Direzione Generale dei Servizi per l’Igiene Pubblica Ufficio Malattie Infettive Nel settembre 1992, in Olanda, si è verificata un'epidemia di poliomielite che ha colpito soggetti appartenenti ad una comunità religiosa di stretta osservanza che rifiuta tutte le vaccinazioni. L'epidemia è stata controllata grazie ad una serie di misure messe in atto dalle Autorità sanitarie olandesi, e si è conclusa nel 1° bimestre del 1993. Nel giugno 1993 il Ministero della Sanità olandese, in collaborazione con l'Ufficio Regionale Europeo dell'O.M.S., ha organizzato un convegno per condividere le esperienze maturate e le lezioni apprese nel corso di questa epidemia. Si fornisce di seguito un resoconto dei lavori. MEETING SULLA SORVEGLIANZA DELLA POLIOMIELITE Bilthoven – Olanda, giugno 1993 Nei giorni 22 e 23 giugno 1993 si è svolto in Olanda, nella sede dell'Istituto di Sanità Pubblica e Controllo Ambientale, un convegno avente per tema la sorveglianza della poliomielite. Prendendo spunto dalla recente epidemia di poliomielite manifestatasi in Olanda nell'ultimo semestre del 1992, il convegno è stato organizzato anche con la finalità di condividere con gli altri Paesi europei le esperienze acquisite sia nel corso di questo evento, che in altri recenti episodi epidemici, che hanno chiaramente dimostrato come nessun Paese possa essere considerato al riparo dal rischio di disseminazione di poliovirus selvaggi, a prescindere dai relativi standard igienici e sociali L'epidemia di poliomielite, che ha complessivamente provocato in Olanda 68 casi, è dilagata in una comunità religiosa di ortodossi protestanti costituita da circa 70.000 persone con un loro rigido codice etico e culturale. Tali persone, appartenenti all'ala più conservatrice ed oltranzista della Chiesa Olandese Protestante Riformata, rifiutano qualsiasi vaccinazione in base ad una concezione che vede nella malattia o nella salute una manifestazione della volontà divina contro la quale un vero credente non può opporsi. L'epidemia olandese Nel settembre 1992 il reparto di Neurologia dell'Ospedale di Dordrecht segnalava un possibile caso di polio paralitica in un ragazzo di 14 anni, che aveva ricevuto una sola di dose OPV monovalente tipo 1 nel 1978, in occasione della precedente epidemia che aveva interessato la stessa comunità religiosa; nell'anamnesi del ragazzo, che frequentava una scuola confessionale in Rotterdam in cui la maggior parte degli allievi non era stata vaccinata, non comparivano storie di viaggi in zone endemiche per polio. In seguito alla notifica di questo caso venne adottata una definizione di caso di poliomielite allo scopo di meglio monitorare l'evento epidemico temuto e puntualmente verificatosi, dato il gran numero di persone non vaccinate; in base a tale definizione dovevano essere notificati come sospetta poliomielite tutti i casi di paralisi flaccida acuta senza perdita di sensibilità, tutti i casi di paralisi bulbare acuta, le meningiti asettiche, le sindromi neurologiche con segni di coinvolgimento bulbare. Il secondo caso sospetto venne notificato ad una settimana di distanza del primo, confermato da presenza di alto tasso di IgM anti poliovirus 3; l'ultimo caso è stato notificato il 19 febbraio 1993. Tutti i pazienti che con l'eccezione di un anziano agricoltore appartenevano alla medesima comunità ortodossa protestante, erano non vaccinati o incompletamente vaccinati contro la polio; l'età mediana dei pazienti è risultata essere di 20 anni circa, con range 9 giorni - 61 anni; i casi letali sono stati 2. Le misure preventive adottate dapprima consistettero nell'offerta attiva di vaccino antipoliomielitico orale trivalente, con l'obiettivo di immunizzare tutte le persone nate dopo il 1930 non vaccinate o vaccinate da più di 15 anni. Tale intervento, avviato il 22 settembre, determinò un'enorme richiesta di vaccino con conseguenti problemi logistici che indussero il restringimento della vaccinazione a tutti i soggetti di età inferiore a 41 anni non vaccinati o incompletamente vaccinati per motivi ideologici. Inoltre vennero avviate