Le alterazioni motorie in età evolutiva

MEDICINA
A cura di Angelo Spina*
Le alterazioni motorie
in età evolutiva
a Paralisi Cerebrale Infantile (PCI) è la
patologia più frequente della sfera motoria
dell’età evolutiva e si manifesta, nonostante
il miglioramento dei processi sanitari e delle
tecnologie in ambito medico, con un incidenza di 2-3
casi per 1000 bimbi, nati vivi. La PCI non è una malattia
in senso stretto, ma un disordine del Sistema Nervoso
Centrale (SNC) caratterizzato prevalentemente da
alterazioni motorie e del tono muscolare, soprattutto di
tipo ipertonico, che include la spasticità, la distonia e
la rigidità, anche se tale disturbo è molto raro nei bimbi.
Questi soggetti presentano un aumento della resistenza
muscolare alla mobilizzazione passiva di un arto, non
velocità dipendente; si possono presentare quadri misti
di spasticità e distonia associati a debolezza muscolare.
In relazione alla estensione del deficit di forza, i quadri
clinici possono essere variabili e determinare diparesi,
paraparesi, emiparesi e tetraparesi. I soggetti con PCI
possono presentare, associati altri disturbi e deficit
neurologici come alterazioni visive ed uditive, deficit
sensoriali, epilessia, alterazioni della comunicazione,
deficit psichici e disturbi comportamentali che rendono
particolarmente complessi e difficili gli interventi
terapeutici e riabilitativi.
Per comprendere appieno il vissuto di un bambino
con PCI, tuttavia, bisogna riflettere sul significato del
movimento (e quindi le conseguenze di un suo disturbo
o patologia) sullo strutturarsi della personalità e sulla
maturazione affettiva ed emozionale.
Fattori individuali ed ambientali determinano
l’organizzazione e la struttura di personalità di un
individuo, in un’interazione dinamica con le
‘provocazioni’ eventualmente agenti, con il risultato
del determinarsi di una evoluzione normale, o variante
della norma, o francamente patologica.
La crescita passa attraverso una serie di tappe
significative, che portano il neonato a progressive
acquisizioni, quindi a lenta ma continua
autonomizzazione, attraverso l’acquisizione di nuove
pugliasalute
capacità, che sottendono vissuti propri e individuali, ed
insieme spece-specifici: sorriso spontaneo ed interattivo,
uso delle mani, risposta diversa ad esperienze e stimoli
esterni diversi, conoscenza e confronto col mondo
esterno e con la realtà circostante.
Si ritiene che l’attività motoria volontaria non possa
prescindere dalle cariche emozionali del desiderio,
dell’azione e del risultato, per cui il bisogno ed il
desiderio, condizionati da esperienze e limitazioni,
portano all’azione; la spinta ad agire porta all’impegno
all’azione ed alla valutazione del risultato; il tutto è il
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meccanismo propulsore
per un’adeguata spinta
evolutiva e la fiducia del
sé: ne deriva la ricerca
di nuove opportunità di
crescere e acquisire.
Se, invece, insorgono
o preesistono difficoltà
ambientali o, peggio,
limitazioni proprie
all’individuo, il
confrontarsi con la realtà
non è più motivo di
o r g o g l i o s a
autoaffermazione, bensì
di frustrazione dei
bisogni: al bambino di
conseguenza sembra
troppo pesante il
processo evolutivo, per
cui rifiuta la crescita,
tornando o restando in
uno stato di dipendenza,
con ridotta autostima.
Con un percorso a
circuito, si accentua
l’impotenza e la non
competenza,
si
condiziona ulteriormente
la spinta di maturazione.
La rinuncia, più o meno
momentanea, lo riporta
a dipendenza o
regressione, con poi
depressione per il
conflitto tra spinta
biologica e rinuncia
evolutiva.
Il motore primo
dello sviluppo, che
consente nuove
esperienze o, se
necessario, rifugio in
precedenti tappeesperienze ritenute
gratificanti, è costituito
dai valori emozionali delle esperienze, con cariche sia
gratificanti che frustranti. Il desiderio di crescita spinge ad
agire ed a realizzare il desiderato, con conseguente fiducia
in sé e potenziale autonomia; lo stimolo evolutivo, pertanto,
è risultante della spinta ad agire e della fiducia in sé, alla
ricerca di nuove possibilità di conoscenza. Tale percorso,
però, può essere condizionato da eventuali situazioni
ambientali o individuali patologiche, per cui uno sforzo
evolutivo troppo pesante può essere sostituito da un ritorno
ad una precedente situazione di dipendenza, pur sempre
vissuta come appagante ancorché regressiva.
Ne deriva che molte variabili possono influenzare
pugliasalute
l’evoluzione neuro-psico-motoria del bambino, ed alcune
di tali variabili non sono né dipendenti dalla volontà
ambientale, né da incapacità primaria dell’individuo, ma
da noxae agenti in modo cronico ed inabilitante.
Ne può risultare un alterato dello schema corporeo, cioè
della “sintesi dinamica delle diverse informazioni tattili,
visive, cinestesiche e posturali del proprio corpo” (Head),
inteso come sintesi plurisensoriale agente anche sulla
dinamica personalistica e sulla capacità evolutiva: ogni
individuo ha una rappresentazione mentale del proprio
corpo (immagine corporea, Schilder), proiezione a livello
corticale plurisensoriale in continuo rimaneggiamento per
l’apporto di nuove esperienze ai precedenti schemi. Tra i
vari fattori determinanti l’evoluzione, qui pare significativo
ricordare l’attività motoria, condizionante la conoscenza
dell’ambiente e del sé, e condizionata da eventuali
insufficienze.
