Distanze astronomiche LA LEZIONE Introduzione La misurazione delle distanze dei corpi celesti, dalla scala galattica a quella cosmologica, è molto importante in astronomia per conoscere la struttura della nostra galassia e delle altre e per capire le proprietà dell’Universo. Tuttavia, mentre è piuttosto facile misurare la distanza angolare delle stelle (Fig.1), non lo è affatto determinare la distanza lineare. La difficoltà deriva dal fatto che nello spazio non esistono parametri di riferimento per il confronto, come può essere per es. un righello o un’asta per la misurazione della distanza tra due oggetti sulla Terra. Per il calcolo delle distanze astronomiche si usano allora metodi diretti (soprattutto per gli astri più vicini) e indiretti, ossia che sfruttano alcune proprietà dei corpi celesti che consentono di ricavare la loro distanza. I metodi diretti includono tecniche geometriche, come la parallasse. Fig.1 Metodo empirico per valutare l'ampiezza in gradi nella volta celeste Tenendo il braccio teso e chiudendo un occhio, il pollice copre grosso modo un'area di 2,5°, la mano aperta 22° e le nocche del pugno chiuso 9° Unità di misura e valori tipici Le principali unità di misura utilizzate per le distanze astronomiche sono l’Unità astronomica (UA), l’anno luce e il parsec, per distanze progressivamente maggiori. L’Unità astronomica è il metro del Sistema solare e corrisponde alla distanza media tra il Sole e la Terra, circa 150 milioni di kilometri. L’anno luce (la locuzione può trarre in inganno, contenendo il riferimento a un periodo temporale) si usa su scala galattica e corrisponde alla distanza percorsa in un anno dalla luce, che nel vuoto si muove alla velocità di circa 300.000 km/s, ossia a 9,4∙1012 km. Il parsec (parallasse di un secondo d’arco; simbolo, pc) è usato su scala cosmica ed è la distanza di un oggetto celeste dal quale il semiasse maggiore dell’orbita terrestre (vale a dire la distanza massima Terra-Sole) si vedrebbe sotto l’angolo di un secondo d’arco (v. oltre): corrisponde a 3,26 anni luce, ossia a circa trenta miliardi di kilometri. La stella più vicina (α Centauri) dista 1,32 pc, l’ammasso stellare più vicino (Iadi) ca. 45 pc, l’ammasso globulare più vicino (M4) ca. 6000 pc, il centro galattico ca. 8500 pc, la galassia più vicina (Grande Nube di Magellano) ca. 55000 pc, l’ammasso galattico più vicino (ammasso della Vergine) ca. 15 Mpc. Parallasse trigonometrica La parallasse è lo spostamento angolare apparente di un oggetto, quando viene osservato da due punti di vista distinti. Per far comprendere meglio il concetto, è utile descriverlo nel seguente modo: se si tende un dito davanti agli occhi e lo si guarda alternativamente con l’occhio sinistro e con l’occhio destro, si nota che il dito sembra spostarsi sullo sfondo, con uno scarto angolare che è funzione di quello degli occhi e della distanza del dito. Lo stesso principio è adottato in astronomia per stimare la distanza delle stelle più vicine, sfruttando le diverse posizioni di un osservatore che derivano dal movimento di rotazione terrestre (parallasse diurna), di rivoluzione della Terra attorno al Sole (parallasse annua) o di traslazione del Sistema solare rispetto a gruppi di stelle vicine (parallasse secolare e statistica). Nota la lunghezza della base di tali spostamenti, il passaggio dalla parallasse alla distanza è immediato se si considera il triangolo parallattico, ossia il triangolo i cui vertici sono costituiti da un certo astro e da due diverse posizioni di un osservatore. Il vantaggio della parallasse è che si tratta di un metodo puramente geometrico, che non necessita di ipotesi sugli oggetti celesti dei quali si vuole misurare la distanza. Parallasse diurna Un osservatore O sulla superficie terrestre vede sulla volta celeste c un corpo celeste A in una posizione At (posizione topocentrica) diversa