DIRITTO AD ADEMPIERE DEL DEBITORE Di Luisa Rotondo I CAPITOLO DIRITTO AD ADEMPIERE E RAPPORTO OBBLIGATORIO ESISTENZA DEL DIRITTO AD ADEMPIERE DEL DEBITORE: SPUNTI INTRODUTTIVI. La cultura e l'esperienza giuridica insegnano che l'uomo tende ad unirsi con altri uomini per costituire gruppi sociali, in quanto vi sono interessi che non possono essere soddisfatti se non attraverso la collaborazione di più uomini. "Unus homo, nullus homo" affermavano gli antichi romani, proprio per sottolineare l'importanza che la collaborazione e la vita di relazione avrebbero avuto per lo sviluppo economicosociale, sia del singolo che della collettività. Le posizioni di signoria, di esclusività, presentandosi come situazioni di supremazia tutelate nei confronti di tutti, non possono essere sufficienti alla vita sociale, che si basa sulla collaborazione. Per la realizzazione di alcuni interessi si richiede la relazione di consociati, dando luogo alla nascita di un rapporto, che essendo riconosciuto degno di tutela dall'ordinamento giuridico, acquista la denominazione di giuridico1. Presentandosi come relazione di dare-avere, in cui il soggetto prestante è titolare di un obbligo e il soggetto ricevente titolare di un potere, questo rapporto viene denominato obbligatorio. Esso, o più semplicemente obbligazione, sta ad indicare una particolare categoria di situazioni nelle quali assistiamo al fenomeno per cui un soggetto si trova giuridicamente tenuto ad un dato comportamento nei confronti di un altro. L'obbligazione, quindi si struttura come una relazione in cui la posizione di 1 Trabucchi, Istituzioni di Diritto Civile, Padova, 1991, pag.470 ss. 2 subordinazione assume carattere peculiare, tale da costituire elemento di identificazione del rapporto. L'obbligo di effettuare la prestazione del soggetto passivo e nello stesso tempo il suo adempimento costituisce oggetto principale della tutela normativa. L'ordinamento giuridico si preoccupa che tale obbligo venga ottemperato nei modi e nei tempi stabiliti nell'obbligazione, concedendo al titolare attivo una serie di poteri e facoltà al fin di vedere scongiurato il pericolo della non realizzazione del suo diritto alla prestazione. Per cui il rapporto obbligatorio si presenta strutturato come la contrapposizione di due definite posizione soggettive: l'una costituita dal diritto del creditore di ricevere la prestazione e l'altra dall'obbligo del debitore di adempiere la prestazione. E' in questo contesto, in questa definizione della struttura del rapporto obbligatorio, che s’inserisce la problematica dell'esistenza di un diritto ad adempiere del debitore, accanto al citato obbligo. Si è discusso se il creditore sia vincolato alla prestazione se, sia tenuto ad avere un comportamento tale da dover ricevere la prestazione, e se il debitore abbia un vero e 3 proprio diritto a porre in essere ciò che sia necessario per attuare l'oggetto della prestazione. La natura e la struttura di questo diritto devono essere specificati in relazione a quella particolare posizione soggettiva che il debitore assume all'interno del rapporto obbligatorio, verificando se l'ordinamento giuridico concede al subietto passivo gli stessi strumenti cautelativi, per la realizzazione del suo obbligo, che concede al subietto attivo. Una prima differenza, riguardante gli strumenti concessi dall'ordinamento alle contrapposte parti, riguarda la tutela dell'interesse costitutivo del rapporto. Viene preso in considerazione come elemento funzionale soltanto l'interesse creditorio, mentre l'interesse debendi non solo non viene previsto e tutelato esplicitamente dalla normativa vigente, ma non si considera elemento determinante per la costituzione dell’obbligazione. La differenza di tutela svanisce del tutto se però, prendiamo in considerazione solo le posizioni soggettive del rapporto e se consideriamo l'elemento del debito e del credito inscindibili. 4 Partendo dall'inscindibilità degli elementi costitutivi ne deriva che le posizioni di debito e di credito sono uguali e paritetiche, concedendo al titolare attivo e al titolare passivo le stesse possibilità di realizzare successive scelte differenziate dei loro comportamenti in relazione al proprio interesse nel rapporto obbligatorio. Entrambi sono titolari di poteri e di facoltà giuridiche idonee ad attuare il proprio interesse e, quindi entrambe possono utilizzare questi poteri quando l'interesse viene leso. La possibile lesione dell'interesse debitorio costituisce il punto di partenza per la delineazione della posizione soggettiva di diritto ad attuare la propria prestazione, accanto alla principale posizione di obbligo2. La problematica sulla verifica reale esistenza e della configurazione di poteri e facoltà non può essere effettuata se non si esaminano gli elementi oggettivi e soggettivi del rapporto obbligatorio. La delineazione della posizione di diritto all'interno del rapporto obbligatorio può essere compresa 2 Barassi, Teoria Generale delle Obbligazioni, Vol.I, Milano, 1946, pag.65 ss. 5 solo se si effettua una disamina contenutistica sugli elementi che lo costituiscono, e in particolare, sul concetto di obbligazione. 6 IL RAPPORTO OBBLIGATORIO IN GENERALE. II codice attuale evita di definire il concetto di obbligazione, designando con tale termine una situazione giuridica complessiva, da cui emerge il dato caratterizzante della subordinazione del debitore. La proposta di scrivere una definizione esauriente di obbligazione venne avanzata al tempo della redazione del codice, nella prima relazione ministeriale del 1940, la quale contiene la formulazione del relativo concetto nell’articolo 1: "Obbligazione è un vincolo in virtù del quale il debitore è tenuto verso il creditore ad una prestazione positiva o negativa. Il tentativo di imitare l'insegnamento di qualche codice straniero, in particolare quello tedesco, che dedica una parte generale alla spiegazione del concetto di obbligazione, fallì per una serie di motivi. Si ritenne, in particolare, che la legge, nell'assolvere il compito di creare categoria e concetti giuridici, avesse prodotto effetti disastrosi se la definizione, avendo acquisito valore di norma, fosse stata applicata in un contesto non 7 giuridico; si temeva di concedere alla classe politica l'opportunità di utilizzare affermazioni di principio ricavate dall'ideologia dell'epoca3. L'obbligazione, non definita dal codice attuale ne da quello del 1865, doveva essere, quindi, sottoposta ad uno studio accurato per definire le caratteristiche strutturali e funzionali. La moderna speculazione giuridica, nell'assolvere questo compito, ha tratto insegnamento dai dati formati dalle fonti giuridiche romane, in quanto proprio i Romani dedicarono una particolare attenzione al momento obbligatorio del rapporto, inteso quale vincolo a carico del debitore. E' al Corpus Juris che bisogna riferirsi per intendere la natura giuridica dell’obbligazione e il posto che tale nozione ha nell'ambito del diritto moderno4. Nelle Istituzioni di Giustiniano il concetto era così descritto: "Obligatio est vinculum iuris quo necessitate adstringimur alicuis solvandae rei secundum nostrae civitatis iura" da cui deriva che l'obbligazione è un 3 4 Giorgianni, Le Obbligazioni, Catania, 1945, pag.14 ss. Longo, Diritto delle Obbligazioni, Torino, 1950, pag.473. 8 vincolo il quale si differenzia da tutti gli altri vincoli in quanto è riconosciuto dall'ordinamento giuridico. Le ultime parole di Giustiniano "secundum nostra civitatis iura", sottolineano la necessità di questo riconoscimento e l'importanza di esso in quanto funge da elemento di differenziazione e di identificazione di questo rapporto rispetto ad altri rapporti da cui discendono obblighi non giuridici, come ad esempio morali o di concorrenza. Ciò che caratterizza questo vincolo giuridico è lo stesso legame che esiste tra i soggetti del rapporto; l'etimologia della parola "obligatio" chiarisce il significato della sua natura, in quanto esso deriva da "ligure" che vuol dire legame che in base al riconoscimento giuridico diventa necessità5. Questa necessità si caratterizza come impossibilità di risolvere il rapporto per volontà di una sola parte, poiché si deve assolvere l'obbligazione anche contro la volontà di colui che ha assunto: a testimonianza di ciò Modestino ci dice: “debetor intelligitur is a quo invito exigi pecunia potest". L'obbligazione, 5 Trabucchi, op.cit., pag.473. 9 essendo un rapporto quo necessitate destrigiunur, ha in sé il carattere della coercibilità, in quanto l'inadempienza dell'obbligo comporta l'applicazione della sanzione giuridica prevista dalla norma. I doveri presenti nella vita di relazione sono molteplici, ma non tutti sono azionabili, coercibili, e in quanto tali, sono considerati irrilevanti per il diritto. Venendo meno la coercibilità viene meno l'obligatio, la quale viene così intesa per realizzare "alicens solvandae rei". Esso costituisce il contenuto dell'obbligo, la sostanza dell'obbligazione, dalla cui definizione di Giustiniano non è possibile rilevare quello che sono i suoi requisiti fondamentali. La definizione non è inesatta ma incompleta in quanto se per "solvere rem" si deve intendere il pagamento di una cosa naturale, si farebbe riferimento soltanto ad una particolare ipotesi di rapporto, non potendo assurgere come un punto fermo a cui far risalire tutte le ipotesi in cui un soggetto si obbliga nei confronti di un altro. A chiarire i dati caratterizzanti il contenuto del rapporto obbligatorio è di valido supporto la definizione di Paolo contenuto nel Digesto: "Obligatiorum substantia non in eo 10 consistit, ut aliquod corpus nostrum aut servitutem nostram faciat, sed ut alium nobis abstringat ad dandum aliquid vel faciundum vel prestantum: cioè "la sostanza dell'obbligazione non consiste nel fatto che sia nostra qualcosa di materiale o qualche servitù, ma consiste nel fatto che altri siano costretti a dare, a fare o a prestare a noi qualche cosa". La definizione è molto importante, poiché non solo enuncia la differenza tra diritti reali e diritti relativi, ma pone in evidenza la necessità giuridica del vincolo ed una migliore determinazione dell'oggetto dell'obbligazione. La parola "prestare" vuol dire stare per, stare innanzi ed è proprio da essa che deriva la parola tecnica "prestazione" con la quale si designa il contenuto dell'obbligazione6. La prestazione deve soddisfare l'utilità del creditore, comprende un dare, un fare o il non fare, e quindi può avere contenuto positivo o negativo. Quest'ultimo si caratterizza come oggetto immediato della prestazione ed oggetto mediato dell'obbligazione che deve essere adempiuto per garantire il raggiungimento dell'utilità creditoria. 6 Scuto, teoria Generale delle Obbligazioni, Napoli 1953, pag.8 ss. 11 L'adempimento della prestazione costituisce l'elemento che differenzia quest'obbligo da tutti gli altri obblighi giuridici, presenti nel nostro diritto, che devono essere semplicemente osservati. Per cui, l'obbligazione si concepisce come vincolo giuridico per mezzo del quale una persona ha diritto di esigere una determinata attività, in una data direzione. da un soggetto che deve realizzare l’utilità richiesta mediante l'adempimento della prestazione. Essa si caratterizza come contrapposizione di due posizioni soggettive, l'una di diritto della prestazione e l'altra di dovere che insieme all'interesse alla prestazione, determinano gli elementi costitutivi del rapporto. 