Tecnologie didattiche e disabilità - PON - Agenzia Scuola

Il presente documento è distribuito dagli autori ad uso esclusivo dei partecipanti a Formarete - formazione degli
operatori dei CTS, nell’ambito del Progetto “Nuove tecnologie e disabilità” 2006
Tecnologie didattiche e disabilità
Giampaolo Chiappini*, Silvia Dini**, Lucia Ferlino*
*Istituto Tecnologie Didattiche – CNR, Genova
**Istituto “D. Chiossone onlus”, Genova
Introduzione
Il tema di interesse di questo capitolo è la relazione tra tecnologie e disabilità in una prospettiva di
didattica speciale, cioè in una prospettiva finalizzata all’integrazione degli studenti disabili dentro
l’istituzione scolastica1 .
In questo lavoro non verrà sviluppato uno studio analitico sull’uso delle tecnologie didattiche
nell’integrazione scolastica delle varie e specifiche disabilità (ciò richiederebbe un intero volume).
Verranno invece prese in esame alcune problematiche di tipo generale che caratterizzano le
relazioni tra tecnologie, disabilità e integrazione scolastica e verrà compiuta un’analisi critica del
modo in cui tali problematiche possono oggi essere lette, interpretate e affrontate, alla luce di
ricerche e di sperimentazioni condotte in questi anni in questo campo di indagine e di applicazione.
Nel fare ciò cercheremo innanzitutto di definire cosa si possa oggi intendere per didattica speciale in
una situazione scolastica caratterizzata da profonde trasformazioni sul piano istituzionale e sociale e
preciseremo il ruolo che le tecnologie possono assumere in tale tipo di didattica. Discuteremo
quindi di accessibilità e di usabilità delle tecnologie didattiche oggi disponibili, cercando di
attualizzare il significato di questi due termini nell’integrazione scolastica degli studenti disabili e
cioè nella loro integrazione sul piano operativo, nello sviluppo di specifiche competenze disciplinari
e nell’accesso e nell’appropriazione di contenuti e conoscenze.
Rifletteremo, in conclusione, sul ruolo che il docente assume in questa nuova prospettiva didattica e
su quali competenze deve fondarsi la sua formazione.
Disabilità, didattica speciale e ruolo delle tecnologie
Con il termine disabilità viene normalmente intesa la conseguenza esterna di un deficit, congenito o
patologico, di natura fisica, psichica, sensoriale o motoria.
Il termine inglese “handicap” viene invece utilizzato per indicare una situazione di svantaggio che
può insorgere quando la disabilità interferisce nelle aspettative della persona condizionando, in
1
Esula dagli scopi di questo lavoro l’analisi del ruolo delle tecnologie nell’integrazione lavorativa e sociale delle
persone disabili
Tratto da: Parmigiani D. (a cura di), Tecnologie per la didattica. Dai fondamenti dell'antropologia multimediale 233
all'azione educativa, Franco Angeli, pp. 233-249, 2004
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senso restrittivo, la sua vita quotidiana. L’handicap o svantaggio si produce quindi all’interno di un
determinato contesto nei confronti di un soggetto che presenta delle menomazioni o dei deficit.
In questo quadro consideriamo la disabilità non come causa diretta di un handicap ma come un
fattore di rischio per una sua insorgenza. Osserviamo che su un fattore di rischio si può intervenire
attraverso modalità di prevenzione opportune.
La prevenzione dello svantaggio conseguente ad una disabilità costituisce un indicatore del grado di
civiltà di un paese che si esprime in termini di qualità dell’integrazione che le istituzioni sono in
grado di garantire alle persone che presentano necessità speciali.
In ambito scolastico l’handicap emerge quando, in conseguenza di un deficit o di una menomazione,
allo studente non viene data la possibilità di sviluppare tutte le sue potenzialità e capacità, limitando
lo sviluppo di competenze e l’appropriazione di conoscenze che caratterizzano uno o più ambiti
disciplinari.
L’handicap scolastico si caratterizza quindi sempre come una problematica di sviluppo e/o di
apprendimento; esso si manifesta quando il contesto scolastico non è in grado compiere una
appropriata prevenzione dello svantaggio, mettendo in atto le soluzioni capaci di favorire lo
sviluppo di tutte le potenzialità della persona.
Nella scuola italiana il numero degli alunni che presentano disabilità di tipo sensoriale o motorio è
pressoché costante (circa l’1, 68% di tutti gli alunni nell’anno scolastico 2001/2002)2, mentre risulta
in aumento il numero di coloro che presentano disabilità intellettive, disturbi specifici di
apprendimento, disturbi emozionali e comportamentali, differenze sociali e culturali, malattie
fisiche e altre situazioni di difficoltà.
Sebbene tutti questi alunni presentino situazioni personali problematiche molto diverse tra loro,
sono accomunati da necessità speciali che richiedono interventi mirati per superare le loro
specifiche difficoltà. In altre parole emerge il bisogno di una didattica speciale fondata non più su
un’idea di scuola speciale, separata e segregante (come succedeva alcune decine di anni fa), e
neppure su un’idea di scuola normale nella quale lo studente disabile viene inserito ma non
integrato, cioè senza che la scuola sia in grado di offrirgli reali e concrete possibilità di sviluppo e
apprendimento.
Il riferimento per un nuovo tipo di didattica speciale in grado di realizzare un reale processo di
integrazione scolastica può essere trovato nella nozione di Speciale Normalità elaborata da Ianes
(Ianes, 2001).
2
Fonte: Rapporto MIUR - EDS, 2003: L’handicap e l’integrazione nella scuola, Febbraio 2003
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Una didattica orientata alla Speciale Normalità affronta i bisogni educativi degli studenti disabili
all’interno di un quadro che da una parte assume come riferimento la normalità del bisogno di
formazione, cioè una formazione il più possibile rispondente alle normali richieste dei normali
luoghi di vita, e dall’altra considera la specialità della persona, nelle sue condizioni di salute, nelle
sue funzioni e struttura di corpo e nelle sue capacità personali (Ianes, 2001).
Una didattica orientata alla Speciale Normalità è quindi una didattica volta ad articolare la sua
offerta formativa per rispondere alla crescente eterogeneità dei bisogni presenti oggi nelle classi,
senza mai perdere di vista la normalità delle capacità presenti, a vari livelli di sviluppo, in ogni
studente e la normalità del bisogno di formazione necessario per inserirsi pienamente nella società e
svolgere attività corrispondenti alle proprie aspettative. Si tratta di una didattica per tutti, per gli
studenti dichiarati disabili, per coloro che pur non essendo riconosciuti come disabili presentano
bisogni educativi speciali (deficit di attenzione, di autostima, disturbi di apprendimento…), e anche
per gli studenti “normali”, ognuno dei quali ha proprie caratteristiche, un proprio stile di
apprendimento, bisogni e interessi specifici e differenziati.
