Letterati olivettiani: brevi biografie Libero BIGIARETTI Franco FORTINI Giovanni GIUDICI Ottiero OTTIERI Geno PAMPALONI Leonardo SINISGALLI Giorgio SOAVI Paolo VOLPONI LIBERO BIGIARETTI (1906 – 1993) Nato a Matelica (MC) nel 1906, Libero Bigiaretti si trasferisce molto presto a Roma dove svolge svariati mestieri, dall’apprendista muratore al disegnatore tecnico. Il suo incontro con l’Olivetti risale al dopoguerra, precisamente al 1952, anno in cui lo scrittore entra in azienda dove per 11 anni lavorerà come direttore dell’Ufficio stampa. La sua attività letteraria comincia molto presto e già alla fine degli anni ’30 pubblica le prime poesie: Ore e stagioni (1936) e Care ombre (1939). Pochi anni dopo, nel 1942, esce il suo primo romanzo intitolato Esterina. Alcune sue opere sono caratterizzate da una certa dose di moralismo e dall’indagine retrospettiva dei personaggi: I figli (1945), Il villino (1946), Un discorso d’amore (1948) sono i romanzi che meglio rispecchiamo queste particolarità. In quest'ultimo lavoro, attraverso l'analisi di una storia d'amore, Bigiaretti coglie il corrompersi del sentimento e le ambiguità dell'animo, in cui convivono sempre fiducia e malafede, amore e inimicizia. Nel 1963 esce Il congresso, contributo alla letteratura ispirata dall’industria, in cui l’autore descrive il rapporto tra un uomo di cultura e alcuni operai. Muore a Roma nel 1993. FRANCO FORTINI (1917 – 1995) Franco Fortini è lo pseudonimo usato da Franco Lattes. Nato a Firenze il 10 settembre 1917, viene espulso dall’Italia dall'organizzazione universitaria fascista in seguito alle leggi razziali; dopo l'8 settembre decide di riparare in Svizzera. Dal l945 svolge una molteplice attività di copywriter, consulente editoriale, traduttore e insegna storia della critica all'Università di Siena. Il suo incontro con l’Olivetti avviene nel 1947, anno in cui viene assunto in azienda dove, fino al 1960, si occupa delle pubblicazioni aziendali, delle campagne pubblicitarie e dei nomi dei prodotti (tra questi, si ricordano “Lexikon”, “Tetractys” e “Lettera 22”). Diventa redattore della rivista Politecnico, nonché uno dei fondatori della rivista politico-letteraria Ragionamenti (1955). Collabora, inoltre, a diversi quotidiani tra cui Avanti! (di cui è redattore dal 1945 al 1948), Il Corriere della sera e il Sole 24 Ore. Come saggista si occupa di alcuni temi centrali della cultura contemporanea: i rapporti tra letteratura e politica, le condizioni dell'intellettuale nella società neocapitalistica, la necessità di una nuova retorica della scrittura didascalica. Come poeta arriva a costruire un proprio singolare “classicismo” che attraversa modalità tipiche del postermetismo, tessendo una costante dialettica tra lirismo e racconto, soggettività e ideologia. Muore a Milano nel l995. GIOVANNI GIUDICI (1924 - ) Nato a Le Grazie (SP) nel 1924, si trasferisce presto a Roma, dove si laurea in letteratura francese e svolge a lungo attività di giornalista politico. Dopo l’esperienza di Roma, Giudici si sposta a Ivrea, Torino e Milano, impiegandosi nell'industria come copywriter presso l'Olivetti, dove lavora nel settore pubblicitario fino al 1980, e svolgendo attività di giornalista culturale. Il suo incontro con l’Olivetti risale al 1956, anno che segna l’inizio di una collaborazione durata quasi 30 anni. All’interno dell’azienda svolge svariate attività, dall’allestimento di mostre per il Centro Culturale Canavesano, alla redazione di Comunità di Fabbrica, il giornale del sindacato interno Olivetti. Scrive anche su Comunità e su Notizie Olivetti. La carriera di Giudici si rafforza e afferma a partire dal 1958, anno in cui comincia la sua attività di copywriter presso la Direzione Pubblicità e Stampa diretta da Riccardo Musatti, a Milano, dove opera a contatto con Franco Fortini, Ettore Sottsass e Marcello Nizzoli. A Giovanni Giudici si devono, tra l’altro, i testi di una famosa campagna pubblicitaria per la macchina per scrivere Valentine, del 1969, e il nome della fatturatrice Mercator uscita nel 1960. A partire dalla metà degli anni ’60 pubblica di diversi lavori letterari, tra cui La vita in versi (1965), che segna il riconoscimento poetico di Giudici, Autobiologia (1969), O Beatrice (1972) e Il male dei creditori (1977). Nel 1985 pubblica anche una raccolta