Sulla natura biologica dell`autismo: l`ipotesi disconnessionista

annuncio pubblicitario
Rivista Italiana di Genetica e Immunologia Pediatrica - Italian Journal of Genetic and Pediatric Immunology
Anno IV numero 2 - aprile 2012 | direttore scientifico: Carmelo Salpietro - direttore responsabile: Giuseppe Micali
Sulla natura biologica dell'autismo: l'ipotesi disconnessionista
Giovanni Coglitore
Scuola di Dottorato di Ricerca in Scienze Cognitive, Università di Messina
Abstract
L'autismo è un disordine dello sviluppo neurologico dell’infanzia caratterizzato da
difficoltà sociali e di comunicazione e da una gamma di interessi e attività rigidi, ristretti e
ripetitivi e dovuto alla complessa interazione di fattori genetici, biologici e ambientali.
Le recenti scoperte genetiche e quelle derivate dagli studi di neuroimaging suggeriscono
che l’autismo sia associato ad alterazioni della connettività durante lo sviluppo, che
compromettono il normale processo di maturazione delle strutture neurali, provocando
una disconnettività (ipoconnettività e/o iperconnettività) all’interno delle reti neurali con
conseguente alterata sincronizzazione tra aree cerebrali critiche di “associazione di
ordine superiore”, responsabili della insorgenza della sindrome autistica.
Il modello concettuale della disconnettività dei circuiti neuronali, su cui ormai converge
la comunità scientifica, ipotizza che l’autismo e i suoi segni e sintomi appaiono come un
disordine di origine neurologica che interessa sistemi neurali distribuiti che hanno
compromesso molte abilità cognitive e comportamentali di ordine superiore e fornisce un
quadro di riferimento molto attendibile, in grado di spiegare le caratteristiche
neurocomportamentali e cognitive del soggetto autistico.
Scopo di questa review è di valutare il disturbo autistico dal punto di vista
neurobiologico, attraverso le scoperte riportate dalla recente letteratura, mettendo
insieme i dati dell’indagine genetica con quelli delle neuroimaging e di dare un contributo
all’ipotesi che l’autismo sia un disturbo neurobiologico dello sviluppo, ovvero
l’espressione finale di un disturbo causato da una vera e propria sindrome da
disconnessione dello sviluppo cerebrale, che si realizza a partire dalla primissima
infanzia.
Keywords: autismo, genetica, neuroimaging, disconnettività
Introduzione
L'autismo è un disordine dello sviluppo neurologico dell’infanzia caratterizzato da
difficoltà sociali e di comunicazione, e da una gamma di interessi e attività rigidi, limitati e
ripetitivi (APA, 1994) e dovuto alla complessa interazione di fattori genetici, biologici e
ambientali.
La storia sulle cause dell’autismo, fin da quando è stato presentato alla comunità
medicoscientifica da Leo Kanner (1943), è contrassegnata da ipotesi etiologiche
formulate nel tempo; tuttavia nessuna di esse ha pienamente soddisfatto fondamentali
questioni teoriche e ottenuto il consenso unanime della comunità scientifica.
La Psichiatria per quasi mezzo secolo ha catalizzato l’interesse su questo
disturbo classificandolo nel gruppo delle psicosi infantili e dominato l’agenda delle
interpretazioni etiologiche, fornendo di volta in volta svariate ipotesi sulle cause
psicogene (psicosociali o psicodinamiche) dell’autismo.
Soltanto all’inizio degli anni ’80, con il Diagnostic and Statistical Manual of mental
disorders (DSM-III) redatto dall'American Psychiatric Association (APA, 1980), si è
assistito ad una evoluzione del concetto di autismo, non più considerato una psicosi e
classificato nel gruppo dei Disturbi Pervasivi (Generalizzati) dello Sviluppo.
Successivamente, a partire dagli anni ’90, i progressi nello sviluppo tecnologico
hanno determinato una fondamentale spinta per la comprensione delle cause
dell’autismo, attraverso l’indagine genetica e l’applicazione delle tecniche di brainimaging.
La scoperta di una moltitudine di geni (e le relative mutazioni/varianti genetiche) coinvolti
nei processi del neurosviluppo e gli avanzamenti tecnologici nella diagnostica per
immagini del cervello con la tomografia ad emissione di positrone (PET) e con la
risonanza magnetica strutturale (sMRI) e funzionale (fMRI) hanno avuto un profondo
impatto sulla comprensione delle basi neurobiologiche dell'autismo attraverso lo studio,
anatomico e funzionale, della connettività cerebrale, migliorando decisamente le
capacità di esaminare i substrati neurali dei processi cognitivi.
Scopo di questa review è di valutare il disturbo autistico attraverso l’analisi della
recente letteratura retrospettiva, mettendo insieme i dati dell’indagine genetica con quelli
delle neuroimaging e di dare un contributo all’ipotesi che l’autismo sia l’espressione
finale di un disturbo causato da una vera e propria sindrome da disconnessione dello
sviluppo cerebrale, che si realizza a partire dalla primissima infanzia.
Studi genetici
Il riscontro epidemiologico della familiarità del disturbo autistico (concordanza
dell’82-92% nei gemelli omozigoti e dell’1-10% nei gemelli dizigoti) [Persico &
Bourgeron, 2006] e l’osservazione che i genitori, i fratelli e i parenti spesso mostrino tratti
di personalità, anche se meno gravi, riconducibili ai deficit sociali solitamente osservati
nei probandi autistici (Dawson et al., 2007), forniscono prove convincenti che la
genetica abbia un ruolo chiave nella eziologia di questa
affezione (Folstein & Rosen-Sheidley, 2001). Queste osservazioni hanno dato l’input agli
studi della genetica dell’autismo.
Recenti scoperte hanno identificato una moltitudine di geni, coinvolti nei processi
maturativi dello sviluppo delle connessioni neurali, che conferiscono un rischio per
l’autismo; tuttavia non è
chiaro se il disturbo consegue a mutazioni genetiche rare o a interazioni multigeniche
rare di comuni varianti genetiche (Abrahams & Geschwind, 2008; Buxbaum, 2009; Wang
et al., 2009).
Le reelin sono voluminose glicoproteine secrete durante lo sviluppo pre-natale dalle
cellule di Cajal-Retzius dello strato marginale o dalle cellule dei granuli del cervelletto e
implicate nella formazione del citoscheletro e nella migrazione delle cellule neuronali
(Fatemi et al., 2005; Tissir & Goffinet, 2003).
E’ stato proposto che la diminuzione dell'espressione genica reelin, dovuta alla variante
del gene RELN, potrebbe comportare suscettibilità all’autismo (Acosta & Pearl,
2003; Persico & Bourgeron, 2006).
Le neuroligine (NLGN) sono molecole di adesione cellulare che svolgono un ruolo
nell’avviare la formazione pre-sinaptica (Akins & Biederer, 2006; Yamagata et al. 2003) e
nel mantenere l'equilibrio tra segnali inibitori ed eccitatori (Chih et al., 2005). Queste
molecole interagiscono con una famiglia di proteine chiamate
β-neurexine durante la sinaptogenesi e ci sono prove che rare varianti nel numero di
copie e varianti comuni dei geni che codificano per la neurexina 1 e la neurexina 3
contribuiscono alla suscettibilità all’autismo (Duvall et al., 2006). Le mutazioni nei geni
che cocdificano per la neuroligina 3 e neuroligina 4 sono causa di anomalie sinaptiche
nei soggetti con autismo (Jamain et al., 2003; Persico & Bourgeron, 2006).
E’ stata segnalata una mutazione rara del gene SHANKE 3 che codifica per una
proteina dell’impalcatura sinaptica normalmente coinvolta nel mantenere e sostenere le
spine dendritiche (Durand, et al., 2007) e osservata una diminuzione di questa molecola
in soggetti con autismo (Boeckers et al., 2002).
Studi recenti hanno scoperto comuni varianti di 2 geni che codificano per una
superfamiglia di proteine note come caderine, implicate nella guida degli assoni e nella
formazione delle sinapsi (Paradis et al., 2007) nonché nella maturazione delle spine
dendritiche e delle sinapsi eccitatorie (Abe et al., 2004). Comuni varianti genetiche sono
state trovate sul cromosoma 5 e codificano per le proteine di adesione delle cellule
neuronali, caderina 9 (CDH9) e caderina 10 (CDH10) e potrebbero essere responsabili
del 15% di tutti i casi di autismo (Wang, et al., 2009).
Si ha ragione di ipotizzare interessanti prospettive dalle indagini genetiche finalizzate
a determinare il ruolo nell’autismo di diversi membri di famiglie di geni della contactina
(CNTN) e della proteina associata alla contactina (CNTNAP), che svolgono una funzione
essenziale come molecole di adesione per la formazione e plasticità delle reti neuronali.
Diversi report suggeriscono che le mutazioni che interessano CNTN2, 3 e 4 possano
essere rilevanti come loci di suscettibilità all'autismo, in combinazione con altri fattori
genetici e/o ambientali (Alarcón et al., 2008; Arking et al., 2008; Roohi et al., 2009).
Le mutazioni o le varianti dei geni candidati che codificano per le molecole di
adesione cellulare possono provocare, dunque, alterazioni nella sintesi di queste
proteine-ponte ritenute essenziali per la comunicazione interneuronale e compromettere
il normale processo di maturazione dello sviluppo neuronale (Belmonte & Bourgeron,
2006; Bourgeron, 2007). Queste scoperte indicano la disfunzione sinaptica (Levy et al.,
2009) come responsabile del fallimento della maturazione di alcuni percorsi sinaptici
programmati, come quelli coinvolti con l'adesione cellulare (Betancur et al., 2009),
causando disconnessione strutturale e funzionale di regioni del cervello coinvolte in
associazioni di ordine superiore. Resta da chiarire il ruolo delle interazioni tra geni
e fattori ambientali interni ed esterni che influenzano il neurosviluppo.
Le scoperte genetiche sul ruolo delle molecole di adesione delle cellule neuronali
appaiono coerenti con quelle emerse dagli studi istologici post-mortem del tessuto
cerebrale, che hanno dimostrato nei soggetti autistici la presenza di anomalie
nell'organizzazione delle cellule corticali (Casanova, 2007; Hutsler et al., 2007).
Considerato il ritmo con cui procedono le scoperte genetiche, è probabile che nel
prossimo futuro avvenga rapidamente l’identificazione di una serie più completa di geni
coinvolti nel neurosviluppo e delle loro mutazioni e varianti, fornendo un terreno fertile
per l'esplorazione neurobiologica delle cause dell’autismo e test genetici specifici, al
momento non disponibili, in grado di confermare una diagnosi di autismo e di consentire
una diagnosi precoce.