Una didattica orientata alla speciale normalità è una didattica che persegue concretamente
l’integrazione scolastica sul piano operativo, sul piano dell’accesso ai contenuti, sul piano dello
sviluppo di competenze.
In questo quadro riteniamo che le tecnologie didattiche possono assumere tre diversi ruoli che
corrispondono ad altrettanti modi di intendere l’agire educativo orientato alla Speciale Normalità:
-
strumenti compensativi, per “fare”, per “abilitare”, per svolgere e rendere normali attività
altrimenti precluse (integrazione sul piano operativo),
-
strumenti per sviluppare capacità e competenze disciplinari in contesti di apprendimento che
rispondano ai bisogni formativi degli studenti coinvolti (integrazione sul piano dello sviluppo
delle competenze) (Ferlino, 1998).
-
strumenti per apprendere conoscenze e contenuti nel rispetto delle modalità di accesso alle
informazioni più adeguate per gli studenti coinvolti nell’uso (integrazione nell’accesso alle
conoscenze),
Tale polivalenza di ruoli può favorire lo sviluppo di una didattica orientata alla speciale normalità
favorendo il raggiungimento dell’autonomia nell’organizzazione dello studio e una indipendenza
nella produzione, a condizione che le tecnologie in uso presentino caratteristiche di accessibilità e
di usabilità.
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Accessibilità e usabilità
Le nozioni di accessibilità e di usabilità nascono e vengono definite nell’ambito della Human
Computer Interaction3.
Si tratta di due nozioni che spesso vengono confuse tra loro perché sono strettamente connesse l’una
all’altra e sono tra loro complementari.
Il termine accessibilità è stato usato per indicare se uno strumento (sito web, software o anche altri
strumenti di uso quotidiano) è stato progettato e realizzato per essere usato da una gamma molto
vasta di utenti, compresi quelli con disabilità. E’ importante osservare che il principio ispiratore che
dovrebbe guidare la progettazione di nuovi prodotti e strumenti è quello della Progettazione
Universale (Design for All)4 secondo cui le specifiche di un qualsiasi progetto dovrebbero tener
conto della varietà di esigenze di tutti gli utenti di quel particolare strumento. Infatti il moderno
progresso tecnologico e la diffusione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione in
tutti i campi della vita sociale richiede che “tutti” vengano messi nella condizione di avvalersi del
computer e dei software, e dei servizi Internet. Nel 2003 (anno del disabile proclamato dalla
Unione Europea), in Italia, è stata approvata una legge sull’accessibilità dei servizi pubblici on-line,
che impone che tutti i siti pubblici web debbano essere redatti secondo le specifiche del WAI (Web
Accessibility Guidelines) del W3C. Questo, non solo a tutela e a beneficio dei disabili ma come
garanzia di attenzione per una migliore qualità dei servizi stessi nei confronti di tutti i cittadini.
L’accessibilità ha un sistema di misurazione che è condiviso a livello mondiale.
Per favorire l’accessibilità di strumenti e prodotti informatici sono oggi disponibili vari tipi di
tecnologie assistive5 che compensano le limitazioni funzionali, facilitando l’uso di strumenti e
prodotti software da parte, per esempio, di disabili visivi e motori, un tempo preclusi o limitati
nell’uso di tali tecnologie. Tali tecnologie assistive sono per esempio gli screen reader6, gli screen
3
Tra le discipline che hanno dato un apporto cruciale allo studio dell’accessibilità e dell’usabilità, la HCI si occupa di
quegli aspetti che riguardano la progettazione, la valutazione e l'implementazione di sistemi interattivi per l'uso da parte
degli esseri umani. (Definizione tratta da http://usability.babel.it/index.htm)
4
Principi di progettazione secondo i quali si deve sempre tener conto della varietà di esigenze di tutti gli utenti; nel
campo informatico la progettazione universale è strettamente connessa al problema dell'accessibilità e ha come punti di
riferimento principali l'equità e la flessibilità, l'uso semplice ed intuitivo, l'informazione accessibile, la tolleranza agli
errori, lo sforzo fisico minimo, lo studio di dimensioni e spazi adatti a qualsiasi utente, senza limiti per la capacità di
movimento, la postura e la dimensione del corpo. Definizione tratta dal Glossario curato da F. Fogarolo, sul Portale
Handitecno (http://www.indire.it/handitecno/).
5
Una tecnologia assistiva è un insieme di soluzioni tecniche hardware e software che forniscono configurazioni di
postazione di lavoro adattate alle necessità speciali e alle preferenze degli utenti, permettendo loro di superare o ridurre
le condizioni di svantaggio dovute ad una specifica disabilità. Definizione tratta dal Glossario curato da F. Fogarolo,
sul Portale Handitecno (http://www.indire.it/handitecno/).
6
Letteralmente "Lettore di Schermo", software di lettura a scansione che consente ad un utente non vedente di
conoscere il contenuto dello schermo nei sistemi operativi con interfaccia grafica (es. Windows). Lo screen reader
fornisce in modo testuale, leggibile quindi con il display braille o la sintesi vocale, le informazioni necessarie sia sul
contenuto delle varie finestre (ad esempio il testo che vi è inserito) sia sulla loro organizzazione (titolo, barra dei menu,
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magnifiers (o software ingrandenti)7, le tastiere adattive8, i software di riconoscimento vocale9, i
switches10.
L’accessibilità di uno strumento o di un prodotto informatico costituisce quindi la condizione di
base affinché esso possa essere usato dentro il contesto scolastico da parte di studenti disabili e, in
particolare, da quelli che presentano deficit visivi o motori.
Il termine usabilità viene invece adoperato per indicare il grado di efficacia dell’uso di uno
strumento o di un prodotto informatico da parte di un utente in relazione agli obiettivi per cui tale
strumento o prodotto viene impiegato.
Secondo la definizione data nella parte 11 dell’ISO 924111, l’usabilità è il “grado in cui un prodotto
può essere usato da particolari utenti per raggiungere certi obiettivi con efficacia, efficienza e
soddisfazione in uno specifico contesto d’uso”. Come si può notare l’usabilità può essere definita
solo in relazione ad un utente all’interno di un contesto d’uso; non è quindi una caratteristica del
prodotto in sé come lo è invece l’accessibilità (Rotta, 2002).
