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Riparazione di
un’ulcera perforata
con patch in laparoscopia
Sunil Sharma e Bestoun H. Ahmed
INDICAZIONI/CONTROINDICAZIONI
Il successo della terapia medica per l’ulcera peptica ha ridotto la necessità di ricorrere
al trattamento chirurgico. Nonostante ciò, l’incidenza di perforazioni, che rappresentano
una complicanza grave e potenzialmente fatale, rimane uguale (dal 5 al 10%). Il trattamento chirurgico con la semplice chiusura della perforazione con o senza omentoplastica è ormai accettato nella maggior parte di questi pazienti. La moderna terapia
antiulcera (antagonisti dei recettori H2 o inibitori di pompa protonica assieme alla terapia eradicante per Helicobacter Pylori), ha drasticamente ridotto le recidive, dal 40% al
3-4%.
Il trattamento laparoscopico dell’ulcera duodenale perforata è stato proposto per
primo da Mouret nel 1989 e con il passare del tempo è divenuto una valida alternativa.
Offre i vantaggi legati ad una migliore visualizzazione del cavo peritoneale, della possibilità di lavare tutti i recessi del cavo addominale, di non avere incisioni nell’addome
superiore, specialmente nei pazienti ad alto rischio. L’intervento definitivo non è quasi
mai necessario e dipende dalla cronicità e dall’intrattabilità dell’ulcera.
Il trattamento laparoscopico si fa preferire nella maggior parte dei pazienti, essendo
particolarmente indicato in:
n
n
n
n
n
Pazienti con età < 70 anni
Sintomi persistenti da < 24 ore
Assenza di shock all’ingresso
ASA < 3
Perforazione con diametro ≤ 1cm (Fig. 11.1)
Non ci sono controindicazioni assolute all’approccio laparoscopico. È preferibile
evitarlo nei pazienti con punteggio di Boey di 2 o 3: i pazienti con tale punteggio hanno
infatti alta mortalità e morbilità. L’indice di Boey (da 0 a 3) è un indice formato dalla
somma dei fattori di rischio di Boey: shock all’ingresso, ASA 3 o 4 e perforazione da
molto tempo. Un indice di Boey di 0 indica basso rischio chirurgico.
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Parte I Interventi chirurgici per ulcera peptica
Figura 11.1 Ulcera duodenale perforata (immagine per cortesia di D.
Oleynikov, University of Nebraska
Medical Center).
PIANIFICAZIONE PREOPERATORIA
La diagnosi viene ottenuta con anamnesi, esame obiettivo e radiografia diretta dell’addome: il paziente lamenterà un dolore addominale improvviso, l’esame obiettivo evidenzierà segni di peritonite, la radiografia indicherà aria libera sottodiaframmatica
nell’85% dei pazienti. Di solito, non sono necessarie altre indagini diagnostiche.
Dopo aver fatto diagnosi, va iniziata la rianimazione preoperatoria con somministrazione di cristalloidi endovena, posizionamento del SNG e del catetere vescicale.
Vanno somministrati antibiotici endovena e continuati nel postoperatorio. Una volta
che il paziente tollererà una dieta solida per os, l’antibiotico verrà somministrato per os.
I farmaci inibitori di pompa o gli antagonisti dei recettori H2 vanno iniziati preoperatoriamente e continuati nel postoperatorio.
Va programmato un intervento chirurgico d’urgenza. La laparoscopia diagnostica è
indicata in tutti i pazienti, eccetto una minoranza con alto indice di Boey, in cui l’approccio più sicuro è quello laparotomico.
CHIRURGIA
Posizionamento
n Il paziente va posizionato supino, con presidi di compressione sequenziale agli arti
inferiori. Entrambi gli arti superiori vanno addossati al corpo per permettere movimenti liberi dei chirurghi.
n Alcuni chirurghi preferiscono posizionarsi fra le gambe del paziente, altri alla sinistra
del paziente.
n La posizione alla destra del paziente permette di effettuare le suture con più semplicità, ma richiede un cambio di posizione per effettuare un valido lavaggio peritoneale
(Fig. 11.2).
