FILIPPO II di Spagna detto il Prudente2

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Civiltà e imperi del Mediterraneo nell’età di Filippo II
La Spagna, nella seconda metà del 1500, fu senz’altro la massima potenza economica, politica e
militare del mondo. Furono questi gli anni che coincisero con l’età di Filippo II1 (1556-98), il
sovrano più potente della cristianità ed il paladino della Controriforma cattolica.
La Spagna di questo periodo possedeva enormi ricchezze commerciali e coloniali, anche se la
sua economia poggiava essenzialmente su un sistema agricolo feudale ed arretrato.
Oltre ai territori italiani, erano annessi alla corona spagnola i Paesi Bassi e la Franca Contea (la
cosiddetta Borgogna imperiale): le aree più ricche ed urbanizzate d’Europa, i maggiori scali
commerciali e i più importanti centri finanziari (Anversa, Genova) si trovavano sotto il controllo
diretto o indiretto della Spagna.
Essa inoltre controllava e dominava il Mediterraneo e guidava la lotta contro la pirateria ed il
pericolo ottomano.
Tuttavia la politica di grandezza militare che Filippo II volle seguire, che lo portò ad avere
numerosi nemici, non era sorretta da risorse economiche adeguate da parte dello Stato,
nonostante le numerose ricchezze che pervenivano in Spagna (soprattutto i metalli preziosi delle
colonie d’America). Avvenne così che in varie circostanze lo Stato spagnolo fu costretto a
dichiarare bancarotta, non riuscendo a restituire i debiti contratti con i grandi finanzieri europei,
molti dei quali andarono in rovina. La pace di Cateau-Cambrésis dette alla Spagna il ruolo di
potenza egemone in Europa, ma la smisurata grandezza dei domini spagnoli poteva costituire un
elemento di debolezza, mentre il tesoro americano, che apparentemente le dava risorse
finanziarie infinite, la esponeva ai rischi dell'inflazione e agiva negativamente sulle sue strutture
produttive.
Certo della propria forza, Filippo II pensò allora di risolvere militarmente i problemi che gli si
presentarono. Così una rivolta nei Paesi Bassi fu trasformata, dalla violenta repressione spagnola,
in una guerra costosa ed interminabile. Le Fiandre (o paesi Bassi), erano 17 province, di cui
quelle del SUD (Belgio) erano cattoliche e francofone; quelle del NORD (Olanda) erano
protestanti e parlavano dialetti tedeschi. Le province godevano di ampie autonomie (diritto di
eleggere i propri magistrati, approvare le imposte, inviare rappresentanti agli Stati generali ecc.).
Ma, se Carlo V aveva rispettato le autonomie, non fece altrettanto Filippo II: anzi limitò le libertà
e cercò di introdurre l'Inquisizione (AUTO DA FE'). Fu così che nel 1556, 400 nobili si
presentarono alla reggente Margherita Farnese, sorella naturale del re e Duchessa di Parma,
chiedendo la revoca dei decreti ma, non avendo ottenuto nulla (emblematico è il modo in cui
uno dei consiglieri della reggente chiamò anzi gli insorti “GEUX”, cioè pezzenti, epiteto che essi
presero come nome di battaglia). Nobili e popolo insorsero allora contro il governo spagnolo, in
una lotta che durò oltre 40 anni (1566-1609). Filippo II decise di inviare come governatore il
Duca di Alba (1567-1573), che cercò di soffocare la rivolta ma ottenendo solo di peggiorare la
situazione, poiché le province del NORD e del SUD si unirono nella lega di GAND (1576): la
politica repressiva del duca d'Alba, che guidava le truppe spagnole, ebbe piuttosto l'effetto di
consolidare l'alleanza fra cattolici e calvinisti nei Paesi Bassi. Filippo II allora inviò come
governatore Alessandro Farnese (1578-1592), figlio di Margherita (e futuro Paolo III), il quale
riuscì a giocare meglio sulle divergenze religiose tra i ribelli e ripristinando tutti gli antichi
privilegi, riuscì a staccare dalla Lega di Gand le province cattoliche del Sud (1579).
Se le province meridionali tornarono sotto la sovranità spagnola, le province protestanti
continuarono invece la lotta costituendo a loro volta la LEGA DI UTRECHT (1579) e poi
proclamarono la loro indipendenza: la REPUBBLICA DELLE SETTE PROVINCIE
UNITE, eleggendo a presidente (STATHOLDER) Guglielmo di Orange detto il Taciturno
(1581).