Il contesto d’uso al centro della nostra attenzione è quello scolastico; l’usabilità dovrà essere
valutata in relazione al perseguimento di obiettivi sul piano dell’apprendimento e dello sviluppo di
competenze disciplinari
In questo quadro osserviamo che l’accessibilità e l'usabilità sul piano tecnico sono fattori
discriminanti e indispensabili per selezionare strumenti didattici che siano ottimali nel favorire
l’integrazione sul piano operativo, nell’accesso ai contenuti, nella costruzione di specifiche
competenze in ciascun studente, nel rispetto delle sue caratteristiche individuali.
presenza di icone o pulsanti ecc.) [...] Definizione tratta dal Glossario curato da F. Fogarolo, sul Portale Handitecno
(http://www.indire.it/handitecno/).
7
Programmi realizzati espressamente per utenti ipovedenti al fine di consentire loro l’utilizzo del PC in modo
autonomo, ingrandendo le parti dello schermo che, per le dimensioni troppo ridotte degli oggetti, non sarebbero
altrimenti accessibili. Gli ingranditori di nuova generazione sono in genere associati ad una sintesi vocale. Definizione
tratta dal Glossario curato da F. Fogarolo, sul Portale Handitecno (http://www.indire.it/handitecno/).
8
Tastiere espressamente destinate a specifiche tipologie di utenza, ad esempio tastiera espansa, facilitata, braille,
unimanuale, ridotta ecc.
9
Sistema in grado di riconoscere la voce umana, di dare comandi al computer e inserire testi senza usare la tastiera.
Rappresenta un buon sistema di input alternativo per utenti disabili, purché siano in grado di parlare in modo
sufficientemente chiaro e comprensibile. Tutti questi sistemi richiedono una breve fase di addestramento necessaria per
far memorizzare alla macchina la pronuncia dell'utente. Definizione tratta dal Glossario curato da F. Fogarolo sul
Portale Handitecno (http://www.indire.it/handitecno/).
10
Termine che indica genericamente un interruttore; anche i sensori sono switch. Alcune periferiche dispongono di
piccoli interruttori (chiamati in questo caso microswitch) destinati alla personalizzazione dell'apparecchio secondo le
condizioni di impiego o le preferenze dell'utente. Definizione tratta dal Glossario curato da F. Fogarolo, sul Portale
Handitecno (http://www.indire.it/handitecno/).
11
ISO 9241 'Ergonomic requirements for office work with visual display terminals (VDTs)'
E' lo standard che definisce i requisiti ergonomici per il lavoro di ufficio con i videoterminali. Si compone di 17 parti,
ciascuna delle quali tratta aspetti specifici che influenzano il lavoro a terminale e di cui va quindi tenuto conto.
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Tecnologie didattiche e integrazione sul piano operativo
L’integrazione sul piano operativo si attua mettendo il disabile in grado di compiere le stesse attività
svolte dagli altri studenti in classe attraverso l’adozione di appositi strumenti che sono concepiti per
consentire allo studente disabile di fare ciò che altrimenti non potrebbe, oppure di farlo con minore
sforzo o dispendio di energia, oppure di farlo in modo più sicuro o psicologicamente più accettabile.
In questo quadro le TD assumono il ruolo di strumenti compensativi, per fare, per abilitare, per
svolgere normalmente attività altrimenti precluse (il poter fare).
Per realizzare una reale integrazione operativa attraverso l’uso di TD occorre affrontare vari tipi di
problematiche che riguardano principalmente la scelta delle tecnologie hardware e software, il
training finalizzato alla familiarizzazione con tali tecnologie.
Discuteremo brevemente tali problematiche facendo riferimento principalmente all’integrazione sul
piano operativo di studenti disabili visivi. Ovviamente tali problematiche si pongono anche per altri
tipi di disabilità. In tali casi dovranno essere affrontate tenendo conto dei bisogni specifici che
caratterizzano ciascuna di esse.
Scelta della struttura hardware
E’ noto che gli studenti che presentano deficit visivi e motori hanno necessità di strutture hardware
specifiche per potersi integrare operativamente nelle normali attività di classe
Per gli studenti disabili visivi, ad esempio, la postazione ideale prevede, in linea di massima, un
qualsiasi PC multimediale e come dotazione hardware scanner e stampante. Come ausili specifici
possono essere introdotti software ingrandenti (per ipovedenti) con o senza rinforzo vocale, screen
reader (per ciechi) con sintesi vocale o display braille12.
Per i disabili motori, caratterizzati da impedimenti nell’uso delle mani, l’attenzione si pone
soprattutto sui sistemi di input alternativi e sulla scelta di tastiere e mouse di dimensioni e forme
opportune, fino a software di emulazione della tastiera sul video e interfacce a scansione, anche con
predizione di parole.
Ciò al fine di poter usare il mezzo informatico con il minimo sforzo,
sfruttando la mobilità residua. Si deve essere consapevoli che tale strumentazione, per quanto
ottimale, non riuscirà sempre ad abbattere completamente le difficoltà operative dello studente. In
ogni caso svolgerà sempre una funzione vicariante. Ad esempio, il disabile motorio potrà scrivere
ed editare testi; probabilmente la sua velocità di esecuzione delle procedure non sarà come quella di
12
Dispositivo che, connesso al computer, consente di leggere con il tatto (facendo scorrere i polpastrelli sulla barra), il
testo che compare sul video, automaticamente convertito in codice Braille [...] Definizione tratta dal Glossario curato
da F. Fogarolo sul Portale Handitecno (http://www.indire.it/handitecno/).
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un normodotato ma l’obiettivo di produrre un testo corretto, impaginato, ben leggibile dagli altri,
sarà raggiunto in egual misura.
L’uso di tali tecnologie in classe richiede inoltre la costruzione di un ambiente operativo idoneo
che risponda ai bisogni specifici del disabile. Questo potrà comportare la soluzione di tutta una serie
di problemi di tipo ergonomico e logistico aggiuntivi. Per esempio l’ipovedente potrebbe avere
esigenze restrittive per quanto riguarda l’illuminazione, o il tipo di monitor da scegliere, o avere
esigenza di altri ausili ottici o elettronici a completamento della strumentazione (lampada, lenti,
videoingranditore con uscita sul video del computer...). Il cieco potrà aver bisogno di una cuffia ad
auricolare per la sintesi vocale e questo può creare problemi di estraniazione dalla classe. Il
computer sicuramente serve “sul banco” per un rapido accesso, ma occupa spazio e copre la visuale
ai compagni della fila dietro; occorrerà pertanto disporre i banchi in modo tale di favorire la
partecipazione e la collaborazione all’attività da parte di tutti gli studenti. Se si lavora in classi
diverse (ad esempio in laboratorio) si deve valutare se replicare o trasportare la strumentazione.
