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DIRITTO AD ADEMPIERE DEL DEBITORE
Di Luisa Rotondo
I CAPITOLO
DIRITTO AD ADEMPIERE E RAPPORTO
OBBLIGATORIO
ESISTENZA
DEL
DIRITTO
AD
ADEMPIERE
DEL
DEBITORE: SPUNTI INTRODUTTIVI.
La cultura e l'esperienza giuridica insegnano che l'uomo
tende ad unirsi con altri uomini per costituire gruppi sociali, in
quanto vi sono interessi che non possono essere soddisfatti se non
attraverso la collaborazione di più uomini.
"Unus homo, nullus homo" affermavano gli antichi romani,
proprio per sottolineare l'importanza che la collaborazione e la
vita di relazione avrebbero avuto per lo sviluppo economicosociale, sia del singolo che della collettività.
Le posizioni di signoria, di esclusività, presentandosi come
situazioni di supremazia tutelate nei confronti di tutti, non
possono essere sufficienti alla vita sociale, che si basa sulla
collaborazione. Per la realizzazione di alcuni interessi si richiede
la relazione di consociati, dando luogo alla nascita di un rapporto,
che essendo riconosciuto degno di tutela dall'ordinamento
giuridico, acquista la denominazione di giuridico1. Presentandosi
come relazione di dare-avere, in cui il soggetto prestante è titolare
di un obbligo e il soggetto ricevente titolare di un potere, questo
rapporto viene denominato obbligatorio.
Esso, o più semplicemente obbligazione, sta ad indicare
una particolare categoria di situazioni nelle quali assistiamo al
fenomeno per cui un soggetto si trova giuridicamente tenuto ad
un dato comportamento nei confronti di un altro. L'obbligazione,
quindi si struttura come una relazione in cui la posizione di
1
Trabucchi, Istituzioni di Diritto Civile, Padova, 1991, pag.470 ss.
2
subordinazione assume carattere peculiare, tale da costituire
elemento di identificazione del rapporto. L'obbligo di effettuare la
prestazione del soggetto passivo e nello stesso tempo il suo
adempimento
costituisce
oggetto
principale
della
tutela
normativa. L'ordinamento giuridico si preoccupa che tale obbligo
venga ottemperato nei modi e nei tempi stabiliti nell'obbligazione,
concedendo al titolare attivo una serie di poteri e facoltà al fin di
vedere scongiurato il pericolo della non realizzazione del suo
diritto alla prestazione. Per cui il rapporto obbligatorio si presenta
strutturato come la contrapposizione di due definite posizione
soggettive: l'una costituita dal diritto del creditore di ricevere la
prestazione e l'altra dall'obbligo del debitore di adempiere la
prestazione. E' in questo contesto, in questa definizione della
struttura del rapporto obbligatorio, che s’inserisce la problematica
dell'esistenza di un diritto ad adempiere del debitore, accanto al
citato obbligo. Si è discusso se il creditore sia vincolato alla
prestazione se, sia tenuto ad avere un comportamento tale da
dover ricevere la prestazione, e se il debitore abbia un vero e
3
proprio diritto a porre in essere ciò che sia necessario per attuare
l'oggetto della prestazione. La natura e la struttura di questo
diritto devono essere specificati in relazione a quella particolare
posizione soggettiva che il debitore assume all'interno del
rapporto obbligatorio, verificando se l'ordinamento giuridico
concede al subietto passivo gli stessi strumenti cautelativi, per la
realizzazione del suo obbligo, che concede al subietto attivo. Una
prima
differenza,
riguardante
gli
strumenti
concessi
dall'ordinamento alle contrapposte parti, riguarda la tutela
dell'interesse
costitutivo
del
rapporto.
Viene
preso
in
considerazione come elemento funzionale soltanto l'interesse
creditorio, mentre l'interesse debendi non solo non viene previsto
e tutelato
esplicitamente dalla normativa vigente, ma non si
considera
elemento
determinante
per
la
costituzione
dell’obbligazione.
La differenza di tutela svanisce del tutto se però, prendiamo
in considerazione solo le posizioni soggettive del rapporto e se
consideriamo l'elemento del debito e del credito inscindibili.
4
Partendo dall'inscindibilità degli elementi costitutivi ne deriva che
le posizioni di debito e di credito sono uguali e paritetiche,
concedendo al titolare attivo e al titolare passivo le stesse
possibilità di realizzare successive scelte differenziate dei loro
comportamenti in relazione al proprio interesse nel rapporto
obbligatorio. Entrambi sono titolari di poteri e di facoltà
giuridiche idonee ad attuare il proprio interesse e, quindi
entrambe possono utilizzare questi poteri quando l'interesse viene
leso. La possibile lesione dell'interesse debitorio costituisce il
punto di partenza per la delineazione della posizione soggettiva
di diritto ad attuare la propria prestazione, accanto alla principale
posizione di obbligo2. La problematica sulla verifica reale
esistenza e della configurazione di poteri e facoltà non può essere
effettuata se non si esaminano gli elementi oggettivi e soggettivi
del rapporto obbligatorio. La delineazione della posizione di
diritto all'interno del rapporto obbligatorio può essere compresa
2
Barassi, Teoria Generale delle Obbligazioni, Vol.I, Milano, 1946, pag.65 ss.
5
solo se si effettua una disamina contenutistica sugli elementi che
lo costituiscono, e in particolare, sul concetto di obbligazione.
6
IL RAPPORTO OBBLIGATORIO IN GENERALE.
II codice attuale evita di definire il concetto di
obbligazione, designando con tale termine una situazione
giuridica complessiva, da cui emerge il dato caratterizzante della
subordinazione del debitore. La proposta di scrivere una
definizione esauriente di obbligazione venne avanzata al tempo
della redazione del codice, nella prima relazione ministeriale del
1940, la quale contiene la formulazione del relativo concetto
nell’articolo 1: "Obbligazione è un vincolo in virtù del quale il
debitore è tenuto verso il creditore ad una prestazione positiva o
negativa. Il tentativo di imitare l'insegnamento di qualche codice
straniero, in particolare quello tedesco, che dedica una parte
generale alla spiegazione del concetto di obbligazione, fallì per
una serie di motivi. Si ritenne, in particolare, che la legge,
nell'assolvere il compito di creare categoria e concetti giuridici,
avesse prodotto effetti disastrosi se la definizione, avendo
acquisito valore di norma, fosse stata applicata in un contesto non
7
giuridico; si temeva di concedere alla classe politica l'opportunità
di utilizzare affermazioni di principio ricavate dall'ideologia
dell'epoca3. L'obbligazione, non definita dal codice attuale ne da
quello del 1865, doveva essere, quindi, sottoposta ad uno studio
accurato per definire le caratteristiche strutturali e funzionali. La
moderna speculazione giuridica, nell'assolvere questo compito, ha
tratto insegnamento dai dati formati dalle fonti giuridiche romane,
in quanto proprio i Romani dedicarono una particolare attenzione
al momento obbligatorio del rapporto, inteso quale vincolo a
carico del debitore. E' al Corpus Juris che bisogna riferirsi per
intendere la natura giuridica dell’obbligazione e il posto che tale
nozione ha nell'ambito del diritto moderno4. Nelle Istituzioni di
Giustiniano il concetto era così descritto: "Obligatio est vinculum
iuris quo necessitate adstringimur alicuis solvandae rei secundum
nostrae civitatis iura" da cui deriva che l'obbligazione è un
3
4
Giorgianni, Le Obbligazioni, Catania, 1945, pag.14 ss.
Longo, Diritto delle Obbligazioni, Torino, 1950, pag.473.
8
vincolo il quale si differenzia da tutti gli altri vincoli in quanto è
riconosciuto dall'ordinamento giuridico.
Le ultime parole di Giustiniano "secundum nostra civitatis
iura", sottolineano la necessità di questo riconoscimento e
l'importanza di esso in quanto funge da
elemento di
differenziazione e di identificazione di questo rapporto rispetto ad
altri rapporti da cui discendono obblighi non giuridici, come ad
esempio morali o di concorrenza. Ciò che caratterizza questo
vincolo giuridico è lo stesso legame che esiste tra i soggetti del
rapporto; l'etimologia della parola "obligatio" chiarisce il
significato della sua natura, in quanto esso deriva da "ligure" che
vuol dire legame che in base al riconoscimento giuridico diventa
necessità5. Questa necessità si caratterizza come impossibilità di
risolvere il rapporto per volontà di una sola parte, poiché si deve
assolvere l'obbligazione anche contro la volontà di colui che ha
assunto: a testimonianza di ciò Modestino ci dice: “debetor
intelligitur is a quo invito exigi pecunia potest". L'obbligazione,
5
Trabucchi, op.cit., pag.473.
9
essendo un rapporto quo necessitate destrigiunur, ha in sé il
carattere della coercibilità, in quanto l'inadempienza dell'obbligo
comporta l'applicazione della sanzione giuridica prevista dalla
norma. I doveri presenti nella vita di relazione sono molteplici,
ma non tutti sono azionabili, coercibili, e in quanto tali, sono
considerati irrilevanti per il diritto. Venendo meno la coercibilità
viene meno l'obligatio, la quale viene così intesa per realizzare
"alicens solvandae rei". Esso costituisce il contenuto dell'obbligo,
la sostanza dell'obbligazione, dalla cui definizione di Giustiniano
non è possibile rilevare quello che sono i suoi requisiti
fondamentali. La definizione non è inesatta ma incompleta in
quanto se per "solvere rem" si deve intendere il pagamento di una
cosa naturale, si farebbe riferimento soltanto ad una particolare
ipotesi di rapporto, non potendo assurgere come un punto fermo
a cui far risalire tutte le ipotesi in cui un soggetto si obbliga nei
confronti di un altro. A chiarire i dati caratterizzanti il contenuto
del rapporto obbligatorio è di valido supporto la definizione di
Paolo contenuto nel Digesto: "Obligatiorum substantia non in eo
10
consistit, ut aliquod corpus nostrum aut servitutem nostram faciat,
sed ut alium nobis abstringat ad dandum aliquid vel faciundum
vel prestantum: cioè "la sostanza dell'obbligazione non consiste
nel fatto che sia nostra qualcosa di materiale o qualche servitù,
ma consiste nel fatto che altri siano costretti a dare, a fare o a
prestare a noi qualche cosa". La definizione è molto importante,
poiché non solo enuncia la differenza tra diritti reali e diritti
relativi, ma pone in evidenza la necessità giuridica del vincolo ed
una migliore determinazione dell'oggetto dell'obbligazione. La
parola "prestare" vuol dire stare per, stare innanzi ed è proprio da
essa che deriva la parola tecnica "prestazione" con la quale si
designa il contenuto dell'obbligazione6. La prestazione deve
soddisfare l'utilità del creditore, comprende un dare, un fare o il
non fare, e quindi può avere contenuto positivo o negativo.
Quest'ultimo
si caratterizza come oggetto immediato della
prestazione ed oggetto mediato dell'obbligazione che deve essere
adempiuto per garantire il raggiungimento dell'utilità creditoria.
6
Scuto, teoria Generale delle Obbligazioni, Napoli 1953, pag.8 ss.
11
L'adempimento della prestazione costituisce l'elemento che
differenzia quest'obbligo da tutti gli altri obblighi giuridici,
presenti nel nostro diritto, che devono essere semplicemente
osservati. Per cui, l'obbligazione si concepisce come vincolo
giuridico per mezzo del quale una persona ha diritto di esigere
una determinata attività, in una data direzione. da un soggetto che
deve realizzare l’utilità richiesta mediante l'adempimento della
prestazione. Essa si caratterizza come contrapposizione di due
posizioni soggettive, l'una di diritto della prestazione e l'altra di
dovere che insieme all'interesse alla prestazione, determinano gli
elementi costitutivi del rapporto.
12
I SOGGETTI DEL RAPPORTO OBBLIGATORIO.
Per far si che l'obbligazione possa costituirsi è necessario la
presenza
di due soggetti distinti rappresentati da almeno un
numero di due persone, che, nell'ambito del rapporto, assumono
l'uno la qualità di soggetto attivo, denominato creditore, l'altro
quello di soggetto passivo, denominato debitore.
In alcuni casi la posizione di debitore o di creditore è
caratterizzata da più persone e in questo caso si parla di
obbligazione a soggetti plurimi o con pluralità di soggetti, che
possono essere presenti nell'obbligazione al suo costituirsi, o
successivamente, in quanto all'unico debitore o all'unico creditore
si succedono più persone. La parola debitore si ricollega, nella
sua origine etimologica, a dabere, cioè da da habere che vuol dire
avere qualcosa per restituirla, ed in quanto tale, con
essa si
designa il titolare della posizione soggettivo di debito. La parola
creditore deriva dal latino creditore, e racchiude in se l'idea di
fiducia, di aspettativa di ricevere ciò che è stato dato.
13
Originariamente fu indicato con detto termine colui che avesse
affidato ad altri qualcosa, oggi viene indicato il titolare della
posizione soggettiva di credito, caratterizzata dalla legittima
aspettativa che la prestazione venga eseguita7. Essendo titolari
delle distinte posizioni soggettive, il creditore e il debitore non
sono elementi costitutivi del rapporto, ma i suoi presupposti
soggettivi di essi. La necessità che le posizioni di debito o di
credito abbiano un loro titolare è dettato dalla regola generale
dell'imputazione soggettiva delle posizioni giuridiche, secondo la
quale ogni posizione
giuridica è creata in funzione di un
soggetto: così le posizioni di debito o di credito devono essere
imputate al creditore e al debitore, loro rispettivi titolari. La
necessaria imputazione si specifica nel principio di dualità del
rapporto che impone la correlazione tra il titolare attivo e il
titolare8. Il venire meno della correlazione determina l'estinzione
dell'obbligazione per confusione in quanto nessuno può essere
7
8
Scuto, Teoria Generale delle Obbligazioni, Napoli, 1953, pag.195 ss.
Bianca, Diritto Civile, 4, Obbligazioni, Milano, 1991, pag.49 ss.
14
debitore e creditore di se stesso; nessuno può
essere
contemporaneamente debitore e creditore dello stesso rapporto.
Normalmente il rapporto obbligatorio si costituisce tra dati
soggetti, ai quali è destinato a rimanere aderente, nel senso che
una volta assunto l'obbligo esso inerisce l'individuo, la persona
dell’obbligata. Esso, quindi, è di regola un rapporto a soggetti
fissi, determinati, dai quali si può derivare quando la trasmissibili
sia consentita dalla natura intrinseca dell'obbligo. Questo
principio della determinatezza dei soggetti costituisce il carattere
distintivo delle obbligazioni rispetto ai doveri generici, in quanto
quest’ultima sussistano nei confronti di tutti i consociati
regolando la vita di relazione. La determinatezza dei soggetti,
quindi, caratterizza quel particolare rapporto in base al quale un
soggetto è tenuto ad assolvere un dovere nei confronti di un altro
soggetto per soddisfare l'interesse che quest'ultimo è portatore.
Questo principio della determinatezza esprime il carattere
di certezza del rapporto in quanto non potrebbe identificarsi il
vincolo senza che le posizioni soggettive siano imputabili a
15
persone determinate. L'ordinamento, però, ammette la non
necessità di questo principio obbligatorio ab inibito, cioè, al
momento della costituzione del rapporto, ritenendo che la
semplice incertezza iniziale della persona del creditore o del
debitore non sia di ostacolo alla esistenza dell'obbligazione. E'
concepibile che il soggetto sia inizialmente indeterminato, salvo
che successivamente venga individuato in base a parametri certi
che si possono ricavare sia dal titolo che dalla legge9. Per cui i
soggetti possono essere non solo determinati, ma anche
determinabili, la cui incertezza non incide sugli elementi
strutturali della fattispecie, ma solo sul destinatario degli effetti.
L’indeterminatezza è destinata ad essere rimossa dal verificarsi di
un presupposto di fatto o di diritto o dal compimento di uno
specifico atto rimesso alla volontà del debitore o di un terzo.
Tradizionali ipotesi di obbligazioni a soggetto determinabili sono:
la promessa al pubblico e l'individuazione della persona onerata
da una liberalità testamentaria. Nel primo caso il codice afferma
9
Longo, Diritto delle Obbligazioni, Torino, 1950, pag.20 ss.
16
che quando taluno faccia promessa di eseguire una prestazione a
favore di chi compie una determinata azione, è vincolata a tale
promessa, se è resa in pubblico. Per la successiva ipotesi lo stesso
codice ci dice, nell'art. 631, che è valida la disposizione
testamentaria fatta a titolo particolare a favore di una persona che
dovrà essere scelta dall'onerato. In entrambi i casi, una volta
realizzato ciò che è previsto come termine costituito della
fattispecie, l'obbligazione sarà conclusa tra persone determinate e
come tale si adegua alle regole ai principi dell'ordinamento.
L'indeterminatezza, quindi, come caratteristica soggettiva viene
ad essere considerata esaustiva per l'esistenza dell'obbligazione
solo se è transitoria, solo quando gli elementi di riferimento si
verificano e il rapporto viene ad essere regolato dalla normativa
generale. L'obbligazione a soggetto determinabile vanno, poi,
distinto dall'obbligazione a soggetto incerto, ossia dalle
obbligazioni di cui è incerto se il loro titolare è attualmente
esistente o se verrà ad esistenza. La differenza si specifica nel
fatto che il soggetto incerto rende incerta l'obbligazione, mentre
17
la determinabilità dell'individuo-parte non altera il carattere di
certezza del rapporto.
Esse si differenziano anche dalle obbligazioni ambulatorie
che si hanno quando la persona dell'uno o dell'altro soggetto sia
mutevole; la mutabilità del soggetto, infatti, non implica un vera e
propria indeterminatezza poiché in ogni momento della vita del
rapporto il soggetto è rigorosamente determinato in base ai
parametri che la legge fornisce per l'individuazione di esso.
18
SITUAZIONE
SOGGETTIVA
PASSIVA
E
LA
RESPONSABILITA' PATRIMONIALE (ART.2740 COD. CIV.)
Il debito è la posizione soggettiva correlativa a quella di
credito, e si presenta come l'obbligo di adempiere la prestazione
per soddisfare l'interesse creditorio. Esso rientra nella categoria
del dovere giuridico, che si specifica nella più ampia categoria
del dovere di condotta, cioè nel dovere di tenere un dato
comportamento. Il dovere giuridico si differenzia da tutti gli altri
doveri in quanto è riconosciuto da una norma di diritto la quale fa
acquisire valore giuridico al relativo rapporto. In esso la posizione
di dovere si specifica nel particolare atteggiamento di
subordinazione tenuto dal debitore per realizzare il risultato utile
per la soddisfazione della pretesa creditoria10.
Il contegno del debitore deve essere tale da raggiungere il
risultato, oggetto dell'obbligo, in quanto soltanto un adempimento
10
Betti, Teoria Generale delle Obbligazioni, vol.II, Struttura dei rapporti obbligatori,
Milano 1953, pag.47 ss.
19
esatto della prestazione può soddisfare il diritto del subito attivo.
Per cui la legge detta precise regole per l'attuazione dell'obbligo,
richiedendo in primus una diligenza media, in base alle quali si
possa valutare l'esecuzione senza che al debitore venga richiesto
qualcosa in più o in meno rispetto a ciò che è posto in
obbligazione. L'art. 1176 ci dice: “nell'adempiere il debitore deve
usare la diligenza del buon padre di famiglia”, volendo
considerare come punto di riferimento l’esempio un uomo
accorto, serio e parsimonioso. Ad esso, quindi, bisogna far
riferimento nel valutare l'attuazione dell'attività solutoria, la quale
quando non assolve in pieno il suo compito soddisfattivo
determinerà inattuazione dell'obbligo. L'attività del debitore deve
porre in essere esattamente il contenuto della prestazione, poiché
in caso contrario vi sarà responsabilità per inadempimento.
Proprio per questa particolare funzione di adempiere esattamente
la prestazione che il dovere debitore viene definito come dovere
di prestazione. Tale dovere, considerato come evento rimesso
alla volontà
del debitore, è il contenuto dell'obbligo.
20
L'inottemperanza
dell'obbligo
implica
responsabilità
patrimoniale, infatti, l'art. 1218 c.c. ci dice che "il debitore che
non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al
risarcimento del danno, se non prova che l'inadempimento o il
ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione
derivante da cause a lui non imputabile"11. La salvezza contenuta
nella seconda parte dell'art. 1218 testimonia la ratio di tutta la
disciplina legislativa in tema di obbligazione in generale,
pretendendo
contegno
debitorio
corretto,
diligente
nell'adempimento, ma non tale da addossare sempre e comunque
una responsabilità' patrimoniale quando è stato fatto tutto ciò che
è stato richiesto per ottemperare l'obbligo. La responsabilità
quindi,
si
presenta
come
conseguenza
dell'inosservanza
dell'obbligo. e la sua connessione con il debito si spiega come
condizione per garantire la giuridicità del rapporto. Un obbligo
totalmente sfornito di sanzione non è vincolante per il diritto in
quanto non garantisce in tutti i casi la soddisfazione del relativo
11
Trabucchi, op.cit., pag.475.
21
diritto12.
Dovere
inadempimento
di
sono
prestazione
legati
da
e
responsabilità
da
un
atteggiamento
di
disapprovazione sociale nel senso che solo quando il dovere non
viene adempiuto la responsabilità si definisce. Esso si presenta
come garanzia del patrimonio dell’obbligata, poiché la legge
concede al creditore una particolare tutela caratterizzata dalla
possibilità di realizzare il proprio diritto sul bene del debitore. Il
principio è formulato nella regola contenuta nell'art. 2740 c. c. in
base
al
quale
"il
debitore
risponde
dell'adempimento
dell'obbligazione con tutti i suoi beni presenti e futuri". Questa
norma vuol significare che la garanzia del debitore si sostanzia su
tutti i beni del debitore, non limitandola a una tutela presente, in
base alla quale il diritto poteva essere realizzata solo sui beni
presenti nel patrimonio debendi nel momento in cui la prestazione
non veniva adempiuta, ma anche nel caso in cui detto patrimonio
12
Bianca, op.cit., pag.10 ss.
22
fosse aumentato13. Così come le obbligazioni che gravano sui
soggetti non costituiscono un ostacolo per la crescita della
consistenza patrimoniale, anche la garanzia dell'adempimento non
si pone come limitata al momento del suo verificarsi ma si
estende sui beni entrati a far parte del patrimonio dopo
l'inottemperanza dell'obbligo. La possibilità concessa al creditore
sui beni del debitore non vuol significare che il contenuto
dell'obbligo sia costituito da un'alternatività tra adempimento del
dovere e possibilità di lasciar fare o di lasciar prendere qualcosa
nel patrimonio del subbietto passivo. Il rapporto rimare sempre
strutturato come correlazione delle due posizione soggettive
ruotanti intorno all'oggetto dell'obbligazione: adempimento della
prestazione. Bisogna sempre distinguere l'obbligo del debitore
dalla sua responsabilità che si specifica nell'applicazione della
sanzione. Essa non è altro che la proiezione del diritto creditorio
insoddisfatto sul patrimonio del soggetto passivo, e come tale
13
Rescigno, Obbligazioni (nozioni), in Enciclopedia del diritto, XXIX, Milano, 1979,
pag.134 ss.
23
rappresenta
solo un
evento patologico atto a soddisfare
l'interesse in gioco.
24
LA SITUAZIONE SOGGETTIVA ATTIVA: DIRITTO DI
CREDITO.
La posizione soggettiva di credito è caratterizzata dalla
presenza di un soggetto, il creditore, titolare del diritto ad ottenere
l'esecuzione della prestazione nei confronti di un altro soggetto ,il
debitore, il quale ha
il
dovere
di
realizzare
l'oggetto
dell’obbligazione. Questo diritto, denominato diritto di credito, si
specifica nel fatto che la prestazione dovuta dal debitore spetta,
appartiene, al creditore, nel senso che solo questi può pretendere
l’adempimento o ricavarne la titolarità verso altri. Questo diritto
rientra nella categoria della pretesa giuridica, intesa come sicura
attuazione
dell'attività solvendi, e viene tutelato e garantito
dall’ordinamento giuridico14.
I mezzi concessi dalla norma per la realizzazione del
diritto, nei confronti del debitore inadempiente, si giustificano in
relazione alla particolare
14
natura di esso, essendo configurato
Barassi, op. cit. pag.13ss
25
come diritto soggettivo. La negazione di tale natura muove dalla
considerazione riduttiva della nozione di diritto soggettivo
,limitata ad esprimere una situazione di appartenenza di cose o di
beni ,rispetto ai quali disporre della più ampia libertà di
godimento e di disposizione. Se si guarda alla struttura del diritto
soggettivo intesa come una posizione di vantaggio di un soggetto
tutelata dall’ordinamento, non vi sono ostacoli ad affermare tale
natura al diritto di credito, concepita come situazione in cui è
garantita
l'utilità
o
il
beneficio
derivante
dall'altrui
comportamento. La conclusione non può essere neppure smentita
dall'originaria discussione dottrinale sulla configurazione della
struttura diritto soggettivo come signoria assoluta sulle cose, e
come tali tutelate nei confronti di tutti15. La configurazione di
15
Sulla disputa dottrinale riguardante la distinzione tra diritto reale e diritto
di credito vedi: Tilocca , La distinzione fra diritti reali e diritti di credito , in
Arch. giur., 1950 , pag 1-26;Sante Romano , Frammenti di un dizionario
giuridico. Diritti assoluti , Milano , 1947, pag . 58 e ss ;
Nella dottrina tedesca più recente si discute se la distinzione fra diritti reali e
di credito debba conservarsi o meno vedi : Scheuerle , L'antigiuridicità come
presupposto del risarcimento del danno extracontrattuale secondo il codice
civile sovietico, in Ann. dir. com.XXIX,1953,pag 53 e ss.
26
detto diritto riferito solo al diritto reale viene superata se
consideriamo il lato cosiddetto "esterno" del diritto di credito,
rappresentato dal fatto che il credito assume il valore di bene non
semplicemente giuridico, ma anche economico, avente una sua
consistenza patrimoniale. Essendo acquisito come bene nel
patrimonio del creditore, si presuppone la proprietà del credito,
quindi la possibilità che esso diventi oggetto di usufrutto, di
pegno, di qualsiasi diritto reale16. Prescindendo, però, dalla
considerazione del lato "esterno" del diritto, che determinerebbe
una considerazione paritaria, la natura di quest'ultimo si delinea
nell'aspetto cosiddetto "interno", caratterizzato dalla presenza del
debitore che deve eseguire la prestazione nei confronti del
creditore, e che vede nell'immediata realizzazione dell’interesse,
il segno rilevativo della struttura di un diritto soggettivo.
Genkin , Obzor Zasedaiì sektora grazdauskogo prava , in Sovetskoe
Gosudarsstvo i pravo ( Stato e Diritto Sovietico )1949, pag 75 e ss
Il Tedeschi , La tutela aquiliana del creditore contro i terzi , in Riv. Dir. Civ. , 1955, pag 316
, sostiene che la predetta distinzione è invece ineliminabile .
16 Cicu, L'obbligazione nel patrimonio del debitore,Milano,1948 pag 5ss
27
Esso è costituito da un potere, attribuito alla volontà del
soggetto e riconosciuto dall’ordinamento, per conseguire il
soddisfacimento dei propri interessi. e da facoltà giuridiche, che
sono manifestazioni del diritto stesso. La forza del diritto
soggettivo che si fa valere proviene direttamente dalla norma, in
base alla quale le facoltà giuridiche che lo ineriscono vengono ad
essere attuate quando l'interesse costitutivo venga leso. Esse,
quindi non lo precedono ne hanno una vita autonoma ma si
verificano solo in un momento successivo a quello, potendo
anche mancare senza che il diritto venga meno. Tenuto conto di
ciò, è da osservare che il prius dell’obbligazione è costituito dal
dovere giuridico imposto nell'interesse del creditore, al quale la
legge attribuisce una serie di poteri verso l'obbligato, per la
soddisfazione dell'interesse medesimo. La relazione tra le parti è
particolarmente intensa, nella quale la posizione creditoria non
può non essere considerata come una situazione di preminenza
,avente natura del diritto soggettivo, per la quale il diritto di
credito viene ad essere considerato come prototipo del diritto
28
relativo17. Tale prerogativa si giustifica in quanto nel diritto di
credito il carattere della relatività assume una maggiore
definizione dei contorni, poiché la pretesa creditoria può essere
fatta valere solo nei confronti di una o più persone determinate.
La pretesa creditoria ha in se' il concetto di direzione obbligata,
nel senso che solo il soggetto passivo e non altri è vincolato
all’osservanza dell'obbligo, la sua attuazione è garantita solo
verso il soggetto-obbligato18. Quest'ultimo deve adempiere
l'obbligazione ponendo in essere una prestazione avente
contenuto patrimoniale. L'art. 1174 c. c. ci dice che "La
prestazione che forma oggetto dell’obbligazione deve essere
suscettibile di valutazione economica....." per cui essa deve
consistere in un bene che sia
valutabile in danaro. La
patrimonialità della prestazione non fa altro che caratterizzare il
contenuto del diritto di credito, in base al quale esso viene
qualificato come diritto patrimoniale. Così caratterizzata, la
17
Rescigno , voce obbligazione, in Enciclopedia del Diritto op. cit. pag.144.
Di Maio , Delle Obbligazione in generale, in Commento del Codice Civile , a cura di
Scaloja-Branca Bologna-Roma 1975 pag 141 ss.
18
29
prestazione, costituisce non solo l'oggetto dell’obbligazione, ma
anche l’oggetto delle correlative posizioni di debito e di credito,
in quanto essa è ciò che il debitore è tenuto ad eseguire e ciò che
il creditore ha diritto di ottenere19. La considerazione che oggetto
del diritto di credito sia la prestazione debitoria non è stata
pacificamente ammessa, dando luogo ad vivaci dibattiti dottrinali
sulla stessa concezione del diritto di credito, considerandolo ora
come pretesa, ora come potere o come mera aspettativa. Le
diverse concezioni partono da una differente valutazione
dell'elemento patrimoniale o di quello personale, creando
teorizzazioni contrapposte in cui essi assolvono il compito di
termini strutturali. Un vivace dibattito si sviluppò nel secolo
scorso nella dottrina tedesca, la quale pose come punto fermo
l'impossibilità che possa costituire oggetto del diritto di credito la
persona del debitore. A tale conclusione era pervenuto l’antico
diritto romano in relazione al concetto di obligatio, in cui il
vincolo si indirizzava nei confronti della persona del debitore, e il
19
Bianca , op cit.pag. 33.
30
podestà del creditore20. Se il
cui corpo era assoggettato alla
debitore non avesse adempiuto, il creditore poteva impadronirsi
della persona dell'obligatus, riducendola in una condizione
servile, disponendo di lui nella maniera che riteneva più
opportuna, vendendolo, o addirittura, uccidendolo. Inserire nel
nostro ordinamento un simile principio sarebbe assurdo e
anacronistico e, non risponderebbe alla struttura dell’obbligazione
moderna,
in
cui
inadempimento,
oggetto
non è
dell’esecuzione,
in
caso
di
la persona del debitore ma il suo
patrimonio. Parlare ancora del credito quale diritto sulla persona,
come faceva qualche rappresentante della Pandettistica, voleva
piuttosto significare che il creditore ha un potere che si esercita su
singoli atti della persona del debitore. Il Savigny, maggiore
esponente di questa dottrina, aveva definito il concetto di
obbligazione come signoria sopra la persona del subbietto
passivo, non intesa come totalità , poiché resterebbe soppressa la
personalità, ma sulle singole operazioni concepite come sottratte
20
Longo, op,cit. pag. 6 ss
31
alla sua volontà e posti nel dominio del creditore. In qualunque
modo fosse stata strutturata, la formulazione del diritto di credito
sulla persona veniva respinto in pieno, in quanto idoneo ad
evocare una soggezione personale, in contrasto con i principi di
libertà e di dignità dell’uomo. La prima alternativa alla
concezione del diritto sulla persona fu rappresentata dalla tesi che
ravvisa l’oggetto di detto diritto nei beni del debitore. Queste
teorie, denominate patrimoniali, considerato come fulcro della
loro ricostruzione non il dovere del debitore, ma il potere del
creditore. Questo potere, infatti, caratterizza tutta l’obbligazione,
poiché si manifesta quando il rapporto viene meno a causa
dell’inadempimento del debitore, realizzando il contenuto del
diritto patrimoniale. Quest’ultimo vuol dire proprio avere la
facoltà giuridica di esigere ciò che è dovuto, la quale è protetta
dall’ordinamento, ponendo a disposizione del creditore tutti i
mezzi necessari per assicurare di avere nel suo patrimonio il bene
oggetto del suo diritto o, un suo equivalente capace di
32
soddisfarlo21. La più preziosa e compiuta dimostrazione della
prevalente
importanza
che,
nella
struttura
del
rapporto
obbligatorio, occorrerebbe assegnare all’elemento patrimoniale
venne dato da una corrente dottrinaria che venne denominata del
debito e della responsabilità.
21
Giorgi, Le Obbligazioni,Firenze ,1924, pag. 35.
33
TEORIA
DEL
DEBITO
(SCHULD)
E
DELLA
RESPONSABILITA' (HFTUNG).
Questa teoria ebbe largo seguito in Italia , oltre che in
Germania, suo luogo di origine, il cui successo fu dovuto al
modo con il quale essa riusciva al esporre l'aspetto centrale del
problema della strutturazione dell'obbligazione: i riflessi della
incoercibilità del dovere del debitore e la funzione dell'esecuzione
forzata. Questa teoria prese spunto da una tesi del Brinz, il quale
ha voluto mettere in evidenza che la persona del debitore ed il suo
assoggettamento alla podestà del creditore non hanno rilievo
alcuno per definire la sostanza del rapporto obbligatorio. Ed
infatti, Egli afferma che l'attività debendi, nel momento che viene
realizzata, non può essere oggetto della signoria del creditore,
perché si esaurisce con l'adempimento; mentre, nel momento
antecedente alla sua esplicazione costituisce un mero "quid ",
appartenente alla sfera psichica del debitore. Per cui, oggetto
della signoria creditoria non può che essere il patrimonio del
34
soggetto passivo, anzi il vincolo giuridico proprio nasce tra i due
patrimoni dei soggetti costituenti le parti del rapporto
obbligatorio. L'Amida, sviluppando ampiamente questa tesi e
studiando le fonti giuridiche della Germania del nord, intese
dimostrare che due elementi si possono distinguere e separare
nel rapporto obbligatorio: uno di debito (schuld) e l'altro di
responsabilità (haftung). Nei riguardi del medesimo creditore,
infatti, il debito può risiedere nella persona del soggetto-obbligato
e la responsabilità in una persona diversa; essere in debito non
comporta necessariamente essere obbligato e, così pure essere
obbligato non vuol dire essere debitori. Questa differente struttura
degli elementi del rapporto obbligatorio è presente presso altri
Ordinamenti e, in particolare fu sostenuta dal Partsch sull’antico
diritto greco, dal Koschaker sull’antico diritto assiro- babilonese,
ma la più esaustiva definizione del fenomeno è stata effettuata dai
Romani, che formularono i termini di riferimento, presi come
esempio dalla cultura giuridica moderna. Nell’antico diritto
romano. tale distinzione esisteva, indipendentemente dal fatto che
35
il garante fosse un estraneo, infatti la figura del
nexus fu
realizzata proprio per dare attuazione alla responsabilità, in caso
di inadempimento.
In
una figura più evoluta la garanzia
dell'adempimento fu rappresentata dall’"obnoxiatio", che si
presentava come forma particolare di autopignoramento, per il
quale il debitore costituiva se stesso in pegno. Con lo scorrere del
tempo, a Roma si istituì la prassi in base alla quale il debitore
consegnava altre persone, che si chiamavano vades o praedes
(garanti), a garanzia dell’adempimento del proprio debito. In base
a questa forma di tutela, il creditore poteva rivolgersi direttamente
al garante, per cui si verificava una situazione particolare
mediante la quale chi aveva il debito non aveva responsabilità,
cadendo sull’estraneo, il quale non era titolare dell'obbligo22.
Secondo i fautori di questa teoria, quindi, l'obbligazione
sarebbe costituita da due distinti elementi ciascuno dei quali
avrebbe vita autonoma e darebbe luogo a dei singoli rapporti
caratterizzati l'uno dal debito e l'altro dalla responsabilità. Il
22
Longo, op. cit ., pag. 8 e ss; Scuto, op. cit., pag 134 e ss.
36
casi di responsabilità senza debito che si dovrebbero ravvisare
nell’ipotesi di un debito futuro o condizionato garantito da un
rapporto accessorio di pegno o di fideiussione, in quanto mentre il
debito non sussiste ancora si delinea la responsabilità del
debitore; si possono altresì individuare separatamente la
responsabilità di un soggetto e il debito di un altro , nel caso in
cui si garantisca, con la costituzione di un pegno sulla cosa
propria, un debito altrui.
Tutto ciò è stato rivisto e ristudiato da brillanti esponenti
della cultura giuridica italiana, tra le quali spicca, per coerenza
teoretica, le ricostruzioni effettuate dal Pacchioni e dal Rocco.
Il Pacchioni sostiene che i due elementi dei quali
l'obbligazione si costituisce danno luogo a due diversi rapporti,
ognuno dei quali è formato da una coppia di termini correlativi.
Il puro rapporto di debito , infatti, sarebbe costituito da un lato dal
dovere del debitore, che egli definisce di pressione psicologica in
cui il debitore si trova, e dall’altro da una legittima aspettativa del
creditore, che egli definisce come stato di fiducia di ricevere la
38
prestazione. Il rapporto di responsabilità sarebbe, a sua volta.
Costituito da un lato da uno stato di assoggettamento, e dall’altro
dal diritto del creditore di avvalersi di questo stato, per ottenere il
valore
della
prestazione,
ove
quest’ultima
non
venga
spontaneamente eseguita. Il creditore, in base al rapporto di
rispondenza, ha un diritto di garanzia sui generis sul patrimonio
del debitore, diritto che in un primo momento , cioè nel periodo in
cui si costituisce il credito, avrebbe il carattere di un controllo
gestorio, e che in un secondo momento cioè nel periodo che inizia
l’inadempimento, esso si trasformerebbe in un vero diritto di
aggressione diretta sul patrimonio. Nella prima fase il debitore si
trova nella piena libertà e disponibilità di amministrare il proprio
patrimonio ,pur essendo soggiogato psichicamente dalla norma
giuridica , che gli impone l'adempimento; nella seconda fase,
invece, contestata l'inadempienza, i creditori possono procedere
all’esecuzione , nei modi che la legge ammette nei singoli casi.
Il Rocco, invece, effettua un’esaltazione
del diritto di
credito, tale da portare alle estreme conseguenze la teorizzazione
39
della dottrina tedesca, definendolo come un vero e proprio diritto
di pegno generale su tutti i beni del debitore. Il processo esecutivo
non fa altro che realizzare un precedente diritto sostanziale del
creditore, caratterizzato dalla possibilità di riscattare, e , quindi,
di vendere i beni del debitore in caso di non attuazione
dell’interesse. La sola nascita del rapporto obbligatorio porrebbe
il creditore in una posizione di preferenza tale da veder garantito
il proprio credito senza che il debitore abbia fatto nulla per non
ottemperare il suo obbligo. Il contenuto del suo diritto
assomiglierebbe ad un diritto reale, in quanto si indirizzerebbe nel
confronti di tutti i beni, ed in quanto tale , realizzerebbe una tutela
erga rebus , anziché erga homines. Assumerebbe i caratteri di
diritto reale indeterminato, la cui esistenza giuridica è non solo
opinabile, ma difficilmente dimostrabile, per cui il Rocco anziché
parlare di questa configurazione giuridica, definisce il diritto di
credito come un diritto di pegno generale (senza privilegio) sui
beni del debitore.
40
CRITICA
ALLA
TEORIA
DEL
DEBITO
E
DELLA
RESPONSABILITA'.
Questa teoria ha subito suscitato molti dissensi in dottrina ,
in quanto la scissione dei due elementi del debito e della
responsabilità costituenti differenti rapporti non è rispondente alla
struttura dell’obbligazione, e anzi può apparire dannosa per le
conseguenze che si vogliono trarre. Il debito e la responsabilità
sono due aspetti, e non due elementi, dell’obbligazione e come
tali non possono non appartenere al medesimo fenomeno
giuridico Non si può essere debitori senza essere responsabili,
non si può essere responsabili se non si è debitori: non esiste
obbligazione giuridica se il debitore non possa essere in qualche
modo costretto all'adempimento. L'argomento principale che si fa
valere per dimostrare l’esistenza o la necessità della distinzione
viene tratto dalla constatazione che vi sono casi in cui ricorre
solo uno dei due elementi: cioè ipotesi di debito senza
responsabilità , come le obbligazioni naturali, e viceversa, come
41
le obbligazioni garantite da pegno o da fideiussione. Gli esempi
addotti dalla teoria non sono idonei a suffragarla in quanto le
obbligazioni naturali, anche se si costituiscono come un rapporto
giuridico,
non sono un vincolo giuridico perfetto, mentre
l’esempio della fideiussione ha fatto subito rilevare che essa pone
in essere un secondo rapporto obbligatorio di cui è titolare una
terza persona. In questo rapporto sono presenti entrambi i due
elementi, sia il debito che la responsabilità, tanto è vero
l’obbligazione fideiussoria può essere a sua volta garantita da un
rapporto di carattere personale o reale, ed in quanto tale non può
essere assunta come elemento probante. La conseguenza del
verificarsi
della
responsabilità,
rappresentata
dalla
sottoesposizione dei beni del debitore all’azione esecutiva del
creditore, non è un carattere esclusivo e peculiare del fenomeno
obbligatorio, ma deriva da un principio generale valevole per
qualsiasi dovere giuridico. La violazione di questo dovere, infatti,
con
conseguente
realizzazione
del
danno,
trasforma
automaticamente la responsabilità personale in patrimoniale; per
42
cui è la stessa struttura del dovere, oggetto dell’obbligo, che
determina l’impossibilita' di effettuare la scissione dei due
elementi23.
Le stesse costruzioni teoretiche degli illustri esponenti della
dottrina italiana sono state sottoposte a critiche, che si sono
indirizzate sulla coerenza teoretica delle loro ricostruzioni. Il
Pacchioni , dando maggiore rilevanza al secondo dei due rapporti,
non fa altro che identificare come vero diritto di credito solo
quello presente nel rapporto di responsabilità, in quanto solo in
esso la posizione del creditore viene ad essere qualificata come
diritto soggettivo. Ed ,infatti, Egli non solo evita di qualificare
come diritto soggettivo la posizione del creditore nel rapporto di
debito, ma ritiene che il diritto soggettivo è soltanto quello che
attribuisce al titolare la podestà sul mondo esterno. Il diritto di
credito viene ad essere considerato, quindi, esclusivamente come
un potere sul patrimonio del debitore, che si caratterizza come
potere di controllo prima, e di aggressione poi. In questo modo il
23
Miccio,Delle Obbligazioni in generale,Torino 1966, pag. 16
43
diritto di credito perde le sue caratteristiche strutturali, venendo a
costituirsi come un potere immediato sulla cosa e come tale
difficilmente distinguibile dai diritti reali.
La costruzione teoretica del Rocco è apparsa azzardata
anche ai fautori della teoria del debito e della responsabilità, non
solo per aver completamente snaturato la configurazione del
diritto di credito, considerando un diritto reale, ma in quanto
vengono a mancare gli elementi caratterizzanti il diritto
pignoratizio del creditore. Requisiti essenziali alla struttura del
pegno la prelazione, che la legge accorda al creditore per essere
privilegiato sul ricavato della vendita rispetto agli altri creditori, e
lo spossessamento della cosa (o del documento rappresentativo)
che assolve la funzione di pubblicità, analoga all’iscrizione
dell’ipoteca. Entrambi gli elementi mancano nella ricostruzione
fatta dal Rocco, in quanto si parla di un diritto di pegno generale,
senza privilegio, per cui la sua ricostruzione pecca di coerenza
44
strutturale tale da escludere che il diritto di credito potesse
rientrare in tale categoria giuridica24.
I sostenitori della teoria del debito e della responsabilità
non hanno fatto altro che mettere in evidenza l’aspetto
patrimoniale del rapporto giuridico, nella consapevolezza che il
creditore nell’assumere un 'obbligazione tende ad acquisire un
bene economico. La prestazione obbligatoria deve essere
suscettibile di valutazione economica, per cui il diritto del
creditore, che tende ad ottenere la cosa dovuta, non può non
contenere in se l’indice della patrimonialità. E' proprio su questo
carattere della patrimonialità del diritto che parte della dottrina ha
indirizzato la propria attenzione teoretica, sottovalutando del tutto
l’elemento personale, dando
vita a quelle che sono definite"
teorie patrimoniali" del diritto di credito.
24
Giorgianni , Obbligazioni, op. cit., pag. 192 ss.
45
LE TEORIE PATRIMONIALI E IL "BENE DOVUTO"
Le teorie patrimoniali che si sono succedute, nelle sottili
disquisizioni circa l’oggetto del diritto di credito, sono legate a
nomi prestigiosi della cultura giuridica, a partire dal Savigni e da
Windscheid. Queste teorie considerano come fulcro del rapporto
obbligatorio l’elemento patrimoniale, il bene oggetto della
prestazione obbligatoria, che in quanto è sempre suscettibile di
una valutazione economica. Essendo l'interesse creditorio
soddisfatto dalla prestazione, ed essendo essa costituita da un
oggetto valutabile in danaro, si è ritenuto che l’interesse potesse
essere soddisfatto da qualsiasi mezzo, disposto dall’ordinamento,
tra cui anche l’adempimento del debitore. Ciò che si garantisce è
la realizzazione del risultato economico a cui il creditore tende ,
finendo per dare diversa rilevanza alle posizioni obbligatorie, con
una maggiore considerazione del momento realizzativo, del
diritto credendi rispetto a quello attuativo del dovere debendi.
46
Nell'ambito della struttura del rapporto, quindi, si è finito
per accentuare il "dover ricevere" del debitore al posto del "dover
dare" del debitore , volendo significare con ciò che l’obbligazione
svolge la sua funzione e si esaurisce anche quando il dovere non
venga
osservato;
mentre
la
caratteristica
essenziale
dell’obbligazione è costituita dalla necessità che il creditore
raggiunga l'oggetto della prestazione, e non che il debitore
adempia. Tenendo presente ciò che si comprende la ricostruzione
dogmatica fatta dalla teoria facente capo al Koepen, il quale ha
considerato l’obbligazione come un diritto al valore economico
della cosa dovuta realizzabile sul patrimonio del debitore.
Strutturando l'obbligazione in questi termini si evidenzia la
possibilità pragmatica, per il creditore, di raggiungere l'oggetto
del proprio diritto mediante esecuzione forzata, in quanto si
realizzerebbe il valore in danaro della cosa dovuta. Per cui
oggetto del diritto di credito costituito dal valore della cosa
dovuta, la cui acquisizione può essere effettuata in qualsiasi
momento,
venendo
ed
essere
47
considerato
come
aspetto
fondamentale, tale da giustificare la qualifica di diritto subbietivo
alla posizione giuridica del creditore, la possibilità di realizzare
coattivamente il
valore della prestazione sul patrimonio del
debitore25.
E' stato però obiettato che l’esecuzione forzata garantisce
solo l’equivalente in danaro del valore della cosa dovuta,
percependo un surrogato di quello che costituisce oggetto
dell’obbligazione e per il quale l’interesse creditorio può essere
soddisfatto. L'obbligazione è strutturata per garantire al creditore
l’acquisizione della cosa dovuta, oggetto della prestazione, e
come tale deve entrare a far parte del suo patrimonio, e non come
semplice somma di danaro, quale ricavato di una vendita. Il
debitore è tenuto ad avere un dato comportamento che ha origine
nel vincolo giuridico per realizzare un certo risultato, cioè è
sempre tenuto ad assolvere una prestazione personale per
garantire l’assunzione del bene giuridico nel patrimonio del
creditore. E' in relazione a ciò che bisogna distinguere la
25
Giorgianni , op. cit. pag. 197 ss
48
prestazione dal suo oggetto, giacché prestazione vuol dire il
contegno dovuto dal debitore, cioè il complesso dell’attività che
deve svolgere per soddisfare il creditore, oggetto della
prestazione, è, invece, il contenuto dell’obbligazione, il bene che
il creditore attende. Si può affermare conseguentemente che
l’oggetto è il risultato della prestazione vista dal debitore, mentre
il risultato è l’oggetto della prestazione vista dal creditore; è
chiaro che quest’ultimo mira al risultato del comportamento del
debitore per soddisfare il proprio interesse26. Questo risultato non
può non avere, come suo contenuto, il bene dovuto, per cui
oggetto del diritto del creditore non può non essere che questo
bene. Tutto ciò è stato sostenuto da insigni giuristi appartenenti
alla teoria del "bene dovuto", in base alla quale, il diritto del
creditore ha come oggetto, non l'atto del debitore, ma il bene
giuridico al cui conseguimento l’atto è predisposto. Ciò che si
vuole evidenziare è la finalità che l’ordinamento giuridico si pone
attraverso il rapporto obbligatorio, cioè di far raggiungere al
26
Miccio, op. cit. pag. 4 ss.; Cicala , Saggi, Napoli, 1990 pag. 9
49
creditore il "bene ", la cui realizzazione viene demandata al
debitore, ma non come l’unico strumento atto a realizzare
l’interesse creditorio. L'attività solvendi viene ad essere
considerata come un semplice mezzo, tra gli altri concessi dalla
norma,per la realizzazione dell’interesse, il cui collegamento con
il bene è sempre garantito. In questo modo perde il suo ruolo da
protagonista il debitore, in quanto considerato mero strumento
attuativo, fino a divenire una figura dai contorni assai ambigui,
per cogliere il vero significato del metodo adottato.