indagini epidemiologiche per appurare se la popolazione olandese nel suo complesso potesse essere considerata adeguatamente protetta contro la polio, se il virus selvaggio circolasse anche al di fuori del gruppo e delle aree a rischio e la provenienza del poliovirus selvaggio responsabile dell'epidemia. La vaccinazione antipoliomielitica viene praticata in Olanda fin dal 1957; la schedula vaccinale attualmente applicata consiste in 6 dosi di IPV somministrate all'età di 3, 4, 5 e 12 mesi in associazione con DTP e di 4 e 9 anni in associazione con DT. L'ultimo accertato caso di fallimento di vaccinazione antipolio risale al 1968 e si verificò in un ragazzo che aveva ricevuto due sole dosi di vaccino. Il tasso di copertura vaccinale può, a partire dagli anni settanta, essere considerato pari al 95% per il ciclo vaccinale di base. L'IPV induce effettivamente una valida risposta immunitaria; infatti, quasi il 100% dei bambini vaccinati con la schedula completa presentano un alto titolo di anticorpi neutralizzanti verso i tre tipi di poliovirus Indagini sieroepidemiologiche hanno, comunque, dimostrato assenza di anticorpi neutralizzanti antipoliovirus 3 (titoli inferiori ad 1:8) in quasi il 22% dei soggetti nati tra il 1930 ed il 1945; tale assenza è stata attribuito al declinare dei titoli anticorpo piuttosto che a mancata esposizione ai poliovirus, dato che la somministrazione di una dose di vaccino antipolio inattivato trivalente era stato in grado di evocare una risposta anticorpale di tipo booster. Nei vaccinati, inoltre, non è stata messa in evidenza alcuna significativa differenza nelle risposte in anticorpi neutralizzanti verso il virus vaccinale ed il virus selvaggio responsabile dell'epidemia. Nel complesso la popolazione olandese vaccinata dimostra di essere eccellentemente protetta. Le indagini sieroepidemiologiche hanno altresì confermato che, in presenza di copertura vaccinale globalmente elevata, esistono aree a bassissima copertura vaccinale, soprattutto in corrispondenza della cosiddetta "cintura biblica", là dove più numerosi sono gli appartenenti alla Chiesa Olandese Riformata, e in alcune aree urbane. Per ciò che concerne la circolazione del poliovirus, sono state intraprese indagini sui contatti dei pazienti e sui bambini in età scolare, nonché indagini ambientali per ricercare la presenza del virus in acque reflue domestiche e acque di fiume, ed indagini tra i laboratori deputati all'esecuzione di analisi virologiche per individuare eventuali isolamenti accidentali di poliovirus selvaggio da pazienti diversi da quelli a rischio. Test specifici per la ricerca di IgM-anti poliovirus 3 hanno messo in evidenza una diffusissima circolazione di poliovirus selvaggio nel gruppo a rischio fin dal momento della notifica del primo caso. Le analisi sui reflui urbani hanno confermato l'ampia distribuzione geografica della circolazione virale in corrispondenza delle zone occupate dalla popolazione a rischio; va altresì sottolineato come il ceppo virale epidemico fosse stato isolato dall'ambiente già tre settimane prima della notifica del primo caso di poliomielite. Per cercare di determinare la provenienza del virus, è stato eseguito il sequenziamento genomico della regione VP1/2A, confrontando la sequenza nucleotidica ottenuta con quella di altri poliovirus tipo 3 isolati di recente in occasione di episodi epidemici in altri Paesi europei: non è stata dimostrata alcuna relazione diretta con questi ceppi virali, mentre una stretta affinità, che potrebbe suggerire un legame epidemiologico, è stata dimostrata in un poliovirus tipo 3 isolato in India nel 1992; tuttavia non ci sono ancora prove sulla reale provenienza del ceppo virale responsabile dell'epidemia olandese. Gli interventi preventivi e gli studi epidemiologici messi in atto in occasione di questa epidemia, hanno comportato finora una spesa superiore ai dieci milioni di dollari. La presenza della comunità ortodossa protestante, molto determinata nel suo rifiuto di adottare pratiche di profilassi vaccinale, rappresenta un costante rischio di