Come si può notare da quanto esposto, anche la sola introduzione del computer nella classe per
consentire allo studente disabile una piena integrazione sul piano operativo nelle normali attività
può comportare la soluzione di molti piccoli e grandi problemi di tipo ergonomico e logistico.
E’ importante notare che nel compiere le scelte di hardware e di tipo ergonomico-logistico in
relazione dei bisogni dello studente l’insegnante può anche avvalersi
della collaborazione di
strutture specializzate esterne alla scuola che operano sul terreno riabilitativo.
Scelta del software
Compiute le scelte dell’hardware necessario in base ai bisogni dell’alunno disabile e risolti i
problemi ergonomici e logistici per il suo utilizzo in classe occorre selezionare il software in grado
di consentirgli di sviluppare la propria operatività nelle normali attività di classe.
La scelta del software deve essere compiuta prendendo in considerazione da una parte il tipo di
attività didattica che si intende sviluppare e dall’altra i bisogni sul piano operativo e cognitivo
dell’alunno.
Consideriamo per esempio il problema della scrittura negli studenti disabili visivi.
Per un ipovedente la scrittura manuale può presentare difficoltà sia in fase di decodifica (se si tratta
di leggere testi scritti a mano) sia in quella di produzione. La grafia di un ipovedente può risultare
spesso incerta e confusa e l’uso spaziale della pagina può non essere equilibrato sul piano
estetico/funzionale rispetto agli standard. In questo caso l’uso di un software di videoscrittura ha un
grande valore sul piano dell’integrazione sul piano operativo e della possibilità di interagire con gli
altri alla pari. Esso consente allo studente di lavorare a video su un testo, prima sul contenuto e poi
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sulla presentazione. Il testo scritto sul video può essere letto agevolmente da tutti e stampato con
diverse dimensioni di carattere tipografico e infine curato nell’impaginazione lavorando a posteriori
solo sul piano dell’aspetto.
Analogo discorso vale quando si opera in un gruppo misto in cui siano presenti alunni ciechi.
In generale tutti i programmi di tipo general pourpose (word processor, fogli elettronici, data
processing) sono in larga misura accessibili tramite gli ausili specifici (tipicamente screen reader e
barra braille) e consentono al non vedente una piena condivisione delle modalità di svolgimento dei
compiti.
Questo non significa per il non vedente rinunciare all’uso di testi stampati su carta in braille o
rinunciare all’uso della scrittura braille stessa che ha grandissima importanza e risulta l’unica
codifica possibile per la lettura su carta. Si tratta piuttosto di un completamento in quanto i testi
digitali potranno, al bisogno, essere facilmente stampati anche in braille con l’opportuna stampante
e il software di conversione abbinato, ma nella loro veste informatica possono essere elaborati a più
mani da tutti. In questo modo, si possono scambiare appunti, scambiare informazioni, lavorare in
maniera individuale o collaborativa (Trentin, 2002).
Per quanto riguarda ipovedenti e non vedenti il problema principale è che in certi ambiti
disciplinari, in particolare quelli matematici e scientifici le tecnologie compatibili con gli ausili sono
carenti.
Va sottolineato però che molta parte di studio, in tutti i settori passa attraverso la
produzione testuale che abbiamo visto essere la più accessibile.
Forti limiti invece esistono quando si tratta di utilizzare programmi didattici, giochi educativi o altro
materiale multimediale che per gli ipovedenti possono presentare forti problemi sul piano della
percezione e della discriminazione visiva (ad esempio sfondi confusi, scritte piccole e poco
contrastate...) riducendone quindi l’efficacia e anzi, producendo un senso di frustrazione nell’utente.
Questi tipi di software andranno quindi selezionati e proposti con cautela, sia basandosi sulla
propria sensibilità che sull’osservazione delle reazioni dell’utente, sia chiedendo direttamente un
feedback sulla percezione e sul gradimento del software.
Training
Una volta individuati gli strumenti tecnologici adatti si rende necessario un training, più o meno
lungo, per raggiungere un livello base di operatività con il computer senza il quale non è pensabile
l’autonomia.
Oltre alla comprensione della simbologia, della terminologia e del significato dell’elaborazione
digitale delle informazioni, occorre maturare una necessaria coordinazione oculo-manuale per
gestire i sistemi di input; a questo si aggiunge, nel caso di disabilità sensoriali o fisiche, la
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padronanza degli ausili personali (hardware o software). E’ infatti importante osservare che le
tecnologie assistive sono solo in parte trasparenti rispetto all’uso comune del computer e richiedono
un ulteriore grado di astrazione per capire quando e come utilizzarle.
Per esempio per un disabile visivo il training richiede una certa mediazione iniziale (che spesso
avviene contestualmente all’apprendimento dell’ausilio) per comprendere la terminologia
informatica (concetto di file, cartella, software...) e la simbologia del sistema operativo (menu,
finestre, icone, inserimento di parametri).
In questi casi è importante tenere presente che le interfacce iconiche user-friendly contemplano
l’uso del mouse che invece risulta un ausilio assai difficoltoso per l’ipovedente e del tutto
impossibile per il cieco. Essi pertanto si avvarranno della tastiera standard sia per la scrittura sia per
gli input, usando i comandi selezionandoli dai menu o tramite scorciatoie da tastiera.
L’insegnante dovrà essere in grado di supportare il disabile adeguandosi a queste modalità.
E’ importante ricordare che nei casi di disabilità visive e motorie i training per apprendere una
corretta impostazione nell’approccio di base al PC possono essere effettuati da centri specializzati,
nei quali esistono competenze capaci di individuare il momento opportuno per iniziare lo studente
all’uso di un software (in base al livello di maturità e alle priorità del soggetto) e di mettere l’utente
in condizione di poter proseguire in autonomia, e relazionandosi con gli altri, di approfondire la
conoscenza e l’uso di tale software.
Tecnologie didattiche e integrazione nello sviluppo di competenze disciplinari
L’autonomia nell’uso del computer nel contesto scolastico richiede lo sviluppo di competenze
specifiche relative all’ambito disciplinare in cui esso viene usato.