Studi di imaging di risonanza magnetica
La conoscenza delle linee dello sviluppo anatomico cerebrale e dei circuiti neurali
negli individui normali e di come essi prendano forma e si sviluppino in epoca pre-natale
e poi nel periodo post-natale fino all’età infantile e adolescenziale, è indispensabile per
la comprensione delle alterazioni neuro-strutturali e dei correlati cognitivi osservati
nell’autismo nella prima infanzia, atteso che l’insorgenza del disordine autistico ha le
sue origini nelle fasi precoci del neurosviluppo e
si manifesta solitamente prima dei 36 mesi di età (WHO, 2005).
L’applicazione delle recenti tecniche di brain-imaging, che si aggiungono alle tradizionali
indagini post-mortem, ha reso possibile lo studio dello sviluppo anatomico cerebrale e
della connettività neurale, fornendo informazioni in vivo sulla struttura del cervello negli
individui autistici.
Studi di imaging di risonanza magnetica strutturale
La risonanza magnetica strutturale (sMRI) consente la possibilità di produrre immagini
ad alta risoluzione della struttura anatomica del cervello ed è ampiamente utilizzata nello
studio delle alterazioni anatomiche del cervello autistico e in particolare per ottenere
misure molto attendibili del volume dell’intero cervello e della sostanza grigia e bianca.
A questa metodica si affianca con notevoli vantaggi l’imaging del tensore di diffusione
(DTI), una modalità di risonanza magnetica che fornisce la possibilità di esaminare le
strutture dei tessuti cerebrali in vivo sulla base dello studio della diffusione casuale delle
molecole d’acqua che si
diffondono isotropicamente in direzione parallela all'orientamento dei tratti di fibre della
sostanza bianca, facilitate dalle guaine mieliniche che rivestono gli assoni (Ashtari et al.,
2007; Lebel et al., 2008; Olson et al., 2009). Nel caso in cui le fibre sono meno dense,
meno coerentemente organizzate o meno mielinizzate, in altre parole se l’integrità
strutturale del tessuto è alterata, il movimento dell’acqua è più disperso e l’anisotropia è
quindi considerata un indice della integrità
della sostanza bianca. L’anisotropia frazionata, rilevata dalla MRI-DTI, assume pertanto
il valore della misura della integrità dei tratti di fibre della sostanza bianca (Le Bihan,
2003). Mediante tale tecnica è possibile tracciare computazionalmente i tratti di fibre,
esplorare in vivo la connettività anatomica tra le aree cerebrali determinando la
posizione e l’orientamento dei percorsi assonali e tracciare la mappatura tridimensionale
delle fibre di sostanza bianca che connettono differenti aree cerebrali.
Volume cerebrale
Le ricerche con sMRI hanno messo in evidenza una precoce crescita accelerata ed
eccessiva del cervello e della circonferenza cranica nei soggetti con autismo, rilevabile
nella prima infanzia, che si traduce in un volume medio del cervello di dimensioni più
grandi (macrocefalia), stimabile nella misura del 5-10% del volume cerebrale totale
(Hazlett et al., 2005; Sparks et al., 2002) e osservabile in circa il 20% dei bambini
autistici (Fombonne et al., 1999; Lainhart et al., 2006).
L’accelerazione della crescita cerebrale si manifesta a partire all’incirca dal primo anno di
vita (9-12 mesi) [Courchesne et al., 2003; Mraz et al., 2007] e sembra raggiungere il
picco intorno ai 2-4 anni di età, seguita da un periodo di crescita ridotta, con una
graduale normalizzazione delle dimensioni con l’aumentare dell’età (Redcay &
Courchesne, 2005). Nel corso dell’adolescenza e nell’età adulta non si osservano infatti
significative differenze di volume cerebrale e di
circonferenza cranica tra gli individui sani e quelli autistici (Bolton et al., 2001; Lainhart et
al., 1997). Tali anomalie della crescita del cervello potrebbero essere riconducibili ad
alterazioni dei fattori di crescita osservate nei neonati che successivamente
manifesteranno i sintomi autistici (Nelson et al., 2006).
Studi di imaging strutturale hanno identificato le principali regioni del cervello in cui è
stata riscontrata la crescita cerebrale eccessiva, che viene segnalata nel lobo temporale
(Kwon et al., 2004; Rojas et al., 2005), nel lobo parietale (Courchesne et al., 1993), nel
talamo (Tsatsanis et al., 2003), nel tronco cerebrale (Rodier, 2002) e soprattutto nel lobo
frontale con riferimento alla corteccia frontale mediale, corteccia prefrontale
dorsolaterale e corteccia cingolata anteriore (Carper & Courchesne, 2005; Herbert et al.,
2004).
Le cause dell’aumento del volume del cervello nell'autismo sono attualmente
sconosciute, anche se è plausibile che i fattori genetici (insieme ai fattori ambientali)
possano essere importanti; analogamente sconosciuto e sorprendente è il motivo per cui
la crescita accelerata del volume cerebrale inizia prima della comparsa dei sintomi clinici
(Ulay & Ertugrul, 2009). Queste anomalie indicano, comunque, un disturbo dello
sviluppo delle regioni del cervello responsabili di elevate funzioni cognitive, che si
manifesterà più tardi nella vita dell’individuo autistico (Courchesne et al.,
2001; Fidler et al., 2000; Miles et al., 2000).
Sostanza grigia e bianca
La scoperta fondamentale è che nell’incremento del volume del cervello degli individui
autistici la sostanza grigia e la sostanza bianca aumentano, rispettivamente in media del
18% e del 38% (Courchesne et al., 2001; Herbert et al., 2003), in particolare nella
corteccia cerebrale, nel cervelletto e nelle strutture limbiche e che durante l’adolescenza
sostanza grigia e bianca si riducono parallelamente alla diminuzione del volume
cerebrale.
L’incremento volumetrico del cervello appare legato alla rapida crescita della sostanza
grigia (aumento delle cellule gliali, delle ramificazioni dendritiche e della produzione di
nuove sinapsi, diminuzione della potatura dendritica e sinaptica) e della sostanza bianca
(mielinizzazione degli assoni) e all'esistenza di numerosi neuroni ancora più piccoli e
densamente organizzati (Freidman et al., 2003). L’aumento di volume cerebrale consiste
prevalentemente di un incremento della sostanza bianca, che negli studi con RMI-DTI
appare mal organizzata nei bambini e negli adulti con autismo rispetto ai gruppi di
controllo (Barnea-Goraly et al., 2010; Brito et al., 2009; Cheung et al., 2009; Fletcher et
al., 2010; Lee et al., 2009; Sahyoun et al., 2010; Sivaswamy et al., 2010).
La disorganizzazione della sostanza bianca chiama in causa il processo di
mielinizzazione (Shukla et al., 2010) che appare più tardivo e protratto (Herbert et al.,
2004, Herbert, 2005), per cui una significativa riduzione del contenuto di mielina della
sostanza bianca potrebbe avere un ruolo nella genesi dell’autismo (Pujol et al., 2004).
Viene anche ipotizzata un’anomalia nel contenuto di acqua nel tessuto della sostanza
bianca degli individui autistici, che può rappresentare una base neurobiologica per la
connettività corticale aberrante, significativa per la comparsa del disturbo autistico
(Hendry et al., 2006).
Alterazioni neuro-anatomiche
Collegare le anomalie neuroanatomiche ai sintomi comportamentali e cognitivi
dell’autismo è di fondamentale importanza per la comprensione del ruolo dei
cambiamenti strutturali nella eziologia del disturbo. I tentativi dei ricercatori che si sono
dedicati alle osservazioni delle alterazioni neuroanatomiche negli individui con autismo
hanno avuto, infatti, come obiettivo di identificare le anomalie strutturali delle principali
regioni del cervello che formano i presunti sistemi neurali
interessati nell’autismo.
Con questa metodologia l’indagine neuroanatomica è stata rivolta allo studio delle
strutture che si ritengono coinvolte nei 3 classici compartimenti fondamentali alterati
nell’autismo:
1) difficoltà nelle interazioni sociali (corteccia orbito-frontale, corteccia cingolata
anteriore, giro fusiforme, solco temporale superiore, amigdala, regioni dei neuroni
specchio, giro frontale inferiore, corteccia parietale posteriore);
2) deficit nello sviluppo del linguaggio e delle abilità di comunicazione (giro frontale
inferiore–area di Broca, solco temporale superiore, area motoria supplementare, gangli
basali, talamo, cervelletto e nuclei pontini);
3) comportamenti ripetitivi e ritualizzati e ristretta gamma di interessi (corteccia orbitofrontale, corteccia cingolata anteriore, gangli basali, talamo).
Le regioni maggiomente studiate in termini di alterazioni neuroanatomiche strutturali
riscontrate nell’autismo sono a) il corpo calloso, b) il cervelletto, c) l’amigdala, d) le
regioni del linguaggio, e) il sistema dei neuroni specchio, f) altre regioni cerebrali che ad
oggi sono state meno indagate.
a) Corpo calloso
Una delle prime scoperte che il cervello autistico è caratterizzato da alterazioni
anatomiche rilevanti riguarda il corpo calloso di cui è stato osservato un assottigliamento
significativo. Il volume ridotto del corpo calloso è legato alla perdita di volume della
sostanza bianca (Courchesne et al., 1993; Vidal et al, 2006) e riflette una diminuita
connettività interemisferica (Hardan et al., 2009; Stanfield et al., 2008), oltre che una
lenta velocità di elaborazione con quozienti intellettivi
significativamente inferiori negli individui autistici rispetto agli individui sani (Alexander et
al., 2007).
b) Cervelletto
Recenti osservazioni suggeriscono che nel cervelletto, che fino a tempi relativamente
recenti era considerato esclusivamente coinvolto nella funzione motoria, mentre oggi gli
si attribuisce un ruolo più ampio che interessa anche la cognizione e la regolazione
emotiva, sono state identificate anomalie microstrutturali negli studi post-mortem di
individui con autismo (Bauman et al., 2005), che riguardano essenzialmente la riduzione
del numero delle cellule di Purkinje. Gli studi di
imaging strutturale segnalano risultati apparentemente contraddittori sul volume del
cervelletto. Alcuni ricercatori riferiscono una riduzione del volume (Courchesne et al.,
2001), altri un aumento (Minshew et al, 2005) o nessuna variazione degli emisferi
cerebellari (Sparks et al., 2002). L’aumento del volume del cervelletto potrebbe essere
correlato a ritardo mentale e basso quoziente intellettivo negli individui autistici, mentre
quelli con normale quoziente intellettivo avrebbero un volume ridotto.