12 I SOGGETTI DEL RAPPORTO OBBLIGATORIO. Per far si che l'obbligazione possa costituirsi è necessario la presenza di due soggetti distinti rappresentati da almeno un numero di due persone, che, nell'ambito del rapporto, assumono l'uno la qualità di soggetto attivo, denominato creditore, l'altro quello di soggetto passivo, denominato debitore. In alcuni casi la posizione di debitore o di creditore è caratterizzata da più persone e in questo caso si parla di obbligazione a soggetti plurimi o con pluralità di soggetti, che possono essere presenti nell'obbligazione al suo costituirsi, o successivamente, in quanto all'unico debitore o all'unico creditore si succedono più persone. La parola debitore si ricollega, nella sua origine etimologica, a dabere, cioè da da habere che vuol dire avere qualcosa per restituirla, ed in quanto tale, con essa si designa il titolare della posizione soggettivo di debito. La parola creditore deriva dal latino creditore, e racchiude in se l'idea di fiducia, di aspettativa di ricevere ciò che è stato dato. 13 Originariamente fu indicato con detto termine colui che avesse affidato ad altri qualcosa, oggi viene indicato il titolare della posizione soggettiva di credito, caratterizzata dalla legittima aspettativa che la prestazione venga eseguita7. Essendo titolari delle distinte posizioni soggettive, il creditore e il debitore non sono elementi costitutivi del rapporto, ma i suoi presupposti soggettivi di essi. La necessità che le posizioni di debito o di credito abbiano un loro titolare è dettato dalla regola generale dell'imputazione soggettiva delle posizioni giuridiche, secondo la quale ogni posizione giuridica è creata in funzione di un soggetto: così le posizioni di debito o di credito devono essere imputate al creditore e al debitore, loro rispettivi titolari. La necessaria imputazione si specifica nel principio di dualità del rapporto che impone la correlazione tra il titolare attivo e il titolare8. Il venire meno della correlazione determina l'estinzione dell'obbligazione per confusione in quanto nessuno può essere 7 8 Scuto, Teoria Generale delle Obbligazioni, Napoli, 1953, pag.195 ss. Bianca, Diritto Civile, 4, Obbligazioni, Milano, 1991, pag.49 ss. 14 debitore e creditore di se stesso; nessuno può essere contemporaneamente debitore e creditore dello stesso rapporto. Normalmente il rapporto obbligatorio si costituisce tra dati soggetti, ai quali è destinato a rimanere aderente, nel senso che una volta assunto l'obbligo esso inerisce l'individuo, la persona dell’obbligata. Esso, quindi, è di regola un rapporto a soggetti fissi, determinati, dai quali si può derivare quando la trasmissibili sia consentita dalla natura intrinseca dell'obbligo. Questo principio della determinatezza dei soggetti costituisce il carattere distintivo delle obbligazioni rispetto ai doveri generici, in quanto quest’ultima sussistano nei confronti di tutti i consociati regolando la vita di relazione. La determinatezza dei soggetti, quindi, caratterizza quel particolare rapporto in base al quale un soggetto è tenuto ad assolvere un dovere nei confronti di un altro soggetto per soddisfare l'interesse che quest'ultimo è portatore. Questo principio della determinatezza esprime il carattere di certezza del rapporto in quanto non potrebbe identificarsi il vincolo senza che le posizioni soggettive siano imputabili a 15 persone determinate. L'ordinamento, però, ammette la non necessità di questo principio obbligatorio ab inibito, cioè, al momento della costituzione del rapporto, ritenendo che la semplice incertezza iniziale della persona del creditore o del debitore non sia di ostacolo alla esistenza dell'obbligazione. E' concepibile che il soggetto sia inizialmente indeterminato, salvo che successivamente venga individuato in base a parametri certi che si possono ricavare sia dal titolo che dalla legge9. Per cui i soggetti possono essere non solo determinati, ma anche determinabili, la cui incertezza non incide sugli elementi strutturali della fattispecie, ma solo sul destinatario degli effetti. L’indeterminatezza è destinata ad essere rimossa dal verificarsi di un presupposto di fatto o di diritto o dal compimento di uno specifico atto rimesso alla volontà del debitore o di un terzo. Tradizionali ipotesi di obbligazioni a soggetto determinabili sono: la promessa al pubblico e l'individuazione della persona onerata da una liberalità testamentaria. Nel primo caso il codice afferma 9 Longo, Diritto delle Obbligazioni, Torino, 1950, pag.20 ss. 16 che quando taluno faccia promessa di eseguire una prestazione a favore di chi compie una determinata azione, è vincolata a tale promessa, se è resa in pubblico. Per la successiva ipotesi lo stesso codice ci dice, nell'art. 631, che è valida la disposizione testamentaria fatta a titolo particolare a favore di una persona che dovrà essere scelta dall'onerato. In entrambi i casi, una volta realizzato ciò che è previsto come termine costituito della fattispecie, l'obbligazione sarà conclusa tra persone determinate e come tale si adegua alle regole ai principi dell'ordinamento. L'indeterminatezza, quindi, come caratteristica soggettiva viene ad essere considerata esaustiva per l'esistenza dell'obbligazione solo se è transitoria, solo quando gli elementi di riferimento si verificano e il rapporto viene ad essere regolato dalla normativa generale. L'obbligazione a soggetto determinabile vanno, poi, distinto dall'obbligazione a soggetto incerto, ossia dalle obbligazioni di cui è incerto se il loro titolare è attualmente esistente o se verrà ad esistenza. La differenza si specifica nel fatto che il soggetto incerto rende incerta l'obbligazione, mentre 17 la determinabilità dell'individuo-parte non altera il carattere di certezza del rapporto. Esse si differenziano anche dalle obbligazioni ambulatorie che si hanno quando la persona dell'uno o dell'altro soggetto sia mutevole; la mutabilità del soggetto, infatti, non implica un vera e propria indeterminatezza poiché in ogni momento della vita del rapporto il soggetto è rigorosamente determinato in base ai parametri che la legge fornisce per l'individuazione di esso. 18 SITUAZIONE SOGGETTIVA PASSIVA E LA RESPONSABILITA' PATRIMONIALE (ART.2740 COD. CIV.) Il debito è la posizione soggettiva correlativa a quella di credito, e si presenta come l'obbligo di adempiere la prestazione per soddisfare l'interesse creditorio. Esso rientra nella categoria del dovere giuridico, che si specifica nella più ampia categoria del dovere di condotta, cioè nel dovere di tenere un dato comportamento. Il dovere giuridico si differenzia da tutti gli altri doveri in quanto è riconosciuto da una norma di diritto la quale fa acquisire valore giuridico al relativo rapporto. In esso la posizione di dovere si specifica nel particolare atteggiamento di subordinazione tenuto dal debitore per realizzare il risultato utile per la soddisfazione della pretesa creditoria10. Il contegno del debitore deve essere tale da raggiungere il risultato, oggetto dell'obbligo, in quanto soltanto un adempimento 10 Betti, Teoria Generale delle Obbligazioni, vol.II, Struttura dei rapporti obbligatori, Milano 1953, pag.47 ss. 19 esatto della prestazione può soddisfare il diritto del subito attivo. Per cui la legge detta precise regole per l'attuazione dell'obbligo, richiedendo in primus una diligenza media, in base alle quali si possa valutare l'esecuzione senza che al debitore venga richiesto qualcosa in più o in meno rispetto a ciò che è posto in obbligazione. L'art. 1176 ci dice: “nell'adempiere il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia”, volendo considerare come punto di riferimento l’esempio un uomo accorto, serio e parsimonioso. Ad esso, quindi, bisogna far riferimento nel valutare l'attuazione dell'attività solutoria, la quale quando non assolve in pieno il suo compito soddisfattivo determinerà inattuazione dell'obbligo. L'attività del debitore deve porre in essere esattamente il contenuto della prestazione, poiché in caso contrario vi sarà responsabilità per inadempimento. Proprio per questa particolare funzione di adempiere esattamente la prestazione che il dovere debitore viene definito come dovere di prestazione. Tale dovere, considerato come evento rimesso alla volontà del debitore, è il contenuto dell'obbligo. 20 L'inottemperanza dell'obbligo implica responsabilità patrimoniale, infatti, l'art. 1218 c.c. ci dice che "il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da cause a lui non imputabile"11. La salvezza contenuta nella seconda parte dell'art. 1218 testimonia la ratio di tutta la disciplina legislativa in tema di obbligazione in generale, pretendendo contegno debitorio corretto, diligente nell'adempimento, ma non tale da addossare sempre e comunque una responsabilità' patrimoniale quando è stato fatto tutto ciò che è stato richiesto per ottemperare l'obbligo. La responsabilità quindi, si presenta come conseguenza dell'inosservanza dell'obbligo. e la sua connessione con il debito si spiega come condizione per garantire la giuridicità del rapporto. Un obbligo totalmente sfornito di sanzione non è vincolante per il diritto in quanto non garantisce in tutti i casi la soddisfazione del relativo 11 Trabucchi, op.cit., pag.475. 21 diritto12. Dovere inadempimento di sono prestazione legati da e responsabilità da un atteggiamento di disapprovazione sociale nel senso che solo quando il dovere non viene adempiuto la responsabilità si definisce. Esso si presenta come garanzia del patrimonio dell’obbligata, poiché la legge concede al creditore una particolare tutela caratterizzata dalla possibilità di realizzare il proprio diritto sul bene del debitore. Il principio è formulato nella regola contenuta nell'art. 2740 c. c. in base al quale "il debitore risponde dell'adempimento dell'obbligazione con tutti i suoi beni presenti e futuri". Questa norma vuol significare che la garanzia del debitore si sostanzia su tutti i beni del debitore, non limitandola a una tutela presente, in base alla quale il diritto poteva essere realizzata solo sui beni presenti nel patrimonio debendi nel momento in cui la prestazione non veniva adempiuta, ma anche nel caso in cui detto patrimonio 12 Bianca, op.cit., pag.10 ss. 22 fosse aumentato13. Così come le obbligazioni che gravano sui soggetti non costituiscono un ostacolo per la crescita della consistenza patrimoniale, anche la garanzia dell'adempimento non si pone come limitata al momento del suo verificarsi ma si estende sui beni entrati a far parte del patrimonio dopo l'inottemperanza dell'obbligo. La possibilità concessa al creditore sui beni del debitore non vuol significare che il contenuto dell'obbligo sia costituito da un'alternatività tra adempimento del dovere e possibilità di lasciar fare o di lasciar prendere qualcosa nel patrimonio del subbietto passivo. Il rapporto rimare sempre strutturato come correlazione delle due posizione soggettive ruotanti intorno all'oggetto dell'obbligazione: adempimento della prestazione. Bisogna sempre distinguere l'obbligo del debitore dalla sua responsabilità che si specifica nell'applicazione della sanzione. Essa non è altro che la proiezione del diritto creditorio insoddisfatto sul patrimonio del soggetto passivo, e come tale 13 Rescigno, Obbligazioni (nozioni), in Enciclopedia del diritto, XXIX, Milano, 1979, pag.134 ss. 23 rappresenta solo un evento patologico atto a soddisfare l'interesse in gioco. 24 LA SITUAZIONE SOGGETTIVA ATTIVA: DIRITTO DI CREDITO. La posizione soggettiva di credito è caratterizzata dalla presenza di un soggetto, il creditore, titolare del diritto ad ottenere l'esecuzione della prestazione nei confronti di un altro soggetto ,il debitore, il quale ha il dovere di realizzare l'oggetto dell’obbligazione. Questo diritto, denominato diritto di credito, si specifica nel fatto che la prestazione dovuta dal debitore spetta, appartiene, al creditore, nel senso che solo questi può pretendere l’adempimento o ricavarne la titolarità verso altri. Questo diritto rientra nella categoria della pretesa giuridica, intesa come sicura attuazione dell'attività solvendi, e viene tutelato e garantito dall’ordinamento giuridico14. I mezzi concessi dalla norma per la realizzazione del diritto, nei confronti del debitore inadempiente, si giustificano in relazione alla particolare 14 natura di esso, essendo configurato Barassi, op. cit. pag.13ss 25 come diritto soggettivo. La negazione di tale natura muove dalla considerazione riduttiva della nozione di diritto soggettivo ,limitata ad esprimere una situazione di appartenenza di cose o di beni ,rispetto ai quali disporre della più ampia libertà di godimento e di disposizione. Se si guarda alla struttura del diritto soggettivo intesa come una posizione di vantaggio di un soggetto tutelata dall’ordinamento, non vi sono ostacoli ad affermare tale natura al diritto di credito, concepita come situazione in cui è garantita l'utilità o il beneficio derivante dall'altrui comportamento. La conclusione non può essere neppure smentita dall'originaria discussione dottrinale sulla configurazione della struttura diritto soggettivo come signoria assoluta sulle cose, e come tali tutelate nei confronti di tutti15. La configurazione di 15 Sulla disputa dottrinale riguardante la distinzione tra diritto reale e diritto di credito vedi: Tilocca , La distinzione fra diritti reali e diritti di credito , in Arch. giur., 1950 , pag 1-26;Sante Romano , Frammenti di un dizionario giuridico. Diritti assoluti , Milano , 1947, pag . 58 e ss ; Nella dottrina tedesca più recente si discute se la distinzione fra diritti reali e di credito debba conservarsi o meno vedi : Scheuerle , L'antigiuridicità come presupposto del risarcimento del danno extracontrattuale secondo il codice civile sovietico, in Ann. dir. com.XXIX,1953,pag 53 e ss. 26 detto diritto riferito solo al diritto reale viene superata se consideriamo il lato cosiddetto "esterno" del diritto di credito, rappresentato dal fatto che il credito assume il valore di bene non semplicemente giuridico, ma anche economico, avente una sua consistenza patrimoniale. Essendo acquisito come bene nel patrimonio del creditore, si presuppone la proprietà del credito, quindi la possibilità che esso diventi oggetto di usufrutto, di pegno, di qualsiasi diritto reale16. Prescindendo, però, dalla considerazione del lato "esterno" del diritto, che determinerebbe una considerazione paritaria, la natura di quest'ultimo si delinea nell'aspetto cosiddetto "interno", caratterizzato dalla presenza del debitore che deve eseguire la prestazione nei confronti del creditore, e che vede nell'immediata realizzazione dell’interesse, il segno rilevativo della struttura di un diritto soggettivo. Genkin , Obzor Zasedaiì sektora grazdauskogo prava , in Sovetskoe Gosudarsstvo i pravo ( Stato e Diritto Sovietico )1949, pag 75 e ss Il Tedeschi , La tutela aquiliana del creditore contro i terzi , in Riv. Dir. Civ. , 1955, pag 316 , sostiene che la predetta distinzione è invece ineliminabile . 