Molto spesso, affrontando le problematiche connesse con l’integrazione nello sviluppo di
competenze di studenti disabili mediante l’uso di tecnologie, l’attenzione viene posta su ciò che
manca e le tecnologie diventano strumento per porre rimedio a tale mancanza. Questa impostazione
appare corretta nell’affrontare problematiche relative ad aspetti di accessibilità o nell’uso di
tecnologie per scopi riabilitativi; essa invece appare non
appropriata, o almeno non sempre
appropriata, per favorire lo sviluppo di competenze in un certo ambito disciplinare.
Ogni ambito disciplinare è caratterizzato da specifiche tecniche che sono procedure operative per
risolvere compiti relativi a tale ambito.
Per affrontare compiti nell’ambito di una disciplina occorre imparare ad usare specifiche tecniche
che, per ragioni di efficienza nello sviluppo di ogni attività, devono diventare routine.
Osserviamo però che se l’attività didattica si riduce all’appropriazione e all’uso di specifiche
tecniche, essa può diventare prescrizione, una serie di ricette da applicare in compiti meccanici,
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ripetitivi, necessariamente decontestualizzati o con scarsi riferimenti ad un contesto che dia
significato al loro uso (si pensi per esempio ad esercizi meccanici in campo aritmetico per lo
sviluppo delle tecniche delle operazioni, o a esercizi in campo linguistico di consolidamento
tecnico). Con questo approccio gli studenti mostreranno grosse difficoltà ad usare la tecnica quando
serve o a giustificare perché essa è stata usata in quel contesto. Questo approccio purtroppo è quello
che molto spesso caratterizza l’insegnamento agli alunni con ritardi nell’apprendimento in un certo
ambito disciplinare. Gli alunni disabili, come è noto, a causa dei loro deficit presentano molto
spesso ritardi e difficoltà di apprendimento nei vari ambiti disciplinari.
Noi pensiamo che concentrando l’attenzione solo o principalmente sugli aspetti mancanti si perdano
di vista di vista i bisogni complessivi dell’individuo e di conseguenza non si riesca a realizzare un
contesto educativo appropriato in grado di favorire lo sviluppo dei processi cognitivi coinvolti
nell’uso funzionale di una tecnica o nella sua giustificazione.
Per esempio lo sviluppo dei processi cognitivi coinvolti nell’anticipazione e pianificazione di una
strategia di azione, nella produzione di ipotesi e di argomentazioni, nella interpretazione di un testo
o di un effetto relativo ad un’azione condotta non possono essere compresi sganciati dalle forme
culturali e dalle pratiche sociali che caratterizzano l’attività entro la quale tali processi risultano
coinvolti.
I risultati di ricerca sviluppati negli ultimi 15 anni all’interno di differenti quadri teorici della
Distributed Cognition, dell’Activity Theory, e della Situated Action concordano sul fatto che il
contesto condiziona fortemente lo sviluppo dei processi cognitivi, non solo nel senso di favorirli o
limitarli, ma nel senso di determinarli. Questi risultati di ricerca ci portano a ritenere che nello
sviluppo di competenze disciplinare in cui sono coinvolti importanti processi cognitivi come quelli
prima menzionati, l’attenzione debba essere messa in relazione non solo a ciò che manca (tecniche
di base), ma alla persona disabile considerata nel complesso dei suoi bisogni che devono trovare
risposte
(almeno
parziali)
nel
contesto
educativo
in
cui
si
sviluppa
l’attività
di
insegnamento/apprendimento.
Questo comporta che nella pratica didattica venga valutato attentamente come equilibrare la
relazione tra disabilità e sviluppo di tecniche specifiche con la relazione tra disabilità e bisogni
complessivi del bambino.
In questo quadro anche l’uso di tecnologie deve essere visto non solo in relazione allo sviluppo di
specifiche tecniche ma come strumento in grado di strutturare un contesto educativo nel quale
possano emergere i processi cognitivi che risultano coinvolti nell’uso funzionale di una tecnica o
nella sua giustificazione.
Tratto da: Parmigiani D. (a cura di), Tecnologie per la didattica. Dai fondamenti dell'antropologia multimediale
all'azione educativa, Franco Angeli, pp. 233-249, 2004
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Cercheremo di sviluppare questa problematica attraverso un esempio relativo all’insegnamento
della lettura e della scrittura con bambini sordi.
Contesto educativo del dialogo tra sordi
L’uso di un sistema di comunicazione sincrona in rete (meglio conosciuti come sistemi di Chat)
consente di strutturare un contesto comunicativo che prende vita in una sorta di dialogo basato
sull’uso della lingua scritta. La lingua scritta storicamente viene utilizzata per realizzare monologhi
e non dialoghi. Monologo e dialogo sono due situazioni comunicative profondamente diverse. Il
dialogo avviene in interazione con un interlocutore che fornisce costantemente feedback e che
collabora alla riuscita del dialogo stesso. Il dialogo richiede meno pianificazione anticipata rispetto
al monologo; il contesto del dialogo fornisce costantemente indicazioni e suggerimenti per la
comprensione di quanto trasmesso dall’interlocutore.
Per lo sviluppo di un dialogo a distanza basato sull’uso della lingua scritta i sistemi di
comunicazione sincrona offrono vari tipi di ausili e più in particolare:
- possibilità di avvalersi di una memoria esterna come supporto per la pianificazione del discorso;
- disponibilità sullo schermo in ogni momento dei messaggi inviati dall’interlocutore;
- possibilità di accedere all'intera registrazione scritta del dialogo intercorso fra un utente ed il suo
interlocutore;
- possibilità di modificare e correggere ogni frase prima di inviarla.
Queste possibilità di azione offerte dalla tecnologia di rete consentono di strutturare vari tipi di
contesti educativi in grado di determinare effetti che hanno una grande importanza sul piano
dell’apprendimento della lingua scritta con i bambini sordi (Bottino & Al, 1995).
Effetti motivazionali
Il dialogo mediato da computer crea le condizioni perché il bambino possa soddisfare il bisogno di
estendere i propri contatti comunicativi con soggetti diversi in un rapporto facilmente controllabile
che offre la possibilità di capire e di farsi capire. Nelle sperimentazioni compiute per esempio
l'aumento della motivazione alla comunicazione emerge chiaramente dai protocolli di osservazione,
dall'eccitazione che si manifestava nei bambini nel momento in cui si apprestavano ad utilizzare il
calcolatore per effettuare un dialogo e dal disappunto che traspariva quando dovevano interrompere
la comunicazione o quando la comunicazione si interrompeva perché cadeva la linea (Bottino &
Chiappini, 1995). L'aumento della motivazione si riflette a sua volta nell'impegno degli alunni nel
compiere le attività di lettura e scrittura connesse con la realizzazione del dialogo, creando le
condizioni per sviluppi sul terreno cognitivo oltre che su quello dell'autonomia.