Lo spessore contenutistico della figura del debitore si
dissolve del tutto nella teorizzazione effettuata dal Carnelutti, il
quale pur essendo un sostenitore della teoria del bene dovuto,
considera
l’oggetto
dell’obbligo
del
debitore
non
un
comportamento positivo, di far pervenire al creditore il bene, ma
di "pati" di lasciarlo prendere dal proprio patrimonio. In tal modo
Egli giunge a parificare la posizione in cui la legge pone il
debitore nei confronti del creditore, a quella che il debitore ha nei
confronti
dell’organo
esecutivo
50
incaricato
di
apprendere
forzatamente il bene. Il Carnalutti ricollega il "bene dovuto" al
potere del creditore non nel senso che la legge garantisce il suo
raggiungimento, ma nel senso più immediato per la realizzazione
della propria tutela, cioè attribuendogli il diritto di agire in ordine
al bene medesimo. E' facilmente comprensibile come il contenuto
del dovere del debitore si riduca ad una semplice limitazione della
sua libertà in ordine al bene, e cioè di permettere al creditore di
lasciar prendere o godere il bene dal proprio patrimonio. La sua
costruzione teoretica parte, dunque, dalla considerazione che il
diritto del creditore è un potere in ordine alla cosa dovuta e che
rispetto ad esso l’unica collaborazione che è possibile richiedere
al debitore non può consistere che nell’astensione atta a
permettere al creditore la realizzazione del suo potere sulla
"cosa". Questa costruzione gli consente di dimostrare che
l’esecuzione forzata rende attuato il contenuto del diritto del
creditore, poiché anche rispetto ad essa il debitore è tenuto ad
avere un comportamento di "mero pati". Tutto ciò è stato
sostenuto senza modificare i termini del rapporto obbligatorio,
51
ponendo sempre la perfetta correlazione delle due posizioni
soggettive, l’una di debito e l’altra di credito, essendo elementi
costitutivi del rapporto obbligatorio. Una certa artificiosità
teoretica, però, la si può riscontrare nella dimostrazione di ciò che
costituisce oggetto dell'obbligazione e ciò che è oggetto del
dovere, in quanto si è voluto distinguere un'attività eventualmente
positiva del debitore dal suo comportamento di "pati". L'Autore,
infatti, ritiene che l’eventuale attività positiva costituisce
contenuto dell'obbligazione, mentre il comportamento negativo
determina l'oggetto dell'obbligo, in quanto la prestazione sarebbe
caratterizzata dal tollerare che altri (il creditore) possano godere i
beni o le energie del debitore. Nell’obbligazione della
collaboratrice domestica, ad esempio, la
sua prestazione è
caratterizzata dal fatto che il "dominus" usufruisce delle sue
energie indirizzandole verso attività determinate, come cuocere le
vivande o rifare i letti, mentre se ella non fosse obbligata le
impiegherebbe per altri fini , o non le impiegherebbe affatto. Si
ha,
quindi,
un’inusuale
strutturazione
52
dell’inadempimento
dell’obbligo, in quanto se il diritto del creditore si rivolge al bene,
il comportamento di "mero pati "determinerebbe adempimento
dell’' obbligo, mentre il verificarsi dell’attività positiva debendi
costituirebbe un ostacolo all’esercizio del potere del creditore sul
bene, determinando l’inadempimento dell’obbligo.
La concezione carneluttiana si distingue per elaborazione
teoretica, senza però che venga mai meno il dato caratteristico
della struttura del rapporto obbligatorio che consiste nel
collegamento del dovere del debitore con il diritto del creditore,
dato che manca nella costruzione teorica di un altro esponente
della teoria del bene dovuti, il Nicolò, il quale nega che il "bene
dovuto " costituisca il punto di riferimento del dovere del
debitore. Il contenuto di questo dovere sarebbe dato da un
comportamento positivo o negativo, a seconda della natura della
prestazione, il quale costituirebbe un mero mezzo per garantire al
creditore il raggiungimento del bene dovuto, oggetto del suo
diritto. Il dovere del debitore ha una vita, un compito
completamente autonomo ed indipendente rispetto alla vita del
53
diritti del creditore, in quanto egli è tenuto ad avere solo un
determinato comportamento, senza che esso sia in assoluto lo
strumento
per
raggiungere
la
soddisfazione
dell'interesse
creditorio. Tutto ciò si può verificare facendo riferimento ai
diversi modi d’estinzione dell’obbligazione, caratterizzati dalla
non necessaria relazione tra i due termini del rapporto, come, ad
esempio, nel caso dell’esecuzione forzata o dell’adempimento del
terzo, nei quali si realizza il contenuto del diritto del creditore, ma
non per effetto dell’attuazione del contenuto dell’obbligo del
debitore. Si è anche rilevato, viceversa, che vi sono casi in cui il
debitore compie il contenuto del proprio obbligo senza che venga
contemporaneamente realizzato il diritto del creditore, come ad
esempio avviene nel caso di pagamento fatto per errore al
creditore apparente, e nel caso dell'offerta reale seguita dal
deposito della cosa dovuta. L'assenza di una perfetta correlazione
tra diritto e obbligo sarebbe dimostrata dalla considerazione che ,
se dal punto di vista strutturale sono paritetici, dal punto di vista
funzionale si trovano su piani completamente diversi. Il dovere
54
del debitore eserciterebbe, rispetto al diritto creditorio, infatti ,
una funzione tipicamente strumentale, che in una fase preliminare
si esprime nella garanzia che l’ordinamento giuridico assicura al
creditore
attraverso
l’imposizione
dell’obbligo,
e
successivamente, cioè quando l’obbligo viene adempiuto, esso
determina un puro mezzo idoneo a realizzare il diritto; per cui
tutta l’obbligazione è strutturata per garantire il conseguimento
del bene dovuto, oggetto del diritto del creditore.
Prescindendo dal diverso modo di strutturare lo stesso
fenomeno, le contrapposte tesi sono accomunate dallo stesso
risultato finale, cioè dall’affermazione teoretica in base alla quale
l'oggetto del diritto del creditore sia costituito dal raggiungimento
del "bene dovuto". E' proprio il risultato a cui perviene questa
teoria che costituisce il principale elemento d’allontanamento
dalla cosiddetta "teoria tradizionale" che pone al centro della
55
propria indagine l'elemento personale, il comportamento del
debitore, considerandolo come oggetto del diritto del creditore27.
27
Giorgianni , op. cit . pag. 200 ss
56
LE
DOTTRINE
COSIDDETTE
"PERSONALI":
IL
COMPORTAMENTO DEL DEBITORE
Nell'ambito della dottrina contemporanea si assiste ad una
rivalutazione della teoria tradizionale, la quale ritiene che
l'oggetto dell'obbligazione sia costituito dalla prestazione e che
essa consista nel dovere del debitore di assumere un determinato
comportamento per poter soddisfare l’interesse creditorio.
L’affermazione che l’obbligo del debitore abbia come
punto di riferimento la prestazione e, che questa consiste in un
comportamento del soggetto passivo è dimostrata dall’insieme
delle regole giuridiche dettate per disciplinare il fenomeno
dell'adempimento. La legge, infatti, caratterizza il contenuto del
dovere debendi con elementi che riguardano il soggetto-debitore ,
imponendogli una certa diligenza nell’adempimento (art. 1176
c.c.) , ricollegando la sua responsabilità, per il ritardo,
l’inesattezza o l'inesecuzione della prestazione, alla violazione
dolosa o colposa del dovere (artt.1225, 1229, Comma I, 1228
57
c.c.), considerando fatti la cui esistenza rendono impossibile la
realizzazione dell’obbligazione per causa a lui non imputabile
(art. 1218)28. L'obbligo, avendo come contenuto la condotta del
debitore, viene ad essere adempiuto solo con il suo verificarsi,
senza che in qualche modo sia legato al risultato del suo
comportamento. Ciò è dimostrato dalla considerazione che il
debitore, realizzando il contenuto del suo dovere, è liberato
dall'obbligazione, anche se il creditore non raggiunga il
soddisfacimento del suo interesse, come avviene nel caso del
pagamento fatto al creditore apparente o nell’ipotesi d’offerta
reale seguita dal deposito, o da atti equivalenti.
La teoria tradizionale non fa altro che invertire i termini
teoretici della teoria del "bene dovuto", in quanto l’utilità'
desiderata può essere realizzata solo se vengono posti tutti gli atti
idonei a raggiungerla. Per cui il diritto del creditore non può avere
come oggetto quest’utilità, il bene considerato, ma deve
indirizzarsi nei confronti delle operazioni, cioè il comportamento
28
Rescigno , voce Obbligazione, in Enciclopedia del diritto, op. cit. pag.184
58
del debitore: diritto del creditore si dirige nei confronti della
condotta debendi per raggiungere il bene. Tutto ciò si spiega in
quanto il diritto di credito ha una natura eminentemente evolutiva,
dinamica che caratterizza tutta la vita del diritto, che si presenta
come un continuo modificarsi di stati, al fine di raggiungere il
bene. Questa particolare propensione al bene testimonia lo stato
di legittima attesa creditoria, in quanto il bene in questione non è
ancora entrato nel suo patrimonio, ma fa parte della sfera
giuridica del debitore, il quale se lo deve, vuol dire che n’è
proprietario. Si verifica quel fenomeno generale per il quale il
credito si presenta come moltiplicatore della circolazione dei
beni,
in
quanto
si
verifica
che
il
bene
si
trovi
contemporaneamente nella sfera giuridica e patrimoniale di due
distinti soggetti: quella del proprietario e quella del creditore del
suo proprietario. Per cui il debitore (proprietario del bene) si pone
come un divisore, come un distanziatore (diaframma) tra il bene
ed il creditore, rilevando che il creditore non ha un diritto sul
bene dovuto, ma ha un diritto ad avere il bene. La sua funzione è
59
quella di acquisire il bene che, una volta realizzata, fa si che il
diritto diviene diritto sul bene ed, in quanto tale, si estingue. Il
diritto di credito, infatti, ha carattere provvisorio in quanto vive e
trasforma in un tempo limitato per l’acquisizione del bene, ed una
volta che esso è entrato nel patrimonio del creditore, il diritto si
distacca dal suo titolare e si dissolve; per cui se si ha la proprietà
del bene non si ha diritto, se si ha diritto non si ha la proprietà del
bene. Se il diritto di credito non è un diritto sul bene, è un diritto
caratterizzato dalla necessità giuridica di avere il bene, che gli
può essere assicurato solo da quelle serie d’operazioni debendi,
che lo pongono in diretto rapporto con il bene. Ciò vuol dire che
non solo il debitore è sempre tenuto ad avere un certo
comportamento che atto a garantire l'acquisizione del bene, per
cui solo quest’attività debendi può essere oggetto del diritto del
creditore. In virtù del vincolo giuridico il debitore pone una
limitazione alla sua volontà e alla sua libertà futura, in quanto
dovrà tenere nei confronti del creditore un certo comportamento
che costituisce la prestazione. E' ad essa che bisogna riferirsi
60
poiché da essa non si può prescindere per la realizzazione del
diritto del creditore, in quanto egli è interessato solo al risultato di
quella determinata prestazione.
Si è obiettato il comportamento del debitore non può
costituire oggetto del diritto creditorio, in quanto l'attività debendi
inerisce la persona del soggetto passivo e come tale non può
essere considerato come punto di riferimento del potere derivante
dalla natura del diritto soggettivo. L'impossibilità che il diritto
soggettivo possa avere come oggetto il comportamento del
soggetto passivo è stato affermato con maggior forza nei
confronti delle obbligazioni di fare che hanno come oggetto un
servizio, un 'attività, il cui contenuto può essere del più vario
compreso il semplice consenso. Esse, quindi, hanno come oggetto
atti che si riferiscono alla persona del debitore, per cui il
comportamento
del
debendi,
essendo
attività
volontaria
caratterizzata come atteggiamento della sua personalità, non può
essere oggetto del diritto di credito.
61
L’obiezione è superabile se si considera la natura del diritto
di credito e, soprattutto, quella del diritto soggettivo, in quanto il
credito, per sua definizione, è caratterizzato dalla relatività, e
come tale si dirige verso l'altro, il debitore, ma non è un diritto
sulla persona-debendi. La natura del diritto soggettivo fa si che il
soggetto sia titolare di un potere giuridico dal quale scaturisce una
posizione di supremazia e che gli garantisce l'attuazione della
tutela normativa, in caso di non realizzazione del suo oggetto.
Stabilire i confini entro cui si può delineare il contenuto
dell’oggetto è importante per stabilire se la posizione di
preminenza può essere costituita,
e quando il soggetto-titolare
possa utilizzare il potere, senza che venga superato l'ambito
d’applicazione della tutela giuridica. In particolari situazioni, così
come non si può avere un potere sulla persona, non si può
neanche parlare di potere sul patrimonio del subbietto passivo, in
quanto la realizzazione della pretesa creditoria non può
indirizzarsi su un bene determinato, poiché questo bene non esiste
nella sfera giuridica debendi. Il ricco imprenditore, ad esempio,
62
che ingaggia un tenore, per far si che canti in una festa, non può
non avere come oggetto del suo diritto il canto, cioè un'attività
che riguarda una qualità personale del soggetto-debitore, che,
come tale, non può mai essere considerata come bene esistente
nel patrimonio debendi. Questo comportamento, se dal punto di
vista dell’obbligo, viene considerato una limitazione della libertà
dell'obbligato, non può essere considerato un valido argomento
per giustificare l'impossibilità che essa diventi oggetto di diritto,
soprattutto quando è dettato dalla libera scelta del soggetto
adempiente. La particolare attività solvendi, infatti, se rientra
nella sfera autonoma e disponibile di un determinato soggetto, e
se quest’ultimo accetta di limitarla in cambio di una determinata
controprestazione, non vi sono ostacoli a considerare come
oggetto del diritto di credito quella parte d’autonomia privata
della quale il soggetto si priva, mettendola a disposizione del
creditore. Ulteriore conferma del risultato teoretico raggiunto è
rappresentato dall’esempio dell’obbligazione negativa di non
fare, che ha per oggetto l'obbligo del gestore di un cinematografo
63
di non proiettare un certo film nei giorni in cui questo viene
programmato in una sala vicina. In questo caso è palesemente
evidente che oggetto del diritto di credito del proprietario della
sala cinematografica accanto non può non essere che il
comportamento negativo di quel determinato soggetto. Vi è una
perfetta correlazione tra adempimento dell'obbligo e realizzazione
del diritto in virtù dell’attuazione del comportamento del soggetto
passivo, mentre la mancata attuazione dell'obbligo implica lesione
del diritto con relativa nascita del potere derivante dalla
situazione di preminenza caratterizzante il diritto soggettivo. Il
potere ha la sua funzione nel tutelare il creditore contro
l’inadempimento,
cioè
nella
possibilità
giuridica
di
un
risarcimento nel caso in cui si fosse verificato il danno. Esso
rende giuridicamente possibile risarcimento del danno causato
dalla violazione dell'obbligo, e come tale, quindi, s’indirizza non
al comportamento ma alla responsabilità del debitore, per la quale
risponde delle obbligazioni con tutto il suo patrimonio. Non c'è,
quindi, incompatibilità tra il potere inerente al diritto soggettivo e
64
l'oggetto del diritto di credito costituito dal comportamento del
debitore, potendo coesistere in una perfetta simbiosi giuridica29.
La teoria tradizionale ha dato una rilevanza particolare al
comportamento del debitore, inteso come oggetto del diritto
creditorio, in quanto lo considera come l’unico modo per
soddisfare l’interesse del creditore, a cui tutta l'obbligazione
tende.
La disputa dottrinale sulla determinazione di cosa potesse
formare oggetto del diritto del creditore sottintende una più ardua
problematica che come suo principale argomento teoretico la
struttura e la funzione che l'interesse creditorio ha all'interno del
rapporto obbligatorio. L'analisi della natura e dei differenti modi
che possono determinare la realizzazione dell'interesse hanno
posto un fondamento teoretico per la possibile verifica
dell'esistenza del diritto, accanto all'obbligo, del debitore di poter
attuare l'oggetto della propria prestazione.
29
Miccio , le Obbligazioni, op, cit, pag. 5 ss.
65
L'INTERESSE DEL CREDITORE.
L'obbligazione presuppone che l'obbligo del debitore trovi
il suo punto di riferimento soggettivo nell’interesse di un soggetto
determinato che di tale obbligo risulti l'immediato destinatario.
L’interesse, che in generale significa bisogno obiettivamente
valutabile di usufruire di beni o di servizi, nel rapporto
obbligatorio si specifica come elemento funzionale, in quanto
tutta l'obbligazione è strutturata per realizzarlo. Esso è necessario
nel momento in cui il rapporto si costituisce e durante tutta la sua
vita, in quanto l’obbligazione non sorge se tale interesse viene
meno o se la prestazione non è in grado di soddisfarla , e inoltre il
suo venir meno è causa di estinzione dell'obbligazione. In
maniera più incisiva l'interesse è stato definito come elemento
fisionomico, cioè facente parte della sua fisionomia costitutiva e
per la quale è destinato ad essere attuato dal dovere del debitore30.
Il carattere costitutivo dell'interesse creditorio, e la sua rilevanza
30
Giorgianni , Obbligazioni, op. cit. pag. 58; Di Maio . Delle Obbligazioni op. cit. pag 265.
66
sulle sorti del rapporto, sono stati contestati da alcuni illustri
giuristi, in quanto questi ultimi hanno dato maggiore rilievo al
fatto che l'obbligazione perderebbe la sua certezza giuridica se
dovesse dipendere da un elemento che attiene alla sfera interna
del creditore, e che si presta ad essere difficilmente valutato.
Questa obiezione è stata facilmente superata poiché si è ritenuto
che il suo carattere costitutivo trova conferma in un principio che
deve essere considerato basilare nel nostro ordinamento: ossia che
tutti i diritti sono posizioni attribuite al soggetto per la tutela di un
suo interesse. Espressione di tale principio e conferma del suo
carattere costitutivo è contenuta nella norma che lo prevede,
infatti l'art. 1174 espressamente sancisce "la prestazione deve
essere suscettibile di valutazione economica e deve corrispondere
a un interesse anche non patrimoniale del creditore." La formula
legislativa distingue con chiarezza la prestazione, che forma
oggetto dell'obbligazione deve avere carattere patrimoniale,
dall’interesse, nei cui confronti essa si indirizza, che non deve
essere suscettibile di valutazione economica. Dalla norma, quindi,
67
si possono distinguere due disposizioni: l'una riguardante la
pecuniarietà della prestazione e l’altra riferita all’interesse.
Una lettura frettolosa della norma indusse a ritenere che il
carattere patrimoniale della prestazione non fosse un requisito
necessario in quanto non lo era per l’interesse, per cui si arrivò a
formulare il principio in base al quale la prima disposizione
annullava la seconda. L'equivoco fu chiarito da esponenti di
spicco della nostra dottrina , tra cui Scialoja, il quale sottolineò
l’importanza normativa della distinzione e l’impossibilità di
ricadere in stati confusionali di fronte al chiaro modo con cui è
espresso l'art.117431. Il legislatore conferma, quindi, che
l'obbligazione non è destinata soltanto a soddisfare gli interessi
patrimoniali del soggetto, ma anche i suoi interessi culturali,
religiosi , morali cioè i non patrimoniali; data l'infinita varietà di
bisogni dell'uomo si conferma che il rapporto obbligatorio sia, più
di ogni altro istituto giuridico, il più adatto a soddisfare questi
bisogni. La funzione che l’obbligazione possa avere di soddisfare
31
Miccio op. cit. pag. 8.
68
un interesse non patrimoniale del creditore è riconosciuto anche
nelle fonti romane, tra le quali un brano del Digesto XVII, 1 di
Papiniano che ci narra :"placuit enim prudentioribus affecus
rationem in bonae fidei iudiciis habendam"32. Innumerevoli
esempi di dette obbligazioni si possono ritrovare nella nostra
cultura giuridica come quella caratterizzata dalla presenza
dell'obbligo di non suonare il violino assunto dal vicino di casa , o
quella in cui l'obbligo è assunto verso il domestico di lasciarlo
libero un giorno della settimana.
La disposizione contenuta nella seconda parte dell'art.1174
ribadisce un principio che è completamente autonomo rispetto
alla distinzione enunciata nella norma, cioè quello che la
prestazione deve corrispondere ad un interesse del creditore
Quest'interesse che, per sua natura può essere anche non
patrimoniale, deve essere tipico, cioè non si deve identificare con
quello concreto e individuale del singolo creditore, ma con
32
In tale frammento viene riportato il caso di un mandato di manomettere uno schiavo ed
per il quale mandato potrebbe agire anche il venditore "affectus ratione". Scuto , op. cit.
pag.73
69
l'interesse tipico di un determinato rapporto. La differenza si può
riscontrare nei loro distinti caratteri strutturali in quanto l'interesse
tipico inerisce il rapporto ed è soddisfatto dalla prestazione,
mentre l'interesse individuale fa riferimento solo al movente che
ha dato luogo al costituirsi del rapporto in questione, senza però
avere alcuna influenza sulla successiva vita del rapporto. Nella
maggior parte dei casi, poi, l'interesse tipico ha una sua finalità
che non coincide con quella dell’interesse individuale, che in caso
di conflitto non assume rilevanza giuridica. Si pensi all'ipotesi di
un decreto che blocca i possibili licenziamenti, facendo divieto
alla aziende di un particolare tipo. In questo caso abbiamo che
l’interesse individuale viene meno per il contrasto con il dettato
del decreto che impone di non licenziare gli operai, ma ciò non
toglie che l'interesse tipico di quel determinato rapporto
obbligatorio venga soddisfatto, in quanto l'operaio svolgendo il
proprio lavoro, soddisfa in pieno l'interesse di quel tipo di
obbligazione che garantisce un tipo di produzione. Solo l'interesse
tipico può essere oggetto di attenzione giuridica e come tale esso
70
costituisce il punto di riferimento dello studio dei diversi modi
che si possono determinare per soddisfarli.
71
I DIVERSI MODI DI SODDISFAZIONE DELL’INTERESSE
CREDITORIO.
La dottrina, nell'assolvere il compito teorico di verificare
l’esistenza di questi diversi modi di analizzare l'interesse, ha
posto la propria attenzione all’interno del rapporto, e più
precisamente lo studio giuridico si è indirizzato nel determinare
quale fosse l'oggetto del diritto di credito, e quale attività
giuridica potesse garantire la realizzazione dell'interesse. Le
teorie che si sono susseguite sul palcoscenico giuridico partono
dal diverso rilievo dato all'elemento patrimoniale ed all'elemento
personale dell'attività solvendi, con diversa soluzione al problema
intorno ai diversi modi di soddisfazione di questo interesse. La
teoria del bene dovuto considera oggetto del diritto il bene, e
come tale la sua realizzazione può essere determinata da qualsiasi
attività che lo possa realizzare. Il debitore viene considerato come
un puro mezzo per la realizzazione dell'interesse in quanto esso
può essere raggiunto sia mediante esecuzione forzata, sia
72
mediante adempimento del terzo. L'ordinamento giuridico
concede al titolare del diritto una serie di poteri atti a garantire
l'attuazione del suo diritto e la soddisfazione del proprio interesse.
Questi poteri si indirizzano nei confronti di apparati dello Stato
che hanno come compito quello di realizzare la pretesa creditoria.
Per cui gli organi dell'apparato esecutivo, una volta, che i poteri
sono stati utilizzati nel richiedere l'intervento di questi ultimi, non
fanno altro che agire coattivamente, garantendo l'acquisizione del
bene. La possibilità che l'obbligazione possa essere adempiuta da
un soggetto estraneo al rapporto è garantita dalla norma contenuta
nell'art. 1180 c.c., che si pone come argomento normativo per
eccellenza il più esaustivo per testimoniare che la soddisfazione
dell'interesse non può essere legata all'attività debendi. Si
garantisce l'estinzione dell'obbligazione determinata da un
comportamento di un terzo, per cui implicitamente si ritiene
realizzato
anche
l'interesse
creditorio,
con
la
conferma
dell'esistenza di più mezzi giuridici atti a garantire l'attuazione.
Questi diversi strumenti soddisfattivi sono accomunati da
73
un’identità di funzione, in quanto tutti sono diretti a garantire la
realizzazione dell'interesse creditorio in virtù della particolare
struttura
dell'obbligazione
caratterizzata
dalla
finalità del
raggiungimento del risultato dovuto. Ciò è testimoniato dalla
stessa concezione teoretica Hartmann, il quale considera
l'obbligazione come un rapporto giuridico di tensione, indirizzato
al conseguimento dello scopo. La stessa realizzazione dello scopo
costituisce un punto di riferimento completamente diverso per i
sostenitori della teoria tradizionale, i quali considerano che la
realizzazione dell'interesse creditorio possa essere effettuata con
un solo mezzo giuridico: il comportamento del debitore. La teoria
del comportamento dovuto, considerando oggett
realizzazione, cioè un interesse generico ad ottenere l'attuazione
dell'oggetto del proprio diritto. Ciò si spiega dal fatto che il
creditore, mediante esecuzione forzata, non raggiunge sempre lo
stesso bene che avrebbe costituito il risultato della prestazione,
ma, nella maggior parte dei casi, si raggiunge che un bene
totalmente diverso, costituito da una somma di denaro
corrispondente al danno causato dall'adempimento. Nel caso, ad
esempio, che l'oggetto dell'obbligazione sia un quadro di un certo
autore, e come tale insostituibile, l'inadempienza del pittore
determinerebbe solo la possibilità per il creditore di essere
risarcito del danno patrimoniale, ma non potrà mai soddisfare il
vuoto lasciato dall'acquisizione di un opera d'arte. Si è preso, in
considerazione solo un interesse generico, di realizzare il credito,
che come tale ha un carattere economico ed è posto fuori dal
rapporto obbligatorio, senza, quindi, aver dato la giusta rilevanza
a quello che viene designato come interesse specifico che fa parte
del rapporto ed è indirizzato ad ottenere il solo oggetto del diritto
di credito posto in obbligazione. Si è obbiettato che la
75
realizzazione dell'interesse del creditore può essere garantito
dall'esecuzione forzata in forma specifica nel senso che essa non
si indirizza verso un bene sostitutivo, o equivalente al bene
dovuto (risarcimento del danno realizzato in una somma di
denaro) ma nel far sì che il creditore possa ottenere lo stesso bene
in caso di lesione del suo diritto. Nelle obbligazioni negative, vi è
un obbligo primario del debitore di non fare, di non avere un
determinato comportamento, come ad esempio di non costruire
un fabbricato ad una certa distanza, il quale può essere violato
ponendo in essere il comportamento (es. costruire il fabbricato).
L'intervento dello Stato si effettua in questi casi, con una serie di
operazioni degli organi giudiziari diretti alla distruzione quanto il
debitore ha effettuato in violazione dell'obbligo, ripristinando lo
status quo. Per cui l'esecuzione forzata in forma specifica viene
ed essere considerata come un idoneo strumento atto a realizzare
l'obbligazione, pari all'adempimento del debitore considerando
entrambi capaci di compiere la stessa funzione soddisfattiva.
Questa esecuzione forzata può essere considerata, quindi, come
76
strumento idoneo a soddisfare perfettamente il medesimo
interesse che avrebbe trovato uguale soddisfacimento per mezzo
dell'adempimento del debitore.
Questa parità di effetti viene ad essere smentita dalla
constatazione che ad un’uguaglianza funzionale non corrisponde
la realizzazione dello stesso interesse. L'esecuzione forzata e
l'adempimento hanno in comune, infatti, solo un risultato
mediato, che sarebbe rappresentato dall'interesse generico del
creditore, dalla realizzazione di un generico interesse tipo del
creditore (es. nell'obbligazione negativa è quello di non
modificare un determinato stato) mentre si differenziano per il
risultato immediato che possono raggiungere. La considerazione
nasce dalla diversa struttura dei rapporti che
intercorrono tra il
creditore e il debitore e tra il creditore e gli organi dell'apparato
esecutivo in quanto ciò che si pretende dal debitore è diverso da
ciò che si richiede all'organo esecutivo.
77
Se prendiamo in considerazione la struttura di una
qualsiasi obbligazione ci rendiamo conto della differenza dei due
rapporti, in quanto l'attività richiesta dal creditore al soggetto
passivo determina la soddisfazione di un interesse diverso rispetto
a quello detenuto dal titolare della posizione attiva nei confronti
della struttura processuale statale. Nelle obbligazioni negative
l'interesse tipico è caratterizzato dal mantenimento dello status
quo il quale viene violato da un comportamento positivo del
debitore consistente nel porre in essere l'attività considerata (es.
costruzione di un fabbricato). Una volta violato l'obbligo, sorge in
capo al creditore un interesse al ripristino dello status quo
(distruzione del fabbricato) è per la soddisfazione di questo nuovo
interesse che la legge impone, a richiesta del creditore, certe
operazioni agli organi dello Stato a ciò proposti.
78
Siamo, quindi, in presenza di due interessi diversi, l'uno
attinente al rapporto obbligatorio e l'altro che si pone al di fuori
dell'obbligazione in quanto nasce come necessità giuridica di
garantire il ripristino dello status quo. L’interesse tipico
considerato , quindi, è solo quello nascente dall’obbligazione,
cioè di non alterare lo status quo e, come tale, può essere
realizzato solo dal comportamento del debitore.
La teoria tradizionale, quindi, arriva ad un risultato
teoretico opposto a quello della teoria del bene dovuto, le cui
affermazioni non possono essere smentite neanche dalla presenza,
nell'ambito del sistema normativo, della disposizione contenuta
nell'art. 1180 c. c. riguardante l'adempimento del terzo. I risultati
raggiunti per l'esecuzione forzata possono essere applicati anche
al caso in cui l'obbligazione venga estinta dall'adempimento del
terzo, in quanto qui l'interesse che si considera implicitamente
realizzato non è quello specifico del rapporto obbligatorio, ma la
realizzazione di un generico interesse ad ottenere un determinata
attività soddisfattiva. Il parallelismo di risultati termina nel
79
momento che viene presa in considerazione la diversa funzione
assunta dai due strumenti in quanto, mentre l'esecuzione forzata
costituisce uno strumento messo a disposizione del creditore,
affinché, ove il debitore violi il suo dovere, raggiunga
la
realizzazione del proprio diritto, altrettanto non può dirsi per
l'adempimento del terzo.
Esso è un possibile modo di realizzare l'obbligazione la cui
funzione viene ad essere ricercata nella sua ratio, la quale non
costituisce punto di contatto con il rapporto sottostante. Il terzo,
infatti, interviene senza che il creditore abbia una pretesa nei suoi
confronti, ne che quest'ultimo abbia un particolare dovere da
assolvere, anzi in alcuni casi la sua attività può essere realizzata
anche contro la volontà del creditore. Per cui l'intervento del terzo
non fa altro che rendere inutile
il rapporto obbligatorio
tra
creditore e debitore, la cui previsione legislativa è dettata solo
dalla necessità
giuridica di non lasciare vuoti legislativi sui
possibili modi diversi di estinguere l'obbligazione. La norma
contenuta nell'art. 1180, quindi, non può essere considerata come
80
valido argomento atto a smentire l'approvazione teorico della
teoria tradizionale in base alla quale l'obbligazione designa quel
rapporto in virtù del quale è titolare di un interesse che deve
essere soddisfatto dal comportamento del creditore; il diritto del
creditore designa nient'altro che la posizione attiva in cui viene a
trovarsi il soggetto titolare di quell'interesse33. Le varie
teorizzazioni sulle diverse possibilità giuridiche di realizzare
l'interesse creditorio hanno posto l'attenzione sul problema di un
interesse proprio del debitore a realizzare l'interesse dal lato
attivo. Si è discusso se nell'assumere di questo proprio obbligo il
debitore potrebbe essere animato da un proprio interesse non solo
alla costituzione del rapporto ma soprattutto alla liberazione dal
vincolo mediante attuazione della prestazione. L'indagine si dirige
all'interno del rapporto obbligatorio nel verificare se questo
interesse esiste e quali caratteristiche possa assumere, e , a questo
scopo possano essere utilizzate alcune fattispecie tipizzate le quali
garantiscono un valido supporto teoretico all'analisi intrapresa.
33
Giorgianni op. cit .pag. 215 ss.
81
La mora credendi, l'adempimento del terzo, la remissione del
debito sono istituti considerati dai vari autori capaci di porre in
evidenza la particolare posizione debitoria e comprendere quando
l'interesse all'adempimento possa costituire substrato di un diritto
.
82
II CAPITOLO
CONFIGURABILITA' DI UN DIRITTO SOGGETTIVO AD
ADEMPIERE DEL DEBITORE
TESI CHE RICONOSCE L'ESISTENZA DI UN DIRITTO
SOGGETTIVO AD ADEMPIERE
L'obbligazione nasce e si costituisce in virtù di un
particolare interesse, l’interesse creditorio, che deve essere
soddisfatto
dalla
prestazione
del
debitore,
a
cui
tutta
l’obbligazione tende. Quest'interesse, espressamente disciplinato
nell’art. 1174, non è il solo ad essere presente nel rapporto
obbligatorio, infatti, accanto ad esso possono essere individuati
interessi, sia appartenenti al lato attivo che al lato passivo del
rapporto considerato. La posizione di obbligato non esclude la
titolarità di situazioni di interesse emergerti dal rapporto, ma anzi
presuppongono che in determinati casi vi sia proprio un interesse
83
del debitore alla costituzione o all’estinzione del vincolo .Il
legislatore fa più volte riferimento all’interesse del debitore,
anche se però non ci da nessun chiarimento sulle caratteristiche
strutturali e funzionali di questo interesse, non avendo formulato
alcuna disposizione normativa pari a quella posta per tutela
dell’interesse creditorio, contenuta nel menzionato art. 1174. Non
essendo previsto da una norma positiva, la quale ne descriva la
natura ed il presupposto, non si può parlare d 'interesse , al quale
l’obbligazione dovrebbe tendere, ma di interessi aventi tutti la
stessa rilevanza giuridica, nascenti dal e per il rapporto in
momenti differenziati34.
La rilevanza dell'interesse debitorio infatti può verificarsi
sia nel momento costitutivo del rapporto, come nel caso
dell'assunzione dell'obbligo di trasportare al sol fine di avere in
cambio l'altrui compagnia, sia nella fase dell'adempimento del
rapporto, come per esempio, nel caso del fideiussore, che,
34
Enciclopedia del Diritto, op. cit. pag. 196; Breccia , Le Obbligazioni, Milano, 1991. pag.
52
84
essendo tenuto a surrogarsi nei diritti del creditore, ha un suo
interesse al pagamento ed all'estinzione dell'obbligazione.
Particolare rilevanza acquista l'ipotesi in cui il vincolo
obbligatorio sia stato assunto dal debitore al fine di compiere la
prestazione, cioè, di ottenere la liberazione dal vincolo ponendo
in essere il contenuto dell'attività solvendi. Il contenuto
dell'obbligo può avere
assumere
il
ruolo
rilevanza contenutistica tale da poter
di
causa
primaria
della
nascita
dell’obbligazione, come nel caso di un chirurgo che è stato
ingaggiato per una difficile operazione che rappresenta per lui un
interesse scientifico importantissimo.
Si è obiettato però, che l'interesse ad essere liberato
mediante adempimento apparirebbe non congruo e privo di
rilievo pragmatico se si
prendesse in considerazione le
obbligazioni pecuniarie. Il contenuto di queste obbligazioni è
sempre rappresentato dal dovere dare una certa somma di denaro,
per cui colui che paga
realizza una perdita patrimoniale, un
sacrificio che per chiunque sarebbe di difficile sopportazione. Per
85
cui si è ritenuto nella fattispecie vi sarebbe solo un semplice
interesse alla liberazione e non all'adempimento, in quanto si nega
che il soggetto passivo potrebbe essere titolare di un interesse a
pagare. Questa obiezione non tiene presente, però il sistema
organico dei fini connessi all'attività della prestazione, la quale
può presentarsi agli occhi di colui che la compie come un valore
positivo, sia dal punto di vista morale che patrimoniale, si da
richiedere una particolare tutela ad opera dell'ordine giuridico.
La protezione concessa dal diritto all'interesse del debitore
per il compimento della prestazione risponde alla particolare
rilevanza che esso assume all'interno del rapporto, il quale,
quando è supportato dalla volontà di adempiere, da luogo alla
costituzione di una nuova posizione soggettiva, accanto a quella
di obbligo.
La volontà, costituisce l'elemento per identificare nel
mondo esterno la consapevolezza di porre in essere quella serie di
attività
finalizzate ad un certo risultato. In questo caso esso si
realizza con il porre in essere tutte le operazioni necessarie per
86
garantire al creditore l'ottenimento del bene, oggetto della
prestazione. Si sono così realizzati i due elementi costitutivi di
quella particolare posizione soggettiva, definita di diritto
soggettivo: l'interesse e la volontà. In questi casi il debitore è
titolare di un vero e proprio diritto soggettivo o più precisamente
di
diritto
soggettivo
prevalentemente
ad
dogmatica
adempiere.
e
formalistica
Un’impostazione
del
rapporto
obbligatorio aveva escluso la possibilità che si costituisse un tal
diritto all'interno del
rapporto in quanto la struttura è
caratterizzata da un dovere del debitore di adempiere e il diritto
del creditore di pretendere l'adempimento. Più mature riflessioni
hanno parimenti smentito detta rigida contrapposizione e hanno
contribuito a chiarire che il rapporto obbligatorio ruota intorno ad
interessi diversi tali da poter garantire la pacifica convivenza di
un
diritto-obbligo, nell'ambito di una stessa posizione
soggettiva. La possibilità che in un medesimo rapporto
obbligatorio un soggetto abbia, ad un tempo, il dovere di tenere
un certo comportamento verso il creditore, ma insieme il diritto a
87
realizzare il contenuto del proprio
obbligo
si ricava da
moltissime ipotesi dedotte dal diritto positivo.
Tipico esempio si ha quando un soggetto deve consegnare
ad un altro la merce che ha nel proprio negozio, è chiaro che vi è
l'interesse del soggetto ricevente ad ottenere la merce ma, non si
può nemmeno trascurare che il soggetto adempiente abbia un
proprio interesse a consegnare la merce. Si osserva inoltre che ,in
certe figure, il concetto di diritto-dovere è estremamente visibile
in quanto le posizioni sono talmente legate tra loro da essere
considerate inscindibili come avviene nel contratto di società. In
questo tipo di contratto, si rileva che il socio ha non soltanto
l'obbligo di conferire la sua quota o di dare il contributo di
attività, ma anche diritto di prendere parte agli utili sociali35.
Altro esempio significativo è rappresentato dal contratto di
lavoro nelle sue più varie espressioni applicative. L’art. 18 dello
Statuto dei Lavoratori tutela la pretesa del lavoratore subordinato
di essere reintegrato nel posto di lavoro, poiché illegittimamente
35
Luzzatto,Le obbligazioni nel Diritto Italiano,Torino, 1950,pag.7ss
88
licenziato, concedendogli mezzi di coercizione sia diretti che
indiretti. Si è ritenuto che l’intera normativa , che ha introdotto
limiti ai licenziamenti, sia in funzione della tutela dell’interesse
del lavoratore al posto di lavoro, cioè all’esecuzione della
prestazione.
Tutto ciò si può evidenziare anche nella normativa dettata
per le prestazioni degli interpreti e degli esecutori di opere
artistiche, per le quali l'art. 48 della legge n. 633/1941 dispone
che detti lavoratori possono pretendere che il loro apporto venga
inserito e pubblicizzato nella riproduzione dell'opera36.
La posizione del debitore nel rapporto obbligatorio si pone,
dunque, sotto il profilo teleologico come interesse a conseguire la
liberazione mediante adempimento. L’estinzione del vincolo si
verifica solo quando si soddisfa l'interesse creditorio e si liberi il
debitore da qualsiasi aggravio, momenti questi che possono
realizzarsi pienamente solo con il compimento della prestazione.
36
Di Maio , Delle Obbligazioni in generale , in Commento al Codice Civile , a cura di
Scaloja-Branca , op.cit., pag . 402 ss
89
L'adempimento però, non sempre consiste nel realizzare una serie
di operazioni la cui connessione causale è lasciata alla sola
volontà del debitore, molto spesso per aversi la prestazione
necessita anche un'attività positiva del soggetto attivo. Ed è
proprio
in
riferimento
a
quest'aspetto
dell'adempimento,
costituito, da un fatto di collaborazione che quel particolare
interesse ad essere liberato assume un peculiare aspetto
caratterizzante le diverse posizioni soggettive del debitore o del
creditore. Riferito, infatti, all'attività di cooperazione del creditore
l'interesse presenta rilievo costitutivo in quanto diviene la base
per la determinazione dell’obbligo di ricevere la prestazione. Si
realizza una diversa contrapposizione di posizioni, in cui l’una è
caratterizzata da un obbligo del creditore di ricevere la
prestazione, e, l'altra costituita da un diritto del debitore di
adempiere l’obbligazione37. Un valido esempio di costituzione di
un obbligo credendi lo possiamo ritrovare già nelle fonti romane,
e precisamente nel Digesto possiamo leggere :"si is qui lapides ex
37
Falzea , L'Offerta Reale e Liberazione Coattiva del Debitore , Milano , 1947, de pag 33.
90
fundo merit, tollere eos nolit, ex vendito agi cum eo potest , ut eos
tollat " . Qui il compratore si era assunto anche (come parte di suo
corrispettivo) di sgombrare l’area del venditore, il quale pertanto
poteva costringerlo con l'actio vendicti ad effettuare la rimozione.
Questo esempio della vendite del materiale rimasto dalla
costruzione di un edificio evidenzia la funzione di quel
particolare
interesse
all’adempimento
che
caratterizza
la
posizione creditoria come un vero e proprio obbligo ad effettuare
una certa attività collaborativa.
91
DIRITTO
DEL
DEBITORE
AD
ADEMPIERE
E
CORRELATIVO OBBLIGO DEL CREDITORE DI RICEVERE
LA PRESTAZIONE.
Effettuando una disamina del contenuto delle leggi e dei
codici ci rendiamo conto che una normativa positiva che ci
indichi questa posizione di obbligo non è espressamente prevista.
La struttura del rapporto evidenzia
che la sua stessa
configurazione postula la presenza di una contrapposizione di
diritto obbligo, il cui diritto però, appartiene al soggetto attivo.
Per cui ci si rende conto che nella struttura di un rapporto può
anche mancare un atto del creditore necessario all'adempimento
dell'obbligazione, in quanto si può avere realizzazione dell'attività
solvendi avendo il debitore il completo dominio delle operazioni
attinenti alla prestazione, per la quale il creditore è in uno stato di
completa attesa di ricevimento del bene. Solo quando dalla natura
del rapporto emerge l'interesse del debitore ad eseguire la
prestazione, si ha il suo diritto, e non solo l’obbligo, ad attuarla e
92
il creditore a sua volta è titolare del relativo dovere di riceverla.
Classico esempio in cui si può rilevare la nascita di quest'obbligo
dalla natura del rapporto viene ad evidenziarsi nel contratto di
struttura teatrale. In questo contratto l'interesse del debitore, cioè
l'attore, deve intendersi tutelato mediante la nascita di un obbligo
di fare agire l'artista scritturato, posto a carico dell'impresario,
(cioè del creditore). Quest'obbligo del creditore, qualora non
derivasse dalla natura o dalla circostanza del negozio, può essere
fissato da un patto, in quanto è sempre concessa all'autonomia
privata la facoltà di regolamentare diversamente i propri interessi.
La libera disponibilità delle parti interviene quando la natura del
rapporto non richiede un comportamento attivo, potendo
riscrivere la disciplina giuridica dettata per quel determinato tipo
di rapporto, in quanto l'ordinamento gli conferisce il relativo
potere di strutturare diversamente
le posizioni giuridiche del
rapporto obbligatorio. Anche la legge può raggiungere questo
risultato, ma non può arrivare a strutturare un obbligo generale
del creditore in quanto ciò sarebbe sovversivo dell'intero sistema
93
giuridico, per cui l'obbligo dovrebbe essere imposto per legge
soltanto in quei rapporti che naturalmente lo necessitano. Il
creditore ha un proprio obbligo, quindi, o quando la natura del
rapporto evidenzia un particolare interesse del debitore , o quando
è stato stabilito dalla legge o da un patto. Una volta accettata
l'esistenza di quest'obbligo è interessante vedere quale sia la sua
posizione all'interno del rapporto obbligatorio e la sua natura
giuridica. L'indagine non può essere condotta se non si parte da
una critica
di quelle posizioni dottrinali che sono giunte a
risultati diversi, considerando dapprima la tesi che perviene a
formulare l'esistenza di un obbligo tour court del creditore38.
La costruzione dogmatica pecca di rigore tecnico-giuridico
in quanto è impensabile che per raggiungere e costruire un siffatto
38
Per la tesi che afferma l’esistenza di tale obbligo vedi per la dottrina
tedesca:Wolff, Die Lehre von der Mora , Gottingen 1845, pag 406 ,il quale
sostiene esplicitamente :"Die mora des cred
obbligo la prestazione deve degenerare in qualcosa di obbiettivo,
un valore a se stante che vincola sia il creditore che il debitore.
Gli obblighi corrono da una parte all'altra nelle posizioni
soggettive del rapporto, mentre la prestazione è oggetto nel quale
si racchiude l'attività di una delle due parti del rapporto. Ciò non
può essere considerato come valido argomento per ritenere che il
creditore sia vincolato alla prestazione non meno del debitore, in
quanto il contenuto dell'obbligazione del creditore nei rapporti
con l'adempimento è diverso rispetto a quello esistente con il
debitore. L'obbligo del creditore, infatti, quando esiste, è una
limitazione della sua libertà, nel senso che non può rifiutare la
prestazione, deve lasciarla eseguire39. Se, inoltre, si concepisse
l'obbligo del creditore posto nel medesimo piano dell'obbligo del
debitore, tutte le obbligazioni, almeno tutte il cui adempimento
esiga il concorso del creditore risulterebbe a struttura bilaterale.
La non accettazione di una simile teorizzazione non induce a
39
Bellini , Sull’Obbligo del creditore di prestarsi per l’adempimento dell’obbligazione in
"Riv. Dir:Civ."XIII,1921pag. 30 ss
95
considerare degna di fondamenta un'altra costruzione teoretica
che considera l'attività di cooperazione del creditore una mera
facoltà, con esclusione di ogni posizione di vincolo40.
L'interesse del debitore in questo modo non solo viene del
tutto sottovalutato ma se si ammettesse la possibilità per il
creditore di disporre liberamente del diritto di prestazione, nello
stesso senso e negli stessi termini di come si può disporre un
diritto reale, si dovrebbe convenire che nessuna conseguenza
pregiudizievole potrebbe derivare dal
rifiuto di ricevere la
prestazione. Ma così non è in quanto si costringe il debitore a
ricorrere a complesse procedure per sciogliere il vincolo, con
dispendio di attività che esorbita dai confini del suo obbligo e va
perciò indennizzato. L'impossibilità di strutturare
l'attività
creditoria in una facoltà di accettazione non può neanche
condurre o riscrivere o ridimensionare l'attività del creditore
40
Barassi, teoria generale delle obbligazioni , op cit., pag 68 e ss.
Per il diritto Francese vedi:Crome, Teorie fondamentali delle obbligazioni nel diritto
francese, Milano , 1908, pag. 187. Per il diritto tedesco vedi: Mommsen , Die Lehre von der
Mora , in"Beitrage zum Obligationencht",III,Braunschweig, 1885 , pag134 e ss ;
Hasenhorl, Das osterreichiosche obligationenrecht, II, Wien, 1889 pag 348 e ss.
96
configurandola come una figura di minor spessore rispetto
all'obbligo. E' stato sostenuto che la posizione
del creditore
rispetto all'attività di cooperazione è di onere in senso tecnico41.
Se si vuole concedere una vera e propria autonomia alla figura
dell'onere essa deve essere momentaneamente incentrata, nella
piena libertà di comportamento del soggetto, il quale, per il
conseguimento di taluni interessi di cui è titolare, deve sacrificare
altri interessi propri, mentre il soddisfacimento di interessi altrui
avrebbe soltanto rilievo mediato e indiretto42. Nello spazio
concettuale dell'onere non vi è possibilità di inserire la tutela
dell'interesse del debitore, giacché l'onere intanto si distingue
dall'obbligo, in quanto nessun interesse giuridico del terzo viene
pregiudicato dalla sua inosservanza. L'onere non è una posizione
41
In questo senso vedi:Betti , Teoria generale delle obbligazioni , vol II, op. cit., pag. 63.