c) Amigdala
Considerato che l’amigdala è coinvolta in molti aspetti significativi della cognizione
sociale è interessante studiarne le alterazioni, atteso che gli individui autistici si
caratterizzano tra l’altro per per questo disturbo. Un incremento del volume dell’amigdala
osservato con sMRI è stato descritto nei pazienti autistici (Schumann et al., 2004),
specie negli individui ad alto funzionamento (Howard et al., 2000); altri ricercatori hanno
trovato una correlazione tra l’aumento di volume dell’amigdala e la gravità del disturbo
autistico (Spark et al., 2002) e peggiori abilità sociali e di comunicazione (Munson et al.,
2006); altri infine hanno segnalato un volume normale o ridotto dell’amigdala (Eigisti &
Shapiro, 2003), specie negli individui autistici adulti (Schumann et al., 2004; Stanfield
et al., 2007).
d) Aree del linguaggio
Nonostante l’importanza dei deficit della comunicazione e del linguaggio negli individui
con autismo, non sono molti tuttavia gli studi che hanno esaminato la neuroanatomia
delle aree cerebrali che svolgono queste funzioni [area di Broca nel giro frontale inferiore
per il linguaggio espressivo, area di Wernicke nella regione temporo-parietale per il
linguaggio ricettivo e il solco temporale superiore cui è riconosciuto un ruolo in entrambe
le elaborazioni del linguaggio e dell’attenzione sociale (Redcay, 2008)]. I ricercatori
hanno scoperto negli individui autistici alterazioni del normale modello di asimmetria, con
regioni solitamente più grandi nell’emisfero che è sede del linguaggio. Il riscontro di
questa mancata asimmetrica lateralizzazione viene considerato come un segno di deficit
di sviluppo precoce dell’autismo e responsabile della alterazione della funzione
del linguaggio (De Fosse et al., 2004; Herbert et al., 2002; Rojas et al., 2005).
e) Sistema dei neuroni specchio
La disfunzione del sistema dei neuroni specchio è stata considerata come un possibile
deficit centrale delle difficoltà di interazione sociale e di comunicazione nell’autismo.
Studi elettrofisiologici e di fMRI (Dapretto et al., 2006; Hadjikhani et al., 2007; Schmitz &
Rezaie, 2008; Williams et al., 2006) hanno testato questa ipotesi e avrebbero rilevato
negli individui autistici anomalie di questo sistema nello sviluppo delle abilità cognitive
sociali e una correlazione tra la ridotta attività del sistema dei neuroni specchio e la
gravità della sindrome nei bambini con autismo (Iacoboni & Dapretto, 2006). Tuttavia,
non mancano ricercatori che rilevano che altri comportamenti autistici non potrebbero
essere spiegati con neuroni specchio disfunzionali (Dinstein et al., 2008), che gli
individui con autismo hanno anche l'attivazione anormale in molti circuiti del cervello al di
fuori del sistema dei neuroni specchio (Frith U & Frith C. D, 2003), che questa teoria non
spiega l'andamento normale dei bambini autistici in compiti di imitazione che
coinvolgono un obiettivo o un oggetto (Hamilton, 2008) e che comunque, anche se la
teoria dei neuroni specchio ipotizza una spiegazione apparentemente semplice e
possibilista, è altamente improbabile che una piccola popolazione di neuroni
disfunzionali possa spiegare i disturbi psicosociali e comportamentali osservati negli
individui autistici (Ulay & Aygün Ertugrul, 2009).
f) Altre regioni cerebrali
Le indagini su altre regioni del cervello che potrebbero essere implicate nell'autismo
sono limitate. Vengono segnalate anomalie del talamo (Hardan et al., 2006), dei gangli
basali (Hardan et al., 2003; Hollander et al., 2005), in particolare del nucleo caudato il
cui aumento di volume potrebbe essere correlato con la presenza di comportamenti
ripetitivi e ritualistici degli individui autistici (Hollander et al., 2005) e dell’ippocampo sia
nel volume (Schumann et al., 2004) che nella
forma (Dager et al., 2007; Nicolson et al., 2006).
Va inoltre segnalato che gli studi con sMRI hanno trovato anomalie di forma nella
corteccia della fessura siviana, nel solco temporale superiore, nel solco intraparietale e
nel giro frontale inferiore (Levitt et al., 2003; Nordahl et al., 2007) e in genere atipicità nei
modelli di disposizione dei giri della corteccia cerebrale, il cui significato attualmente non
è chiaro.
Altri studi hanno scoperto un aumento dello spessore corticale nei bambini autistici su
tutta la corteccia cerebrale, specie nella corteccia parietale e temporale (Hardan et al.,
2006), mentre negli autistici adulti due studi hanno segnalato un assottigliamento
corticale nelle regioni frontali, parietali e temporali, che appare correlato alla severità dei
sintomi generali (Hadjikhani et al., 2006). In uno studio successivo i ricercatori hanno
riscontrato che il volume cerebrale e lo spessore della corteccia diminiscono con l’età
(Hardan et al., 2009). Poiché lo spessore corticale sembra riflettere la potatura sinaptica
e l’arborizzazione dendritica della sostanza grigia (Huttenlocher, 1990) e la
mielinizzazione della sostanza bianca (Sowell et al., 2007) nel corso del processo
del neurosviluppo normale, le differenze di spessore corticale nei bambini autistici
verosimilmente corrispondono ad alterazioni di quei processi che si traducono in una
diminuzione della sostanza grigia totale.
Vengono descritte, infine, negli individui autistici alterazioni della organizzazione
strutturale delle minicolonne distribuite nello strato III della neocorteccia, dove
costituiscono le unità funzionali di base del cervello (Amaral et al., 2008; Mountcastle,
1997). Secondo dati preliminari che necessitano di conferme, sarebbe stata riscontrata
una ridotta larghezza delle minicolonne nella corteccia prefrontale dorsolaterale e
nell’area 9 di Brodmann, il che implica un aumento della densità neuronale dell’ordine
del 23%, con una riduzione della arborizzazione dendritica nelle minicolonne (Casanova
et al., 2006).
In sintesi, gli studi sulla struttura cerebrale mediante sMRI e MRI-DTI evidenziano
nell’autismo numerose alterazioni anatomiche suggestive di un disordine pervasivo nei
network neuronali durante le prime fasi dello sviluppo (Bauman & Kemper, 2005) e
suggeriscono una anormale traiettoria dello sviluppo cerebrale, caratterizzata da
accelerata ed eccessiva crescita del cervello, con evidenti segni di aumento dello
spessore corticale, atipicità nei modelli di disposizione dei giri della corteccia cerebrale,
anomalie della sostanza grigia e dei tratti di fibre della sostanza bianca, che appaiono
alterati a causa di un anomalo contenuto di acqua e del processo di mielinizzazione che
appare più tardivo e protratto. Tali anomalie, diffusamente presenti in parecchie
regioni cerebrali, suggeriscono che l'autismo sia un disturbo ampiamente distribuito, non
circoscritto ad una singola regione.
Le anomalie neuro-anatomiche, osservate nell’autismo durante la fase della eccessiva
crescita cerebrale, possono promuovere difetti di patterning e di cablaggio neuronale,
con conseguenti difettose interazioni corticali, suggerendo che nell’autismo vi sia una
disconnettività con diffuse alterazioni connettivali che interessano molteplici aree
corticali. In particolare, gli studi con sMRI suggeriscono che i soggetti con autismo sono
caratterizzati da diminuzioni delle connessioni a lungo raggio e da aumenti delle
connessioni a corto raggio (Hardan et al., 2006; Herbert et al., 2004).
Studi di imaging di risonanza magnetica funzionale
Gli studi di risonanza magnetica funzionale (fMRI) hanno offerto notevoli opportunità per
la comprensione delle basi neurobiologiche dell'autismo, mediante il confronto tra
l’attivazione di regioni cerebrali normalmente attive nei controlli sani con quella
eventualmente alterata nei soggetti autistici. Numerosi studi di neuroimaging funzionali
condotti nell’autismo, focalizzati su compiti specifici correlati ai domini del sintomo
fondamentale, hanno esplorato i pattern di attivazione in risposta a compiti connessi alla
elaborazione del viso (Corbett et al., 2009; Greimel et al., 2010; Koshino et al., 2008;
Pierce & Redcay, 2008), alla Teoria della Mente (Castelli et al., 2002; Wang et al., 2007)
e alla elaborazione del linguaggio (Just et al., 2004; Kana et al., 2006), mentre
sono state riscontrate maggiori difficoltà nello studio dei comportamenti ripetitivi (Gomot
et al., 2006; Schmitz & Rezaie, 2008).
Particolarmente studiate con la fMRI sono state a) la elaborazione del viso, che negli
individui sani attiva le aree della corteccia visiva ventrale, del giro fusiforme, del solco
temporale superiore, dell’amigdala e dell’insula e b) la elaborazione dell’oggetto, che
attiva il giro temporale inferiore. Quindi l’elaborazione del viso e l’elaborazione
dell’oggetto hanno differenti meccanismi, con l’attivazione delle rispettive aree del giro
fusiforme nella elaborazione del viso e del giro temporale inferiore nella elaborazione
dell’oggetto. Viene osservato che il riconoscimento del viso, che è una disabilità clinica
caratteristica dell’autismo, costituisce una notevole difficoltà per i soggetti autistici ed è
accompagnato da minore attività del giro fusiforme, mentre è più attivo il giro
temporale inferiore (Haxby et al., 2002), il che suggerisce che gli individui autistici
elaborano i visi
analogamente a come essi elaborano gli oggetti (Shultz et al, 2000) e meno nel contesto
del loro significato umano (Minshew & Keller, 2010). Il giro fusiforme mostra inoltre negli
individui autistici una ridotta attivazione nella elaborazione dei visi dei soggetti estranei
rispetto ai visi familiari (Pierce et al., 2004). In conclusione, i soggetti autistici
manifestano difetti nei processi neurali che modulano l’area fusiforme del viso.
Il deterioramento nell’autismo delle abilità cognitive sociali, di cui la Teoria della Mente
(ToM) è considerata l’espressione fenomenologica fondamentale e peculiare, è stato
indagato mediante la fMRI attraverso i compiti della ToM, che attiva nei soggetti sani la
corteccia prefrontale mediale, il giro temporale superiore, la giunzione temporo-parietale
e i poli temporali. Rispetto al gruppo normale, gli individui autistici, noti per avere
difficoltà con l’elaborazione del processo della ToM, hanno mostrato una minore
attivazione in tutte queste regioni (Castelli et al., 2002).