reintroduzione e soprattutto di disseminazione di poliovirus selvaggi, anche se la buona copertura vaccinale della rimanente popolazione sembra essere in grado di prevenirne il coinvolgimento generalizzato in epidemie; é stato infatti più volte affermato che l'epidemia del 1992 non era inattesa e non era imprevedibile. Tra l'altro, gli stretti contatti della comunità della comunità olandese con analoghe comunità residenti in Canada e negli Stati Uniti d'America ha probabilmente determinato, come già nel 1978, la propagazione del ceppo epidemico a queste comunità: infatti, un virus con lo stesso genotipo (somiglianza > 98%) di quello isolato in Olanda, è stato già riscontrato in Canada, ed altre indagini epidemiologiche vengono attualmente condotte negli Stati Uniti, negli stati in cui sono presenti le comunità Amish e olandese riformata. La vaccinazione antipolio, come tutte le altre immunizzazioni praticate in Olanda, è su base volontaria, ed il Consiglio sanitario si è ripetutamente pronunciato contro l'obbligatorietà della vaccinazione, misura non ritenuta necessaria data l'alta accettazione da parte di quasi tutta la popolazione; per tentare di vincere le resistenze da parte della comunità ortodossa, è stato però istituito un comitato ad hoc, formato da tre membri, uno dei quali è un pastore appartenente al gruppo. Altri recenti episodi epidemici L'epidemia in Israele - 1988 Nell'anno 1988 un episodio epidemico di poliomielite, dovuto ad un poliovirus tipo 1, coinvolse 15 persone, quasi tutte appartenenti alla parte ebraica della popolazione. La storia di questa epidemia è stata controversa fin dall'inizio, in quanto si è verificata in una popolazione in gran parte vaccinata. Dei 15 casi, 12 si sono manifestati nel distretto di Hadera, in cui le classi di età 0-6 anni e 728 anni erano state vaccinate rispettivamente con e-IPV e con OPV. Tutti i casi si sono manifestati in pre-adolescenti, adolescenti e giovani adulti, molti dei quali avevano ricevuto una schedula completa di OPV; gli altri tre casi si sono verificati in tre diversi distretti, non confinanti tra loro e con Hadera. In quest'ultimo, i casi si sono presentati in tre foci, e avevano in un comune una storia di stretti contatti sociali e contatti, nell'ambito delle loro stesse unità abitative, con i reflui domestici; quest'ultimo fatto ha suggerito la possibilità che un prolungato e massivo con poliovirus selvaggio sia stato in grado di determinare la malattia anche in soggetti già vaccinati, alcuni dei quali con tre o quattro dosi di OPV; naturalmente questa non può essere l'unica spiegazione ed infatti, nel corso dell'epidemia israeliana del 1988, numerose differenze genetiche sono state messe in evidenza tra il poliovirus selvaggio tipo 1 responsabile dell'evento ed il ceppo utilizzato per la preparazione del vaccino. L'immunità mucosale dei bambini vaccinati con e-IPV (classe di età 0-6 anni) non sembra avere giocato alcun ruolo particolare nella diffusione dei poliovirus selvaggi nell'ambito della comunità; il numero di escretori del ceppo epidemico da parte dei contatti domestici dei pazienti nel distretto di Hadera è stato simile a quello dei portatori nei distretti in cui era stato utilizzato solo OPV; inoltre, l'alto tasso di disseminatori di virus selvaggio nei bambini di età compresa tra zero e sei anni in Hadera non è stato osservato soltanto durante l'epidemia del 1988, ma anche nel corso di precedenti epidemie in periodi in cui il solo vaccino utilizzato era l'OPV. Tale riscontro indurrebbe a riconsiderare il ruolo degli individui vaccinati con OPV nel blocco della trasmissione di poliovirus selvaggi; d'altra parte bisogna considerare anche tra i soggetti naturalmente immuni verso i polio virus è possibile riscontrare una percentuale di escretori pari a circa il 30%. L'epidemia in Oman - 1988-89 Il programma esteso di vaccinazione avviato con successo in Oman a partire dal 1985, grazie al raggiungimento di elevate coperture vaccinali nei bambini, aveva consentito di ottenere un rapido declino dell'incidenza di tutte le malattie