da quella, Ac (posizione geocentrica), in cui lo vedrebbe un osservatore ideale situato nel centro G della Terra (Fig.2). Conseguentemente, la distanza zenitale (distanza angolare tra lo zenit dell’osservatore e il corpo celeste) di A misurata da O, z0, è di poco maggiore della distanza zenitale z misurata da un osservatore fittizio posto in G che assumesse come direzione dell’asse zenitale la stessa dell’osservatore in O (cioè la direzione GO). La distanza angolare p tra la posizione geocentrica e quella Fig.2 Parallasse diurna topocentrica è la parallasse diurna, o semplicemente parallasse, del corpo celeste. Naturalmente, p è anche l’angolo sotto cui dal corpo celeste viene visto il raggio terrestre condotto al luogo d’osservazione, GO. Facendo riferimento alla Fig.2, considerazioni di carattere trigonometrico a un livello matematico avanzato (che possono anche essere omesse) permettono di ricavare la distanza del corpo celeste. Infatti, applicando il teorema dei seni al triangolo GOA, si ha che senp=(R/r)senz, da cui p(R/r)senz (essendo senpp, in radianti, poiché gli angoli di parallasse sono generalmente molto piccoli), dove R è il raggio terrestre nel luogo d’osservazione, r la distanza geocentrica, GA, del corpo celeste e z la sua distanza zenitale vera, cioè geocentrica. La parallasse diurna di un corpo celeste può essere valutata effettuando l’osservazione del corpo in uno stesso istante da parte di due osservatori terrestri distanti oppure da parte di uno stesso osservatore in tempi successivi, quando per effetto della rotazione terrestre la direzione della visuale è variata sufficientemente. Soltanto all’interno del Sistema solare tale parallasse è diversa da zero e quindi tale metodo di calcolo delle distanze è utilizzabile; per distanze maggiori la direzione di osservazione di un corpo celeste è praticamente la stessa da qualunque posizione della superficie terrestre (vale a dire la base del triangolo parallattico è trascurabile rispetto alla distanza delle stelle) e per ottenere un angolo di parallasse bisogna ricorrere al movimento di rivoluzione della Terra attorno al Sole. La Luna ha parallasse diurna di circa 5702, il Sole di 8,794, Plutone di 0,25, mentre Proxima Centauri (la stella più vicina) di 0,00002 (non misurabile). Il calcolo della distanza dei pianeti del Sistema solare si ottiene con più precisione usando la tecnica del radar: se Δt è l'intervallo di tempo trascorso fra l'istante in cui viene inviato l'impulso di onde radio e quello in cui viene ricevuto il segnale riflesso dal pianeta, si ha che dp=(1/2)cΔt, dove c è la velocità della luce. Parallasse annua Se si assume per semplicità che la Terra compia un’orbita circolare attorno al Sole di raggio uguale alla distanza media u, un osservatore terrestre vede sulla volta celeste c una stella A in una posizione Ag (posizione geocentrica) diversa da quella, Ae (posizione eliocentrica), in cui la vedrebbe un osservatore ideale situato sul Sole S (Fig.3). Nel corso dell’anno varia il Fig.3 Parallasse annua e trattazione trigonometrica punto di vista geocentrico e varia quindi Ag: a questo apparente moto periodico annuo di una stella si dà il nome di parallasse annua e l’orbita della stella a distanza r dalla Terra sarà (nell’approssimazione iniziale fatta) una circonferenza di raggio u, su un piano parallelo al piano dell’eclittica, a distanza r da quest’ultimo. Considerando il triangolo parallattico STA, si ha che u=rtanprp (essendo tanpp, in radianti, poiché gli angoli di parallasse sono molto piccoli). Poiché un radiante equivale a 206.625 secondi d’arco, si ottiene che r=(206.625 u)/p, dove p indica l’angolo di parallasse misurato in secondi d’arco. Questa trattazione avanzata della parallasse annua mediante l’uso di sistemi trigonometrici può eventualmente omessa in favore di un approccio più elementare