Presi insieme gli studi condotti con fMRI hanno, pertanto, chiaramente stabilito che
l'autismo e i suoi segni e sintomi appaiono come un disordine di origine neurologica che
interessa sistemi neurali distribuiti che hanno compromesso molte abilità cognitive e
comportamentali di ordine superiore.
Successivamente la ricerca fMRI nell'autismo è stata focalizzata principalmente sullo
sviluppo dei metodi della connettività funzionale, attraverso il grado di sincronizzazione o
di correlazione delle serie temporali tra le diverse aree corticali, rilevate dal segnale
dipendente dal livello di ossigeno nel sangue (BOLD). I collegamenti funzionali rilevati
mediante fMRI con il segnale BOLD e valutati come forza della connessione, sono
definiti connettività funzionale BOLD e indicati con l’acronimo fcMRI-BOLD (functional
connectivity-MRI-BOLD).
Con questo approccio i ricercatori, mediante l’applicazione di una varietà di compiti
correlati al dominio del sintomo fondamentale, hanno riscontrato nei soggetti autistici,
rispetto al gruppo di controllo, una riduzione della connettività funzionale tra le aree
corticali attivate nel corso di un compito come il linguaggio (Just et al., 2004; Sahyoun et
al., 2010), le funzioni esecutive (Just et al., 2007; Solomon et al., 2009), la
consapevolezza emotiva (Ebisch et al., 2011) e altri compiti.
Questi risultati, cioè i riscontri di una minore connettività funzionale tra le aree corticali,
ottenuti con la fcRMI-BOLD durante l’attività, suggeriscono che le basi neurali delle
funzioni esplorate comportano un minor grado di integrazione delle informazioni tra
alcune aree corticali interessate, a causa della diminuzione della connettività
intracorticale, e vengono considerati come prova che l’autismo è un disturbo derivante
dalla sotto-connettività tra le regioni cerebrali che partecipano alle reti corticali.
Altri ricercatori, accanto alla sotto-connettività all’interno dei circuiti esplorati,
hanno riscontrato una iperconnettività anche in altre aree cerebrali (Mizuno et al., 2006;
Turner et al., 2006), suggerendo che nei soggetti autistici la tipologia del disturbo della
connettività aberrante (aumentata o ridotta) può variare in base alla regione esplorata
nel tentativo di ottimizzare le connessioni delle reti per ottenere la prestazione di una
data funzione che in ogni caso è inefficiente (Noonan et al., 2009). Sulla base di queste
scoperte, viene ipotizzano che il numero eccessivo di neuroni possa essere collegato
con la precoce crescita eccessiva del cervello durante il periodo del neurosviluppo e
causare difetti di patterning e cablaggio neurali, con interazioni locali e a breve distanza
eccessive che contrastano le connessioni su grande scala e a lunga distanza tra le
aree cerebrali (Courchesne et al., 2007).
Ai numerosi studi funzionali che indagano l’attività del cervello durante lo svolgimento
di compiti cognitivi, sensoriali e motori, si sono aggiunte in anni recenti le indagini
condotte con la fcMRI-BOLD nello stato di riposo (resting state). Tali indagini hanno
svelato l’esistenza di un’attività di fondo definita connettività funzionale intrinseca (cioè
l'attività non direttamente collegata a identificabili eventi sensoriali o motori) o di riposo,
ed è rilevata dalla fMRI attraverso le correlazioni temporali delle oscillazioni o fluttuazioni
spontanee a bassa frequenza del segnale BOLD che interessano regioni cerebrali
sincronizzate ma ampiamente separate (Biswal et al., 1995; Broyd et al, 2009; Friston et
al, 1993). Le aree cerebrali coinvolte in tale attività di fondo vengono a costituire una rete
funzionale, definita Default-Mode Network (DMN) [Raichle et al., 2001], diventata in
breve tempo un argomento centrale nella neuroscienza contemporanea cognitiva
e clinica.
Questa rete è stata approfonditamente studiata. Sul piano anatomico la DMN
comprende la corteccia prefrontale mediale, la corteccia cingolata posteriore/corteccia
retrospleniale e il precuneo, il lobulo parietale inferiore, il giro frontale superiore, il giro
temporale superiore e il giro paraippocampale (Andrews-Hanna et al., 2010; Broyd et al.,
2009; Buckner et al., 2008; Fox et al., 2005; Greicius et al., 2003; Stawarczyk et al.,
2011). Queste strutture sono organizzate in 2 sottosistemi distinti (corteccia prefrontale
mediale dorsale e lobo temporale mediale), ma altamente connessi tra di loro e con gli
altri componenti della rete (Andrews-Hanna et al., 2010; Buckner et al., 2008; Greicius et
al, 2008; Gusnard & Raichle, 2001; Horovitz et al., 2009). Sul piano funzionale le aree
della DMN manifestano contributi per la cognizione in maniera differenziata e sono
associate a processi mentali definiti 'immagini e pensieri non-correlati al compito'
(‘taskunrelated imagery and thought’) [Giambra, 1995], partecipando alla elaborazione di
alcuni processi cognitivi complessi “di ordine superiore”, in particolare nella cognizione
spontanea (Buckner et al., 2008; Broyd et al., 2009; Mason et al., 2007; Smallwood et
al., 2009; Spreng et al., 2010), nella cognizione sociale (Andrews-Hanna et al., 2010;
Amodio & Frith, 2006; Gallangher & Frith, 2003; Frith U & Frith C.D, 2003; Lombardo et
al., 2010; Mason & Just, 2009; Ochsner et al., 2005; Vanderwal et al., 2008) e nel
mantenimento dell'equilibrio degli input eccitatori e inibitori, definito funzione di
anticorrelazione (Broyd et al., 2009; Buckner et al., 2008; Eichele et al., 2008; Fox et al.,
2005; Spreng & Grady, 2011; Toro et al., 2008; Weissman et al., 2006).
La scoperta della DMN, oltre ad avere un forte impatto sulle Neuroscienze Cognitive per
le peculiari funzioni svolte da questa rete, ha fornito un ulteriore strumento d’indagine da
quando si è ipotizzato che la disorganizzazione della connettività funzionale intrinseca
all’interno della rete default potesse costituire la base per l’insorgenza dell’autismo e di
altri disordini della sfera psicopatologica: malattia di Alzheimer (Greicius et al, 2004),
deficit di attenzione/iperattività (Castellanos et al, 2008), schizofrenia (Garrity et al,
2007), depressione (Drevets et al., 2008; Greicius et al., 2007).
Il primo significativo studio nei soggetti autistici può essere ricondotto a una ricerca di
Kennedy e colleghi (2006), che hanno rilevato, durante l'attività passiva, una mancanza
di attivazione della default network rispetto ai soggetti di controllo, che invece hanno
mostrato il modello tipico di attivazione della rete default. Inoltre, in un'analisi esplorativa
delle differenze individuali all'interno del gruppo autistico, gli individui con la massima
compromissione sociale (valutata con un modello
standardizzato di diagnostica, considerato una misura clinica di compromissione sociale)
sono stati quelli con i livelli più atipici di attività della corteccia prefrontale mediale
ventrale, suggerendo ai ricercatori che la mancanza di attivazione della DMN negli
individui autistici rifletteva un deficit di pensiero introspettivo e di elaborazione
auto-referenziale.
Tuttavia, Cherkassky e colleghi (2006) non hanno trovato significative differenze di
attivazione nella rete default, sia nell’autismo che nei gruppi di controllo. Le differenze
riscontrate riguardavano invece l’attivazione di un rete fronto-parietale, recentemente
ritenuta importante per il controllo delle interazioni tra la rete default e i sistemi cerebrali
collegati all'attenzione esterna (rete dorsale dell’attenzione), il che suggerisce che la rete
default possa essere in gran parte intatta negli individui con autismo, ma sotto-utilizzata,
forse a causa di una disfunzione nei sistemi di controllo che ne regolano l'utilizzo. La
stessa equipe di ricerca, valutando nel gruppo con autismo la connettività funzionale
intrinseca tra coppie di regioni appartenenti alla DMN, ha trovato una ridotta connettività
più accentuata tra le aree frontali e posteriori.
Ad analoghi risultati sono pervenuti Kennedy & Courchesne (2008) che hanno
riscontrato una ridotta connettività funzionale nell’autismo tra le regioni anteriori e
posteriori. Alcuni ricercatori hanno rilevato che negli individui autistici, noti per avere
difficoltà con l’elaborazione della ToM, le aree cerebrali della DMN che supportano la
ToM (giunzione temporoparietale di destra e corteccia prefrontale mediale dorsale) sono
meno attive rispetto a quelle del gruppo di controllo e che il grado di sincronizzazione tra
i componenti della rete che supportano la ToM è inferiore negli individui con autismo
rispetto ai controlli (Mason et al., 2008; Kana et al., 2008).
Più recentemente Monk e colleghi (2009) hanno riscontrato nei soggetti con autismo,
rispetto al gruppo di controllo, una connettività funzionale più debole tra la corteccia
cingolata posteriore e il giro frontale superiore di destra, associata a funzionamento
sociale più povero. Gli stessi ricercatori hanno inoltre rilevato nell’autismo una
connettività funzionale aumentata, rispetto al gruppo di controllo, tra la corteccia
cingolata posteriore e il lobo temporale destro e il giro paraippocampale destro, correlata
con la severità dei comportamenti ristretti e ripetitivi.
Weng e colleghi, in un articolo del 2010, hanno mostrato come le anomalie della
connettività non riguardavano soltanto le connessioni a lungo raggio della aree anteriori
e posteriori, ma erano diffusamente presenti nella rete default e strettamente correlate ai
deficit dell’autismo.
Inoltre, i dati analizzati hanno indicato che il deficit più grave, per quanto riguarda le
abilità sociali e gli anomali comportamenti ristretti e ripetitivi, era correlato con la
connettività più debole mentre la
comunicazione verbale e non verbale era correlata con una connettività più forte in aree
che non fanno parte dei circuiti della DMN. Questi risultati indicano che gli individui con
autismo mostrano un’alterata connettività intrinseca all’interno della rete default,
associata a specifici sintomi autistici in relazione alle aree interessate.