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Effetti Cognitivi
Gli effetti cognitivi principali che hanno accompagnato le attività degli alunni con la tecnologia di
rete riguardano principalmente lo sviluppo di processi connessi con la previsione del contenuto,
nelle attività di lettura, lo sviluppo delle capacità di pianificazione, nelle attività di scrittura e lo
sviluppo delle competenze lessicali e sintattiche della lingua scritta.
Sviluppo di capacità di previsione nella lettura
Il contesto comunicativo in cui si realizza il dialogo favorisce lo sviluppo di quei processi di
anticipazione che sono indispensabili per giungere ad una piena comprensione del significato
contenuto in un dato messaggio. In fase di comprensione del testo ricevuto, la ricostruzione del
significato si basa in modo evidente sull'attività di anticipazione compiuta dal bambino all'atto di
formulare la domanda o sulla base dello sviluppo del dialogo; ciò gli permette di sorvolare su molti
errori presenti nella struttura della frase ricevuta e di ricostruirne il significato lasciandosi guidare
soprattutto da ciò che egli "si aspetta di trovare" nel messaggio o da ciò che può essere suggerito
dalla dinamica del processo comunicativo in atto. Notiamo che questa capacità di anticipazione del
significato risulta spesso assente nelle attività di lettura dei bambini sordi. La mancanza di
anticipazione riduce molto spesso l'attività di lettura ad un mero esercizio tecnico articolatorio.
Sviluppo di capacità di pianificazione nella scrittura
L'interazione con un destinatario reale consente di sviluppare i processi cognitivi necessari per
identificare e per precisare il suo scopo comunicativo e per pianificare in modo conseguente l'azione
comunicativa. Il seguente esempio, (Bottino & Chiappini, 1995) esemplifica molto bene questo
effetto cognitivo che accompagna l'attività del soggetto in questo contesto.
In una sperimentazione attraverso la LIS (Italian Sign Language) è stata proposta, ad un gruppo di 4
bambini sordi, una nota situazione problematica (100 soldati devono attraversare un fiume
utilizzando la barca di due bambini che ha alcune limitazioni per il trasporto) ed è stato chiesto loro
di trovare una soluzione. Eseguito il confronto delle strategie risolutive, grafiche e mimiche, che i
bambini avevano realizzato è stato richiesto di produrre un testo scritto per il problema al fine di
proporlo, successivamente, ad altri bambini. Notiamo che nella costruzione del testo tutti i bambini
avevano inserito non solo informazioni utili alla comprensione della situazione problematica, ma
anche parti descrittive della loro strategia risolutiva. I bambini, cioè, sembravano incapaci di una
pianificazione cosciente in relazione allo scopo contenuto nella consegna.
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E' stato poi chiesto ad uno di questi bambini di collegarsi, tramite il calcolatore, con un bambino di
un'altra scuola per proporgli il testo che aveva scritto.
Dopo i preliminari di rito ("ciao sono..."), il bambino ha esplicitato al proprio destinatario lo scopo
del collegamento ("un problema").
Il contesto comunicativo mediato dal calcolatore ha costretto il bambino a prendere in
considerazione il modo in cui il suo interlocutore avrebbe utilizzato il testo che andava producendo.
Immediatamente si è reso conto che il testo che aveva prodotto precedentemente non era adatto e
perciò ne ha prodotto uno nuovo in modo che fosse maggiormente adeguato allo scopo.
Il contesto comunicativo ha portato il soggetto a precisare il proprio scopo comunicativo e a
pianificare, in relazione ad esso, in modo coerente, la propria azione comunicativa.
Appropriazione di strutture linguistiche a sviluppo lessicale
Le particolari caratteristiche della situazione comunicativa favoriscono processi di appropriazione
delle forme e della funzionalità di strutture linguistiche e il potenziamento delle capacità lessicali
del soggetto.
Per esempio in una sperimentazione una bambina sorda, durante la realizzazione di dialoghi con
una adulta sorda, è stata esposta con regolarità
all'uso della struttura riflessiva che non
padroneggiava. Tale struttura veniva utilizzata in modo deliberato e ricorrente dall'adulta sorda nelle
frasi che inviava alla bambina durante il dialogo in rete (“questa mattina mi sono alzata tardi, mi
sono lavata….”). La situazione di dialogo permetteva alla bambina di cogliere facilmente il
significato contenuto nei messaggi ricevuti. Le domande che venivano effettuate dall'adulta sorda
erano inoltre formulate in modo da spingere l'alunna a riutilizzare la struttura a cui era esposta (i.e.
“Tu cosa hai fatto questa mattina?”). Abbiamo osservato che in questo modo si creavano condizioni
che permettevano un processo di appropriazione "spontaneo" della struttura linguistica a cui la
bambina è esposta.
Inoltre questo contesto comunicativo ha messo in evidenza potenzialità notevoli per lo sviluppo
lessicale dei bambini sordi. Di fronte ad un termine sconosciuto che non permette di cogliere il
senso complessivo della frase, cioè di capire l'intenzione comunicativa del proprio interlocutore, il
comportamento prevalente che abbiamo osservato nei bambini è di chiedere esplicitamente
spiegazioni (i.e. cosa vuol dire ....). La "naturalità" di questo comportamento (chiedere spiegazioni)
può essere solo riferito al contesto comunicativo in cui il bambino opera; questo non è infatti il
comportamento naturale del bambino sordo nell'attività didattica ordinaria quando incontra un
termine sconosciuto o quando si accorge di non aver capito. Anzi nell'attività di lettura ordinaria
capita molto spesso che il bambino non si accorga di non aver capito.
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Equilibrio tra sviluppo di capacità e bisogni comunicativi nel corso delle attività
Un aspetto centrale della progettazione del contesto educativo riguarda la scelta delle soluzioni più
efficaci per equilibrare l'esigenza di dare contemporaneamente risposte allo sviluppo e padronanza
di tecniche e a quelli più strettamente comunicativi. Nella sperimentazione descritta la scelta
compiuta è stata quella di cercare di rispondere ai due bisogni con una scansione temporale
permessa dalle particolari caratteristiche della situazione di comunicazione. Durante l'attività
comunicativa tutta l’attenzione deve essere posta sulla riuscita del processo comunicativo;
correzioni, spiegazioni da parte dell’insegnante possono essere effettuate, su esplicita richiesta del
bambino, solo per favorire tale processo.