16 Cicu, L'obbligazione nel patrimonio del debitore,Milano,1948 pag 5ss 27 Esso è costituito da un potere, attribuito alla volontà del soggetto e riconosciuto dall’ordinamento, per conseguire il soddisfacimento dei propri interessi. e da facoltà giuridiche, che sono manifestazioni del diritto stesso. La forza del diritto soggettivo che si fa valere proviene direttamente dalla norma, in base alla quale le facoltà giuridiche che lo ineriscono vengono ad essere attuate quando l'interesse costitutivo venga leso. Esse, quindi non lo precedono ne hanno una vita autonoma ma si verificano solo in un momento successivo a quello, potendo anche mancare senza che il diritto venga meno. Tenuto conto di ciò, è da osservare che il prius dell’obbligazione è costituito dal dovere giuridico imposto nell'interesse del creditore, al quale la legge attribuisce una serie di poteri verso l'obbligato, per la soddisfazione dell'interesse medesimo. La relazione tra le parti è particolarmente intensa, nella quale la posizione creditoria non può non essere considerata come una situazione di preminenza ,avente natura del diritto soggettivo, per la quale il diritto di credito viene ad essere considerato come prototipo del diritto 28 relativo17. Tale prerogativa si giustifica in quanto nel diritto di credito il carattere della relatività assume una maggiore definizione dei contorni, poiché la pretesa creditoria può essere fatta valere solo nei confronti di una o più persone determinate. La pretesa creditoria ha in se' il concetto di direzione obbligata, nel senso che solo il soggetto passivo e non altri è vincolato all’osservanza dell'obbligo, la sua attuazione è garantita solo verso il soggetto-obbligato18. Quest'ultimo deve adempiere l'obbligazione ponendo in essere una prestazione avente contenuto patrimoniale. L'art. 1174 c. c. ci dice che "La prestazione che forma oggetto dell’obbligazione deve essere suscettibile di valutazione economica....." per cui essa deve consistere in un bene che sia valutabile in danaro. La patrimonialità della prestazione non fa altro che caratterizzare il contenuto del diritto di credito, in base al quale esso viene qualificato come diritto patrimoniale. Così caratterizzata, la 17 Rescigno , voce obbligazione, in Enciclopedia del Diritto op. cit. pag.144. Di Maio , Delle Obbligazione in generale, in Commento del Codice Civile , a cura di Scaloja-Branca Bologna-Roma 1975 pag 141 ss. 18 29 prestazione, costituisce non solo l'oggetto dell’obbligazione, ma anche l’oggetto delle correlative posizioni di debito e di credito, in quanto essa è ciò che il debitore è tenuto ad eseguire e ciò che il creditore ha diritto di ottenere19. La considerazione che oggetto del diritto di credito sia la prestazione debitoria non è stata pacificamente ammessa, dando luogo ad vivaci dibattiti dottrinali sulla stessa concezione del diritto di credito, considerandolo ora come pretesa, ora come potere o come mera aspettativa. Le diverse concezioni partono da una differente valutazione dell'elemento patrimoniale o di quello personale, creando teorizzazioni contrapposte in cui essi assolvono il compito di termini strutturali. Un vivace dibattito si sviluppò nel secolo scorso nella dottrina tedesca, la quale pose come punto fermo l'impossibilità che possa costituire oggetto del diritto di credito la persona del debitore. A tale conclusione era pervenuto l’antico diritto romano in relazione al concetto di obligatio, in cui il vincolo si indirizzava nei confronti della persona del debitore, e il 19 Bianca , op cit.pag. 33. 30 podestà del creditore20. Se il cui corpo era assoggettato alla debitore non avesse adempiuto, il creditore poteva impadronirsi della persona dell'obligatus, riducendola in una condizione servile, disponendo di lui nella maniera che riteneva più opportuna, vendendolo, o addirittura, uccidendolo. Inserire nel nostro ordinamento un simile principio sarebbe assurdo e anacronistico e, non risponderebbe alla struttura dell’obbligazione moderna, in cui inadempimento, oggetto non è dell’esecuzione, in caso di la persona del debitore ma il suo patrimonio. Parlare ancora del credito quale diritto sulla persona, come faceva qualche rappresentante della Pandettistica, voleva piuttosto significare che il creditore ha un potere che si esercita su singoli atti della persona del debitore. Il Savigny, maggiore esponente di questa dottrina, aveva definito il concetto di obbligazione come signoria sopra la persona del subbietto passivo, non intesa come totalità , poiché resterebbe soppressa la personalità, ma sulle singole operazioni concepite come sottratte 20 Longo, op,cit. pag. 6 ss 31 alla sua volontà e posti nel dominio del creditore. In qualunque modo fosse stata strutturata, la formulazione del diritto di credito sulla persona veniva respinto in pieno, in quanto idoneo ad evocare una soggezione personale, in contrasto con i principi di libertà e di dignità dell’uomo. La prima alternativa alla concezione del diritto sulla persona fu rappresentata dalla tesi che ravvisa l’oggetto di detto diritto nei beni del debitore. Queste teorie, denominate patrimoniali, considerato come fulcro della loro ricostruzione non il dovere del debitore, ma il potere del creditore. Questo potere, infatti, caratterizza tutta l’obbligazione, poiché si manifesta quando il rapporto viene meno a causa dell’inadempimento del debitore, realizzando il contenuto del diritto patrimoniale. Quest’ultimo vuol dire proprio avere la facoltà giuridica di esigere ciò che è dovuto, la quale è protetta dall’ordinamento, ponendo a disposizione del creditore tutti i mezzi necessari per assicurare di avere nel suo patrimonio il bene oggetto del suo diritto o, un suo equivalente capace di 32 soddisfarlo21. La più preziosa e compiuta dimostrazione della prevalente importanza che, nella struttura del rapporto obbligatorio, occorrerebbe assegnare all’elemento patrimoniale venne dato da una corrente dottrinaria che venne denominata del debito e della responsabilità. 21 Giorgi, Le Obbligazioni,Firenze ,1924, pag. 35. 33 TEORIA DEL DEBITO (SCHULD) E DELLA RESPONSABILITA' (HFTUNG). Questa teoria ebbe largo seguito in Italia , oltre che in Germania, suo luogo di origine, il cui successo fu dovuto al modo con il quale essa riusciva al esporre l'aspetto centrale del problema della strutturazione dell'obbligazione: i riflessi della incoercibilità del dovere del debitore e la funzione dell'esecuzione forzata. Questa teoria prese spunto da una tesi del Brinz, il quale ha voluto mettere in evidenza che la persona del debitore ed il suo assoggettamento alla podestà del creditore non hanno rilievo alcuno per definire la sostanza del rapporto obbligatorio. Ed infatti, Egli afferma che l'attività debendi, nel momento che viene realizzata, non può essere oggetto della signoria del creditore, perché si esaurisce con l'adempimento; mentre, nel momento antecedente alla sua esplicazione costituisce un mero "quid ", appartenente alla sfera psichica del debitore. Per cui, oggetto della signoria creditoria non può che essere il patrimonio del 34 soggetto passivo, anzi il vincolo giuridico proprio nasce tra i due patrimoni dei soggetti costituenti le parti del rapporto obbligatorio. L'Amida, sviluppando ampiamente questa tesi e studiando le fonti giuridiche della Germania del nord, intese dimostrare che due elementi si possono distinguere e separare nel rapporto obbligatorio: uno di debito (schuld) e l'altro di responsabilità (haftung). Nei riguardi del medesimo creditore, infatti, il debito può risiedere nella persona del soggetto-obbligato e la responsabilità in una persona diversa; essere in debito non comporta necessariamente essere obbligato e, così pure essere obbligato non vuol dire essere debitori. Questa differente struttura degli elementi del rapporto obbligatorio è presente presso altri Ordinamenti e, in particolare fu sostenuta dal Partsch sull’antico diritto greco, dal Koschaker sull’antico diritto assiro- babilonese, ma la più esaustiva definizione del fenomeno è stata effettuata dai Romani, che formularono i termini di riferimento, presi come esempio dalla cultura giuridica moderna. Nell’antico diritto romano. tale distinzione esisteva, indipendentemente dal fatto che 35 il garante fosse un estraneo, infatti la figura del nexus fu realizzata proprio per dare attuazione alla responsabilità, in caso di inadempimento. In una figura più evoluta la garanzia dell'adempimento fu rappresentata dall’"obnoxiatio", che si presentava come forma particolare di autopignoramento, per il quale il debitore costituiva se stesso in pegno. Con lo scorrere del tempo, a Roma si istituì la prassi in base alla quale il debitore consegnava altre persone, che si chiamavano vades o praedes (garanti), a garanzia dell’adempimento del proprio debito. In base a questa forma di tutela, il creditore poteva rivolgersi direttamente al garante, per cui si verificava una situazione particolare mediante la quale chi aveva il debito non aveva responsabilità, cadendo sull’estraneo, il quale non era titolare dell'obbligo22. Secondo i fautori di questa teoria, quindi, l'obbligazione sarebbe costituita da due distinti elementi ciascuno dei quali avrebbe vita autonoma e darebbe luogo a dei singoli rapporti caratterizzati l'uno dal debito e l'altro dalla responsabilità. Il 22 Longo, op. cit ., pag. 8 e ss; Scuto, op. cit., pag 134 e ss. 36 casi di responsabilità senza debito che si dovrebbero ravvisare nell’ipotesi di un debito futuro o condizionato garantito da un rapporto accessorio di pegno o di fideiussione, in quanto mentre il debito non sussiste ancora si delinea la responsabilità del debitore; si possono altresì individuare separatamente la responsabilità di un soggetto e il debito di un altro , nel caso in cui si garantisca, con la costituzione di un pegno sulla cosa propria, un debito altrui. Tutto ciò è stato rivisto e ristudiato da brillanti esponenti della cultura giuridica italiana, tra le quali spicca, per coerenza teoretica, le ricostruzioni effettuate dal Pacchioni e dal Rocco. Il Pacchioni sostiene che i due elementi dei quali l'obbligazione si costituisce danno luogo a due diversi rapporti, ognuno dei quali è formato da una coppia di termini correlativi. Il puro rapporto di debito , infatti, sarebbe costituito da un lato dal dovere del debitore, che egli definisce di pressione psicologica in cui il debitore si trova, e dall’altro da una legittima aspettativa del creditore, che egli definisce come stato di fiducia di ricevere la 38 prestazione. Il rapporto di responsabilità sarebbe, a sua volta. Costituito da un lato da uno stato di assoggettamento, e dall’altro dal diritto del creditore di avvalersi di questo stato, per ottenere il valore della prestazione, ove quest’ultima non venga spontaneamente eseguita. Il creditore, in base al rapporto di rispondenza, ha un diritto di garanzia sui generis sul patrimonio del debitore, diritto che in un primo momento , cioè nel periodo in cui si costituisce il credito, avrebbe il carattere di un controllo gestorio, e che in un secondo momento cioè nel periodo che inizia l’inadempimento, esso si trasformerebbe in un vero diritto di aggressione diretta sul patrimonio. Nella prima fase il debitore si trova nella piena libertà e disponibilità di amministrare il proprio patrimonio ,pur essendo soggiogato psichicamente dalla norma giuridica , che gli impone l'adempimento; nella seconda fase, invece, contestata l'inadempienza, i creditori possono procedere all’esecuzione , nei modi che la legge ammette nei singoli casi. Il Rocco, invece, effettua un’esaltazione del diritto di credito, tale da portare alle estreme conseguenze la teorizzazione 39 della dottrina tedesca, definendolo come un vero e proprio diritto di pegno generale su tutti i beni del debitore. Il processo esecutivo non fa altro che realizzare un precedente diritto sostanziale del creditore, caratterizzato dalla possibilità di riscattare, e , quindi, di vendere i beni del debitore in caso di non attuazione dell’interesse. La sola nascita del rapporto obbligatorio porrebbe il creditore in una posizione di preferenza tale da veder garantito il proprio credito senza che il debitore abbia fatto nulla per non ottemperare il suo obbligo. Il contenuto del suo diritto assomiglierebbe ad un diritto reale, in quanto si indirizzerebbe nel confronti di tutti i beni, ed in quanto tale , realizzerebbe una tutela erga rebus , anziché erga homines. Assumerebbe i caratteri di diritto reale indeterminato, la cui esistenza giuridica è non solo opinabile, ma difficilmente dimostrabile, per cui il Rocco anziché parlare di questa configurazione giuridica, definisce il diritto di credito come un diritto di pegno generale (senza privilegio) sui beni del debitore. 