In sintesi, i dati oggi disponibili dimostrano nei soggetti autistici una diffusa ridotta
connettività cortico-corticale a lunga distanza tra le regioni cerebrali anteriori e posteriori
e una aumentata connettività intracorticale delle fibre a corto raggio in aree isolate delle
regioni posteriori. Il malfunzionamento della rete default, dovuto ad una sua interruzione
(disconnessione) o sottoutilizzazione e/o alla sua attivazione potenziata nelle aree
posteriori, potrebbe fornire la chiave
interpretativa delle cause dell’insorgenza dell’autismo e di altri disordini mentali e
costituire un potenziale marker di rilevanza clinica. Ulteriori studi e affinamenti degli
strumenti di indagine potranno dire di più sul significato cognitivo della DMN e sul ruolo
di questa rete nello sviluppo dell’autismo e di altri disordini di natura psicopatologica.
Si può pertanto concludere che i dati emersi dalla MRI strutturale e funzionale
suggeriscono che i soggetti autistici sono caratterizzati da atipicità neuroanatomiche in
termini di alterazioni della connettività ridotta o eccessiva, che compromettono la
comunicazione e la coordinazione interneuronale che sono alla base dei meccanismi
dell’insorgenza dell’autismo.
Conclusioni
Le conoscenze attuali fornite da una grande mole di studi sul cervello (anatomici,
istologici, fisiologici e funzionali), in aggiunta a quelli genetici, indicano che l’autismo è un
disturbo neurobiologico dello sviluppo.
Le mutazioni e varianti di geni candidati che codificano per le molecole di adesione
cellulare (β-neurexine, relina, caderina 9 e 10, SHANK3) possono provocare, nel corso
del neurosviluppo, il fallimento dei processi maturativi di alcuni percorsi sinaptici e
compromettere le comunicazioni interneuronali, causando disconnessione strutturale e
funzionale di regioni del cervello coinvolte in associazioni di ordine superiore.
L’ipotesi oggi più attendibile è dunque che la mancata maturazione delle strutture
neurali provochi l’interruzione del normale neurosviluppo, ovvero una disconnettività
(ipoconnettività e/o iperconnettività) con diffuse alterazioni connettivali che interessano
regioni cerebrali che vedrebbero compromesse le loro normali funzioni. La
disconnettività dei network neuronali potrebbe dunque tradursi in inefficienza nella
complessa elaborazione delle informazioni integrative
cerebrali, dando luogo a una “sindrome da disconnessione del neurosviluppo”
(Geschwind & Levitt, 2007), con le manifestazioni tipiche dell’autismo.
La disconnessione all’interno delle strutture neurali potrebbe realizzarsi a livello dei
processi istogenetici che attraversano il lungo periodo dello sviluppo cerebrale che ha
inizio nell’utero e si estende nell’età infantile, coinvolgendo potenzialmente determinati
eventi pre-natali come la neurogenesi, la migrazione neuronale e i percorsi degli assoni,
che stabiliscono il corretto posizionamento e il modello di connettività di base, e dopo la
nascita lo sviluppo dendritico, la
sinaptogenesi, la potatura sinaptica e dendritica, la plasticità e la mielinizzazione.
È verosimile che ognuno di questi processi dello sviluppo neurologico possa essere
coinvolto, da solo o in associazione con altri e all’interno della stessa area cerebrale e
con altre aree, dai meccanismi della disconnessione, che potrebbero estendersi anche
alle comunicazioni tra le aree corticali e le aree sub-corticali, dando luogo ad una
notevole eterogeneità dei fenotipi autistici osservati. Queste constatazioni suggeriscono
“la necessità di riformulare la sindrome di autismo come gli autismi” (Geschwind & Levitt,
2007), in relazione al fenotipo risultante rispetto ai diversi livelli di sviluppo neurale
interessati dalla disconnessione, e confermano la validità della denominazione di
“disordini dello spettro autistico” attribuita in atto ai disturbi di questi soggetti.
Il concetto di disconnettività dei circuiti neurali fornisce un potenziale modello
unificante secondo il quale aree cerebrali, normalmente connesse, diventano più o meno
disconnesse nel corso del neurosviluppo e appare l’elemento centrale attraverso cui si
realizzano i deficit di sincronizzazione tra aree cerebrali critiche responsabili del
complesso quadro sindromico dell’autismo. Questo concetto di disconnessione durante
lo sviluppo, su cui ormai converge la comunità scientifica, fornisce un quadro di
riferimento molto plausibile, in grado di spiegare le caratteristiche neurocomportamentali
e cognitive del soggetto autistico.
Nonostante le nostre conoscenze siano notevolmente aumentate, particolarmente
nell’ultima decade, è difficile tuttavia tracciare un quadro olistico dei rapporti specifici tra
eziologia genetica, fattori ambientali interni ed esterni, meccanismi molecolari,
alterazioni del neurosviluppo ed espressione fenotipica. È evidente che l’esame dei
rapporti tra queste condizioni è distribuito su numerosi livelli di studio (genetico,
biomolecolare, neuroanatomico, neurofunzionale), che sono lungi dall’essere
pienamente definiti e sui quali la ricerca scientifica è oggi impegnata.
Bibliografia
Abe, K., Chisaka, O., Van Roy, F., Takeichi, M. (2004). Stability of dendritic spines and
synaptic contacts is controlled by a N-catenin. Nat Neurosci 7: 357–363.
Abrahams, B. S., & Geschwind, D. H. (2008). Advances in autism genetics: on the
threshold of a new neurobiology. Nat Rev Genet. 9 (5):341–55.
Acosta, M. T., & Pearl, P. L. (2003). The neurobiology of autism: new pieces of the
puzzle. Curr Neurol Neurosci Rep, 3 (2), 149-156.
Akins, M. R. & Biederer, T. (2006). Cell-cell interactions in synaptogenesis. Curr. Opin.
Neurobiol. 16, 83–89.
Alarcón, M., Abrahams, B. S., Stone, J. L., et al. (2008). Linkage, Association, and
Gene- Expression Analyses Identify CNTNAP2 as an Autism-Susceptibility Gene. Am J
Hum Genet 82 (1):150–9.
Alexander, A. L., Lee, J. E., Lazar, M., et al. (2007) Diffusion tensor imaging of the
corpus callosum in autism. Neuroimage, 34 (1):61–73.
Amaral, D. G., Schumann, C. M., Nordahl, C. W. (2008). Neuroanatomy of autism.
Trends Neurosci. 31 (3):137-45.
Amodio, D. M., & Frith, C. D. (2006). Meeting of the minds: The medial frontal cortex and
social cognition. Nature Reviews Neuroscience, 7, 268–277.
APA, (1994). Diagnostic and statistical manual of mental disorders. American
Psychiatric Association, Washington, DC.
Arking, D. E., Cutler, D. J., Brune, C. W., et al. (2008). A Common Genetic Variant in
the Neurexin Superfamily Member CNTNAP2 Increases Familial Risk of Autism. Am J
Hum Genet 82 (1):160–4.
Andrews-Hanna, J. R., Reidler, J. S., Sepulcre, J., Poulin, R., & Buckner, R.L. (2010).
Functional- Anatomic Fractionation of the Brain’s Default Network. Neuron 65, 550–562.
Ashtari, M., Cervellione, K. L., Hasan, K. M., Wu, J., McIlree, C., Kester, H., et al (2007).
White matter development during late adolescence in healthy males: A cross-sectional
diffusion tensor imaging study. NeuroImage, 35 (2), 501–510.
Barnea-Goraly, N., Lotspeich, L. J., Reiss, A. L. (2010). Similar white matter aberrations
in children with autism and their unaffected siblings: a diffusion tensor imaging study
using tractbased spatial statistics. Arch Gen Psychiatry 67 (10):1052-60.
Bauman, M. L., & Kemper, T. L. (2005). Neuroanatomic observations of the brain in
autism: a review and future directions. Int J Dev Neurosci; 23 (2–3):183–7.
Belmonte, M. K., & Bourgeron, T. (2006). Fragile X syndrome and autism at the
intersection of genetic and neural networks. Nat Neurosci, 9 (10), 1221-1225.
Betancur, C., Sakurai, T., Buxbaum, J. D. (2009). The emerging role of synaptic
cell-adhesion pathways in the pathogenesis of autism spectrum disorders. Trends
Neurosci. 32 (7):402–12.
Biswal, B., Yetkin, F. Z., Haughton, V. M, Hyde, J. S. (1995). Functional connectivity in
the motor cortex of resting human brain using echo-planar MRI. Magn Reson Med.
34:537-541.
Boeckers, T. M., Bockmann, J., Kreutz, M. R., Gundelfinger, E. D. (2002).
ProSAP/Shank proteins—a family of higher order organizing molecules of the
postsynaptic density with an emerging role in human neurological disease. J.
Neurochem., 81:903–10.
Bolton, P. F., Roobol, M., Allsopp, L., Pickles, A. (2001). Association between idiopathic
infantile macrocephaly and autism spectrum disorders. Lancet, 358:726–727.
Bourgeron, T. (2007). The possible interplay of synaptic and clock genes in autism
spectrum disorders. Cold Spring Harb Symp Quant Biol, 72, 645-654.
Brito, A. R., Vasconcelos, M. M., Domingues, R. C., Hygino da Cruz, L. C. Jr., Rodrigues
Lde, S., Gasparetto, E. L., Calçada, C.A. (2009). Diffusion tensor imaging indings in
school-aged autistic children. J Neuroimaging, 19 (4):337-43.
Broyd, S. J., Demanuele, C., Debener, S., Helps, S. K., James, C. J., Sonuga-Barke, E.
J., 2009. Default-mode brain dysfunction in mental disorders: a systematic review.
Neurosci. Biobehav. Rev. 33, 279–296.
Buckner, R. L., Andrews-Hanna, J. R., Schacter, D. L. (2008). The brain’s default
network: anatomy, function, and relevance to disease. Ann. N Y Acad. Sci. 1124, 1–38.
Buxbaum, J. D. (2009). Multiple rare variants in the etiology of autism spectrum
disorders. Dialogues Clin.Neurosci. 11 (1):35–43.
Carper, R. A., & Courchesne, E. (2005). Localized enlargement of the frontal lobe in
autism. Biol Psychiatry, 57:126–133.
Casanova, M. F. et al. (2006). Minicolumnar abnormalities in autism. Acta Neuropathol.
112, 287– 303.
Casanova, M. F. (2007). The neuropathology of autism. Brain Pathol, 17 (4), 422-433.