Nel 1584 Guglielmo d'Orange fu ucciso da un sicario spagnolo ma il figlio MAURIZIO prese il
posto del padre e continuò la guerra contro la Spagna; in loro favore intervennero anche
Elisabetta d'Inghilterra e Enrico di Borbone di Francia. La Spagna verrà sconfitta cosicché alla
morte di Filippo II (1598), il suo successore, Filippo III sarà costretto a firmare una tregua di 12
anni (1609). Solo più tardi, col TRATTATO DI WESTFALIA, i Paesi Bassi saranno riconosciuti
indipendenti, e da allora presero il nome di OLANDA, dal nome della provincia principale2.
1
FILIPPO II di Spagna detto il Prudente (regnò 1556-1598): Filippo II (1527-1598) era figlio di Carlo V e di Elisabetta di Portogallo. Salì al trono dopo
l'abdicazione del padre Carlo V, e mirò ad affermare il predominio degli Absburgo e della Chiesa in Europa. Volle conquistare il Portogallo, fare guerra ai
calvinisti e ricondurre l'Inghilterra a Roma. Visse nel suo palazzo dell'ESCORIALE, fatto a forma di graticola, in ricordo della battaglia di S. Quintino (10
agosto 1557), festa di S. Lorenzo, martirizzato appunto sulla graticola.
1^ moglie: la cugina Maria Emanuela, figlia di Giovanni III di Portogallo, da cui nacque il figlio Don Carlos (l’opera di Verdi);
2^ moglie: Maria Tudor detta la Cattolica, che morirà nel 1559.
3^ moglie: Elisabetta di Valois, sposata nel 1559 e che morirà nel 1568.
4^ moglie: Anna d'Austria, che muore nel 1580.
Filippo II morì di gotta nel 1598
2
La guerra contro la Spagna fu anche la causa della espansione coloniale degli Olandesi. Essi decisero di recarsi direttamente nelle Indie Orientali e in
America, fondando la COMPAGNIA DELLE GRANDI INDIE (1602) e più tardi la COMPAGNIA DELLE INDIE OCCIDENTALI.
L’AVVERSARIO OTTOMANO
Restavano tuttavia sotto il dominio diretto o indiretto della Spagna, gli Stati Italiani3, con
esclusione di Venezia, d’importanza strategica per il controllo del Mediterraneo.
Uno dei grandi avversari della Spagna fu l’Impero ottomano, che continuava nella sua
spinta espansionistica, minacciando l’Occidente e dominando nel Mediterraneo: nel 1538
gli ottomani avevano sconfitto gli spagnoli a Prevesa (in Grecia) e nel 1560 a Gerba
(un’isola situata di fronte alle coste della Tunisia, venne occupata dagli spagnoli ma ritornò
agli ottomani dopo pochi mesi).
Cinque anni dopo, nel 1565, essi lanciarono l’attacco all’isola di Malta, dove da pochi
decenni si era insediato, per decisione di Carlo V, l’antico ordine crociato di San Giovanni
(originariamente detto anche dell’Ospedale e chiamato poi Ordine dei Cavalieri di Malta): i
monaci guerrieri di San Giovanni, per quanto inferiori di numero, resistettero eroicamente
all’attacco ottomano e, grazie anche all’aiuto spagnolo, salvarono l’indipendenza dell’isola.
Tuttavia l’espansionismo degli ottomani non si fermò e nel 1570 essi attaccarono ed
occuparono Cipro, un possedimento strategico di Venezia: nonostante la strenua
resistenza opposta dai veneziani, l’isola alla fine fu occupata.
Solo allora gli Stati cristiani si resero perfettamente conto del grave pericolo che
incombeva sull’Europa e sul Mediterraneo: così, ascoltando l’appello del papa Pio V,
si formò nel 1571 la Sacra lega comprendente la Spagna, Venezia, Genova, il Ducato di
Savoia, lo Stato Pontificio, Malta.
Fu costruita rapidamente una poderosa flotta militare: Venezia in particolare costruì una
nuova nave da guerra, la cosiddetta galeazza, che presentava caratteristiche innovative per
l’epoca e che era pressoché inattaccabile, anche per la eccezionale capacità di fuoco che
aveva.