di saggi dal titolo La donna non cercata. OTTIERO OTTIERI (1924 – 2002) Nato a Roma nel 1924, Ottiero Ottieri studia al Collegio Massimo dei Gesuiti, si laurea in Lettere e si interessa di sociologia e psicologia. Il suo incontro con l’Olivetti avviene nel 1955, anno in cui entra in azienda come addetto alla selezione del personale. In particolare, la sua attività di reclutamento degli operai si svolge nella nuova fabbrica Olivetti a Pozzuoli (NA). L’esperienza in azienda gli fa capire quanto sia difficile la posizione in fabbrica e la vita in generale di un operaio. riflessioni nel 1959 Da queste scaturisce il suo libro più noto, Donnarumma all’assalto. Ottieri si rende conto di quanto il lavoro e il tempo trascorso in fabbrica possano interferire sulla vita privata e sui sentimenti degli operai, i protagonisti principali dell’azienda. Si serve quindi del suo romanzo per raccontare e descrivere proprio questa angosciante situazione: operai disperati, che protestano e premono per essere assunti, e lui, addetto alla selezione del personale, deve decidere del loro destino tramite una serie di test sulla carta che dovrebbero indicare chi è più o meno adatto al lavoro in fabbrica. Dalla metà degli anni ’50, fino alla metà degli anni ’60, Ottieri collabora con Il Contemporaneo e con Il Mondo con articoli di attualità e racconti; fino alla metà degli anni ’70 lavora anche con Il Giorno. Adriano Olivetti gli propone di restare a Pozzuoli come direttore del personale della fabbrica, ma Ottieri rinuncia per il timore di non avere abbastanza tempo per scrivere. Si trasferisce, così, a Milano dove accetta un contratto come consulente a metà tempo. Gli viene addirittura offerta la promozione a dirigente che egli però non accetta, in quanto la considera un privilegio eccessivo rispetto a chi in azienda lavora a tempo pieno. In seguito Ottieri considera conclusa la sua esperienza di vita nell’industria e decide di dedicarsi solamente al mondo letterario. Viene chiamato da Tonino Guerra per andare a Roma a collaborare alla sceneggiatura del film L’eclisse di Michelangelo Antonioni e scopre così il mondo del cinema. Intanto continua la sua produzione letteraria con la pubblicazione di diversi libri, tra cui L’irrealtà quotidiana (1966), La corda corta (1978) e Il pensiero perverso (1971), una sorta di viaggio negli abissi della psiche malata che Ottieri decide di descrivere in versi. Muore a Milano nel 2002. GENO PAMPALONI (1918 – 2001) Nato a Roma nel 1918, Geno Pampaloni studia e si laurea in Lettere presso la Normale di Pisa. E’ ricordato come uno dei più grandi critici letterari del dopoguerra, oltre che per essere stato braccio destro di Adriano Olivetti per più di un decennio. Il suo incontro con l’Olivetti risale al 1947, anno in cui diventa direttore della biblioteca aziendale. Rimane nell’azienda eporediese per 12 anni, durante i quali prende parte al movimento di Comunità e diventa uno dei collaboratori più vicini e ascoltati di Adriano Olivetti, di cui condivide le idee politiche e civili. Le doti di Pampaloni si affermano molto velocemente, tanto che arriva ben presto alla Segreteria della Presidenza Olivetti. La sua figura è talmente carismatica che nel mondo dell’Azienda “Olivetti S.p.A.” diventa scherzosamente “Se Pampaloni Acconsente” e Egidio Bonfante, noto pubblicista e grafico della Olivetti, arriva a definirlo con il soprannome di “Eminenza ligia”. L’amicizia e il legame con gli Olivetti e con l’azienda stessa si traduce nel libro Fedele alle amicizie (1984), in cui Pampaloni ricorda il modo in cui Camillo e Adriano posero le basi di un’industria che puntasse alla modernizzazione della società: una fabbrica a misura d’uomo. Dopo la morte di Adriano Olivetti, nel 1960 Pampaloni torna alla sua attività di cronista letterario, prima per Epoca e poi per diversi quotidiani tra cui Il Corriere della sera, La Stampa, La Nazione, L’Espresso. Nel 1974 Montanelli e Piovene lo vogliono tra i fondatori de Il Giornale: inizia così una collaborazione che durerà fino al 1993. In questo periodo Pampaloni si occupa anche della direzione della casa editrice Vallecchi. Muore a Firenze il 17 gennaio del 2001. LEONARDO SINISGALLI (1908 – 1981) Nato a Montemurro (PZ) nel 1908, Leonardo Sinisgalli studia presso gli Istituti Tecnici di Caserta