Per la dottrina tedesca vedi:Matthiass, Lehebuch des Burgerlichen Rechts , 5°ed., Berlin,
1910 , pag 198; Buchka , die indirekte Verpflichtnug zur Leistung , Leipzig,1904, pag 5 e
ss; Schenker, Erfullungs-bereitshaft und Erfullungsangebot .Zur Lehre vom
Glaubigerverzug , in "Jher J. "LXXIX, 1928, pag 146; Ehrenzweig, System des
osterreichischen allgemeinen Privatrechts, 2° ed , II, Wien , 1928, pag. 389.
42 In questo senso vedi : Auletta , Istituzioni di diritto privato , Napoli, 1964, pag 80 e ss , il
quale ripone l’onere nella " necessità di un soggetto di sacrificare , mediante un proprio atto
, un proprio interesse per attuarne un altro."; Carnalutti , Lezioni di dir. proc. civ. , II,
Padova , 1931 , pag 127 e ss ; Sistema del dir. proc . civ., Padova , 1936 , pag 55 e ss.; Per il
diritto tedesco vedi : Goldschmidt , Der Prozess als Rechtslage , Berlin . 1925 , pag 118 e ss.
97
giuridica autonoma, ma vive nell'ambito di un diritto soggettivo;
la sua realizzazione comporta sovente sacrificio, patrimoniale o
personale, atto a dare attuazione al diritto medesimo. Esso si
concentra in una posizione di vincolo in cui viene a trovarsi il
creditore tutte le volte in cui la legge subordina la realizzazione
del diritto all'assunzione di un determinato contegno. Per cui la
figura soggettiva dell'onere è inidonea a definire la posizione
soggettiva del creditore in quanto rifiutando di effettuare il
proprio concorso si mette in gioco solo l'interesse del creditore e
non anche quello del debitore43. La dottrina che nega l'esistenza
di un vincolo del creditore rispetto all'attività di cooperazione si è
fermato all'ostacolo che solleva l'antitesi tra diritto e obbligo: data
la presenza del diritto alla prestazione sembrerebbe una vera e
propria contraddizione in termini strutturare
un obbligo.
L'esperienza giuridica mostra però ipotesi sempre più complesse
di interferenza tra posizioni soggettive che impongono di
rettificare l'idea
43
tradizionale, molto semplicistica
e astratta,
Ravazzoni , Mora credendi, In Novissimo Digesto , X; Torino, 1964, pag. 904.
98
dell'esistenza di un’antitesi tra obbligo e diritto. In un rapporto
obbligatorio fondamentale si costituiscono posizioni giuridiche
diverse che molto spesso assumono fisionomie inverse e
reciprocamente opposte. E' necessario stabilire all'interno del
rapporto delle zone di libertà, di regolamentazione di confini in
modo da delineare il potere riservato al creditore. Questo potere
non è altro che l'estrinsecazione del contenuto del diritto
soggettivo creditorio, in quanto
indirizzato a realizzare la
prestazione debitoria. Sicché la zona di libertà del soggetto attivo
si esaurisce nella possibilità di pretendere la prestazione e di
conseguenza quella di disporre del diritto. Ed è proprio nella zona
che residua dalla pretesa di ricevere la prestazione, può emergere
l'interesse del debitore a un determinato comportamento del
creditore, potendosi creare, quindi, un vincolo giuridico. Il dovere
di cui il soggetto attivo è titolare discende da un più generale
dovere che la legge impone al titolare di ogni diritto soggettivo,
quello cioè di non oltrepassare i confini delle facoltà accordate
99
dall'ordine giuridico per soddisfare il proprio diritto, aumentando
l'aggravio del soggetto passivo.
100
OBBLIGO DEL CREDITORE SULLA BASE DEL PRINCIPIO
CONTENUTO NELL'ART. 2043 c.c..
Il credito, essendo un privilegio legato alla titolarità del
soggetto attivo, comporta una limitazione della libertà del
soggetto passivo, il quale è tenuto ad una rigorosa osservanza del
limite entro il quale il privilegio è accordato. Il complesso
fenomeno in cui l'attività solutoria si specifica, evidenzia che la
zona di libertà del creditore si esaurisce entro i confini
dell'apporto del debitore costituito dalla prestazione, egli è libero,
infatti, di richiedere tale apporto o di lasciare la controparte nel
suo stato di inerzia. Questa zona di libertà è ben delineata dal
contenuto della prestazione debitoria, per cui è posta fuori dai
propri confini quella sezione residua dell’attività solutoria che è
costituita dall’apporto del creditore necessario all’adempimento
della prestazione. A sua volta il debitore è vincolato nei limiti
dell'attuazione della prestazione, al di là della quale ha inizio la
sua situazione di libertà. Il titolare del credito, dunque, è libero di
101
esercitare o meno la pretesa, ma una volta che la controparte ha
attuato la prestazione, sorge la necessità giuridica di apprestare il
concorso, che come tale si pone al di fuori dell’esercizio del
diritto di credito e attiene al momento della realizzazione
dell'obbligazione. Momento che, essendo rimesso essenzialmente
alla volontà di un soggetto diverso (debitore), mette in gioco la
sfera di interessi di costui e esclude che possa essere dominata
dalla volontà incondizionata del creditore. Il punto di emersione
dell'interesse debitorio è dato proprio dal mancato concorso del
creditore, la cui omissione deve essere collegata ad una tutela
giuridica, la quale non incide sulla normativa concessa al
creditore per garantire l'attuazione della propria pretesa. Il gioco
di interessi delle correlative posizioni giuridiche dei protagonisti
dell'obbligazione emerge con particolari rilievo quando il
concorso del creditore incida spiccatamente sul profilo liberatorio
dell'adempimento , come ad esempio nel caso di mancato rilascio
della cambiale a chi effettua il pagamento44.
44
Sull'ufficio della restituzione del titolo , nei riguardi della liberazione del debitore , vedi;
102
Il creditore che non rifiuti le somme indicate nel titolo, ma
non effettua la restituzione del documento, viola il diritto del
debitore di conseguire la propria definitiva liberazione mediante
pagamento45. In questo caso vi è chiara manifestazione
dell'ingerenza del credito nell'altrui sfera giuridica e i margini
della propria sfera di libertà sono stati notevolmente superati. Il
principio generale delle interlimitazioni delle sfere giuridiche
differenziate, per cui ogni soggetto è obbligato a non ledere la
sfera giuridica altrui è trascritto nell’art. 2043 c.c. che sancisce
espressamente l'obbligo di non danneggiare negativamente gli
altri, cioè di non determinare una colpevole lesione della sfera
giuridica altrui. Il comportamento del creditore costituisce la
causa del danno sofferto dal debitore sia dal punto di vista
soggettivo che dal punto di vista oggettivo. Dal punto di vista
La Lumia , L’Obbligazione cambiaria e il rapporto fondamentale , Milano , 1923 ,pag 145 e
ss,; Minervini , Mancata presentazione della cambiale e mora del creditore cambiario , in
foro Italiano ,1953, I,986 e ss .
45
Falzea , Offerta Reale e Liberazione Coattive del Debitore ,op. cit., pag .
55 ss.
Sulla concezione di torto derivante dalla lesine dell'altrui sfera giuridica determinata da un
ingerenza del soggetto estraneo vedi: Jung Delikt und Schadensverursachung,Heidelbeg
1897 , pag 228.
103
oggettivo il danno è dimostrato dal fatto che il debitore non
poteva, mediante un proprio atto, evitarlo, mentre ciò poteva
essere compiuto dal creditore. Dal punto di vista soggettivo,
invece, ciò è dimostrato dal fatto che il creditore abbia agito
coscientemente, nell’aver commesso una determinata attività; per
cui si può qualificare il comportamento del creditore come
antigiuridico,
determinando, così, una lesione della sfera
giuridica del debitore. Alcune difficoltà di carattere tecnico,
causate dal tenore letterale del testo contenuto nell’art 2043,
sembrerebbe non riconoscere il carattere antigiuridico della
condotta
creditoria. Quest'articolo, infatti, recita: "Qualunque
fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto ,
obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno",
sancendo, quindi, il carattere negativo dell’attività richiesta, cioè
di non commettere il fatto cagionevole del danno. Ciò che è
previsto sembrerebbe essere in contrasto con ciò che è richiesto al
creditore, avendo il suo concorso all'attività solutoria un carattere
determinato e positivo.
104
Si può, però, osservare che il carattere negativo ed
indeterminato è l'aspetto naturale del principio giuridico sancito
nell'art. 2043, il quale, essendo indirizzato alla regolamentazione
di situazioni specifiche, può, assumere carattere positivo. Ed è
proprio in questo processo di progressiva determinazione che
l'obbligo di non ledere assume un atteggiamento positivo, perché
solo un'azione, e non un omissione, è idonea a scongiurare il
danno. Al dovere di omissione si sostituisce un dovere di azione;
cioè dovere di svolgere quell'attività che sembra necessaria a far
cessare l'ingerenza nell'altrui sfera giuridica. Questo dovere
positivo ha una sua valenza contenutistica in quanto è posto in
relazione con il principio di elasticità della sfera giuridica, il
quale consente di ritenere che quando il termine entro il quale la
legge permette l'ingerenza del diritto altrui scade, la sfera
giuridica compressa deve riprendere la sua estensione. Se a far
cessare l'ingerenza dell'altrui diritto si richiede un atto positivo,
l'omissione di quest'atto impedirebbe alla sfera compressa di
riespandersi, e verrebbe a ledere gli interessi giuridicamente
105
tutelati che in tale sfera si sono costituiti. Per questo l'atto diventa
giuridicamente dovuto, oggetto di un obbligo, in quanto è l'unico
mezzo atto ad evitare la lesione di interessi tutelati dalla legge.
L'omissione di tale atto viola l'obbligo generale attraverso
l'obbligo speciale, che è insito in un rapporto determinato,
intercorrente tra il soggetto che ha effettuato l'ingerenza e il
soggetto che la subisce. La responsabilità che ne deriva è legata
essenzialmente al rapporto, e come tale viene a gravare sul
creditore nel caso di inadempienza dell'obbligo di riavere la
prestazione: un obbligo, quindi, una responsabilità, che gravano
esclusivamente sulla posizione soggettiva del creditore46.
46
Falzea, Offerta Reale , op. cit. pag. 71 ss.
106
OBBLIGO DEL CREDITORE FORMULATO ANCHE IN
RIFERIMENTO
ALLA
DISCIPLINA
CODICISTICA
CONTENUTA NEGLI ART. 1175 E 1180 c.c.
La costituzione dell'obbligo viene ad essere evidenziato
come manifestazione di quella particolare attenzione che il
legislatore pone affinché i rapporti costituiti possano avere una
vita giuridica senza troppo divagazioni dal loro iter naturalistico.
Si ritiene infatti che i comportamenti assunti dalle parti devono
essere il più rispondente possibile a quelle che sono le regole
poste dall'ordinamento per il raggiungimento del fine che si sono
prefissate. Una prima regola è posta dal dispositivo contenuto
nell'art. 1175, in base al quale "il debitore e il creditore si
debbono comportare secondo le regole della correttezza”.
Si è ritenuto che questa norma si rivolge più al debitore
che al creditore, affermando che per il primo questa regola non fa
altro che rafforzare il principio del diligente comportamento
dovuto per l'adempimento. Il creditore, come il debitore, deve
107
comportarsi secondo il principio della correttezza, la cui nozione
contiene in se l'idea di un comportamento scrupoloso,
particolarmente serio ed onesto. E' corretto il comportamento non
solo di chi non vuole comportarsi male, ma anche di chi pone in
essere una condotta atta ad
impedire che essa possa
obiettivamente recare danno ai terzi. La condotta del creditore
acquista particolare rilevanza proprio in relazione al momento
dell'attuazione dell’obbligazione, essendo essa necessaria per la
realizzazione dell'adempimento.
Ciò è dedotto dal fatto che quando l'evento solutorio per
insufficienza dei mezzi posti a disposizione del debitore, richiede
che il creditore concorra con le proprie energie ad adempierlo,
costui ha un vero e proprio obbligo di porre in essere quel
comportamento, poiché, in caso contrario lederebbe la sfera
giuridica del debitore47.
47
Sull'esistenza di questo obbligo vedi per la dottrina tedesca:Dernburg ,
System des romischen Rechts , 8° ed.,Leipzig 1912 , pag 119; Larenz ,
Vertrag und Unrecht, II, Hamburg 1936, pag 188 e ss. Mullereisert, Die
108
Un riconoscimento generale di quest’obbligo si ha
nell’art.44 del Cod. Fed. delle Obbl., il quale configura come
causa di riduzione o di esonero della responsabilità del debitore i
fatti del creditore che abbiano aggravato la situazione giuridica
del debitore.
La funzione assolta dall'art. 1175, è di primo piano,
nell'ambito del sistema normativo, in quanto creativa di obblighi
integrativi di protezione delle rispettive sfere giuridiche del
debitore e creditore. Il soggetto passivo del rapporto sarà, quindi
tutelato nei confronti di comportamenti capricciosi e arbitrari che
possono ledere il proprio diritto ad adempiere l'obbligazione
facendo discendere dall'obbligo generale di correttezza l'obbligo
particolare di condotta positiva. E' stato espressamente sostenuto
che il creditore non solo deve avere interesse al comportamento
del debitore, ma deve altresì usare il suo diritto esclusivamente
per soddisfare il suo interesse e non deve servirsi della situazione
Verwirkungkeine unzulassige Rechtsausubung des Glaubigers, sondern eine
Beschrankung der Hauftung des Schuldners , in Jhering J., 1935 , pag 267.
Per il diritto francese vedi :Saleilles, Etude sur la thèorie gènèral des obligation d' après le
premier projet du code civile puor l’empire allemand ,3°ed. Paris, 1925, pag 34.
109
di preminenza accordatagli dall'ordinamento giuridico nei
confronti
del
debitore
per
aggravare
la
posizione
di
quest'ultimo48. Il non aggravare questa posizione significa far sì
che il debitore possa porre in essere tutti gli atti necessari per
adempiere. Se si contrae un debito stabilendo che deve essere
restituito in un determinato periodo, non è conforme alle esigenze
del diritto oggettivo e allo spirito del contratto che il debitore
deve tenere presso di se questa somma di danaro solo per un
comportamento incomprensibile del creditore. La correttezza
implica soprattutto di vedere osservati quelli che sono i limiti
naturali delle posizioni soggettive e dei presupposti delle
obbligazioni49. Una volta che un determinato comportamento del
creditore è disposto da una norma legale o contrattuale il suo
compimento non solo è sottratto al suo arbitrio, ma proprio per gli
effetti che è destinato a svolgere nella sua sfera giuridica, è
oggetto di un vincolo giuridico, per cui il creditore appare quale
48
Giorgianni, L’Obbligazione, op. cit., pag 149.
Ferrini e De Crescenzo Nell'appendice sulla Mora del creditore, alla voce Obbigazione
dell'Enciclopedia giuridica Italiana, XII, parte I°, Milano 1900, pag. 916.
49
110
debitore ratione accipiendi. Il che risulta chiaro da alcuni esempi
di fattispecie
giuridica di diritto positivo come nel caso del
contratto di appalto nel quale è prevista la facoltà di recedere ad
entrambe le parti.
Il recesso deve essere portato a conoscenza della
controparte, e fin quando il soggetto agente (il committente) non
effettua ciò perdura l'obbligo dell'appaltatore di condurre
termine
l'opera,
e
il
committente
è
tenuto
a
a
fornire
tempestivamente i materiali che si era impegnato a dare. Se egli
omette di fare ciò, altera in modo illegittimo i piani di lavoro
della controparte e lede così un interesse del debitore a realizzare
l'opera. Per cui non solo non vengono rispettati i presupposti
normativi del contratto ma sono in netto contrasto con la norma
che impone in via generale il dovere di comportarsi secondo le
regole della correttezza. Il contegno del
creditore costituisce
perciò illecito da un duplice profilo: da una parte perché
contraddice all'obbligo negativo di non ostacolare l'adempimento,
e dall'altra perché contraddice l'obbligo positivo di porre in essere
111
un comportamento connaturato alla struttura del contratto. In
rapporto al fenomeno di cooperazione, esiste un dovere giuridico
di entrambe le parti, il quale, nei casi concreti, differisce per
grado e intensità, ma che consiste comunque in un obbligo di
condotta.
Quest'obbligo di condotta della pars credendi in funzione
dell'adempimento, è testimoniato anche dalla presenza nel nostro
ordinamento, della disposizione contenuta nell'art. 1180 c.c. in
base al quale il diritto alla liberazione mediante adempimento non
viene fatto valere dall'obbligato, ma da un terzo. A prescindere
della questione relativa alla natura della prestazione o dalla
necessità della dichiarazione di volontà del creditore, è da rilevare
che se l'adempimento necessiti della relativa cooperazione del
creditore il terzo, allo stesso modo del debitore, ha diritto che tale
cooperazione venga effettuata. Ciò si deduce dall'art. 1180 che
concedendo al terzo ad adempiere l'obbligo altrui anche contro la
volontà del creditore, gli riconosce per ciò stesso diritto di
pretendere la sua cooperazione. Da ciò si prova in modo evidente
112
che il diritto del creditore non è incompatibile con l'obbligo di
cooperare.
113
NATURA
DELL'OBBLIGO
DEL
CREDITORE
E
DEL
DIRITTO DEL DEBITORE.
L'obbligazione nasce essenzialmente perché l'esigenza
patrimoniale del creditore venga realizzata,
e solo in questo
modo che si determina una limitazione della sfera di libertà
dell'obbligato, il quale deve subire questo sacrificio nei limiti di
ciò che è necessario per effettuare l'adempimento. L'attività di
prestazione costituisce il limite per definire i confini del diritto
del creditore di pretenderla e del dovere del debitore di eseguirla.
E' nel margine che residua dai diritti e obblighi principali
delle parti, che quel particolare interesse del debitore ad essere
liberato riaffiora e reclama tutela giuridica non appena il creditore
non rende possibile l'adempimento. Vige nel nostro ordinamento
un elementare criterio giuridico, a norma del quale si deve
raggiungere il massimo risultato con il minimo sforzo, per cui i
mezzi occorrenti per la realizzazione degli interessi vengono ad
essere impiegati in misura proporzionale al fine che si conviene di
114
raggiungere. Da ciò ne consegue un principio, che rifrangendosi
nelle posizioni giuridiche soggettive, si specifica affermando che
ogni soggetto ha un interesse giuridicamente tutelato a non subire,
per l'attuazione dell’interesse altrui, un sacrificio maggiore di
quanto sia a norma di legge strettamente necessario. Il
raggiungimento di un equilibrio economico degli interessi si
traduce nella predisposizione legale di strumenti atti a garantire, a
colui che deve soddisfare l'interesse altrui, di adempiere nei limiti
ad esso consentiti.
Questi rimedi sono necessari quando il contegno richiesto
per realizzare l'interesse altrui non sia sotto il controllo esclusivo
del soggetto passivo, ma sono condizionati dal concorso di fattori
esterni. Per garantire la realizzazione di quest'interesse, l'ordine
giuridico crea un sistema di rapporti complementari, l'uno
fondamentale l'altro accessorio. Il primo concernente l'attività
necessaria a realizzare l'interesse principale del titolare del diritto,
il secondo concernente l'attività necessaria a preservare l'interesse
secondario del titolare dell'obbligo. Questi principi, valevoli sul
115
piano generale dei rapporti intersoggettivi, si specificano, sul
piano particolare, dell'obbligazione quando l'adempimento ha
bisogno di un’attività di cooperazione del creditore e quest'ultima
viene a mancare. Al costo delle energie originariamente
necessarie per effettuare l'attività debendi, si aggiunge il costo
dell'energia supplementare causata dal mancato concorso del
creditore, per cui, si impone che l'ordine giuridico garantisce al
debitore il risparmio di energie eccedente. Ciò avviene con la
costituzione di un rapporto complementare, rispetto a quello
destinato ad attuare l'interesse creditorio, in cui si figura il diritto
alla cooperazione del creditore. L'interesse del creditore ad essere
soddisfatto dalla prestazione non può incidere sulla sfera giuridica
del debitore al punto da pretendere un sacrificio maggiore di
quello strettamente necessario all'adempimento. La coesistenza
dei due interessi giuridici imporre di riconoscere una regola di
subordinazione per la quale vengono ad assumere un diverso
significato l'attività di impulso del debitore e quella di concorso
del creditore. Logica conseguenza del carattere di subordinazione
116
dell'interesse menzionato determina l’impossibilità di far ricorso
agli strumenti necessari per garantire il debitore da un sacrificio
eccedente se non sono assicurate il totale soddisfacimento della
pretesa creditoria. Questa gerarchia di interessi si rifletta nella
strutturazione differenziata delle posizioni giuridiche dei soggetti
del
rapporto
obbligatorio.
Il
diritto
del
debitore
nella
cooperazione risulta subordinato al vincolo del creditore alla
prestazione e viceversa, l'obbligo di prestare assume una
posizione di preminenza rispetto all'obbligo di cooperare. Per cui
tutte le volte che, il rapporto di credito richieda la cooperazione
del soggetto, sussiste, accanto al vincolo principale un vincolo
secondario che lega il creditore al debitore rispetto all'attività di
cooperazione, in cui il creditore riveste la posizione di obbligo e il
debitore assume quella di diritto50.
50
Falzea ,op. cit., pag. 77 ss.
117
MORA CREDENDI.
L'interesse tipico del rapporto di credito è costituito dal
particolare tipo di cooperazione economica delle parti, le quali
pongono in essere fatti e atti per la trasformazione e la traslazione
di beni. Il fenomeno che racchiude in sé tutti i momenti salienti di
questa realizzazione è costituito dall'adempimento, il quale, nella
maggior parte dei casi necessita, per essere attuato, della
cooperazione del creditore.
Nell'economia del fenomeno solutorio acquista, però,
prevalenza,
quale
momento
fondamentale,
la
prestazione
dell'obbligato, mentre il concorso del creditore non può assolvere
che una funzione secondaria e complementare. La posizione che
in seno al rapporto ha la condotta dell'accipiens, rispetto a quello
del solvens, riflette la posizione giuridica che all'interno del
rapporto assume l'interesse (principale) del creditore ad ottenere
la prestazione e l'interesse (secondario) dal debitore ad essere
liberato mediante adempimento. La legge conferisce al soggetto
118
passivo il potere di richiedere al creditore di realizzare tutti gli atti
complementari per sopportare l'adempimento. In questo caso il
creditore, ritenendo il proprio atto indispensabile per il
compimento della prestazione, non può non avere che un obbligo
di comportamento, indirizzato al dispiegamento dell'energia
supplementare.
Il rapporto obbligatorio, in questo caso, si caratterizza per
la presenza di un legame secondario per il quale il creditore è
vincolato al debitore rispetto all'attività
di cooperazione,
costituendo un obbligo, di minore intensità e grado rispetto
all'obbligo debendi, di effettuare tutto ciò che è necessario per far
sì che l'obbligazione si estingua. E' proprio quando quest'obbligo
rimanga inadempiuto che la legge fornisce al debitore il potere di
costituire in mora il creditore. Mora significa ritardo; il creditore
non collabora e il debitore non è in grado di eseguire la
prestazione, per cui essa viene a costituirsi proprio quando il
creditore non effettua la cooperazione adempitiva, determinando
un ingiustificato prolungamento del rapporto obbligatorio. Qui
119
l'interesse secondario, presente nella struttura del rapporto
giuridico, prende forma in quanto leso, acquista quella rilevanza
giuridica atta a determinare definitivamente l'impossibilità per il
creditore di comportarsi liberamente. Non può ricevere o rifiutare
la prestazione offertagli a suo piacimento ne può decidere a suo
piacimento di porre in essere tutto ciò che è necessario per
mettere il debitore in condizione di adempiere. Il non porre in
essere il concorso necessario per
l'adempimento determina il
persistere di un'attività nel patrimonio debendi, il quale vede
aggravata oltre misura la sua sfera di libertà. Se il diritto del
creditore consiste nel ricevere un determinato "bene" in un
determinato periodo di tempo e pretende che il debitore continui a
tenere la cosa a sua disposizione all'infinito, evidentemente, a
parte il danno materiale, si effettua un prolungamento della durata
del rapporto che determina l'invadenza della altrui sfera giuridica
in modo non lecito.
L'inadempienza del creditore determina una chiara lesione
della sfera giuridica del debitore realizzando quel processo di
120
specificazione giuridico di non causare danno giuridicamente
rilevante ad altri contenuti nell'art. 2043 c.c. . I presupposti,
affinché possa sorgere un danno ex art. 2043 c.c , sono due: un
presupposto
negativo
determinato
dalla
impossibilità
del
danneggiato di evitare la lesione della propria sfera giuridica con
l'assunzione di un determinato comportamento; un presupposto
positivo dettato dalla possibilità di evitare il danno mediante
l'assunzione di un certo contegno da parte del soggetto
interessato. La specificazione di questo precetto consiste nel fatto
che il creditore non compie che quella determinata attività
(presupposto negativo) che crea il danno, mentre realizzando
quella seria di atti richiesti (presupposto positivo) evita di
compiere la lesione dell'altrui sfera giuridica. Per cui il
comportamento del creditore costituisce l'oggetto della pretesa
debitoria a far sì che il suo interesse ad essere liberato mediante
l'adempimento possa essere soddisfatto. All'obbligo di assumere
un determinato comportamento atto a ricevere la prestazione si
contrappone il diritto soggettivo del debitore ad ottenere tale
121
LE IPOTESI DI MORA CREDENDI: ART. 1206
a) Mancanza di un motivo legittimo di rifiuto della prestazione.
Le
attività
in
base
alle
quali
si
determina
un
comportamento illegittimo tale da rendere applicabile la
disciplina della mora
sono contenute nell'art.1206 il quale
espressamente sancisce: "Il creditore è in mora quando, senza
motivo legittimo, non riceve il pagamento offertogli o non
compie quanto è necessario affinché il debitore possa adempiere
l'obbligazione". Quest'articolo indica due situazioni qualificate
come mora credendi entrambe caratterizzate da un difetto di
cooperazione del creditore in cui la prima si presenta come un
rifiuto ingiustificato di ricevere la prestazione, la seconda si
caratterizza come il mancato compimento di quanto è necessario
affinché il debitore possa adempiere.
Il dato normativo, nella parte in cui ricollega direttamente
al rifiuto gli effetti della mora, non ha causato particolari
problemi per quanto riguarda la natura di detto rifiuto. Esso può
123
essere espresso oppure può essere attuato medianti fatti
concludenti, potendo anche consistere semplicemente nel
silenzio, come nel caso in cui il pubblico ufficiale, nell'ambito
delle procedure dell'offerta reale, attende la dichiarazione del
creditore e non riceve nessun tipo di risposta. Indubbiamente si
tratta di una manifestazione di volontà avente carattere negoziale,
che come tale, però, presuppone il requisito della capacità di agire
del creditore. Affermare, che il creditore deve essere capace
equivale a richiedere l'imputabilità del rifiuto al creditore,
aprendo quindi la strada a quello che viene considerato uno dei
problemi più difficile da affrontare in materia di mora credendi:
se per l'esistenza della mora credendi sia sufficiente un puro e
semplice verificarsi dei fatti giuridici contenuti nella disciplina o
se necessita l'imputabilità del rifiuto, ovvero se occorre una vera e
propria colpa del creditore (mora culpata). In proposito non si può
ricavare una risposta certa dalle fonti romane, in quanto in
qualche testo si parla di " nolle accipiendi", mentre altre volte si
124
usano espressioni equipollenti riferito sia alla mora credendi che a
quella solvendi.
Il giureconsulto Africano52, nella frase 37, del Digesto
XVII, ci dice "per promissorum steterit, quominus suo die
solveret aut per creditorem quominus acciperet, neutri eorum
frustatio sua prodesse debat" con le quali frasi fa riferimento solo
alla mancanza di una legittima scusa. Il Windscheid, pur
considerando ambigui i passi del Digesto, osserva che la mora
accipienti arreca delle conseguenze dannose e che esse non
possono essere addebitate a chi è innocente.
Una sentenza storica53, della Corte di Cassazione di Napoli
27 Luglio 1889 ha ritenuto costituito in mora il creditore che si
era assentato nel momento in cui il debitore aveva proceduto in
conformità alla procedura di liberazione prevista dal vigente
codice di procedura civile, senza indagare se l’assenza fosse
volontaria o forzata. Il tribunale di seconda istanza, al contrario,
52
Il riferimento del frammento del digesto lo si può ritrovare nell’Enciclopedia giuridica del
Novecento , op cit, pag 625.
53 Il riferimento alla sentenza della Corte di Cassazione lo si può ritrovare in Enciclopedia
giuridica del Novecento,op.cit. pag 915.
125
aveva considerato l'assenza come calcolata ed atto quindi di
volontario rifiuto.
La considerazione che ne consegue è la possibilità di
ritenere che l’elemento dell'imputabilità sia indispensabile per
verificare se l'omesso comportamento del creditore sia la causa
per dar luogo alla costituzione della mora. Si ritiene, infatti, che
un fondamento puramente oggettivo della mora potrebbe
determinare delle conseguenze dannose, non solo sul creditore
non imputabili, ma anche sul debitore, in quanto si potrebbe
verificare l'ipotesi di mora accipiendi i cui effetti verrebbero ad
essere sopportati dal soggetto passivo54. La necessità di
considerare l'imputabilità della condotta omissiva del creditore si
ha, non già per dimostrare la nascita della mora credendi, ma per
provocare l'estinzione della mora solvendi. L'art. 1221, c.c.
infatti, togliendo efficacia all'art. 1218 c.c., fa ricadere sul
debitore moroso la conseguenza dell'impossibilità sopravvenuta
54
Ferrini, De Crescenzo, Mora del creditore , voce obbligazione in Enciclopedia giuridica,
op.cit., pag.625 ss.
126
della prestazione, anche quando ciò dipenda da una causa non
imputabile al debitore. Questo principio vale anche nel caso di
impossibilità temporanea, in base al quale il debitore è
responsabile del ritardo anche quando a perpetuare tale ritardo
non sia un fatto da lui voluto. Ne consegue che quando
l'impossibilità temporanea dipende dal creditore, essa è a carico
del soggetto passivo che si è reso responsabile del ritardo. Dato
che la pugatio morae avviene mediante adempimento, o mediante
un surrogato di esso consistente nella procedura coattiva di
liberazione, ne consegue che se l'adempimento non è possibile per
un fatto del creditore ma a costui non imputabile, il debitore,
finchè non si avvale della procedura di liberazione, resta nella
situazione di mora e non si scioglie della relativa responsabilità.
Per cui per far sì che il debitore sia esonerato dalla responsabilità
per ulteriore ritardo è indispensabile che il fatto da cui deriva il
ritardo dipende dal creditore, cioè richiede che sia a lui
imputabile e il conseguente suo stato di mora sia fondato su un
suo fatto colposo. La necessità di un fatto colposo del creditore
127
come causa della mora assume particolare rilevanza sotto il
profilo della responsabilità per danni, che vengono causati dal
ritardo della prestazione al debitore. Questa responsabilità intanto
sussiste in quanto il ritardo sia causato da un fatto imputabile al
creditore,
manifestandosi
come
omissione
colposa
della
cooperazione. La mora accipiendi è capace di fare sorgere nel
creditore l'obbligo del risarcimento soltanto perché fondato su un
fatto imputabile al creditore e si riallaccia alla considerazione che
la colpa può sussistere solo se vi è un obbligo da attuare e un
diritto da rispettare. La determinazione del comportamento
imputabile postula la realizzazione di una responsabilità, la quale
sussiste solo se esiste un obbligo. Il non rispetto dell'obbligo pone
responsabilità, la quale si concreta come manifestazione della
lesione del diritto. E' in questo contesto che riemerge e prende
corpo quel rapporto complementare caratterizzato dalla posizione
di diritto del debitore ad attuare la prestazione e quello di obbligo
del creditore di ricevere la prestazione. La necessità che vi sia
un'intenzionale attività omissiva è testimoniata anche dalla
128
struttura delle fasi della procedura di liberazione, in quanto se il
creditore dovesse cadere in mora perché è mancata la sua
cooperazione
e fosse quindi del tutto irrilevante indagare le
ragioni che hanno determinato l'omissione, non si spiegherebbe
perché la nostra legge richiede, il presupposto indeclinabile
dell'offerta formale. Quest'atto influisce direttamente sulla
volontà del creditore, in quanto il debitore lo informa della
mancata attività richiestagli e della necessità di questa attuazione,
ponendolo nell'alternativa di fornire tale concorso o subire le
misure disposte dalla legge a suo danno55. Qui la manifestazione
volitiva è elemento determinante per la sorte della procedura di
liberazione, la quale contiene in se la chiara imputabilità
dell'attività omissiva del creditore. Ciò non può essere smentito
neanche dall'inciso contenuto nella prima ipotesi dell'art. 1206
c.c. "senza motivo legittimo", in quanto da essa non può essere
dimostrata l'esistenza di un'omissione ingiustificata. Un'attenta
lettura del testo indica "motivo legittimo" non allude certamente
55
Falzea op. cit. pag.177 ss.
129
alla mancanza di un elemento soggettivo come la colpa, ma si
riferisce a situazioni che costituiscono cause di giustificazione del
rifiuto del creditore. Esse possono essere ricondotte ad ipotesi di
comportamento scorretto del debitore o nel caso in cui l'attività di
cooperazione potesse determinare per il creditore rischi
ingiustificati alla stregua del principio di correttezza. I casi
proposti in giurisprudenza sono quelli in cui il debitore compie
l'atto di costituzione in mora in modo incompatibile con il
principio di buona fede, o quando l'ammontare del debito è
giudiziariamente in contestazione56. Questi esempi dimostrano
come il motivo legittimo non esclude la colpa, anzi la
presuppone.
b) Parallelismo tra mora solvendi e mora accipiendi.
56
In riferimento ai casi di giurisprudenza vedi: Visentini, Mora del creditore, in Trattato di
diritto privato , a cura di Rescigno , IX; 1, Torino , 1984 pag. 135.
130
Nel nostro diritto positivo la mora debendi e la mora
credendi vengono a coordinarsi sullo stesso piano nella disciplina
generale
dell'adempimento,
ponendosi
come
istituti
corrispondenti e paralleli. Questa peculiare caratteristica viene ad
essere determinata dall'omogeneità degli elementi costitutivi in
quanto così come alla base della mora accipiendi è posta la colpa
del creditore così nella mora debendi vi è la colpa del debitore. La
figura della mora accipiendi è stata oggetto di considerazione
giuridica limitata, dato che i problemi giuridici erano tutti
monopolizzati nei confronti della mora solvendi. La crescente
importanza giuridica che nella vita commerciale e industriale è
venuta ad assumere la mora del creditore ha indotto i giuristi ad
accentuare i suoi profili normativi, attenuando qualsiasi legame
con la figura della mora solvendi, arrivando a distinguere
totalmente i due istituti, soprattutto dal punto di vista della loro
finalità normativa. A smentire ciò si è rilevato che l'adempimento
realizza l'obbligazione e attua i contrapposti interessi delle parti
costituite nel rapporto. L'inadempimento, invece, comporta il
131
sacrificio di questi interessi per i quali l'ordine giuridico
interviene, predisponendo mezzi per la realizzazione di un
duplice scopo. la legge in primo luogo vuole evitare che la rottura
dell'equilibrio
dei
contrapposti
interessi
dell'obbligazione
determini ulteriori aggravi, e che la parte veda perciò aumentare
il pregiudizio causato dal contegno della controparte, assolvendo
una funzione cautelativa. Persegue, in secondo luogo, il fine di
ricomporre l’equilibrio tra gli interessi lesi, soddisfacendo, senza
la volontà di colui che si è reso colpevole dell’inadempimento e
tramite gli organi dello Stato, l'interesse del soggetto violato,
assolvendo una funzione satisfattiva. Entrambe queste finalità
sono presenti negli istituti della mora, la cui realizzazione di
interessi divergono verso opposte direzioni. A prescindere dalla
funzione soddisfattiva presente in entrambe con la sanzione del
risarcimento del danno, la legge si preoccupa, con la creazione
dell'istituto della mora solvendi, di impedire che possa continuare
a nuocere all'interesse creditorio lo stato di inadempimento
causato dal debitore; con la mora accipiendi,
132
invece, si
preoccupa di impedire che il debitore subisca ulteriori danni nella
propria sfera giuridica causati dal perdurare dell’obbligazione.
L’analogia di compiti, nella quale si riflette la differente posizioni
dei soggetti dell'obbligazione in seno al rapporto, e l'identità di
struttura nella formulazione della tutela giuridica contro il
comportamento illecito di una delle parti, impone di configurare
come paralleli i due distinti istituti. Essi vengono a costituire, con
la loro diversa sfera di efficacia, uno degli spazi normativi più
significativi
nell'ambito
della
disciplina
giuridica
dell’inadempimento57.
C) Omissione dell'attività necessaria.
La seconda ipotesi indicata nell'art. 1206 c. c. consiste nel
mancato compimento di quanto necessario affinché il debitore
possa adempiere. Questa situazione potrebbe essere facilmente
57
Falzea op. cit. pag. 86 ss.
Per il diritto tedesco vedi:Madai, Die Lehre von der Mora , Halle, 1837 ,pag 227 e ss.;
Wolff, Die Lehre von der Mora ,op.cit., pag 406 e ss .
133
confusa con la prima ipotesi contenuta nell'art.1206, poiché
quando il creditore rifiuti di ricevere “il pagamento offertogli”
egli non compie quanto è necessario affinché il debitore possa
adempiere. In questo modo viene ad essere ricompreso la seconda
ipotesi nella prima, limitando, l'esperibilità della procedura
liberatoria solo nei confronti delle obbligazioni pecuniarie. Così
non è in quanto la ratio discriminante viene ad essere messa in
rilievo dal fatto che l'offerta reale necessita ogni qualvolta
l'attività del creditore
consiste esclusivamente nel ricevere la
prestazione e quindi si tratta di un obbligazione di dare o di
consegnare, aventi per oggetto, "beni" e non semplice moneta58. Il
contenuto dispositivo indica un esplicito rinvio ai singoli rapporti
obbligatori, in quanto non è possibile stabilire in via astratta
quanto è necessario senza far rinvio alla concreta attività di
cooperazione la cui mancanza fa scattare, gli effetti della mora.
La collaborazione di cui si lamenta la mancanza deve essere
strumentale all'adempimento, il che avviene quasi sempre nelle
58
Ravazzoni op. cit. pag. 902
134
obbligazioni di fare o di consegnare; come ad esempio gli
obblighi di fornire informazioni, di dare istruzioni, eseguire lavori
preliminare.
Gli obblighi di cooperazione, però, oltre che risultare dal
contenuto del contratto, o da norme specifiche del codice civile,
possono risultare dalla interpretazione del principio di correttezza.
Questo principio si configura come determinante nel creare figure
di obblighi atti a prevenire comportamenti che non sono conformi
alle regole dettate dal singolo contenuto e dal quale non sia
desumibile un'esplicita tutela. La creazione di obblighi integrativi
di protezione delle posizioni soggettive dei titolari del rapporto
giuridico ha fatto si che essi potessero essere controllati e
determinati
da
coloro
i
quali
del
diritto
garantiscono
l'applicazione. Al giudice, infatti, è garantito. tramite la norma
contenuta nell'art. 1175, un valido strumento di controllo della
pretesa del creditore, ritenendo possibile verificare che la non
attuazione della prestazione dipenda da circostanze non
direttamente relazionabili al comportamento del debitore. Una
135
recente sentenza del tribunale di Napoli59 ha fatto applicazione di
questo principio ai fini dell’applicazione dell’istituto della mora,
desumendo dalla particolare natura del contratto, in base al quale
una società commerciale aveva assunto l'impiego di organizzare
un'agenzia di vendita per conto di un'altra società produttrice, un
obbligo di dare informazioni sulla propria produzione a carico
della società creditrice.
recente della Cassazione60, nella quale
Una sentenza
veniva
esaminato
il
caso
riguardante
un
contratto
di
somministrazione a prestazioni ripartite, ha ritenuto, in base alla
regola di correttezza, in mora il creditore che, avendo trascurato
di ricevere le singole prestazioni alle rispettive scadenze, le aveva
pretese tutte in un solo momento, senza tener conto della capacità
produttiva del somministrante. L'ampia formulazione adottata dal
legislatore consente ai giudici di individuare alla stregua del
principio di correttezza una seria di obblighi di cooperazione a
59
Il riferimento alla sentenza del tribunale di Napoli:Visentini , Mora del cerditore,
op,cit.pag 139
60 Cass,28 luglio 1977 n. 3360, in giur, It 1977 pag 715
136
carico
del
creditore,
la
cui
osservanza
è
strumentale
all'adempimento; dovendosi ritenere tale anche la cooperazione
diretta a tutelare la sicurezza della persona del debitore tutte le
volte che sia strettamente implicata nell'esecuzione del rapporto e
nell'ambiente in cui questo si svolge61.
61
Visentini , Mora del creditore , in Trattato di Diritto Privato a cura di Rescigno, voce
obbligazioni e contratti, op. cit. pag.133 ss.
137
FACOLTA' E POTERI GIURIDICI INERENTI AL DIRITTO
SOGGETTIVO DEL DEBITORE: ART. 1207 c. c.
Il diritto soggettivo è caratterizzato dalla presenza di poteri,
e facoltà, atti a dare piena attuazione allo stesso diritto in caso di
sua violazione. Il diritto del debitore è accompagnato da
particolari poteri atti a dar vita alla sua piena realizzazione
potendo agire richiedendo l’applicazione di particolari sanzioni.
L'art. 1207 c. c., 2° comma stabilisce "Il creditore è tenuto a
risarcire il danno derivante dalla sua mora e a sostenere le spese
per la custodia e la conservazione delle cose dovute", per cui il
violato diritto del debitore dall'omissione del creditore viene ad
essere reintegrato mediante il risarcimento del danno. Si è rilevato
però che il risarcimento del danno rappresenta una sanzione
dell'illecito civile e come tale non può essere invocato per
dimostrare la natura di diritto soggettivo della posizione debendi.
La dottrina moderna tende a scindere la nozione di illecito, in
quanto lesione di un comando di legge, e di danno, in quanto
138
lesione di un interesse giuridico62. La scissione dei due istituti
conduce alla definizione di particolari zone in cui è esclusa ogni
interferenza, essi vivono indipendentemente l'uno dall'altro: cioè
quale illecito non risarcibile e quale danno lecito. Il richiamo al
risarcimento del danno sembrerebbe essere infruttuoso in quanto
l'art. 1207 c.c. si riferisce ad un caso di responsabilità senza
colpa63 e che, di conseguenza, l’omissione di attività di
cooperazione costituisce violazione non di un diritto soggettivo
ma di un semplice interesse: concreta cioè un danno, ma non un
illecito64. Ma è stato obiettato che comunque venga configurata la
categoria dell'illecito non risarcibile non può essere messo in
62
In questo senso vedi:Coviello , La responsabilità senza colpa , in " Riv .It.Sc. giur. ",
XXIII,1897, pag 188 e ss.; Carnalutti , Il danno e il reato , Padova , 1926 , pag. 19 ; Cesarini
Sforza , Risarcimento e sanzione , in Scritti giur. in onore di S. Romano , I, Padova 1940 ,
Pag 149 e ss .
63 Infatti il Barassi op. cit. pag 59 e ss , pur essendo sostenitore della teoria della mora
inculpata , afferma l’esistenza di un obbligo del creditore al risarcimento del danno. Nello
stesso senso , lo stesso Autore in Il contratto di lavoro nel diritto positivo italiano , II, 2°ed.,
Jena 1863 , pag 659 e ss.
Nello stesso senso : Scaloja , Lezioni di diritto romano . Diritto delle obbligazioni , Roma ,
1899, pag 212 il quale sostiene che " la mora credendi non si può considerare come
violazione di un dovere da parte del creditore , ma semplicemente come un fatto da cui il
debitore non deve subire il danno."
64 Il diritto tedesco esclude l’esistenza di un obbligo del risarcimento del danno a carico del
creditore in considerazione del principio accolto dal B.G.B.della mora incolpata :in questo
senso vedi: Enneccerus-Lehmann, Lehrbuch des B.R., II, Recht der Schulderhaltnissen, 12°
ed. Marburg, 1932, pag 22
139
dubbio che la legge pone come principio generale la regola che
non ogni danno dà luogo a risarcimento, ma soltanto quello che
proviene da un illecito. Il complesso di diritti, assoluti e relativi,
che formano la sfera giuridica del soggetto realizza, invero, una
zona protettiva di tutti gli interessi personali e patrimoniali, che
ad esso fanno capo. Non si dà perciò lesione di un interesse
giuridico che non sia nel medesimo tempo lesione di un diritto
soggettivo e non concreti di conseguenza un’illecita65. Quando la
legge si limita a disporre l'obbligo del risarcimento del danno in
conseguenza di una determinata lesione, e non sussiste una norma
giuridica che tale lesione autorizzi, è inevitabile dedurre che il
danno, di cui è imposto il risarcimento, ha costituito lesione di un
diritto soggettivo alla persona titolare, concretando un illecito. Il
risarcimento del danno costituisce, dunque, la sanzione di un atto
antigiuridico e realizza perciò un fenomeno di giustizia correttiva
a favore del debitore, così come il risarcimento del danno per
65
Questo problema è stato affrontato dal Siebert, Verwirkung und Unzulassigheit der
Rechtsausubung , Marburg in Hessen 1934, pag 100 e ss
inadempimento costituisce un fenomeno di giustizia correttiva a
favore del creditore. Altro effetto che deriva dall'art. 1207 c.c. è la
sospensione degli interessi per la somma dovuta. La sospensione
dell'obbligo dagli interessi si chiarisce per il suo specifico ufficio
come sanzione inflitta al creditore, e precisamente una sanzione
volta ad attuare una coazione indiretta sullo stesso affinché esca
dalla situazione antigiuridica in cui si è messo con il rifiuto di
cooperare
all'adempimento.
Anche
qui
si
evidenzia
la
strutturazione della posizione debendi come diritto soggettivo, in
quanto questa sanzione non sarebbe giustificata, qualora non
discendesse dalla violazione di un obbligo giuridico66. Questi
effetti, che non sono strettamente legati alla necessità di alleviare
al debitore il peso della ritardata liberazione e che invece
colpiscono l'illegittimo comportamento del creditore, non
potrebbero spiegarsi se non come conseguenza della violazione di
un diritto soggettivo del debitore67.
66
67
Sul punto vedi:Thon, Norma giuridica e diritto soggettivo , Padova , 1939 , pag 60 e ss
Falzea op. cit. pag.65 ss.
141
PROCEDURA COATTIVA DI LIBERAZIONE. RIMEDIO
GIURIDICO PER REALIZZARE IL DIRITTO SOGGETTIVO.
L'esigenza dettata proprio dalla possibilità di ripristinare
l'equilibrio violato degli interessi che figurano nell'obbligazione,
ed insieme al bisogno di rimuovere il turbamento arrecato da una
delle parti, hanno indotto il legislatore ad affidare ad un organo
dello Stato il compito di pronunziare la liberazione del debitore.
Un grave pregiudizio verrebbe a subire la sicurezza dei rapporti
obbligatori qualora la legge imponesse di considerare il debitore
liberato prima che il conflitto tra costui e il creditore abbia trovato
una composizione giudiziale. La complessa fattispecie dalla quale
discende lo scioglimento dell'obbligato dal vincolo risulta
composto da tre fatti esistenti, collegati da un rapporto necessario
e tutti convergenti al fine ultimo della liberazione.
Il
fenomeno
complessivo
si
presenta
come
un
procedimento in senso tecnico in cui le fasi salienti sono l'offerta
formale della res debita; il deposito (o il sequestro) della cosa
142
preventivamente offerta, il giudizio di convalida. La fase
dell'offerta consiste in un’intimazione che il debitore indirizza
alla controparte, affinché sia fornito il predetto concorso
all'attività solutoria; la sua efficacia si concreta nel predisporre,
per il caso in cui il creditore non si uniformi all'invito rivoltogli,
una situazione giuridica che legittimi l’attuazione di fasi ulteriori
e più tipicamente liberatorie della procedura. Superato con detta
formalità lo stato iniziale o della costituzione in mora, il debitore
è senz'altro autorizzato a porre in essere gli elementi di fatto che
si indirizzano nel deposito ovvero nel sequestro della cosa
dovuta; essi rappresentano equipollenti approssimativi per quella
parte o frazione di adempimento che dipende dall'obbligato. Ma
la vera e propria liberazione avviene con la sentenza di convalida.