Lo scontro decisivo avvenne il 7 ottobre del 1571 nel golfo di Lepanto, in Grecia: i turchi
commisero il grave errore di accettare lo scontro in mare aperto, allontanandosi dalla
fortezza di Lepanto. Fu una delle più grandi e memorabili battaglie navali della storia e
probabilmente la prima vera battaglia navale moderna, una battaglia che in qualche
modo contribuì a cambiare il corso della storia: la flotta turca subì un vera e propria disfatta
ad opera della lega cristiana, anche e soprattutto perché le navi cristiane erano
tecnologicamente superiori, in quanto potevano contare sull’uso dei primi pezzi di
artiglieria applicati alla marina militare (cannoni ed archibugi).
La vittoria di Lepanto pose fine all’espansionismo ottomano nel Mediterraneo, anche se
esso continuò sulla terra ferma: secondo alcuni storici i cristiani commisero l’errore di non
approfittare della grave sconfitta turca, dal momento che essa non fu seguita da un’ulteriore
offensiva militare, che avrebbe potuto dare il colpo mortale all’Impero ottomano.
CONQUISTA DEL PORTOGALLO : finita la dinastia dei re di Borgogna, Filippo II, che
era il parente più prossimo, unì politicamente la Spagna e il Portogallo (1580) e le sue
colonie.
La successione di Filippo II alla corona portoghese allargò la dimensione
dell'imperialismo spagnolo. Dopo questa data Filippo II si trovò implicato in due guerre
che si conclusero con esito negativo: la prima fu una grande spedizione navale contro
l'Inghilterra di Elisabetta I, divenuta sempre più pericolosa nella rivalità colonialista.
Con la pace di Cateau Cambresis (1559) l’Italia passò sotto il dominio diretto e indiretto della Spagna. Tale dominio durò fino al 1714 quando, in seguito alla
guerra di successione spagnola, l’egemonia della Spagna venne sostituita da quella austriaca. Dopo il 1559 i territori italiani che dipendevano direttamente
dalla Spagna (nel senso che erano possedimenti della corona spagnola) erano: il ducato di Milano, lo Stato dei Presìdi (una serie di roccaforti militari situate
tra l’isola d’Elba e la costa toscana, ritenute importanti per tenere sotto controllo il Granducato di Toscana e lo Stato della Chiesa), il regno di Napoli, la Sicilia
e la Sardegna. C’erano inoltre altri Stati, formalmente indipendenti, ma che di fatto, per ragioni politiche, militari ed economiche, subivano l’influenza più o
meno diretta della Spagna: il ducato di Parma (e Piacenza), il ducato di Modena (e Reggio), il ducato di Mantova, il granducato di Toscana, la repubblica di
Genova (che era passata dalla parte spagnola con Andrea Doria durante il conflitto tra Carlo V e Francesco I), la repubblica di Lucca. Gli unici Stati che
conservarono una relativa autonomia dalla Spagna furono il ducato di Savoia e la repubblica di Venezia. Ad essi si può aggiungere anche lo Stato della Chiesa
che, pur avendo rapporti stretti con la Spagna, non ne subiva comunque le direttive.
Con Emanuele Filiberto (1553-1580) il ducato di Savoia, situato al confine tra Italia e Francia, si italianizzò sempre più, tanto che la capitale fu portata da
Chambery a Torino: i duchi di Savoia si mossero con abilità dibattendosi tra francesi e spagnoli, rafforzarono notevolmente l’unità e l’organizzazione interna
dello Stato. Emanuele Filiberto ad esempio riorganizzò le finanze del ducato e introdusse un nuovo e più rigoroso sistema fiscale; inoltre riformò l’apparato
amministrativo e giudiziario secondo quei criteri centralistici che si erano già affermati nelle grandi monarchie europee dell’epoca e potenziò l’esercito,
iniziando una politica di espansione. Tale politica fu seguita soprattutto dal suo successore, Carlo Emanuele I (1580-1630), il quale, trattando con la Francia,
s’impossessò del marchesato di Saluzzo e poi rivolse le proprie mire verso il marchesato del Monferrato, appartenente ai Gonzaga di Mantova.
