essere solo dolci (d) o amari (a). In sintesi l'elettrone può essere ( C) { colore sapore(S) → → r o b d o a E' possibile costruire uno strumento (scatola C) che determina il colore ed uno che determina il sapore (scatola S). Queste scatole sono dotate di un ingresso e due uscite. Non In ogni caso il contatore scatterà sempre se viene fatta una misura di colore o di sapore (in una percentuale 50% r , 50% b nel caso di una misura di colore, 50% d , 50% a nel caso di una misura di sapore: tali percentuali rappresentano i risultati di misure effettuate su un consistente numero di ripetizioni dell'esperimento e possono essere quindi assunte come probabilità che il singolo elettrone sia r o b in una misura di colore e d o a in una di sapore Esperimento I La proprietà più rilevante per il nostro scopo è che tali scatole possono essere ripetibili, ovvero è possibile farle lavorare “in serie”. 2/9 0% r r IN Colore b IN Colore b 100% Fig. 2 In questo esperimento (fig. 2) l'ingresso della seconda scatola è posto davanti all’uscita blu della prima; un elettrone a caso viene sparato in ingresso alla prima scatola; la seconda scatola registra il 100% di elettroni b e 0% di r. Analogo risultato viene registrato con due scatole Sapore; concludiamo quindi che le proprietà C o S sono persistenti. Esperimento II C non dà alcuna informazione su S e viceversa. Esperimento III Complichiamo il gioco. Mettiamo tre scatole (fig. 4). Un elettrone a caso entra nella prima scatola. r IN Colore a b IN Sapore Fig.4 3/9 r d IN Colore b ? Che tipo di previsione si può fare? Ciò che raggiunge la scatola S è stato misurato essere b. Dalla scatola S si misura 50% d e 50% a. Quello che entra nella seconda scatola C è stato quindi misurato b e d e poiché i colori sono persistenti dalla seconda scatola il 100% dovrebbe uscire b e 0% r (naturalmente nella metà del totale degli elettroni sparati verso la I scatola C, giacché come si è visto nell'esperimento I, 50 % degli elettroni sono misurati b e 50% r). In realtà l'esperimento mostra che dalla seconda scatola C si misurano il 50% b e 50% r. Lo stesso accade, simmetricamente usando due scatole S con in mezzo una scatola C. Come è possibile? Come uscire dall'apparente paradosso logico che questo semplice esperimento pone? Si potrebbe pensare che le scatole siano costruite male; e tuttavia una grandissima quantità di esperimenti analoghi condotti con scatole di diverso tipo esclude questa possibilità. Si sono fatti immani sforzi teorici e sperimentali, ma senza successo, per dimostrare l'esistenza di proprietà nascoste, non ancora scoperte, che potessero determinare se l'elettrone esce r o b. Gli sviluppi successivi della teoria hanno portato alla formulazione della cosiddetta “disuguaglianza di Bell” che afferma che tali proprietà nascoste non esistono. Dobbiamo quindi ammettere che ci sono proprietà genuinamente casuali, non predicibili. Nell'esperimenti precedente un elettrone che era stato misurato b dopo la misura S è stato ritrovato 50% b e 50% r. La presenza di una misura S ha alterato la proprietà C. Quindi, per esempio, non è possibile avere un elettrone che sia b e d. Tale proprietà “complessa” è non persistente. Una conseguenza pratica dell'esperimento III è che non è possibile costruire una scatola C&S (fig. 5) rd ra ba IN C&S bd Fig. 5 Perché? Immaginiamo come costruire tale scatola C&S nel dettaglio (fig. 6) 4/9 rd ra ba bd Fig. 6 Immaginiamo che l'elettrone sia misurato b dalla scatola C e d dalla scatola S: possiamo affermare che il suo colore è b all'uscita di S ? esistono grandezze nel sistema che sono incompatibili tra loro. Val la pena di notare che queste proprietà sono tipiche di ogni oggetto nell'universo e non sono relegate al mondo microscopico. Proprietà e comportamenti analoghi sono stati misurati in macromolecole enormemente più grandi di un elettrone e persino in oggetti di dimensione “normale”. Se l'analisi precedente ci mette a confronto con proprietà “strane” delle componenti microscopiche del mondo, la prossima serie di esperimenti va diritta al cuore del problema mettendo in crisi alcuni consolidati “pilastri” della logica e più in generale di quella immagine del mondo che l'esperienza quotidiana ci fornisce. Faremo uso in questa seconda serie di esperimenti delle scatole C e S ed in più di specchi normali (sp) e di specchi semi-argentati (sa), di quelli che nei film si usano per vedere dall'altra parte senza essere visti. Come è noto un specchio colpito da un raggio di luce riflette il medesimo con un angolo che è uguale a quello di incidenza; per i nostri scopi l'angolo tra raggio incidente e quello riflesso è retto. Gli specchi semi-argentati si 5/9 comportano nello stesso modo, ma lasciano passare parte della luce incidente. Faremo esperimenti con elettroni, ma la sostanza non cambia. Nella pratica esistono specchi per elettroni. Esperimento IV Un elettrone a caso entra nella scatola S (fig. 8). 