L'art. 1210 c. c., prevedendo la possibilità del deposito della res
debita, e considerando il debitore libero dalla sua obbligazione,
ne subordina l'efficacia al passaggio in giudicato della sentenza di
convalida. La pronuncia giudiziaria di convalida, che per effetto
143
di legislazioni straniere68 era considerata momento marginale,
acquista, all'interno della procedura, una posizione di primo
piano. Basti rilevare, per questo, che la mora accipiendi non si
può costituire semplicemente mediante offerta ma occorre questo
provvedimento, i cui effetti retroagiscono al momento dell'offerta
e del mancato concorso. Essa è una sentenza costitutiva, poiché,
accertato il diritto del debitore alla liberazione coattiva, segue la
modificazione del preesistente rapporto obbligatorio in quanto il
debitore risulta esonerato dal vincolo giuridico. La funzione del
provvedimento consiste non già nella semplice contestazione o
verifica della validità degli anteriori atti della procedura
liberatoria, ma invece nella realizzazione coattiva del diritto alla
liberazione. La sentenza di convalida si pone, perciò, tra i
provvedimenti giurisdizionale che attuano una realizzazione
coattiva di interessi, e con essa assume questa funzione l’intera
68
Nel caso di specie vedi la legislazione tedesca che considera il mezzo giuridico del
deposito come determinante per realizzare l’effetto liberatorio. In questo senso vedi :
Muhlenbruch, Doctina Pandectarum , Bruxelles, 1851, pag 371; Hunterholzner,
Quellenmassige Zusammenstellung der Leher des romischen Rechts von den
Schuldverhaltnissen, I, Leipzig, 1840 , pag 107 e ss
144
procedura di liberazione, della quale detta sentenza costituisce il
momento conclusivo. Nei confronti di questo rimedio la
posizione del creditore non può assolutamente definirsi di potere,
in quanto il subietto viene
completamente soggiogato dalla
procedura liberatoria. La posizione che il creditore assume, in
riguardo al rimedio, è quella passiva, che ha come posizione
correlativa quella attiva del debitore, che concerne tutte le fasi in
cui si articola la procedura di liberazione, a cominciare
dall’offerta. Tale atto, presentandosi come un’intimidazione alla
controparte di prestare il proprio concorso, non costituisce una
semplice partecipazione all’adempimento, ma una vera e propria
manifestazione di volontà, che ha come contenuto un comando
giuridico rivolto al creditore, e presuppone un potere giuridico del
debitore rispetto all'attività comandata. Contro l'esistenza di una
pretesa del debitore al concorso della controparte, si è creduto di
trovare un argomento insuperabile nella circostanza che l'ordine
giuridico non conferisce il potere di conseguire coattivamente il
concorso del creditore, di costringere cioè quest'ultimo a
145
cooperare, poiché l'offerta reale si presenta diversamente dai
rimedi giuridici previsti per la tutela del creditore.
Questa costruzione, però, è priva di fondamento logico in
quanto
l'intervento
giurisdizione
incida
in
via
non
esecutiva
sul
mezzo,
degli
ma
organi
della
sullo
scopo
dell'obbligazione, non mira a far funzionare il meccanismo
primario di attuazione del rapporto obbligatorio, ma si sostituisce
senz'altro a tale meccanismo, al fine di realizzare l'interesse
rimasto insoddisfatto. Il carattere di soggezione inerente ad ogni
rimedio giuridico sta nel realizzare l'interesse insoddisfatto
facendolo gravare sul patrimonio del debitore, indipendentemente
dalla sua volontà, cioè mediante un'aggressione nella sfera
giuridica del soggetto passivo, che non si concretizza quindi
nell'agire
direttamente
sulla
volontà
dell'obbligato
per
costringerlo ad assumere forzatamente il contegno dovuto.
L'interesse che acquista rilevanza giuridica, in quanto rimasto
insoddisfatto, è quello del debitore il cui rimedio giuridico
riconosciutogli dall’ordinamento, (l'offerta reale) non si specifica
146
nel determinare una costrizione della volontà del creditore atta ad
effettuare il concorso. Al pari dell'esecuzione forzata, essa
determina la soddisfazione dell'interesse facendolo gravare sul
patrimonio del creditore indipendentemente dalla volontà di
quest'ultimo.
Argomentazione ritenuta valida per smentire che la
posizione del debitore sia di diritto è stata ritrovata nella
particolare circostanza che la legge non conferisce alcuna azione
di
condanna
per
costringere
il
creditore
a
cooperare
all'adempimento. Le azioni di condanna dovrebbero rappresentare
la logica conseguenze di una posizione di diritto in quanto
costituiscono
il
rimedio
più
adeguato
per
garantire
la
realizzazione dell’obbligo.
Tutto ciò non può essere considerato come verità assoluta ,
in quanto se è vero che l'azione di condanna presuppone un
obbligo giuridico inadempiuto,
non può essere smentita
l'affermazione opposta; non sempre cioè l'inadempimento
dell'obbligo comporta l'esercizio di un’azione di condanna. La
147
violazione può essere sanata dando luogo ad una semplice azione
costitutiva, la cui natura è presente nella sentenza conclusiva del
procedimento liberatorio.
L'intervento dell’autorità giudiziaria è reso necessario per
l’attuazione dell’interesse debitorio, le cui fasi della procedura di
liberazione possono essere attivate solo quando si è garantita la
realizzazione di tutte le operazioni giuridiche che sono in grado di
realizzare l'interesse creditorio. La subordinazione della tutela
prevista per la posizione debitoria lascia intendere che la propria
attivazione necessita del compimento di atti capaci di estinguere
la pretesa creditoria, che, una volta attuati, lasciano emergere
l’interesse del debitore ad essere liberato, che viene soddisfatto
dalla sentenza di convalida.
E' stato sostenuto69 che questa sentenza rivestirebbe
carattere di mera accertamento trovando piena conferma logicagiuridica nella definizione contenuta nell'art. 1210 c.c., in quanto
detta sentenza dichiara valido il deposito effettuato. Che non si
69
Scuto , La mora del Creditore , Catania , 1905, pag. 180.
148
tratti di una sentenza di accertamento deriva dal fatto che essa
non si limita a contestare l'esistenza del diritto e a dichiarare
validi gli atti precedentemente determinati, ma aggredisce
direttamente il patrimonio del creditore, spogliandolo di un bene
giuridico: il diritto di credito. La formulazione contenuta nell'art.
1210 c. c. non rivela altro che un lessicismo arcaico, usato per
delineare la configurazione del fenomeno liberatorio. A conferma
di ciò si deve sottolineare che ogni volta che
la pronuncia
giudiziaria si pone nel mezzo dell'iter costitutivo di una
modificazione giuridica, ogni nesso causale tra il fatto e la
modificazione
deve
inevitabilmente
cessare.
Per
cui
se
l'accertamento di un determinato fatto segue una modificazione
giuridica, si esorbita dai confini del pure accertamento e si attua
un’ipotesi di accertamento costitutivo. La sentenza di convalida
non presenta il fine ultimo delle mere pronunce di accertamento,
in quanto non previene la futura ed eventuale aggressione di un
precetto giuridico. Essa ha una funzione essenzialmente diversa,
consistente nel riparare l'avvenuta violazione del precetto che
149
impone al creditore di procurare all'obbligato la liberazione dal
vincolo, cooperando alla realizzazione dell'adempimento.
Questa sentenza, quindi, si pone come realizzativa di una
modificazione giuridica, riparando all'adempimento dell'obbligo e
realizzando l'interesse del debitore alla liberazione. In quanto tale
si pone al servizio del diritto soggettivo violato del debitore
testimoniando la possibilità giuridica che questo diritto possa
essere realizzato esercitando un’azione che porta in se effetto
meramente costitutivo70.
70
Falzea, op. cit. pag. 384 ss.
150
LA DISCIPLINA DELL’ADEMPIMENTO DEL TERZO:
DIFFERENZA TRA IL CODICE DEL 1865 E CODICE DEL
1942.
L'esperienza giuridica ha rilevato che molto spesso
l'obbligazione si estingue in base ad un evento che non è
connaturale alla struttura in quanto non è direttamente collegabile
all'attività solvendi del debitore.
La regola dell'esatto adempimento investe il soggetto
passivo del rapporto obbligatorio, la quale, però, può arrivare a
considerare legittimo le operazioni che un terzo compie nel
soddisfare l'interesse creditorio. Gli atti che il terzo compie nel
determinare l'esatto adempimento
appartengono
alla
fase
esecutiva del rapporto, la cui determinazione è stata al centro di
un lungo dibattito dottrinale sulla sua natura e struttura. La
possibilità che il terzo possa realizzare tali tipi di operazioni è
dettata da una considerazione di carattere pratico posta
dall'assenza di una ragione, astratta tale da impedire che il
151
legittimo intervento del terzo possa far pervenire al creditore lo
stesso bene e le stesse utilità che avrebbe realizzato con la
prestazione del debitore. Il principio è antico ed ha le sue radici
nel regime dell'obbligazione, in base al quale era considerato
normale il riscatto da parte del terzo del debitore inadempiente
assoggettato all'esecuzione personale, la cui fonte giuridica si
riflette nella forma originaria della sponsio. Nel Digesto, infatti, si
può leggere che "cum sit iure civili costituem licere etiam
ignoranti initique meliorem condicionem facere" avendo la sua
spiegazione in ciò che nel diritto antico, rappresentava il concetto
di "obbligatio", il quale era espressione di uno stato di
assoggettamento reale dell'obligatius, considerando naturale che
altri per esso potessero soddisfare il creditore71. Con il trascorrere
del tempo la struttura dell'obbligazione è mutata, con conseguente
modificazione del significato che l'intervento del terzo poteva
avere.
71
Cannata, Adempimento del terzo, In Commento al Codice Civile , a cura di ScalojaBranca , Bologna-Roma, 1974, pag 79 e ss .
152
L'obbligazione nasce e si struttura come, realizzazione
dell'interesse creditore mediante attuazione della prestazione da
parte del debitore, per cui l'atto del terzo viene ad essere
considerato come possibilità giuridica di adempiere l'obbligo
altrui, con effetti verso il debitore.
Il codice del 1865 dedicava all'adempimento del terzo due
articoli: il 1238 e 1239, che rappresentavano la riproduzione degli
articoli contenuti nel codice francese. L'art. 1238 affermava che
"le obbligazioni possono estinguersi col pagamento fatto da
qualunque persona che abbia interesse, come da un coobbligato o
da un fideiussore. Le obbligazioni possono anche essere estinte
con pagamento fatto da un terzo che non abbia interessi per la
liberazione del debitore”. In questo modo si mettevano sullo
stesso piano ipotesi assai diverse: nel primo comma il terzo
assume la veste di debitore, nel secondo comma si concentrava
l'ipotesi di un vero e proprio adempimento dell'obbligo altrui. La
disciplina codicistica mentre da un lato sanciva il principio della
possibilità dell'adempimento del terzo, dall'altro ha introdotto un
153
criterio distintivo che non ha nessun rilievo dogmatico e
filologico in quanto si è lasciato libero di agire il terzo interessato,
non ponendogli alcun limite all'adempimento, e si è invece
subordinato l'interesse del terzo non interessato alle liberazioni
del debitore; nel caso in cui avesse agito in nome proprio, alla
condizione che esso non avesse beneficiato della surrogazione dei
diritti del creditore72.
Massima preoccupazione per il legislatore era di evitare
che la posizione del debitore risultasse aggravata per effetto
dell'intervento del terzo, rendendo attuabile il noto principio favor
debitoris.
La disciplina aveva dato vita a non poche divergenza sulla
sua applicazione , necessitando un processo di semplificazioneastrazione che è stato realizzato dal legislatore del 1942. Dal
punto di vista sistematico questo risultato di semplificazione si è
raggiunto con la cancellazione della distinzione terzo interessato e
72
Natoli, L'Attuazione del rapporto obbligatorio , in Trattato di Diritto Civile e
Commerciale , a cura di Massineo , Milano , 1974, pag, 182 e ss.
154
non interessato73, cade ogni limite all'intervento fondato sul
vantaggio del debitore ma si pone una variante molto significativa
rispetto alla disciplina codicistica del 1865. Il codice prende in
considerazione gli interessi in gioco e concede ad entrambi le
parti la possibilità di effettuare opposizione. L'opposizione del
debitore ha creato sicuramente più dubbi e più perplessità sulla
propria strutturazione e sulla propria incidenza effettuale nella
sfera giuridica del creditore. Ed è proprio su questa capacità di
intervento del debitore, che si presenta come massima espressione
del suo disappunto nel concedere ad un terzo estraneo la
possibilità di un interesse solutorio, sono state avanzate svariate
opinioni sulla sua definizione normativa. Le varie tesi oscillano
tra poli completamenti opposti da quelle che ritenevano tale
opposizione del tutto priva di effetti, per cui il creditore aveva pur
sempre l'onere di accettare l'offerta del terzo o quella che si
riteneva il creditore avesse dovuto rifiutare tale offerta .
73
Di Majo ,Dell’obbligazione in generale, in Commento al codice civile a cura di Scialoja e
Branca ,op. cit., pag .41 e ss.
155
La tesi intermedia, in base alla quale il creditore ha una
mera facoltà di accettare la prestazione del terzo, è stata accolta
dal nostro codice, bilanciando, però, detta facoltà con il suo
interesse ad essere soddisfatto personalmente del debitore. Questa
esigenza in qualche modo già presente nel codice del 1865, che
prevedeva la possibilità normativa della non accettazione in caso
di interesse di una prestazione personale del soggetto passivo.
L'art. 1239 del codice abrogato, infatti, affermava che
"l'obbligazione di fare non può adempiersi da un terzo contro la
volontà del creditore, ove questi abbia interesse a che sia
adempiuta dal debitore medesimo". Secondo l'opinione prevalente
si tendeva ad escludere la rilevanza dell'intervento del terzo nei
casi in cui la prestazione del debitore avesse carattere
dell'infungibilità, e a tale carattere che si limitava la possibilità
del creditore di poter rifiutare l'offerta del terzo. Il codice attuale
ha notevolmente attenuato questi limiti, facendo riferimento
all'obbligazione in generale, obliando la natura della prestazione,
156
ponendo in risalto l'interesse creditorio74. Il bilanciamento delle
contrapposte esigenze e la necessità di spostare il baricentro della
tutela sull'interesse del creditore ha posto le basi per la stesura
della
norma
contenuta
nell'art.
1180
la
quale
recita:
"L'obbligazione può essere adempiuta da un terzo, anche contro
la volontà del creditore, se questi non ha un interesse a che il
debitore esegue personalmente la prestazione. Tuttavia il
creditore può rifiutare l'adempimento offertogli dal terzo, se il
debitore gli ha manifestato la sua opposizione.
74
Natoli, Attuazione del rapporto obbligatorio, op. cit. pag. 185.
157
STRUTTURA DELL'INTERVENTO DEL TERZO E NATURA
DELL’OPPOSIZIONE.
La norma, se da un punto di vista pragmatico appare di
estrema semplicità, da un punto di vista teorico ha suscitato molte
discussioni riguardanti la struttura e la natura dell'intervento del
terzo. Il principio che viene dedotto dalla norma consiste nella
possibilità concesso ad ogni terzo di adempiere l'obbligo altrui,
investendo il lato passivo del rapporto, non viene ad incidere il
diritto
di creditore, in quanto se rientrasse in tale ambito,
avremmo esercizio di diritti altrui, e non adempimento di obbligo
altrui. Premesso che la possibilità di effettuare la disposizione
riguarda il debito, è prevista quindi, che il terzo interviene nel
rapporto in base alla propria capacità di disporre, non essendo
legato all'attribuzione di uno specifico potere. L'attribuzione del
potere è indice rilevatore della distinzione normativa della figura
del terzo rappresentante rispetto al terzo adempiente, ipotesi
prevista e regolata dall'art. 1180 c. c. Quest'affermazione non ha
158
avuto unanime consenso nel mondo giuridico,infatti, la dottrina
pandettistica75 ha sostenuto che il terzo, poteva agire o come terzo
o come rappresentante. Più incisivamente lo Jhering ha affermato
che l'atto solutorio dovrebbe essere ricompreso nella categoria
della rappresentanza diretta76. Ciò è dimostrato dalla particolare
osservazione in base alla quale la liberazione del debitore non
avviene quando il creditore ha ottenuto la prestazione, poiché se
così fosse, la liberazione dovrebbe aversi anche nel caso in cui il
terzo paghi credendo di pagare un debito proprio. Per cui
liberazione non si pone come la risultante di un’equazione il cui
termine risolutore si evidenzia nel pagamento, ma si realizza
nella circostanza che il risultato è stato determinato dallo stesso
debitore, tramite la mediazione del terzo. Al medesimo risultato,
percorrendo un iter differenziato, perviene anche un autorevole
esponente della nostra dottrina, il Nicolò, sottolineando la non
necessità di pervenire alla distinzione di terzo adempiente e terzo
75
76
Gruchot, Lehe von der Zahlung der Geldschund , 1871 , pag . 18.
Jhering , in Jahrbucher fur die Dogmayik, I, pag. 273e ss.
159
rappresentante77 ritenendo applicabile i principi della norma
sull'andamento del terzo anche quando quest'ultimo abbia agito in
nome del debitore. L'autore ritiene, che, sotto il profilo esterno,
cioè tenendo presente il rapporto tra il solvens e il creditore, la
rappresentanza è uno schema sovrabbondante, la cui esistenza
non inficia. La realizzazione del diritto del creditore e l'estinzione
dell'obbligo, che in quanto tale si realizzano in tutti i casi,
indipendentemente dalla esistenza di un potere rappresentativo
nel solvens. Ciò è dimostrato dal fatto che il creditore è
legittimato a trattenere quanto il terzo ha adempiuto in nome del
debitore anche quando mancano gli estremi della rappresentanza.
Il creditore, infatti, potrebbe trattenere il risultato dell'attività
solutoria anche nel caso in cui vi fosse stato una dichiarata
proibizione del debitore di pagare in suo nome. La legge, infatti,
nel fenomeno dell'adempimento dell'obbligo si pone dal punto di
vista della tutela del creditore e riconosce efficacia solutoria
77
Orlando Cascio , Estinzione dell’obbligazione per il conseguimento dello scopo , Milano,
1938, pag. 130 e ss.
160
anche alla prestazione da parte del terzo che agisce in nome
proprio, indipendentemente dalla volontà del debitore e persino
contro la volontà di questo. La costruzione teoretica dell'autore ha
suscitato molti dissensi, in dottrina, le cui critiche si sono
indirizzate nell'evidenziare la non giusta rilevanza che l'autore,
ha attribuito ad un atto che costituisce la fonte giuridica dell'agire
del terzo78. Ogni qualvolta si agisce come rappresentante è
necessario che il rappresentato abbia rilasciato una procura che
legittima l'intervento all'attività solutoria. ulteriore dato che
differenzia le due ipotesi nel potere concesso al creditore di
controllare se il terzo sia munito di procura, e nel caso contrario,
potrà rifiutare l'attuazione della prestazione. E' da rilevare che la
caratteristica principale della rappresentanza consiste nel riferire
direttamente gli effetti giuridici dell'attività dal rappresentante
nella sfera giuridica del rappresentato. Il rappresentante può
compiere l'atto in quanto esso è direttamente voluto dal
78
Zimmermann, Die Lehre von der stellvetretende Negotiorum gestio , Strassburg,1876,
pag. 301; Wieland, Die Ermachtigung zum Leistungsempfang, in Archiv. fur die civ. Praxis,
1904 , pag 181 e ss
161
rappresentato, il quale beneficia di tutti i vantaggi e svantaggi
giuridici provenienti dall'atto. L’istituto della rappresentanza
verrebbe snaturato nella sua fisionomia se si presentasse come
possibilità per un terzo di agire provocando effetti nell'altrui sfera
giuridica senza il consenso del soggetto interessato. Per cui
quando il solvens agisce quale rappresentante stiamo fuori dal
campo dell’adempimento del terzo, anzi, in alcuni casi la relativa
normativa viene ad essere utilizzata quando la tutela giuridica
dettata per la realizzazione degli interessi del rappresentato non è
ritenuta sufficiente79. Ciò avviene quando, ad esempio, il terzo
abbia abusato dei poteri conferitogli dal debitore e quest'ultimo
ritenga poco praticabile la norma dell'annullamento dell'atto del
rappresentante in conflitto di interessi con il rappresentato. In
questo caso il debitore potrà agire opponendosi all'intervento del
terzo in base alla disposizione contenuta nel secondo comma
dell'art.1180. Il debitore ha un diritto di opposizione al pagamento
del terzo illimitato e non ammette discriminazioni da parte del
79
Orlando Cascio , po cit. pag 134
162
terzo o del giudice, salva soltanto la valutazione della
convenienza da parte del creditore, al quale spetta la scelta tra
l'accettazione della prestazione e la conservazione del proprio
credito80. La disputa sulla configurazione dell'intervento del terzo
si è completamente sopita in relazione alla pronuncia della Corte
di Cassazione, la quale ha previsto che questo intervento deve
essere del tutto svincolato da qualsiasi tipo di legame con la
posizione attiva81. La "massima" indicata nella sentenza rende
chiara l'idea di un intervento spontaneo ed autonomo,
presupponendo che il terzo non aveva altro scopo che quello di
liberare il debitore dall'adempimento e da quelle che potrebbero
essere le possibili conseguenze dell'inadempimento. Tale
adempimento deve essere caratterizzato dall'assenza di precedenti
accordi o convenzioni, tali da poter escludere qualunque interesse
del terzo alla prestazione e qualunque interesse del creditore a
pretenderla personalmente dal debitore. L'intervento del terzo
80
App. Roma , 8 Marzo 1952 , in Foro It. Rep. 1952. voce obbligazione e contratti , pag .
1839.
81 Cass. 20 maggio 1952 , n.1681 . in Giustizia Civile , parte prima , pag. 1499
163
viene ad essere valevole solo quando non è coinvolto con
interessi strettamente legati al rapporto obbligatorio sottostante.
L'intervento del terzo, quindi, si pone autonomo, libero svincolato
da qualsiasi tipo di legame con le posizioni soggettive del
rapporto obbligatorio82.
82
Sull’impossibilità che l’adempimento del terzo possa essere assimilabile in tutte le sue
caratteristiche strutturali alla figura giuridica della delegazione vedi :Schlesinger ,
Adempimento del terzo e delegazione di pagamento , in Temi , 1958, 572 e ss ;
164
I POSSIBILI INTERVENTI DEL TERZO
Il terzo interviene per adempiere l'obbligazione, e questo
compito potrebbe ledere posizioni soggettive delle parti presenti
nel rapporto. L'intervento del terzo si pone, quindi, in modo
autonomo non legato da particolari rapporti o interessi, con i
soggetti dell'obbligazione. Quest'intervento, però, così strutturato
potrebbe ledere la sfera giuridica del debitore o del creditore da
un intervento non voluto ne desiderato. I rimedi giuridici previsti
contro queste possibili lesioni sono diversi, in quanto la loro
differenza è data dalla non omogenea tutela concessa alle parti
per la difesa dei propri interessi. La disciplina codicistica, infatti,
prevede una serie di strumenti adatti a realizzare l'interesse
creditorio, soprattutto quando quest'ultimo è caratterizzato dalla
necessità di essere soddisfatto solo dal comportamento del
debitore. Di converso, una tutela esplicita di quell'interesse che è
stato la base dell'assunzione del vincolo obbligatorio, da parte
165
debenti, sembrerebbe essere solo accennata, ma non realizzata in
pieno.
L'autonomia gestionale di intervento del terzo, infatti,
metterebbe al riparo da qualsiasi tipo di tutela l'interesse debendi
menzionato, in quanto si ritiene meritevole di considerazione
giuridica la scusante pragmatica consistente nella impossibilità,
per il soggetto passivo, di esprimere un rifiuto nei confronti di
un’attività
che
comporta
liberazione
ed
estinzione
dell'obbligazione. La giustificazione è soltanto apparente in
quanto non sempre la necessità è alla base dell'assunzione
obbligatoria; l'interesse potrebbe porsi come caratterizzato da una
funzione di adempiere, in relazione ad una situazione pratica in
base alla quale il rapporto nasce per liberarsi da un gravame.
Questo vincolo è determinato da un’esigenza di fondo per cui il
debitore assume questa veste per adempiere l'obbligazione; la
relativa estinzione posta dal terzo non renderebbe soddisfatta
quest'esigenza, laddove l'adempimento non fosse attuato. Non si
può assurgere a principio una situazione generalizzata di pura
166
logica pragmatica che, non ritrova come suo contraltare,
un’espressa previsione normativa atta a realizzare un’esplicita
tutela. Non essendoci una norma positiva non si può neanche
ipotizzare la nascita di un'eccezione, la quale si pone come base
normativa
per
utilizzare
gli
strumenti
giuridici
previsti
dall'ordinamento per attuare la prestazione. L'esigenza di
adempiere la prestazione è direttamente ricollegabile all'interesse
del pars debitoria in quanto costui ha assunto l'obbligo per
liberarsi da un precedente gravame. L'obbligazione nasce come
necessità di liberarsi dal vincolo mediante adempimento, che
potrebbe essere compromessa nel momento in cui il terzo realizza
la
prestazione.
In
caso
di
non
opposizione
creditoria,
l'adempimento del terzo verrebbe a soddisfare l'interesse del
creditore
con
consecutiva
estinzione
del
suo
diritto.
L'obbligazione però, è caratterizzata dalla stretta connessione di
quelle che sono le posizioni soggettive per cui se il diritto viene
meno, si estingue anche l'obbligo, che non ha ragione di esistere
senza il diritto. Se così fosse avremo realizzazione del diritto
167
creditorio con conseguente lesione dell'interesse ad essere liberato
mediante adempimento del debitore,
la vera causa della
limitazione della sfera di libertà del soggetto passivo. La lesione
di quest'interesse non fa altro che determinare la violazione del
rispettivo
diritto
soggettivo
del
debitore
ad
adempiere,
considerandolo privo di qualsiasi rilevanza giuridica. Un'attenta
disamina
dell'applicabilità
della
disposizione
contenuta
nell'art.1180 c. c. , dimostra non solo che l'interesse è degno di
rilevanza giuridica, ma che il relativo diritto non viene ad essere
leso. La finalità intrinseca della disposizione normativa si
presenta non come possibilità di tutelare l'interesse del creditore,
ne quello del debitore, ma essenzialmente quello terzo. Questo
interesse viene ad essere considerato dalla legge meritevole di
tutela, tale da giustificare l'intromissione in un rapporto giuridico
altrui e la sua estinzione.
Per attuare però la modificazione del rapporto sottostante il
solo interesse del terzo non basta, è necessario che abbia un
sostegno, che è dato da quello di uno dei due soggetti del
168
rapporto. Il gioco reciproco degli interessi dei vari soggetti che
partecipano al fenomeno dell'intervento del terzo è determinabile
in funzione dell'efficacia giuridica delle singole volontà, assunte
come indici dei rispettivi interessi.
Dall'art. 1180 c. c. appare che nell'alleanza delle volontà e
degli interessi tra due soggetti prevale l'interesse e la volontà del
soggetto che rimane violato. L'opposizione separata di una o
dell'altra parte del rapporto risulta giuridicamente inefficace ad
impedire la validità dell'intervento del terzo, mentre la congiunta
opposizione dei titolari delle posizioni soggettive fa venir meno la
tutela giuridica. Il terzo interviene efficacemente con l'accordo
del debitore contro l'opposizione del creditore e viceversa, ma
non può intervenire contro la concorde opposizione di entrambi.
L'attuazione di questo gioco di interessi non pregiudica mai
l'interesse del debitore ad essere liberato mediante adempimento
ed una seria di situazioni giuridiche possono essere presi come
punto di riferimento per dimostrare l'impossibilità che il relativo
diritto della pars debendi sia leso dall'autonomia gestionale del
169
terzo intervenuto. Occorre distinguere il caso in cui il terzo agisce
in virtù di un obbligo legale, in base al quale la preminenza degli
interessi sarà determinata dall’ordinamento giuridico.
L’impotenza del debitore di scongiurare l’intervento, e ad
escludere , quindi ,la liberazione per via diversa , dipende dal
fatto che la legge nel conflitto di interessi tra il terzo e il debitore,
ritiene che il primo abbia prevalenza giuridica. L'interesse, infatti,
del debitore è pienamente tutelato nei riguardi del creditore, ma
non lo può essere nei confronti del terzo, poiché rispetto a
quest'ultimo il debitore non si può opporre non perché non sia
titolare di un interesse giuridico, ma perché è intervenuta la legge
che , con una ponderata valutazione giuridica, ha ritenuto degno
di tutela l'intervento del terzo, garantendo un equilibrato
svolgimento dei rapporti giuridici.
Se il terzo interviene in forza di un obbligo che scaturisce
da un testamento, o da un negozio giuridico a favore di un terzo,
il debitore ha innanzitutto il potere di rinunciare al beneficio
dell'intervento. Ma, se nonostante la rinuncia o il rifiuto di
170
profittare, il terzo si ostina a pagare, è impossibile per il debitore
impedire che la prestazione venga effettuata e che il creditore
consegna con tale mezzo l'attuazione della propria aspettativa.
Ma, in tal caso, il debitore che in forza dell'art. 1180 ha dovuto
soccombere di fronte ai coalizzati interessi del creditore e del
terzo, per quanto non può aspirare all'attuazione del proprio
obbligo nei confronti del creditore, può conseguirlo nei confronti
del terzo giacché nessun è tenuto ad accettare una liberalità non
gradita. Se il terzo interviene in forza di uno specifico potere che,
la legge gli accorda, è sempre la particolare circostanza che
determina la prevalenza. E’ la necessità di evitare un danno, o un
pericolo che potrebbe degenerare,
determinando
ulteriori
conseguenze giuridiche, che conferisce al terzo quel potere
particolare che gli consente di agire adempiendo l'obbligo altrui.
Il terzo possessore dell'immobile ipotecato, al fine di evitare
l’espropriazione, può pagare i crediti scritti e i loro accessori, più
le spese, così come per analogo diritto è accordato al terzo datore
di ipoteca. In tali ipotesi però l’impotenza del debitore contro
171
l'intervento del terzo è dovuta all'inadempimento di cui si è reso
colpevole e che impone di tutelare l'interesse di coloro che
subiscono pregiudizio dalla sua insolvenza. Ma la relativa tutela
non viene meno se il debitore offre l'integrale soddisfacimento al
creditore
precedente,
evitando
sia
l’espropriazione
che
l'intervento del terzo possessore o del terzo datore83. L'ipotesi che
può creare qualche preoccupazione sorge proprio nel momento in
cui il terzo non ha nessun tipo di interesse o di legame e il
creditore non effettua opposizione. In questo caso sembrerebbe
che vi sia quella lesione dell'interesse del debitore a liberarsi
mediante adempimento non avendo a disposizione nessun
rimedio giuridico atte a garantire la propria tutela. L'obbligazione,
può modificarsi senza alterare le condizioni base che hanno dato
vita al suo costituirsi, in virtù del fatto che la realizzazione di vari
interessi non pregiudica altri a realizzare la soddisfazione di
contrapposte posizioni di diritto.
83
Falzea, op.cit., pag.35 e ss.
172
LE IPOTESI DI OPPOSIZIONE DEL CREDITORE.
L'adempimento del terzo è considerato una norma
particolare in quanto si inserisce in un rapporto giuridico altrui e
lo estingue. Quest'estinzione presuppone che il diritto di credito
sia stato soddisfatto mediante l'attività solutoria del terzo.
L'attuazione, quindi, si concentra sui possibili mezzi di cui il
titolare del diritto dispone per impedire che l'intervento possa
pregiudicare la realizzazione del proprio interesse. Il creditore, in
quanto titolare di un diritto soggettivo, dispone di una serie di
poteri, atti a garantirne la realizzazione.
L'attuazione del diritto dipende dal verificarsi di tutti quelli
che sono considerati gli elementi costitutivi della prestazione. Per
la particolarità della struttura della prestazione, alcune volte
questi poteri sono utilizzati per impedire la facoltà concessa al
terzo di intervenire nel rapporto ponendosi come un ostacolo per
la realizzazione di un’attività similare, ma non esaustiva per
l’attuazione dell'interesse. L'opposizione che viene effettuata
173
dall'attività del terzo deve tener presente le caratteristiche della
prestazione, e la possibilità che detta attività possa ledere il diritto
di credito. Il limite posto dal creditore deve ricercarsi all'interno
dell'obbligazione, in ciò che consiste l'oggetto del proprio diritto,
il bene che deve ricevere. In relazione a ciò si possono
determinare
le ipotesi in cui il terzo può agire con effetto
giuridico estintivo del rapporto giuridico altrui. La possibilità che
il terzo adempie si ha solo quando questi possa ottemperare
l'obbligo nello stesso modo in cui il debitore era tenuto, o quando
la diversità della persona prestante non si presenti ingiuriosa per il
creditore. Ciò avviene in quei negozi aventi come finalità
l'acquisizione di un prodotto dell'attività particolare di una data
persona, come ad esempio nell'obbligazione di fare, in cui la
personalità del prestante si proietta e si riflette sul fatto dovuto,
dove l'opera del terzo è del tutto diversa da quella del debitore,
diverso di conseguenza, l'oggetto che il creditore conseguirebbe.
I limiti del potere non vengono dedotti da principi speciali,
ma da quelli generali; il suo atto diventerà illecito in quanto lede
174
il diritto altrui, cioè quando può portare pregiudizio o ingiuria.
Per cui, l'opposizione del creditore sarà legittima ed efficace
quando
è indirizzata a realizzare un interesse (adempimento
personale del debitore) o quando è diretta ad impedire la lesione
del suo diritto (realizzazione di un'ingiuria).
Al di fuori di questi casi non sembra possibile riconoscere
al creditore il diritto di rifiutare la prestazione del terzo.
L'opposizione viene concessa in virtù, di particolari situazioni che
si specificano o nella tutela di un particolare interesse, o
nell'evitare la realizzazione di un danno. Al di fuori di questi casi
non vi è una vera e propria legittima opposizione, poiché ciò che
si chiede è la realizzazione del proprio diritto, mediante
acquisizione del relativo oggetto84.
84
Carboni , Delle Obbligazioni nel diritto Odierno , Torino , 1912 , pag, 191 e ss
175
OGGETTO DEL DIRITTO DI CREDITO: IL BENE DOVUTO.
L'oggetto del diritto di credito può essere compreso solo se
si fa riferimento al concetto di obbligazione, in quanto solo da
esso è possibile determinare l'attività a cui tende il diritto e il
mezzo idoneo a realizzarlo. L'obbligazione non è considerata più
un vincolo personale nel senso che esso aveva nel diritto antico,
perché non tende e non si afferma sulla persona del subietto
passivo, ma sul suo patrimonio. Il concetto di obbligazione,
quindi, si esprime, nella sua totalità, come alienazione di valore,
in cui assume rilievo l'elemento patrimoniale, e si specifica come
necessità di raggiungere il "bene" dovuto. Esso diventa l'elemento
obiettivo, l'oggetto dell'obbligazione, che può essere sempre
realizzato, poiché è sempre suscettibile di una valutazione
economica. La determinazione dell'oggetto dell'obbligazione
influisce sul contenuto delle posizioni soggettive dei titolari del
rapporto, in quanto oggetto dell'obbligazione è la prestazione la
quale è al tempo stesso oggetto della pretesa creditoria ed è ciò
176
che il debitore è tenuto ad adempiere. La realizzazione della
prestazione consiste quindi nell'acquisizione del bene dovuto, la
cui entrata nel patrimonio del creditore determinerebbe
soddisfazione del suo diritto. Ciò a cui si tende, con la
costituzione del rapporto obbligatorio, è il raggiungimento del
bene dovuto, il quale assume carattere funzionale che influisce
sulla stessa struttura del rapporto obbligatorio. Gli esponenti della
teoria del bene dovuto, pongono al centro della propria
condizione la necessità dell'acquisizione dell'oggetto, considerato
come risultato di una serie di operazione che costituiscono
l'attività solutoria. E'
necessario, quindi, che si arrivi alla
realizzazione di quel risultato per garantire la soddisfazione del
diritto di credito, è il risultato che si pone come suo oggetto e non
il comportamento del debitore, che può rivestire la funzione
meramente strumentale per il raggiungimento del risultato. Per
cui il diritto di credito si presenta non come un diritto ad ottenere
dal debitore un certo comportamento, ne tanto meno come un
diritto sui suoi beni, ma semplicemente un diritto al
177
conseguimento del bene dovuto. Così strutturato, il diritto del
creditore trae la sua ragione di esistere nel bene e la sua
realizzazione in qualsiasi mezzo idoneo a soddisfarlo. Per cui
l'adempimento del debitore costituisce un possibile, ma non
l'unico mezzo atto a realizzare il diritto del creditore, essendo
prevista
allo
stesso
scopo
sia
l'esecuzione
forzata
che
l'adempimento del terzo, in quanto capace di garantire quel
determinato risultato, oggetto della prestazione. La possibilità di
intervento del terzo, previsto dall'art. 1180 c.c., sta a dimostrare
che, più della realizzazione dell'interesse, la legge non considera
sempre e necessariamente indispensabile la prestazione del
debitore. Vi può essere, in concreto, una fungibilità del mezzo
(attività del debitore) che nella previsione di legge o della parti
dovrebbe portare al soddisfacimento dell'interesse del creditore.
L'art. 1180 c. c., prevede, appunto, questo stato di cose,
178
concedendo al terzo di intervenire realizzando l'interesse
creditorio85.
85
Natoli, L'attuazione del rapporto obbligatorio, in Trattato di diritto Civile e ommerciale, a
cura di Massimeo, op. cit., pag. 181
179
L'INTERVENTO DEL TERZO NON DETERMINA LESIONE
DEL DIRITTO DEL DEBITORE.
L'intervento del terzo, come strumento soddisfattivo,
dell'interesse creditorio,
non può
essere
considerato come
momento attuativo dell'obbligo del debitore, poiché, anche se
estingue la prestazione, non può mai alterare il contenuto della
posizione di obbligo. Il terzo, intervenendo nel rapporto, soddisfa
l’interesse creditore con un’attività che può essere definita di
surrogato dell'adempimento del debitore. I Romani affermavano:
" naturalis emin simul et civilis ratio suasit alienam condicionem
melior quidem etiam ignorantis et invitinos facere posse ,
deteriorem non posse (D. 14 , 1, 1 , 24, ) e concludevano alius
pro me solvendo me liberat". Il pagamento fatto dal non debitore
al creditore determina l’attuazione del suo diritto senza ledere la
posizione di obbligo del soggetto passivo, in quanto il fenomeno
dell’adempimento dell'obbligo altrui rientra nel quadro generale
della disposizione di rapporti instaurati fra terzi estranei. Il potere
180
di disposizione si ritiene essere legato all'esercizio di un diritto
altrui, per cui la disposizione riguarderebbe quei singoli atti che
determinerebbe una modificazione del diritto in questione. Ogni
qualvolta, perciò, che vi è modificazione del diritto, si ha
invasione del rapporto da parte di un terzo con conseguente
modificazione del rapporto. L'intervento del terzo, essendo
autonomo, esterno ed indipendente dall'obbligazione, invade il
rapporto sottostante, realizzando il diritto, ma non attuando
l'obbligo. Per cui esso non fa altro che mutare i termini del
rapporto con un'attività unilaterale, determinando quindi una
disposizione del rapporto giuridico in questione.
Ogni volta che si pongono in essere degli atti con i quali si
esercita un diritto altrui si specifica il potere di disposizione verso
il mutamento del rapporto determinandone l'invasione di un terzo.
Se si perviene alla realizzazione del diritto ma non all'attuazione
dell'obbligo si arriva alla conclusione non solo dell'inidoneità
dell'intervento
ad
estinguere
l'obbligo
ma
dalla
logica
conseguenza che si verifica uno spostamento soggettivo del lato
181
dettato dall'obbligazione con assunzione del correlativo diritto
creditorio da parte del terzo. Quest'ultimo, con la propria attività
non fa altro che surrogarsi nei diritti del creditore nei confronti
del debitore, il quale vedrà mutato l'altro soggetto del rapporto; il
debitore, quindi, non subirà particolari lesioni se la sua posizione
non venga alterata. La realizzazione del diritto comporta la non
modificazione giuridica della posizione soggettiva del debitore
con l'unica variante della persona nei confronti della quale
l'obbligo dovrà essere attuato86, che non sarà più il creditore ma il
terzo. L'adempimento si specifica in un comportamento che da un
lato che da un lato realizza l'obbligazione e dall'altro pone in
essere i termini di tutela per non veder alterato il contenuto
dell'obbligo. Nei termini in cui il vincolo giuridico è sorto
abbiamo che il diritto del creditore è tutelato per garantire in
pieno l'attuazione delle proprie aspettative, mentre la posizione
dell'obbligo del debitore viene tutelato solo per impedire che la
propria condizione non sia aggravata. Il soggetto passivo è tenuto
86
Miccio, Delle obbligazioni in generale, op. cit., pag. 48 e ss
182
solo ad adempiere il suo obbligo e la legge esige che tutto ciò
possa
essere
realizzato
senza
che
il
proprio
diritto
all'adempimento sia leso. Questa lesione può avvenire solo
quando l'obbligo non venga realizzato nella sua totalità e venga
mortificato nel suo contenuto giuridico. Ma quando l'intervento
del terzo si pone come mutamento dei termini del rapporto,
l'obbligo rimane obiettivamente identico, in quanto non viene
richiesto nulla di più di diverso di quello che deve, ed in questo
caso il diritto all'adempimento del debitore è tutelato, non solo
perché sostanzialmente la posizione non viene modificata dal
punto
di visto
contenutistico
ma
soprattutto
perché
la
patrimonialità dell'obbligazione, mentre da un lato rende
indifferente al creditore la persona prestante, dall'altro rende al
debitore indifferente la persona che deve esigere la prestazione87.
La norma contenuta nell'art. 1180 c. c. non fa altro che strutturare
un modo mediante il quale vi è realizzazione e estinzione
87
Carboni op. cit. pag . 195
183
dell'obbligazione, senza ledere le
rapporto obbligatorio.
184
posizioni soggettive del
COMPORTAMENTO DEL DEBITORE COME OGGETTO
DEL DIRITTO DI CREDITO: LA TEORIA TRADIZIONALE.
La conclusione a cui perviene la teoria del bene dovuto,
ritenendo essenziale per l'estinzione dell'obbligo la soddisfazione
dell'interesse del creditore al risultato della prestazione, ha
causato l'allontanamento dalla teoria tradizionale.
I sostenitori della prima teoria hanno ritenuto che se il
diritto di credito è estinto dall'atto del terzo, non può avere come
oggetto l'atto del debitore, ma solo quello che costituisce
elemento comune ai due tipi di atti. Questo effetto in comunio si
specifica nel procurare al creditore un determinato bene, per cui il
diritto di credito non può non
avere come oggetto che il
conseguimento del bene. Ma se la realizzazione effettiva del bene
è il sostrato della definizione concettuale, nota essenziale del
medesimo è la necessaria, costante ed uniforme attualizzabilità
del bene, in virtù della previsione che il diritto positivo
assicurerebbe sempre i mezzi necessari per il suo conseguimento .
185
Connessa alla nozione comunemente accolta di diritto soggettivo
vi è l'idea che la garanzia in base alla quale ogni volta si assegna
un diritto ma si garantisce la realizzazione. Se l'oggetto del diritto
di credito è il bene a cui il creditore aspira, si afferma, di
conseguenza, che è la legge che prevede tutti i possibili modi per
l'acquisizione di quel bene. Quando si assegna al diritto
soggettivo un dato oggetto, si presuppone che quell'oggetto possa
essere sempre conseguito dal titolare del diritto.
Il diritto soggettivo è definito dalla legge come un potere di
conseguire un dato bene della vita, per cui in esso è implicita la
necessaria
realizzabilità
dell'oggetto
del
potere
stesso88.
L'opposizione avanzate dalla teoria tradizionale si sostanzia
proprio nella determinazione dell'oggetto della garanzia, in
quanto non è il risultato, la situazione economicamente valutabile,
che costituisce oggetto di tutela, ma il contegno del debitore. Ciò
è desumibile dalla circostanza che l'obbligo si estingue anche
88
Bernatzik,Uber den Begriff der iuristischen Person , in Archiv fur offentliches Recht,V,
1890, pag 195; Kelsen, Hauptprobleme der Staatsrechtslehe entwicklelt aus der Lehre
desRechtsatzes,Tubinga , 1911 pag 18 e ss.; Ferrara , Trattato di diritto civile italiano ,
Roma 1921 , pag 317 e ss.
186
quando il bene non si sia trasferito nella sfera patrimoniale del
creditore, cioè quando il bene non viene realizzato. Tipici esempi
di estinzione del credito senza realizzazione del bene sono
l'esenzione forzata infruttuosa e il perimento dell'oggetto per caso
fortuito, la sopravvenuta impossibilità di adempiere per forza
maggiore, in cui la legge non garantisce il bene ma solo qualcosa
di diverso, che si specifica nella sanzione legale. Nell'ipotesi
esaminata non vi è alcuna sanzione, atta a far pervenire il bene
economico, la cui assenza ne fa dedurre l'impossibilità che esso
possa costituire oggetto del diritto di credito. In realtà esso, come
ogni diritto soggettivo, è "potere" di voler garantire al soggetto,
nei confronti di un altro soggetto, il compimento di una
determinata attività, sicché solo l'attività posta dal soggetto
destinatario può considerarsi oggetto del diritto di credito, capace
di estinguerlo. Essendo, quindi, oggetto del diritto il contegno del
debitore si evidenzia un palese contrasto con la facoltà concessa
al terzo di estinguere l'obbligazione in quanto non può produrre,
con proprio atto, il medesimo effetto prodotto dall'atto del
187
debitore.
Se
dovere
è
presupposto
di
diritto,
soltanto
l'adempimento del dovere può determinare l'estinzione del diritto,
solo chi ha l'obbligo di adempiere il dovere può estinguere il
diritto. Ma la possibilità del terzo di adempiere viene inserita in
una visuale differenziata rispetto all'oggetto del diritto, in quanto
esso rappresenta un aspetto del rapporto tutelato dalla legge,
mentre il terzo si inserisce con un intervento del tutto autonomo e
che si caratterizza come una disposizione del rapporto giuridico
sottostante.
188
DIVERSO
MODO
DI
CONSIDERARE
IL
DIRITTO
SOGGETTIVO: RISPETTO ALLA TEORIA TRADIZIONALE:
ADEMPIMENTO DEL TERZO COME ECCEZIONE ALLA
LUCE DELLA NUOVA CONCEZIONE DEL DIRITTO
SOGGETTIVO.
La definizione del diritto soggettivo ha determinato
l'impossibilità concettuale di definire in pieno la natura della
facoltà concessa al terzo di compiere un atto giuridicamente
rilevante per un altro soggetto senza che questo abbia la facoltà
di pretendere l'attuazione dell'atto. Tradizionalmente il diritto
soggettivo è considerato come un potere che sorge in un dato
istante, e si estingue in un altro e ha come contenuto la capacità di
un soggetto di produrre l'applicazione della sanzione in caso in
cui l'oggetto richiesto non sia soddisfatto. Ma se guardiamo il
fenomeno da una visuale completamente diversa considerando la
funzione del diritto soggettivo come l'insieme delle regole di
esperienza, atte ad indicare sistematicamente una quantità di
189
situazioni che presentano caratteristiche simili, avremo non solo il
superamento della concezione tradizionale del diritto soggetto ma
la compatibilità di esso con l'adempimento dell'obbligo altrui. Il
diritto soggettivo si costituisce e si specifica in una regola che si
esprime nella tutela fornita dalla legge a un dato soggetto nei
confronti di un altro e in modo che quest'ultimo possa compiere
con efficacia giuridica l'atto che il primo ha la facoltà di esigere.
Così strutturata, la formazione della regola non può non avere
come suo controaltare l'eccezione. L'ordinamento giuridico
prevede come eccezione alla regola del diritto soggettivo proprio
l'adempimento dell'obbligo altrui. In determinate ipotesi la legge
consente ai terzi di compiere atti che sono oggetto della tutela
legale, senza che il terzo abbia un precedente rapporto con il
soggetto destinatario della tutela e preludendo a quest'ultimo la
facoltà di esigere che l'atto sia compiuto dal soggetto nei cui
confronti la tutela si indirizza. L'indagine compiuta non può
smentire quelli che sono i risultati dogmatici della teoria
tradizionale in quanto oggetto del diritto in questione non può
190
essere altro che la condotta del debitore, il suo contegno, mentre
il superamento della concezione di esso viene a sostanziarsi in
quanto regola e non potere. La regola del diritto oggetto trova la
sua
massima
espressione
nell'eccezione
costituita
dall'adempimento del terzo. Si ha solo un superamento della
concezione tradizionale del diritto soggettivo, in quanto
quest'ultimo essendo solo un concetto, un'astrazione teorica, e
come tale è direttamente determinato dai fenomeni della vita
giuridica. L'adempimento del terzo si pone come relazione a
questa regola, non essendo ricompreso nello schema concettuale
che il diritto di credito designa.
191
IDENTITA' FUNZIONALE TRA ATTO DEL TERZO E ATTO
DEL DEBITORE. LA NON LESIONE DEL DIRITTO DEL
DEBITORE.
L'adempimento dell'obbligo altrui è un fenomeno del tutto
estraneo alla sfera di influenza del diritto soggettivo capace, però,
di estinguere l'obbligazione. Il diritto del soggetto attivo, infatti,
viene soddisfatto dalla realizzazione dell'eccezione, la quale è
stata idonea a porre fine alla vita del rapporto giuridico in base ad
un riconoscimento legislativo, essendo, forse, l'unico caso in cui
la legge giustifichi il depauperamento di un soggetto e
l’arricchimento di un altro senza che vi sia una preesistente
rapporto tra chi si impoverisce e chi si arricchisce.
