PIANO ISS Insegnare Scienze sperimentali” PRESIDIO ISS CROTONE Diario dello studente ¾ Titolo dell’attività Cromatografia su carta ¾ Descrivi l’esperienza La cromatografia è una tecnica per la separazione di una miscela di soluti, in cui la separazione si produce per una differente velocità di spostamento dei singoli soluti in seno ad un mezzo poroso sotto l’azione di un solvente in moto. Per effettuare l’esperienza bisogna estrarre la clorofilla dalle foglie e dopo si procede. ¾ Che cosa hai usato, che cosa hai fatto con chi? L’esperienza è stata realizzata da un gruppo di studenti della classe 2^ A del Liceo Scientifico, che si sono suddivisi i compiti, la sottoscritta si è impegnata a descrivere l’attività. Innanzitutto, per effettuare la cromatografia su carta, bisogna estrarre la clorofilla presente nelle foglie. La clorofilla può essere facilmente estratta dalle foglie verdi di qualunque pianta ma è consigliabile scegliere foglie di consistenza non coriacea (come quelle che comunemente vengono consumate in insalata). Per effettuare l’estrazione occorrono: • Un mortaio di vetro, porcellana o metallo; • Un pestello; • Un cucchiaino; • Un pizzico di sabbia(per frantumare le cellule); • Un pizzico di carbonato di calcio(per neutralizzare l’acidità); • Un po’ d’alcool etilico; • Foglie di spinaci o di vario tipo ( ne ha fatto le “spese” la siepe del cortile) Fasi del procedimento: 1) Si fanno a pezzi una certa quantità di foglie e si mettono nel mortaio, si schiacciano con il pestello aggiungendo un pizzico di sabbia e una piccola quantità d’alcool. 2) Si continuano a schiacciare le foglie col pestello e si aggiunge anche un pizzico di carbonato di calcio, estratto dal marmo bianco, in modo da neutralizzare l’acidità ed evitare la decolorazione dei pigmenti; 3) Al termine, si ottiene un liquido di colore verde intenso a causa del contenuto di clorofilla sciolta nell’alcool. A questo punto, una volta estratta la clorofilla, per effettuare la cromatografia è necessario munirsi di una comune carta da filtro, per l’esattezza una strisciolina lunga 12 cm e larga 4 cm. Naturalmente risultati migliori si possono ottenere usando l’apposita carta per cromatografia, in mancanza di qualsiasi tipo di carta da filtro si può provare ad usare della comune carta assorbente bianca. Come solvente per la cromatografia è stato impiegato un liquido, venduto nei supermercati con nome di “acetone” e ben conosciuto da noi “ragazze”. Per effettuare l’esperienza è stata utilizzata una striscia di carta da filtro; ad 1, 5 cm da un’estremità si è tracciata una linea con la matita e con l’utilizzo di una pipetta si è deposta una striscia dell’estratto di pigmenti vegetali. Si deve cercare di depositare una striscia stretta, che si asciughi in modo veloce, e che il liquido non si disperda troppo nella carta. 4) La carta con la striscia dell’estratto è stata successivamente inserita all’interno di un becher contenente un piccolo livello di acetone, il tutto al di sotto di una cappa, a causa dei vapori tossici dell’acetone. 5) L’attesa di poter osservare i colori è stata lunga, ma prima che cadessimo nella disperazione, per un eventuale insuccesso dell’esperimento, si sono osservati i diversi pigmenti: verdi (clorofilla), gialli (xantofille) e arancio (carotenoidi), che sono migrati progressivamente verso l’alto. E’ stata tentata, con scarso successo, la cromatografia su colonna, con l’utilizzo di una polvere di gesso. Infine, non programmata, è stata analizzata una roccia, presente nell’armadio del laboratorio, che ha colpito il nostro interesse per la presenza di bande colorate, come se fosse avvenuta una cromatografia in “natura”. Nei diversi settori del campione di roccia sono state versate alcune gocce di HCl, che hanno prodotto una caratteristica effervescenza (formazione di CO2), confermando la natura della roccia, un calcare metamorfico (marmo), formato quasi integralmente da carbonato di calcio. ¾ Cosa hai osservato, cosa hai misurato, a questo punto cosa accade ? Accade che le molecole dell’acetone si “arrampicano” lungo le fibre della carta perché stabiliscono con essi particolari legami. In generale questo fenomeno, chiamato capillarità, permette la risalita di alcuni liquidi lungo tubicini molto sottili detti appunto capillari. In seguito si formano delle bande colorate perché le sostanze che compongono i pigmenti hanno una diversa “affinità” con le molecole che formano l’acetone e quindi si lasciano trascinare più o meno facilmente, depositandosi a distanze diverse rispetto al punto di partenza. In questo modo i diversi pigmenti colorati si separano gli uni dagli altri. ¾ Che cosa hai scoperto, che cosa hai imparato ? Descrivi, se le trovi, esperienze che ti sono familiari e che pensi si possano collegare con quello che hai studiato . Innanzitutto ho scoperto che quel liquido verde che esce dalle verdure non è altro che la clorofilla. Inoltre ho imparato come si estrae la clorofilla dalle foglie, ho imparato che cos’è la cromatografia, come si fa e in più ho imparato alcuni nomi dei vari utensili che si utilizzano nel laboratorio scientifico. ¾ Ti è piaciuto? Cosa cambieresti? Bisogna dire che è stata una bella esperienza, tutti noi, presenti all’attività, abbiamo collaborato naturalmente sotto la guida del nostro professore. A questo punto possiamo dire di aver imparato ad effettuare la cromatografia ma meglio ancora abbiamo imparato ad estrarre la clorofilla, importante pigmento presente appunto nelle piante. Petilia Policastro, 25 maggio 2007 Liceo Scientifico Statale “R.L. Satriani” Classe 2^ A Allieva: Francesca Ierardi tagliamo a pezzettini alcune foglie e in mortaio con un pestello le riduciamo in poltiglia. cromatografia “naturale” in roccia carbonatica, saggio con HCl e formazione di CO2 cromatografia su colonna di gesso, esperienza “fallita”…. filtrazione della soluzione e inserimento della carta con la striscia dell’estratto sotto cappa i diversi pigmenti: verdi (clorofilla), gialli (xantofille) e arancio (carotenoidi),