che fa riferimento alla Fig.3a, dove R è la distanza tra la Terra (T) e il Sole (S), considerata costante, p l’angolo di parallasse misurato in secondi d’arco e d la distanza della stella. In virtù della distanza molto grande della stella, R può essere approssimata con l’arco della circonferenza centrata sulla stella, di raggio d. Poiché 360°=(3606060), si ha la Fig.3a Parallasse annua: una trattazione semplificata proporzione R : 2d = p : (3606060), da cui si ricava che d=R(3606060)/(p2). Poiché R = 1 UA e 3606060/2 = costante = 206.625, se definiamo 1 pc = 206.625, la precedente relazione, espressa in parsec, diventa d=1/p, cioè la distanza e la parallasse sono inversamente proporzionali. Malgrado questa formula per la determinazione delle distanze mediante la parallasse sia concettualmente molto semplice, il calcolo effettivo è particolarmente elaborato e richiede molta accuratezza nelle osservazioni. Generalmente si osserva lo stesso corpo celeste a sei mesi di distanza (quando la Terra viene a trovarsi in due punti opposti della sua orbita) e si analizza lo spostamento apparente del corpo; dagli spostamenti si ricavano gli angoli di parallasse e quindi le distanze. La prima stella di cui si è misurata la parallasse è stata 61 Cygni, della quale nel 1806 Giovanni Piazzi stimò un valore di 0,3, che corrisponde a una distanza di 10 anni luce. Per effetto della rivoluzione della Terra attorno al Sole cambia la direzione di osservazione di una stella e quest’ultima appare descrivere in un anno una piccola ellisse (ellisse di parallasse o parallattica) sul piano tangente alla sfera celeste il cui centro è Ae (Fig.4), tanto più piccola quanto più lontano è l’astro. Ancora con una trattazione avanzata trigonometrica, il semiasse Fig.4 Ellisse di parallasse annua sulla sfera celeste maggiore dell’ellisse a, parallelo al piano dell’eclittica, è visto sotto un angolo pu/r radianti, mentre il semiasse minore è visto sotto un angolo pari a psenl, essendo l la latitudine celeste dell’astro (nella Fig.4, e è l’eclittica ed E il polo dell’eclittica); il centro Ae dell’ellisse di parallasse corrisponde alla posizione eliocentrica della stella sulla volta celeste. Alla luce delle precedenti considerazioni si ricava subito che la distanza in corrispondenza della quale l’angolo di parallasse è pari a 1 risulta essere d(1) = 1 UA 206.625/1 = 3,0861019 km; questa lunghezza prende il nome di parsec (pc). Le parallassi delle stelle sono minori di 1 (Proxima Centauri ha parallasse annua di 0,76, Sirio di 0,37 mentre 61 Cygni di 0,30) e oltre 300 pc non si può stimare la loro distanza con metodi geometrici. Si utilizzano allora metodi indiretti (v. oltre). Parallasse secolare In questo caso si usa come base per la misura dell’angolo di parallasse il tratto del moto proprio del Sole nella Galassia. Il Sole si muove con una velocità di circa 20 km/s, rispetto alle stelle vicine, in una direzione nota come apice solare; esso pertanto percorre circa 4,1 UA in un anno (corrispondenti a una velocità di 19 km/s). Se indichiamo con s lo spostamento del Sole in un dato numero di anni, nel triangolo S1S2A (Fig.5), che ha per vertici la posizione iniziale (S1) e finale (S2) del Sole e quella della stella (A), si conoscono il lato S1S2=s, l'angolo formato dalla direzione dell'apice solare a con quella della stella e l'angolo u che misura lo spostamento angolare della stella durante l'intervallo di tempo considerato. Fig.5 Parallasse secolare Applicando a tale triangolo il teorema dei seni, si ricava la distanza della stella, ossia dA=s sen/senusen/u (in quanto, come al solito, u è molto piccolo). Tale procedimento non è applicabile a una singola stella, in quanto questa è, a sua volta, in moto con una certa velocità (la sua velocità peculiare). Tuttavia, dato che le velocità peculiari sono distribuite a caso, se si