Dal punto di vista del soggetto passivo del rapporto,
l'identità determinata dalla correlazione diritto e obbligo non
realizzerebbe in pieno il suo diritto ad intervenire per
concretizzare la prestazione. L'attività del terzo si differenzia
totalmente dagli atti compiuti dal debitore, in quanto quest'ultimo,
192
essendo parte del rapporto obbligatorio, pone un'attività dovuta.
Per cui se l'adempimento del debitore è un atto dovuto, questa
particolarità non può essere riconosciuta nell'attività del terzo, che
si presenta sempre libera e dominante da un espresso elemento
volitivo, l'animus di realizzare il diritto del creditore89.
Strutturalmente
esso è completamente differente in quanto
presenta gli estremi di un negozio giuridico, essendo necessario
per l'uscita del bene, la dichiarazione di volontà e la libertà del
volere. Ma se dal punto di vista strutturale vi è distanza da un
punto di vista funzionale abbiamo identità di fattispecie: così
come l'atto del debitore realizza integralmente il contenuto
dell'obbligazione, la dichiarazione di volontà del terzo non fa
altro che realizzare l'oggetto del diritto creditorio.
La dichiarazione di volontà proveniente dal terzo relativa
all'obbligazione non può mai avere il compito di adempiere,
realizzando il contenuto del rapporto obbligatorio, in quanto è
89
Nicolo' , Adempimento del terzo , voce Adempimento, in Enciclopedia del diritto
Milano, 1979, pag. 565 ss.
193
l'ordinamento a voler risolvere in modo differente il conflitto di
interessi dei titolari delle contrapposte posizioni soggettive. Ma è
proprio dalla funzione che si evidenzia ciò che dalla struttura del
fenomeno interessa all'ordine giuridico90. La struttura giuridica è
data da quegli elementi della struttura psico sociologica ai quali
l'ordinamento giuridico ricollega conseguenza, ed essa costituisce
ciò che si vuole denominare fattispecie. Gli elementi di fatto che
costituiscono la fattispecie assumono per l'ordinamento giuridico
una determinata funzione. Il passaggio dalla funzione alla
fattispecie si chiarisce proprio in tema di adempimento in quanto
la legge struttura proprio la nozione di adempimento sulla
funzione, mentre non si rileva
il dato strutturale. La legge,
quindi, riconosce efficacia giuridica a qualcosa che si risolve
nella determinazione della funzione ed acquista il carattere di
vero e proprio fenomeno giuridico. Da ciò il passaggio dalla
90
Sull’identità funzionale dissente la dottrina tradizionale tedesca , che differenzia gli
effetti giuridici dell’atto del terzo rispetto a quello del debitore , attribuendo solo a
quest'ultimo la qualifica di adempimento in senso tecnico .In questo senso vedi:Brecht,
System der Vertrashaftung , in Jherings Jahrbucher fur die Dogmatik des burgerlichen
Rechts LIV,1909, pag 374 e ss.; Un' opinione analoga a quella esposta vedi:Siber, Zur
Theorie von Schuld und Haftung nach reichsrecht, in Jehrings Jahrbucher fur die
Dogmatik,L,1906, pag 173 e ss.
194
funzione alla fattispecie legale è chiaro, essendo esse solo
l'espressione del riconoscimento giuridico. L'adempimento
abbraccia, come l'espressa previsione normativa mostra, tanto
l'atto del terzo quanto quello del debitore, poiché la legge non
richiede per l'atto del debitore la capacità di volere e la volontà
normale, oltremodo bisogna dirsi per l'atto del terzo.
La differenza strutturale non incide sulla identità funzionale
in quanto l'atto del terzo può contemporaneamente essere
considerato fatto e negozio giuridico. Se gli elementi di fatto ai
quali il diritto riconosce efficacia nel proprio ordinamento
vengono scelti liberamente in base a un criterio di valutazione
estraneo alla loro natura fisica nulla vieta che ad un identico
fenomeno fisico corrispondono due diverse specie giuridiche.
Nulla vieta, cioè, che l'ordinamento
giuridico richieda, per
riconoscere a un fenomeno una determinata efficacia, la presenza
di elementi di fatto, mentre per altri effetti richiede anche la
presenza di altri elementi di fatto del fenomeno stesso. E' ciò che
avviene nell'adempimento del terzo in quanto agli effetti
195
dell'estinzione dell'obbligazione è giuridicamente sufficiente il
fatto che la prestazione sia effettuata dal terzo. Agli effetti del
trapasso dell'oggetto dell'obbligazione dal patrimonio del terzo in
quello del creditore, è giuridicamente necessaria la capacità di
agire e la normalità del volere del terzo: ossia si richiede che egli
compia una valida dichiarazione di volontà negoziale91.
Ogni volta che si può estinguere un diritto altrui si entra nel
campo del potere di disposizione del rapporto da parte dei
soggetti interessati. Ogni qualvolta che vi è invasione da parte di
un terzo in un rapporto giuridico finisce per causare una
disposizione del rapporto da parte di un terzo. Si arriva quindi a
uno stesso risultato partendo da due presupposti differenziati, in
quanto anche considerando oggetto del diritto di credito il
comportamento del debitore, l'intervento del terzo non fa altro che
determinare una modificazione dei termini e del rapporto,
rimanendo intatta la posizione di obbligo all'interno del rapporto
91
Guisiana L'Atto del Terzo, Il Diritto di Credito e l'Adempimento dell'Obbligazione Riv.
dir.priv. 1937 pag. 230 ss.
196
obbligatorio. Il terzo, quindi, non fa altro che surrogarsi nella
posizione soggettiva di credito, il diritto del debitore di adempiere
la prestazione non viene assolutamente lesa, essendo indifferente
la persona del creditore destinataria del risultato dell'attività
solutoria92.
92
Miccio po. cit . pag 50 ss
197
OPPOSIZIONE DEL DEBITORE. ALL'ATTO DEL TERZO DI
AGIRE MEDIANTE PROCEDURA DI LIBERAZIONE.
Può proporre domanda giudiziale di liberazione chi, avendo
posto la condizione di validità richiesta dalla legge per la
pronuncia liberatoria, risulta titolare della relativa azione, per cui
si deve ritenere che può essere competente a domandare il
provvedimento giudiziale una persona diversa dal debitore.
La nostra dottrina e, con essa la giurisprudenza, è generalmente
favorevole a concedere al terzo la legittimazione ad agire in
giudizio, in quanto ciò discenderebbe dal dispositivo dell'art.
1180 c.c., nella parte in cui stabilisce che l'obbligazione viene
adempiuta da un terzo anche contro la volontà del creditore, se
questi non ha interesse che il debitore esegua personalmente la
prestazione. L’esecuzione della prestazione ad opera del terzo
può essere effettuata, invito creditore, con quel particolare mezzo
giuridico consistente nell'offerta di pagamento. Al terzo che
interviene, infatti, in un rapporto giuridico estraneo la legge
198
accorda non il semplice diritto di attuare la prestazione, ma quello
di procurare al debitore la liberazione del vincolo mediante il
compimento di quanto è necessario per soddisfare l'aspettativa
creditoria, in luogo di lui. Tale diritto è distinto da quello del
debitore, per la propria liberazione, anche se gli strumenti di
realizzazione previsti dalla legge sono gli stessi. L'utilizzazione di
essi da parte del terzo sono condizionati dallo stato in cui si trova
il vincolo giuridico nel momento in cui si verifica l'intervento. Il
terzo, in forza del diritto che gli si
accorda, penetra
nell’obbligazione si avvale della posizione giuridica del debitore
nello stato in cui si tratta, sicché se il debitore avesse già
costituito la controparte in mora accipiendi il terzo, può procedere
al deposito, senza essere costretto a ricominciare ab initio la
procedura. La legge può, autorizzare il terzo ad intervenire nel
rapporto a lui estraneo a condizione che entrambe le parti di tale
rapporto non concordino nell'opporsi all’intervento. Tranne in
casi particolari in cui la legge accorda all'interesse del terzo una
tutela prevalente rispetto a quella interna al rapporto, rendendo
199
priva di efficacia la solidale opposizione del debitore e del
creditore, il diritto di intervenire del terzo deve essere coordinato
con il diritto di opposizioni delle parti.
L'esercizio del diritto di opposizione spiega tutta la sua
efficacia solo quanto è configurato, cioè quando sia esercitato a
un tempo dal creditore e dal debitore, in quanto solo in questo
caso si può paralizzare l'intervento del terzo. Concedendo la
possibilità del terzo di agire con la procedura di liberazione, vi è
l'impossibilità giuridica di impedire l'intervento in quanto il
creditore non può agire effettuando l'opposizione. Ammettendo in
linea di principio che il terzo possa agire sempre e comunque
anche quando il creditore non può manifestare la propria volontà
in proposito, significherebbe sopprimere la condizione prevista
dal 2° comma dell'art.1180 c. c.. Escludere del tutto il diritto del
terzo sembra non trovare valido appoggio nella ratio della norma,
in base alla quale il creditore, anche nel caso in cui potesse
esprimere la propria volontà, in difetto dell'opposizione debendi,
non può impedire l'intervento. Nel caso in cui il creditore non si
200
trovi nella possibilità di esercitare il diritto di opposizione, questo
si specifica nella persona del debitore che da solo può paralizzare
l'intervento del soggetto esterno, determinando una giusta
realizzazione dei vari interessi in gioco93.
93
Falzea op. cit. pg. 230 ss.
201
REMISSIONE
DEL
DEBITO:
ART.
STRUTTURA.
REALIZZAZIONE
DEL
1236
C.C.
SUA
DIRITTO
DEL
DEBITORE.
La
struttura
del
rapporto
obbligatorio
impone
all'ordinamento di tutelare quelle che sono gli interessi che hanno
dato vita all'obbligazione. In relazione all'interesse del debitore ad
essere liberato mediante prestazione una particolare prova della
protezione concessa dal diritto è fornita dalla norma contenuta
nell'art. 1236 c.c. che prevede il caso in cui il creditore voglia
rinunziare al suo credito mediante remissione. In tale ipotesi, il
debitore sarebbe avvantaggiato dalla dichiarazione del creditore
di rimettere il debito, in quanto li si libera dal
rapporto
obbligatorio senza che venga effettuata la prestazione. La legge,
gli riconosce il diritto di rifiutare la remissione e di ottenere
l'effetto liberatorio attraverso l'adempimento, prevedendo, quindi,
un valido strumento giuridico per realizzare il suo diritto ad
attuare la prestazione.
202
Dubbi e perplessità si sono avanzate sulla possibile
struttura della remissione, in quanto non si è ritenuto che la
remissione rientri nello schema giuridico delle rinunce. La
disarmonia concettuale su detta struttura deriva anche dalla
formulazione non molto chiara dell'art.1236 c.c., il quale recita: “
La dichiarazione del creditore di rimettere il debito estingue
l'obbligazione quando è comunicata al debitore, salvo che questi
in congruo termine non voglia approfittarne”94. A prima vista
sembrerebbe sancita l’unilateralità della rinunzia in quanto la
dichiarazione del debitore di non volerne approfittare risulterebbe
un elemento estraneo alla costituzione della fattispecie, capace
solo di modificare la determinazione dell'efficacia giuridica
dell'atto unilaterale. La testimonianza di ciò sembrerebbe essere
data dalla citazione contenuta nella relazione al codice, e
precisamente nell'art. 66, la quale espressamente ammetteva: "la
remissione è considerata atto unilaterale". Tuttavia, la volontà del
94
Una disposizione analoga contengono l'art .353 del codice tunisino delle obbligazione e
dei contratti e l’art. 343 del codice deicontratti e delle obbligazioni del Morocco:"La remise
de l’obligation n' a aucun effet lorsque ledèbiteur refuse expressement de l’accepter".
203
debitore non è senza effetto , perché, pur non essendo elemento di
perfezione del negozio remissorio, può impedire che questo
produca le conseguenze giuridiche se il debitore dichiara di non
volerne approfittare." La remissione, si identificherebbe con la
dichiarazione del creditore, mentre il rifiuto del debitore
impedirebbe
la
produzione
di
conseguenza,
cioè
non
determinerebbe l'estinzione95. Se fosse così avremo due negozi
giuridici, autonomi e funzionalmente differenti: il primo
presupposto del secondo, mentre il secondo si verifica solo per
neutralizzare gli effetti del primo. Se avessimo la presenza di due
negozi si dovrebbe presupporre uno spazio temporale che
intercorre tra questi ultimi, necessario per la realizzazione
dell'effetto finale. Il negozio del creditore, infatti, avrebbe solo
come scopo il distacco dal diritto di credito dal suo titolare, senza
interferire nella sfera giuridica del debitore. Il soggetto attivo,
dichiarando di rimettere il debito, non fa altro che disporre di un
diritto suo, senza determinare l'estinzione dell'obbligazione, che si
95
Falzea op. cit. pag. 33
204
verificherebbe in un secondo momento, mediante l'accettazione
del debitore della remissione effettuata. Ma tutto ciò è smentito
proprio dalla formulazione della norma, che parla di remissione
del debito e estinzione dell'obbligazione, momento unitario, che
non presuppone un intervallo temporale atto a dare vita ai due
negozi autonomi. Il legislatore, consapevole dell'unità effettuale,
ricollega alla dichiarazione remissoria una funzione estintiva
dell'obbligazione, permettendo al creditore non solo di dismettere
il credito, ma di interferire nel patrimonio del debitore
estinguendogli il debito e liberandolo, se il debitore non si
oppone. La previsione legislativa del rifiuto del debitore è un
eloquente riconoscimento della unitarietà del fenomeno, in
quanto, se non fosse così non si potrebbe spiegare come mai in
caso di opposizione l'estinzione dell'obbligazione sia esclusa e il
diritto si conserva nel patrimonio del creditore. Accanto
all'unitarietà del fenomeno, il ruolo dell'opposizione del debitore
acquista un significato ben determinato, in quanto non si limita a
costituirsi come un rifiuto della remissione, ma si pone elemento
205
per neutralizzare tutti gli effetti della dichiarazione. Se al debitore
è riconosciuto il potere di rifiutare la remissione del creditore non
possiamo ritenere che la relativa dichiarazione possa rientrare
nella figura giuridica della rinuncia. Essa, infatti, rientra nello
schema del negozio unilaterale, per il quale l'effetto giuridico si
produce per il solo porre in essere della dichiarazione di volontà,
non potendo essere limitata da qualsiasi causa esterna. In base a
questo importantissimo rilievo di struttura giuridica, si può
ritenere impensabile che la remissione possa costituire una
rinuncia unilaterale, in quanto la realizzazione finale dell'effetto
voluto ricade su un soggetto estraneo al titolare della
dichiarazione di volontà. Se il debitore ha il potere di rifiutare ed
impedire che la fattispecie si perfezioni e sia produttiva, vuol dire
che il suo comportamento non attiene il piano dell'efficacia, ma
quello della costituzione della fattispecie96. Ciò è rilevabile anche
dal dettato normativo, in quanto, dopo la proclamata estinzione
96
Perlingieri, Modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall'adempimento, in
Commentario del Codie Civile a cura di A. Scialojia e G. Branca, Libro IV, Delle
obbligazioni (art.1230, 1259). Bologna- Roma, 1975 pag. 169 ss.;Id. Remissione del
debitore e rinuncia al credito, Napoli 1968 pag. 138 ss.
206
dell'obbligazione, per effetto della dichiarazione del creditore, si
avverte che ciò è possibile solo se il debitore non dichiari di non
volerne approfittarne. Si rileva, quindi, che è necessaria un'attività
di cooperazione del soggetto passivo in quanto solo in base ad un
comportamento del debitore si può determinare la fattispecie
remissoria, non potendo essere considerato come un elemento
estraneo ad esso. Necessitando la cooperazione del debitore per
dare attuazione alla dichiarazione di volontà proveniente dal
creditore, l'accettazione del debitore deve essere considerata come
elemento costitutivo per la creazione della fattispecie. La
formulazione negativa del suo contenuto non può smentire il suo
carattere costitutivo, non potendo considerare come scusante
giuridica, il modo molto particolare della formulazione della
norma contenuta nell'art. 1236 c. c.. Questa particolarità non
viene ad essere considerata un valido ostacolo, in quanto se la
confrontiamo con la disciplina dettata per il contratto unilaterale è
evidente che essa costituisce solo una formula per caratterizzare
la dichiarazione proveniente dal debitore . L'art. 1333 c. c., infatti,
207
oltre a considerare che la proposta diventa irrevocabile non
appena diventa conosciuta dalla controparte, si sancisce che "il
destinatario può rifiutare la proposta". In questo articolo viene
previsto l’iter costitutivo del contratto97, in cui il rifiuto del
soggetto passivo consiste in una non accettazione della proposta
contrattuale. Per cui, avendo posto questo parallelismo, ci si può
rendere conto che, la fattispecie remissoria, per essere costituita ,
necessita della presenza dell’accettazione, la quale ha contenuto
negativo98. Si da vita, quindi, alla costituzione di un contratto in
cui la dichiarazione del creditore diviene irrevocabile, quando è
comunicata al debitore; esso si forma quando, trascorso il termine
congruo,
non v'è stata dichiarazione di rifiuto da parte del
97
Per coloro che sostengono che la remissione sia un contratto vedi: Lomonaco ,Istituzione
di diritto civile , Napoli , 1904,vol 5°, pag 303;
Ricci , Corso teorico-pratico di diritto civile , Torino, 1907, vol. 6°, pag. 302
Chironi , Istituzioni di diritto civile , Torino , 1912 , pag 209 e ss
Simonelli , Istituzioni di diritto privato , Roma, 1921, pag 355 e ss
Per il diritto tedesco vedi : Dernburg ,Pandette , Torino , 1903, vol 2°, pag 265 e ss
Per il diritto austriaco vedi : Meissels, Zur Lehre vom Verzichte , in Rivista di Grunhut, Vol.
18°, n. 9
Per il diritto francese vedi: Pohier , Traitè des obligation , in Oeuvres, annotès par Bugnet ,
Paris, 1890 , pag 326 e ss
Toullier, Le droite civil français, Paris , 1844 , pag 321
Laurent, Principes de droite civil , Paris , 1878, pag 276 e ss
Fra le rarissime sentenze pronunciate sul punto vedi:App. Torino , 5 febbraio 1897, in Giur.
it., 1897 , pag 306 ;App. Torino, 7 gennaio 1902 , in Mon. Trib. Mil. ,1902, pag 173.
98 Cariota Ferrara,Il negozio giuridico nel diritto privato , Napoli 1945 , pag 144 e ss
208
debitore. La particolarità della fattispecie remissoria sta proprio
nella facoltà riconosciuta al debitore d'impedire l'estinzione
dell'obbligazione, in virtù della conservazione del rapporto stesso.
Il mezzo giuridico riconosciuto, quindi,
tutela l'interesse del
debitore alla conservazione del rapporto, costituendo il sostrato
giuridico del suo diritto a rifiutare ciò che gli è stato posto dal
creditore. La legge, o meglio il mezzo tecnico predisposto dal
dato positivo, costituisce l'indice in base al quale, una volta
effettuata un'attenta valutazione degli interessi in gioco, può dare
rilevanza a quel particolare interesse che viene a porsi come
liberazione mediante adempimento. Tale interesse, quindi,
venendo ad essere tutelato mediante il potere di rifiutare la
remissione, non fa altro che dare piena attuazione al diritto del
debitore di adempiere l’obbligazione.
209
REMISSIONE
DEL
DEBITO
RIENTRANTE
NELLO
SCHEMA DEL CONTRATTO TRASLATIVO.
La struttura della remissione si rileva anche dalla
particolare funzione che l'atto del creditore determina nel
momento in cui dismette il proprio credito. Il soggetto attivo, non
solo può ritenere che, il proprio credito, non gli fornisce nessuna
utilità, ma può, indirettamente, considerare di arrecare un
vantaggio al debitore, liberandolo. Il creditore, infatti, non può
disporre del proprio credito in favore del debitore, come farebbe
nei confronti di altri con la cessione, in quanto qui la particolarità
del rapporto sottostante fa sì che non vi può essere un'alienazione,
in senso ampio, che comprende ciò solo la separazione dalla
propria sfera giuridica e il trasferimento del diritto nell'altrui
sfera. Ciò che si verifica, in questa particolare circostanza, è
un'alienazione in senso stretto, che comprende la separazione di
un diritto della propria sfera giuridica, e l'attribuzione di un
vantaggio nell'altrui sfera. Questo accade proprio nella fattispecie
210
descritta dall'art. 1236 c. c., che in quanto tale rientra nel concetto
di traslazione remissiva, caratterizzata dal particolare fenomeno
in base al quale l'alienante si spoglia di un diritto, che non si
trasferisce come tale nel ricevente, ma che per la sua dimensione
si estingue avvantaggiando il ricevente, il quale viene liberato
dall'obbligazione. Nelle fonti romane, anzi, recitano "Species
adquirendi est liberare dominum obligatione" (/11 Dig. 46,4,); "Si
quis obligatione liberatus sit, potest videri cepisse" (115 Dig.
50,17)99.
Se il creditore mira a togliere una passività dal patrimonio
del debitore si deve ritenere che ciò non può realizzarsi senza il
consenso del soggetto passivo, necessita, quindi, un accordo tra
creditore e debitore per effettuare quel particolare tipo di trapasso.
L'atto del creditore di porre in essere la dismissione del proprio
credito, assume carattere di una manifestazione di volontà atta a
porre l'accettazione di un determinato effetto giuridico, e come
tale esso non è altro che una semplice offerta di contratto. La
99
Fadda, Teoria del negozio giuridico Napoli 1909 pag. 106 ss.
211
remissione del debito, riferendosi a una persona che dall'atto di
dismettere trae vantaggio, non può non significare che condono al
debitore del debito. Per cui esso non può non rientrare che nella
figura della traslazione remissiva, in cui l'atto negativo del
debitore determina l'accettazione della proposta, con conseguente
perfezionarsi del contratto100. L'opposizione prevista dalla
normativa viene ad essere riconosciuta al debitore quando gli
interessi in gioco, dimostrano una non propensione ad ottenere il
vantaggio determinato dall'atto. Si sancisce normativamente la
possibilità di rifiutare l'atto per la salvaguardia dell'interesse del
debitore alla conservazione del rapporto e per l'attuazione dello
stesso mediante adempimento.
100
Cerciello, Remissione del debito, Roma ,1923, pag. 28 ss.
212
CRITICA ALLA TESI DELLA REMISSIONE TRASLATIVA.
La definizione di remissione come traslazione remissiva,
ha suscitato molte polemiche e critiche basate sull’incompatibilità
tra schema giuridico della remissione e quella dell'alienazione.
Il creditore, infatti, nel rimettere il debito, non aliena il credito,
altrimenti non solo l’obbligazione verrebbe ad estinguersi per
confusione , ma la remissione si identificherebbe con la cessione,
perdendo qualsiasi autonomia giuridica.
La funzione remissoria è completamente distinta dalla funzione
di alienazione e va ricercata al di fuori di essa. Con la remissione
non si ha trasferimento del credito dal titolare attivo al titolare
passivo del rapporto, in quanto l'opportunità di compiere una
simile operazione è lasciata allo strumento giuridico della
cessione, che può essere effettuata tra due soggetti, e quindi anche
tra i titolari delle posizioni soggettive del rapporto obbligatorio.
La dichiarazione remissoria, inoltre, produce, da sola, una nuova
situazione giuridica soggettiva a favore del debitore, che, se
213
raffrontata con la precedente situazione, alla dichiarazione
creditoria, ma prima che sia passato il congruo termine per
effettuare opposizione, si rileva una momentanea paralisi del
debito. Il creditore, infatti, non può chiedere l’esecuzione della
prestazione nel periodo che intercorre tra la sua dichiarazione e il
termine
riconosciuto
al
soggetto
passivo
per
effettuare
opposizione101.
Nel medio tempero nasce a favore del debitore un nuovo
potere, quello di rifiutare la remissione, il cui effetto costituito è
eventuale e temporaneo, tale da far dubitare che possa essere
considerato
come
elemento
caratterizzante
la
funzione
remissoria. La fattispecie remissoria si basa sulla possibilità
riconosciuta al creditore di non utilizzare più il proprio credito, di
ritenere inutile la titolarità del medesimo tale da non volerlo più
nel proprio patrimonio. Da questa particolare definizione che si è
arrivati a riformulare i canoni di riferimento per valutare la
struttura della fattispecie, considerando indispensabile ridefinire i
101
Perlingieri, Il fenomeno dell'estinzione dell'obbligazione, Napoli, 1972 pag. 64 ss.
214
concetti giuridici per poterli applicare, una volta esaminati, al
fenomeno studiato.
215
REMISSIONE DEL DEBITO COME RINUNCIA.
La disputa sulla bilateralità e unilateralità102 del negozio
giuridico, elemento costitutivo alla base del fenomeno remissorio,
ha spostato l'attenzione dalla normativa giuridica senza la quale
non è dato ricavare la struttura della fattispecie. La non possibile
negazione dello schema costitutivo della rinuncia come negozio
unilaterale non induce a ritenere che la remissione non possa
rientrare in tale figura giuridica. La rinuncia, indica sempre il
potere per il creditore di dismettere il debito, in cui la necessità di
riferire la rinuncia al potere pone in evidenza l'impossibilità di
procedere ad una giusta indagine se non si chiarisce che cos'è il
potere, e il conseguente diritto, e a che cosa la rinuncia si
riferisce. I poteri giuridici sono figure giuridiche riconosciuti
102
Per la tesi dell’unilateralità della remissione vedi : Brugi, Istituzioni di diritto civile
italiano , Milano, 1914, pag 597
Atzeri , Delle rinunzie , Torino, 1915 pag 143 e ss
De Ruggiero , Istituzioni di diritto civile, Napoli, 1915 , pag 256 e ss
Per il diritto francese vedi : Zachariae, Manuale di diritto francese, Milano, 1907, pag 345 e
ss ( tradotto da Barassi).
Tra le rarissime sentenze vedi : App. Catanzaro 6 giugno 1916 in Giur. calabrese , 1916 ,
pag 467
216
dall'ordinamento a un determinato soggetto per ottenere un dato
risultato, ed come tale sono personali, intrasmissibili e
imprescrittibili e irrinunciabili. Oltre a garantire la titolarità, ciò
che caratterizza il potere è il suo esercizio, il movimento
dell'azione, che può consistere in un fare o in non fare, nel senso
di compiere e di non avere un determinato comportamento atto a
fare ottenere un altro risultato.
I diritti sono anch'essi poteri, che si fondono però su un
contegno dell'ordinamento giuridico diverso da quello che ha
costituito i poteri in quanto tali. Quest’ultima provengono
dall'ordinamento come capacità costitutive, e si indirizzano nei
confronti di ogni singolo soggetto come capace di dar vita ad i
singoli rapporti. I diritti sono invece poteri che l'ordinamento
generale configura all'interno del rapporto e, come tali, seguono
le vicissitudini di questo, evolvendosi nello stesso modo in cui si
modifica il rapporto. I soggetti possono creare rapporti,
esercitando i loro poteri, mentre i diritti sono configurazioni di
poteri determinati dall'ordinamento, per cui un soggetto può
217
costituire rapporti con cose, persone, mentre i poteri e i diritti
sono formati dall'ordinamento. Per cui abbiamo che per i diritti
valgono le stesse regole che sono sancite per i poteri,
determinando, quindi, che essi non possono essere rinunciabili.
Per cui ciò che si specifica è la possibilità che essi possono essere
esercitati, il cui esercizio può rivestire carattere positivo o
negativo.
Assume altro significato giuridico l'espressione, il creditore ha il
potere di rimettere il proprio credito, ritenendo che sia valido per i
poteri, come per i diritti, un esercizio di essi positivo o negativo,
specificandosi come possibilità di usare e di non usare il potere o
il diritto. Non è corretto allora affermare che possa rinunciare al
diritto, perché ci troveremo al di fuori e sopra il diritto, in quanto
ciò è possibile solo in base a un potere uguale e contrario al suo
potere costitutivo: la potestà.
Tutto ciò si specifica e si particolarizza in riferimento al
diritto di credito e, in quanto esso scaturisce da una fonte
giuridica, per la quale il potere di dispositivo non deriva da una
218
sola parte. Ciò che caratterizza l’obbligazione è la presenza delle
due posizioni soggettive, in cui il diritto soggettivo del creditore è
definibile sulla base del contenuto dell’obbligo del soggettivo
passivo. Per le caratteristiche strutturali del rapporto obbligatorio,
la parte obbligata è titolare di un diritto, o potere, di attuare il
proprio obbligo, solo che quest’ultimo elemento si presenta
assorbito rispetto alla posizione di obbligo al punto tale da non
avere applicazione se non nei casi in cui si afferma di voler
compiere il proprio dovere.
Parlare di rinuncia al diritto o al credito diviene
un'espressione impropria, in quanto la rinuncia si deve riferire
solo al rapporto che, nel caso dell’obbligazione, è posto da due
distinti soggetti, con la logica conseguenza che non può essere
estinta in base al potere dispositivo di una sola parte del rapporto.
Ritorna, quindi, l’importante distinzione tra titolarità del diritto e
il suo esercizio: occorre riferirsi all’esercizio del diritto in quanto
solo in questo caso si ha rinuncia. Nel rapporto obbligatorio la
rinuncia all’esercizio si presenta molto particolare, in quanto se
219
rinunciare vuol dire non muoversi, non chiedere, in questo caso
assume uno specifico riferimento a quella parte dell’obbligo altrui
di cui si è titolare. Il creditore, quindi, rinuncia, per la propria
parte, all’obbligo che incombe sul debitore, riducendolo a quella
parte che caratterizza la posizione passiva e che è operante solo
per volontà del debitore. Quest'ultimo può sentirsi obbligato, non
per uno stato di soggezione nei confronti del creditore, e neanche
nei confronti della legge, in quanto essa esprime la sua efficacia
attraverso la volontà effettuale del creditore, ma in base ad un
proprio interesse ad essere liberato mediante adempimento . E' in
questo caso che la legge concede al debitore la facoltà di agire
realizzando il proprio "diritto " ad attuare il proprio dovere,
concedendogli la possibilità di rifiutare la dichiarazione
proveniente dal creditore. Il soggetto attivo non ha un potere
dispositivo sull’intero rapporto, ma ha la facoltà di rinunciare
all'esercizio del proprio diritto, e solo in questo senso può avere
significato l'espressione "rinuncia al credito". La remissione del
debito può essere considerata rinuncia solo nel senso appena
220
accennato, conservando, così,
il suo peculiare carattere
abdicativo. L'atto con il quale il creditore rimette il debito, con il
suo valore liberatorio da ogni pretesa sull'obbligo è unilaterale,
legato alla rinuncia dell’esercizio del suo diritto di credito.
221
OPPOSIZIONE DEL DEBITORE COME POSSIBILITA' DI
REALIZZARE IL SUO DIRITTO AD ADEMPIERE
La rinuncia all'esercizio del diritto di credito ha dei limiti di
configurazione, in quanto essa non può, da sola, estinguere il
rapporto ne determinare la fine della titolarità del diritto di
credito, sorto dal rapporto. Ciò deriva dalla formulazione della
norma contenuta dall’art. 1236 c.c., la quale determina la
possibilità di non approfittare della remissione fatta dal creditore,
impedendo l'estinzione del rapporto. Si pone, quindi, un
necessario collegamento tra la rinuncia e i suoi effetti e
l'atteggiamento divergente o convergente del debitore che,
nell’ambito della rinuncia unilaterale del creditore, ha bisogno di
qualche delucidazione. La rinuncia del creditore elimina l'obbligo
per quella parte che riguarda il proprio esercizio, la cui efficacia è
immediatamente
operativa.
Essa,
però,
non
sopprime
l'obbligazione in quanto il debitore non è liberato da quella parte
di obbligo che dipende dalla sua volontà, potendo, in qualsiasi
222
momento esercitare il proprio potere di adempiere. Nel caso in
cui il debitore valuti di
volere accettare gli effetti della
dichiarazione del creditore di dismettere il credito, in quel
momento
si
verifica
l'estinzione
dell’obbligazione.
Il
collegamento, però, tra rinuncia e dichiarazione di voler o non
voler approfittare, non è diretto, ma bensì indiretto, poiché riflette
il collegamento dei due poteri di base: il diritto del creditore e il
dovere del debitore. Queste situazioni si specificano l'una nel
potere di liberare dall'obbligo per la propria parte il debitore, e
l’altra nel potere di liberarsi dall'obbligo per la situazione di
libertà determinata dall’esercizio del diritto. Per cui il
comportamento del debitore, può assumere sia carattere negativo
che carattere positivo, non può essere definito ne come
accettazione ne come opposizione. Il suo comportamento non ha
effetto risolutorio dell'efficacia della dichiarazione del creditore,
la sua attività rimane autonoma ed indipendente rispetto alla
decisione di non voler più godere del proprio credito da parte del
titolare della posizione attiva. Dopo che il debitore ha dichiarato
223
di non volerne approfittare, il creditore rimane rinunciante, non si
verifica un mutamento dello stato giuridico determinato dalla
dichiarazione. Viene a trovarsi in una posizione di attesa neutrale,
che
il comportamento debitorio non può modificare pur
incidendo
sulle sorti del relativo rapporto. Diversamente
dovrebbe essere valutato l'ulteriore comportamento creditorio
caratterizzato dal rifiuto di ricevere la prestazione. In questo caso
siamo al di fuori dell'ambito applicativo della rinuncia, in cui
l'atto del creditore si presenta come rifiuto di ricevere
l'adempimento e come tale è concessa al debitore di agire con i
mezzi giuridici opportuni per garantire la realizzazione del
proprio interesse ad essere liberato mediante adempimento. Il
creditore, infatti, deve avere un certo comportamento atto a
garantire la liberazione dell'obbligo in quanto la stessa legge gli
impone di tenere un determinato contegno se non vuole incorrere
nelle sanzioni disposte dalla mora credendi. Il soggetto attivo
può
quindi
mantenere
la
sua
dichiarazione
o
subire
l'adempimento, ma non può far altro, altrimenti incorrerebbe nelle
224
sanzioni previste dalla legge, che si specificano nell'attuazione
delle fasi della procedura di liberazione. La legge, però, disciplina
le conseguenze della dichiarazione creditoria in caso in cui il
debitore non attua la sua dichiarazione negativa, prevedendo
l'estinzione del rapporto, ma non effettua un’esplicita disciplina
per la vicissitudine che può subire la dichiarazione di rinuncia.
Siamo sul terreno delle azioni, degli esercizi per cui come la
dichiarazione di rinuncia del creditore costituisce esercizio del
diritto di credito, la dichiarazione di non volerne approfittare del
debitore costituisce l'esercizio del suo potere di adempiere103.
103
Romano Salvatore, Scritti Minori , Milano 1980 pag. 1483 ss.
225
III CAPITOLO
INTERESSE DEL DEBITORE ALLA LIBERAZIONE
CRITICA ALLA TESI DELLA CONFIGURABILITA' DI UN
DIRITTO SOGGETTIVO DEL DEBITORE AD ADEMPIERE E
APERTURA VERSO UNA SITUAZIONE SOGGETTIVA D'
INTERESSE AD ADEMPIERE.
La posizione soggettiva del debitore assume una particolare
rilevanza proprio nella fase dell'adempimento, in cui il suo
interesse potrebbe determinare la nascita di un particolare diritto.
Nel tentativo di ricostruire il contenuto della posizione soggettiva
del debitore, si è pervenuti a rilevare l'esistenza di un particolare
diritto, che si caratterizza come realizzazione dell'adempimento.
La verifica di tale esistenza si giustifica nel ritenere
l'ordinamento giuridico
all'interesse
del
che
garantisce una piena tutela giuridica
debitore
di
226
essere
liberato
mediante
adempimento, per il quale sarebbero concessi precisi mezzi
giuridici di realizzazione in caso di sua lesione. L'affermazione si
basa sulla erronea
considerazione dell’oggetto della tutela
giuridica, in quanto ciò che viene tutelato non è il singolo
interesse, ma i possibili interessi di cui il soggetto passivo è
titolare.
L'unico interesse che trova esplicita protezione giuridica, è
quello del creditore ad ottenere la prestazione, al quale fa
riscontro una posizione di dovere.
Quest'interesse non può essere messo sullo stesso piano
dell'interesse del debitore, in quanto esso è completamente
assorbito nel comportamento dovuto. Esso acquista rilevanza
giuridica nel momento in cui viene leso, non avendo una propria
fisionomia giuridica autonoma quando il rapporto obbligatorio si
costituisce tra le parti. Il carattere secondario ed eventuale
dell'interesse debendi esclude che esso possa assurgere a vero e
proprio diritto, a cui corrisponderebbe l'obbligo del creditore di
adempiere i propri impegni, per la sua attuazione. L'esistenza di
227
un simile obbligo non solo altera la struttura contenutistica del
rapporto ma non potrebbe neanche essere formulato in base
all'esame di alcuna fattispecie di contratti che, da un'analisi
sommaria del loro contenuto, potrebbero indurre a formulare un
risultato differente. Il contratto di struttura104 teatrale è stato
assunto come valido supporto normativo, per la dimostrazione di
detto obbligo della pars credendi, in quanto si è rilevato che
l'interesse del debitore, l'attore, deve essere tutelato mediante la
nascita di un obbligo di fare agire l'artista scritturato posto a
carico dell'impresario (creditore). L'impossibilità di definire
concettualmente un tale obbligo del creditore deriva dal fatto che
egli è debitore, a sua volta, del prezzo pattuito per la recitazione,
poiché il rapporto costituito è a prestazioni corrispettive, nel quale
le due parti assumano un impegno l'una nei confronti dell'altra.
Non bisogna confondere l'obbligo derivante dal contratto,
quale termine corrispettivo del rapporto, con un obbligo astratto
104
Cass. Competenza e giurisprudenza in materia civile , in Foro Italiano , 1958, I, n. 246 247.
228
di ricevere la prestazione, che si specifica nella posizione attiva in
quanto destinataria della stessa. Se per un mero caso,
l'imprenditore dispensa l'attore, dalla prestazione (recita) ma gli
paga l'onorario pattuito, non sembra che il debitore (attore) possa
agire per ottenere la protezione giuridica dell'interesse alla
rappresentazione. Se quest'ultimo potesse avere detta tutela i
termini del contratto verrebbero ad assumere aspetti molto più
ampi di quelli che gli sono propri, realizzando un'alterazione di
quelli che sono i requisiti strutturali del rapporto. Se ci fosse una
reale protezione per questo interesse, l'impresario avrebbe
l'obbligo di allestire la rappresentazione e continuarla, anche
nell'eventualità che il disfavore e lo scarso affluire del pubblico lo
consigliassero di rinunciare alla recita. Tutto ciò è contrario al
concetto stesso di obbligazione, caratterizzato dalla prevalenza
dell'interesse creditorio, che potrebbe essere soddisfatto da una
non attività, deducendo, quindi, l'impossibilità giuridica di
formulare un simile comportamento dovuto dal creditore. Allo
stesso risultato negativo si perviene se si considerano i rapporti
229
esistenti tra imprenditori e operai, il cui precedente modo di
argomentare farebbe supporre l'esistenza, per i secondi, di un
diritto, nei confronti dei primi, che venga amministrata e
incrementata nel migliore dei modi l'azienda in cui lavorano, al
fine di porsi al riparo da possibili licenziamenti, augurandosi, in
questo modo, maggiori guadagni. Si arriverebbe ad ipotizzare
l'esistenza di un obbligo generale di fedeltà e cooperazione, che
troverebbe la sua unica fonte nel vincolo associativo. L'assenza di
un contrasto di interesse per una buona conduzione dell'attività
produttiva determina una pretesa di ottenere una giusta tutela. per
il compimento dell'attività lavorativa, che non può non
specificarsi in una tutela atta a realizzare il singolo interesse ad
eseguire la prestazione. In caso di alterazione del buon andamento
della produzione, venendo a mancare l'equiparazione delle
posizioni a causa dell’assenza dell’interesse menzionato, le parti
assumono posizioni differenziate, costituendo un vero e proprio
rapporto di credito, per il quale viene riconosciuta un’espressa
tutela solo per l’interesse creditorio. In questa particolare
230
situazione non può essere considerato meritevole di tutela un
diritto ad adempiere del debitore, ma si garantisce al soggetto
passivo solo la possibilità di evitare qualsiasi inconveniente atto
ad incidere ulteriormente sul suo obbligo. La tutela che viene
riconosciuta riguarda mezzi di prevenzione atti a garantire alla
posizione soggettiva passiva non solo minori aggravi, derivante
da fattori esterni, ma un'ulteriore beneficio determinato dalla
liberazione del vincolo, che può essere realizzato con la sola
volontà del debitore105.
La tutela dell'interesse del debitore ha fatto ritenere che in
alcuni casi, il creditore avesse un vero e proprio dovere di
ricevere la prestazione, per realizzare il proprio interesse.
L'obbligo del creditore di fare tutto ciò che necessiti per
permettere al debitore di adempiere, risponde all'esigenza logico
giuridica di non alterare l'equilibrio degli interessi in gioco. Il
soggetto attivo avrebbe sempre un obbligo di accettare la
prestazione, in virtù di una lesione dell'interesse debitorio a non
105
Miccio op. cit. pag. 6.
231
subire il prolungamento della durata del rapporto oltre i termini
convenuti.
Il creditore non può sicuramente, con un'attività unilaterale,
alterare i termini costitutivi dell'obbligazione effettuando
comportamenti che determinerebbero maggiori aggravi per il
debitore. Ciò, però,
non giustifica l'esistenza di un obbligo
generale di ricevere la prestazione a suo carico. Il debitore ha il
dover di adempiere e non il diritto, mentre il creditore ha la
facoltà e non l'obbligo di ricevere la prestazione. Questo è
dimostrato tenendo presente il contenuto del
contratto di
trasporto o quello di compravendita, i quali hanno come oggetto
rispettivamente un biglietto per assistere ad una rappresentazione
teatrale e quello per essere trasportato da un luogo in un altro. Il
vettore o il gestore del teatro, al quale il cliente ha pagato il
biglietto del viaggio o dello spettacolo, è debitore del trasporto o
della rappresentazione teatrale, ma non può pretendere che il
debitore effettui il viaggio o vada a teatro; il cliente resta sempre
232
libero di esigere o non esigere il proprio credito, cioè di non
effettuare il viaggio e di non andare a teatro106.
L'inesistenza di un dovere del creditore di ricevere la
prestazione viene ad essere dimostrata non dalla definizione di
obbligazione che è destinata a soddisfare l'interesse del creditore
ma dal fatto che l'interesse del debitore potrebbe trovare
un’espressa tutela solo attraverso la creazione di un altro rapporto
obbligatorio.
Questo rapporto avrebbe il carattere della complementarità
e della accessorietà, rispetto a quello fondamentale e compreso in
esso. In tal caso il debitore sarebbe titolare del diritto a far sì che
il creditore riceve la prestazione, gravando su di lui il
conseguente obbligo di ricevere ciò che è dovuto. Tutta la
normativa del rapporto obbligatorio non rileva la possibilità
giuridica di configurare all'interno del rapporto un 'altro avente le
posizioni soggettive di debito e di credito invertita rispetto al
primo. Non è prevista l'esistenza di esso come rapporto
106
Breccia, Le Obbligazioni ,op. cit.,a pag. 414
233
complementare in cui il creditore sia titolare di un obbligo, e
viceversa il debitore sia titolare di un diritto107.
107
Cicala ,Adempimento indiretto dell'obbligo altrui, Napoli, 1986, pag. 170 e ss.
234
CONFIGURABILITÀ DI UN INTERESSE AD ADEMPIERE
SULLA BASE DELLA DISCIPLINA DELL'ADEMPIMENTO
DELL'OBBLIGO ALTRUI.
La possibilità che la posizione soggettiva del debitore possa
assurgere a vero e proprio diritto, viene smentita proprio dalla
norma contenuta nell'art. 1180 c.c., in base alla quale il creditore
può prendere in considerazione la manifestazione di volontà del
debitore , ma non è vincolato ad essa.
L'accettazione dell'intervento del terzo viene subordinata ad
un’attenta valutazione del creditore che ha per oggetto o il suo
interesse che il debitore possa adempiere l'obbligazione
personalmente, o lo stesso tipo di interesse, che, invece,
appartenga al soggetto passivo e si manifesta nel momento in cui
effettua l'opposizione. Essa non costituisce altro che un semplice
mezzo per far si che il creditore conosca questo interesse e possa
prenderlo in considerazione, nell'eventuale attuazione del suo
potere di respingere l'adempimento del terzo. L'interesse del
235
debitore è tutelato mediante la previsione di una semplice facoltà
di manifestare la propria opposizione alla prestazione del terzo, il
cui mezzo, però, non è vincolante per la reale attuazione
dell'obbligazione108.
L'opposizione del debitore non ha alcuna incidenza
giuridica nella possibilità che il terzo ponga in essere la
prestazione, infatti il creditore è completamente libero di
scegliere se dare attuazione alla richiesta del soggetto estraneo,
poiché potrà, ma non dovrà, tener conto dei motivi che inducono
il soggetto passivo di manifestare la propria ostilità nel permettere
al terzo di porre in essere la prestazione.
E' stato ritenuto che la manifestazione di volontà del
debitore non può essere considerata una mera facoltà, in quanto la
sua opposizione costituisce il termine primo per concedere al
creditore un motivo valido per non accettare la prestazione che il
terzo s'impegna ad adempiere. La verifica di ciò consente di
108
Breccia , Le Obbligazioni ,op.cit., pag 436 e ss.; Natoli , L'attuazione , op cit pag 187 e
ss.
236
formulare in termini compiuti la natura di detta opposizione,
definendola come
un vero e proprio diritto illimitato, atto a
salvaguardare la pars debendi da qualsiasi invasione della proprio
a sfera giuridica109.
Parlare di un vero e proprio diritto illimitato di opposizione
non ha alcun fondamento giuridico, in quanto contiene in se il
riferimento ad un’illimitata facoltà di opposizione, che è del tutto
priva di collocazione giuridica all'interno della disciplina
complessiva dell'adempimento del terzo. L'ammissione di un
diritto illimitato comporta inevitabilmente che le ragioni e i
motivi che il debitore fornisce diventano insindacabili e
vincolanti. Per cui, ogni qualvolta che il creditore rifiuti l'offerta
del terzo, potrebbe addurre come causa giustificativa la volontà
del debitore che non vuole che il soggetto in questione si inserisca
nel rapporto ed immetta nel patrimonio credendi la cosa dovuta.
In questo modo si dovrebbe considerare l'unico, vero interesse
positivamente normatizzato, come privo di qualsiasi rilevanza
109
App Roma 8 marzo 1952 , op cit
237
giuridica, in quanto non idonea a poter accettare la prestazione
del terzo, nel caso in cui fosse stata manifestata l'opposizione in
questione. Appare contraddittorio affermare che la legge intende
tutelare di più la sfera di sovranità del soggetto passivo anziché
quello attivo, non essendo conciliabile tale preferenza con il
contenuto della norma in questione, che espressamente e
specificatamente si e' preoccupato di concedere la possibilità al
creditore di veder soddisfatto il proprio interesse ad opera di un
terzo110. La conferma che l'opposizione non sottintende un diritto
ma si costituisce come un puro mezzo previsto dall'ordinamento,
per tutelare l'interesse del debitore a far si che la prestazione
possa essere da lui compiuta viene testimoniata dalla possibilità
per il creditore di accettare l'adempimento del terzo, anche contro
la volontà del debitore. A conferma che l'opposizione è un mero
strumento per tutelare l'interesse debendi, il tribunale di Roma111,
sezione fallimentare, ha previsto che "la legittimazione del
110
Di Majo, Dell’adempimento in generale, op cit , pag 70 e ss
Tribunale di Roma, sent. 11 luglio 1986 n. 10931, in Temi Romani, Parte II,
Giurisprudenza Civile , pag 413 .
111
238
creditore
ad
impugnare
l'ammissione
di
altrui
creditori
concorrenti è di natura privatistica e non è tutela di un interesse
collettivo; essa pertanto viene meno se al creditore opponente
viene fatta una valida offerta di pagamento da parte di un terzo
senza l'opposizione del curatore.
Anche la facoltà, del debitore (fallito) di opporsi
all'adempimento da parte di un terzo ai sensi dell'art. 1180 comma
2° c.c. si trasferisce al curatore, dovendosi ritenere tale facoltà
compresa nello spossessamento del patrimonio del fallito
conseguente alla dichiarazione di fallimento".
Questa sentenza, anche specificamente riferita all'ipotesi di
fallimento, ha esplicitamente evidenziato che il debitore ha una
facoltà di opporsi all'intervento del terzo, la quale passa dal
curatore per il semplice verificarsi del fallimento.
Detta facoltà viene utilizzata dal curatore proprio per
rendere noto il motivo che può causare la non accettazione della
prestazione del terzo e gli viene trasferito in quanto fa parte del
patrimonio del debitore fallito. La struttura contenutistica e
239
formale di questo strumento è ben delineato in quanto risulta
chiaro che esso si specifica in una mera facoltà di non accettare
l'adempimento del terzo. Essa è congeniale alla posizione del
debitore che, messo nella condizione di dover assumere un
atteggiamento positivo nei confronti di un’attività solvendi altrui,
può
manifestare
la
propria
volontà,
la
quale
può,
successivamente, acquisire un suo ruolo determinante nella scelta
effettuata dal soggetto attivo, solo se quest'ultimo ritiene degno di
riconoscimento giuridico l'opposizione avanzata.
