tommaso 1 - Università delle Tre Età UNITRE Sede autonoma di

TOMMASO 1 (1225-1274)
La diffusione della filosofia aristotelica in Europa
Mentre si sviluppava la tendenza dialettica a costruire una Teologia sempre più basata sull’autorità della
Ragione, giustificando la fede come una realtà perfettamente razionale, la diffusione dell’aristotelismo in
occidente, avvenuta attraverso i commenti e le interpretazioni elaborate dai Filosofi arabi, fu per molto
tempo considerata una minaccia per la Filosofia cristiana. Prima di diventare oggetto di studio del grande
vescovo Alberto Magno, con i tentativi di una sua possibile conciliazione con le verità della fede cristiana, la
filosofia aristotelica venne fortemente osteggiata e combattuta come una filosofia pagana ed eretica. Essa
sosteneva infatti la visione di una divinità coeterna al mondo e non invece creatrice del mondo, quel Primo
Motore che con la sua immobilità è la Causa Finale di ogni divenire, di contro al Dio cristiano che è libera
volontà di agire e creare dal nulla, senza alcuna limitazione o presupposizione di una Materia Prima
antecedente alle Creature. Faceva soprattutto scandalo della filosofia aristotelica, l’indagine conoscitiva
che essa autorizzava sul mondo della Natura, condotta secondo una piena autonomia della Ragione, con la
procedura sillogistica applicata ai dati empirici, secondo i Generi e le Specie, e al di fuori di qualunque
dipendenza dalla Teologia, come invece era naturale da Agostino in poi, con un mondo naturale
gerarchicamente strutturato nelle sue materie secondo i diversi gradi di Libertà concessi dal Creatore alle sue
Creature.
Il limite della Ragione come fondamento di una Fede innalzata a Scienza
Tommaso è il critico più radicale dell’argomento Ontologico di Anselmo. Dimostrare l’esistenza di
Dio a partire dalla sua essenza, dal suo concetto, porta a credere all’esistenza di un Dio
esclusivamente pensato dalla nostra mente, ben lontano dalla rivelazione che ne fanno le Scritture,
in cui Dio è un’esistenza oggettiva e metafisica che trascende tutto il creato, e quindi il pensiero
stesso, ed è il centro creatore dell’intero universo e il soggetto di ogni suo dinamismo, sia nelle
realtà corporee e materiali, sia nell’attività razionale della mente. Dimostrare l’esistenza di Dio
facendo del piano logico e discorsivo la garanzia del piano ontologico, cioè della realtà che è,
finirebbe per sovrapporre gli ambiti distinti di fede e ragione, sminuendo il ruolo della fede e del
magistero della Chiesa che la interpreta, ridotto a quello di un semplice volontarismo etico, volto al
governo pratico della condotta umana. Tommaso conserva invece la reciproca autonomia di fede e
ragione, per constatare che l’una e l’altra giungono, per vie diverse, ad affermare la medesima verità
dell’esistenza di Dio, l’una come assenso della Volontà ad una verità rivelata, l'altra secondo la via
aperta dalla Teologia aristotelica, che dimostrava l’esistenza di una Sostanza divina con la pura forza
della Ragione, a prescindere dalla Fede. Se è vero che la Ragione può dimostrare da sola l’esistenza
di Dio, è anche vero che essa deve accettare il limite di non poter determinare autonomamente i
contenuti più specifici della fede e della Teologia cristiana, come la Creazione dal nulla, la Trinità e
l’Incarnazione di Cristo. Ed è su questo punto che si mostra tutta la grandezza filosofica di Tommaso:
invece di utilizzare questo evidente limite della Ragione per esaltare il misticismo e lo spiritualismo
della fede, la sua irriducibilità alla ragione, come facevano i continuatori della teologia agostiniana,
di matrice platonica, e in particolare Bonaventura di Bagnoregio, egli fa del limite della Ragione il
punto di forza per innalzare la Fede a Scienza, per dare alla Teologia il primato di una Scienza totale
a cui sottomettere ogni altra Scienza. Il limite razionale costituito dall’ammissione dell’esistenza di
Dio fa della sostanza divina un oggetto particolare di cui è possibile avere, accanto alle verità
rivelate, un sapere razionale analogo al sapere che ha per oggetto tutta la gerarchia delle altre
sostanze o sinoli aristotelici. La Teologia o Scienza di Dio viene così a costituire il punto di
connessione tra le verità rivelate, al di là della Ragione, e la soglia della loro possibile
razionalizzazione in una scienza, il cui sapere è la precondizione e il vincolo ineludibile della
scientificità di ogni scienza particolare, aventi per oggetto ambiti ristretti delle sostanze esistenti. In
questa prospettiva, ogni conquista razionale delle diverse Scienze, da quelle della Natura a quelle
più propriamente dell’Anima, come l’Etica e la Politica, finisce per non essere altro che
l’esplicitazione della sua comunanza e dipendenza dalla razionalità intrinseca della Sostanza Divina.