Castellanos, F. X., Margulies, D. S., Kelly, C., Uddin, L. Q., Ghaffari, M., Kirsch, A.,
Shaw, D., Shehzad, Z., Di Martino, A., Biswal, B., Sonuga-Barke, E. J., Rotrosen, J.,
Adler, L. A., Milham, M. P. (2008). Cingulate-precuneus interactions: a new locus of
dysfunction in adult attentiondeficit/hyperactivity disorder. Biol. Psychiatry 63, 332–337.
Castelli, F., Frith, C., Happe, F., Frith, U. (2002). Autism, Asperger Syndrome and
brain mechanisms for the attribution of mental states to animated shapes. Brain,
125:1839-1849.
Cherkassky, V. L., Kana, R. K., Keller, T. A., Just, M. A. (2006). Functional connectivity in
a baselin e resting-state network in autism. Neuroreport, 17, 1687–90.
Cheung, C., Chua, S. E., Cheung, V., Khong, P. L., Tai, K. S., Wong, T. K., Ho, T. P.,
McAlonan, G. M. (2009). White matter fractional anisotrophy differences and correlates
of diagnostic symptoms in autism. J Child Psychol. Psychiatry, 50 (9):1102-12.
Chih, B., Engelman, H., & Scheiffele, P. (2005). Control of excitatory and inhibitory
synapse formation by neuroligins. Science, 307 (5713), 1324-1328.
Corbett, B. A., Carmean, V., Ravizza, S., Wendelken, C., Henry, M. L., Carter, C., Rivera,
S. M. (2009). A functional and structural study of emotion and face processing in
children with autism. Psychiatry Res, 173:196- 205.
Courchesne, E., Press, G. A., Yeung-Courchesne, R.. (1993). Parietal lobe abnormalities
with MR in patients with infantile autism. Am J Roentgenol 160:387–93.
Courchesne, E., Karns, C., Davis, H. R., Ziccardi, R., Carper, R. A., Tigue, Z. D.,
Chisum, H. J., Moses, P., Pierce, K., Lord, C., Lincoln, A. J., Pizzo, S., Schreibman, L.,
Haas, R. H., Akshoomoff, N. A., Courchesne, R. Y. (2001).
Unusual brain growth patterns in early life in patients with autistic disorder: an MRI
study. Neurology, 57:245–254.
Courchesne, E., Carper, R., Akshoomoff, N. (2003). Evidence of brain overgrowth in the
first year of life in autism, JAMA, 290 (3):337–44.
Courchesne, E., Pierce, K., Schumann, C. M., Redcay, E., Buckwalter, J. A., Kennedy,
D. P., Morgan, J. (2007). Mapping early brain development in autism. Neuron.,
56:399–413.
Dager, S. R. et al. (2007). Shape mapping of the hippocampus in young children with
autism spectrum disorder. AJNR Am. J. Neuroradiol. 28, 672-677.
Dapretto M. Davies, M. S., Pfeifer, J. H. & al., (2005). Understanding emotions in others:
mirror neuron dysfunction in children with autism spectrum disorders, Nature
Neuroscience, 9, 28-30.
Dawson, G., Estes, A., Munson, J., Schellenberg, G., Bernier, R., Abbott, R. (2007).
Quantitative assessment of autism symptom-related traits in probands and parents:
Broader Phenotype Autism Symptom Scale. J Autism Dev Disord, 37 (3), 523-536.
De Fosse, L., Hodge, S. M., Makris, N., & al. (2004). Language-association cortex
asymmetry in autism and specific language impairment, Ann Neurol. 56 (6):757–66.
Dinstein, I., Thomas, C., Behrmann, M. & al. (2008). A mirror up to nature. Curr. Biol.,
18:13–8.
Drevets, W. C., Price, J. L., Furey, M. L. (2008). Brain structural and functional
abnormalities in mood disorders: implications for neurocircuitry models of epression.
Brain Struct. Funct. 213, 93–118.
Durand, C. M., Betancur, C., Boeckers, T. M., Bockmann, J., Chaste, P., Fauchereau, F.,
et al. (2007). Mutations in the gene encoding the synaptic scaffolding protein SHANK3
are associated with autism spectrum disorders. Nat Genet, 39 (1), 25-27.
Duvall, J. A., Stone, J. L., Cantor, R. M., Nelson, S. F., Geschwind, D. H. (2006).
Independent replication of autism association in several neuronal connectivity genes
[abstract 1652]. Presented at the annual meeting of The American Society of Human
Genetics, October 2006, New Orleans, Louisiana.
Ebisch, S. J., Gallese, V., Willems, R. M., Mantini, D., Groen, W. B., Romani, G. L.,
Buitelaar, J. K., Bekkering, H. (2011). Altered intrinsic functional connectivity of anterior
and posterior insula regions in high-functioning participants with autism spectrum
disorder. Hum Brain Mapp. 32 (7):1013-28.
Eichele, T., Debener, S., Calhoun, V. D., Specht, K., Engel, A. K., Hugdahl, K., Von
Cramon, D. Y., Ullsperger, M., (2008). Prediction of human errors by maladaptive
changes in event-related brain networks. Proc. Natl. Acad. Sci. U.S.A. 105, 6173–6178.
Eigsti, I. M., & Shapiro, T. (2003). A systems neuroscience approach to autism:
biological, cognitive and clinical perspectives. MR and Dev Dis Res Rev, 9:206–216.
Fatemi, S. H., Snow, A. V., Stary, J. M., Araghi-Niknam, M., Reutiman, T. J., Lee, S., et
al. (2005).
Reelin signaling is impaired in autism. Biol Psychiatry, 57 (7), 777-787.
Fidler, D. J., Bailey, J. N., Smalley, S. L., & al. (2000). Macrocephaly in autism and other
pervasive developmental disorders. Dev Med Child Neurol, 42:737–740.
Fletcher, P. T., Whitaker, R. T., Tao, R., DuBray, M. B., Froehlich, A., Ravichandran, C.,
Alexander, A. L., Bigler, E. D., Lange, N., Lainhart, J. E. (2010). Microstructural
connectivity of the arcuate fasciculus in adolescents with high-functioning autism.
Neuroimage, 51 (3):1117-25.
Fombonne, E., Roge, B., Claverie, J., Courty, S., Fremolle, J. (1999). Microcephaly
and macrocephaly in autism. J. Autism Dev. Disord., 29:113-119.
Folstein, S. E., & Rosen-Sheidley, B. (2001). Genetics of autism: complex aetiology for
a heterogeneous disorder. Nat Rev Genet, 2 (12), 943-955.
Fox, M. D., Snyder, A. Z., Vincent, J. L., Corbetta, M., Van Essen, D. C., Raichle, M. E.
(2005).
From the cover: The human brain is intrinsically organized into dynamic, anticorrelated
functional networks. Proc Natl Acad Sci USA 102:9673–9678.
Friedman, S. D., Shaw, D. W., Artru, A. A., et al. (2003). Regional brain chemical
alterations in young children with autism spectrum disorder. Neurology, 60:100-7.
Friston, K. J., Frith, C. D., Liddle, P. F., Frackowiak, R. S. J. (1993b). Functional
connectivity: the principal component analysis of large (PET) data sets. J. Cereb. Blood
Flow Metab. 13, 5–14.
Frith, U., & Frith, C. D. (2003). Development and neurophysiology of mentalizing.
Philosophical Transactions of the Royal Society of London, Series B, Biological
Sciences, 358, 459–473.
Gallagher, H. L., & Frith, C. D. (2003). Functional imaging of ‘Theory of Mind’. Trends
in Cognitive Science 7.77–83.
Garrity, A. G., Pearlson, G. D., McKiernan, K., Lloyd, D., Kiehl, K. A., Calhoun, V. D.,
2007.
Aberrant “default mode” functional connectivity in schizophrenia. Am. J. Psychiatry 164,
450–457.
Geschwind, D. H., & Levitt, P. (2007). Autism spectrum disorders: developmental
disconnection syndromes. Current Opinion in Neurobiology, 17:103–111
Giambra, L. M. (1995). A laboratory method for investigating influences on switching
attention to task-unrelated imagery and thought. Conscious. Cogn. 4, 1–21.
Gomot, M., Bernard, F. A., Davis, M. H., Belmonte, M. K., Ashwin, C., Bullmore, E. T.,
Baron- Cohen, S. (2006). Change detection in children with autism: an auditory eventrelated fMRI study.Neuroimage, 29 (2):475-84.
Greicius, M. D., Krasnow, B. Reiss, A. L., Menon, V. (2003). Functional connectivity in
the resting brain: a network analysis of the default mode hypothesis. Proc Natl Acad Sci
U S A 100: 253–258.
Greicius, M. D., Srivastava, G., Reiss, A. L., Menon, V. (2004). Default Mode Network
activity distinguishes Alzheimer’s disease from healthy aging: evidence from functional
MRI. Proc Natl Acad Sci U S A. 101 (13). 4637-4642.
Greicius, M. D., Flores, B. H., Menon, V., Glover, G. H., Solvason, H. B., Kenna, H.,
Reiss, A. L., Schatzberg, A. F. (2007). Resting-state functional connectivity in major
depression: abnormally increased contributions from subgenual cingulate cortex and
thalamus. Biol. Psychiatry 62, 429–437.
Greicius, M. D., Kiviniemi, V., Tervonen, O., Vainionpaa, V., Alahuhta, S., Reiss, A. L.,
Menon, V. (2008). Persistent default-mode network connectivity during light sedation.
Hum. Brain Mapp. 29, 839–847.
Greimel, E., Schulte-Rüther, M., Kircher, T., Kamp-Becker, I., Remschmidt, H., Fink, G.
R., Herpertz-Dahlmann, B., Konrad, K. (2010). Neural mechanisms of empathy in
adolescents with autism spectrum disorder and their fathers. NeuroImage,
49:1055-1065.
Hadjikhani, N., Joseph, R. M., Snyder, J., Tager-Flusberg, H. (2006). Anatomical
differences in the mirror neuron system and social cognition network in autism, Cereb
Cortex. 16 (9):1276–82.
Hadjikhani, N., Joseph, R. M., Snyder, J., Tager-Flusberg, H. (2007). Abnormal
activation of the social brain during face perception in autism, Hum Brain Mapp, 28
(5):441–9.
Hamilton, A. FdC. (2008). Emulation and mimicry for social interaction: a theoretical
approach to imitation in autism. Q J Exp Psychol; 61 (1):101–15.
Hardan, A. Y. et al. (2003) Motor performance and anatomic magnetic resonance
imaging (MRI) of the basal ganglia in autism. J. Child Neurol. 18, 317–324.
Hardan, A. Y. et al. (2006) Abnormal brain size effect on the thalamus in autism.