Venezia invece si trovò stretta tra il pericolo turco e la potenza degli Asburgo e della Spagna. La Serenissima si chiuse in una politica prudente, volta
soprattutto ad amministrare e conservare la ricchezza e i possedimenti accumulati in passato. Venezia rimase comunque, tra Cinquecento e Seicento, la
maggiore potenza economica e politica italiana, anche se dovette fronteggiare l’avanzata ottomana nel Mediterraneo orientale, avanzata che mise in crisi la sua
tradizionale egemonia marittima (gli ottomani conquistarono prima Rodi nel 1523 e poi Cipro nel 1570).
3
GUERRA CONTRO L’INGHILTERRA
Il successore di Enrico VII Tudor era stato Enrico VIII: di questo sovrano, che regnò
nella prima metà del XVI secolo, occorre ricordare in primo luogo la sua tendenza ad
esercitare il potere in modo assoluto ed incontrastato, e in secondo luogo la fondazione
della Chiesa anglicana con l’Atto di Supremazia del 1534. Alla morte di Enrico VIII la
corona passò per pochi anni al figlio Edoardo VI. Fu un sovrano molto giovane ed
estremamente debole: durante il suo regno l’anglicanesimo cominciò a contaminarsi con
elementi provenienti dal calvinismo, che intanto si era diffuso soprattutto tra i ceti
popolari.
Alla sua morte divenne regina la sorella Maria Tudor (1553-58), moglie di Filippo II di
Spagna, la quale invece cercò di restaurare il cattolicesimo: essa però dovette scontrarsi
con forti resistenze sociali e politiche, tanto che fu costretta a ricorrere a violente
repressioni, che le procurarono l’appellativo di “Maria la sanguinaria” 4.
La situazione interna si normalizzò con l’avvento al trono di Elisabetta, figlia di
Enrico VIII e Anna Bolena: il suo regno coincise con la seconda metà del 1500, quella
che gli storici hanno definito età elisabettiana (1558-1603). Furono gli anni in cui
l’Inghilterra, superati i contrasti interni dei decenni precedenti, si avviò a grandi passi a
diventare una grande potenza politica, militare e coloniale: sul piano religioso
l’anglicanesimo del periodo elisabettiano continuò nella tendenza ad assorbire e fare
proprie concezioni e teorie del calvinismo.
L’Inghilterra in particolare si dotò di una flotta commerciale e militare che, come
abbiamo visto, la pose in diretta concorrenza con la Spagna: avvennero in questi anni
anche le prime conquiste coloniali (la Virginia). Sul piano economico, il regno di
Elisabetta coincise anche con la trasformazione dell’Inghilterra da paese prevalentemente
agricolo e pastorale a paese con forte propensione commerciale ed industriale. Nacquero
e si svilupparono i primi veri settori industriali inglesi (anche se si trattò di un’industria
ancora manifatturiera) come quello tessile, il più evoluto, quello del vetro, della ceramica,
della carta e soprattutto quello cantieristico (= costruzione di navi).
Filippo II aveva sognato in un primo tempo l'unione della corona inglese e quella
spagnola col suo matrimonio con Maria la Cattolica e, dopo la morte della moglie,
aveva offerta la sua mano all'anglicana Elisabetta, senza risultato.
Decise allora di muovere guerra contro l’Inghilterra per cause:
1) politiche: perché Elisabetta mirava ad affermare la potenza inglese sui mari dove
allora predominava la Spagna.
2) religiose: perché Elisabetta perseguitava i cattolici e aveva mandato a morte MARIA
STUARDA, già regina di Scozia, che, scacciata dal suo regno, si era posta sotto la
protezione inglese (1587).
MARIA STUARDA,
figlia di Giacomo I, re di Scozia, e vedova di Francesco II, re di
Francia, era, oltre che cattolica di religione, anche aspirante al trono inglese come
parente prossima di Maria la Cattolica. Cacciata dalla Scozia per motivi religiosi
(non mai il consenso suo popolo, in maggioranza calvinista) e morali (fu accusata di aver
fatto saltare in aria a Edimburgo il secondo marito Enrico Darnley e di aver sposato
l'assassino, il Conte Bothwell), si rifugiò in Inghilterra, dalla cugina Elisabetta (1568).
Ma Elisabetta le fece arrestare e, dopo 20 anni di prigionia la fece uccidere (1587), col
pretesto di un complotto cattolico.