240
POSSIBILITA'
DI
RICONOSCERE
LA
CATEGORIA
DELL'INTERESSE LEGITTIMO NEL DIRITTO PRIVATO.
Verificata
l'esistenza
dell'interesse
del
debitore
ad
adempiere, si è subito rilevato che esso può assumere, nell'ambito
del rapporto obbligatorio, una funzione importantissima nel
determinare quelli che sono gli estremi contenutistici della
posizione debitoria. Questo interesse, completamente assorbito
nel comportamento dovuto dal debitore, acquista rilevanza
giuridica nel momento in cui non viene concessa la possibilità per
determinare la sua realizzazione. Non avendo una propria
fisionomia giuridica, e manifestando la propria rilevanza nel
momento
in cui viene leso, la tutela ad esso concessa è
occasionale e secondaria. I mezzi giuridici concessi per la sua
realizzazione mettono in evidenza che il soggetto passivo viene a
trovarsi in una situazione molto particolare, che funge da
presupposto per la sua liberazione dal vincolo. L'interesse del
debitore ad adempiere si pone come la situazione presupposto,
241
che determina la nascita di situazione sostanziale di vantaggio,
inattiva, che assume i caratteri di un interesse legittimo112.
Questa figura è nata nel diritto pubblico, e più precisamente
nel diritto amministrativo, ed ha acquistato una particolare
rilevanza giuridica anche nel diritto privato, essendo essa di fatto
applicata in molte situazioni aventi carattere privatistico. Non
sempre la dottrina è stata unanime nel ritenere che sia corretto
applicare una figura tipicamente pubblicistica nel campo
privatistico. L'obiezione, in base alla quale sarebbe del tutto
irrilevante uno spazio giuridico all'interesse in questione
nell'ambito del diritto privato, si basa su alcuni fondamentali
argomenti che però, non portano a risultati concludenti.
112
Bigliazzi Geri, Contributo alla teoria dell’interesse legittimo nel diritto privato, Padova,
1967, pag 197 e ss
242
La prima questione riguarda la competenza giudiziaria per la
conoscenza delle varie controversie relative a questioni
riguardanti interessi legittimi. Si è, infatti, sostenuto che l'unico
giudice competente a conoscere le controversie relative agli
interessi legittimi è solo la giurisdizione amministrativa, per cui
non si potrebbe agire in giudizio compiutamente e con
competenza di materia se questa figura giuridica fosse trasportata
nel diritto privato. In quest'ambito del diritto, abbiamo che le
relative controversie sono di competenze del giudice ordinario,
per cui, se si potesse effettuare un simile trapasso, non ci sarebbe
azione giudiziaria utile, per pervenire ad una valutazione della lite
in corso113. La tesi prospettata, però, parte da una visione molto
113
Coloro che affermano l'impossibilita' di configurare l'interesse legittimo nell’ambito del
diritto privato: Ranelletti, Le guarentigie della giustizia nella pubblica amministrazione
Milano, 1934, pag 325 e ss
Calamandrei, Istituzioni di diritto processuale civile secondo al nuovo codice, II, Padova,
1953, pag 42 e ss
Satta, Diritto processuale civile , Padova , 1943 , pag 161 e ss
Cassarino, Le situazioni soggettive e l’oggetto della giurisdizione amministrativa, Milano,
1956, pag , 261 e ss
Bozzi , voce Interesse e Diritto, in Novissimo Digesto italiano, VIII, Torino, 1962 , pag 844
e ss
Gazzoni , Manuale di diritto privato, Napoli,1996, pag. 80 e ss
Zanobini , Interessi occasionalmente protetti nel diritto privato,in Studi in Memoria di F.
Ferrara , Milano 1943 , II, pag 705 e ss
243
limitata del fenomeno in quanto trascura del tutto il momento
sostanziale, concentrando la propria attenzione solo sul momento
processuale, ritenendo che solo in esso è possibile rilevare
l’importanza giuridica del fenomeno. A prescindere da questa
considerazione puramente contenutistica, non sembra che sia
possibile arrivare a formulare aprioristicamente una simile
conclusione negativa, senza prima aver effettuato un'analisi del
dato positivo. Essa presuppone, ovviamente, la formulazione di
una chiara definizione giuridica di interesse legittimo, per mettere
in evidenza la sua vera natura ed evitare l'errore di effettuare una
confusione tra i due momenti essenziali in cui il fenomeno si
articola, cioè quello sostanziale e quello processuale.
In relazione a quest'ultimo aspetto, non può considerarsi
decisa,
per
la
negazione
dell'applicazione
della
figura
dell'interesse legittimo nel diritto privato, il dettato normativo
Interessi legittimi nel diritto privato, in Scritti vari di diritto pubblico, Milano, 1955, pag.
345 e ss
Ventura, Interessi legittimi, diritto privato, diritto agrario, in Riv , dir. agrario, 1959, pag
183 e ss
Interessi legittimi e proprieta' fondaria , in studi in onore di Betti, Milano, 1962 , pag, 721 e
ss .
244
contenuto nella legge 23 marzo 1865, n 2248114. Con questa legge
si sarebbe attribuita al giudice amministrativo una competenza
esclusiva a conoscere le questioni relative agli interessi legittimi,
quindi, a una prima analisi si arriverebbe alla conclusione di
un’irrilevante previsione dell'interesse in questione nell'ambito
privativo, poiché la strada processuale per la sua tutela sarebbero
del tutto inesistenti. Un'attenta disamina del contenuto del testo
normativo, rileva la sola esistenza della possibilità di adire la
strada esclusiva della giustizia amministrativa solo quando il
rapporto controverso abbia come soggetti contrapposti il privato e
la Pubblica Amministrazione. La legge, però, non menziona il
caso in cui il rapporto controverso si ponga tra soggetti diversi, e
nel caso di specie nei confronti dei privati, lasciando
impregiudicata la questione relativa alle possibili controversie
giudiziarie. Il rilievo effettuato, consistente nell'indirizzare il
contenuto legislativo alle sole ipotesi in cui sia coinvolto un
114
Dal Testo Unico delle leggi sul Consiglio di Stato , approvato con R . D. 26 Giugno
1924 , n. 1054.
245
soggetto pubblico, è confermato anche dalle norme contenute
nell'art. 24, 103, 113 della Costituzione, in quanto attribuiscono
agli organi della giustizia amministrativa, la sola giurisdizione per
la tutela degli interessi legittimanti confronti della pubblica
amministrazione.
Per cui si afferma non solo la necessità giuridica di
eliminare
qualsiasi
dubbio
sulla
possibile
applicazione
dell'interesse legittimo nella sfera d'azione del diritto privato, ma
l’incontestabilità della
competenza del giudice ordinario in
riferimento alle controversie tra privati, nelle quali si lamenti la
violazione di un interesse legittimo115.
115
Coloro che affermano l’indentificabilità dell’interesse legittimo nel diritto privato:Betti,
Diritto processuale civile italiano , Roma, 1936 , pag 68 e ss . Teoria generale del negozio
giuridico, in Trattato di diritto civile diretto da Vassalli , XV, Torino, 1960, pag 112 e ss
;voce Interesse (Teoria generale) n Novissimo digesto italiano , VIII, Torino , 1962, pag 838
e ss
Carnelutti , Sistema di diritto processuale civile, Padova, 1936, 841 e ss ,
Santi Romano,Corso di diritto amministrativo, Padova, 1957, pag 151 e ss; Corso di diritto
costituzionale, Padova, 1940, pag. 80.
Romano Salv. Aspetti soggettivi dei diritti sulle cose , in Riv. Trim , Dir e proc. civ. 1955
pag 139
Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, Diritto Civile, I , Torino, 1986 pag. 330 e ss
Rescigno, Gli interessi legittimi nel diritto privato, in Scritti Lence, a cura di Carpino,
Napoli, 1989, pag. 883 e ss.
Bigliazzi Geri, voce interesse legittimo: diritto privato, in Digesto delle discipline
privatistiche , vol. IX, pag. 527 , in part. 530 e ss.
246
Il risultato non può essere smentito neanche se si effettua se
una disamina contenutistica della figura giuridica dell’interesse
legittimo, in quanto esso si
presenta come una situazione
soggettiva di vantaggio la cui fisionomia ben potrebbe essere
presente nell'ambito di un rapporto privatistico. Per cui non solo
si può affermare che nulla in astratto, può avere un contenuto
giuridico
tale
da
porsi
come
ostacolo
all'applicazione
dell'interesse studiato e individuato, nell'ambito del diritto
privato, ma esso è di valido supporto per arrivare a chiarire
situazioni che all'interno dell'ambito privatistico non sono di
esaustiva definizione giuridica. Il concetto di interesse legittimo
non è privo di conseguenze giuridiche rilevanti, ciò si deduce dal
fatto che in base ad esso si può riuscire a dare una qualificazione
a situazioni che non avevano un preciso significato normativo, e
addirittura, si può arrivare a modificare il senso di certe situazioni
considerate di soggezione, che, a ben guardare appaiono come
situazione di vantaggio. Tutto ciò si struttura e si specifica
nell'ambito del rapporto obbligatorio, in quanto particolari
247
vicissitudini relative allo stesso svolgimento del rapporto possono
determinare la modificazione di situazioni che sono considerate
da sempre come di mero obbligo116.
116
Bigliazzi Geri, Contibuto alla teoria dell’interesse legittimo nel diritto privato, op cit, pag
1 e ss
248
INTERESSE
LEGITTIMO
DEL
DEBITORE
ALLA
LIBERAZIONE IN RELAZIONE ALLA SUA SITUAZIONE
SOGGETTIVA PASSIVA NEL RAPPORTO OBBLIGATORIO.
La nozione di interesse legittimo trova la sua più compiuta
realizzazione nell'ambito del rapporto obbligatorio, in quanto è
l'elemento determinante per chiarire il contenuto giuridico della
situazione che si viene a creare nel caso in cui l'interesse del
debitore ad adempiere sia leso. Il soddisfacimento di tale interesse
non dipende dal comportamento del debitore, ma nella maggior
parte dei casi necessita una collaborazione esterna, la quale, se
viene a mancare, impedisce al soggetto passivo di liberarsi
dall’obbligo.
adempiere
La
mancata
realizzazione
dell'interesse
ad
determina la nascita di una situazione soggettiva,
inattiva che viene ad assumere i caratteri dell'interesse legittimo,
della quale è titolare il debitore117.
117
Bigliazzi Geri , Breccia, Busnelli. Natoli, Diritto Civile ,op.cit., pag 330 e ss
249
L'interesse è così definito perché tende al conseguimento,
sul piano sostanziale, di un risultato favorevole consistente, a
seconda dei casi, nella conservazione, estinzione modificazione di
una data realtà giuridica.
Si tratta di una situazione soggettiva che si inserisce nel
rapporto fondamentale intercorrente tra creditore e debitore dando
vita ad un rapporto accessorio rispetto al primo. Il rapporto
obbligatorio si presenta come relazione di due posizioni
giuridiche soggettive, funzionalmente coordinate tra di loro, l'una
è caratterizzata da un vantaggio, l'altra da uno svantaggio. Può
accadere che le due situazioni risultino relazionate tra loro in
modo diverso, in funzione dei diversi interessi che stanno alla
base del rapporto; per cui può verificarsi che entrambe le
situazioni possono essere di vantaggio anche se l’una attiva e
l’altra inattiva. Tutte le volte che siamo in presenza di questa
particolare fisionomia di rapporto, abbiamo la costituzione di un
interesse legittimo, dove l’interesse oggetto di qualificazione
costituisce elemento indispensabile per la realizzazione l'interesse
250
creditorio, sicché la soddisfazione dell'uno dipende dalla esplicita
realizzazione dell’altro. L'interesse del debitore acquista rilevanza
in concreto nel momento in cui si deve effettuare la prestazione,
che viene ad essere realizzata solo quando si è compiuto un
determinato comportamento discrezionale del creditore. Nel
momento in cui viene in evidenza il potere discrezionale del
creditore, l'interesse del debitore assume il carattere di termine
corrispettivo del predetto rapporto accessorio. L'interesse del
debitore ad adempiere e quello che si pone come presupposto del
potere del creditore si trovano collegati da un nesso di
complementarità, che caratterizza la fattispecie complessa, e nella
quale si inserisce l'interesse legittimo. E' ovvio che il
soddisfacimento dell'interesse del debitore non può attuarsi se
prima non si realizza quello del creditore, ma fa si che il primo
possa acquistare una determinata rilevanza in relazione al
comportamento discrezionale del creditore di effettuare tutto ciò
che è necessario per far sì che la prestazione possa essere
realizzata. Ciò non toglie che la posizione di diritto soggettivo del
251
creditore venga alterata, ne quella del soggetto passivo possa
mutare il suo carattere di obbligo. Avviene solo che, in relazione
al momento attuativo del rapporto, il potere del creditore assume
una particolare fisionomia in quanto la posizione del debitore si
arricchisce, acquisendo rilevanza in essa la liberazione del
vincolo.
L'interesse del debitore si presenta come situazione-presupposto
di una situazione soggettiva di vantaggio tipicamente inattiva, la
cui realizzazione è determinata da una attività giuridica di un
soggetto estraneo (il creditore). L'interesse del debitore, quindi, in
un certo modo, influisce sulla sfera giuridica del soggetto attivo,
rappresentandone un limite espansivo per la sua realizzazione.
L'attuazione dell'interesse in questione rappresenta un tipico
limite interno al diritto del creditore, il quale ha come unico fine
quello di evitare un ingiusto danno al soggetto passivo, dovuto ad
un comportamento del soggetto attivo, senza mai ledere il
contenuto della posizione del creditore, senza soprattutto
252
trasformarla da diritto in obbligo118. La rilevanza dell'interesse
debitorio non può mai incidere sul significato contenutistico della
posizione soggettiva del creditore, non potendo rappresentare
qualcosa di più di un limite operante alla discrezionalità in esso
contenuta. Non convince, invece, la configurazione di questo
limite come esterno, con funzione non paralizzante, ma incidente
sul contenuto di quel potere creditorio. Considerando l'interesse
ad adempiere come limite esterno, lo si ritiene capace di incidere
sulla sfera giuridica del creditore, da provocare un’impossibilità
di porre in essere comportamenti riflettenti il contenuto della
posizione attiva. Il potere del creditore nasce come un potere
fondamentale, libero nella sua struttura contenutista, non potendo
essere limitata da un'attività che in qualche modo possa alterare le
sue basi costitutive, arrivando a modificare la natura del diritto.
Per cui la fisionomia del limite non può non essere che interna,
capace di incidere sul modo di attuare una certa attività insita nel
118
Bigliazzi Geri, Interesse legittimo nel diritto privato, in Digesto delle discipline
civilistiche, op.cit., pag. 555 e ss.
253
diritto stesso, ma non si può mai arrivare a formulare una
delimitazione della libertà che possa riscrivere le caratteristiche
strutturali del potere.
Essendo l'interesse del debitore un interesse legittimo alla
liberazione, implica che esso non possa essere realizzato da una
attività che dipende dal suo titolare. La sua soddisfazione,
presentandosi come una situazione giuridica inattiva, si fa
discendere da un comportamento che riguarda un soggetto
estraneo. Nel momento in cui l'attività del soggetto diverso dal
debitore viene attuata, si attua una lesione dell'interesse in
questione, con la possibilità giuridica del debitore di liberarsi dal
vincolo mediante una serie di rimedi che l'ordinamento giuridico
pone a sua disposizione. La lesione dell'interesse pone le basi per
la costituzione di una successiva posizione in cui il debitore può
agire per facilitare la sua liberazione dal vincolo. In base a questa
situazione il debitore si pone in una situazione di vantaggio, in cui
gli strumenti concessi sono solo espressione di questo nuovo stato
di cose. La situazione soggettiva di inattività si pone come
254
presupposto della posizione soggettiva in cui il debitore ha un
potere di agire per liberarsi dal vincolo. Potere che appare come
un vero e proprio diritto potestativo (soggettivo) conferito al
debitore come mezzo di reazione contro la violazione del proprio
interesse. Contro la lesione dell'interesse del debitore ad
adempiere, quest'ultimo, quindi è titolare di un diritto potestativo
capace di contrapporsi alla lesione realizzando la possibilità
giuridica di essere liberato dall'obbligo119.
119
Bigliazzi Geri, Contributo ad una teoria dell'interesse legittimo in diritto privato, op.cit.,
pag. 192 ss.
255
INTERESSE DEL DEBITORE ALLA LIBERAZIONE E LA
MORA DEL CREDITORE.
L'interesse del debitore alla liberazione assume particolare
rilevanza nell'ambito della disciplina della mora credendi, in base
alla quale se il creditore non effettua ciò che gli è stato richiesto il
debitore non è liberato, pur avendo fatto tutto ciò che è necessario
per eseguire la prestazione. La non collaborazione del creditore è
giustificata solo quando si è verificata l'esistenza di un motivo
legittimo, atto a ritenere che l'attività del debendi realizzata non
sia in grado di soddisfare il suo diritto. Il riferimento al motivo
legittimo determina i confini entro cui si può valutare l'acquisita
rilevanza giuridica dell'interesse del debitore ad essere liberato, e
il modo in cui può incidere sulla situazione soggettiva del
creditore. E' evidente, però, che quando la legge indica, come
presupposto per impedire gli effetti della mora un motivo
legittimo, fa riferimento ad un fatto diverso dalla irregolarità della
offerta. Una simile situazione, specificandosi basterebbe in un
256
adempimento dell'obbligo da sola a giustificare il rifiuto di
creditore, in quanto gli è riconosciuta una simile facoltà quando la
prestazione offerta dal debitore non sia conforme in senso
quantitativo o qualitativo al contenuto dell'obbligo. Gli effetti
della mora credendi si possono verificare solo quando vi sia stata
offerta formale perfettamente regolare e valida, capace di porre in
evidenza l'interesse del debitore a liberarsi. In questo tipo di
situazione il rifiuto del creditore di ricevere la prestazione o, più
generalmente, di mettere il debitore nella condizione di non
adempiere, si mostra privo di qualsiasi fondamento giuridico. Il
superamento di quel particolare limite interno che si riferisce al
potere del creditore che è rappresentato dall'esistenza e dalla
rilevanza giuridica dell'interesse del debitore ad adempiere, può
essere
determinato
solo
dalla
presenza
di
un
motivo
oggettivamente apprezzabile, che rende privo di valore giuridico
il comportamento del creditore; non significando, però, che il
potere del creditore è vincolato al soddisfacimento dell'interesse
debitorio. La rilevanza giuridica dell'interesse del debitore si
257
arresta di fronte a un "motivo" che sia in grado di determinare il
significato giuridico del comportamento negativo del creditore.
Esso non incide, perciò, sull'an, ma sul quomodo dell'esercizio
del potere del creditore imponendo di tenere presente le sue
esigenze giuridiche, nel momento in cui viene a concretizzarsi
quel comportamento della pars credendi che al potere si ricollega.
Ciò vuol dire che l'interesse del debitore alla liberazione funziona
da limite esterno del diritto di credito, il sui esercizio al non
ricevimento
della
prestazione
viene
condizionato
solo
dell'esigenza che si sia verificato un determinato fatto che sia
obiettivamente valutabile. L’esercizio del potere non è arbitrario,
ma è discrezionale, dovendo essere relazionato anche nei
confronti dell'interesse del debitore che, in questa particolare
circostanza, esso assume la fisionomia tipica dell'interesse
legittimo120. La legittimità o meno del comportamento negativo
del creditore si specifica in relazione all'esistenza o meno del
120
Natoli, op. cit. pag. 4 ss.
258
"motivo" giustificatorie, dovendo prescindere dalla ricerca di una
eventuale sua colpa.121
121
Bigliazzi Geri op. cit. pag. 193 ss.
259
ASSENZA DEL CONCETTO DI COLPA COME REQUISITO
DELLA MORA CREDENDI.
L'istituto della mora credendi ha la sua funzione nel
realizzare la liberazione del debitore dal vincolo di esonerarlo
dalle relative spese e costi economici che possono discendere
dalle circostanze che hanno impedito l'adempimento. Ciò che
necessita affinché la mora possa esplicare i suoi effetti, è
l'individuazione dei casi in cui è dovuta la cooperazione del
creditore. L'ammissione di questa attività, anche se incolpevole o
provocate da circostanze al creditore non imputabili, è il
presupposto necessario per porre il creditore nello stato giuridico
di mora. Il problema dell'imputabilità e della colpa viene
compreso se si riferisce al dettato normativo contenuto nell'art.
1206 c. c., in base al quale il creditore è non destinatario delle
conseguenze previste dalla relativa disciplina se provi che la
mancata accettazione della prestazione è avvenuta per la presenza
260
di motivi legittimi122. La definizione legislativa è molto ambigua
e ha dato vita ad interpretazioni ambigue, essendo non sempre
stata ritenuta l'imputabilità del comportamento del creditore un
elemento estraneo alla costituzione degli effetti della mora. Si
deve, però, ritenere che la locuzione "legittimi" contenuta
nell'articolo ha un significato non specificamente giuridico, ma in
quanto sono sociali, riferiti alle moltissime cause che possono
giustificare il suo comportamento e come tali questi motivi
acquistano significato convenzionale, nel senso che essi sono
giustificanti, l'atteggiamento creditorio.
Questi motivi giustificano la non accettazione dell'offerta
debendi, eliminando il carattere antigiuridico del comportamento
del creditore in quella particolare situazione che si è venuto a
trovare e per la quale l'obbligazione viene legittimamente
prolungata.
122
Sul motivo legittimo vedi: Cass. 9 Febbraio 1981, in Giur.mer.,1981, 1217;sul rifiuto di
cooperare , con l’invio di un estratto conto, all’accertamento del debito da liquidare: Cass.27
Febbraio 1979, n.1289, in Giur,civ. Rep. 1979 . Obbligazioni e contratti , n .3.
261
L'indice di riferimento per la costituzione in mora è
l'assenza di questo motivo legittimo, con la conseguenza logica
che la conseguenze previste dalla legge si verificheranno soltanto
per il semplice rilevare le cause giustificative mancanti. Il
soggetto attivo cadrà in mora per una chiara previsione di uno
stato di fatto che determina il venir meno del legittimo rifiuto,
escludendo da esso qualsiasi concetto di colpa o di responsabilità.
Ciò è testimoniato anche dalla relazione ministeriale al codice
(n.568) che espressamente citava: "il creditore incorre in mora
quando, indipendentemente da ogni sua colpa, non riceve il
pagamento legalmente offertogli, ovvero ammette di compiere gli
atti preparativi relativi" Ciò è confermato dalla Relazione del
Progetto preliminare del libro delle obbligazioni (n.87) in base
alla quale la mora del creditore non richiede un comportamento
colposo, in quanto si è ritenuto che un contegno possa essere
contrario alla legge, ma nello stesso tempo scusabili123.
123
Miccio op. cit. pag. 123 e ss.
262
Se si considerasse necessario per la costituzione della mora
il concetto di colpa del creditore, bisognerebbe ammettere che
esiste nel creditore un obbligo e nel debitore un diritto
all'accettazione. L'assenza di ogni nozione di colpa, per la
giuridica sussistenza della norma, trova sua logica spiegazione
nel fatto che se il debitore, ha un suo interesse ad essere liberato,
ad esso non si rileva l'esistenza di un obbligo del creditore di
cooperare all'adempimento della prestazione124.
La colpa presuppone sempre l'esistenza di un obbligo da
rispettare e la lesione di un corrispondente diritto, che in questo
corso si specifica in quello del debitore a far si che la prestazione
possa essere accettata.
La non esistenza di un obbligo, determinata da una totale
assenza del presupposto fondamentale della colpa, ha un suo
riscontro nell'ambito della normativa giuridica.
La legge, infatti, interviene più volte per impedire che il
creditore
124
aggravi
la
posizione
giuridica
del
debitore,
Colagrasso, Teoria generale dei contratti e delle obbligazioni , Roma , 1946, pag. 64 e ss.
263
imponendogli determinati comportamenti. La possibilità di
prevedere ogni aggravio compiuto dal creditore ai danni del
debitore esclude in maniera automatica la previsione di un
obbligo (in via normale) di riavere la prestazione. La cura
particolare che ha avuto il codice nell'imporre in modo esplicito
questi obblighi per determinate situazioni in cui il debitore viene
a trovarsi, fa escludere l'esistenza di un generale dovere per il
creditore di non aggravare la situazione del debitore.
In relazione all'esplicita normativa dettata per la mora, si
può indubbiamente ricavare dall'art. 1207 c.c., l'assenza di
qualsiasi ipotesi di imputabilità soggettiva, nella quale sono
racchiusi tutti gli effetti legati alla costituzione in mora del
creditore. La secca e recisa formulazione dell'articolo, a
differenza di ciò che è contenuto nell'art. 1218 c.c., in cui è
esplicitamente sottolineato l'imputabilità soggettiva riguardante la
264
mora debendi, esclude qualsiasi ipotesi di mora creditoria
imputabile125.
125
Barassi, Teoria generale delle obbligazioni, Vol. III, l’Attuazione, Milano, 1964, pag 90
e ss .
265
ASSENZA DI UN PARALLELISMO TRA MORA CREDENDI
E MORA SOLVENDI.
Verificato i presupposti per la creazione dello stato di
mora, si perviene subito alla conclusione che essa è
completamente differente dalla mora debendi.
La nozione della mora accepiendi è data dalla semplice
illegittima del rifiuto, senza che sia necessario il concorso della
colpa o di qualsiasi elemento subbiettivo, venendo a costituirsi
come completamente isolata da quelle che è la nozione di mora
del debitore. Pur avendo in comune il termine "mora" indicando
la caratteristica del fenomeno come un ritardo nel compiere una
determinata attività, si differenzia sul punto della colpa e sui
presupposti dei diversi istituti126.
La disciplina della mora prevede la possibilità della sua non
attuazione in caso in cui si verifica un motivo legittimo che
126
Colagrasso, Obbligazioni, Commento al nuovo codice civile italiano, parte generale,
Milano , 1943, pag. 63 e ss.
266
giustifichi il comportamento del creditore, che vengono
considerati rilevanti ed adeguati in via di fatto, validi e sensibili in
via di diritto. Nel caso in cui il creditore non si rechi nel domicilio
del debitore per riscuotere il suo credito poiché il treno ha avuto
un serio incidente lungo il percorso, esso può essere un motivo
valido e rilevante da far escludere ogni possibile nascita di sua
responsabilità.
Può accadere, però, che il creditore abbia dichiarato un
motivo non vero, in quanto mai accaduto, o non ha mai rilevato
l'accaduto come causa giustificativo del suo comportamento. Ciò
induce a ritenere che il concetto di motivo legittimo contiene in se
quello di motivo putativo giacchè quello che costituisce il fatto
può ritenersi non rilevante o addirittura può essere considerato
causa di giustificazione per il soggetto agente, ma non per un
terzo. Si pensi ai precetti delle varie religioni che possano
imporre di non compiere una determinata attività, che invece ad
un'altra persona, non appartenente ad essa, può compiere nel
modo più disinvolto possibile.
267
Da ciò deriva che il concetto di motivo legittimo ha una
valenza puramente negativa, che si contrappone all'elemento
obiettivo del bonus pater familias, che costituisce il presupposto
della teoria dell'imputabilità e della mora debendi.
Questo costituisce una chiara presa di coscienza della
diversità strutturale dei due istituti, in cui l'elemento della colpa
costituisce la discriminante differenziativa. In un caso abbiamo
applicazione della normativa per il sol fatto dell'esistenza
dell'ipotesi prevista dall'ordinamento come cause costitutive dello
stato di mora, nell'altro, invece, cita espressamente l'art. 1218 c.
c., la mancanza dell'imputabilità esclude ogni responsabilità per
cui la colpa può essere considerata come elemento determinante
per la costituzione della situazione di ritardo nell'adempimento.
Avendo presupposti opposti, tutta la disciplina si base per
la tutela di contrapposte esigenze che riguardano le attività
inerenti alla posizione soggettiva del rapporto obbligatorio. Si
verifica con la costituzione in mora del creditore di attuare gli
aggravi che il debitore può ricevere a causa del mancato concorso
268
del credito. Con la mora debendi si cerca di far pervenire al
creditore ciò che è oggetto del suo diritto, tutelandolo da quelli
che possono essere il ritardo nell'adempimento. Differenza di
presupposto che comportano differenza di disciplina tale da
escludere qualsiasi parallelismo tra i due istituti127.
127
Miccio Le obbligazioni, op cit pag. 125e ss
269
IMPOSSIBILITA' DI RICONOSCERE SULLA BASE DELLA
DISCIPLINA CODICISTICA DELL’ART. 1175 L’ESISTENZA
DI UN OBBLIGO DEL CREDITORE A RICEVERE LA
PRESTAZIONE . SITUAZIONE DI ABUSO DI DIRITTO.
Il riferimento ai motivi contenuti nell'art. 1206, esclude che
il
comportamento
del
creditore
sia
colposo,
e
quindi
l'impossibilità di risalire ad un suo obbligo di ricevere la
prestazione. Il sistema, però, si rende particolare per la presenza
di una disposizione che impone un dovere di correttezza ad
entrambi i soggetti del rapporto obbligatorio. La norma, contenuta
nell'art. 1175, racchiude un principio fondamentale in materia di
rapporti privati, che si riempie di contenuto pragmatico ogni
qualvolta viene rapportato alla realtà. Esso consiste nell'essere
considerato come "clausola generale" il cui contenuto della
correttezza si riempie di significato giuridico nel momento che
viene applicato dagli organi dell'apparato giudiziario.
270
La clausola generale della correttezza conferisce al giudice
un valido strumento per valutare in concreto il comportamento
dei soggetti del rapporto obbligatorio, consentendo di effettuare
un penetrante controllo all'interno dei rapporti privati. Per cui il
giudice, compiendo il suo controllo segna il limite entro cui il
diritto o il dovere deve mantenersi, costituisce cioè la misura di
poteri, e di obblighi adeguate alle esigenze del sistema.
La norma, quindi, ha la specifica funzione di delineare
l'ambito di valutabilità dei comportamenti dei soggetti del
rapporto, verificando se siano esattamente corrispondenti al
compimento di ciò che è contenuto nelle opposte posizioni
soggettive obbligatorie. Da ciò si è ricavata una regola molta più
incisiva, per la quale ogni qual volta vi è comportamento del
soggetto attivo che possa travalicare il limite della clausola
generale di correttezza, si ha abuso del diritto.
271
Il controllo dei diritti soggettivi ed in particolare il
sindacato giudiziale sull'esercizio del credito viene fondato sulla
norma che impone la correttezza128.
Questo controllo si specifica proprio in riferimento al
comportamento del creditore quando non compie l'attività
richiestagli, senza che vi sia un motivo legittimo di rifiuto.
Per cui il suo comportamento, si pone al di fuori del
legittimo esercizio del proprio diritto, venendo a costituire la
specificazione di quella particolare figura giuridica che viene
definita come abuso di diritto.
La legge prevede sempre la possibilità di sottoporre ad
esame i motivi che hanno determinato il verificarsi di un certo
atteggiamento, in virtù della realizzazione di una certa attività
prevista come fine ultimo di attuazione. Ciò accade proprio nel
caso in cui il creditore non accetti il pagamento o non compie
128
Rescigno ,Obbligazione(diritto privato ) (nozioni generali) Enciclopedia del diritto ,
XXIX op. cit. pag. 178 e ss.
272
tutto ciò che è necessario per far si che il debitore possa
adempiere.
Per verificare, infatti, che il mancato ricevimento della
prestazione sia legittimo, il giudice deve procedere una
valutazione dei motivi che hanno realizzato il venir meno del
consenso. La non plausibilità dei motivi adottati, o la loro
assenza, inducono a ritenere che il comportamento del creditore
sia abusivo, in quanto espressione del superamento del limite che
rappresenta la possibilità di agire coerentemente in riferimento al
contenuto del relativo diritto. E' in questo momento che l'interesse
del debitore alla liberazione emerge, acquisendo rilevanza
giuridica, per la cui attuazione sono direttamente previste le
sanzioni contenute nell'art. 1207 c.c.. Ciò che si vuole evitare è la
possibilità che il rapporto obbligatorio persiste oltre i suoi limiti
naturali, in quanto ciò consisterebbe nel pretendere dal debitore
più di quanto egli debba e di riconoscere al creditore un diritto
che in realtà non gli appartiene. Per cui più di vere e proprie
sanzioni, esse si specificheranno in una reazione contro un
273
comportamento
abusivo
del
creditore,
che
si
riflette
negativamente sul contenuto della sfera giuridica del debitore. Se
per sanzioni si intende la reazione alle violazioni di veri e propri
obblighi, non possono essere riferite al caso prospettato, per
l'impossibilità giuridica di ritrovare un vero e proprio dovere in
tal senso. Esse, invece, sono semplici contromisure di ordine
eminentemente equitativo tendenti al ridurre al minimo le
conseguenze dannose provenienti dal comportamento abusivo del
creditore al soggetto passivo, evitando le ulteriori prosecuzioni
ingiustificate dal rapporto obbligatorio129.
129
Natali,L’Attuazione del rapporto obbligatorio, op.cit. pag. 71 e ss.
274
ANALOGHE CONCLUSIONI ALLA LUCE DEL DETTATO
NORMATIVO EX. ART. 2043 C.C..
La possibilità di verificare l'esistenza di un obbligo del
creditore di ricevere la prestazione veniva sancita in riferimento
al principio contenuto nell'art. 2043 c.c., in base al quale nessuno
può ledere l'altrui sfera giuridica.
Il principio dell’"alterum non ledere" ha avuto una primaria
posizione nel verificare l'esistenza, di quest'obbligo, partendo da
una verifica della lesione effettuata nella sfera giuridica del
debitore dal comportamento del soggetto attivo. Si è pervenuto a
conclusione dell'esistenza di un dovere in base ad una
similitudine realizzata tra il caso in cui il creditore è tenuto ad
assumere un determinato comportamento positivo per consentire
al debitore di liberarsi dall'obbligo, e l'ipotesi in cui un soggetto,
avendo compiuto un'ingerenza nell'altrui sfera giuridica, debba
poi effettuare qualche atto positivo al fine di eliminarla.
275
Il creditore, non ponendo in essere l'attività richiesta,
determina una ingerenza, con conseguente lesione, nella sfera
giuridica del debitore e, questo stato di cose può essere
modificato solo se si realizza un comportamento positivo del
soggetto attivo, atto ad eliminare l'invadenza per impedire la
lesione. Da ciò si deduce che il creditore ha un vero e proprio
obbligo di cooperare per attuare la prestazione, e il debitore è
titolare di un diritto a pretendere ciò.
Il dato giuridico a cui si è pervenuto viene ad essere messo
in discussione se si tiene presente la disciplina della mora
credendi e si effettui una sua giusta disamina contenutistica,
quando si verifica.
L'analisi trova il suo punto di partenza nel verificare
quando viene realizzato un danno ingiusto ad opera di un
determinato soggetto, e se ciò si specifica nella normativa
esaminata. I danni previsti dall'art. 1207 c. c. consistono nel
maggior costo che il debitore deve sopportare a causa del ritardo
nel compimento dell'attività richiesta, e si specificano in ulteriori
276
spese e in un mancato guadagno. Tali danni sono risarcibili, in
quanto derivati dallo stato di "mora" del creditore, ovvero quando
il debitore si sia trovato nell'impossibilità di evitare nuove spese o
di intraprendere nuova occasione di guadagno, a causa della
permanenza del rapporto obbligatorio. Il debitore deve effettuare
nuove spese e lasciare perdere le occasioni di lucro in quanto è
obbligato a fare ciò, il cui vincolo è mantenuto dalla legge, che
nonostante preveda lo stato di mora, non libera il debitore da
questi aggravi. E' la legge che ritiene opportuno che il debitore sia
soggetto alle conseguenze dell'obbligazione, in caso di mora del
creditore, prevedendo l'utilizzo delle sue risorse in modo non
consono alle sue esigenze a lui non conveniente.
In un secondo momento, la stessa legge prevede la
risarcibilità del danno subito dal debitore a spese del creditore,
ma tale trapasso di conseguenze giuridiche non induce a ritenere
che nella prima fase della norma esse siano imposte all'obbligato.
Si perviene anzi alla conclusione che se il debitore trascura il
proprio obbligo di prestazione, può incorrere sicuramente in una
277
responsabilità per inadempimento. Per cui non si può parlare di
danno ingiusto, ne di illeicità o di comportamento antigiuridico
del creditore, in quanto ai danni causati in costanza di mora sono
direttamente collegabili alla volontà legislativa. Non si può
qualificare ingiusta la lesione dell'interesse del debitore alla
liberazione, in quanto la mancata estinzione dell'obbligazione è
espressamente prevista dalla legge. Ne deriva per conseguenza
che il comportamento illecito del creditore per non aver ricevuto
la prestazione o non aver fatto ciò che gli è stato richiesto per
cooperare all'adempimento. Tale illeicità, infatti, presuppone il
carattere antigiuridico della lesione che tale comportamento
cagiona, ciò che non succede nel caso specificato.
Il comportamento del creditore non può essere definito
giuridicamente in base al principio posto dall'art. 2043 c. c.,
poiché ci troviamo al di fuori del suo ambito di applicazione.
L'ingerenza verificata nella sfera giuridica del debitore discende
da una accurata valutazione degli interessi in gioco e dalla ricerca
di un equilibrio degli stessi. La sopportazione di quegli aggravi
278
dipendono
dalla
impossibilità
giuridica
di
liberare
immediatamente il debitore da vincolo, ponendolo nella
condizione di salvaguardia l'integrità della cosa dovuta, nello
specifico riferimento di essere successivamente risarcito.
Ciò
implica la non possibilità di far rientrare nell'ipotesi di mancata
cooperazione del creditore, l'attuazione di un danno ingiusto
verificato da un determinato soggetto. Il danno che viene a
perpetuarsi dipende solo dalla volontà della legge e non da un
comportamento del creditore, che in quanto tale costituisce solo il
presupposto della costruzione del suo stato di mora130.
130
Cattaneo, Mora del creditore Commentario del codice civile a cura di Scialoja Branca,
libro quarto, (art.1206-1217) Bologna Roma 1973 pag. 50 e ss.
279
SITUAZIONE SOGGETTIVA DEL CREDITORE IN TERMINI
NON DI OBBLIGO MA DI ONERE.
L'impossibilità giuridica di delineare un diritto del debitore
ad ottenere che il creditore riceva la prestazione o compia
l'attività richiestagli per far si che il debitore adempia, ha rilevato
l'inesistenza di un vero e proprio obbligo del soggetto attivo131 a
coadiuvare per adempiere l'obbligazione, ammettendo che la
relativa posizione assunta non può non essere di onere132.
La configurazione della figura di onere ha suscitato molte
perplessità , poiché si è ritenuto che l'onere si presenta come una
situazione per la quale la soddisfazione di alcuni propri interessi
determinano il sacrificio di altri ugualmente propri. Ciò non si
verificherebbe quando il creditore non pone in essere l'attività
131
Nell’escludere che si possa parlare di vero e proprio obbligo del creditore di cooperare
all’adempimento del debitore vedi : Cass. 8 Febbraio 1986, n. 809 , in Giur. civ. ,1986 , I,
1928.Sui limiti della cooperazione che può essere richiesta al creditore si sofferma Cass.12
Marzo 1984, n. 1694, ivi Rep. 1984, Vendita ,n.77.
132 Cass. 14 gennaio 1959 n . 81 , in Foro it. , Rep. 1959 , voce competenza civile n 246 e n.
247 , pag . 444 e ss
280
necessaria per realizzare la prestazione , in quanto qui l'interesse
sacrificato riguarda la sfera giuridica del soggetto passivo.
L'obiezione fatta non è priva di rilievo, ma non è del tutto
rispondente alla realtà
effettuale, in quanto la difficoltà di
applicare il concetto di onere alla fattispecie esaminata deriva da
una non attenta valutazione del concetto di onere. Esso si
caratterizza come un potere condizionato, nel senso che il titolare
dell’onere, per realizzare l'interesse, deve esercitare questo potere,
compiendo un determinato comportamento. Questa condotta si
presenta come libera, non costituisce oggetto di obbligo, la cui
inosservanza determini l'applicazione di una sanzione, ma come
necessitato, nel senso che è condizione primaria per la
realizzazione dell’interesse, alla cui tutela è stato concesso il
potere. Questo concetto è il più idoneo a qualificare la posizione
del creditore, in quanto se la sua cooperazione è necessaria per
281
l’estinzione
dell’obbligazione,
essa
contiene
in
se
la
soddisfazione dell'interesse creditorio133.
Il creditore dovrà assumere un determinato comportamento
per realizzare ciò che costituisce il suo interesse, per cui la non
attuazione dell'attività richiesta determinerebbe la lesione di un
suo
diritto. Il concorrere
costituisce attività necessaria per
l'attuazione della prestazione, la quale ha come fine ultimo la
soddisfazione dell’interesse creditorio. L'attività della pars
creditoria è prevalente per poter ricevere la prestazione che gli
viene offerta , per cui egli ha l'onere di accettarla e di cooperare
se vuole realizzare il proprio interesse. Si può intuire che alla
base dell'impossibilità per il creditore di impedire o di non
aggravare la posizione del debitore vi è la necessità giuridica di
non pregiudicare gli interessi che si trovano nella sua sfera
giuridica . La prestazione è
sostanzialmente volta al
soddisfacimento dell'interesse del soggetto attivo del rapporto
133
Santoro Passarelli , Dottrine generali del diritto civile , Napoli, 1980 , pag,74; Cattaneo
,Mora del creditore , Op cit . pag, 55; Betti, Teoria generali delle obbligazioni, op.cit., ,pag.
63 e ss
282
obbligatorio, il quale se non pone in essere il comportamento
richiestogli per attuarla non realizza un proprio interesse . Nel
momento in cui il soggetto attivo non pone in essere ciò che è
necessario affinché il debitore possa adempiere, quest'ultimo
potrà agire per risolvere immediatamente il rapporto. Essendo il
comportamento del creditore non annoverabile tra quelli
antigiuridici, il debitore non subirà passivamente le conseguenze
dannose derivanti dall'atteggiamento omissivo del titolare della
posizione attiva.
Il debitore è preservato da qualsiasi aggravio derivatogli
dal comportamento del creditore, escludendo, quindi, che le
conseguenze
pregiudizievoli
connesse
all'importante
fatto
dell'avente diritto possa annoverarsi tra i possibili rischi che il
debitore deve subire per il verificarsi di cause a lui non
imputabili. Il debitore non deve subire le conseguenze dannose
della impossibilità temporanea o definitiva della prestazione
derivanti della condotta creditoria, il cui principio risponde a una
fondamentale e primaria esigenza di regolamentare i rischi
283
gravanti sui soggetti del rapporto obbligatorio . Questa esigenza si
specifica nella valutazione degli interessi in gioco, in base al
quale sembra inammissibile che la responsabilità del debitore sia
aggravata ulteriormente nei confronti di un soggetto, il quale è
stato autore del fatto contestato. Ciò che si verifica con
la
mancata collaborazione del creditore all'adempimento è la lesione
del suo stesso bene, inteso come non acquisizione dell'oggetto
della prestazione nel suo patrimonio134. Il non subire i rischi del
comportamento credendi non vuol dire veder prolungato
all'infinito la durata del rapporto obbligatorio senza che il
debitore possa fare nulla per liberarsi dall’obbligo. Nel momento
in cui il soggetto passivo è pronto ad adempiere l'obbligazione, il
creditore
non
può
impedire
tramite
un
suo
contegno
l'adempimento, con la logica conseguenza che, se non pone in
essere il comportamento che ha l'onere di tenere, il debitore può
ottenere la sua liberazione. La logica conseguenza dell'esistenza
134
Bianca, Il debitore e i mutamenti del destinatario del pagamento , Milano , 1963 , pag 60
e ss .
284
di quell’onere nella posizione attiva è la previsione che il debitore
può essere titolare di strumenti giuridici atti a realizzare il venir
meno di ogni aggravio derivante dalla mancata attuazione della
prestazione. Il debitore potrà agire per realizzare l'adempimento
anche senza il concorso dell’attività credendi, evitando che possa
pretendere da costui un sacrificio economico maggiore di quella
che si evince dal rapporto obbligatorio135.
135
Nicolo' , L’adempimento dell’obbligo altrui , Milano , 1936 , pag 117.
285
TESI
DELLA
DEBITORE
BIGLIAZZI
QUALE
GERI:
DIRITTO
SITUAZIONE
POTESTATIVO
DEL
ALLA
LIBERAZIONE.
L'interesse del debitore alla liberazione dal vincolo
obbligatorio avendo assunto la qualifica di interesse, non può
essere soddisfatto da un comportamento del suo titolare, ma deve
essere realizzato da un'attività discrezionale appartenente a un
soggetto estraneo.
Per la soddisfazione di questo interesse la disciplina
positiva prevede una serie di poteri, i quali però non
appartengono al contenuto della posizione soggettiva di
vantaggio, poiché se cosi fosse essa verrebbe spogliata di
qualsiasi rilevanza giuridica.
Dalla disciplina positiva si evidenzia una serie di poteri
che, se appartenessero a questa posizione di interessi toglierebbe
ogni validità giuridica alla corrispondente situazione soggettiva
inattiva. E' necessario, quindi, differenziare l’ipotesi in cui nasce
286
la
situazione di vantaggio, dal
momento in cui, per la sua
realizzazione, viene concessa la titolarità di una seria di poteri e
come tale si pone al di fuori di essa.
La differenza dei due momenti si evidenzia nella disciplina
della mora credendi, in quanto l'art. 1206 cod. civ. attribuisce al
debitore il potere di fare offerta formale, con conseguente messa
in mora del creditore e costituzione della posizione soggettiva in
questione, mentre gli art. 1210, 1211, e 1216
cod. civ.
attribuiscono al soggetto passivo il potere per provocare
l'estinzione coattiva del relativo rapporto, senza prevedere alcuna
collaborazione del soggetto attivo nel realizzare ciò. Occorre
tenere ben distinto il momento in cui il debitore viene preso in
considerazione in quante tale, cioè come soggetto passivo sul
quale incombe l'obbligo della prestazione, e quello nel quale si
presenta come titolare dell'interesse alla liberazione. E' facile
quindi rilevare che l'offerta formale della cosa dovuta si ricollega
alla situazione di necessità sull'an e quindi sul dovere di
adempimento, determinando il momento preliminare, nel quale
287
acquista rilevanza giuridica l'interesse ad essere liberato
dall'obbligo. Il potere riconosciuto al debitore di provocare
l'estinzione coattiva del rapporto mediante il deposito o il
sequestro della cosa dovuta gli spetta proprio in riferimento
all'avvenuta lesione del suo interesse ad essere liberato. Ciò
consente di precisare che la prima fase, nella quale prende
consistenza giuridica l'interesse legittimo, si costituisce come il
presupposto per il verificarsi di quel menzionato potere in base al
quale si ottiene la liberazione definitiva dal vincolo.
L'offerta formale, consistente nel deposito o nel sequestro
della cosa dovuta, si effettua in violazione dell'interesse del
debitore ad essere liberato, in riferimento al rifiuto del creditore
di accettare l'offerta reale. La prima si collega direttamente ed
automaticamente alla seconda, come sua necessaria attuazione per
il venir meno di quell'attività discrezionale del soggetto attivo
capace di soddisfare la situazione soggettiva di vantaggio. Nella
seconda fase della disciplina delineata dalla normativa in
questione, il relativo potere di estinzione si presenta come un vero
288
e proprio diritto potestativo conferito al debitore come mezzo di
reazione contro quella violazione.
Per il caso in cui il mancato ricevimento della prestazione
da parte del creditore si presenti ingiustificato, la legge riconosce
al debitore un particolare diritto potestativo che gli consente di
raggiungere l'effetto desiderato. Il soggetto passivo diviene
titolare di una nuova posizione soggettiva meramente strumentale
la cui eventuale utilizzazione non influisce sul contenuto del
comportamento debendi diretto all'attuazione del rapporto. Ciò si
evince dal dettato normativo nell'art. 1210 c. c., dal quale si
ricava la possibilità giuridica del debitore di liberarsi dal vincolo,
in seguito a una sentenza passata in giudicato. Il debitore diviene
in questo modo l'unico vero protagonista della propria
liberazione, in quanto venuti a mancare i presupposti per la
realizzazione del proprio interesse, egli ha il potere di predisporre
la situazione giuridica (deposito) che determina lo scioglimento
dal vincolo. Tutto ciò si verifica per mezzo della sola volontà del
soggetto passivo, in quanto, titolare di un diritto potestativo alla
289
liberazione, la cui attuazione rende chiara la situazione del
soggetto attivo, che si specifica in una mera soggezione.
Il creditore, infatti, deve solo subire ciò che costituisce la
realizzazione del contenuto del diritto potestativo, non potendo
fare alcunché per impedire al debitore di liberarsi dal vincolo.