bersaglio; questo brillante risultato è stato in parte offuscato da un epidemia di poliomielite, dovuta ad un poliovirus tipo 1, che nel biennio 1988-1989, ha interessato l'Oman nella sua globalità, risparmiando in pratica un solo distretto e provocando complessivamente 123 casi di polio paralitica; gli interventi messi in atto per fronteggiare l'epidemia, oltre alla introduzione di un nuovo sistema di sorveglianza della paralisi flaccida acuta, sono consistiti nella somministrazione di una dose supplementare di OPV a tutti i bambini al di sotto dei 18 mesi di età. Nella fase successiva,è stata modificata la schedula vaccinale, che a partire dal luglio 1989 in luogo delle tre dosi di OPV (3, 5, 7 mesi) prevede la somministrazione di OPV trivalente alla nascita, a 40 giorni, a tre, cinque, sette mesi, per complessive cinque dosi di TOPV nel corso del primo anno di vita; inoltre, dosi booster vengono somministrate a sei anni e a 12 anni, in corrispondenza dell'inizio del ciclo scolastico primario e secondario rispettivamente. Dopo la fiammata epidemica dovuta al poliovirus 1, il sistema di sorveglianza della paralisi flaccida acuta (segnalazione immediata di ogni caso di AFP in soggetti di età inferiore a 15 anni), che ha tra l'altro consentito di evidenziare un tasso medio di incidenza di questa patologia neurologica pari a 2 casi ogni 100.000 bambini al di sotto di 15 anni, ha consentito l'individuazione di due casi di probabile polio nel 1990 e 4 casi nel 1991, confermati mediante isolamento di un poliovirus 3, ceppo virale non legato ad alcuno dei poliovirus conosciuti isolati in altri Paesi. Dei quattro pazienti con polio confermata, tre avevano ricevuto quattro dosi di TOPV e uno cinque dosi; nel follow-up a sessanta giorni i deficit neurologici persistevano nei pazienti vaccinati con quattro dosi, mentre la paralisi si era risolta nel bambino che aveva ricevuto cinque dosi di vaccino TOPV. Nessun altro caso di AFP è stato classificato come polio paralitica nel corso del 1992 e del 1993: I "fallimenti" della vaccinazione sono stati attribuiti alla scarsa immunogenicità del vaccino antipoliomielitico utilizzato in Oman, dato confermato da diversi studi di sieroconversione; sono attualmente in corso studi in doppio cieco per valutare la risposta ad una schedula combinata eIPV+OPV rispetto ai due vaccini utilizzati singolarmente e per valutare gli effetti di una dose booster somministrata al nono mese utilizzando OPV con formulazione raccomandata OMS, OPV formulazione raccomandata USA, e-IPV o OPV monovalente tipo 3. L'epidemia in Bulgaria - 1991 L'epidemia di poliomielite del 1991, la prima dopo più di dieci anni, si è manifestata in un momento di transizione politico e di notevoli cambiamenti dell'assetto sociale in Bulgaria. Il primo caso di polio andrebbe in effetti fatto risalire al dicembre 1990, ma a causa dell'atipicità della presentazione clinica e di una precedente epidemia di paralisi flaccida acuta dovuta ad enterovirus non polio, esso non fu correttamente diagnosticato con la necessaria immediatezza; l'epidemia si era già estesa ad un totale di otto distretti quando il responsabile dell'evento venne identificato come un poliovirus 1 . Dei 43 casi confermati, ben 38 si sono verificati nella popolazione gitana, e 42 dei 43 casi si sono manifestati in bambini di età inferiore ai 18 mesi. La schedula vaccinale in uso in Bulgaria fino al 1991 prevedeva la somministrazione di 7 dosi di OPV, di cui tre nel corso del primo anno di vita; da notare che 11 dei bambini colpiti da poliomielite erano stati vaccinati con schedula completa per la loro età; l'insuccesso della vaccinazione potrebbe, in questi casi, essere dovuto alla somministrazione di OPV in bambini con affezioni diarroiche o a cattiva conservazione del vaccino per interruzioni nella catena del freddo. Molti possono essere i fattori intervenuti nella genesi dell'epidemia ma senz'altro il più importante va ricercato nella diminuzione dei tassi di copertura vaccinale, molto più marcati in una minoranza etnica gitana che rifiutava gli interventi