I TRASFORMATORI Il trasformatore è una macchina elettrica statica che trasforma quindi energia elettrica in energia elettrica elevandone o riducendone la tensione. A cosa serve? Le principali applicazioni che possiamo riscontrare nei dispositivi elettrici di uso comune riguardano la riduzione della tensione di rete (230 V) ai pochi volt necessari (3.6, 5, 12, 24, ecc.) ad alimentare i circuiti elettronici delle apparecchiature (computer, televisori, lettori DVD, caricabatteria per cellulari, ecc.). Ma la maggiore importanza dei trasformatori la si riscontra nel sistema di distribuzione dell’energia elettrica sul territorio. Infatti gli elettrodotti (sistemi di cavi e tralicci) trasportano l'energia elettrica ad altissima tensione (tra i 220 e i 380 kV) dalle centrali elettriche fino alle stazioni ricevitrici alle porte delle città o dei distretti di distribuzione. Qui enormi trasformatori (con potenze che vanno dai 100 ai 400 MW) riducono la tensione fino a valori di 150, 132 o 60 kV (alta tensione). In seguito, attraverso altri elettrodotti aerei, o in cavo isolato, l'energia elettrica giunge negli impianti di trasformazione AT / MT (alta tensione / media tensione), denominati cabine primarie, dove, con trasformatori di potenza compresa tra i 10 e i 60 MW, viene ulteriormente abbassata ad una tensione che, a seconda dei distributori, può variare tra gli 8.4 kV (come nella rete di Roma) e i 20 kV, per essere immessa poi nella rete elettrica a media tensione. L'elettricità prosegue poi su elettrodotti minori, ossia su tralicci e pali in aree di campagna oppure in cavi isolati interrati nel sottosuolo urbano, fino alle sottostazioni di media tensione (cabine secondarie). Nelle cabine secondarie di media tensione (MT) altri trasformatori (con potenze comprese tra 50 e 1000 kW) riducono la tensione al valore finale di consegna all'utente (bassa tensione) che in Italia è: 400 V trifase. Da questo punto fino al contatore dell'utente si può parlare di consegna di energia elettrica, la quale avviene utilizzando cavi isolati e, più raramente e nel caso di località rurali, attraverso linee aeree su palo. La tensione 230V monofase tipica delle nostre utenze domestiche si ottiene derivandola dalla 400V trifase (collegandosi fra il centro stella – neutro – ed una qualsiasi delle tre fasi). Per quale motivo l’energia elettrica prodotta dalle centrali viene dapprima portata ad altissima tensione per poi ridurla via via a tensioni inferiori fino ad arrivare a 230V? Questo viene fatto per ridurre le perdite lungo gli elettrodotti; queste sono infatti dovute all’effetto Joule nei cavi in cui scorre la corrente. La potenza elettrica persa (dissipata sotto forma di calore) lungo un cavo che trasporta energia elettrica dipende dalla sua resistenza elettrica e dall’intensità di corrente che scorre nel cavo, al quadrato: Pj = R * I2. La potenza trasportata è pari invece al prodotto dell’intensità di corrente per la tensione: P = V * I. E’ quindi chiaro che, per un dato cavo, per ridurre le perdite è necessario ridurre il più possibile l’intensità di corrente che vi circola, ma per mantenere inalterata la quantità di energia trasportata bisogna parimenti aumentare la tensione. Il trasformatore ideale: principio di funzionamento Per trasformatore ideale si intende un trasformatore il cui nucleo è costituito da materiale magnetico perfetto, cioè tale da non avere perdite per isteresi e per correnti parassite, qualunque sia il valore dell’induzione. Occorre anche che gli avvolgimenti non determino perdite per effetto Joule e che esista un perfetto concatenamento magnetico tra due avvolgimenti cioè senza flusso disperso. I Trasformatori – Appunti per il corso di Sistemi ed Automazione Industriale a cura Prof. A. Del Sole Pag. 1 / 4 Lo schema di principio del trasformatore ci indica che esso è sostanzialmente costituito da tre parti: il nucleo ferromagnetico, l’avvolgimento primario e l’avvolgimento secondario. PRIMARIO NUCLEO FERROMAGNETICO