40 CRITICA ALLA TEORIA DEL DEBITO E DELLA RESPONSABILITA'. Questa teoria ha subito suscitato molti dissensi in dottrina , in quanto la scissione dei due elementi del debito e della responsabilità costituenti differenti rapporti non è rispondente alla struttura dell’obbligazione, e anzi può apparire dannosa per le conseguenze che si vogliono trarre. Il debito e la responsabilità sono due aspetti, e non due elementi, dell’obbligazione e come tali non possono non appartenere al medesimo fenomeno giuridico Non si può essere debitori senza essere responsabili, non si può essere responsabili se non si è debitori: non esiste obbligazione giuridica se il debitore non possa essere in qualche modo costretto all'adempimento. L'argomento principale che si fa valere per dimostrare l’esistenza o la necessità della distinzione viene tratto dalla constatazione che vi sono casi in cui ricorre solo uno dei due elementi: cioè ipotesi di debito senza responsabilità , come le obbligazioni naturali, e viceversa, come 41 le obbligazioni garantite da pegno o da fideiussione. Gli esempi addotti dalla teoria non sono idonei a suffragarla in quanto le obbligazioni naturali, anche se si costituiscono come un rapporto giuridico, non sono un vincolo giuridico perfetto, mentre l’esempio della fideiussione ha fatto subito rilevare che essa pone in essere un secondo rapporto obbligatorio di cui è titolare una terza persona. In questo rapporto sono presenti entrambi i due elementi, sia il debito che la responsabilità, tanto è vero l’obbligazione fideiussoria può essere a sua volta garantita da un rapporto di carattere personale o reale, ed in quanto tale non può essere assunta come elemento probante. La conseguenza del verificarsi della responsabilità, rappresentata dalla sottoesposizione dei beni del debitore all’azione esecutiva del creditore, non è un carattere esclusivo e peculiare del fenomeno obbligatorio, ma deriva da un principio generale valevole per qualsiasi dovere giuridico. La violazione di questo dovere, infatti, con conseguente realizzazione del danno, trasforma automaticamente la responsabilità personale in patrimoniale; per 42 cui è la stessa struttura del dovere, oggetto dell’obbligo, che determina l’impossibilita' di effettuare la scissione dei due elementi23. Le stesse costruzioni teoretiche degli illustri esponenti della dottrina italiana sono state sottoposte a critiche, che si sono indirizzate sulla coerenza teoretica delle loro ricostruzioni. Il Pacchioni , dando maggiore rilevanza al secondo dei due rapporti, non fa altro che identificare come vero diritto di credito solo quello presente nel rapporto di responsabilità, in quanto solo in esso la posizione del creditore viene ad essere qualificata come diritto soggettivo. Ed ,infatti, Egli non solo evita di qualificare come diritto soggettivo la posizione del creditore nel rapporto di debito, ma ritiene che il diritto soggettivo è soltanto quello che attribuisce al titolare la podestà sul mondo esterno. Il diritto di credito viene ad essere considerato, quindi, esclusivamente come un potere sul patrimonio del debitore, che si caratterizza come potere di controllo prima, e di aggressione poi. In questo modo il 23 Miccio,Delle Obbligazioni in generale,Torino 1966, pag. 16 43 diritto di credito perde le sue caratteristiche strutturali, venendo a costituirsi come un potere immediato sulla cosa e come tale difficilmente distinguibile dai diritti reali. La costruzione teoretica del Rocco è apparsa azzardata anche ai fautori della teoria del debito e della responsabilità, non solo per aver completamente snaturato la configurazione del diritto di credito, considerando un diritto reale, ma in quanto vengono a mancare gli elementi caratterizzanti il diritto pignoratizio del creditore. Requisiti essenziali alla struttura del pegno la prelazione, che la legge accorda al creditore per essere privilegiato sul ricavato della vendita rispetto agli altri creditori, e lo spossessamento della cosa (o del documento rappresentativo) che assolve la funzione di pubblicità, analoga all’iscrizione dell’ipoteca. Entrambi gli elementi mancano nella ricostruzione fatta dal Rocco, in quanto si parla di un diritto di pegno generale, senza privilegio, per cui la sua ricostruzione pecca di coerenza 44 strutturale tale da escludere che il diritto di credito potesse rientrare in tale categoria giuridica24. I sostenitori della teoria del debito e della responsabilità non hanno fatto altro che mettere in evidenza l’aspetto patrimoniale del rapporto giuridico, nella consapevolezza che il creditore nell’assumere un 'obbligazione tende ad acquisire un bene economico. La prestazione obbligatoria deve essere suscettibile di valutazione economica, per cui il diritto del creditore, che tende ad ottenere la cosa dovuta, non può non contenere in se l’indice della patrimonialità. E' proprio su questo carattere della patrimonialità del diritto che parte della dottrina ha indirizzato la propria attenzione teoretica, sottovalutando del tutto l’elemento personale, dando vita a quelle che sono definite" teorie patrimoniali" del diritto di credito. 24 Giorgianni , Obbligazioni, op. cit., pag. 192 ss. 45 LE TEORIE PATRIMONIALI E IL "BENE DOVUTO" Le teorie patrimoniali che si sono succedute, nelle sottili disquisizioni circa l’oggetto del diritto di credito, sono legate a nomi prestigiosi della cultura giuridica, a partire dal Savigni e da Windscheid. Queste teorie considerano come fulcro del rapporto obbligatorio l’elemento patrimoniale, il bene oggetto della prestazione obbligatoria, che in quanto è sempre suscettibile di una valutazione economica. Essendo l'interesse creditorio soddisfatto dalla prestazione, ed essendo essa costituita da un oggetto valutabile in danaro, si è ritenuto che l’interesse potesse essere soddisfatto da qualsiasi mezzo, disposto dall’ordinamento, tra cui anche l’adempimento del debitore. Ciò che si garantisce è la realizzazione del risultato economico a cui il creditore tende , finendo per dare diversa rilevanza alle posizioni obbligatorie, con una maggiore considerazione del momento realizzativo, del diritto credendi rispetto a quello attuativo del dovere debendi. 46 Nell'ambito della struttura del rapporto, quindi, si è finito per accentuare il "dover ricevere" del debitore al posto del "dover dare" del debitore , volendo significare con ciò che l’obbligazione svolge la sua funzione e si esaurisce anche quando il dovere non venga osservato; mentre la caratteristica essenziale dell’obbligazione è costituita dalla necessità che il creditore raggiunga l'oggetto della prestazione, e non che il debitore adempia. Tenendo presente ciò che si comprende la ricostruzione dogmatica fatta dalla teoria facente capo al Koepen, il quale ha considerato l’obbligazione come un diritto al valore economico della cosa dovuta realizzabile sul patrimonio del debitore. Strutturando l'obbligazione in questi termini si evidenzia la possibilità pragmatica, per il creditore, di raggiungere l'oggetto del proprio diritto mediante esecuzione forzata, in quanto si realizzerebbe il valore in danaro della cosa dovuta. Per cui oggetto del diritto di credito costituito dal valore della cosa dovuta, la cui acquisizione può essere effettuata in qualsiasi momento, venendo ed essere 47 considerato come aspetto fondamentale, tale da giustificare la qualifica di diritto subbietivo alla posizione giuridica del creditore, la possibilità di realizzare coattivamente il valore della prestazione sul patrimonio del debitore25. E' stato però obiettato che l’esecuzione forzata garantisce solo l’equivalente in danaro del valore della cosa dovuta, percependo un surrogato di quello che costituisce oggetto dell’obbligazione e per il quale l’interesse creditorio può essere soddisfatto. L'obbligazione è strutturata per garantire al creditore l’acquisizione della cosa dovuta, oggetto della prestazione, e come tale deve entrare a far parte del suo patrimonio, e non come semplice somma di danaro, quale ricavato di una vendita. Il debitore è tenuto ad avere un dato comportamento che ha origine nel vincolo giuridico per realizzare un certo risultato, cioè è sempre tenuto ad assolvere una prestazione personale per garantire l’assunzione del bene giuridico nel patrimonio del creditore. E' in relazione a ciò che bisogna distinguere la 25 Giorgianni , op. cit. pag. 197 ss 48 prestazione dal suo oggetto, giacché prestazione vuol dire il contegno dovuto dal debitore, cioè il complesso dell’attività che deve svolgere per soddisfare il creditore, oggetto della prestazione, è, invece, il contenuto dell’obbligazione, il bene che il creditore attende. Si può affermare conseguentemente che l’oggetto è il risultato della prestazione vista dal debitore, mentre il risultato è l’oggetto della prestazione vista dal creditore; è chiaro che quest’ultimo mira al risultato del comportamento del debitore per soddisfare il proprio interesse26. Questo risultato non può non avere, come suo contenuto, il bene dovuto, per cui oggetto del diritto del creditore non può non essere che questo bene. Tutto ciò è stato sostenuto da insigni giuristi appartenenti alla teoria del "bene dovuto", in base alla quale, il diritto del creditore ha come oggetto, non l'atto del debitore, ma il bene giuridico al cui conseguimento l’atto è predisposto. Ciò che si vuole evidenziare è la finalità che l’ordinamento giuridico si pone attraverso il rapporto obbligatorio, cioè di far raggiungere al 26 Miccio, op. cit. pag. 4 ss.; Cicala , Saggi, Napoli, 1990 pag. 9 49 creditore il "bene ", la cui realizzazione viene demandata al debitore, ma non come l’unico strumento atto a realizzare l’interesse creditorio. L'attività solvendi viene ad essere considerata come un semplice mezzo, tra gli altri concessi dalla norma,per la realizzazione dell’interesse, il cui collegamento con il bene è sempre garantito. In questo modo perde il suo ruolo da protagonista il debitore, in quanto considerato mero strumento attuativo, fino a divenire una figura dai contorni assai ambigui, per cogliere il vero significato del metodo adottato. Lo spessore contenutistico della figura del debitore si dissolve del tutto nella teorizzazione effettuata dal Carnelutti, il quale pur essendo un sostenitore della teoria del bene dovuto, considera l’oggetto dell’obbligo del debitore non un comportamento positivo, di far pervenire al creditore il bene, ma di "pati" di lasciarlo prendere dal proprio patrimonio. In tal modo Egli giunge a parificare la posizione in cui la legge pone il debitore nei confronti del creditore, a quella che il debitore ha nei confronti dell’organo esecutivo 50 incaricato di apprendere forzatamente il bene. Il Carnalutti ricollega il "bene dovuto" al potere del creditore non nel senso che la legge garantisce il suo raggiungimento, ma nel senso più immediato per la realizzazione della propria tutela, cioè attribuendogli il diritto di agire in ordine al bene medesimo. E' facilmente comprensibile come il contenuto del dovere del debitore si riduca ad una semplice limitazione della sua libertà in ordine al bene, e cioè di permettere al creditore di lasciar prendere o godere il bene dal proprio patrimonio. La sua costruzione teoretica parte, dunque, dalla considerazione che il diritto del creditore è un potere in ordine alla cosa dovuta e che rispetto ad esso l’unica collaborazione che è possibile richiedere al debitore non può consistere che nell’astensione atta a permettere al creditore la realizzazione del suo potere sulla "cosa". Questa costruzione gli consente di dimostrare che l’esecuzione forzata rende attuato il contenuto del diritto del creditore, poiché anche rispetto ad essa il debitore è tenuto ad avere un comportamento di "mero pati". Tutto ciò è stato sostenuto senza modificare i termini del rapporto obbligatorio, 51 ponendo sempre la perfetta correlazione delle due posizioni soggettive, l’una di debito e l’altra di credito, essendo elementi costitutivi del rapporto obbligatorio. Una certa artificiosità teoretica, però, la si può riscontrare nella dimostrazione di ciò che costituisce oggetto dell'obbligazione e ciò che è oggetto del dovere, in quanto si è voluto distinguere un'attività eventualmente positiva del debitore dal suo comportamento di "pati". L'Autore, infatti, ritiene che l’eventuale attività positiva costituisce contenuto dell'obbligazione, mentre il comportamento negativo determina l'oggetto dell'obbligo, in quanto la prestazione sarebbe caratterizzata dal tollerare che altri (il creditore) possano godere i beni o le energie del debitore. Nell’obbligazione della collaboratrice domestica, ad esempio, la sua prestazione è caratterizzata dal fatto che il "dominus" usufruisce delle sue energie indirizzandole verso attività determinate, come cuocere le vivande o rifare i letti, mentre se ella non fosse obbligata le impiegherebbe per altri fini , o non le impiegherebbe affatto. Si ha, quindi, un’inusuale strutturazione 52 dell’inadempimento dell’obbligo, in quanto se il diritto del creditore si rivolge al bene, il comportamento di "mero pati "determinerebbe adempimento dell’' obbligo, mentre il verificarsi dell’attività positiva debendi costituirebbe un ostacolo all’esercizio del potere del creditore sul bene, determinando l’inadempimento dell’obbligo. La concezione carneluttiana si distingue per elaborazione teoretica, senza però che venga mai meno il dato caratteristico della struttura del rapporto obbligatorio che consiste nel collegamento del dovere del debitore con il diritto del creditore, dato che manca nella costruzione teorica di un altro esponente della teoria del bene dovuti, il Nicolò, il quale nega che il "bene dovuto " costituisca il punto di riferimento del dovere del debitore. Il contenuto di questo dovere sarebbe dato da un comportamento positivo o negativo, a seconda della natura della prestazione, il quale costituirebbe un mero mezzo per garantire al creditore il raggiungimento del bene dovuto, oggetto del suo diritto. Il dovere del debitore ha una vita, un compito completamente autonomo ed indipendente rispetto alla vita del 53 diritti del creditore, in quanto egli è tenuto ad avere solo un determinato comportamento, senza che esso sia in assoluto