vaccinali in quanto ritenuti espressione della detestata autorità di governo; questa minoranza etnica è, inoltre, molto mobile e, in un periodo in cui venivano a cadere molte delle restrizioni di viaggio imposte dalle Autorità governative, aveva ulteriormente intensificato i propri spostamenti. Inoltre, molto spesso, i cicli vaccinali di base non venivano completati nei tempi prescritti a causa di numerose e non sempre fondate controindicazioni alla vaccinazione. In seguito all'epidemia, le Autorità sanitarie bulgare hanno modificato la schedula vaccinale, introducendo la somministrazione di una dose di OPV (dose 0) alla nascita per gli appartenenti alle popolazioni maggiormente a rischio, anticipando al secondo mese di vita la somministrazione della prima dose di OPV, e prevedendo la somministrazione simultanea dei cicli vaccinali DTP e OPV. Verso l'eradicazione della Poliomielite La situazione Europea L'eradicazione globale della poliomielite rientra negli obiettivi del progetto dell'O.M.S "Salute per tutti nell'anno 2000". Risultati molto promettenti in tal senso sono stati raggiunti nella Regione delle Americhe in cui, da oltre venti mesi, non sono più stati registrati casi di poliomielite da virus selvaggio; questo risultato si è concretizzato grazie ad una intensa azione di vaccinazione di massa e di sorveglianza che hanno comportato un notevole impegno tanto dei Governi quanto delle Organizzazioni non governative. In Europa questo risultato non è ancora stato ottenuto, nonostante il decremento del numero annuale di casi osservato costantemente fino al 1984. A partire da tale anno si sono verificati una serie di focolai epidemici grandi e piccoli, tanto in Paesi dell'Est europeo quanto in Paesi dell'Europa settentrionale, con picco di morbosità nel biennio 1990-91 (676 casi complessivamente). I casi di poliomielite si sono verificati per lo più in Paesi dell'Est europeo e dell'area transcaucasica, attraversati in questi ultimi anni da profonde crisi economiche, politiche e che non di rado hanno determinato, in Paesi a forte impronta centralistica, un vero e proprio sfaldamento del tessuto organizzativo sociale, con ripercussioni finanziarie e logistiche su tutte le attività sanitarie, inclusi i programmi di vaccinazione. Nel 1992 sono stati registrati 163 casi di poliomielite in 17 Paesi, localizzati principalmente in Olanda (64 casi), Azerbaidjan (22 casi), Turchia (20 casi), Ukraina (12 casi); nel 1993, al momento attuale, sono stati notificati 16 casi di poliomielite da parte di sei Paesi. Le strategie messe in atto per ottenere l'eliminazione della poliomielite dalla Regione Europea, oltre alla vaccinazione routinaria di massa per bloccare la trasmissione di poliovirus selvaggi, prevedono, nei Paesi che ancora ne registrano la circolazione endemica, attività supplementari di controllo, quali il mopping-up e le giornate nazionali di vaccinazione. Il mopping-up è una pratica solitamente riservata a quei Paesi in cui si verifichi circolazione focale di poliovirus selvaggi, ma può essere convenientemente applicata anche nei Paesi in cui si verifichi importazione di poliovirus selvaggi; esso consiste nella identificazione di aree ad alto rischio per polio, con somministrazione immediata di una dose di supplementare di OPV a tutti i bambini al di sotto dei cinque anni, a prescindere dal loro stato vaccinale, e di altre due dosi di OPV a distanza di 4-6 settimane. Naturalmente la sorveglianza rimane uno dei pilastri dell'attività di eradicazione della polio, ed essa diviene tanto più importante quanto più ci si avvicina al traguardo finale. Sono ormai 19 i Paesi, tra cui l'Italia, che inviano regolarmente all'Ufficio Regionale Europeo dell'O.M.S. una relazione, su base settimane o mensile, sui casi di polio registrati nel loro territorio e, in assenza di casi, il cosiddetto "zero-polio reporting". Altro elemento chiave della sorveglianza della poliomielite è la sorveglianza della paralisi flaccida acuta, ovvero di tutti i casi di paralisi flaccida in soggetti al di sotto dei quindici anni di