La tutela del debitore di non vedere prolungato oltremisura
la durata del rapporto e nel vedere rispettati i termini per la
realizzazione della propria liberazione dal vincolo, si attua con
uno strumento (il diritto potestativo) che rappresenta il modo più
confacente di eliminare una situazione di fatto con minor
aggravio per il soggetto agente136.
136
Bigliazzi Beri , Contributo alla teoria dell’interesse legittimo nel diritto privato , op cit,
pag 201 e ss.; Natoli , L’attuazione del rapporto obbligazione , op cit , pag. 6.
290
ESTINZIONE DEL DEBITO COME EFFETTO DIRETTO
DELLA REMISSIONE.
La rinuncia al credito si differenzia dalle altre ipotesi di
rinuncia in quanto il debitore può derivare vantaggio dalla
dichiarazione unilaterale creditoria.
L'impossibilità che contraddistingue tutti i tipi di rinuncia
di non poter rifiutare il vantaggio viene spiegato in base al rilievo
giuridico per il quale il beneficio non è un effetto diretto, ma
riflesso del negozio rinunciativo. Nell'ipotesi di rinuncia
dell'eredità, ai diritti reali limitati, al diritto di proprietà sul bene
immobile si verifica un vantaggio che assume i caratteri di un
beneficio indiretto, in quanto direttamente collegabile ad un
diritto di accrescimento, al carattere elastico del diritto di
proprietà.
291
E' stato sostenuto137 che anche nella rinuncia al credito il
vantaggio conseguente si presenta come un effetto mediato,
indiretto, in quanto la conseguente liberazione del soggetto
passivo si spiega in base all'esistenza del preesistente rapporto
giuridico in virtù del quale il soggetto beneficiato è legato da un
vincolo giuridico con quello beneficiante. Per cui la remissione
produrrebbe soltanto il distacco del diritto dal suo titolare, dopo
di che si estinguerebbe l'obbligazione perché non può esistere un
diritto di credito senza il suo titolare. L'estinzione del debito e la
liberazione del soggetto passivo sarebbe effetti riflessi della
fattispecie remissione, in quanto essa si specifica nella sola
separazione del diritto, senza produrre nessun altra conseguenza
giuridica. L'estinzione, dell'obbligazione è una conseguenza
prevista e direttamente collegabile alle leggi, in quanto è la norma
a prevedere l'effettiva liberazione del debitore dal vincolo
giuridico, in base all'elementare affermazione giuridica che non
137
Cariota Ferrara Il negozio giuridico op cit pag 139 e ss.; Di Prisco ,Remissione, in
Trattato di diritto privato, Obbligazioni e contratti, I, a cura di Rescigno ,Torino, 1984, pag
. 296 e ss .
292
possono sussistere diritti di credito senza creditore ed
obbligazioni senza diritti corrispondenti.
La remissione agisce solo nell'ambito della sfera giuridica
del creditore, con efficacia dismissiva, senza invadere quella del
debitore, nella quale gli effetti della dichiarazione del creditore
decadono per espresso dettato legislativo.
Questa costruzione teoretica pecca di coerenza giuridica in
quanto pone come fonte di effetti giuridici ricollegabili allo stesso
fenomeno, due distinte entità giuridiche: legge e negozio. La
propria smentita viene ad essere effettuata dal presupposto da cui
la
tesi
inizia
la
propria
ricostruzione
dogmatica,
cioè
dall'affermazione che non possono esistere diritto di credito senza
creditore e debiti senza crediti.
La necessaria correlazione delle due diverse posizioni
giuridiche, pone in evidenza che la dismissione del credito può
avvenire solo quando necessariamente si verifica anche la non
attuazione della prestazione da parte del soggetto passivo. Tutto
ciò dimostra che la conseguente estinzione dell'obbligazione per
293
effetto della dichiarazione dismessiva non è un effetto riflesso,
ma bensì un effetto diretto della remissione. La verità giuridica
che si pone in evidenza consiste nel fatto che la remissione
produce un solo effetto giuridico, che consiste nell'estinguere
l'obbligazione, cioè il credito e il debito.
Essendo l'estinzione del debito effetto diretto del negozio di
rinuncia del creditore, non si poteva lasciare il debitore privo di
uno strumento giuridico atto a prevenire qualsiasi ingerenza nella
propria sfera giuridica.
Il rifiuto del debitore, espressamente menzionato nella
norma, (art.1236 c.c.) costituisce lo strumento idoneo per
impedire che gli effetti remissivi ricadono direttamente nella sfera
giuridica del debitore. Se non fosse così, se non si prevedesse
nessuna tutela, si derogherebbe a un fondamentale criterio di
competenza dell'autonomia privata, che esige il rispetto dell'altrui
sfera giuridica.
L'art. 1236 c. c. conferisce al debitore il potere di opporsi
alla remissione, in base al quale il soggetto passivo può attuare in
294
pieno il principio del rispetto dell'altrui sfera giuridica, rifiutando
gli effetti della dichiarazione dismissiva quando possono ledere la
propria posizione giuridica.
La norma costituisce la sintesi e il risultato dell'esigenza del
rispetto dell'altrui sfera giuridica e dell'esigenza del titolare della
posizione attiva di utilizzare il proprio potere per distaccarsi dal
proprio diritto di credito.
Si concede al creditore la possibilità di rinunciare al proprio
credito, con una dichiarazione unilaterale di volontà, mentre al
debitore si fornisce lo strumento giuridico atto a presentare il
contenuto della propria condizione soggettiva, addossandogli
l'onere di azione nei confronti di detta dichiarazione, da
esercitarsi tempestivamente138.
138
Cicala L’adempimento indiretto dell’obbligo altrui , op.cit., pag 188 e ss.
295
L'OPPOSIZIONE DEL DEBITORE PRODUCE EFFETTO
RISOLUTIVO DELLA REMISSIONE EFFETTUATA DAL
CREDITORE.
Gli effetti revisori, prodotti dalla dichiarazione credendi,
hanno durata limitata nel tempo e si estinguono immediatamente
se il debitore tempestivamente comunica al creditore la sua
opposizione.
La dichiarazione del debitore di non volerne approfittare si
configura come una causa risolutiva dell'effetto remissorio,
prevede, cioè di non beneficiare di questo effetto, ripristinando lo
status ante quo.
E' stato sostenuto139 che più che un effetto risolutivo,
l'opposizione determinerebbe un effetto sospensivo, in quanto la
remissione non sarebbe estinta a causa della dichiarazione di
volontà
del
soggetto
passivo
139
ma
solo
sospensivamente
Maccarone, Della remissione , in Commento teorico pratico al Codice Civile a cura di De
Martino , Novara , 1979, pag 221 e ss.
296
condizionata da tale dichiarazione. Un argomento a supporto di
detta tesi lo si può ritrovare nella relazione ministeriale in cui si
legge che "Il debitore può impedire al negozio remissorio di
produrre
le
sue
conseguenze
giuridiche".
E'
facilmente
obiettabile, però, che non solo ciò costituisce un elemento
extratestuale, e quindi non affatto vincolante, ma sembra che
l'intervento dei compilatori sia, non quello di voler qualificare
esattamente la funzione dell'opposizione, ma quello di voler
sottolineare che la dichiarazione del debitore, pur non potendo
impedire la formulazione della remissione, è in grado di non
alterare la sua posizione soggettiva.
La scelta legislativa sul modo di formulare la norma
contenuta nell'art. 1236 c.c., sottintende non una semplice
previsione di concedere la possibilità al debitore di evitare la
liberazione ove preferisce rimanere soggetto dell'obbligazione,
ma essa costituisce il risultato di una precisa e consapevole
volontà legislativa. In omaggio all'esigenza della tutela della
certezza giuridica, il legislatore, ispirandosi al principio del quod
297
plerumque accidit, ha decisamente considerato che la remissione,
nella sua considerazione normale, ha sempre un effetto
favorevole per il debitore, cioè essa risponde nella maggior parte
dei casi, a un interesse concreto del soggetto passivo, che si
specifica nella sua liberazione dal rapporto obbligatorio.
E' invece meno frequente l'ipotesi che il debitore rifiuti la
liberazione e preferisce sopportare il sacrificio economico che
l'adempimento indubbiamente gli arreca.
E' quindi, molto più rispondente alle esigenze reali che il
debitore accetti la remissione, mentre è molto raro si opponga ad
essa, per cui, per coerenza giuridica e certezza normativa, l'effetto
che essa pone è sicuramente risolutiva, e non sospensivo.
L'effetto risolutivo, infatti, è più rispondente alla ratio
normativa, in quanto una volta verificatosi la dichiarazione
remissoria proveniente dal creditore, quest'ultima acquista
esistenza giuridica. Si ha quindi, subito, una regolamentazione dei
diversi interessi in gioco, in quanto l'assetto giuridico risulterà
essere definito, se l'interesse corrispondente del debitore, sarà
298
costituito dalla liberazione dell'obbligazione senza adempimento.
Se invece il soggetto passivo è titolare di un interesse diverso,
effettuando la dichiarazione di non volere approfittare dell'effetto
remissorio, come se non fosse mai avvenuto. Se si ammettesse,
invece, che l'effetto remissorio rimanga sospeso, sino alla
decorrenza del "termine congruo", una volta scaduto quest'ultimo,
si avrebbe l'inconveniente di conformare, in sede esecutiva, la
situazione di fatto e quella giuridica, a causa del principio di
retroattività qui applicato.
Tutto ciò non sarebbe molto confacente con lo spirito della
legge, in quanto essa denota una laboriosità concettuale, poco
compatibile con l'esigenza di certezza giuridica.
Da una attenta interpretazione del dato normativo,
conforme alla fondamentale esigenza della certezza della
situazione giuridica e degli interessi coinvolti nel meccanismo
299
dell'istituto, sembra riconoscere all'atto di opposizione efficacia
risolutiva dell'effetto remissorio140.
140
Tilocca , Remissione del debito, in Nuovissimo Digesto Italiano ,XIII°, Torino ,1964 ,
pag 390 e ss.; Gioacobbe , Remissione del debito ,In Enciclopedia del Diritto , vol . XXXIX
, Milano , 1988 , pag 767 e ss.
300
L’INTERESSE
ALLA
LIBERAZIONE
NEL
SUO
PARTICOLARE MODO DI PORSI NELLA REMISSIONE.
Il debitore ha la possibilità giuridica di opporsi alla
dichiarazione del creditore di volergli rimettere il debito,
eliminando, con effetto risolutorio, la situazione giuridica
momentaneamente verificatosi. L'opposizione del debitore,
quindi, ha come suo immediato effetto quello di ripristinare il
rapporto obbligatorio, mantenendo inalterate il contenuto della
posizione debendi. Una volta effettuato l'opposizione ed eliminata
la vicenda estintiva, il rapporto riprende il suo normale
svolgimento come se mai si fosse estinto. Non accettando l'effetto
remissorio, il debitore può realizzare il contenuto della propria
posizione debitoria attuando, nella sua complessità costitutiva, il
suo interesse ad essere liberato dall'obbligazione. Quest'interesse
si presenta nella sua forma negativa proprio nell'opposizione, in
quanto il debitore, con essa, dichiara di non voler essere liberato
mediante remissione prevedendo, cioè, la possibilità giuridica di
301
non determinare estinzione dell'obbligazione nel modo proposto
dal creditore. E' questo interesse a respingere il vantaggio di una
gratuita liberazione che viene ad essere tutelato, trovando la più
compiuta espressione nel noto bracardo "invito beneficium non
datur". L'art. 1236 c. c., infatti, consente al debitore di far rivivere
l'obbligazione proprio al fin di fargli ottenere una liberazione più
confacente al suo prestigio e al suo onore, con la salvaguardia
della sua dignità e della sua personalità morale e patrimoniale.
Il principio è di carattere generale tende a salvaguardare il
caso in cui beneficium non sia di gradimento al soggetto, che
nell'ambito del rapporto obbligatorio si specifica in quel
particolare interesse ad essere liberato in modo differente da
quello propostogli dal creditore.
Il soggetto attivo dismette il proprio credito, il soggetto
passivo valuta gli effetti che potrebbero derivare dalla remissione
nella propria sfera giuridica, e conseguentemente decide se
accettare o meno l'effetto remissorio. Il rifiuto, si specifica
nell'esplicita presa di coscienza che la liberazione del rapporto
302
obbligatorio leda la propria posizione debitoria, in quanto
caratterizzata dalla necessità giuridica di liberarsi dal vincolo in
modo più conforme al suo contenuto obbligatorio. Il debitore
mantiene inalterata la propria posizione, manifestando la propria
esigenza di attuare l'interesse alla liberazione in modo confacente
al contenuto della propria sfera giuridica.
In caso di lesione di detto interesse, determinato da un
comportamento discrezionale del creditore, il debitore può
sempre agire utilizzando il proprio diritto potestativo alla
liberazione. Il soggetto passivo è sempre titolare di strumenti
giuridici predisposti per la tutela positiva del suo interesse ad
essere liberato dall'obbligazione. Per cui nel momento che
dichiara di non voler essere liberato dal rapporto mediante
l'effetto remissorio, egli può agire con una serie di poteri che
sono,
l'estrinsecazione
del
suo
diritto
dall'obbligazione141.
141
Cicala L’adempimento dell’obbligo altrui , op. cit., pag 181 e ss.
303
di
liberarsi
IL SILENZIO: LA NON OPPOSIZIONE. REALIZZAZIONE
DELL’EFFETTO REMISSORIO .STRUTTURA E FUNZIONE
DEL SILENZIO DEL DEBITORE.
La mancata effettuazione dell'opposizione nel termine
congruo rende definitivo ed ineliminabile l'effetto remissorio già
verificato in conseguenza della comunicazione al debitore della
dichiarazione del remittente.
Con la mancata opposizione, il debitore si libera
definitivamente dal vincolo obbligatorio, aspetto questo talmente
importante che è stato ritenuto oggetto di studio sulle
caratteristiche strutturali, che ha visto contrapposti tesi dottrinali
sul modo di intendere giuridicamente l’inerzia debendi.
304
Sullo scenario giuridico si sono scontrati due teorie
dottrinali, l'una142 che considera il silenzio come un atto giuridico,
e l’altra143 che invece lo ritiene come un semplice fatto.
L'inquadramento del comportamento omissivo del debitore
nell'ambito degli atti giuridici o dei fatti non è privo di
conseguenze giuridiche, in quanto da essa dipenda l'applicazione
della diversa disciplina che la legge prevede in materia di negozi
giuridici, prima fra tutte quelli dei vizi della volontà.
Per avere una chiara versione dell'argomento trattato è
necessario tracciare i profili della disciplina del termine dalla
quale si può avere una definitiva configurazione della natura del
silenzio del debitore.
Nel delineare la disciplina giuridica che determina quando
il termine possa essere considerato congruo, sembra che non
possa essere applicata alla fattispecie studiata l'art.1326 c. c.,
142
Per la tesi che considera il silenzio come un atto negoziale: Crisuoli , Le Obbligazioni
testamentarie , Milano , 1956,pag . 503.; Perlingieri , Modi di estinzione dell’obbligazione
diversi dall’adempimento, op cit , pag 194 e ss.
143 Per la tesi che considera il silenzio come un fatto giuridico : Tilocca , La remissione del
debito , Padova , 1955 , pag 90.; Cicala , L’adempimento op cit , pag 193.
305
nella parte in cui fa riferimento al potere del creditore di stabilire
unilateralmente il termine. Ciò presupporrebbe che il termine
congruo fosse posto nell'esclusivo interesse del creditore, mentre
risulta evidente che esso è definito nell'interesse di entrambe le
parti. La fissazione unilaterale del termine da parte del creditore
contrasta con l'immediata efficacia della dichiarazione remissoria
e con conseguente carattere risolutorio dell'opposizione.
Non possono neanche essere applicati i criteri degli usi e
della natura degli affari contenuti nell'art. 1326 e 1333 c.c. in
quanto essi sono parametri, che pur presentandosi come elastici,
sono oggettivi, si pongono, cioè al di fuori del rapporto. La
congruità, invece, è parametro interno rapporto nel suo concreto
modo di essere e di svolgersi tra le parti, onde, a parità di usi e di
natura dell'affare, un medesimo termine potrà essere congruo a
seconda delle circostanze particolari che caratterizzano il
rapporto. La congruità, quindi, acquista un contenuto determinato
solo attraverso il riferimento al principio di correttezza e di buona
306
fede contenuto negli art.1175 e 1375 c.c., i quali indirizzano tutto
il nostro diritto delle obbligazioni.
Apparirà congruo, il termine che è lecito definirsi secondo
buona fede, in relazione alla natura e al modo di svolgersi del
rapporto. Dalla qualificazione del termine congruo come
espressione del principio di correttezza e buona fede , ne deriva
che non gli si può attribuire un carattere di decadenza. Esso
concretizza come modalità attraverso la quale viene scandito nel
tempo lo svolgimento del rapporto. Così strutturato, esso
costituisce un punto fermo nel mediare tra gli interessi
contrapposti tra dichiarazione implicita negoziale e l'assoluta
rilevanza oggettiva come fatto decadenziale.
La mancata opposizione, si presenta come degna di
rilevanza giuridica solo in quanto provenga da un debitore
astrattamente in grado di valutare e far valere il proprio interesse.
Solo se si dimostra che per tutta la durata del termine il debitore
ha avuta l'astratta capacità di effettuare la scelta tra l'opporsi o
meno alla remissione, la mancata opposizione produrrà il suo
307
effetto. L'unico necessario coefficiente soggettivo per aversi
opposizione è la capacità, in quanto essa non è operante durante il
termine in cui il debitore fosse incapace di vagliare la situazione
venuta a crearsi e conseguentemente prendere una decisione per
dare attuazione all'interesse che ritiene degno di tutela. Solo
Quando è riscontrata la capacità, l'opposizione può produrre
effetto, senza che possono avere rilievo i vizi della volontà tipici
del negozio giuridico.
Per cui l'inerzia del debitore si configura come fattispecie
operante sul piano strettamente oggettivo la quale non è mai
produttiva di efficacia se non è imputabile al soggetto agente.
Diversamente da quando accade per i meri atti giuridici, nei quali
occorre la volontarietà del comportamento, qui è necessario e
sufficiente che il soggetto possa non voler il comportamento per
tutta la durata del termine. Si attua, quindi, una sintesi tra le
opposte tesi in quanto per aversi un'opposizione produttiva di
308
effetti, è necessario che il fatto sia oggettivamente determinato e
soggettivamente imputabile144.
144
Giacobbe , Remissione del debito , op cit , pag 778 e ss.
309
IV CAPITOLO
DIRITTO (POTESTATIVO) AD ADEMPIERE DEL
DEBITORE
RILEVANZA
GIURIDICA
DELL'INTERESSE
AD
ADEMPIERE.
Il soggetto passivo può assumere l'obbligazione per una
serie di motivi, che si specificano in quelli che sono definiti gli
interessi del debitore, situati nell’ambito della sua
posizione
giuridica. Il debitore può assumere l'obbligo, nell'esplicito intento
di eseguirne il contenuto, e quindi condizionare la costituzione
del vincolo alla realizzazione della prestazione ; ma l'esigenza di
porre in essere la "cosa dovuta" può verificarsi nella fase
successiva (esecutiva) alla sua costituzione. Da ciò si deduce che
l'interesse ad adempiere assume una propria rilevanza giuridica
310
che può condizionare l'esistenza del rapporto dal momento della
sua nascita fino a quello della sua estinzione.
La sua esistenza, anche se non viene esplicitamente
prevista normativamente, acquista importanza per il ruolo che
l'interesse assume all'interno del rapporto obbligatorio, in quanto
riesce ad indirizzare e a condizionare la vita giuridica
dell’obbligazione. L'adempimento si configura come necessità
giuridica non solo per soddisfare l'interesse creditorio, ma anche
per realizzare la liberazione del debitore dall'obbligo, cosa che
non potrebbe avvenire senza che la prestazione possa essere
eseguita.
Non sempre all'interesse ad adempiere è stata attribuita tale
rilevanza giuridica, anzi e' stato sostenuto145 che esso rappresenti
un falso interesse, in quanto costituirebbe un paravento dietro al
quale si celerebbe l'unico vero interesse che il debitore è titolare
nell'ambito del rapporto: l'interesse alla liberazione. Ciò che
145
Per la tesi dell’inesistenza dell’interesse ad adempiere : Cicala , L’adempimento indiretto
del debito altrui , op. cit. pag 177 e ss ;Cattaneo , Mora del creditore , op, cit. pag 48.
311
veramente interessa al soggetto passivo, nel momento in cui
assume l'impegno di adempiere la prestazione, si specifica,
nell'intento di liberarsi al più presto possibile dal vincolo, con il
minore aggravio possibile.
L’unico interesse che possa essere ritenuto degno di
riconoscimento giuridico è l'interesse di
liberarsi dal vincolo
obbligatorio, di cui l'adempimento potrebbe significare solo un
possibile modo di realizzazione .
L'obiezione è, però, priva di fondamento, in quanto il
debitore può trovarsi in una particolare situazione obbligatoria per
la quale è sua necessità giuridica porre in essere la prestazione,
per essere successivamente liberato: non può prescindere
dall'attuazione del "bene dovuto "per estinguere l’obbligazione.
La pura e semplice liberazione non potrebbe essere sufficiente per
estinguere l'obbligo, in quanto esso potrebbe essere strutturato in
modo che solo l'attuazione della prestazione può liberare il
debitore definitivamente dal vincolo. In questo caso la liberazione
è strettamente connessa all'adempimento, anzi, la liberazione
312
senza adempimento non solo non potrebbe essere effettuata, ma
procurerebbe al debitore danni irreversibili di ingente consistenza.
Si pensi a colui che avendo assunto l'impegno di custodire
un determinato oggetto per un periodo di tempo, avrà tutto
l'interesse non solo di essere liberato alla scadenza del contratto,
dal vincolo, ma di restituire la cosa al suo legittimo proprietario.
Per cui l'interesse ha una sua importanza giuridica
all'interno del rapporto, che è legata alla sua stessa esistenza e non
al fatto che la sua lesione possa costituire il presupposto giuridico
per la nascita di una situazione di vantaggio inattiva146.
La sua esistenza giuridica sarebbe giustificata, solo dalla
previsione che la sua non attuazione dia vita alla costituzione
della figura giuridica dell'interesse legittimo, in cui acquisterebbe
rilevanza l'esigenza di essere liberato.
La normativa, quindi, sarebbe riferita alla sola figura
dell'interesse legittimo alla liberazione dell'obbligazione, i cui
146
Sostenitore della tesi della rilevanza giuridica dell'interesse ad adempiere come
presupposto per la costituzione di un interesse legittimo nel rapporto obbligatorio vedi :
Bigliazzi Geri, Contributo alla teoria dell'interesse legittimo nel diritto privato,
op.cit.,pag.197 ss.
313
mezzi predisposti sarebbero limitatamente utilizzati per la
liberazione, e non per l’adempimento.
Prescindendo dall'esame della disputa dottrinale che ha
come suo punto di riferimento l'ammissibilità della figura
giuridica dell'interesse legittimo nel diritto privato, questo
interesse non può essere considerato come destinatario di quei
mezzi giuridici predisposti dall'ordinamento per salvaguardare la
posizione debitoria da ulteriori aggravi.
Si effettua un discorso molto laborioso, per negare ogni
rilevanza giuridica all'interesse ad adempiere considerato nella
sua integrità, senza considerare la realtà giuridica in cui esso vive
e la funzione che assolve nel rapporto obbligatorio.
La tesi dell'interesse legittimo non riconosce la giusta
rilevanza giuridica dell'interesse in questione e non prende in
considerazione lo scopo di cui è titolare nell'ambito del rapporto
obbligatorio, in quanto lo pone solo come antecedente logicogiuridico, per la creazione della situazione di inattività. In questa
situazione viene considerato degno di riconoscimento giuridico la
314
sola liberazione dal vincolo, comunque essa venga effettuata,
prescindendo dall'attuazione dell'oggetto dell'obbligazione. Si
garantisce in questo modo solo la soddisfazione di un possibile
interesse di cui il debitore, ma non si potrebbe dire che in questo
modo si sia realizzata anche l’ulteriore necessità giuridica di
liberarsi della cosa dovuta.
Occorre circoscrivere l'indagine effettuata e concentrare
l'attenzione
sulla necessità di distinguere la liberazione,
comunque effettuata, e quella mediante adempimento, cioè con
la realizzazione della prestazione.
La lesione dell'interesse ad adempiere non determina la
nascita di una nuova situazione soggettiva, ma costituisce il
presupposto per l'attuazione di quei mezzi giuridici previsti
dall'ordinamento, al fine di realizzarlo.
Il debitore, infatti,
nell'ipotesi in cui non riesce a porre in essere la prestazione, può
agire liberandosi dall'obbligazione utilizzando rimedi che possono
essere attuati con la semplice manifestazione della propria
volontà. Il soggetto passivo, utilizzando detti rimedi, modifica la
315
situazione di stasi creatasi per non aver potuto adempiere
l'obbligazione, attuando la prestazione e, conseguentemente
liberandosi dal vincolo . Per cui, analizzando il contenuto della
situazione soggettiva in cui il debitore si viene a trovare ,
abbiamo che egli può agire con la semplice manifestazione della
volontà per modificare una situazione di fatto precedentemente
creata. Si sono, così,
costituiti gli elementi normali che
caratterizzano la figura giuridica del diritto potestativo, che nel
caso di specie, si presenta come diritto potestativo ad essere
liberato mediante l'adempimento.
316
ADEMPIMENTO COME NEGOZIO IN BASE AL QUALE SI
ESERCITA IL DIRITTO ALLA LIBERAZIONE.
La conferma che il debitore è titolare di diritto potestativo
viene ad essere testimoniato dall’esame di ciò che costituisce la
funzione dell’adempimento, in base alla quale il soggetto passivo
può , nei termini previsti dal rapporto, modificare il suo status di
soggetto obbligato.
L'adempimento consiste in una manifestazione di volontà
che incide sulla sfera giuridica di un altro soggetto, determinando
l'estinzione del diritto altrui, ed esorbitando dalla normale sfera di
incidenza che caratterizza i rapporti privati, in quanto l'attività
negoziale di un soggetto privato è il "legem rei suae dicere". La
possibilità
giuridica
riconosciuta
al
soggetto
passivo
di
modificare mediante un atto unilaterale la sfera giuridica di un
altro soggetto, facendo venir meno il suo diritto, vuol dire che
l'agente è titolare di un diritto potestativo .
317
L'adempimento, presentandosi come un negozio mediante
il quale il soggetto passivo compie un atto che estingue l'altrui
diritto, deve configurarsi come esercizio di un diritto potestativo,
e precisamente un diritto del debitore alla liberazione.
Questo diritto alla liberazione ha in se i canoni del diritto
potestativo, in quanto si presenta come potere per il titolare di
produrre un mutamento giuridico, al quale corrisponde uno stato
di soggezione del soggetto attivo.
Nel diritto alla liberazione, infatti, si riscontra la possibilità
per il debitore di estinguere l’obbligo, ed contemporaneamente
soddisfare il diritto di credito del soggetto attivo, mediante
un’attività alla quale corrisponde non un obbligo ma uno stato di
soggezione, non potendo il creditore fare qualcosa per evitare
l’estinzione.
La realizzazione della cosa dovuta necessita di una serie di
operazione, la cui attuazione sono demandate esclusivamente alla
volontà del soggetto passivo, senza bisogno che il soggetto attivo
318
possa effettuare un’attività complementare, se non è richiesta
dalla natura dell'oggetto obbligatorio.
L’adempimento, inteso come negozio in base al quale un
soggetto incida sulla sfera giuridica di un altro soggetto per
estinguergli il diritto, si specifica nella particolare definizione di
negozio potestativo, e precisamente il negozio mediante il quale
si esercita il c. d. diritto potestativo del debitore alla
liberazione147.
147
Andreoli, Contributo alla teoria dell’adempimento , Padova , 1937 pag 87 e ss
319
ESISTENZA DEL DIRITTO POTESTATIVO DEL DEBITORE
A LIBERARSI MEDIANTE ADEMPIMENTO (TESI DI
RESCIGNO)
L'obbligazione
sorge
e
si
costituisce
in
funzione
dell'adempimento, il quale ha come fine ultimo quello di
realizzare l'interesse creditorio presente nel rapporto obbligatorio.
Durante lo svolgimento del rapporto, fino al momento
dell'attuazione della prestazione obbligatoria, si può attribuire al
creditore una semplice aspettativa di soddisfazione del proprio
creditore, e al debitore una corrispondente aspettativa di liberarsi
dal vincolo.
Nel momento in cui si esaurisce la fase di svolgimento del
rapporto obbligatorio che si pongono in essere i presupposti
giuridici atti a far diventare realtà l'aspettativa di cui i soggetti del
rapporto sono titolari.
Può però verificarsi che l'adempimento, per essere
realizzato, necessiti della collaborazione del creditore, il quale
320
non effettua ciò che gli è stato richiesto dal debitore al fine di
estinguere l'obbligazione. L'aspettativa del soggetto passivo di
essere liberato non viene attuata in quanto il titolare
dell'aspettativa di soddisfazione rimane inerte, cioè non chiede la
prestazione o si rifiuti di cooperare con il debitore per ottenere la
"cosa dovuta", o infine che non si preoccupa di dissipare una
situazione non corrispondente alla realtà, che possa pregiudicare
qualsiasi attività solvendi.
La scarsa sollecitudine del titolare del credito ad esigere o
accettare la prestazione non importa autonomamente decadenza
della pretesa, come per il debitore, la prontezza a porre in essere
le operazioni atte ad attuare la prestazione, non determinano la
liberazione dall'obbligo. La situazione di stasi che viene a crearsi
non può non essere presa in considerazione dalla legge, in quanto
essa pone i presupposti per creare una situazione di patologia del
rapporto, in cui viene lesa la posizione soggettiva debendi. Si ha,
infatti, un prolungamento del rapporto, in cui la posizione del
soggetto passivo subisce un aggravamento che non è contenuto
321
nel suo obbligo, ma si pone al di fuori di esso. E' in riferimento al
maggiore sacrificio che il debitore deve sopportare che si pone il
problema di qualificare la posizione del creditore rispetto alla
necessità di non aggravare la situazione dell'obbligato. Il soggetto
attivo, possiede, nell'ambito del rapporto, una posizione
soggettiva nella quale sono racchiusi una seria di poteri per
salvaguardare il proprio diritto alla prestazione. Questi poteri
possono essere utilizzati al sol fine di rendere possibile
l'attuazione del proprio diritto, quando il debitore non presti la
propria attività solutoria, ma non per oltrepassare il limite
determinato dalla propria sfera giuridica ed invadere quella del
soggetto passivo.
Nel momento che il creditore compie un determinato atto
che ostacola o non rende possibile l'attuazione della prestazione,
viola il principio generale dell'interlimitazione delle sfere
giuridiche; principio che obbliga a non ledere l'altrui sfera
322
giuridica
specialmente
quella
patrimoniale148.
L'avvenuta
invasione della sfera giuridica del debitore oltre i limiti della
natura del rapporto, con conseguente inasprimento della posizione
di soggezione debendi, urta contro un'altra regola di carattere
generale, contenuta nell'art. 1175, in base alla quale i soggetti del
rapporto obbligatorio devono comportarsi secondo le regole di
correttezza. Il principio di correttezza impone che i soggetti del
rapporto non alterano i termini costituitivi dell'obbligazione, con
comportamenti che sono contrari ai principi contenuti nel nostro
ordinamento. Aggravare, infatti, la posizione debendi, rientra in
quei comportamenti che tendono a modificare quelli che sono i
termini essenziali del rapporto, e come tale viola la normativa
148
Il principio di non ledere l’altrui sfera giuridica e' sancito dall’art. 2043 ,il quale pone
esplicitamente l’obbligo del risarcimento del danno, nel momento in cui si e' compiuto un
fatto doloso o colposo che abbia cagionato la lesione. Principio che si presenta come regola
che deve essere eseguita ogni qualvolta si costituisce un rapporto in cui necessiti la
determinazione di un' attivita' che deve avere effetti nell’altrui sfera giuridica . Nel momento
in cui si costituisce un rapporto obbligatorio, i suoi soggetti devono comportarsi in modo da
non alterare il contenuto dell’altrui posizione giuridica, cioè non invadendo l’altrui sfera
giuridica .
Per una verifica di quelli che sono i principi che regolano il rapporto tra il debitore e il
creditore vedi: Nicolo', Ipoteca, rinuncia del creditore in danno di terzi acquirenti, in Riv.
Dir: Civ. 1941, ;Carraro, Valore attuale della massima fraus omnia corrumpit, in Riv . trim.
dir. proc.civ.1949; Hartman , Urtersuchungen uber die Anwendbarkeit schuldrechtlicher
Normen auf dingliche Anspruche , Abh.aus dem ges. Handelsrecht, Struttgat, 1938.
323
generale
contenuta
nell’articolo
menzionato149.
E'
dalla
comparazione dell'art. 2043 e 1175 c.c., che si riesce a
comprendere la reale tutela che viene concessa al debitore contro
una situazione di fatto che viene ad essere creata dal soggetto
attivo. Questi sono i punti chiave per qualificare e definire la
posizione giuridica che l'interesse del debitore ad adempiere
l'obbligazione assume nell'ambito del diritto positivo.
Il creditore realizza un'attività che è di ostacolo
all'attuazione della prestazione, ponendosi al di là della propria
posizione
di
pretesa,
rappresentata
dal
fine
ultimo
dell'acquisizione del bene dovuto. In questo spazio che residua
dalla pretesa di richiedere la prestazione obbligatoria e lì dove
termina il comportamento dovuto, riprende vigore la libertà del
149
Il diritto tedesco, in riferimento all’argomento trattato, prevede una regola generale di
comportamento valevole per il debitore e per il creditore "wie Treu und Glauben mit
Rucksicht auf die Verkehrssitte es erfordern"e vieta espressamente l’abuso di diritto . Il
ZGB svizzero espressamente tratta l’argomento nell 'art 2 , I comma , il quale recita:
"Ciascuno deve agire nell'esercizio dei suoi diritti o nell’adempimento dei suoi doveri
secondo buona fede" La buona fede è prevista come canone interpretativo, cioè come regola
ermeneutica: in riferimento vedi: Grassetti, L’interpretazione del negozio giuridico,
Monogr. " Foro della Lombardia " Padova 1938 , pag 217 e ss ; Kreller ; in Arch fur die
civ, Praxis, 1943, pag 253
Considerazioni politiche di notevole importanza, relative alla vollige Verarmung del
debitore , viene svolta da Eckernforde, in Rechtspr.deutscher Gerichte, Zentral Justizamt fur
die brit. Zone, II, n.267, pag 51
324
debitore e acquista rilevanza il suo interesse ad essere liberato
mediante adempimento. Questo interesse, essendo stato leso da
un evento esterno, e acquisito valore giuridico, entra a fare parte
nel mondo normativo come diritto, e precisamente come diritto
potestativo ad adempiere.
La situazione di fatto venuta a crearsi in riferimento al
concretizzarsi, della volontà del creditore, pone il debitore in una
situazione giuridica soggettiva molto particolare, in base alla
quale il soggetto passivo ha il potere di eliminare l'ostacolo
postogli per mezzo della sua volontà.
Al debitore, infatti, sono riconosciuti strumenti giuridici atti
ad eliminare l'impedimento posto per la realizzazione della
prestazione, che possono essere attuati solo come una semplice
manifestazione di volontà in tal senso, con conseguente modifica
della situazione giuridica che si è venuta a creare.
Il creditore, dovrà solo subire gli effetti che l'esercizio del
diritto provoca nei suoi confronti, trovandosi in una posizione di
mera soggezione, poiché non può effettuare alcunché per
325
impedire la modificazione giuridica. Non avrà, infatti, uno
specifico obbligo di ricevere la prestazione150 in una semplice
facoltà racchiusa nel suo diritto di credito151, ma il creditore
dovrà solo accettare passivamente gli effetti dell'estrinsecazione
di un potere, espressamente riconosciuto per la tutela di una
determinata situazione giuridica.
La posizione di diritto che il debitore viene ad assumere
non può neanche essere smentita dalla considerazione della
inconciliabilità dei due termini di obbligo e potere. Qui il potere
che viene riconosciuto si pone al di fuori dell'obbligo, in quanto
l'interesse va collocato dove ha fine il contegno dovuto, in quello
spazio residuale in cui si segna il limite della posizione soggettiva
150
L’esistenza di un obbligo di ricevere la prestazione è stato sostenuto in funzione
dell’acquisita rilevanza giuridica dell’interesse ad essere liberato mediante adempimento, la
cui funzione è strumentale per la realizzazione del relativo diritto . In tal senso vedi : Bellini
sull’obbligo del creditore di presentarsi per l'adempimento dell'obbligazione ,op. cit., pag 30
e ss; Falzea, L’offerta reale e la liberazione coattiva del debitore, op.cit., pag 33 e ss
;Miccio, Delle obbligazioni in generale, op.cit.,pag 120 e ss.
151 L’inesistenza dell’obbligo del creditore di ricevere la prestazione è stata giustificata con
l’affermazione che nell’ambito del diritto creditorio non è possibile configurare una
posizione di subordinazione secondaria,in quanto è giuridicamente impossibile determinare
una situazione di diritto-obbligo. Per cui dal contenuto della situazione soggettiva attiva si
può evidenziare una semplice facoltà del creditore di ricevere la prestazione . In questo
senso vedi : Betti , Teoria generale delle obbligazioni, vol. II,pag 43 e ss.
326
di obbligo e in cui acquista vigore giuridico quella libertà
debitoria, la quale non può essere oltre modo compressa.
Il diritto acquista fisionomia giuridica laddove termine
l'obbligo, e si presenta come espressione di quella libertà di
azione che viene concessa al debitore ove i termini naturali del
rapporto obbligatorio vengano compromessi.
327
DIRITTO
POTESTATIVO
TESTIMONIATO
DALLA
DISCIPLINA DELLA MORA CREDENDI.
a) Dall'analisi dei requisiti essenziali della mora credendi si
rileva l’esistenza di un interesse ad adempiere del debitore .
L'ipotesi in cui il debitore viene ostacolato nel porre in
essere l'attività solutoria si ha quando il creditore rifiuti di
ricevere
la
prestazione.
Il
rifiuto
del
creditore
viene
esplicitamente previsto dalla norma contenuta nell'art. 1206, la
quale menziona l'ipotesi che il soggetto attivo non riceva il
pagamento offertogli o non compie tutto ciò che è necessario
affinché il debitore possa adempiere l'obbligazione. In termini
specifici si effettua una presunzione in cui il soggetto attivo pone
in
essere
prestazione,
un'attività
atta
a
impeditiva
determinare
alla
realizzazione
l’estinzione
del
della
vincolo
obbligatorio.
L'art. 1206 pone le basi normative per far emergere ed
acquisire rilevanza giuridica a quell'interesse del debitore ad
328
adempiere l’obbligazione, in quanto non si ha semplicemente la
previsione di una fattispecie
atta a determinare la semplice
liberazione del debitore dal vincolo obbligatorio. La normativa,
infatti, è molto chiara nel delineare il contenuto della fattispecie
astratta, in cui vengono presi in considerazione il contenuto delle
varie obbligazioni, proprio per avere una tutela completa
dell'argomento
trattato.
Si
parla,
infatti,
di
pagamento,
specificatamente menzionato in relazione al contenuto pecuniario
dell'obbligazione,
e
di
attività
necessarie
al
fine
dell'adempimento, in relazione a quel particolare oggetto
obbligatorio che è costituito da un'attività materiale (obbligazione
di fare, di consegnare, ecc.)
La legge, quindi, prende in considerazione l'interesse del
debitore ad adempiere nella sua rilevanza contenutistica, e
struttura l'intera normativa intorno ai possibili mutamenti che
detto interesse può subire, ponendo
la sua lesione come
presupposto
mora
per
la
nascita
della
del
creditore.
L'impossibilità ad adempiere l'obbligazione si presenta, infatti,
329
come l'unico motivo che possa giustificare la conseguente
applicazione della disciplina giuridica, posta a tutela del debitore.
A norma dell'art. 1206 c.c. è in mora il creditore che ritarda
ingiustificatamente l'adempimento del rapporto, trasformandolo
da una fase di normale svolgimento del suo iter perfezionativo, in
una fase patologica. Il non effettuare l'attività richiesta per
realizzare la prestazione si pone come ostacolo alla liberazione
del debitore dall'obbligazione, invadendo e ledendo il contenuto
della sua sfera giuridica. Il creditore non ha un vero e proprio
obbligo a riceve la prestazione, in quanto non è possibile ritenere
che il soggetto titolare di una pretesa abbia come contenuto un
generale obbligo di ricevere la prestazione. Se non ha un obbligo
di ricevere la prestazione non ha neanche la facoltà di aggravare o
di impedire l'attuazione della prestazione in quanto ciò non si
colloca all'interno della sua posizione soggettiva, ma al di fuori di
essa.
Il comportamento del creditore, superando la propria sfera
giuridica, invade quella del debitore, incurante del rispetto di quei
330
principi generali del nostro ordinamento che impongono di agire
secondo correttezza. Violando i precetti del nostro codice
contenuti nell'art. 2043 e 1175 c.c., il comportamento del
creditore si pone come antigiuridico e illecito, causa di un danno
ingiusto, e come tale necessita di un immediato risarcimento.
L'effetto previsto si specifica nella normativa della mora, in cui il
creditore deve risarcire il danno derivato dal rifiuto di porre in
essere l'attività necessaria all'adempimento.
L'art. 1207 c. c. prevede, nel suo 2° comma, esplicitamente
la sanzione del risarcimento del danno causato dalla mora, a
conferma del carattere antigiuridico del comportamento credendi,
che è causa della lesione dell'interesse debendi ad porre in essere
la prestazione .
La rilevanza giuridica dell'interesse debendi ad adempiere
emerge in quella zona che
costituisce il limite delle sfere
giuridiche soggettive delle parti del rapporto obbligatorio, proprio
a significare che ciò che si richiede al soggetto passivo esula dal
contenuto dell'obbligo. Per aversi mora credendi è necessario che
331
il soggetto passivo abbia effettuato il contenuto del proprio
obbligo e che non vi sia un motivo legittimo che giustifichi il
rifiuto del creditore di ricevere la prestazione.
Ciò è confermato dall'inciso senza un motivo legittimo,
contenuto nell'art. 1206 c. c., il quale subordina la costituzione
della mora alla mancanza di causa di giustificazione che possano
autorizzare il creditore a rifiutare la prestazione e dagli art. 1208 e
1209 c.c., che prevedono il modo attraverso il quale il debitore
manifesta, senza ombra di dubbio, la propria volontà di realizzare
la prestazione.
La realizzazione dell'attività solvendi viene regolamentata
nei minimi particolari, e con modalità differenziate per garantire
l'attuazione dell'oggetto dei diversi tipi di obbligazione.
Si
richiede, infatti, che il debitore offra al creditore l'oggetto
dell'obbligazione, la cui operazione realizzativa si differenzia a
seconda che il relativo rapporto abbia per oggetto denaro o titoli
di credito, un fare o cose mobili da consegnare in un luogo
diverso dal domicilio del creditore. Nel primo caso si ha offerta
332
reale, consistente nel consegnare al creditore materialmente il
denaro o altra cosa mobile; nel secondo caso si ha offerta per
intimazione a ricevere, consistente in un atto a lui notificato nelle
forme prescritte per gli atti di citazione.
Il legislatore si è preoccupato di verificare la veridicità
della
dichiarazione
del
debitore
di
volere
adempiere
l'obbligazione, garantendogli il modo attraverso il quale poter
offrire la "cosa dovuta". In questo modo si è evidenziato
l'importanza giuridica dell’interesse del debitore
ad porre in
essere la prestazione e, nello stesso tempo, si predispone un
sistema normativo per garantire al rapporto obbligatorio di porre
fine alla sua esistenza giuridica nel modo ad esso più naturale.
Ciò che il legislatore vuole preservare, con la disciplina
giuridica in tema di obbligazioni è la realizzazione del contenuto
dell'obbligo per soddisfare la pretesa creditoria, concedendo al
soggetto attivo una incisiva tutela giuridica per attuare questo
scopo.
333
Nel momento in cui il soggetto attivo non pone l'atto di
cooperazione per garantire la realizzazione della propria pretesa,
siamo
al
di
realizzandosi
fuori
dell'ambito
della
tutela
concessagli,
quello spazio in cui la libertà del debitore
dall'obbligo acquista rilevanza giuridica. In essa l'interesse ad
essere liberato mediante adempimento si delinea nel suo assetto
normativo e entra a far parte del mondo del diritto. Il legislatore,
infatti, concede al debitore il potere di modificare la situazione di
inerzia in cui versa il creditore, attraverso una serie di strumenti
giuridici che lo liberano dal vincolo obbligatorio attuando la
prestazione. Per cui il soggetto passivo è titolare di un diritto in
base al quale, con la semplice manifestazione di volontà, può
agire in modo giuridicamente rilevante per cambiare una
situazione di fatto, creatasi da un evento a lui non imputabile.
Questo diritto assume, quindi, i caratteri costitutivi di un diritto
potestativo, che nella
specie si presenta come un diritto
potestativo ad adempiere152 l’obbligazione, che rileva il suo
152
Rescigno , Incapacità naturale e adempimento , Napoli , 1950 , pag 141 e ss
334
vigore giuridico nel momento in cui il creditore rifiuti l'offerta
del debitore di porre in essere la prestazione.
Ciò è testimoniato dalla disciplina della procedura di
liberazione del debitore, che costituisce il mezzo giuridico
concessogli per estinguere il vincolo attuando la prestazione.
b) La procedura di liberazione: il deposito. Realizzazione del
diritto potestativo del debitore ad adempiere l’obbligazione.
Il debitore vuole adempiere all'obbligazione, ma non può
farlo perché il creditore frappone un ostacolo: non realizza ciò
che gli è richiesto per far si che la prestazione venga attuata.
Il soggetto passivo, si avvale della procedura dell'offerta
della prestazione per fare in modo che il suo interesse di
adempiere l'obbligazione sia conosciuta e considerata degna di
tutela giuridica da parte dell'ordinamento.
Effettuata l'offerta reale, o l'offerta per intimazione a
seconda
dell'oggetto
della
prestazione,
335
il
debitore
ha
materialmente esaurito il suo compito; ha, cioè, realizzato il
contenuto dell'obbligazione.
Il creditore, però, può continuare nella sua attività
impeditiva e può ulteriormente aggravare la posizione del
debitore rifiutando l'offerta reale. E' in questo momento che al
debitore è riconosciuto il potere di modificare la situazione di
fatto, creata dal soggetto attivo con il suo rifiuto, mediante l’unico
mezzo giuridico predisposto dall’ordinamento in tal caso: il
deposito della "cosa dovuta".
L’attuazione di questo rimedio giuridico presuppone
l’esercizio, da parte del debitore, di un diritto, che nell’ipotesi
menzionata si caratterizza come una potestà di realizzare
l’"oggetto dovuta". Per cui il diritto del debitore è essenzialmente
un diritto potestativo, la cui natura giuridica viene ad essere
rilevata dalla particolare posizione di soggezione che il creditore
si viene a trovare, nel momento in cui si ha l'estrinsecazione dei
poteri inerenti il diritto in questione.
336
Il debitore, infatti, presa conoscenza del rifiuto del
creditore diviene titolare di una specifica potestà di agire, con la
quale effettua un mutamento della posizione giuridica del
creditore, senza che quest'ultimo possa opporsi alle conseguenze
giuridiche che si verificheranno. Il soggetto attivo, infatti, non
può impedire al debitore di decidere di agire ed eliminare la
situazione da lui creata, ne può modificare gli effetti che la
mani60.zpiretamen16porsi alle 0 13.98 127.6 volidiche che si veecifeben.72hai agire,
Eseguito il deposito, quando questo è accettato dal
creditore o è dichiarato valido con sentenza passata ingiudicata, il
debitore non può più ritirarlo ed è liberato dalla sua obbligazione"
Si verifica, quindi, che una volta accertato il rifiuto, il
debitore è in grado di modificare la situazione di fatto creata dal
creditore decidendo di effettuare il deposito. Viene riconosciuto
così al debitore uno spazio giuridico necessario in cui la sua
libertà di agire acquista rilevanza, tale da poter essere titolare di
un potere (diritto) per uscire da una situazione che sarebbe per lui
molto sconveniente153. La realizzazione del suo diritto di porre in
essere la "cosa dovuta " si materializza con l'effettuazione del
deposito, che una volta effettuato libera il soggetto passivo
dall'obbligazione.
153
Per la tesi che sostiene che l’offerta reale è uno strumento giuridico per la realizzazione
del diritto potestativo del debitore vedi; Rescigno, Incapacità naturale e adempimento, op.
cit. pag 145 e ss
338
E' stato sostenuto154, che la previsione normativa realizza
un diritto del debitore, non ad adempiere, ma ad essere
semplicemente liberato dal vincolo obbligatorio. La differenza si
baserebbe sulla considerazione che il debitore ha un interesse
proprio ad essere liberato, indipendentemente dalla realizzazione
della cosa dovuta. Il deposito sarebbe solo una semplice
previsione per realizzare la liberazione, in cui la "cosa dovuta"
acquista un significato normativo di scarsa rilevanza.