Con il primato di una Teologia trascrivibile nel linguaggio della Ragione, Tommaso ottiene l’effetto
di imbrigliare le indagini particolari delle varie scienze, potenzialmente autonome dai contenuti
della Fede, all’interno di un Sapere totale, comune sia alla Fede sia alla Ragione. Nella prospettiva
di Tommaso, Dio rimane inconoscibile nella sua Essenza, se non per quanto ci è stato rivelato, ma è
possibile avere Scienza di Dio in un duplice significato: da un lato le verità della fede devono
accettare la subordinazione di venir tradotte e conosciute nei vincoli razionali della logica sillogistica
aristotelica; dall’altro, la ragione stessa viene ad essere ontologicamente predeterminata a
convenire su tutte le verità di fede rivelate nelle Scritture e a dare essa stessa dimostrazione e
conferma dell’ordinamento teologico dell’intero universo, voluto e creato da Dio; qualora l’indagine
conoscitiva razionale mettesse in dubbio le verità di fede ciò andrebbe ascritto ad un abuso della
ragione stessa, reso sempre possibile dai limiti della sua stessa natura.
L’ Essere necessario e l’Essere possibile
Ma quale dimostrazione razionale dell’esistenza di Dio può essere alternativa all’argomento
Ontologico di Anselmo ? Tommaso si ricollega alle interpretazioni di Aristotele elaborate dai Filosofi
arabi, in particolare alla distinzione operata da Avicenna tra l’Essere Possibile e l’Essere Necessario.
L’Essere Possibile è tutto ciò la cui esistenza non ha alcuna necessità, è solo contingente, e che per
essere ed esistere deve dipendere da altro; l’Essere Necessario è invece ciò che, per esistere, non
deve dipendere da altro, in quanto sussiste per se stesso, e per il quale è assurdo pensare che possa
passare dall’esistenza alla non esistenza o viceversa, come per qualunque esistenza contingente.
Mentre l’Essere Possibile è l’esistenza individuale contingente avente per Essenza una determinata
Forma, per es. la Forma ‘Albero’ che è immanente nel Sinolo di un albero concreto che percepisco
con i Sensi, l’Essere Necessario non può non esistere; ma quale sarà la sua Forma o Essenza? Non
essendo generato da altro, e quindi non ricevendo da altro né l’Esistenza né l’Essenza, l’Essere
Necessario è sostanzialmente o senza Forma oppure possiede una Forma a noi inconoscibile; ma
niente esiste senza Forma, cosicchè tutto ciò che possiamo dire dell’Essenza dell’Essere Necessario
è che non può che essere espressa e coincidere con la sua Esistenza. Ecco che, anche a prescindere
dalla Fede, Dio è dimostrabile razionalmente come l’Essere Necessario ed unico che ha per Essenza
la sua stessa Esistenza. Secondo il limite intrinseco della Ragione, solo questo coincidere di Essenza
ed Esistenza è conoscibile razionalmente di Dio, mentre tutto il resto rimane il contenuto della
Rivelazione. Tommaso chiama Preambolo della Fede questo convergere di Fede e Ragione nel
sapere condiviso dell’esistenza di Dio, oltre il quale per la ragione è impossibile andare, ma
generando il vincolo secondo cui i contenuti e le verità di fede potranno divenire oggetti di una
Teologia solo se fondati sulla impossibilità di contraddire alle esigenze della Ragione.
La riforma della metafisica aristotelica della Sostanza
Se solo Dio è identità e coincidenza di Essenza ed Esistenza, in tutti gli altri Essenti tale relazione non avrà
alcuna necessità, cioè sarà totalmente contingente e dipendente da altro. E’ su questo punto che Tommaso
‘corregge’ Aristotele attuando una profonda riforma della sua metafisica della Sostanza, per ottenere lo
straordinario risultato di conciliare tutto l’impianto della Filosofia aristotelica con le verità della Fede
cristiana, in primo luogo con il dogma di un Dio creatore della totalità del mondo a partire dal nulla. Mentre
per Ari l’essere in Atto di una Forma o Essenza in un Sinolo coincide sempre con la sua Esistenza individuale,
Tommaso distingue e separa radicalmente l’Essenza, la Forma universale pensata da Dio e avente solo la
potenzialità di esistere, dalla sua Esistenza, come l’Ente concreto e reale, e fa proprio del venire delle cose
all’esistenza l’effetto della individualizzazione operata dalla Creazione divina. Secondo il principio aristotelico
per cui ‘niente passa dalla Potenza all’Atto se non in virtù di qualcosa che è già in Atto’, sarà l’Esistenza
sempre in Atto di Dio, perché proprio questa è la sua Essenza, a costituire la Causa del passaggio delle
molteplici Essenze, dalla universalità delle Forme costituenti il Logos divino, alle loro concrete Esistenze
individuali, Creature del mondo creato e individualizzate dalla loro specifica ‘materia signata’. Con questa
riforma, Tommaso consegna al Cristianesimo tutta la potenza della Sapienza aristotelica e ne fa lo strumento,
alternativo al platonismo agostiniano, per porre su nuove basi il rapporto tra Fede e Ragione.