lo strumento per raggiungere la soddisfazione dell'interesse creditorio. Tutto ciò si può verificare facendo riferimento ai diversi modi d’estinzione dell’obbligazione, caratterizzati dalla non necessaria relazione tra i due termini del rapporto, come, ad esempio, nel caso dell’esecuzione forzata o dell’adempimento del terzo, nei quali si realizza il contenuto del diritto del creditore, ma non per effetto dell’attuazione del contenuto dell’obbligo del debitore. Si è anche rilevato, viceversa, che vi sono casi in cui il debitore compie il contenuto del proprio obbligo senza che venga contemporaneamente realizzato il diritto del creditore, come ad esempio avviene nel caso di pagamento fatto per errore al creditore apparente, e nel caso dell'offerta reale seguita dal deposito della cosa dovuta. L'assenza di una perfetta correlazione tra diritto e obbligo sarebbe dimostrata dalla considerazione che , se dal punto di vista strutturale sono paritetici, dal punto di vista funzionale si trovano su piani completamente diversi. Il dovere 54 del debitore eserciterebbe, rispetto al diritto creditorio, infatti , una funzione tipicamente strumentale, che in una fase preliminare si esprime nella garanzia che l’ordinamento giuridico assicura al creditore attraverso l’imposizione dell’obbligo, e successivamente, cioè quando l’obbligo viene adempiuto, esso determina un puro mezzo idoneo a realizzare il diritto; per cui tutta l’obbligazione è strutturata per garantire il conseguimento del bene dovuto, oggetto del diritto del creditore. Prescindendo dal diverso modo di strutturare lo stesso fenomeno, le contrapposte tesi sono accomunate dallo stesso risultato finale, cioè dall’affermazione teoretica in base alla quale l'oggetto del diritto del creditore sia costituito dal raggiungimento del "bene dovuto". E' proprio il risultato a cui perviene questa teoria che costituisce il principale elemento d’allontanamento dalla cosiddetta "teoria tradizionale" che pone al centro della 55 propria indagine l'elemento personale, il comportamento del debitore, considerandolo come oggetto del diritto del creditore27. 27 Giorgianni , op. cit . pag. 200 ss 56 LE DOTTRINE COSIDDETTE "PERSONALI": IL COMPORTAMENTO DEL DEBITORE Nell'ambito della dottrina contemporanea si assiste ad una rivalutazione della teoria tradizionale, la quale ritiene che l'oggetto dell'obbligazione sia costituito dalla prestazione e che essa consista nel dovere del debitore di assumere un determinato comportamento per poter soddisfare l’interesse creditorio. L’affermazione che l’obbligo del debitore abbia come punto di riferimento la prestazione e, che questa consiste in un comportamento del soggetto passivo è dimostrata dall’insieme delle regole giuridiche dettate per disciplinare il fenomeno dell'adempimento. La legge, infatti, caratterizza il contenuto del dovere debendi con elementi che riguardano il soggetto-debitore , imponendogli una certa diligenza nell’adempimento (art. 1176 c.c.) , ricollegando la sua responsabilità, per il ritardo, l’inesattezza o l'inesecuzione della prestazione, alla violazione dolosa o colposa del dovere (artt.1225, 1229, Comma I, 1228 57 c.c.), considerando fatti la cui esistenza rendono impossibile la realizzazione dell’obbligazione per causa a lui non imputabile (art. 1218)28. L'obbligo, avendo come contenuto la condotta del debitore, viene ad essere adempiuto solo con il suo verificarsi, senza che in qualche modo sia legato al risultato del suo comportamento. Ciò è dimostrato dalla considerazione che il debitore, realizzando il contenuto del suo dovere, è liberato dall'obbligazione, anche se il creditore non raggiunga il soddisfacimento del suo interesse, come avviene nel caso del pagamento fatto al creditore apparente o nell’ipotesi d’offerta reale seguita dal deposito, o da atti equivalenti. La teoria tradizionale non fa altro che invertire i termini teoretici della teoria del "bene dovuto", in quanto l’utilità' desiderata può essere realizzata solo se vengono posti tutti gli atti idonei a raggiungerla. Per cui il diritto del creditore non può avere come oggetto quest’utilità, il bene considerato, ma deve indirizzarsi nei confronti delle operazioni, cioè il comportamento 28 Rescigno , voce Obbligazione, in Enciclopedia del diritto, op. cit. pag.184 58 del debitore: diritto del creditore si dirige nei confronti della condotta debendi per raggiungere il bene. Tutto ciò si spiega in quanto il diritto di credito ha una natura eminentemente evolutiva, dinamica che caratterizza tutta la vita del diritto, che si presenta come un continuo modificarsi di stati, al fine di raggiungere il bene. Questa particolare propensione al bene testimonia lo stato di legittima attesa creditoria, in quanto il bene in questione non è ancora entrato nel suo patrimonio, ma fa parte della sfera giuridica del debitore, il quale se lo deve, vuol dire che n’è proprietario. Si verifica quel fenomeno generale per il quale il credito si presenta come moltiplicatore della circolazione dei beni, in quanto si verifica che il bene si trovi contemporaneamente nella sfera giuridica e patrimoniale di due distinti soggetti: quella del proprietario e quella del creditore del suo proprietario. Per cui il debitore (proprietario del bene) si pone come un divisore, come un distanziatore (diaframma) tra il bene ed il creditore, rilevando che il creditore non ha un diritto sul bene dovuto, ma ha un diritto ad avere il bene. La sua funzione è 59 quella di acquisire il bene che, una volta realizzata, fa si che il diritto diviene diritto sul bene ed, in quanto tale, si estingue. Il diritto di credito, infatti, ha carattere provvisorio in quanto vive e trasforma in un tempo limitato per l’acquisizione del bene, ed una volta che esso è entrato nel patrimonio del creditore, il diritto si distacca dal suo titolare e si dissolve; per cui se si ha la proprietà del bene non si ha diritto, se si ha diritto non si ha la proprietà del bene. Se il diritto di credito non è un diritto sul bene, è un diritto caratterizzato dalla necessità giuridica di avere il bene, che gli può essere assicurato solo da quelle serie d’operazioni debendi, che lo pongono in diretto rapporto con il bene. Ciò vuol dire che non solo il debitore è sempre tenuto ad avere un certo comportamento che atto a garantire l'acquisizione del bene, per cui solo quest’attività debendi può essere oggetto del diritto del creditore. In virtù del vincolo giuridico il debitore pone una limitazione alla sua volontà e alla sua libertà futura, in quanto dovrà tenere nei confronti del creditore un certo comportamento che costituisce la prestazione. E' ad essa che bisogna riferirsi 60 poiché da essa non si può prescindere per la realizzazione del diritto del creditore, in quanto egli è interessato solo al risultato di quella determinata prestazione. Si è obiettato il comportamento del debitore non può costituire oggetto del diritto creditorio, in quanto l'attività debendi inerisce la persona del soggetto passivo e come tale non può essere considerato come punto di riferimento del potere derivante dalla natura del diritto soggettivo. L'impossibilità che il diritto soggettivo possa avere come oggetto il comportamento del soggetto passivo è stato affermato con maggior forza nei confronti delle obbligazioni di fare che hanno come oggetto un servizio, un 'attività, il cui contenuto può essere del più vario compreso il semplice consenso. Esse, quindi, hanno come oggetto atti che si riferiscono alla persona del debitore, per cui il comportamento del debendi, essendo attività volontaria caratterizzata come atteggiamento della sua personalità, non può essere oggetto del diritto di credito. 61 L’obiezione è superabile se si considera la natura del diritto di credito e, soprattutto, quella del diritto soggettivo, in quanto il credito, per sua definizione, è caratterizzato dalla relatività, e come tale si dirige verso l'altro, il debitore, ma non è un diritto sulla persona-debendi. La natura del diritto soggettivo fa si che il soggetto sia titolare di un potere giuridico dal quale scaturisce una posizione di supremazia e che gli garantisce l'attuazione della tutela normativa, in caso di non realizzazione del suo oggetto. Stabilire i confini entro cui si può delineare il contenuto dell’oggetto è importante per stabilire se la posizione di preminenza può essere costituita, e quando il soggetto-titolare possa utilizzare il potere, senza che venga superato l'ambito d’applicazione della tutela giuridica. In particolari situazioni, così come non si può avere un potere sulla persona, non si può neanche parlare di potere sul patrimonio del subbietto passivo, in quanto la realizzazione della pretesa creditoria non può indirizzarsi su un bene determinato, poiché questo bene non esiste nella sfera giuridica debendi. Il ricco imprenditore, ad esempio, 62 che ingaggia un tenore, per far si che canti in una festa, non può non avere come oggetto del suo diritto il canto, cioè un'attività che riguarda una qualità personale del soggetto-debitore, che, come tale, non può mai essere considerata come bene esistente nel patrimonio debendi. Questo comportamento, se dal punto di vista dell’obbligo, viene considerato una limitazione della libertà dell'obbligato, non può essere considerato un valido argomento per giustificare l'impossibilità che essa diventi oggetto di diritto, soprattutto quando è dettato dalla libera scelta del soggetto adempiente. La particolare attività solvendi, infatti, se rientra nella sfera autonoma e disponibile di un determinato soggetto, e se quest’ultimo accetta di limitarla in cambio di una determinata controprestazione, non vi sono ostacoli a considerare come oggetto del diritto di credito quella parte d’autonomia privata della quale il soggetto si priva, mettendola a disposizione del creditore. Ulteriore conferma del risultato teoretico raggiunto è rappresentato dall’esempio dell’obbligazione negativa di non fare, che ha per oggetto l'obbligo del gestore di un cinematografo 63 di non proiettare un certo film nei giorni in cui questo viene programmato in una sala vicina. In questo caso è palesemente evidente che oggetto del diritto di credito del proprietario della sala cinematografica accanto non può non essere che il comportamento negativo di quel determinato soggetto. Vi è una perfetta correlazione tra adempimento dell'obbligo e realizzazione del diritto in virtù dell’attuazione del comportamento del soggetto passivo, mentre la mancata attuazione dell'obbligo implica lesione del diritto con relativa nascita del potere derivante dalla situazione di preminenza caratterizzante il diritto soggettivo. Il potere ha la sua funzione nel tutelare il creditore contro l’inadempimento, cioè nella possibilità giuridica di un risarcimento nel caso in cui si fosse verificato il danno. Esso rende giuridicamente possibile risarcimento del danno causato dalla violazione dell'obbligo, e come tale, quindi, s’indirizza non al comportamento ma alla responsabilità del debitore, per la quale risponde delle obbligazioni con tutto il suo patrimonio. Non c'è, quindi, incompatibilità tra il potere inerente al diritto soggettivo e 64 l'oggetto del diritto di credito costituito dal comportamento del debitore, potendo coesistere in una perfetta simbiosi giuridica29. La teoria tradizionale ha dato una rilevanza particolare al comportamento del debitore, inteso come oggetto del diritto creditorio, in quanto lo considera come l’unico modo per soddisfare l’interesse del creditore, a cui tutta l'obbligazione tende. La disputa dottrinale sulla determinazione di cosa potesse formare oggetto del diritto del creditore sottintende una più ardua problematica che come suo principale argomento teoretico la struttura e la funzione che l'interesse creditorio ha all'interno del rapporto obbligatorio. L'analisi della natura e dei differenti modi che possono determinare la realizzazione dell'interesse hanno posto un fondamento teoretico per la possibile verifica dell'esistenza del diritto, accanto all'obbligo, del debitore di poter attuare l'oggetto della propria prestazione. 29 Miccio , le Obbligazioni, op, cit, pag. 5 ss. 65 L'INTERESSE DEL CREDITORE. L'obbligazione presuppone che l'obbligo del debitore trovi il suo punto di riferimento soggettivo nell’interesse di un soggetto determinato che di tale obbligo risulti l'immediato destinatario. L’interesse, che in generale significa bisogno obiettivamente valutabile di usufruire di beni o di servizi, nel rapporto obbligatorio si specifica come elemento funzionale, in quanto tutta l'obbligazione è strutturata per realizzarlo. Esso è necessario nel momento in cui il rapporto si costituisce e durante tutta la sua vita, in quanto l’obbligazione non sorge se tale interesse viene meno o se la prestazione non è in grado di soddisfarla , e inoltre il suo venir meno è causa di estinzione dell'obbligazione. In maniera più incisiva l'interesse è stato definito come elemento fisionomico, cioè facente parte della sua fisionomia costitutiva e per la quale è destinato ad essere attuato dal dovere del debitore30. Il carattere costitutivo dell'interesse creditorio, e la sua rilevanza 30 Giorgianni , Obbligazioni, op. cit. pag. 58; Di Maio . Delle Obbligazioni op. cit. pag 265. 