La riflessione sulla struttura delle frasi prodotte, le eventuali correzioni, le attività di
consolidamento tecnico attraverso esercizi ad hoc possono essere effettuate solo dopo che l'attività
comunicativa è terminata, lavorando sulla stampa del dialogo o utilizzando altro materiale o
software specifico, per esempio del tipo drill and practice (a tale riguardo si veda acne Bottino &
Chiappini in questo volume).
Notiamo che in questo modo anche la successiva attività di riflessione, di correzione e di
consolidamento tecnico risulta valorizzata in quanto necessaria per poter meglio comunicare con i
propri interlocutori e migliorare le proprie prestazioni nell'utilizzo della lingua scritta.
Tecnologie didattiche e integrazione nell’accesso e nell’appropriazione di nuove conoscenze
Abbiamo visto che ogni tecnologia che aiuti a superare un limite operativo, consente all’alunno
disabile di esprimere al meglio le proprie potenzialità e di raggiungere risultati proporzionali alle
capacità e all’impegno dedicato.
Abbiamo altresì sottolineato che le tecnologie possono svolgere un ruolo cruciale nello strutturare
contesti educativi in grado di sviluppare specifiche competenze disciplinari e i processi cognitivi in
esse coinvolti.
Cercheremo ora di mettere in risalto come le tecnologie didattiche, sotto appropriate condizioni
d’uso, possano svolgere un ruolo cruciale per consentire all’alunno disabile di apprendere nuove
conoscenze e contenuti nel rispetto delle modalità di accesso alle informazioni a lui più appropriate.
L’accesso a nuove conoscenze è storicamente basato sul libro stampato, cioè su una organizzazione
della conoscenza sequenziale, mono-bi mediale, delimitata in uno spazio chiuso.
Oggi con gli ipertesti, la multimedialità e l’ipermedialità supportati dalla moderna tecnologia,
l’organizzazione della conoscenza può essere strutturata in forme associative e non solo sequenziali;
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inoltre differenti sistemi simbolici, in aggiunta a quelli del libro stampato, possono essere utilizzati
per rappresentarla; la dimensione “iper” offre inoltre possibilità di navigare in essa e quindi
flessibilità nell’accesso e personalizzazione.
Questa diversa organizzazione della conoscenza permette di strutturare ambienti di apprendimento
caratterizzati da nuove dimensioni di approccio e di interazione con essa: multisensorialità, nuovi
equilibri tra linguaggi analogici e digitali, naturali e formali, tra gioco e studio, tra mente e corpo,
ampliamento cooperativo permesso dalla comunicazione in rete, variazioni del contesto d’uso di un
conoscenza, … (Calvani, 1999).
E’ stato messo in evidenza da più parti che queste nuove possibilità di appropriazione di conoscenza
possono essere di grande aiuto per consentire il superamento di difficoltà in situazioni di disabilità.
Per esempio l’uso di sistemi multimediali con studenti sordi che padroneggiano la Lingua Italiana
dei Segni (LIS) si sono dimostrati molto efficaci nel favorire l’appropriazione di nuova conoscenza
sfruttando le diverse modalità di presentazione del contenuto ,tra loro integrate ,disponibili con il
sistema, e cioè la lingua scritta, filmati in LIS, disegni e animazioni (Caselli et Al, 1993) .
Enciclopedie e dizionari elettronici si sono dimostrati di grande utilità per gli alunni ipovedenti, in
quanto le funzionalità di ricerca delle voci disponibili con questi sistemi sopperiscono all’enorme
difficoltà pratica di eseguire le stesse operazioni con i dizionari cartacei e gli ausili ottici
comunemente usati (lenti, occhiali o videoingranditori) (Dini, 2003).
Sistemi multimediali interattivi si sono dimostrati molto utili per il superamento di difficoltà e lo
sviluppo di competenze nella lettura e nella scrittura con studenti dislessici e/o disgrafici. In queste
situazioni di disabilità, utilizzare anche semplici funzionalità come il correttore ortografico di un
word processor, consente di produrre un testo corretto, pulito e leggibile da tutti. Nella lettura, l’uso
della sintesi vocale, consente di concentrare l’attenzione sul contenuto, facilitandone quindi la
comprensione.
In presenza di disturbi di attenzione, l’uso di ambienti gioco multimediali caratterizzati dalla messa
in atto di strategie risolutive di problemi possono favorire la motivazione all’impegno e creare una
piacevole occasione di apprendimento
L’uso di sistemi multimediali da parte di persone con autismo può da una lato contribuire a ridurre
l’isolamento in cui vivono, consentendo di comunicare e, dall’altro, può favorire e facilitare
l’apprendimento di conoscenze, in quanto il computer può veicolare le informazioni utilizzando la
via visiva, strategia privilegiata dagli autistici (Damiani, 1999).
Sistemi basati su micromondi si sono dimostrati particolarmente efficaci nella costruzione di
significati matematici con studenti che presentano difficoltà di apprendimento in questo ambito
disciplinare (Chiappini & al, 1998)
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Anche situazioni svantaggiate temporanee, come una prolungata degenza ospedaliera, possono
trovare un forte giovamento dall’uso integrato di sistemi di comunicazione in rete e di sistemi
multimediali. Negli ultimi sono state condotte varie esperienze di utilizzo di questi sistemi che
hanno permesso ai bambini ospedalizzati di continuare ad essere integrati nelle attività della loro
classe, eliminando la distanza ospedale-scuola e riducendo il loro isolamento. In queste esperienze
sono state inoltre condotte attività didattiche di tipo collaborativo, come la costruzione di favole in
rete, che sono state un’occasione per mantenere una comunicazione costante tra il bambino
ospedalizzato, la sua classe ed il resto del “mondo” e anche un esempio di attività didattica
innovativa (Trentin, *).
Gli esempi descritti testimoniano le enormi possibilità offerte dalla multimedialità e
dall’interattività nell’appropriazione di conoscenze da parte di studenti disabili.
Tuttavia è importante sottolineare ancora una volta che la multimedialità e più in generale l’uso di
sistemi informatici possono costituire anche delle nuove barriere per per gli studenti che presentano
disabilità sensoriali (vista, udito), disabilità motorie (impedimenti all’uso delle mani) e disabilità
psichiche o cognitive.