Psychiatry Res. 147, 145–151.
Hardan, A. Y. et al. (2006). An MRI study of increased cortical thickness in autism. Am.
J. Psychiatry 163, 1290–1292.
Hardan, A. Y., Libove, R. A., Keshavan, M. S., Melhem, N. M., Minshew, N. J. (2009).
A preliminary longitudinal magnetic resonance imaging study of brain volume and
cortical thickness in autism. Biol Psychiatry, 66 (4):320-326.
Haxby, J. V., Hoffman, E. A., Gobbini, M. I., et al. (2002) Human neural systems for
face recognition and social communication. Biol Psychiatry, 51:59-67.
Hazlett, H. C., Poe, M., Gerig, G., Smith, R. G., Provenzale, J., Ross, A., et al. (2005).
Magnetic resonance imaging and head circumference study of brain size in autism: birth
through age 2 years. Arch. Gen. Psychiatry 62, 1366–1376.
Hendry, J., De Vito, T., Gelman, N., et al. (2006). White matter abnormalities in autism
detected through transverse relaxation time imaging. Neuroimage 29:1049–57.
Herbert, M. R., Harris, G. J., Adrien, K. T., et al. (2002). Abnormal asymmetry in
language association cortex in autism, Ann Neurol. 52 (5): 588–96.
Herbert, M. R., Ziegler, D. A., Deutsch, C. K., O’Brien, L. M., Lange. N., Bakardjiev, A.,
Hodgson, J., Adrien, K. T., Steele, S., Makris, N., Kennedy, D., Harris, G. J. Jr,
Caviness, V. S. (2003)
Dissociations of cerebral cortex, subcortical and cerebral white matter volumes in autistic
boys. Brain, 126:1182–1192.
Herbert, M. R., Ziegler, D. A., Makris, N., Filipek, P. A., Kemper, T. L., Normandin, J. J.,
Sanders, H. A., Kennedy, D. N., Caviness, V. S. Jr. (2004). Localization of white matter
volume increase in autism and developmental language disorder. Ann Neurol
55:530–40.
Herbert, M. R. (2005). Large brains in autism: the challenge of pervasive
abnormality. Neuroscientist 11:417–40.
Hollander, E. et al. (2005) Striatal volume on magnetic resonance imaging and repetitive
behaviors in autism. Biol. Psychiatry 58, 226–232.
Horovitz, S. G., Braun, A. R., Carr, W. S., Picchioni, D., Balkin, T. J., Fukunaga, M.,
Duyn, J. H. (2009). Decoupling of the brain's default mode network during deep sleep.
Proc. Natl Acad. Sci. USA 106, 11376–11381.
Howard, M. A., Cowell, P. E., Boucher, J. et al. (2000). Convergent neuroanatomical
and behavioural evidence of an amygdala hypothesis of autism. Neuroreport,
11:2931–2935. Hutsler, J. J., Love, T., Zhang, H. (2007). Histological and magnetic
resonance imaging assessment of cortical layering and thickness in autism spectrum
disorders. Biol Psychiatry, 61 (4), 449-457.
Huttenlocher, P. R. (1990). Morphometric study of human cerebral cortex
development. Neuropsychologia. 28 (6):517-27. Iacoboni, M. & Dapretto, M. (2006). The
mirror neuron system and the consequences of its dysfunction. Nat. Rev. Neurosci., 7
(12):942–51.
Jamain, S., Quach, H., Betancur, C., Rastam, M., Colineaux, C., Gillberg, I. C.,
Soderstrom, H., Giros, B., Leboyer, M., Gilberg, C., et al. (2003). Mutations of the
X-linked genes encoding neuroligins NLGN3 and NLGN4 are associated with autism.
Nat Genet, 34:27-29.
Just, M. A., Cherkassky, V. L., Keller, T. A., Minshew, N. J. (2004). Cortical activation
and synchronization during sentence comprehension in high-functioning autism:
evidence of underconnectivity. Brain, 127:1811-1821.
Just, M. A., Cherkassky, V. L., Keller, T. A., Kana, R. K., Minshew, N. J. (2007).
Functional and anatomical cortical underconnectivity in autism: evidence from an FMRI
study of an executive function task and corpus callosum morphometry. Cereb. Cortex 17,
951–961.
Kana, R. K., Keller, T. A., Cherkassky, V. L., Minshew, N. J., Just, M. A. (2006).
Sentence comprehension in autism: thinking in pictures with decreased functional
connectivity. Brain, 129:2484-2493.
Kana, R. K., Keller, T. A., Cherkassky, V. L., Minshew, N. J., Just, M. A. (2008). Atypical
frontalposterior synchronization of Theory of Mind regions in autism during mental state
attribution. Social Neuroscience 1-18.
Kanner, L. (1943). Autistic disturbances of affective contact. Nervous. Child,
2:217–50. Persico, A. M., & Bourgeron, T. (2006). Searching for ways out of the autism
maze: genetic, epigenetic and environmental clues. Trends Neurosci, 29 (7), 349-358.
Kennedy, D. P., Redcay, E., Raichle, M. E., & Courchesne, E. (2006) Failing to
deactivate: Resting functional abnormalities in autism. Proc Natl Acad Sci USA
103:8275–8280. Kennedy D. P., & Courchesne E. (2008). The intrinsic functional
organization of the brain is altered in autism. NeuroImage; 39:1877-1885.
Koshino, H., Kana, R. K., Keller, T. A., Cherkassky, V. L., Minshew, N. J., Just, M. A.
(2008) fMRI investigation of working memory for faces in autism: visual coding and
underconnectivity with frontal areas. Cereb Cortex, 18:289-300.
Kwon, H., Ow, A. W., Pedatella, K. E., Lotspeich, L. J., Reiss, A. L. (2004).
Voxel-based morphometry elucidates structural neuroanatomy of high-functioning autism
and Asperger syndrome. Dev Med Child Neurol, 46 (11):760-764.
Lainhart, J. E., Piven, J., Wzorek, M., et al. (1997) Macrocephaly in children and adults
with autism. J Am Acad Child Adolesc Psychiatry, 36:282–290.
Lainhart, J. E., Bigler, E. D., Bocian, M., Coon, H., Dinh, E., Dawson, G., Deutsch, C. K.,
Dunn, M., Estes, A., Tager-Flusberg, H., et al., (2006). Head circumference and height
in autism: a study by the collaborative program of excellence in autism. Am J Med Genet
A, 140:2257-2274.
Le Bihan, D. (2003). Looking into the functional architecture of the brain with diffusion
MRI. Nature Reviews. Neuroscience, 4 (6): 469-480.
Lebel, C., Walker, L., Leemans, A., Phillips, L., & Beaulieu, C. (2008). Microstructural
maturation of the human brain from childhood to adulthood. NeuroImage, 40 (3),
1044–1055.
Lee, J. E., Chung, M. K., Lazar, M., DuBray, M. B, Kimm, J., Bigler, E. D., Lainhart, J. E.,
Alexander, A. L. (2009). A study of diffusion tensor imaging by tissue-specific,
smoothingcompensatedvoxel-based analysis. Neuroimage, 44 (3):870-83.
Levitt, J. G., et al. (2003) Cortical sulcal maps in autism. Cereb. Cortex 13, 728–735.
Levy, S. E., Mandell, D. S., Schultz, R. T. (2009). Autism. Lancet. 374 (9701):1627–38.
Lombardo, M. V., Chakrabarti, B., Bullmore, E. T., Wheelright, S. J., Sadek, S.A.,
Suckling, J., MRC AIMS Consortium, & Baron-Cohen, S. (2010). Shared neural ciruits
for mentalizing about the self and others. J. Cogn. Neurosci. 22 (7):1623-35.
Mason, M. F., Norton, M. I., Van Horn, J. D., Wegner, D. M., Grafton, S. T., Macrae, C.
N. (2007).Wandering minds: the default network and stimulus-independent thought.
Science, 315, 393–5.
Mason, R. A., Williams, D. L., Kana, R. K., Minshew, N., Just, M. A. (2008). Theory of
mind disruption and recruitment of the right hemisphere during narrative comprehension
in autism. Neuropsychologia 46.269–80.
Mason, R. A., & Just, M. A. (2009). The Role of the Theory-of-Mind Cortical Network in
the Comprehension of Narratives. Language and Linguistics Compass 3/1: 157–174.
Miles, J. H., Hadden, L. L., Takahashi, T. N., et al. (2000). Head circumference is an
independent clinical finding associated with autism. Am. J. Med. Genet,
95:339–350. Minshew, N. J., et al. (2005) Neurologic aspects of autism. In Handbook of
Autism and Pervasive Developmental Disorders (Vol. 1) (Volkmar, F.R. et al., eds).
473–514, John Wiley & Sons. Minshew, N. J., & Keller, A. (2010).
The Nature of Brain Dysfunction in Autism: Functional Brain Imaging Studies. Curr Opin
Neurol. 23 (2): 124–130. Mizuno, A, , Villalobos, M. E., Davies, M. M., Dahl, B. C.,
Muller, R. A. (2006). Partially enhanced thalamocortical functional connectivity in autism.
Brain Res, 1104:160-74.
Monk, C. S., Peltier, S. J., Wiggins, J. L., Weng, S. J., Carrasco, M., Risi, S., Lord, C.
(2009). Abnormalities of intrinsic functional connectivity in autism spectrum disorders.
NeuroImage 47:764–772.
Mountcastle, V. B. (1997). The columnar organization of the neocortex. Brain 120,
701–722.
Mraz, K. D., Green, J., Dumont-Mathieu, T., et al. (2007). Correlates of head
circumference growth in infants later diagnosed with autism spectrum disorders, J Child
Neurol; 22 (6):700–13.
Munson, J. et al. (2006) Amygdalar volume and behavioral development in autism. Arch.
Gen. Psychiatry, 63, 686–693.
Nelson, P. G., Kuddo, T., Song, E. Y., Dambrosia, J. M., Kohler, S., Satyanarayana, G.,
et al. (2006). Selected neurotrophins, neuropeptides, and cytokines: developmental
trajectory and concentrations in neonatal blood of children with autism or Down
syndrome. International Journal of Developmental Neuroscience, 24 (1): 73–80.
Nicolson, R. et al. (2006) Detection and mapping of hippocampal abnormalities in
autism. Psychiatry Res. 148, 11–21.
Noonan, S. K., Haist, F., Müller, R. A. (2009). Aberrant functional connectivity in autism:
evidence from low-frequency BOLD signal fluctuations. Brain Res, 1262:48-63.