Filippo II apprestò la flotta, la INVINCIBILE ARMADA, ma la flotta inglese,
composta di navi più agili, le diede l'assalto nella Manica, e agevolata anche da una
tempesta, riuscì ad annientarla (1589), distruggendo per sempre il mito della
invincibilità della flotta spagnola.
4
Un po’ di storia sul Bloody Mary: questo cocktail è ispirato alla storia di Maria I Tudor detta la Cattolica, regina d'Inghilterra, soprannominata dai protestanti
la Sanguinaria per la violente persecuzioni perpetrate nei loro confronti (1553), un barman francese Ferdinando Petiot , che viveva negli Usa creò nel 1920 un
cocktail al quale diede il macabro nome di Bloody Mary, per l'appunto Maria La Sanguinaria . Il cocktail è stato reso celebre anche dal film . Ingredienti: 3/10
di Vodka - 6/10 di succo di pomodoro - 1/10 di succo di limone - Cubetti di ghiaccio -3 gocce di salsa Worcester - Uno spruzzo di Tabasco - 1 punta di sedano
- Sale e pepe. Si può preparare anche una versione analcolica eliminando la vodka, in questo caso normalmente viene chiamato pomodoro condito. Esiste
anche una versione mesicana in cui viene sostituita la Vodka con la Tequila.
GUERRA CONTRO LA FRANCIA
Il totale fallimento di quest'impresa fu simultaneo al crescente impegno di Filippo II nel CONFLITTO
RELIGIOSO FRA CATTOLICI E CALVINISTI FRANCESI, sfociato in una guerra civile che aveva
visto fronteggiarsi Antonio di Borbone, capo della fazione calvinista, ed i Giusa, i cattolici francesi.
Alla morte di Enrico II (succeduto a Francesco I), che aveva condotto l’ultima fase della lunga guerra
contro Carlo V, la monarchia francese attraversò un lungo periodo di crisi e di guerre civili, scatenate sia
dalla debolezza dei sovrani sia dai contrasti tra le fazioni religiose.
Della crisi dell’autorità regia tentarono di approfittare alcune famiglie della grande nobiltà per ridurre i
poteri del sovrano e per salire al trono.
Ad Enrico II successe il figlio Francesco II, che regnò per brevissimo tempo (1559-60) e che sposò
Maria Stuart, figlia del re di Scozia: in questo periodo acquistarono grande autorità i conti di
Guisa, cattolici ed avidi di dominio, che cercarono di perseguitare con furore i protestanti francesi
detti ugonotti, i quali si riconoscevano sudditi della famiglia Borbone, un ramo cadetto della casata
reale (Valois). I Borbone regnavano sul piccolo trono di Navarra (al confine tra Francia e Spagna).
Morto Francesco II, assunse la reggenza, in nome del figlio minore Carlo IX, la madre Caterina dei
Medici, donna energica, risoluta e spregiudicata (Caterina era vedova di Enrico II di Valois ed era madre
di Francesco, di Carlo, di Enrico e di Margherita, protagonisti delle vicende che seguiranno). Per tenere
a freno l’invadenza del partito dei Guisa, Caterina inaugurò una politica di tolleranza verso gli
ugonotti, ma nel fare ciò si trovò di fronte alla decisa opposizione dei Guisa. Stretta tra cattolici ed
ugonotti, Caterina seguì una politica di altalena per contenere di volta in volta la pericolosa potenza del
partito più forte. Questo equilibrio si infranse nel 1572 quando Caterina, in occasione delle nozze di sua
figlia Margherita con Enrico di Borbone, fu costretta ad organizzare un attentato contro il capo degli
ugonotti Gaspare di Coligny: quest’ultimo infatti aveva acquistato un forte ascendente sul debole re Carlo
IX e lo stava convincendo ad intervenire nei Paesi Bassi in soccorso dei rivoltosi protestanti ed
antispagnoli. Il Coligny fu gravemente ferito ma ciò provocò la reazione degli ugonotti, che minacciarono
una vendetta contro Caterina e i Guisa. Caterina allora, approfittando del fatto che migliaia di ugonotti
fossero convenuti a Parigi per le nozze di Enrico di Borbone, organizzò contro di essi la terribile strage di
San Bartolomeo (24 agosto 1572): alcune migliaia di ugonotti furono massacrati e lo stesso Enrico di
Borbone corse un serio pericolo di vita e fu tenuto come ostaggio a corte per circa un anno. Morto Carlo
IX, probabilmente a causa di un avvelenamento, gli successe il fratello Enrico III, il quale cercò di
mantenere un certo equilibrio tra protestanti e cattolici.