E' facile obiettare che se il legislatore avesse preso in
considerazione il solo interesse alla liberazione, avrebbe
strutturato la norma contenuta nell'art. 1210 c.c. in modo
differente, concedendo la possibilità giuridica di sciogliere il
vincolo in modo anche differente dal porgere la "cosa dovuta".
L'analisi contenutistica dell'articolo menzionato dimostra,
invece, l'importanza che nell'ambito della procedura acquista il
154
Per la tesi che sostiene l'esistenza del diritto alla liberazione vedi
:Bigliazzi Geri , Contributo alla teoria dell’interesse legittimo , op. cit. pag
201
Cicala, L’adempimento indiretto del debito altrui, op. cit. pag 178 e ss
339
deposito. Esso consiste nel realizzare l'oggetto della prestazione,
cioè di porre in essere quel bene che, avrebbe dovuto soddisfare
l'interesse del creditore insito nel rapporto obbligatorio.
L'obbligazione si caratterizza per la presenza di una
prestazione da adempiere, che vuol dire porre in essere,
materializzare ciò che si è obbligati a compiere. Il soggetto
passivo, mediante il deposito, pone in essere il bene che in base
al vincolo giuridico si è impegnato di compiere. Per cui esso non
costituisce una semplice previsione normativa atta a realizzare la
liberazione, ma costituisce il modo specifico per attuare l'oggetto
obbligatorio: per adempiere la prestazione.
Una volta realizzato il deposito, cioè attuato l'oggetto
dell'obbligo, il debitore è liberato dal proprio vincolo giuridico,
realizzando il proprio diritto ad adempiere l’obbligazione.
Questa conclusione non può neanche essere smentita dal
fatto che il deposito deve essere dichiarato valido da una sentenza
passata in giudicata, in quanto essa ha una propria funzione
nell'ambito dell'intera procedura, che non può ledere in nessun
340
modo il carattere potestativo del diritto del debitore. La sentenza
di convalida non si pone come ostacolo per l'attuazione del diritto
del debitore, ma fornisce uno strumento per verificare la validità
giuridica della realizzazione del deposito.
Il deposito, infatti, assume nell'ambito della procedura
un'importanza formativa determinante per la realizzazione
dell’effetto liberativo, ed in riferimento a ciò il legislatore si è
preoccupato di regolamentare tutti i passaggi e i requisiti per la
sua attuazione. L'art. 1212 c.c. menziona, in modo molto
minuzioso i presupposti essenziali per effettuare il deposito, la
cui validità giuridica dipende dal rispetto di quei requisiti
contenuti in esso. Se, infatti, il processo verbale di deposito non
sia notificato, o se in esso non risulta la natura delle cose offerte,
e il rifiuto del creditore di riceverli, non si può avere una
procedura di deposito, valida giuridicamente.
Così come l’adempimento non estingue il rapporto
giuridico, se non è conforme al contenuto dell'obbligo, il deposito
341
non può produrre effetti se non è perfettamente valido nei suoi
elementi costitutivi.
La verifica della validità e della formalità necessaria per
attuare il deposito è demandata agli organi giudiziali. Questi
ultimi hanno lo specifico compito di verificare la rispondenza
della situazione di fatto dei requisiti previsti dalla normativa
vigente, per dichiarare la validità o l'invalidità della procedura
effettuata. Il loro compito si specifica nell'accertare la validità
giuridica delle operazioni effettuate, per cui la sentenza di
convalida non è altro che una sentenza di mero accertamento.
Essa, quindi. non smentisce, ne contraddice la natura giuridica del
diritto del debitore, ma si pone come un controllo di ciò che si è
verificato per garantire la certezza giuridica e il rispetto della
norme contenute nel nostro codice. Una volta verificato
l'accertamento, si sono compiuti i presupposti giuridici per
realizzare il diritto del debitore ad essere liberato mediante
adempimento.
342
LA
REMISSIONE
DEL
DEBITO
COME
NEGOZIO
GIURIDICO (TESI DEL TILOCCA).
La disamina contenutistica della remissione del debito pone
in evidenza che gli effetti giuridici provenienti dalla dichiarazione
di volontà del creditore sono
capaci da soli di estinguere
l’obbligazione. Da qui si deduce che il carattere negoziale della
remissione costituisce il presupposto della fattispecie, in cui solo
la volontà del soggetto è determinante per la realizzazione dalla
conseguenza legislativa. La perdita del diritto non è direttamente
contemplata della legge, ma è immediatamente collegabile alla
manifestazione volitiva del soggetto attivo, alla quale la legge
riconduce
gli estremi giuridici per
normativamente
previsto.
Essendo
il verificarsi dell’effetto
necessaria
la
sola
dichiarazione di volontà credendi per produrre l’effetto remissivo,
essa assume i caratteri strutturali di un negozio giuridico, e
343
specificatamente di un negozio unilaterale155. La conferma del
carattere unilaterale del negozio giuridico in questione è offerta
dall’esame teleologico dell'art.1236 c. c., per il quale lo schema
giuridico è predisposto per realizzare l’interesse negativo del
creditore di liberarsi dal suo diritto di credito, senza essere
soddisfatto. Nella sua struttura logico-grammaticale l’estinzione
è ricollegabile solo alla dichiarazione del subbietto attivo, mentre
l'eventuale dichiarazione del debitore di non volerne approfittare
costituisce un atto autonomo, che presuppone l’avvenuta
estinzione del rapporto obbligatorio. Riprova di ciò si ha nella
formulazione letterale dell’epigrafe dell’art 1236 c. c., in cui si
parla di "dichiarazione di " remissione del debito", confermato
anche dal contenuto della relazione ministeriale in cui si legge
155
La dottrina che ritiene che la remissione sia un negozio unilaterale vedi: Barassi, La
teoria generale delle obbligazioni op ,cit . pag . 183
Allara , Le fattispecie estintive del rapporto obbligatorio,Torino , 1952, pag 252 e ss
Trabucchi , Istituzioni di diritto civile , op.cit., pag 579
Nicolò, Il controllo sulle condizioni di validità di una dichiarazione negoziale da parte del
suo destinatario , in Foro It, 1948,I, 566; l’Autore , però , precedentemente
nell’adempimento dell’obbligo altrui , op cit , pag 245 , attribuiva alla remissione una
funzione convenzionale.
Per il diritto tedesco vedi:Oertmann, Kommentar zum B.G.B.,II, Recht der
Schuldverhaltnisse,1, Berlin, 1928, pag 430 e ss
Frisch ,Der Thonverzicht, Tubinger, 1906, pag 2 e ss
344
che "la remissione è un atto unilaterale e che la volontà del
debitore, pur non essendo senza effetti, non e' elemento di
perfezione del negozio. Supporto normativo è poi dato
dall’art.2726 c. c. che dispone: " le norme stabilite per la prova
testimoniale dei contratti si applicano anche al pagamento e alla
remissione del debito". In base al precedente indirizzo
giurisprudenziale la norma poteva essere applicata soltanto ai
negozi bilaterali, mentre, oggi, invece, in base al nuovo
orientamento dei giuristi, si ritiene che la remissione, pur essendo
un negozio unilaterale, può essere provata illimitatamente con
testimoni e con presunzioni.
345
L’unilateralità del negozio giuridico conferma
l’affermazione
giuridica della necessità che l'atto del creditore non può non avere
in sé il carattere della rinuncia156. Essa, infatti, si pone come un
156
Per la qualifica della remissione come rinuncia vedi:Pellegrini , Forma e prova della
rinuncia al credito semplice e ipotecario , in Giur . it. ,1938, I, 1, pag. 715 e ss
Pugliatti, Esecuzione forzata e diritto sostanziale, Milano, 1935 , pag,100 e ss
Santoro Passarelli , Dottrine generali del diritto civile ,op.cit.,pag 218 e ss
Teosca di Castellano , Remissione del debito , voce remissione , Nuovo Digesto Italiano ,
Torino , 1939 , pag 697 e ss
De Ruggiero , Istituzioni di diritto privato , vol. III, Messina -Milano , 1936 , pag 228 e ss
Salv. Romano , Autonomia privata , Milano , 1957 , pag 137 e ss
Falqui-Massidda , Adempimento di obbligazione civile o naturale , in Giur. It. 1966, I, 1,
pag . 18
Fadda e Bensa , Note alle Pandette del Windescheid,vol IV, Torino, 1930, pag 400 e ss .
Questi autori qualificano in via generale la figura giuridica della rinuncia come un negozio
unilaterale, anzi è proprio dovuta ad essi la prima compiuta critica alla tesi che afferma il
carattere contrattuale della rinuncia. Però, nella loro costruzione teorica effettuano una
simbiosi di diversi pensieri giuridici che distinguono le differenti correnti dottrinali, poiché
ritengono che il creditore, nel momento che dismette il proprio credito,favorisce il debitore
liberandolo, dando luogo a una donazione indiretta.
Piras, La rinuncia del diritto privato , Napoli, 1940, pag 42 e ss . L’Autore, pur inquadrando
la remissione nell’ambito della rinuncia , non attribuisce ad essa carattere essenziale,
ritenendo, invece, che il nostro Codice preveda sia la remissione unilaterale che contrattuale
.
La tesi dell’unilateralità della rinuncia e' stata confermata da Grasso e Dajana, Le servitu'
prediali, Torino, 1951, 832 e ss .In questo testo è stato sottolineato che se il proprietario e il
titolare della servitu' si mettono d' accordo, si fuoriesce dall’ambito della rinuncia; a
conferma di cio' che è stato precedentemente affermato.
Per il diritto francese vedi: Scillan, L’act abdicatif, Revue trim. de droite civile, 1966 pag.
693
Per il diritto tedesco .Kohler, Der Glaubigerverzug, in Arch.fur Burgerliches Recht,
III.1897. pag 267
Per l’indirizzo giurisprudenziale vedi : Cass.6 maggio1955, n.1272, Giur. It. 1957 , I , 1, pag
. 603 .Con questa sentenza la Corte ha riconosciuto che la remissione è una forma
particolare di rinuncia e che costituisce un negozio unilaterale , ma ha escluso che
l'intervento contrario del debitore potesse avere rilevanza giuridica nel condizionare
l’esistenza degli effetti remissori . Con una successiva sentenza ,20 ottobre 1958 n.
3355(Giur.It. 1959 , I, 1, pag 606 e ss ) la Corte di Cassazione ha affermato che la
dichiarazione del creditore esaurisce la struttura del negozio remissirio , che diviene
irrevocabile non appena è co unicata al debitore Tj10.02 0 0 10.02 0 0m(o)Tj10.02 0 652 319.49963 138.5997 0 e4 t
m
atto unilaterale irrecettizio, per il quale gli effetti giuridici si
realizzano immediatamente, non appena la rinuncia entra a far
parte del mondo giuridico.
E' stato sostenuto157 da una parte della dottrina che il
creditore, nel rimettere il credito, avvantaggia il debitore,
arricchendolo, facendo pervenire ad esso una liberalità . La
remissione si caratterizzerebbe come possibilità giuridica di
realizzare una donazione o una liberalità indiretta mediante la
dichiarazione di volontà creditoria di non voler più utilizzare il
proprio credito. La manifestazione volitiva del creditore di
distaccarsi dal proprio diritto non significa altro che realizzare il
presupposto per far si che il debitore possa beneficiare della non
realizzazione della prestazione, che in relazione al caso specifico
di liberalità solo indirettamente . Con una recente sentenza , 25 giugno 1960 n. 1674, la
Corte è ritornata alle affermazioni giuridiche contenute nella sentenza del 1955.
157 Per la qualifica liberativa o donativa della remissione vedi : Barbero , Sistema
istituzionale di diritto privato , vol II, Torino ,1955,pag . 242
Recupero, Remissione del debito e donazione indiretta , in Temi, 1955, pag. 95 e ss
Per il diritto francese vedi :Martin de la Muote , L’acte Juridique unilateral , Paris , 1951 ,
pag 297
Rajnaud, La renonciation à un droit. Sanature et son domaine en droit civil , in Revue trim.
de droit civil , 1936,pag 778 e ss
347
può assumere i caratteri d i una liberalità indiretta o di una
donazione.
La rinuncia al diritto non avviene senza un determinato
fine, in quanto ponendo in essere un vantaggio per il debitore, la
sua funzione si identifica con l'espressa capacità del soggetto
attivo di compiere una liberalità a favore del soggetto passivo; la
realizzazione di un simile scopo non fa altro che testimoniare che
la remissione produce come suo effetto principale una donazione
o una liberalità indiretta.
Guardando attentamente ciò che si vuole raggiungere con
questo istituto è facilmente obiettabile che la libertà di agire
presuppone il requisito della specifica intenzione di far
beneficiare ad un altro soggetto dell'oggetto in questione, mentre
non sempre il creditore, dismettendo, ha voluto avvantaggiare il
debitore.
348
L'evento della liberazione del debitore non è strettamente legato
a quelli che sono gli effetti dell'atto di rinuncia ma, ad ulteriori
cause che si verificano successivamente alla dichiarazione di
volontà del soggetto attivo. L'indagine si indirizza verso l'esatta
affermazione del contenuto della funzione
remissoria
che
coordinata con la sua struttura, potrà rendere in modo chiaro
come avviene l'effetto liberativo dall'obbligazione per il debitore.
Il creditore, ponendo in essere la dichiarazione di volontà, non fa
altro che dismettere il proprio credito con la possibilità per il
debitore di liberarsi dall'obbligazione. La perdita del diritto da
parte del soggetto attivo costituisce il risultato tipico ed esatto
della volontà del remittente, caratterizzando lo scopo
della
fattispecie. La remissione, infatti, rispetto al distacco del diritto
della sfera giuridica del creditore, si rileva lo strumento più
idoneo e preciso ad assolvere
questo compito, il quale
caratterizza e costituisce la sua struttura funzionale. Ciò si evince
anche dalla disciplina giuridica dettata dal codice vigente, il
quale assegna come causa della fattispecie una funzione
349
dismissiva. La disciplina positiva si comprende e si giustifica
solo in quanto si riconosce alla remissione una funzione
dismissiva poiché, gli eventi previsti dalla particolare normativa
possono avere una loro specifica spiegazione giuridica solo se
vengono ricondotti a questa definizione causale. Le diverse
ipotesi giuridiche che si possono verificare sono strettamente
collegate con questo tipo di struttura normativa di remissione, la
quale prevede la dismissione del creditore e, la liberazione del
debitore, che pur verificandosi nello stesso momento, rappresenta
una conseguenza riflessa e non logicamente consecutiva ad essa.
L'estinzione dell'obbligazione non sempre può essere considerata
come cosa gradita al debitore, soprattutto se quest'ultimo ha un
proprio interesse a porre in essere la prestazione. Nella maggior
parte dei casi il debitore è ben lieto di essere svincolato da
qualsiasi legame con il creditore, ma in altre occasioni, in
presenza delle più svariati ragioni, sia di ordine morale sia
professionali, egli potrebbe avere un rilevante interesse ad
adempiere l'obbligazione. La formulazione letterale dell'art.1236
350
c. c. sembra porre in evidenza proprio questo duplice interesse
alternativo del debitore, in quanto disponendo che "la
dichiarazione del creditore
estingue l'obbligazione" valuta
e
tutela l'interesse del debitore a conseguire sollecitamente la
propria liberazione ed aggiungendo "salvo che questi non
dichiari di non volerne approfittare" contempla ed apprezza
l'interesse dello stesso debitore a non subire la liberazione ed ad
attuare la prestazione.
Il legislatore, disciplinandoli espressamente, ha fissato tra gli
interessi menzionati una gerarchia ritenendo prevalente e
principale
l'interesse
adempimento,
e
a
conseguire
secondario
e
la
liberazione
subordinato
senza
l'interesse
all'adempimento. La gerarchia ha una sua spiegazione nella
valutazione che il legislatore effettua dell'importanza di questi
interessi nella dinamica del rapporto giuridico158. L'interesse ad
adempiere una valenza secondaria in quanto ha un'importanza
158
Sulla collisione d' interessi giuridici e sul corrispondente criterio di prevalenza :Merkel,
Die Kollision rechtmassiger Interesse und die Schadensverursatzpflicht, Strassburg, 1895 ,
pag.49 e ss
351
contenutistica legata al singolo evento giuridico, non essendo
elemento sempre presente nella formazione obbligatoria. La sua
realizzazione, quindi, necessita di una particolare manifestazione
di volontà in cui si esprime il proprio diniego ad ottenere un certo
effetto costitutivo, la quale viene a sua volta sottoposta a onere di
tempestività.
L'interesse più frequentemente ricorrente nel debitore, nel
momento che assume l'obbligazione, è quello di essere, il più
velocemente possibile, liberato dal gravame senza realizzare
l'adempimento.
Il legislatore ha previsto una tutela molto più efficace e
tempestiva per la realizzazione di questo interesse, prevedendo
che, una volta attuata la dismissione del credito, l'obbligazione
viene immediatamente estinta.
Nella pars credendi, invece, la remissione viene effettuata
come realizzazione del proprio interesse a distaccarsi dal proprio
diritto, senza che venga avvantaggiato nessuno, ne il debitore ne
il terzo.
352
Nella struttura remissoria non c'è spazio per una possibile
dichiarazione di volontà del soggetto passivo atta ad acquisire
valore di accettazione
della proposta effettuata dal creditore,
consistente nel non voler più utilizzare il proprio diritto.
Lo schema contrattuale159 è del tutto inadeguato per attuare
i fini legislativi presenti nella fattispecie esaminata, in quanto non
verrebbe realizzato ne l'interesse del creditore di conseguire
l'immediata liberazione dal proprio diritto, perché sarebbe
subordinata alla scadenza del termine congruo previsto per
159
Stolfi,Teoria del negozio giuridico,op. cit.,pag.50 e ss.; Betti,Teoria generale del negozio
giuridico edizione,op. cit.,pag.293; Pellegrini, Dei modi di estinzione delle obbligazioni
diversi dall'adempimento, in Commentario del Codice Civile,Libro delle obbligazioni
Vol.I° diretto da D'Amelio e Finzi, Firenze 1948,pag.1,3,4,e ss.; Vocino, Contributo alla
dottrina del beneficio di inventario, Milano, 1942, pag 317
Per la contrattualità della remissione sempre in relazione al codice inglese vedi :Gorla , La
rinuncia e il contratto modificativo, offerta irrevocabile nella civil law e nella common law,
in Riv.dir. comm.,1952, pag 343
Per il diritto francese :Breton , Thèorie gènèrale de la renonciatin aux droits rèels , in Revue
trim. de droit civil. 1928, pag. 261 e ss.
Per il diritto tedesco :Walsmann, Der Verzicht, Leipzig, 1912 , pag 179 e ss; questo Autore
ammette che in alcuni casi del diritto germanico la rinuncia può assumere la forma
contrattuale, sostenendo, però, che si attua una forma particolare di contratto, in cui il
soggetto rinunciatario avrebbe il modesto ruolo di aderire o di opporsi agli effetti realizzati,
e non quello di produrli in collaborazione con il soggetto rinunziante, non essendo posti su
un piano di parità.
Perché si possa parlare di contratto è necessario che le volizioni , oltre che dirette allo
stesso scopo, devono essere giuridicamente uguali, anche se poi di fatto e economicamente i
relativi soggetti si trovano su piani differenti : in questo senso vedi : Oppo,Adempimento e
liberalità, Milano, 1947, 407; Messineo, Dottrina generale del contratto, vol III, Milano,
1948, pag. 39
353
consentire al debitore di effettuate l’opposizione, né l'interesse del
debitore di ottenere l'immediata liberazione dall'obbligazione.
Nel caso in cui venisse accettato lo schema contrattuale
della remissione avremmo un'alterazione della tutela dell'interesse
in gioco, con evidente privilegio di alcuni rispetto ad altri. Si
pensi alle obbligazioni ad esecuzione continuata, in cui il debitore
sarebbe costretto ad adempiere le singole rate che vengono a
maturazione nell'intervallo di tempo intercorrente tra la
dichiarazione del creditore e la scadenza del termine congruo, con
evidente accentuazione della tutela riguardante la realizzazione
dell'interesse del subietto
passivo all'adempimento rispetto a
quello primario della liberazione immediata.
Con lo schema unilaterale, invece, trovano attuazione e
soddisfazione, nella propria rispettiva importanza legislativa, sia
l'interesse del creditore a distaccarsi dal proprio diritto, sia
l'interesse primario del debitore a conseguire la propria libertà
senza effettuare la prestazione, sia l'interesse secondario di
354
adempiere l’obbligazione, neutralizzando le modificazioni che si
verificano a seguito della dichiarazione di remissione160.
160
Tilocca, La remissione del debito In Nuovissimo Digesto, op.cit., pag.390 e ss.;
Benedetti,La struttura della remissione, Rivista Trimestrale di Diritto e procedura civile
1962 ,pag.1291 e ss.
355
OPPOSIZIONE DEL DEBITORE.
a) La sua natura giuridica.
La finalità della dichiarazione di remissione effettuata dal
creditore, costituita dalla abilità di estinguere l'obbligazione, non
sempre raggiunge risultato positivo, in quanto essa potrebbe
ledere un interesse del debitore, insito nel rapporto obbligatorio.
In determinati casi, il debitore può avere uno specifico interesse
alla conservazione della propria posizione, quindi, di effettuare
l'adempimento. Ciò è testimoniato dalla particolare formulazione
logica grammaticale, dell'art. 1236 c. c., che concede al debitore
di manifestare la propria opposizione ogni qualvolta non desidera
subire gli effetti della remissione.
L'atto di opposizione costituisce il mezzo attraverso il quale
il debitore rifiuta l'effetto dismissivo del debito, la cui
formulazione giuridica ha visto dissonanti contrasti dogmatici
messi al confronto.
356
Queste diverse costruzioni teoriche partono dal presupposto
che l'opposizione del debitore possa avere dei caratteri
determinati tali da poterla inserire in una o un'altra costruzione
normativa. Le posizioni teoriche che si pongono in termine
alternativi in quanto l'una considera l'opposizione debitoria o un
negozio giuridico161, in quanto necessita per la sua costituzione
una dichiarazione di volontà del soggetto passivo162, o un atto
giuridico in senso stretto, in quanto capace di effettuare un
autoregolamento degli interessi in gioco163. Il contrasto tra i due
diversi indirizzi dogmatici è più apparente che reale in quanto
l’autoregolamentazione non può estrinsecarsi se non attraverso un
atto di volontà, il quale, per acquisire rilevanza giuridica deve
essere capace di determinare un' alterazione nella sfera giuridica
del soggetto agente. Per cui l’autoregolamentazione e la
161
Per la tesi dell'opposizione come negozio giuridico:Stolfi ,Teoria del negozio giuridiche,
op cit , pag 1 e ss.; Cariota Ferrara , Il negozio giuridico , op cit pag75 e ss
162 Per la tesi che considera che l’atto di volontà definisce il negozio vedi :Pugliatti , Atto
giuridico e determinazioni accessorie della volontà ,in Riv. dir. civ. , 1937 , pag 37 e ss ;
Trimarchi , Atto Giuridico e negozio giuridici , Milano , 1940 ,pag.34 e ss.
163 Per la tesi che considera l’opposizione come atto giuridio:Betti , Teoria generale op . cit.
pag 50 e ss ; Scognamiglio, Contributo alla teoria del negozio giuridico , Napoli, 1950, pag
176 e ss .
357
dichiarazione di volontà sono elementi non possono
non
appartenere ad un' unica realtà giuridica, che nel caso di specie si
presentano come presupposti costitutivi di un atto negoziale.
Ciò è testimoniato dal fatto che affermando che
l'opposizione si costituisce attraverso una dichiarazione di volontà
non si fa altro che indicare l'aspetto formale e strutturale del
negozio
e,
ritenendo
che
essa
può
attuare
una
autoregolamentazione di interessi privati non si fa altro che
mettere in evidenza la funzione che il negozio giuridico
normalmente
svolge.
L'antitesi
tra
volontà
e
autoregolamentazione è del tutto inesistente, poiché nella loro
sintesi indicano la conseguenza di quel particolare atteggiarsi
della volontà che trova sua specifica collocazione nella forma del
negozio164. Per cui l'atto di opposizione non è altro che un
negozio giuridico in cui la dichiarazione di volontà assume un
particolare significato in riferimento all'effetto che deve produrre.
164
Sul particolare modo di atteggiassi della volontà nella ambito del negozio giuridico vedi:
Secret, Studi sul concetto di negozio giuridico , in Scritti giur. ,I, 1930, pag 333; Cariota
Ferrara , Il negozio giuridico , op. cit, pag 37 e ss.;Oppo, Adempimento , op. cit. pag 380
358
Il
legislatore,
infatti,
non
da
rilievo
a
un
qualunque
comportamento del debitore atto a determinare la sua sottrazione
dall'efficacia
remissoria,
ma
solo
a
quel
determinato
comportamento che costituisce l'estrinsecazione della sua precisa
volontà di non essere destinatario di detto effetto. L'art. 1236 c.c.,
infatti, recita " solo che questi dichiari di non volerne profittare",
nonché l'atto di opposizione è il mezzo di esternazione di una
precisa volontà di condotta, insiste in quel determinato processo
psicologico che dia luogo a una precisa violazione.
Dal punto di vista strutturale, l'atto di opposizione si
presenta come manifestazione di una precisa volontà che serve a
neutralizzare gli effetti remissori provenienti dalle contrapposte
dichiarazioni del creditore.
Il soggetto attivo pone in essere una manifestazione di
volontà, la quale ha il preciso compito di distaccare il diritto di
credito dal suo titolare, ponendo il debitore in una situazione di
riflessione al fine di attuare l'interesse di cui è portatore.
359
Egli ha la possibilità di agire alternativamente per
realizzare due distinti interessi: o la propria liberazione
dall'obbligazione, senza porre in essere la prestazione, o la
conservazione del proprio stato obbligatorio, con conseguente
necessità di effettuare l'adempimento. Il debitore è posto nella
scelta di realizzare uno dei due alternativi interessi, indirizzando
gli strumenti giuridici a favore di quello da lui ritenuto più degno
di tutela attuativa. L'opposizione verrà effettuata solo quando la
sua valutazione riterrà di dover realizzare l'interesse alla
conservazione
del
rapporto
obbligatorio
giuridico,
con
conseguente possibilità di effettuare l'adempimento.
Per cui dal punto di vista funzionale l'atto di opposizione si
presenta come avvenuta attuazione di una regolamentazione degli
interesse in gioco, con conseguente realizzazione di quello che in
relazione del caso concreto risulta destinato a non attuare
l'obbligazione.
360
b) L'atto di opposizione del debitore non è determinante per la
costituzione del processo formativo della remissione.
Al debitore è concessa la possibilità di dichiarare
esplicitamente di non accettare gli effetti della dichiarazione di
volontà del soggetto attivo di voler rimettere il proprio credito , in
quanto ciò potrebbe causare un danno, e non un beneficio, al
soggetto ricevente.
L'opposizione del debitore, assumendo la forma giuridica
del negozio, entra a far parte del mondo giuridico, con una
propria sua fisionomia e una propria efficacia che la consentano
di avere una propria vita giuridica, ponendosi al di fuori del
processo formativo della remissione. La normativa sulla
remissione, infatti,
prevede la nascita
dell’atto in termini
meramente occasionali, subordinando la sua costituzione al
verificarsi di determinati eventi, i quali sono caratterizzati da
particolari modalità
realizzative e temporali. La formazione
dell’atto dipende dal fatto che il debitore sia messo in condizione
di poter valutare l'importanza giuridica della situazione che si è
361
venuta a creare in seguito alla dichiarazione credendi, e la
necessità di manifestare la sua volontà al fine di eliminare detta
situazione. Per cui si può affermare che la dichiarazione di
remissione
costituisce
il
presupposto
normativo
per
la
costituzione dell’atto di opposizione, in quanto il suo scopo è
proprio quello di neutralizzare gli effetti giuridici provenienti
dalla disposizione del diritto del creditore. Per aversi opposizione
è necessario che la remissione sia già efficiente e operante,
avente una propria definizione giuridica, altrimenti non si
capirebbe come mai l'atto del debitore possa eliminare le
conseguenze da esse causate. Ciò si ricava dal testo dell'art. 1236
c.c. il quale prevede il verificarsi dell'estinzione dell'obbligazione,
senza che sia passato il congruo termine previsto per far si che il
rifiuto debendi possa essere manifestato e comunicato al
creditore.
La funzione dell'atto di opposizione si specifica nel voler
ricostruire il legame obbligatorio che è stato sciolto a seguito
della rinuncia del creditore al proprio debito, eliminando il suo
362
presupposto giuridico, quel qualcosa di reale, di già costituito, che
apparentemente sembra portargli un grande beneficio.
La non appartenenza dell'atto di opposizione al processo
formativo della fattispecie remissoria è confermato anche dal
modo di come si fronteggiano e si contrappongono i due negozi
giuridici provenienti dalle diverse manifestazioni di volontà.
Il negozio di opposizione entra nel mondo giuridico nel
momento in cui viene fatto conoscere al creditore, nell'intento
specifico di informarlo che gli effetti della sua dichiarazione di
volontà non produrranno conseguenze giuridiche. Si è infatti
ritenuto che la certezza giuridica necessita che il soggetto attivo
sia informato sugli accadimenti successivi, che possono alterare
la situazione giuridica da lui stesso creata.
Ciò implica che la remissione del debito è già operante e,
che il debitore ha un vero e proprio onere di comunicare a suo
carico, se vuole mantenere la sua specifica di soggetto passivo. A
tal fine è stato previsto un "congruo termine" la cui valenza
contenutistica si specifica nella possibilità giuridica del debitore
363
di vagliare l'importanza dei vari interessi in gioco, e di porli a
confronto per rilevare da essi un punto di riferimento per attuare
la propria decisione. Tutto ciò postula la certezza dell'esistenza di
una fattispecie giuridica integra nei suoi elementi costitutivi, i cui
effetti sono presi in considerazione e sottoposti ad esame per
confrontarli con una situazione di fatto dalla quale dipende la sua
successiva vicissitudine giuridica165.
165
Tilocca , Remissione del debito ,op.cit., pag 82 e ss .
364
EFFETTI
GIURIDICI
DELL'ATTO
DI
OPPOSIZIONE:
ESERCIZIO DEL DIRITTO POTESTATIVO DEL DEBITORE
AD ADEMPIERE LA PRESTAZIONE.
La valutazione degli interessi in gioco si
pone come
presupposto per la verificazione dell'atto di opposizione, il quale
ha come suo scopo principale quello di neutralizzare gli effetti
dismissivi della remissione.
L'opposizione
del
debitore,
infatti,
produce
immediatamente efficacia giuridica, non appena si realizza; è
operante senza bisogno di qualche atto o collaborazione del
soggetto attivo. Non ha bisogno di nessuna cooperazione del
creditore, che si ponga come antecedente logico-giuridico, come
il presupposto essenziale e giuridicamente rilevante per dar vita
alla sua costituzione. Il creditore, una volta venuta ad esistenza
l'opposizione del debitore, non ha la possibilità di renderla
inoperante, non ha la libertà di resistere nel suo intento
remissorio, ne ha la facoltà di bloccare sul nascere gli effetti
365
neutralizzanti dell'atto. Egli è costretto a subire l'opposizione
trovandosi in uno stato di perfetta soggezione, potendo solo
ricevere passivamente gli effetti provenienti dall'atto.
Ciò vuol dire che il negozio di opposizione non fa altro che
esercitare un diritto potestativo, in quanto l'effetto neutralizzante
deriva dalla volontà del soggetto passivo, incidendo direttamente
sulla situazione giuridica determinata dal creditore.166
Il diritto potestativo si caratterizza per la particolare
fisionomia del suo contenuto, per il quale il soggetto agente è
titolare di un determinato potere che esplica la sua efficacia in
base a una semplice manifestazione di volontà del suo titolare. Al
manifestarsi di questo potere corrisponde una modificazione della
situazione giuridica preesistente, in cui il soggetto titolare subisce
questo cambiamento senza che si possa fare alcunché per
166
Sulla definizione e sulla struttura del diritto potestativo vedi:Santoro Passarelli, Isituzioni
di diritto Civile , I, Napoli 1994, pag 47 e ss.; Rescigno, Manuale del diritto privato italiano,
Napoli , 1994, pag 263 e ss.; Messina, Sui cosiddetti diritti potestativi, in Studi in onore di
Fadda , VI,Napoli, 1906,pag 3 e ss.; Auletta, Poteri formativi e diritti potestativi , in Riv.
dir. comm. , 1939, pag 557; Sante Romano, voce"Poteri-potestà", in frammenti di un
dizionario giuridico, Milano 1953, pag 127 e ss., Falzea, La separazione personale, Milano,
1943, pag 127 e ss.
366
arrestare questo evento, essendo esso in uno stato di completa
soggezione nei confronti dell'evento realizzato.
Tutto ciò si verifica proprio in relazione al negozio di
opposizione ove si rileva che esso si perfeziona in base alla sola
volontà del soggetto passivo, eliminando la situazione giuridica
creata dalla dichiarazione del creditore di non volere più
utilizzare il proprio diritto di credito. Quest'ultimo, poi, non è
titolare di un dover di condotta a cui subordina l'attuazione del
diritto del debitore di opporsi alla remissione, ma è invece
costretto a subire l'eliminazione dell'efficacia remissoria, nei
confronti della quale si trova in uno stato di autonoma
soggezione, in cui non può effettuare nessuna attività positiva atta
a salvaguardare il contenuto della propria dismissione167.
L’atto
di
opposizione,
quindi,
esercita
un
diritto
potestativo, e precisamente il diritto (potestativo) del debitore ad
adempiere l'obbligazione. Ciò viene chiaramente evidenziato dal
contenuto dell'atto di opposizione e dalla rilevanza giuridica che
167
Tilocca , Remissione del debito , op. cit. pag 95 e ss.
367
del relativo interesse ad adempiere assume nell’ambito del mondo
giuridico, in virtù della
esplicita tutela riconosciutagli. Il
legislatore, infatti, riconosce esplicitamente che il debitore può
essere titolare di un interesse ad adempiere l’obbligazione, nel
caso in cui il creditore decide di non voler più utilizzare il proprio
diritto alla prestazione, garantendogli la possibilità di agire,
opponendosi alla remissione. Il legislatore considera l'interesse ad
adempiere degno di rilevanza giuridica, il quale entra a far parte
del mondo giuridico come diritto i cui dati strutturali si
evidenziano dal modo di manifestarsi dell’atto di opposizione.
Quest'ultimo
è
solo
lo
strumento
giuridico
predisposto
dall’ordinamento per garantire al soggetto passivo di esercitare il
suo diritto ed adempiere l’obbligazione.
368
ADEMPIMENTO DEL TERZO: IRRILEVANZA DELLA
DISCIPLINA
PER
DIMOSTRARE
L'ESISTENZA
DEL
DIRITTO DEL DEBITORE AD ADEMPIERE.(TESI DEL
CICALA)
La possibilità giuridica concessa al debitore di essere
titolare di un diritto ad adempiere l'obbligazione in particolari casi
e in previsione della rilevanza giuridica del suo interesse, non può
essere smentito dalla disciplina dell'adempimento del terzo.
Il diritto del debitore ad adempiere acquista rilevanza nel
momento in cui il soggetto passivo acquista libertà di agire,
utilizzando mezzi giuridici per realizzare la propria pretesa.
Tutto ciò non si verifica nell'ambito della normativa dettata
per
l'adempimento,
in
quanto
un'analisi
della
natura
dell'opposizione debendi, dimostra chiaramente che l'interesse di
369
cui il soggetto passivo è titolare non è quello di essere liberato
mediante adempimento168.
Un ' attenta analisi del contenuto dispositivo del 2° comma
dell'art. 1180 c.c. rileva la non appartenenza dell'interesse ad
adempiere alla fattispecie esaminata, in quanto si concede al
debitore la possibilità di esprimere la propria opposizione
all'intervento del terzo atto ad estinguere l'obbligazione. Qui si
riconosce al soggetto passivo solo di manifestare la propria
volontà negativa affinché il creditore possa prenderla in
considerazione e decidere di conseguenza.
168
Per la tesi che sostiene l’esistenza di un interesse ad adempiere del debitore nella
disciplina dell’adempimento del terzo vedi ; Rescigno, op. ult. cit., pag 115 e ss ,il quale
afferma esplicitamente che il legislatore ha tenuto conto delle molteplici esigenze che
possono spingere un individuo a contrarre un 'obbligazione , ravvisando nella normativa
dettata dagli art. 1180 , 1236 , 1206 , gli indici di un principio generale :la tutela
dell’interesse del debitore all’adempimento personale ed alla liberazione mediante
attuazione della prestazione. Ciò è valido soprattutto quando si ha un'obbligazione di
fare,nella quale l’interesse del debitore a prestare può essere più rilevante , sotto il profilo
morale e patrimoniale , dell’interesse a ricevere del creditore.
Questa tesi è rimasta isolata nell’ambito dottrinario ,non essendo supportata da un reale
rigore logico giuridico , in quanto si può facilmente sostenere che proprio nelle obbligazioni
di fare il debitore non può prestare se il creditore è contrario La tutela dell’interesse ad
adempiere non può essere menzionata tra i compiti della disciplina dell’adempimento , in
quanto non si garantisce al soggetto passivo quella capacità di agire, capace di dare effettiva
attuazione giuridica all’interesse menzionato. Ciò che viene preso in considerazione, invece,
è il riconoscimento della capacità giuridica del debitore di far conoscere al mondo del diritto
il suo dissenso, concedendogli la possibilità di manifestare la propria opposizione
all’intervento del terzo. La rilevanza giuridica riconosciuto all’interesse debendi , insito
nella norma contenuta nell’art.1180 , ha come sua caratteristica strutturale un riferimento
diverso da quello che si può evidenziare con la realizzazione della prestazione ,essendo del
tutto estraneo all’argomento trattato.
370
L'opposizione entra nell'ambito della rilevanza giuridica
come semplice manifestazione di intolleranza nei confronti di un
soggetto estraneo al rapporto, che vuole assumersi l'obbligo di
adempiere l’obbligazione. Non viene a delimitarsi quel margine
giuridico entro cui acquista rilevanza contenutistica la libertà del
soggetto passivo di agire, modificando situazioni di fatto venuti
nel contempo a verificarsi.
Non sono previsti opportuni mezzi giuridici atti a costituire
l’estrinsecazione di un potere, e la realizzazione di un diritto, atti
a realizzare l’oggetto del rapporto obbligatorio.
La previsione normativa si caratterizza per la sola necessità
giuridica di far conoscere al soggetto attivo la opposizione del
debitore, in base alla quale potrà decidere se accettare o meno la
prestazione del terzo.
Il creditore potrà, ma non dovrà, rifiutare l'adempimento
del terzo, nel momento in cui il debitore dichiara che l'attuazione
della "cosa dovuta"
da parte di un terzo potrebbe ledere il
contenuto della propria posizione di obbligo. Per cui, la natura
371
dell'interesse che sottende l'atto di opposizione è quello di non
adempiere l'obbligazione, ma quello del rispetto della propria
sfera giuridica169. Ciò che si provvede giuridicamente è che
l'effetto liberatorio non può verificarsi sempre, in tutti i casi, ma è
limitato da un atto, il quale entra e rimane nel mondo giuridico
come tutela di un interesse del debitore a non accettare un
possibile beneficio. Si ha l'applicazione di principio contenuto nel
noto bracardo "invito beneficum non datur" in base al quale un
soggetto può anche rifiutare il beneficio concesso da un terzo
estraneo.
La tutela normativa si presenta come il riconoscimento
della possibilità di far conoscere, a colui che dovrà determinare
gli effetti giuridici normativamente previsti, l'esistenza di questo
interesse. Esso, viene posposto nella sua realizzazione a quello
del creditore il quale se ritiene che il diritto alla prestazione possa
essere soddisfatto dall'intervento del terzo, lo accetta. La
previsione normativa contenuta nell'articolo non fa altro che
169
Cicala , L'adempimento del debito altrui , op. cit. pag 196 e ss
372
garantire il riconoscimento giuridico dell'interesse del debitore al
rispetto della propria sfera giuridica, e lo introduce nel mondo del
diritto con la semplice presunzione di essere realizzato. Non sono,
infatti, concessi mezzi giuridici inidonei ad escludere tour court la
possibilità che il terzo adempie l'obbligazione.
L'interesse, quindi non assurge a diritto, il cui esercizio
possa impedire che il soggetto estraneo intervenga, esautorando il
compito giuridico del debitore di realizzare la prestazione. E' stato
sostenuto170 che la possibilità giuridica di effettuare la prestazione
non viene compromessa dall’intervento del terzo, in quanto
quest'ultimo nell’adempiere la prestazione si surroga nei diritti del
creditore. Il soggetto estraneo assume immediatamente la veste
giuridica di soggetto attivo, non alterando la posizione di diritto
che in alcuni casi il debitore può acquisire.
La considerazione giuridica menzionata non è priva di
rilievo, ma non può costituire un principio generalizzato,
170
I sostenitori di questa tesi vedi:Carboni , Delle obbligazioni nel diritto odierno, op cit.
pag 191 e ss.; Miccio , Delle obbligazioni in generale , op. cit. pag . 48 e ss.
373
applicabile ogni qualvolta vi sia adempimento dell’obbligazione
da parte di un terzo. Ciò può verificarsi solo in determinate
occasioni, cioè quando il creditore, nel momento in cui concede al
terzo di adempiere, dichiara di volerlo surrogare nella propria
posizione creditoria.La surrogazione si pone come una possibile
conseguenza dell'autonomia privata, che trova la sua massima
realizzazione nel potere concesso alle parti di non determinare
solo la soddisfazione del creditore, ma di garantire al terzo la
possibilità di rivalere la sua pretesa nei confronti del debitore. Per
cui la ratio e la struttura della normativa in esame non sono in
grado di fornire un valido argomento normativo, per testimoniare
o smentire la verifica dell'esistenza di un diritto ad adempiere del
debitore. Esso si verifica quando si sono realizzati alcuni
presupposti che pongono il debitore in una situazione giuridica
dalla quale può uscire con il semplice potere di agire, eliminando
il pericolo di aggravio della propria posizione soggettiva.
Tutte le volte che si può riscontrare la previsione normativa
in cui il debitore si trova nell'ipotesi menzionata abbiamo la
374
realizzazione e la conferma della esistenza di un diritto
(potestativo) ad adempiere del debitore.
375
BIBLIOGRAFIA
Allara, Le fattispecie estintive del rapporto obbligatorio, Torino,
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Cass. 8 Febbraio 1986 n. 809 , in Giura. civ., 1986, I.
Tribunale di Roma, 11 luglio 1986 n .10931, in Temi Romani,
parte II, Giurisprudenza civile.
390
INDICE - SOMMARIO
I CAPITOLO
DIRITTO AD ADEMPIERE E RAPPORTO OBBLIGATORIO
Esistenza del diritto ad adempiere del debitore: spunti introduttivi
pag. 1
Il rapporto obbligatorio in generale
pag. 6
I soggetti del rapporto obbligatorio
pag. 12
Situazione soggettiva passiva e responsabilità patrimoniale
(art.2470 cod. civ)
pag. 18
La situazione soggettiva attiva : il diritto di credito
pag. 24
Teoria del debito (Schulde) e della responsabilità (Hftung)
391
pag. 33
Critica alla teoria del debito e della responsabilità
pag. 41
Le teorie patrimoniali e "il bene dovuto"
pag. 46
Le dottrine cosidette "personali": il comportamento del debitore
pag. 57
L’interesse del creditore
pag. 65
I diversi modi di soddisfazione dell'interesse creditorio
pag. 71
II CAPITOLO
CONFIGURABILITA' DI UN DIRITTO SOGGETTIVO AD
ADEMPIERE DEL DEBITORE
Tesi che riconosce l'esistenza di un diritto ad adempiere del
debitore
392
pag. 82
Diritto del debitore ad adempiere e correlativo obbligo del
creditore di ricevere la prestazione
pag. 91
Obbligo del creditore sulla base del
principio contenuto
nell’art.2043 c. c.
pag. 100
Obbligo del creditore formulato anche
in riferimento alla
disciplina codicistica contenuta negli art. 1175 e 1180 c.c
pag. 106
Natura dell'obbligo del creditore e del diritto del debitore
pag. 113
Mora Credendi
pag. 117
Le ipotesi di Mora Credendi
a)Mancanza di un motivo legittimo di rifiuto della prestazione
b) Parallelismo tra mora credendi e mora solvendi
c) Omissione dell’attività necessaria.
393
pag. 122
Facoltà e poteri inerenti al diritto soggettivo del debitore: art.
1207
pag. 137
Procedura
coattiva
di
liberazione.
Rimedio
giuridico
di
realizzazione del diritto soggettivo
pag. 141
La disciplina dell’adempimento del terzo:differenza tra il codice
del 1865 il codice del 1942 .
pag. 150
Struttura dell’intervento del terzo e natura dell’opposizione
pag. 157
I possibili interventi del terzo.
pag. 164
Le ipotesi di opposizione del creditore
pag. 172
Oggetto del diritto di credito: "il bene dovuto"
pag. 175
394
L'intervento del terzo non determina lesione del diritto del
debitore
pag. 179
Comportamento del debitore come oggetto del diritto di credito:
la teoria tradizionale
pag. 184
Diverso modo di considerare il diritto soggettivo rispetto alla
teoria tradizionale: adempimento del terzo come eccezione alla
luce della nuova concezione della natura del diritto soggettivo
pag. 188
Identità funzionale tra atto del terzo e atto del debitore. La non
lesione del diritto del debitore
pag. 191
Opposizione del debitore all’atto del terzo di agire mediante
procedura di liberazione
pag. 197
Remissione del debito : art. 1236 . La sua struttura .Realizzazione
del diritto del debitore
395
pag. 201
Remissione del debito rientrante nello schema del contratto
traslativo
pag. 209
Critica alla tesi della remissione traslativa
pag. 212
Remissione del debito come rinuncia
pag. 215
Opposizione del debito come possibilità di realizzare il suo diritto
ad adempiere
pag. 221
III CAPITOLO
INTERESSE DEL DEBITORE ALLA LIBERAZIONE
Critica alla tesi della configurabilità di un diritto soggettivo del
debitore ad adempiere e apertura verso una situazione
soggettiva d' interesse all’adempimento.
396
pag. 225
Configurabilità dell'interesse ad adempiere sulla base
della
disciplina dell’adempimento dell’obbligo altrui
pag. 234
Possibilità di riconoscere la categoria dell’interesse legittimo nel
diritto privato
pag. 240
Interesse legittimo del debitore alla liberazione in relazione alla
sua situazione soggettiva passiva nel rapporto obbligatorio
pag. 248
Interesse del debitore alla liberazione e la mora del creditore
pag. 255
Assenza del concetto di colpa come requisito della mora credendi
pag. 259
Assenza di un parallelismo tra mora credendi e mora solvendi
pag. 265
Impossibilità di riconoscere sulla base della disciplina codicistica
contenuta nell’art. 1175 l’esistenza di un obbligo del creditore
397
a ricevere la prestazione. Situazione di abuso di diritto
pag. 269
Analoghe conseguenze alla luce del dettato normativo ex art.
2043 c. c.
pag. 274
Situazione soggettiva del creditore in termini non di obbligo ma
di onere
pag. 279
Tesi della Bigliazzi Geri: situazione del debitore quale diritto
potestativo alla liberazione
pag. 285
Estinzione del debito come effetto diretto della remissione
pag. 290
L'opposizione del debitore produce effetto risolutivo della
remissione effettuata dal creditore
pag. 295
Interesse alla liberazione nel suo particolare modo di porsi nella
remissione
398
pag. 300
Il
silenzio:
la
non
opposizione.Realizzazione
dell’effetto
remissorio. Struttura e funzione del silenzio del debitore
pag. 303
IV CAPITOLO
DIRITTO(POTESTATIVO)AD ADEMPIERE DEL DEBITORE
Rilevanza giuridica dell'interesse ad adempiere
pag. 309
Adempimento come negozio in base al quale si esercita il diritto
alla liberazione
pag. 316
Esistenza del diritto potestativo del debitore a liberarsi mediante
adempimento (tesi di Rescigno).
pag. 319
Il diritto potestativo è testimoniato dalla disciplina della mora
credendi:
399
a) dall’analisi dei requisiti essenziali della mora credendi si
rileva l’esistenza dell’interesse ad adempiere del debitore
b) la procedura di liberazione: deposito. Realizzazione del diritto
potestativo del debitore ad adempiere l’obbligazione.
pag. 327
La remissione del diritto
come negozio giuridico (tesi del
Tilocca).
pag. 342
Opposizione del debitore:
a La sua natura giuridica
b)L'atto di opposizione del debitore non è determinante per la
costituzione del processo formativo della remissione
pag. 355
Effetti giuridici dell'atto di
opposizione:esercizio del diritto
potestativo del debitore ad adempiere l'obbligazione
pag. 364
400
Adempimento del terzo: irrilevanza della disciplina per
dimostrare l’esistenza di un diritto del debitore ad adempiere (
tesi del Cicala)
pag. 368
BIBLIOGRAFIA
pag. 375
GIURISPRUDENZA
pag. 389
401
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