66 sulle sorti del rapporto, sono stati contestati da alcuni illustri giuristi, in quanto questi ultimi hanno dato maggiore rilievo al fatto che l'obbligazione perderebbe la sua certezza giuridica se dovesse dipendere da un elemento che attiene alla sfera interna del creditore, e che si presta ad essere difficilmente valutato. Questa obiezione è stata facilmente superata poiché si è ritenuto che il suo carattere costitutivo trova conferma in un principio che deve essere considerato basilare nel nostro ordinamento: ossia che tutti i diritti sono posizioni attribuite al soggetto per la tutela di un suo interesse. Espressione di tale principio e conferma del suo carattere costitutivo è contenuta nella norma che lo prevede, infatti l'art. 1174 espressamente sancisce "la prestazione deve essere suscettibile di valutazione economica e deve corrispondere a un interesse anche non patrimoniale del creditore." La formula legislativa distingue con chiarezza la prestazione, che forma oggetto dell'obbligazione deve avere carattere patrimoniale, dall’interesse, nei cui confronti essa si indirizza, che non deve essere suscettibile di valutazione economica. Dalla norma, quindi, 67 si possono distinguere due disposizioni: l'una riguardante la pecuniarietà della prestazione e l’altra riferita all’interesse. Una lettura frettolosa della norma indusse a ritenere che il carattere patrimoniale della prestazione non fosse un requisito necessario in quanto non lo era per l’interesse, per cui si arrivò a formulare il principio in base al quale la prima disposizione annullava la seconda. L'equivoco fu chiarito da esponenti di spicco della nostra dottrina , tra cui Scialoja, il quale sottolineò l’importanza normativa della distinzione e l’impossibilità di ricadere in stati confusionali di fronte al chiaro modo con cui è espresso l'art.117431. Il legislatore conferma, quindi, che l'obbligazione non è destinata soltanto a soddisfare gli interessi patrimoniali del soggetto, ma anche i suoi interessi culturali, religiosi , morali cioè i non patrimoniali; data l'infinita varietà di bisogni dell'uomo si conferma che il rapporto obbligatorio sia, più di ogni altro istituto giuridico, il più adatto a soddisfare questi bisogni. La funzione che l’obbligazione possa avere di soddisfare 31 Miccio op. cit. pag. 8. 68 un interesse non patrimoniale del creditore è riconosciuto anche nelle fonti romane, tra le quali un brano del Digesto XVII, 1 di Papiniano che ci narra :"placuit enim prudentioribus affecus rationem in bonae fidei iudiciis habendam"32. Innumerevoli esempi di dette obbligazioni si possono ritrovare nella nostra cultura giuridica come quella caratterizzata dalla presenza dell'obbligo di non suonare il violino assunto dal vicino di casa , o quella in cui l'obbligo è assunto verso il domestico di lasciarlo libero un giorno della settimana. La disposizione contenuta nella seconda parte dell'art.1174 ribadisce un principio che è completamente autonomo rispetto alla distinzione enunciata nella norma, cioè quello che la prestazione deve corrispondere ad un interesse del creditore Quest'interesse che, per sua natura può essere anche non patrimoniale, deve essere tipico, cioè non si deve identificare con quello concreto e individuale del singolo creditore, ma con 32 In tale frammento viene riportato il caso di un mandato di manomettere uno schiavo ed per il quale mandato potrebbe agire anche il venditore "affectus ratione". Scuto , op. cit. pag.73 69 l'interesse tipico di un determinato rapporto. La differenza si può riscontrare nei loro distinti caratteri strutturali in quanto l'interesse tipico inerisce il rapporto ed è soddisfatto dalla prestazione, mentre l'interesse individuale fa riferimento solo al movente che ha dato luogo al costituirsi del rapporto in questione, senza però avere alcuna influenza sulla successiva vita del rapporto. Nella maggior parte dei casi, poi, l'interesse tipico ha una sua finalità che non coincide con quella dell’interesse individuale, che in caso di conflitto non assume rilevanza giuridica. Si pensi all'ipotesi di un decreto che blocca i possibili licenziamenti, facendo divieto alla aziende di un particolare tipo. In questo caso abbiamo che l’interesse individuale viene meno per il contrasto con il dettato del decreto che impone di non licenziare gli operai, ma ciò non toglie che l'interesse tipico di quel determinato rapporto obbligatorio venga soddisfatto, in quanto l'operaio svolgendo il proprio lavoro, soddisfa in pieno l'interesse di quel tipo di obbligazione che garantisce un tipo di produzione. Solo l'interesse tipico può essere oggetto di attenzione giuridica e come tale esso 70 costituisce il punto di riferimento dello studio dei diversi modi che si possono determinare per soddisfarli. 71 I DIVERSI MODI DI SODDISFAZIONE DELL’INTERESSE CREDITORIO. La dottrina, nell'assolvere il compito teorico di verificare l’esistenza di questi diversi modi di analizzare l'interesse, ha posto la propria attenzione all’interno del rapporto, e più precisamente lo studio giuridico si è indirizzato nel determinare quale fosse l'oggetto del diritto di credito, e quale attività giuridica potesse garantire la realizzazione dell'interesse. Le teorie che si sono susseguite sul palcoscenico giuridico partono dal diverso rilievo dato all'elemento patrimoniale ed all'elemento personale dell'attività solvendi, con diversa soluzione al problema intorno ai diversi modi di soddisfazione di questo interesse. La teoria del bene dovuto considera oggetto del diritto il bene, e come tale la sua realizzazione può essere determinata da qualsiasi attività che lo possa realizzare. Il debitore viene considerato come un puro mezzo per la realizzazione dell'interesse in quanto esso può essere raggiunto sia mediante esecuzione forzata, sia 72 mediante adempimento del terzo. L'ordinamento giuridico concede al titolare del diritto una serie di poteri atti a garantire l'attuazione del suo diritto e la soddisfazione del proprio interesse. Questi poteri si indirizzano nei confronti di apparati dello Stato che hanno come compito quello di realizzare la pretesa creditoria. Per cui gli organi dell'apparato esecutivo, una volta, che i poteri sono stati utilizzati nel richiedere l'intervento di questi ultimi, non fanno altro che agire coattivamente, garantendo l'acquisizione del bene. La possibilità che l'obbligazione possa essere adempiuta da un soggetto estraneo al rapporto è garantita dalla norma contenuta nell'art. 1180 c.c., che si pone come argomento normativo per eccellenza il più esaustivo per testimoniare che la soddisfazione dell'interesse non può essere legata all'attività debendi. Si garantisce l'estinzione dell'obbligazione determinata da un comportamento di un terzo, per cui implicitamente si ritiene realizzato anche l'interesse creditorio, con la conferma dell'esistenza di più mezzi giuridici atti a garantire l'attuazione. Questi diversi strumenti soddisfattivi sono accomunati da 73 un’identità di funzione, in quanto tutti sono diretti a garantire la realizzazione dell'interesse creditorio in virtù della particolare struttura dell'obbligazione caratterizzata dalla finalità del raggiungimento del risultato dovuto. Ciò è testimoniato dalla stessa concezione teoretica Hartmann, il quale considera l'obbligazione come un rapporto giuridico di tensione, indirizzato al conseguimento dello scopo. La stessa realizzazione dello scopo costituisce un punto di riferimento completamente diverso per i sostenitori della teoria tradizionale, i quali considerano che la realizzazione dell'interesse creditorio possa essere effettuata con un solo mezzo giuridico: il comportamento del debitore. La teoria del comportamento dovuto, considerando oggett realizzazione, cioè un interesse generico ad ottenere l'attuazione dell'oggetto del proprio diritto. Ciò si spiega dal fatto che il creditore, mediante esecuzione forzata, non raggiunge sempre lo stesso bene che avrebbe costituito il risultato della prestazione, ma, nella maggior parte dei casi, si raggiunge che un bene totalmente diverso, costituito da una somma di denaro corrispondente al danno causato dall'adempimento. Nel caso, ad esempio, che l'oggetto dell'obbligazione sia un quadro di un certo autore, e come tale insostituibile, l'inadempienza del pittore determinerebbe solo la possibilità per il creditore di essere risarcito del danno patrimoniale, ma non potrà mai soddisfare il vuoto lasciato dall'acquisizione di un opera d'arte. Si è preso, in considerazione solo un interesse generico, di realizzare il credito, che come tale ha un carattere economico ed è posto fuori dal rapporto obbligatorio, senza, quindi, aver dato la giusta rilevanza a quello che viene designato come interesse specifico che fa parte del rapporto ed è indirizzato ad ottenere il solo oggetto del diritto di credito posto in obbligazione. Si è obbiettato che la 75 realizzazione dell'interesse del creditore può essere garantito dall'esecuzione forzata in forma specifica nel senso che essa non si indirizza verso un bene sostitutivo, o equivalente al bene dovuto (risarcimento del danno realizzato in una somma di denaro) ma nel far sì che il creditore possa ottenere lo stesso bene in caso di lesione del suo diritto. Nelle obbligazioni negative, vi è un obbligo primario del debitore di non fare, di non avere un determinato comportamento, come ad esempio di non costruire un fabbricato ad una certa distanza, il quale può essere violato ponendo in essere il comportamento (es. costruire il fabbricato). L'intervento dello Stato si effettua in questi casi, con una serie di operazioni degli organi giudiziari diretti alla distruzione quanto il debitore ha effettuato in violazione dell'obbligo, ripristinando lo status quo. Per cui l'esecuzione forzata in forma specifica viene ed essere considerata come un idoneo strumento atto a realizzare l'obbligazione, pari all'adempimento del debitore considerando entrambi capaci di compiere la stessa funzione soddisfattiva. Questa esecuzione forzata può essere considerata, quindi, come 76 strumento idoneo a soddisfare perfettamente il medesimo interesse che avrebbe trovato uguale soddisfacimento per mezzo dell'adempimento del debitore. Questa parità di effetti viene ad essere smentita dalla constatazione che ad un’uguaglianza funzionale non corrisponde la realizzazione dello stesso interesse. L'esecuzione forzata e l'adempimento hanno in comune, infatti, solo un risultato mediato, che sarebbe rappresentato dall'interesse generico del creditore, dalla realizzazione di un generico interesse tipo del creditore (es. nell'obbligazione negativa è quello di non modificare un determinato stato) mentre si differenziano per il risultato immediato che possono raggiungere. La considerazione nasce dalla diversa struttura dei rapporti che intercorrono tra il creditore e il debitore e tra il creditore e gli organi dell'apparato esecutivo in quanto ciò che si pretende dal debitore è diverso da ciò che si richiede all'organo esecutivo. 77 Se prendiamo in considerazione la struttura di una qualsiasi obbligazione ci rendiamo conto della differenza dei due rapporti, in quanto l'attività richiesta dal creditore al soggetto passivo determina la soddisfazione di un interesse diverso rispetto a quello detenuto dal titolare della posizione attiva nei confronti della struttura processuale statale. Nelle obbligazioni negative l'interesse tipico è caratterizzato dal mantenimento dello status quo il quale viene violato da un comportamento positivo del debitore consistente nel porre in essere l'attività considerata (es. costruzione di un fabbricato). Una volta violato l'obbligo, sorge in capo al creditore un interesse al ripristino dello status quo (distruzione del fabbricato) è per la soddisfazione di questo nuovo interesse che la legge impone, a richiesta del creditore, certe operazioni agli organi dello Stato a ciò proposti. 