età, iniziata in Europa nel 1991 ed al momento attuale portata avanti da sei Paesi europei (Bulgaria, Irlanda, Romania, Russia, Regno Unito). Anche la sorveglianza ambientale riveste, soprattutto quanto più è prossima la fase finale del processo di eradicazione della polio, un' importanza fondamentale; solo la sorveglianza ambientale può infatti fornire la conferma dell'assenza o della presenza della circolazione di virus selvaggi, anche in assenza di casi clinici. Infatti, i soggetti infettati da poliovirus anche in assenza di una sintomatologia clinica più o meno evidente e specifica, possono albergare e disseminare notevoli quantità di virus che, particolarmente in climi temperati o freddi, possono resistere nell'ambiente esterno anche per diversi mesi, mantenendo inalterate le loro potenzialità infettive. La circolazione dei poliovirus selvaggi può essere quindi monitorata esaminando tanto campioni di feci da soggetti scelti a caso quanto reflui urbani o altri campioni ambientali contaminati da materiale fecale umano. Tali attività di monitoraggio ambientale risultano tanto più precise ed attendibili nei Paesi in cui venga utilizzato esclusivamente vaccino antipolio inattivato, in quanto i ceppi attenuati contenuti nell'OPV vengono escreti nelle feci come i loro omologhi selvaggi e possono, in qualche caso, prevenire la rilevazione dei virus selvaggi, soprattutto se questi ultimi sono presenti nel campione in piccole quantità. D'altra parte, anche in assenza di circolazione di ceppi vaccinali, i tentativi di isolamento virale possono essere complicati anche da altri enterovirus non-polio e il monitoraggio ambientale è uno strumento irrinunciabile di sorveglianza, anche nei Paesi utilizzanti OPV. La sensibilità delle operazioni di monitoraggio ambientale dipende anche, e in notevole misura, dal sistema di dei reflui urbani; là dove esiste un sistema di collettori fognari è relativamente semplice raccogliere i campioni dal collettore principale, mentre in assenza di tali sistemi è necessario ricorrere alla raccolta di acque di fiume o di lago, nel caso di corpi idrici con funzione di recettore, oppure procedere direttamente alla raccolta di campioni di materiale fecale. La scoperta di poliovirus selvaggi nell'ambiente dovrebbe essere sempre considerata un segnale di allarme, soprattutto in quei Paesi che non registrano più casi indigeni di polio, e dovrebbe quindi dar luogo a più intense attività di sorveglianza epidemiologica ed ai preparativi per il contenimento di eventuali epidemie, inclusa la somministrazione di dosi supplementari di OPV. Giova infatti ricordare che il ceppo virale responsabile dell'epidemia venne isolato in Olanda tre settimane prima della notifica del primo caso clinico. Naturalmente, il monitoraggio ambientale della circolazione dei poliovirus selvaggi e/o vaccinali risulta tanto più valido quanto più sono standardizzate le tecniche di raccolta e concentrazione dei campioni, e di isolamento, coltura e tipizzazione virale. Interruzione della trasmissione dei Poliovirus selvaggi L'infezione naturale da poliovirus selvaggi induce una efficace, anche se non duratura, immunità secretoria a livello delle mucose naso-faringea e intestinale che si traduce in un alto grado di resistenza alla replicazione ed escrezione dei poliovirus. La vaccinazione con IPV, che è sicuramente in grado di fornire un'ottima protezione individuale, non sembra tuttavia capace di prevenire l'infezione e la conseguente escrezione virale a livello intestinale, anche se sembra essere in grado di limitare la localizzazione ed escrezione del virus a livello-naso-faringeo; la vaccinazione con IPV determinerebbe soltanto, in presenza di alti titoli di anticorpi neutralizzanti, la riduzione della durata di escrezione dei poliovirus, senza ridurre in alcun modo l'entità né dell'infezione domestica né di quella extrafamiliare. I soggetti vaccinati con OPV, al pari delle persone immunizzate naturalmente, rappresentano generalmente delle fonti "non efficaci" di infezione, in quanto la loro immunità mucosale non consente