Nordahl, C. W. et al. (2007). Cortical folding abnormalities in autism revealed by
surface-based morphometry. J. Neurosci. 27, 11725–11735.
Ochsner, K. N., Beer, J. S., Robertson, E. R., Cooper, J. C., Gabrieli, J. D. E., Kihlstrom,
J. F., and D’Esposito, M. (2005). The neural correlates of directed and reflected
self-knowledge. Neuroimage 28, 797–814.
Olson, E. A., Collins, P. F., Hooper, C. J., Muetzel, R. L., Lim, K. O., Luciana, M. (2009).
White matter integrity predicts delay discounting behavior in 9- to 23-year olds: A
diffusion tensor imaging study. Journal of Cognitive Neuroscience, 27 (1), 1406–1421.
Paradis, S., Harrar, D. B., Lin, Y., Koon, A. C., Hauser, J. L., Griffith, E. C., Zhu, L. Brass,
L. F., Chen, C., Greenberg, M. E. (2007). An RNAi-based approach identifies molecules
required for glutamatergic and GABAergic synapse development. Neuron 53: 217–232.
Pierce, K., Haist, F., Sedaghat, F., Courchesne, E. (2004). The brain response to
personally familiar faces in autism: finding of fusiform activity and beyond. Brain,
127:2703–16.
Pierce, K., & Redcay, E. (2008). Fusiform function in children with an autism spectrum
disorder is a matter of ‘who’. Biol Psychiatry, 64:552-560.
Pujol, J., Lopez-Sala, A, Sebastian-Galles, N., et al. (2004). Delayed myelination in
children with developmental delay detected by volumetric MRI. NeuroImage 22:897–903.
Redcay, E., & Courchesne, E. (2005). When is the brain enlarged in autism? A
meta-analysis of all brain size reports. Biol Psychiatry, 58 (1):1–9.
Redcay, E. (2008). The superior temporal sulcus performs a common function for social
and speech perception: mplications for the emergence of autism. Neurosci. Biobehav.
Rev. 32, 123–142.
Rodier, P. M. (2002). Converging evidence for brain stem injury in autism. Dev
Psychopathol, 14 (3):537-57.
Rojas, D. C., Camou, S. L., Reite, M. L., Rogers, S. J. (2005). Planum temporale volume
in children and adolescents with autism, J Autism Dev Disord. 35 (4):479–86.
Roohi, J., Montagna, C., Tegay, D. H., Palmer, L. E., DeVincent, C., Pomeroy, J. C.,
Christian, S. L., Nowak, N., Hatchwell E. (2009). Disruption of contactin 4 in three
subjects with autism spectrum disorder. J Med Genet 46:176-182.
Sahyoun, C. P., Belliveau, J. W., Soulières, I., Schwartz, S., Mody, M. (2010).
Neuroimaging of the functional and structural networks underlying visuospatial vs.
linguistic reasoning in highfunctioning autism. Neuropsychologia, 48 (1):86-95.
Schmitz, C. & Rezaie, P. (2008). The neuropathology of autism: where do we stand?
Neuropathol. Appl. Neurobiol., 34:4–11.
Schumann, C. M., Hamstra, J., Goodlin-Jones, B. L., et al. (2004). The amygdale is
enlarged in children but not adolescents with autism; the hippocampus is enlarged at all
ages, J Neurosci, 24 (28): 6392–6401.
Shukla, D. K., Keehn, B., Lincoln, A. J., Müller, R. A. (2010). White matter compromise
of callosala and subcortical fiber tracts in children with autism spectrum disorder: a
diffusion tensor imaging study. J Am Acad Child Adolesc Psychiatry, 12: 1269-78, 1278.
Schultz, R. T., Gauthier, I., Klin, A., et al. (2000) Abnormal ventral temporal cortical
activity during face discrimination among individuals with autism and Asperger
syndrome. Arch Gen Psychiatry, 57:331-40.
Sivaswamy, L., Kumar, A., Rajan, D., Behen, M., Muzik, O., Chugani, D., Chugani, H.
(2010). A Diffusion Tensor Imaging study of the cerebellar pathways in children with
Autism Spectrum Disorder. J Child Neurol 25:1223-31.
Smallwood, J., Nind, L. & O'Connor, R. C. (2009). When is your head at? An exploration
of the factors associated with the temporal focus of the wandering mind. Consciousness
& Cognition. 18 (1), 118-125.
Solomon, M., Ozonoff, S. J., Ursu, S., Ravizza, S., Cummings, N., Ly, S., Carter, C. S.
(2009). The neural substrates of cognitive control deficits in autism spectrum disorders.
Neuropsychologia, 47:2515-2526.
Sowell, E. R., Peterson, B. S., Kan, E., Woods, R. P., Yoshii, J., Bansal, R., Xu, D., Zhu,
H., Thompson, P. M., Toga, A. W. (2007). Sex differences in cortical thickness mapped
in 176 healthy individuals between 7-87 years of age. Cereb Cortex, 17:1550-1560.
Spreng, R. N., Stevens W. D., Chamberlain, J. P., Gilmore, A. W., Schacter, D. L. (2010).
Default network activity, coupled with the frontoparietal control network, supports
goal-directed cognition. NeuroImage 53, 303–317.
Spreng, R. N., & Grady, C. L. (2011) The Default Mode Network and Task-Positive
Network. (in press).
Stanfield, A. C., McIntosh, A. M., Spencer, M. D., Philip, R., Gaur, S., Lawrie, S. M.
(2007).
Towards a neuroanatomy of autism: A systematic review and meta-analysis of structural
magnetic resonance imaging studies. Eur Psychiatry, 2007 Aug 30.
Stawarczyk, D., Majerus, S., Maquet, P., D’Argembeau1, A. (2011). Neural Correlates of
Ongoing Conscious Experience: Both Task-Unrelatedness and Stimulus-Independence
Are Related to Default Network Activity. PLoS ONE 6 (2): e16997.
Tissir, F. & Goffinet, A. M. (2003). Reelin and brain development, Nat. Rev. Neurosci. 4
(2003) 496–505.
Toro, R., Fox, P. T., Paus, T. (2008). Functional coactivation map of the human brain.
Cereb. Cortex 18, 2553–2559.
Tsatsanis, K. D., Rourke, B. P., Klin, A., Volkmar, F. R., Cicchetti, D., Schultz, R. T.
(2003).
Reduced thalamic volume in high-functioning individuals with autism. Biol Psychiatry, 53
(2):121- 9.
Turner, K. C., Frost, L., Linsenbardt, D., McIlroy, J. R., Muller, R. A. (2006). Atypically
diffuse functional connectivity between caudate nuclei and cerebral cortex in autism.
Behav Brain Funct 234.
Ulay, H. T., & Aygün Ertugrul, A. (2009). Neuroimaging Findings in Autism: A Brief
Review.
Turkish Journal of Psychiatry. Vanderwal, T., Hunyadi, E., Grupe, D. W., Connors, C. M.,
Schultz, R. T. (2008). Self, mother and abstract other: an fMRI study of reflective social
processing. Neuroimage 41, 1437–1446. Vidal, C. N., Nicolson, R., Devito, T. J.,
Hayashi, K. M., Geaga, J. A., Drost, D. J., et al. (2006).
Mapping corpus callosum deficits in autism: an index of aberrant cortical connectivity.
Biological Psychiatry, 60 (3): 218–225.
Vincent, J. L., Kahn, I., Snyder, A. Z., Fox, M. D., Raichle, M. E., Buckner, R. L.
(2007b). Evidence for three distinct, bilateral frontoparietal associative brain systems
revealed by spontaneous fMRI correlations. Soc. Neurosci. Abstr.
Wang, K., Zhang, H., Ma, D., Bucan, M., Glessner, J. T., Abrahams, B. S., Salyakina, D.,
Imielinski, M., Bradfield, J. P., Sleiman, P. M. A., Kim, C. E., Hou, C., Frackelton, E.,
Chiavacci, R., Takahashi, N., Takeshi Sakurai, T., Rappaport, E., Lajonchere, C. M.,
Munson, J., Estes, A., Korvatska, O., Piven, J., Sonnenblick, L. I., Alvarez Retuerto, A.
I., Herman, E. I., Dong, H., Hutman, T., Sigman, M., Ozonoff, S., Klin, A., Thomas
Owley, T., Sweeney, J. A., Brune, C. W., Cantor, R. M., Bernier, R., Gilbert, J. R.,
Cuccaro, M. L., McMahon, W. M., Miller, J., State, M.
W., Wassink, T. H., Coon. H., Levy, S. E., Schultz, R. T., Nurnberger, J. I., Haines, J. L.,
Sutcliffe, J. S., Cook, E. H., Minshew, N. J., Buxbaum, J. D., Dawson, G., Grant, S. F.
A., Geschwind, D. H., Pericak-Vance, M. A., Gerard D. Schellenberg, G. D.,
Hakonarson, H. (2009). Common geneticvariants on 5p14.1 associate with autism
spectrum disorders. Nature 459, 528-533.
Weissman, D. H., Roberts, K. C., Visscher, K. M., Woldorff, M. G. (2006). The neural
bases of momentary lapses in attention. Nat. Neurosci. 9, 971–978.
Weng, S. J., Wiggins, J. L., Peltier, S. J., Carrasco, M., Risi, S., Lord, C., Monk, C. S.
(2010).
Alterations of resting state functional connectivity in the default network in adolescents
with autism spectrum disorders. Brainsearche 1313; 202-214.
Williams, J. H., Waiter, G. D., Gilchrist, A., et al. (2006). Neural mechanisms of imitation
and ‘mirror neuron’ functioning in autistic spectrum disorder. Neuropsychologia, 44
(4):610–21.
World Health Organization. (2005). The International Statistical Classification of
Diseases and Related Health Problems ICD-10. 10th Rev. 2nd ed. U.K: World Health
Organisation.
Yamagata, M., Sanes, J. R., Weiner, J. A. (2003). Synaptic adhesion molecules. Curr.
Opin. Cell. Biol. 15, 621–632.
www.geneticapediatrica.it trimestrale di divulgazione scientifica dell'Associazione Pediatrica di Immunologia e Genetica
Legge 7 marzo 2001, n. 62 - Registro della Stampa Tribunale di Messina n. 3/09 - 11 maggio 2009
Direttore scientifico
Carmelo Salpietro - Direttore responsabile
Giuseppe Micali - Segreteria redazione
Basilia Piraino - Piera Vicchio
Direzione-Redazione: UOC Genetica e Immunologia Pediatrica - AOU Policlicnico Messina
Scarica