Negli ultimi anni del suo regno si pose il problema della successione poiché Enrico III non aveva figli.
La linea dinastica dei Valois stava per estinguersi. Più pretendenti miravano ad impossessarsi del trono.
Esso spettava di diritto ad Enrico di Borbone, re di Navarra, per via del suo matrimonio con
Margherita di Valois, sorella di Enrico III: egli però era il capo degli ugonotti e la maggior parte dei
francesi era contraria ad un re protestante. Erano contrari inoltre anche il papa e Filippo II di Spagna,
il quale ambiva ad impossessarsi di quella corona per la figlia Isabella. L’altro pretendente era Enrico
di Guisa, il quale aveva costituito una Lega cattolica proprio per impedire che un protestante potesse
salire sul trono di Francia.
Il re Enrico III tentò di attuare una politica di conciliazione ma nel 1588, poiché egli si rifiutò di
accondiscendere alle pretese e alle pressioni della Lega cattolica, scoppiarono gravi disordini a Parigi,
tanto che fu costretto a fuggire dalla capitale. Il re ricorse allora ad un delitto con cui si sbarazzò di Enrico
di Guisa ma, pochi mesi dopo, mentre insieme ad Enrico di Borbone stava assediando Parigi, cadde a sua
volta sotto il pugnale di un monaco fanatico. Morendo, Enrico III dichiarò suo legittimo erede Enrico
di Borbone, il quale continuò l’assedio di Parigi: al fianco della Lega cattolica si schierò Filippo II
di Spagna che inviò un esercito, mentre Enrico di Borbone fu aiutato dall’Inghilterra, dai Paesi Bassi (la
neonata Repubblica delle 7 province unite) e dai principi protestanti tedeschi. La situazione si sbloccò nel
1593, quando Enrico di Borbone, per farsi accettare dai francesi, abiurò la fede calvinista e si
convertì solennemente al cattolicesimo (sembra che egli pronunciasse in quella occasione la frase “Parigi
val bene una messa!”): divenne cosi re con il nome di Enrico IV. Il papa Clemente VIII lo riconobbe
allora sovrano legittimo. Nel 1598, interpretando il desiderio di pace molto vivo nel regno dopo 40 anni
di lotte, Enrico IV pose fine al conflitto religioso con il celebre Editto di Nantes, una legge di grande
importanza storica, in quanto fu la prima volta che in Europa venne accettato il principio della
tolleranza religiosa: l’editto infatti riconobbe la libertà di coscienza agli ugonotti francesi ed anche
la libertà di culto sul territorio francese, con esclusione della città di Parigi ed il suo territorio per un
raggio di 25 Km. Agli ugonotti inoltre venne riconosciuta la parità giuridica nei confronti dello
Stato e l’uguaglianza dei diritti civili con i cattolici: potevano esercitare qualsiasi professione, essere
assunti o ricoprire qualsiasi incarico pubblico. Infine agli ugonotti vennero concesse 151 piazzeforti
d’asilo, fra cui La Rochelle (cfr episodio de I tre Moschettieri di Dumas) sparse in tutta la Francia,
autogestite dagli stessi protestanti, in modo da garantire una adeguata protezione militare ai
seguaci della religione riformata. Con la pace di VERVINS (1598) era cominciata per la Francia un
periodo di pace e di ripresa economica e politica.
Filippo II vide così il completo fallimento della sua politica di espansione.
Supplemento storiografico
I tempi della storia Breve e lunga durata.
Braudel, F., CIVILTÀ E IMPERI DEL MEDITERRANEO NELL’ETÀ DI FILIPPO II
(Einaudi, Torino 1953, 1986 – La Méditerranée, Parigi 1949, 1966).
Esito di una ricerca avviata sin dagli anni Venti e proseguita durante il periodo della
guerra e della prigionia, costituisce uno dei testi fondamentali della storiografia della
"seconda generazione" di storici delle "Annales" e una delle opere che più hanno
inciso, dal punto di vista della metodologia e delle tematiche affrontate, sugli
sviluppi complessivi della storiografia contemporanea sull'età moderna. Uno dei
connotati salienti di quest'opera è costituito dal superamento di una prospettiva
storica limitata agli ambiti nazionali e dall'adozione di una più vasta cornice. Essa è
costituita dallo spazio geostorico mediterraneo e viene intesa come condizione
indispensabile per una comprensione reale della dinamica storica dei diversi stati.