e Benevento, quindi a Roma dove diventa allievo di Severi e Fermi. Si laurea in ingegneria nel 1932 e stringe amicizia con diversi scrittori e poeti, tra cui Ungaretti. Nel 1937 approda in Olivetti, chiamato dall’ingegner Adriano; qui opera come direttore dell’Ufficio Tecnico Pubblicità, con sede a Milano, fino al 1939. Nel dopoguerra lavora come consulente presso la Pirelli a Milano e poi alla Finmeccanica di Roma. Nel 1938, quando è impegnato presso l’Olivetti, produce Storia della scrittura, un pieghevole di cui cura il testo, sviluppato in collaborazione con Schawinsky e Nivola che lavorano alla grafica. Nel 1939 si occupa di alcune campagne pubblicitarie per la macchina per scrivere Studio 42 insieme a Giovanni Pintori, con il quale produce anche i manifesti “La rosa nel calamaio” (immagine usata per la pubblicità della Studio 42 e che nel 1952 l’Olivetti riprenderà per promuovere la Studio 44) e “Le bande che volano”. Tra le sue opere letterarie più note vanno ricordate le raccolte 18 poesie (1936) e Campi Elisi (1939). Dal 1953 al 1959, inoltre, fonda e dirige la rivista Civiltà delle macchine. Muore a Roma nel 1981. GIORGIO SOAVI (1923 - 2008) Nato a Broni (PV) nel 1923, Giorgio Soavi è poeta, romanziere e studioso di arti figurative. Approda all’Olivetti nel 1956, dopo aver lavorato per diversi anni nelle Edizioni di Comunità, di cui diventa responsabile della direzione editoriale dal 1952 al 1956. In Olivetti lavora nell’ambito della Direzione Pubblicità e Stampa, con la responsabilità dei progetti speciali. Si occupa quindi di iniziative culturali, libri illustrati, litografie, sculture e oggetti promozionali da donare ai clienti, ai fornitori e ai partner dell’azienda. Sotto la direzione di Renzo Zorzi (dal 1965 al 1986 responsabile delle attività culturali della Olivetti), promuove la produzione delle agende e dei raffinati libri strenna Olivetti. Queste iniziative diventano occasione per collaborazioni con una serie di grandi artisti contemporanei (come Folon, Botero, Marini e molti altri) ed offrono all’Olivetti l’opportunità di raccogliere una vasta serie di opere d’arte e di consolidare in modo concreto l’immagine di azienda sensibile al mondo della cultura e dell’arte. Le sue opere letterarie spaziano dalla narrativa alle poesie. Tra le più conosciute troviamo Storia con Sutherland (1967), L’America tutta d’un fiato (1959), Adriano Olivetti, una sorpresa italiana (2001) e Il conte (1984), romanzo su Adriano Olivetti che valse a Soavi la candidatura come finalista al Premio Campiello. Muore a Milano il 1° dicembre 2008. PAOLO VOLPONI (1924 – 1994) Nato nel 1924, Paolo Volponi entra nel 1950 a far parte dell’azienda Olivetti. Distaccato dall’Unrra-Casas (Comitato amministrativo per i soccorsi ai senza tetto), svolge una serie di inchieste in Abruzzo, Calabria e Sicilia. Nel 1956 diventa direttore dei Servizi sociali dell’Olivetti di Ivrea e nel 1966 diventerà direttore delle Relazioni aziendali. Divenuto capo del personale, nel 1971 è candidato ad assumere il ruolo di amministratore delegato; alla fine, però, gli viene preferito Ottorino Beltrami e Volponi lascia l’azienda, mantenendo un rapporto di consulenza. Durante gli anni trascorsi all’Olivetti, Volponi continua la sua attività di narratore e poeta che gli consentirà di ottenere diversi riconoscimenti nazionali e internazionali. Dall’esperienza in industria prende spunto per i suoi lavori letterari che avranno come tema principale il rapporto tra l’uomo e il lavoro industriale, le lacerazioni che derivano dal rapporto uomo/fabbrica, il ruolo dell’industria nella società contemporanea. Il primo romanzo in tal senso è rappresentato da Memoriale del 1962. Nei suoi successivi lavori, in particolare Le mosche del capitale (1989), Volponi riprende i temi a lui più congeniali e descrive quindi in modo critico il ruolo dell’industria nella società di quegli anni e l’impossibile realizzazione di una democrazia industriale. Dopo l’esperienza olivettiana, Volponi entra alla FIAT dove lavorerà prima come consulente sul tema dei rapporti tra la fabbrica e la città e poi, a partire dal 1975, come segretario generale della Fondazione Agnelli. Nello stesso 1975, però, Volponi lascerà l’azienda in seguito a divergenze con la direzione. Muore ad Ancona il 23 agosto del 1994.