78 Siamo, quindi, in presenza di due interessi diversi, l'uno attinente al rapporto obbligatorio e l'altro che si pone al di fuori dell'obbligazione in quanto nasce come necessità giuridica di garantire il ripristino dello status quo. L’interesse tipico considerato , quindi, è solo quello nascente dall’obbligazione, cioè di non alterare lo status quo e, come tale, può essere realizzato solo dal comportamento del debitore. La teoria tradizionale, quindi, arriva ad un risultato teoretico opposto a quello della teoria del bene dovuto, le cui affermazioni non possono essere smentite neanche dalla presenza, nell'ambito del sistema normativo, della disposizione contenuta nell'art. 1180 c. c. riguardante l'adempimento del terzo. I risultati raggiunti per l'esecuzione forzata possono essere applicati anche al caso in cui l'obbligazione venga estinta dall'adempimento del terzo, in quanto qui l'interesse che si considera implicitamente realizzato non è quello specifico del rapporto obbligatorio, ma la realizzazione di un generico interesse ad ottenere un determinata attività soddisfattiva. Il parallelismo di risultati termina nel 79 momento che viene presa in considerazione la diversa funzione assunta dai due strumenti in quanto, mentre l'esecuzione forzata costituisce uno strumento messo a disposizione del creditore, affinché, ove il debitore violi il suo dovere, raggiunga la realizzazione del proprio diritto, altrettanto non può dirsi per l'adempimento del terzo. Esso è un possibile modo di realizzare l'obbligazione la cui funzione viene ad essere ricercata nella sua ratio, la quale non costituisce punto di contatto con il rapporto sottostante. Il terzo, infatti, interviene senza che il creditore abbia una pretesa nei suoi confronti, ne che quest'ultimo abbia un particolare dovere da assolvere, anzi in alcuni casi la sua attività può essere realizzata anche contro la volontà del creditore. Per cui l'intervento del terzo non fa altro che rendere inutile il rapporto obbligatorio tra creditore e debitore, la cui previsione legislativa è dettata solo dalla necessità giuridica di non lasciare vuoti legislativi sui possibili modi diversi di estinguere l'obbligazione. La norma contenuta nell'art. 1180, quindi, non può essere considerata come 80 valido argomento atto a smentire l'approvazione teorico della teoria tradizionale in base alla quale l'obbligazione designa quel rapporto in virtù del quale è titolare di un interesse che deve essere soddisfatto dal comportamento del creditore; il diritto del creditore designa nient'altro che la posizione attiva in cui viene a trovarsi il soggetto titolare di quell'interesse33. Le varie teorizzazioni sulle diverse possibilità giuridiche di realizzare l'interesse creditorio hanno posto l'attenzione sul problema di un interesse proprio del debitore a realizzare l'interesse dal lato attivo. Si è discusso se nell'assumere di questo proprio obbligo il debitore potrebbe essere animato da un proprio interesse non solo alla costituzione del rapporto ma soprattutto alla liberazione dal vincolo mediante attuazione della prestazione. L'indagine si dirige all'interno del rapporto obbligatorio nel verificare se questo interesse esiste e quali caratteristiche possa assumere, e , a questo scopo possano essere utilizzate alcune fattispecie tipizzate le quali garantiscono un valido supporto teoretico all'analisi intrapresa. 33 Giorgianni op. cit .pag. 215 ss. 81 La mora credendi, l'adempimento del terzo, la remissione del debito sono istituti considerati dai vari autori capaci di porre in evidenza la particolare posizione debitoria e comprendere quando l'interesse all'adempimento possa costituire substrato di un diritto . 82 II CAPITOLO CONFIGURABILITA' DI UN DIRITTO SOGGETTIVO AD ADEMPIERE DEL DEBITORE TESI CHE RICONOSCE L'ESISTENZA DI UN DIRITTO SOGGETTIVO AD ADEMPIERE L'obbligazione nasce e si costituisce in virtù di un particolare interesse, l’interesse creditorio, che deve essere soddisfatto dalla prestazione del debitore, a cui tutta l’obbligazione tende. Quest'interesse, espressamente disciplinato nell’art. 1174, non è il solo ad essere presente nel rapporto obbligatorio, infatti, accanto ad esso possono essere individuati interessi, sia appartenenti al lato attivo che al lato passivo del rapporto considerato. La posizione di obbligato non esclude la titolarità di situazioni di interesse emergerti dal rapporto, ma anzi presuppongono che in determinati casi vi sia proprio un interesse 83 del debitore alla costituzione o all’estinzione del vincolo .Il legislatore fa più volte riferimento all’interesse del debitore, anche se però non ci da nessun chiarimento sulle caratteristiche strutturali e funzionali di questo interesse, non avendo formulato alcuna disposizione normativa pari a quella posta per tutela dell’interesse creditorio, contenuta nel menzionato art. 1174. Non essendo previsto da una norma positiva, la quale ne descriva la natura ed il presupposto, non si può parlare d 'interesse , al quale l’obbligazione dovrebbe tendere, ma di interessi aventi tutti la stessa rilevanza giuridica, nascenti dal e per il rapporto in momenti differenziati34. La rilevanza dell'interesse debitorio infatti può verificarsi sia nel momento costitutivo del rapporto, come nel caso dell'assunzione dell'obbligo di trasportare al sol fine di avere in cambio l'altrui compagnia, sia nella fase dell'adempimento del rapporto, come per esempio, nel caso del fideiussore, che, 34 Enciclopedia del Diritto, op. cit. pag. 196; Breccia , Le Obbligazioni, Milano, 1991. pag. 52 84 essendo tenuto a surrogarsi nei diritti del creditore, ha un suo interesse al pagamento ed all'estinzione dell'obbligazione. Particolare rilevanza acquista l'ipotesi in cui il vincolo obbligatorio sia stato assunto dal debitore al fine di compiere la prestazione, cioè, di ottenere la liberazione dal vincolo ponendo in essere il contenuto dell'attività solvendi. Il contenuto dell'obbligo può avere assumere il ruolo rilevanza contenutistica tale da poter di causa primaria della nascita dell’obbligazione, come nel caso di un chirurgo che è stato ingaggiato per una difficile operazione che rappresenta per lui un interesse scientifico importantissimo. Si è obiettato però, che l'interesse ad essere liberato mediante adempimento apparirebbe non congruo e privo di rilievo pragmatico se si prendesse in considerazione le obbligazioni pecuniarie. Il contenuto di queste obbligazioni è sempre rappresentato dal dovere dare una certa somma di denaro, per cui colui che paga realizza una perdita patrimoniale, un sacrificio che per chiunque sarebbe di difficile sopportazione. Per 85 cui si è ritenuto nella fattispecie vi sarebbe solo un semplice interesse alla liberazione e non all'adempimento, in quanto si nega che il soggetto passivo potrebbe essere titolare di un interesse a pagare. Questa obiezione non tiene presente, però il sistema organico dei fini connessi all'attività della prestazione, la quale può presentarsi agli occhi di colui che la compie come un valore positivo, sia dal punto di vista morale che patrimoniale, si da richiedere una particolare tutela ad opera dell'ordine giuridico. La protezione concessa dal diritto all'interesse del debitore per il compimento della prestazione risponde alla particolare rilevanza che esso assume all'interno del rapporto, il quale, quando è supportato dalla volontà di adempiere, da luogo alla costituzione di una nuova posizione soggettiva, accanto a quella di obbligo. La volontà, costituisce l'elemento per identificare nel mondo esterno la consapevolezza di porre in essere quella serie di attività finalizzate ad un certo risultato. In questo caso esso si realizza con il porre in essere tutte le operazioni necessarie per 86 garantire al creditore l'ottenimento del bene, oggetto della prestazione. Si sono così realizzati i due elementi costitutivi di quella particolare posizione soggettiva, definita di diritto soggettivo: l'interesse e la volontà. In questi casi il debitore è titolare di un vero e proprio diritto soggettivo o più precisamente di diritto soggettivo prevalentemente ad dogmatica adempiere. e formalistica Un’impostazione del rapporto obbligatorio aveva escluso la possibilità che si costituisse un tal diritto all'interno del rapporto in quanto la struttura è caratterizzata da un dovere del debitore di adempiere e il diritto del creditore di pretendere l'adempimento. Più mature riflessioni hanno parimenti smentito detta rigida contrapposizione e hanno contribuito a chiarire che il rapporto obbligatorio ruota intorno ad interessi diversi tali da poter garantire la pacifica convivenza di un diritto-obbligo, nell'ambito di una stessa posizione soggettiva. La possibilità che in un medesimo rapporto obbligatorio un soggetto abbia, ad un tempo, il dovere di tenere un certo comportamento verso il creditore, ma insieme il diritto a 87 realizzare il contenuto del proprio obbligo si ricava da moltissime ipotesi dedotte dal diritto positivo. Tipico esempio si ha quando un soggetto deve consegnare ad un altro la merce che ha nel proprio negozio, è chiaro che vi è l'interesse del soggetto ricevente ad ottenere la merce ma, non si può nemmeno trascurare che il soggetto adempiente abbia un proprio interesse a consegnare la merce. Si osserva inoltre che ,in certe figure, il concetto di diritto-dovere è estremamente visibile in quanto le posizioni sono talmente legate tra loro da essere considerate inscindibili come avviene nel contratto di società. In questo tipo di contratto, si rileva che il socio ha non soltanto l'obbligo di conferire la sua quota o di dare il contributo di attività, ma anche diritto di prendere parte agli utili sociali35. Altro esempio significativo è rappresentato dal contratto di lavoro nelle sue più varie espressioni applicative. L’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori tutela la pretesa del lavoratore subordinato di essere reintegrato nel posto di lavoro, poiché illegittimamente 35 Luzzatto,Le obbligazioni nel Diritto Italiano,Torino, 1950,pag.7ss 88 licenziato, concedendogli mezzi di coercizione sia diretti che indiretti. Si è ritenuto che l’intera normativa , che ha introdotto limiti ai licenziamenti, sia in funzione della tutela dell’interesse del lavoratore al posto di lavoro, cioè all’esecuzione della prestazione. Tutto ciò si può evidenziare anche nella normativa dettata per le prestazioni degli interpreti e degli esecutori di opere artistiche, per le quali l'art. 48 della legge n. 633/1941 dispone che detti lavoratori possono pretendere che il loro apporto venga inserito e pubblicizzato nella riproduzione dell'opera36. La posizione del debitore nel rapporto obbligatorio si pone, dunque, sotto il profilo teleologico come interesse a conseguire la liberazione mediante adempimento. L’estinzione del vincolo si verifica solo quando si soddisfa l'interesse creditorio e si liberi il debitore da qualsiasi aggravio, momenti questi che possono realizzarsi pienamente solo con il compimento della prestazione. 36 Di Maio , Delle Obbligazioni in generale , in Commento al Codice Civile , a cura di Scaloja-Branca , op.cit., pag . 402 ss 89 L'adempimento però, non sempre consiste nel realizzare una serie di operazioni la cui connessione causale è lasciata alla sola volontà del debitore, molto spesso per aversi la prestazione necessita anche un'attività positiva del soggetto attivo. Ed è proprio in riferimento a quest'aspetto dell'adempimento, costituito, da un fatto di collaborazione che quel particolare interesse ad essere liberato assume un peculiare aspetto caratterizzante le diverse posizioni soggettive del debitore o del creditore. Riferito, infatti, all'attività di cooperazione del creditore l'interesse presenta rilievo costitutivo in quanto diviene la base per la determinazione dell’obbligo di ricevere la prestazione. Si realizza una diversa contrapposizione di posizioni, in cui l’una è caratterizzata da un obbligo del creditore di ricevere la prestazione, e, l'altra costituita da un diritto del debitore di adempiere l’obbligazione37. Un valido esempio di costituzione di un obbligo credendi lo possiamo ritrovare già nelle fonti romane, e precisamente nel Digesto possiamo leggere :"si is qui lapides ex 37 Falzea , L'Offerta Reale e Liberazione Coattiva del Debitore , Milano , 1947, de pag 33. 90 fundo merit, tollere eos nolit, ex vendito agi cum eo potest , ut eos tollat " . Qui il compratore si era assunto anche (come parte di suo corrispettivo) di sgombrare l’area del venditore, il quale pertanto poteva costringerlo con l'actio vendicti ad effettuare la rimozione. Questo esempio della vendite del materiale rimasto dalla costruzione di un edificio evidenzia la funzione di quel particolare interesse all’adempimento che caratterizza la posizione creditoria come un vero e proprio obbligo ad effettuare una certa attività collaborativa. 91 DIRITTO DEL DEBITORE AD ADEMPIERE E CORRELATIVO OBBLIGO DEL CREDITORE DI RICEVERE LA PRESTAZIONE. Effettuando una disamina del contenuto delle leggi e dei codici ci rendiamo conto che una normativa positiva che ci indichi questa posizione di obbligo non è espressamente prevista. La struttura del rapporto evidenzia che la sua stessa configurazione postula la presenza di una contrapposizione di diritto obbligo, il cui diritto però, appartiene al soggetto attivo. Per cui ci si rende conto che nella struttura di un rapporto può anche mancare un atto del creditore necessario all'adempimento dell'obbligazione, in quanto si può avere realizzazione dell'attività solvendi avendo il debitore il completo dominio delle operazioni attinenti alla prestazione, per la quale il creditore è in uno stato di completa attesa di ricevimento del bene. Solo quando dalla natura del rapporto emerge l'interesse del debitore ad eseguire la prestazione, si ha il suo diritto, e non solo l’obbligo, ad attuarla e 92 il creditore a sua volta è titolare del relativo dovere di riceverla. Classico esempio in cui si può rilevare la nascita di quest'obbligo dalla natura del rapporto viene ad evidenziarsi nel contratto di struttura teatrale. In questo contratto l'interesse del debitore, cioè l'attore, deve intendersi tutelato mediante la nascita di un obbligo di fare agire l'artista scritturato, posto a carico dell'impresario, (cioè del creditore). Quest'obbligo del creditore, qualora non derivasse dalla natura o dalla circostanza del negozio, può essere fissato da un patto, in quanto è sempre concessa all'autonomia privata la facoltà di regolamentare diversamente i propri interessi. La libera disponibilità delle parti interviene quando la natura del rapporto non richiede un comportamento attivo, potendo riscrivere la disciplina giuridica dettata per quel determinato tipo di rapporto, in quanto l'ordinamento gli conferisce il relativo potere di strutturare diversamente le posizioni giuridiche del rapporto obbligatorio. Anche la legge può