100% 0% 9): Fig. 9 Supponiamo ora di inviare un elettrone r all'ingresso dell'apparato sperimentale e di 6/9 voler misurare il valore S (fig. 10). Ciò può essere realizzato ponendo una scatola S all'uscita. Per ovviare a possibili interazioni tra elettroni decidiamo di sparare in ingresso un elettrone alla volta e di aspettare un tempo sufficiente a che l'elettrone esca dall'apparato. a IN Sapore d Fig.10 Possiamo fare una previsione su ciò che misura la scatola S esterna all'apparato? Fig.11 Ragionando come in precedenza anche in questo caso posso prevedere 50% r e 50% b; infatti la proprietà S è persistente; tutti gli elettroni in ingresso verranno misurati d dalla prima scatola e dopo essere stati riflessi entreranno nella scatola C; poiché S e C sono noncorrelati il risultato prevedibile è quello indicato; l'esperimento conferma tale previsione. 7/9 Esperimento VII Eccoci arrivati all'esperimento centrale, quello da “un milione di dollari”. Introduco nella macchina un elettrone r e voglio misurarne il colore in uscita (fig. 12). Complichiamo l'esperimento inserendo sul percorso degli elettroni una barriera opaca b che li arresti allo scopo di scoprire quale percorso fanno gli elettroni nell'apparato (fig. 13) r IN Fig. 13 8/9 Colore b La previsione è che dovrebbero uscire solo metà degli elettroni inseriti in ingresso . Supponiamo anche che i percorsi all'interno dell'apparato siano estremamente lunghi cosicché vi sia la possibilità di mettere la barriera dopo che l'elettrone è entrato nell'apparecchiatura. Allora senza barriera tutti gli elettroni che entrano r escono r indipendentemente dal percorso (esperimento VII). D'altra parte poiché gli elettroni non possono “sapere” della presenza o dell'assenza della barriera della barriera (si immagini un apparato con percorsi lunghi milioni di chilometri), tutti gli elettroni misurati dovrebbero essere r. Invece il risultato in presenza della barriera è 50% r e 50% b. Come può accadere ciò? E cioè che l'elettrone apparentemente conosca se la barriera è stata piazzata oppure no e quindi l'altro percorso aperto o chiuso? Riflettiamo su quale percorso ha fatto l'elettrone; pensiamo alle varie possibilità: ➢ ➢ ➢ ➢ l'elettrone ha preso il percorso d; allora il rivelatore C dovrebbe dare il risultato 50% r e 50 % b. Quindi questo percorso è da escludere. per le stesse ragioni è da escludere il percorso a. Entrambi i cammini. Questo non è possibile: non è mai stato osservato un elettrone che si divida. I processi di misura coinvolgono sempre e solo un elettrone. Su un altro percorso. Anche questo non è possibile. Infatti se si pongono barriere su entrambi i cammini, nessun elettrone viene rivelato in uscita. Vale la pena di sottolineare che queste quattro possibilità esauriscono tutte le possibilità logiche: l’elettrone non ha percorso né il cammino a né il b né entrambi né alcuno dei due. Da dove nasce il paradosso cui ci troviamo di fronte? Dall'aver attribuito all'elettrone modi di essere e comportarsi che sono quelli a cui noi siamo abituati. In particolare dall'aver pensato che prima della misura l'elettrone fosse in un particolare e definito stato. La meccanica quantistica chiama questo modo di essere dell'elettrone “sovrapposizione”. L'elettrone è in uno stato di sovrapposizione dei cammini d e a (si noti che tale stato per quanto detto non corrisponde a nessuna delle quattro possibilità: l’elettrone ha percorso il cammino a o b o entrambi o nessuno dei due). In simboli (stato elettrone )=α (d )+β(a) dove α e β sono coefficienti legati alla probabilità che l'elettrone si trovi in quello stato. Ed è solo l'atto della misura che fa collassare lo stato in quello che viene misurato. Bibliografia Ghirardi Gian Carlo, Un'occhiata alle carte di Dio, Il Saggiatore, Milano 2003 Albert David Z., Quantum mechanics and experience, Harvard U.P., Cambridge 1992 Introduction to superposition, Quantum Physics I, MIT OpenWareCourses http://ocw.mit.edu/courses/physics/8-04-quantum-physics-i-spring-2013/lecture-videos 9/9