Tecnica chirurgica
n Il paziente va posizionato in anti-Trendelenburg di 15-20°. Tutti le sedi dei port
vanno infiltrate con bupivacaina allo 0,5% nel derma nel preoperitoneo, prima
dell’incisione e del posizionamento dei trocar.
n Il pneumoperitoneo viene creato attraverso un’incisione di 2 mm in sottocostale sinistra lungo la linea emiclaveare, utilizzando l’ago di Veress (la pressione di insufflazione della CO2 è di 15 mmHg).
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Capitolo 11 Riparazione di un’ulcera perforata con patch in laparoscopia
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Primo assistente
Parte I Interventi chirurgici
per ulcera peptica
Figura 11.2 Posizionamento dei port.
Primo chirurgo
5 mm
5 mm
5 mm
10 mm
Secondo assistente
n Dopo aver creato il pneumoperitoneo, vanno posizionati un trocar da 10 mm sovra-
ombelicale attraverso cui viene inserita un’ottica laparoscopica a 30° o a 45° e viene
esplorato l’intero addome. Se la laparoscopia conferma la diagnosi preliminare di
ulcera perforata, vanno posizionati gli altri port sotto visione: un port da 5 mm va
posizionato una mano sotto il margine costale sinistro lungo la linea emiclaveare;
questo può essere il port operativo per la mano destra del chirurgo per la sutura o
può essere sostituito con un port da 12 mm per utilizzare un ago curvo o un Endostich (Covidien, Norwalk, CT, USA).
n Un altro port da 5 mm va posizionato in ipocondrio destro lungo la linea emiclaveare,
una mano sotto la proiezione del margine inferiore del fegato sulla parete addominale; questo port rappresenta il port operativo sinistro.
n Nel caso il fegato mascheri la sede della perforazione, va posizionato un altro port
da 5 mm in epigastrio per inserire il retrattore per fegato e colecisti (Fig. 11.3).
n Dopo aver attentamente misurato il diametro dell’ulcera, avendo come riferimento il
diametro di 5 mm degli strumenti laparoscopici, la perforazione va chiusa con un
duplice o triplice strato di punti in Vicryl (Fig. 11.4). I nodi sono annodati all’interno
del corpo e viene posizionato un patch omentale (omentopessi) direttamente sopra la
sede della perforazione (tecnica di Graham). Questo approccio evita la tensione sui
margini infiammati dell’ulcera e che i punti seghino i tessuti (Figg. 11.5 e 11.6).
Figura 11.3 Il fegato è coperto con
una membrana fibrinosa di colore
biliare.
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Parte I Interventi chirurgici per ulcera peptica
Figura 11.4 Chiusura laparoscopica di
un’ulcera duodenale perforata (immagine per cortesia di D. Oleynikov,
University of Nebraska Medical
Center).
n È fondamentale evitare di prendere la parete duodenale posteriore con questi punti
n
n
n
n
n
n
di sutura. Per fare ciò, il migliore approccio consiste nel far fuoriuscire l’ago dalla
perforazione e reinserirlo per completare l’altra metà del tragitto.
Nel caso di ulcera duodenale gigante (diametro maggiore di 2 cm), il trattamento
migliore consiste in un intervento in aperto di riduzione definitiva della produzione
acida; va prestata molta attenzione a non restringere il lume duodenale con la sutura.
Nel caso di sutura laparoscopica, il metodo migliore di annodare i punti è intracorporeo, le tecniche per annodare in extracorporea vanno riservate alle piccole ulcere
con modesta infiammazione.
Il test di tenuta della sutura con aria/liquido è opzionale, in quanto può determinare
una sovradistensione dell’intestino.
Un’altra manovra chiave dell’intervento è il lavaggio peritoneale, che va effettuato
con 3-5 L di soluzione salina calda, posizionando il paziente in diversi decubiti.
Particolare attenzione va posta ai recessi sottodiaframmatici, alle docce parietocoliche ed alla pelvi.
Il drenaggio non è di solito necessario.
Tutte le sedi dei port più grandi di 5 mm vanno chiuse con una sutura transaddominale con una sutura in Vicryl 0 da fascia.
Tecniche alternative
Sono stati decritti metodi alternativi per chiudere la perforazione, se la riparazione con
sutura è problematica:
n Chiusura della perforazione con spugna di gelatina
Figura 11.5 Posizionamento delle
suture per la riparazione di un’ulcera
duodenale perforata (immagine per
cortesia di D. Oleynikov, University of
Nebraska Medical Center).
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