considera un gruppo di stelle vicine è possibile eliminare questa causa di errore mediando i loro moti propri. Si ottiene così la distanza media del gruppo di stelle. Il metodo della parallasse secolare (o statistica) è applicabile fino a distanze di circa 500 pc. Distanze extragalattiche Per la determinazione delle distanze extragalattiche si fa uso di metodi che fanno riferimento ai cosiddetti indicatori di distanza (o candele standard), ossia oggetti celesti di cui è nota la luminosità assoluta (ossia quella intrinseca, effettivamente emessa dall’astro) in base a qualche loro proprietà, per i quali quindi si può ottenere una misura affidabile della loro distanza a partire dalla luminosità apparente (quella osservata al telescopio). Queste tre grandezze sono infatti legate tra loro e conoscendone due si ricava la terza. In generale, la luce emessa da un corpo celeste diminuisce con il quadrato della distanza: per confrontare la luminosità di stelle diverse dovremmo considerarle tutte poste alla stessa distanza. Se così fosse, il cielo stellato ci apparirebbe molto diverso da quello che conosciamo: il Sole diventerebbe una delle tante stelle deboli che brillano in cielo, molte altre stelle luminose si indebolirebbero, mentre stelle invisibili diventerebbero splendenti. Gli indicatori di distanza primari devono essere calibrati mediante osservazioni effettuate nella nostra galassia oppure attraverso considerazioni di tipo teorico. Una volta stabilite la distanze delle galassie più vicine, queste possono essere utilizzate per calibrare gli indicatori di distanza secondari. Per distanze ancora maggiori si fa uso della legge di Hubble, in base alla quale le galassie si allontanano le une dalle altre con una velocità che è direttamente proporzionale alla loro distanza, secondo la relazione v=H0d, dove H0 è la costante di Hubble, un parametro il cui valore stimato è continuamente raffinato mediante misurazioni sempre più accurate di distanze e velocità di un gran numero di galassie, che attualmente vale 70,8±1,6 km/(s·Mpc). Questo metodo dipende dal modello teorico utilizzato per descrivere l’espansione dell’Universo. La Fig.6 illustra la scala di applicazione delle principali tecniche utilizzate per determinare le distanze delle stelle e delle galassie. Fig.6 Scala di distanze astronomiche e relative metodi di misurazione. Le distanze sono espresse in anni luce (Light-Years) e sono indicate per confronto alcune tipiche stelle e galassie. Il redshift (spostamento verso il rosso) è un effetto che deriva dalla legge di Hubble, chelega in modo proporzionale la velocità di allontanamento delle galassie alla loro distanza Indicatori primari I principali indicatori di questo tipo sono le stelle Cefeidi e RR Lyrae (utilizzabili fino a distanze di 4 Mpc), e le supernovae di tipo Ia (utilizzabili fino a distanze di 100 Mpc). Le Cefeidi e le RR Lyrae sono stelle variabili la cui pulsazione varia con il tempo con un periodo che è proporzionale alla luminosità assoluta: quest’ultima si ricava quindi misurando tale periodo e, confrontata con la luminosità apparente, fornisce la distanza. Il periodo di variabilità di una stella è relativamente facile da calcolare e le Cefeidi in particolare (la cui pulsazione è causata da un periodico movimento di espansione e contrazione dell’astro) sono facilmente individuabili perché più brillanti rispetto alle RR Lyrae. La luminosità di queste ultime varia con regolarità su periodi che vanno da qualche ora a più di un giorno, mentre per le Cefeidi i periodi vanno da 1 a circa 50 giorni (Fig.7). Fig.7 Relazione periodo luminosità per le Cefeidi della Via Lattea e della Grande Nube di Magellano. La luminosità è espressa in magnitudini mentre il periodo di variabilità in giorni. Il diagramma è stato costruito sulla base dei dati raccolti dal telescopio spaziale Spitzer La misura