l'insediamento e la replicazione virale. In molti dei Paesi in cui è stato utilizzato esclusivamente OPV per molti anni, le indagini epidemiologiche hanno dimostrato l'assenza di reservoir endogeni di poliovirus selvaggi; l'uso di OPV , si può concludere, è in grado di indurre una diffusa, anche se non assoluta, resistenza intestinale, riducendo di conseguenza il numero di individui suscettibili ad un livello inferiore a quello necessario per la perpetuazione del virus in natura. D'altra parte, numerose epidemie di poliomielite si sono verificate anche in Paesi in cui la vaccinazione antipoliomielitica orale era stata praticata in maniera estensiva con raggiungimento di alte coperture vaccinali. In alcune di queste epidemie (Oman, Israele) è stato ipotizzato, vista l'assenza di cospicue sacche di soggetti non vaccinati, che anche una consistente proporzione di bambini vaccinati con schedula completa possa essere stata implicata nella trasmissione dei poliovirus selvaggi. In ogni caso, le recenti epidemie di poliomielite verificatesi in Paesi che utilizzano tanto il solo IPV che il solo OPV per il loro programma di vaccinazione, hanno dimostrato come la malattia possa ripresentarsi anche in aree da lungo tempo esenti da polio; ciò perché, nonostante l'efficacia di entrambe i tipi di vaccino per quanto riguarda la protezione individuale, alti livelli di copertura vaccinale non riescono ad estinguere del tutto la trasmissione dei poliovirus selvaggi, che può avvenire anche ad opera di una parte non trascurabile (circa il 30%) di persone naturalmente immunizzate o di persone vaccinate con OPV. Per ridurre quanto più possibile la trasmissione di poliovirus selvaggi è necessario raggiungere coperture quanto più possibile vicine al 100%, almeno per il ciclo vaccinale di base. Nei Paesi polio-free, in cui si ritiene non avvenga più circolazione di virus selvaggi, ed in cui di conseguenza non si verifica più il boosting naturale, dovrebbero essere previste periodiche somministrazioni di dosi booster di vaccino, soprattutto là dove venga utilizzato esclusivamente IPV, ma anche dove viene utilizzato OPV, in quanto, in quest'ultimo caso, la circolazione di poliovirus vaccinali è essenzialmente limitata alle famiglie con bambini piccoli. Inoltre, dopo la vaccinazione con OPV, la resistenza del naso-faringe e dell'intestino all'infezione e alla replicazione virale sembra essere legata a titoli serici di anticorpi neutralizzanti almeno pari ad 1:8; i Paesi polio-free dovrebbero prendere in considerazione l'esecuzione sistematica di indagini siero-epidemiologiche per stabilire gli effettivi livelli di copertura anticorpale, ed ottenere le informazioni necessarie per la pianificazione di eventuali interventi di sanità pubblica quali la somministrazione di dosi supplementari di vaccino o la modifica della schedula vaccinale in uso. Il mantenimento e la estensione delle aree indenni da polio comporta l'attuazione di una serie di azioni volte a prevenire l'importazione di virus selvaggi dalle zone ancora endemiche; in tal senso misure preventive, quali la valutazione dello stato immunitario e la somministrazione di vaccino antipolio, dovrebbero essere fortemente consigliate anche ai viaggiatori, ai turisti ed ai lavoratori che si rechino in zone in cui esiste ancora attiva circolazione di virus selvaggi. Molta attenzione deve essere anche dedicata ai casi di poliomielite da ceppi virali Sabin-like, la cui probabilità viene stimata in proporzioni variabili da 1 caso ogni 3-4 milioni di dosi di vaccino ad 1 caso ogni 7-8 milioni di dosi di vaccino; i casi di polio associata a vaccino, che il blocco della circolazione dei virus selvaggi renderà relativamente sempre più frequenti, hanno un impatto molto negativo sull'opinione pubblica ripercuotendosi sfavorevolmente sull'accettazione della vaccinazione; una possibile soluzione potrebbe in questi casi essere rappresentata dal ricorso a schedule vaccinali combinate, con somministrazione sequenziale di IPV ed OPV. Roma, 12.07.93 Loredana Vellucci Ufficio Malattie Infettive D.G.S.I.P