SECONDARIO Il nucleo, in materiale ferromagnetico, non è fatto in unico blocco, ma è costituito da un pacco di lamierini fra loro isolati e serrati, al fine di minimizzare le predite per correnti parassite. I due avvolgimenti, primario e secondario, costituiti rispettivamente da N1 ed N2 spire sono realizzati con del filo di rame smaltato. Funzionamento: quando alimentiamo il primario con la tensione V1 in esso circola la corrente I1; l’avvolgimento primario non è altro che un solenoide, e noi sappiamo che un solenoide percorso da corrente elettrica genera un campo magnetico. In questo caso il campo magnetico generato è alternato perché alternata è la corrente che circola nell’avvolgimento. Questo campo magnetico genera nel nucleo ferromagnetico un flusso magnetico Φ che va ad attraversare le spire del secondario. Quindi abbiamo che le spire del secondario sono attraversate da un campo magnetico variabile (alternato); ne consegue che, per la legge dell’induzione elettromagnetica (legge di Faraday) ai capi del secondario si genera una differenza di potenziale (F.E.M. indotta E = - ΔΦ/Δt) che indichiamo con V2. Ora, che rapporto c’è fra V1 e V2? Il rapporto fra V1 e V2 è definito rapporto di trasformazione K ed è legato, nel trasformatore ideale, al rapporto fra il numero di spire degli avvolgimenti dalla relazione: k= V1 N1 = V2 N2 ($) Per spiegare in maniera semplice ed intuitiva questo legame possiamo pensare che il flusso magnetico totale Φ generato dal primario è dato dalla somma dei flussi generati da ogni singola spira; la tensione che alimenta ogni spira è data dalla tensione V1 che alimenta il primario diviso il numero di spire N1. Tale aliquota di flusso magnetico generata da ogni spira del primario, attraversando il secondario, genera (ossia induce) ai capi di ogni sua spira una F.E.M. (ossia una tensione) che risulta anch'essa pari alla tensione V2 diviso il numero di spire N2. In altri termini: per V1 volt di tensione al primario rapportato al numero di spire N1, abbiamo, in condizioni ideali, cioè senza perdite, al secondario V2 volt su N2 spire, ossia: V1 / N1 = V2 / N2, relazione che, dopo un semplice passaggio algebrico, ci da la ($). Riassumendo quindi il funzionamento del trasformatore possiamo dire: La macchina riceve potenza in ingresso dal generatore di alimentazione P1 ed eroga in uscita potenza P2 al carico; nel trasformatore ideale (senza perdite) potenza in ingresso e potenza in uscita chiaramente coincidono. Questo comporta che deve valere la seguente uguaglianza: P1 = V1 * I1 = P2 = V2 * I2 (£) I Trasformatori – Appunti per il corso di Sistemi ed Automazione Industriale a cura Prof. A. Del Sole Pag. 2 / 4 Combinando la ($) con la (£) si ottiene: k= V1 N1 I2 = = V2 N2 I1 che rappresenta la relazione che lega nel trasformatore ideale il rapporto di trasformazione al rapporto fra i numeri di spire, fra le tensioni e fra le correnti del primario e del secondario. Osservazione: Mediante il trasformatore è quindi possibile trasferire potenza elettrica dall’avvolgimento primario a quello secondario, senza fare ricorso ad alcun collegamento elettrico tra i due avvolgimenti; il trasferimento di potenza avviene invece attraverso il campo magnetico che è presente principalmente nel nucleo del trasformatore e che è in grado di scambiare energia con entrambi i circuiti. Per tale motivo si dice che i trasformatori creano un isolamento elettrico fra i due circuiti collegati rispettivamente ai due avvolgimenti. Esistono infatti dei trasformatori cosiddetti “di isolamento” con rapporto di trasformazione pari ad 1 (ossia tensione in uscita uguale alla tensione in ingresso) che non servono ad abbassare od innalzare la tensione, ma soltanto ad isolare dal resto della rete il circuito a valle. Ciò al fine di proteggerlo da eventuali disturbi provenienti dalla rete: questo accorgimento viene adottato per aumentare la sicurezza delle apparecchiature mediche connesse alla rete (Studi medici, sale operatorie, dove