Questo spostamento di prospettiva si salda all'adozione di una metodologia
interdisciplinare che offre ampio spazio alla geografia, all'economia, alla demografia,
secondo le linee direttrici proprie della scuola delle "Annales". È questa la base che
consente a Braudel di articolare la scansione tematica, che è al tempo stesso una
cadenza di ritmi del divenire storico tra un tempo geografico, che determina i quadri
generali, ambientali e climatici, che sono condizionamenti ineliminabili nell'evoluzione
storica dell'area mediterranea; un tempo sociale, che è il tempo della lunga durata, in
cui si colloca la storia delle diverse società, delle loro economie, delle loro istituzioni,
nei loro molteplici rapporti; e infine un tempo individuale, che rappresenta il tempo
breve degli avvenimenti, degli eventi politici e militari. Questo risulta quindi ridotto
solo a un versante, non più in grado di esaurire la comprensione storica. Oggetto di
vaste discussioni sin dalla prima apparizione (cui seguì, nel 1966, una seconda edizione,
con importanti ampliamenti) La Méditerranée ha esercitato una profonda influenza
soprattutto per quanto riguarda la ricerca sul terreno della " lunga durata", stimolando,
particolarmente nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta, un grande sviluppo di
ricerche sull'economia, i commerci, la demografia, i rapporti tra città e campagna dei
paesi dell'area mediterranea.
Civiltà e imperi nell'età di Filippo II), diviso in tre parti: L'ambiente (paesaggio, clima,
mondo urbano ecc.), Destini collettivi e movimenti d'insieme (economie, imperi,
società, civiltà, ecc.), Gli avvenimenti, la politica e gli uomini (vicende storiche seguite
cronologicamente).
Le tre sezioni del libro di Braudel coincidono con le tre diverse velocità della storia (la
storia, un'autostrada a tre corsie).
Dalla prefazione: "Questo libro è diviso in tre parti […] la prima tratta una storia quasi
immobile, quella dell'uomo nei suoi rapporti con l'ambiente: una storia di lento
svolgimento e di lente trasformazioni, fatta spesso di ritorni insistenti, di cicli
incessantemente ricominciati […]. Al di sopra di questa storia immobile, una storia
lentamente ritmata […], una storia sociale, quella dei gruppi e degli aggruppamenti […].
La terza parte, infine, è quella della storia tradizionale, se si vuole della storia secondo la
dimensione non dell'uomo, ma dell'individuo, la storia "événementielle" […]. In tal
modo, siamo giunti a decomporre la storia in piani sovrapposti. O, se si vuole, a
distinguere nel tempo della storia, un tempo geografico, un tempo sociale, un tempo
individuale".
Una teorizzazione di questa esperienza di ricerca e di scrittura in F. Braudel, Storia e
scienze sociali. La "lunga durata" (1958): "Dalle recenti esperienze e tentativi della
storiografia, si sviluppa […] una nozione sempre più precisa della molteplicità del
tempo e del significato eccezionale del tempo lungo […]. La storiografia tradizionale
interessata ai ritmi brevi del tempo, dell'individuo, dell' événement, ci ha abituati da
tempo al suo racconto frettoloso, drammatico, di breve respiro. La nuova storiografia
economica e sociale pone al primo posto, nella sua ricerca, le oscillazioni cicliche, e
punta sulla validità delle loro durate: è rimasta presa dal miraggio, nonché dalla realtà
delle ascese e discese cicliche dei prezzi […] in cui il passato viene chiamato in causa
sulla trama di ampie partizioni, di decine, ventine o cinquantine d'anni. Molto al di là di
questo secondo recitativo si colloca una storia di respiro ancora più sostenuto, di
ampiezza secolare, stavolta: la storia di lunga, addirittura di lunghissima durata […].
Ammetterla al cuore del nostro mestiere […] significa familiarizzarsi con un tempo
rallentato, a volte quasi al limite dell'immobilità".
Bibliografia: F. BRAUDEL, Scritti sulla storia, Milano, Mondadori, 1973
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