Per evitare ciò occorre un doppio tipo di azione: sul piano della progettazione e realizzazione di
prodotti e strumenti che siano realmente accessibili, sul piano della metodologia d’uso di tali
prodotti e strumenti in classe e della mediazione didattica
Il primo piano di azione è stato affrontato in una delle sezioni di questo capitolo. Qui vogliamo solo
sottolineare il fatto che, come è stato messo ben in evidenza in (Burzagli & Graziani, 1999), creare
un documento ipermediale accessibile non significa rinunciare a qualcosa, ma al contrario arricchire
il documento con componenti che lo completano e lo rendono più adatto alla consultazione in
qualsiasi circostanza. Un documento accessibile ai ciechi non deve essere un documento puramente
testuale. Può contenere immagini e grafici, basta che le sue componenti orientate alla vista siano
accompagnate da informazioni alternative che ne descrivano la funzione che non siano di
impedimento nell’orientamento del documento stesso.
Per quanto riguarda il piano metodologico e della mediazione nell’uso delle tecnologie didattiche
abbiamo visto che l’efficacia sul terreno formativo di un prodotto o di uno strumento multimediale
che presenta caratteristiche di accessibilità dipende anche dal modo in cui esso viene introdotto e
usato nella pratica didattica da parte dell’insegnante. Ciò pone il problema delle competenze che un
insegnante deve possedere per introdurre e gestire in classe attività mediate da tecnologie didattiche
volte all’integrazione di studenti disabili.
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Il docente: quali competenze tecnologiche e metodologiche?
Abbiamo cercato di dare una lettura ed una interpretazione delle problematiche che caratterizzano le
relazioni tra tecnologie, disabilità ed integrazione scolastica e di suggerire il modo con cui
affrontarle. Per fare ciò abbiamo discusso di bisogni speciali, di didattica speciale, di accessibilità e
di usabilità delle tecnologie didattiche; da un lato quindi abbiamo messo in evidenza quelle che
sono le necessità specifiche di uno degli attori del processo educativo, dall’altro abbiamo messo in
evidenza quelle che possono essere le soluzioni strumentali a questi bisogni. Ma vi è un altro attore
in questo processo, non meno importante, che facilita l’agire educativo, che si pone come mediatore
tra i bisogni degli alunni e le tecnologie: il docente.
Riteniamo opportuno dedicare, a questo punto della nostra trattazione, uno spazio ad una riflessione
sul ruolo che il docente assume in questa nuova prospettiva didattica e su quali competenze deve
fondarsi la sua formazione.
Ad una competenza strumentale di base sulle tecnologie si deve affiancare una competenza
metodologica (Ferlino, 1999): per poter usare le tecnologie didattiche non basta conoscerle, bisogna
saperle scegliere in funzione dei propri obiettivi educativi, inserirle correttamente nella
progettazione didattica, bisogna acquisire un “metodo” per farne uno strumento “utilizzabile” ed
“utile”, uno strumento che sia in grado di offrire alla pratica didattica un valore aggiunto
significativo.
Dietro alle competenze metodologiche c’è una serie di informazioni, di conoscenze, di esperienze
condivisibili che devono poi essere maturate, elaborate da ciascun docente in prima persona
confrontandole con la propria esperienza pregressa, con la propria sensibilità, con le proprie
conoscenze e in particolare con tutte quelle “competenze didattiche e pedagogiche” che da sempre
hanno caratterizzato e qualificato la sua attività: competenze tradizionali che trovano ora anche un
nuovo strumento tecnologico su cui fare affidamento.
Il docente ha il compito delicato di riflettere sulla necessità e sulle modalità di utilizzo di strumenti
di aiuto, nelle situazioni scolastiche concrete che mettono alla prova le capacità di ogni alunno. Le
tecnologie possono permettere di personalizzare fortemente l’approccio al sapere dell’alunno,
tramite opportune proposte metodologiche, nel rispetto delle differenze e dei bisogni individuali.
E’ importante che gli strumenti consentano a tutti l’accesso ai contenuti e ai processi, siano
“usabili” in senso lato; come abbiamo visto, nel contesto didattico il significato di termini quali
accessibilità e usabilità trascende il livello tecnico, nel senso più ampio di mezzi per raggiungere un
obiettivo. A tal fine il docente può agire in diversi modi.
Il docente deve reperire informazioni dettagliate sul deficit del soggetto, sui suoi bisogni e sulle sue
capacità residue.
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Deve saper instaurare un rapporto collaborativo con tutte le figure che sono impegnate nel costruire
un percorso formativo che risponda al meglio alle sue esigenze per favorirne l’integrazione.
Deve conoscere la situazione psicologica e relazionale del soggetto per poter avere un approccio il
più costruttivo possibile per valorizzare la sua diversità e favorirne l’integrazione (Pertica, 2002).
L’insegnante deve saper disporre con discrezione la postazione del disabile all’interno del gruppo
classe, in modo che tutta la classe si senta a proprio agio.
Deve verificare che l’alunno abbia a disposizione la strumentazione che gli spetta e che sia
adeguata, funzionante e funzionale ai suoi bisogni.
Deve inoltre saper scegliere gli strumenti adeguati allo svolgimento di determinate attività in un
contesto comune, finalizzate al raggiungimento di determinati obiettivi. Tali attività dovranno
prevedere momenti individuali in autonomia e momenti collaborativi. Nel lavoro di gruppo è
necessario convincere il disabile che la sua attività è parte integrante di un’attività comune. Deve
sapere che il suo lavoro è complementare a quello degli altri, quindi necessario, e che i suoi sforzi
sono finalizzati al raggiungimento di un obiettivo comune (Ianes, 2001). In questo contesto
naturalmente è necessario valorizzare ciò che l’alunno sa fare e partire proprio da questo.
Il docente deve anche assumere il ruolo di mediatore del sapere e contemporaneamente di
facilitatore nell’uso delle TD. Deve cercare di rendere usabile ciò che non lo è, pur essendo
accessibile; ad esempio, di fronte alla navigazione di un sito semplice ma con dei contenuti difficili
dal punto di vista lessicale, il docente dovrebbe avere un ruolo di supporto nella decodifica dei
significati.
Un docente dovrebbe anche essere sensibile alle modalità di apprendimento che lo studente
privilegia e sfruttarle in modo da personalizzare l’apprendimento facilitandolo; questo può essere
possibile anche preparando ad hoc delle attività per lui.
Se il docente potrà disporre di tutte le metacompetenze necessarie per appropriarsi di quel mondo
della didattica “speciale” supportata dall’elaboratore, potrà rendersi attore di un intervento didattico
più efficace e rivolto alla speciale normalità degli alunni.
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