Il trovarsi al cospetto di schemi corporei non corretti,
per patologie neuromotorie non evolutive (p.e. le paralisi
cerebrali infantili con spasticità o/e discinesie), comporta
la necessità di interventi terapeutico-abilitativi, sia per
compensare le carenze delle competenze motorie, sia per
evitare o attenuare le distorsioni relazionali ed affettive.
Lo sviluppo delle abilità motorie è un aspetto dello
sviluppo cognitivo, con un’interazione tra le due competenze:
lo dimostrano (alla RM o alla PET) il coinvolgimento delle
strutture corticali frontali associative nell’elaborazione e
pianificazione dell’azione, e l’attivazione di molte aree
corticali nella fase di definizione ed anticipazione dei
programmi motori, e la recente ipotesi della funzione dei
neuroni-specchio (osservare con attenzione qualcuno che
fa un’azione, fa attivare nel cervello gli stessi neuroni che
rispondono quando si compie la stessa azione, con
interessamento della corteccia premotoria e lobo parietale,
aree motorie e considerate prive di funzioni cognitive; ed
ancora, vedere la mimica di un’emozione qualsiasi, attiva
nel cervello le stesse aree che rispondono quando si prova
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la stessa emozione direttamente).
In situazioni di deficit motori e/o
sensitivi, con il rischio di inattività sociale
e relazionale, come nelle cerebropatie precoci
non evolutive, è evidente l’evenienza di
cattivo funzionamento cognitivo, sia per
l’intrinseca patologia encefalica, sia per il
mancato supporto esperienziale alla dinamica
dello sviluppo globale o di singole o più
funzioni.
Anche l’emozionalità e la relazionalità
sono sovente coinvolti, in un tipo ‘primario’,
dipendente dalla stessa lesione cerebrale
interferente sul controllo emozionale, o in
una forma ‘secondaria’, dovuta alla presa
di coscienza del proprio disturbo ed alla
consapevolezza di minore capacità comparata
ai coetanei. Gli insuccessi ripetuti comportano
una condizione cronica traumatica con
talvolta incapacità di adeguamento,
insicurezza, inibizione ed autoemarginazione,
o aggressività.
sulle PCI, ove si intenda con questo intervenire, per quanto
possibile, sul deficit del movimento proporzionato e
coordinato, sull’armonia della crescita e della maturazione
globale dell’individuo, significa cercare di migliorare la
qualità globale della vita del bambino, migliorare la
percezione del sé corporeo e quindi psichico.
Attualmente, le procedure terapeutiche sono
multifattoriali: abilitative, chirurgiche, mediche, che non si
elidono tra loro, ma interagiscono con una finale facilitazione
reciproca. Prescindendo dalle tecniche ortopediche, il
trattamento della patologia del movimento e del tono
muscolare riconosce oggi significativa valenza alla terapia
medica della spasticità: tossina botulinica (locoregionale)
e pompa al baclofen intratecale (sistemica). L’esperienza
del nostro centro, in tali metodiche, come di altri istituti,
consente di affermare che sono pochi i bambini che non ne
traggono giovamento, purchè vi sia la giusta indicazione
clinica.
In particolare, l’infiltrazione del muscolo ‘spastico’ con
tossina botulinica facilita l’azione del terapista della
riabilitazione; problematica può apparire la necessità di
ripeterla periodicamente nello stesso distretto muscolare o
in altri agenti comunque sul movimento distorto dell’arto,
ma questa stessa reiterazione consente di correggere eventuali
non corrette posologie del farmaco, data la reversibilità
completa della sua azione.
Conclusioni
La complessità dei quadri clinici dei bimbi con PCI
richiede un approccio integrato multidisciplinare. L’uso
della tossina botulinica nel trattamento della spasticità può
essere un ulteriore strumento terapeutico da utilizzare in
associazione con altri presidi che non vanno dimenticati
come la fisiochinesiterapia, l’uso di ortesi e di casting,
l’elettrostimolazione e le strategie chirurgiche. Ogni
intervento sia medico che chirurgico deve essere mirato ed
individualizzato a ‘quel’ bambino, nel suo momento
evolutivo e nella sua dinamica di cambiamenti e di sviluppo,
per optare per l’intervento più appropriato al miglioramento
funzionale. Un adeguato e ben pianificato programma
fisiatrico, strutturato alle necessità del bimbo, resta un punto
chiave nella presa in carico delle PCI. Gli obiettivi da
raggiungere, soprattutto sul piano funzionale, devono essere
stabiliti e discussi con la famiglia che deve essere partecipe
del progetto di cura e riabilitazione anche attraverso
l’insegnamento di esercizi attivi e passivi per il
miglioramento del controllo motorio, della flessibilità
articolare, della forza e resistenza e che devono essere
effettuati giornalmente, dopo l’eventuale trattamento con
tossina botulinica.
* Direttore Strutt. Compl. Neuropsichiatria Infantile
Direttore Dipartimento di Neuroscienze - Azienda Ospedaliera Universitaria
‘Ospedali Riuniti’ Foggia.
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