della parallasse trigonometrica di certo numero di Cefeidi all’interno della nostra galassia ha consentito di ottenere un'accurata calibrazione della relazione periodo-luminosità, che applicata alle Cefeidi osservate dal telescopio spaziale Hubble in galassie più lontane ha permesso di stimare distanze dell’ordine di 107 pc. Per la determinazione corretta delle distanze il metodo si utilizza nel seguente modo: si costruisce la relazione periodoluminosità assoluta di un certo numero di Cefeidi situate al di fuori della Via Lattea e si confronta con la medesima relazione che si ottiene prendendo in considerazione le Cefeidi contenute nella nostra galassia la cui distanza è nota perché calcolata con altri metodi. Eventuali errori di calibrazione si propagano in modo sistematico sulle misure di distanze successive. Le supernovae di tipo Ia sono fenomeni esplosivi associati a nane bianche (stelle collassate in uno stato di alta densità) che catturano materia da stelle compagne di un sistema binario fino a un limite massimo che porta al collasso (Fig. 8). Fig.8 Illustrazione dei fenomeni stellari esplosivi noti come supernovae di tipo Ia. La nana bianca di un sistema binario riceve massa dalla stella compagna fino a superare il limite di accumulazione e quindi a esplodere Il picco di luminosità raggiunto nell’esplosione (paragonabile a quello di una tipica galassia, quindi osservabile anche a grandi distanze) è lo stesso per ogni supernova di questo tipo, in virtù del fatto che le nane bianche hanno tutte la stessa massa, ed è quindi noto a priori: ancora una volta, conoscendo questa luminosità assoluta e misurando quella apparente si risale alla distanza. Anche le novae sono fenomeni esplosivi probabilmente legati alla presenza di stelle nane in sistemi binari, che mostrano un improvviso aumento di luminosità seguito da un abbassamento molto lento, che può durare anche alcuni anni. La luminosità massima raggiunta durante le esplosioni è tuttavia un milione di volte minore rispetto a quella delle supernovae. Indicatori secondari Tra gli indicatori di questo tipo rientrano le stelle supergiganti rosse, che osservate in diverse galassie di distanza nota hanno mostrato la stessa luminosità assoluta, così da poter essere utilizzate come candele standard. Anche le più brillanti nubi di idrogeno ionizzato (le cosiddette regioni HII) possono servire per ricavare la distanza delle galassie in cui sono contenute, dal momento che sembrano avere dimensioni legate alla luminosità della galassie stesse. La luminosità degli ammassi globulari (ammassi di stelle molto vecchie caratterizzati da una simmetria approssimativamente sferica, con un addensamento centrale) segue la stessa distribuzione in tutte le galassie, per cui dalla loro luminosità apparente si può ricavare la distanza delle galassie che li contengono. Una classe interessante di indicatori di distanza è costituita dalle binarie a eclisse, coppie di stelle rare che orbitano attorno al comune baricentro passando regolarmente una davanti all’altra. Quando ciò accade, la luminosità totale osservata diminuisce, sia quando la prima stella passa davanti alla seconda sia, per una diversa quantità, quando passa dietro (Video). Lo studio accurato di queste variazioni di luminosità e la misurazione della velocità orbitale delle stelle consente di calcolare le dimensioni delle componenti il sistema, le loro masse e altri parametri delle loro orbite, informazioni che combinate con misurazioni precise della luminosità totale e dei colori delle stelle permettono di determinarne le distanze in modo notevolmente accurato. Questo metodo è stato recentemente utilizzato per determinare con una maggiore precisione la distanza della Grande Nube di Magellano, la galassia più vicina alla nostra, che è risultata essere di 163.000 anni luce, con un errore di circa il 2%.