si trovano apparecchiature elettriche che interagiscono con i pazienti). Costruzione Come già detto un trasformatore (monofase) è costituito da un nucleo ferromagnetico che realizza un circuito magnetico e da due avvolgimenti in filo di rame. E' necessario che il nucleo costituisca sempre un circuito magnetico ad alta permeabilità magnetica; per questa ragione esso viene costruito con un buon materiale ferromagnetico come l'acciaio dolce al silicio che ha una permeabilità magnetica relativa μr = 10.000. Il nucleo di un trasformatore monofase può essere realizzato in due forme: a colonne o a mantello. Nel trasformatore a colonne gli avvolgimenti primario e secondario vengono posti attorno ad entrambe le colonne; in quello a mantello, invece, gli avvolgimenti si trovano esclusivamente sulla colonna centrale del nucleo magnetico solitamente avvolti l'uno sull'altro. Le altre due colonne servono esclusivamente per chiudere il flusso magnetico della colonna centrale. La tipologia maggiormente utilizzata è quella a mantello, al fine di ridurre il flusso disperso intorno agli avvolgimenti. Infatti benché il nucleo abbia una permeabilità magnetica circa 10.000 volte maggiore di quella dell'aria ed il flusso magnetico “preferisca” di gran lunga attraversare il ferro invece dell'aria, esiste comunque una minima porzione di tale flusso che si disperde nell'aria circostante andando a ridurre il flusso che va a concatenarsi col secondario. Nel trasformatore a colonne il flusso disperso si riduce poiché le due colonne laterali ricoprono maggiormente gli avvolgimenti. Dal punto di vista strutturale il nucleo viene realizzato sovrapponendo una serie di lamierini di I Trasformatori – Appunti per il corso di Sistemi ed Automazione Industriale a cura Prof. A. Del Sole Pag. 3 / 4 ferro-silicio isolati tra loro mediante vernice, oppure ossido, in modo da diminuire le perdite per correnti parassite. Esistono varie forme di lamierini ma le più' diffuse sono costituite da lamierini a forma di E e di I oppure da lamierini a forma di E con un lato più' lungo. Il pacco e' costituito ponendo i lamierini in modo alternato, in modo da ottenere una struttura meccanica robusta. Un esempio dei due tipi di lamierini detti è riportato nelle due sottostanti figure. Di concezione più moderna e quindi con caratteristiche migliori sono i nuclei a “C” (figura a) ed i trasformatori con nucleo toroidale (figura b). Per quanto riguarda gli avvolgimenti, questi devono essere tali da determinare il massimo concatenamento fra di essi (al fine di limitare il più possibile i flussi dispersi e quindi le cadute di tensione). Il tipo più diffuso è quello degli avvolgimenti concentrici: si tratta di una costruzione che porta a realizzare il primario e il secondario con due bobine concentriche (di solito l’avvolgimento di bassa tensione è quello più interno) poste sulla colonna centrale se il trasformatore è del tipo a mantello. Gli avvolgimenti vengono avvolti su un supporto detto rocchetto costituito in materiale isolante il rocchetto completo degli avvolgimenti viene poi inserito sulle colonne del nucleo. Un fattore importante per i trasformatori è quello del raffreddamento. Questo deve assicurare al trasformatore lo smaltimento del calore che si produce durante il funzionamento, dovuto alle perdite, consentendo così alla temperatura di ciascuna parte attiva di non superare i limiti imposti dal buon funzionamento. Esistono due tipi di raffreddamento: ad aria ed a olio per uso industriale. I trasformatori in aria smaltiscono direttamente il calore nell’ambiente esterno mentre quelli in olio risultano immersi in un cassone pieno di olio isolante il quale lambendo il nucleo e gli avvolgimenti ne determina l’abbassamento della temperatura. Il trasformatore in olio risulta più costoso ma migliore di quello in aria e viene impiegato per potenze molto elevate. I Trasformatori – Appunti per il corso di Sistemi ed Automazione Industriale a cura Prof. A. Del Sole Pag. 4 / 4