raggiungere questo risultato, ma non può arrivare a strutturare un obbligo generale del creditore in quanto ciò sarebbe sovversivo dell'intero sistema 93 giuridico, per cui l'obbligo dovrebbe essere imposto per legge soltanto in quei rapporti che naturalmente lo necessitano. Il creditore ha un proprio obbligo, quindi, o quando la natura del rapporto evidenzia un particolare interesse del debitore , o quando è stato stabilito dalla legge o da un patto. Una volta accettata l'esistenza di quest'obbligo è interessante vedere quale sia la sua posizione all'interno del rapporto obbligatorio e la sua natura giuridica. L'indagine non può essere condotta se non si parte da una critica di quelle posizioni dottrinali che sono giunte a risultati diversi, considerando dapprima la tesi che perviene a formulare l'esistenza di un obbligo tour court del creditore38. La costruzione dogmatica pecca di rigore tecnico-giuridico in quanto è impensabile che per raggiungere e costruire un siffatto 38 Per la tesi che afferma l’esistenza di tale obbligo vedi per la dottrina tedesca:Wolff, Die Lehre von der Mora , Gottingen 1845, pag 406 ,il quale sostiene esplicitamente :"Die mora des cred obbligo la prestazione deve degenerare in qualcosa di obbiettivo, un valore a se stante che vincola sia il creditore che il debitore. Gli obblighi corrono da una parte all'altra nelle posizioni soggettive del rapporto, mentre la prestazione è oggetto nel quale si racchiude l'attività di una delle due parti del rapporto. Ciò non può essere considerato come valido argomento per ritenere che il creditore sia vincolato alla prestazione non meno del debitore, in quanto il contenuto dell'obbligazione del creditore nei rapporti con l'adempimento è diverso rispetto a quello esistente con il debitore. L'obbligo del creditore, infatti, quando esiste, è una limitazione della sua libertà, nel senso che non può rifiutare la prestazione, deve lasciarla eseguire39. Se, inoltre, si concepisse l'obbligo del creditore posto nel medesimo piano dell'obbligo del debitore, tutte le obbligazioni, almeno tutte il cui adempimento esiga il concorso del creditore risulterebbe a struttura bilaterale. La non accettazione di una simile teorizzazione non induce a 39 Bellini , Sull’Obbligo del creditore di prestarsi per l’adempimento dell’obbligazione in "Riv. Dir:Civ."XIII,1921pag. 30 ss 95 considerare degna di fondamenta un'altra costruzione teoretica che considera l'attività di cooperazione del creditore una mera facoltà, con esclusione di ogni posizione di vincolo40. L'interesse del debitore in questo modo non solo viene del tutto sottovalutato ma se si ammettesse la possibilità per il creditore di disporre liberamente del diritto di prestazione, nello stesso senso e negli stessi termini di come si può disporre un diritto reale, si dovrebbe convenire che nessuna conseguenza pregiudizievole potrebbe derivare dal rifiuto di ricevere la prestazione. Ma così non è in quanto si costringe il debitore a ricorrere a complesse procedure per sciogliere il vincolo, con dispendio di attività che esorbita dai confini del suo obbligo e va perciò indennizzato. L'impossibilità di strutturare l'attività creditoria in una facoltà di accettazione non può neanche condurre o riscrivere o ridimensionare l'attività del creditore 40 Barassi, teoria generale delle obbligazioni , op cit., pag 68 e ss. Per il diritto Francese vedi:Crome, Teorie fondamentali delle obbligazioni nel diritto francese, Milano , 1908, pag. 187. Per il diritto tedesco vedi: Mommsen , Die Lehre von der Mora , in"Beitrage zum Obligationencht",III,Braunschweig, 1885 , pag134 e ss ; Hasenhorl, Das osterreichiosche obligationenrecht, II, Wien, 1889 pag 348 e ss. 96 configurandola come una figura di minor spessore rispetto all'obbligo. E' stato sostenuto che la posizione del creditore rispetto all'attività di cooperazione è di onere in senso tecnico41. Se si vuole concedere una vera e propria autonomia alla figura dell'onere essa deve essere momentaneamente incentrata, nella piena libertà di comportamento del soggetto, il quale, per il conseguimento di taluni interessi di cui è titolare, deve sacrificare altri interessi propri, mentre il soddisfacimento di interessi altrui avrebbe soltanto rilievo mediato e indiretto42. Nello spazio concettuale dell'onere non vi è possibilità di inserire la tutela dell'interesse del debitore, giacché l'onere intanto si distingue dall'obbligo, in quanto nessun interesse giuridico del terzo viene pregiudicato dalla sua inosservanza. L'onere non è una posizione 41 In questo senso vedi:Betti , Teoria generale delle obbligazioni , vol II, op. cit., pag. 63. Per la dottrina tedesca vedi:Matthiass, Lehebuch des Burgerlichen Rechts , 5°ed., Berlin, 1910 , pag 198; Buchka , die indirekte Verpflichtnug zur Leistung , Leipzig,1904, pag 5 e ss; Schenker, Erfullungs-bereitshaft und Erfullungsangebot .Zur Lehre vom Glaubigerverzug , in "Jher J. "LXXIX, 1928, pag 146; Ehrenzweig, System des osterreichischen allgemeinen Privatrechts, 2° ed , II, Wien , 1928, pag. 389. 42 In questo senso vedi : Auletta , Istituzioni di diritto privato , Napoli, 1964, pag 80 e ss , il quale ripone l’onere nella " necessità di un soggetto di sacrificare , mediante un proprio atto , un proprio interesse per attuarne un altro."; Carnalutti , Lezioni di dir. proc. civ. , II, Padova , 1931 , pag 127 e ss ; Sistema del dir. proc . civ., Padova , 1936 , pag 55 e ss.; Per il diritto tedesco vedi : Goldschmidt , Der Prozess als Rechtslage , Berlin . 1925 , pag 118 e ss. 97 giuridica autonoma, ma vive nell'ambito di un diritto soggettivo; la sua realizzazione comporta sovente sacrificio, patrimoniale o personale, atto a dare attuazione al diritto medesimo. Esso si concentra in una posizione di vincolo in cui viene a trovarsi il creditore tutte le volte in cui la legge subordina la realizzazione del diritto all'assunzione di un determinato contegno. Per cui la figura soggettiva dell'onere è inidonea a definire la posizione soggettiva del creditore in quanto rifiutando di effettuare il proprio concorso si mette in gioco solo l'interesse del creditore e non anche quello del debitore43. La dottrina che nega l'esistenza di un vincolo del creditore rispetto all'attività di cooperazione si è fermato all'ostacolo che solleva l'antitesi tra diritto e obbligo: data la presenza del diritto alla prestazione sembrerebbe una vera e propria contraddizione in termini strutturare un obbligo. L'esperienza giuridica mostra però ipotesi sempre più complesse di interferenza tra posizioni soggettive che impongono di rettificare l'idea 43 tradizionale, molto semplicistica e astratta, Ravazzoni , Mora credendi, In Novissimo Digesto , X; Torino, 1964, pag. 904. 98 dell'esistenza di un’antitesi tra obbligo e diritto. In un rapporto obbligatorio fondamentale si costituiscono posizioni giuridiche diverse che molto spesso assumono fisionomie inverse e reciprocamente opposte. E' necessario stabilire all'interno del rapporto delle zone di libertà, di regolamentazione di confini in modo da delineare il potere riservato al creditore. Questo potere non è altro che l'estrinsecazione del contenuto del diritto soggettivo creditorio, in quanto indirizzato a realizzare la prestazione debitoria. Sicché la zona di libertà del soggetto attivo si esaurisce nella possibilità di pretendere la prestazione e di conseguenza quella di disporre del diritto. Ed è proprio nella zona che residua dalla pretesa di ricevere la prestazione, può emergere l'interesse del debitore a un determinato comportamento del creditore, potendosi creare, quindi, un vincolo giuridico. Il dovere di cui il soggetto attivo è titolare discende da un più generale dovere che la legge impone al titolare di ogni diritto soggettivo, quello cioè di non oltrepassare i confini delle facoltà accordate 99 dall'ordine giuridico per soddisfare il proprio diritto, aumentando l'aggravio del soggetto passivo. 100 OBBLIGO DEL CREDITORE SULLA BASE DEL PRINCIPIO CONTENUTO NELL'ART. 2043 c.c.. Il credito, essendo un privilegio legato alla titolarità del soggetto attivo, comporta una limitazione della libertà del soggetto passivo, il quale è tenuto ad una rigorosa osservanza del limite entro il quale il privilegio è accordato. Il complesso fenomeno in cui l'attività solutoria si specifica, evidenzia che la zona di libertà del creditore si esaurisce entro i confini dell'apporto del debitore costituito dalla prestazione, egli è libero, infatti, di richiedere tale apporto o di lasciare la controparte nel suo stato di inerzia. Questa zona di libertà è ben delineata dal contenuto della prestazione debitoria, per cui è posta fuori dai propri confini quella sezione residua dell’attività solutoria che è costituita dall’apporto del creditore necessario all’adempimento della prestazione. A sua volta il debitore è vincolato nei limiti dell'attuazione della prestazione, al di là della quale ha inizio la sua situazione di libertà. Il titolare del credito, dunque, è libero di 101 esercitare o meno la pretesa, ma una volta che la controparte ha attuato la prestazione, sorge la necessità giuridica di apprestare il concorso, che come tale si pone al di fuori dell’esercizio del diritto di credito e attiene al momento della realizzazione dell'obbligazione. Momento che, essendo rimesso essenzialmente alla volontà di un soggetto diverso (debitore), mette in gioco la sfera di interessi di costui e esclude che possa essere dominata dalla volontà incondizionata del creditore. Il punto di emersione dell'interesse debitorio è dato proprio dal mancato concorso del creditore, la cui omissione deve essere collegata ad una tutela giuridica, la quale non incide sulla normativa concessa al creditore per garantire l'attuazione della propria pretesa. Il gioco di interessi delle correlative posizioni giuridiche dei protagonisti dell'obbligazione emerge con particolari rilievo quando il concorso del creditore incida spiccatamente sul profilo liberatorio dell'adempimento , come ad esempio nel caso di mancato rilascio della cambiale a chi effettua il pagamento44. 44 Sull'ufficio della restituzione del titolo , nei riguardi della liberazione del debitore , vedi; 102 Il creditore che non rifiuti le somme indicate nel titolo, ma non effettua la restituzione del documento, viola il diritto del debitore di conseguire la propria definitiva liberazione mediante pagamento45. In questo caso vi è chiara manifestazione dell'ingerenza del credito nell'altrui sfera giuridica e i margini della propria sfera di libertà sono stati notevolmente superati. Il principio generale delle interlimitazioni delle sfere giuridiche differenziate, per cui ogni soggetto è obbligato a non ledere la sfera giuridica altrui è trascritto nell’art. 2043 c.c. che sancisce espressamente l'obbligo di non danneggiare negativamente gli altri, cioè di non determinare una colpevole lesione della sfera giuridica altrui. Il comportamento del creditore costituisce la causa del danno sofferto dal debitore sia dal punto di vista soggettivo che dal punto di vista oggettivo. Dal punto di vista La Lumia , L’Obbligazione cambiaria e il rapporto fondamentale , Milano , 1923 ,pag 145 e ss,; Minervini , Mancata presentazione della cambiale e mora del creditore cambiario , in foro Italiano ,1953, I,986 e ss . 45 Falzea , Offerta Reale e Liberazione Coattive del Debitore ,op. cit., pag . 55 ss. Sulla concezione di torto derivante dalla lesine dell'altrui sfera giuridica determinata da un ingerenza del soggetto estraneo vedi: Jung Delikt und Schadensverursachung,Heidelbeg 1897 , pag 228. 103 oggettivo il danno è dimostrato dal fatto che il debitore non poteva, mediante un proprio atto, evitarlo, mentre ciò poteva essere compiuto dal creditore. Dal punto di vista soggettivo, invece, ciò è dimostrato dal fatto che il creditore abbia agito coscientemente, nell’aver commesso una determinata attività; per cui si può qualificare il comportamento del creditore come antigiuridico, determinando, così, una lesione della sfera giuridica del debitore. Alcune difficoltà di carattere tecnico, causate dal tenore letterale del testo contenuto nell’art 2043, sembrerebbe non riconoscere il carattere antigiuridico della condotta creditoria. Quest'articolo, infatti, recita: "Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto , obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno", sancendo, quindi, il carattere negativo dell’attività richiesta, cioè di non commettere il fatto cagionevole del danno. Ciò che è previsto sembrerebbe essere in contrasto con ciò che è richiesto al creditore, avendo il suo concorso all'attività solutoria un carattere determinato e positivo. 104 Si può, però, osservare che il carattere negativo ed indeterminato è l'aspetto naturale del principio giuridico sancito nell'art. 2043, il quale, essendo indirizzato alla regolamentazione di situazioni specifiche, può, assumere carattere positivo. Ed è proprio in questo processo di progressiva determinazione che l'obbligo di non ledere assume un atteggiamento positivo, perché solo un'azione, e non un omissione, è idonea a scongiurare il danno. Al dovere di omissione si sostituisce un dovere di azione; cioè dovere di svolgere quell'attività che sembra necessaria a far cessare l'ingerenza nell'altrui sfera giuridica. Questo dovere positivo ha una sua valenza contenutistica in quanto è posto in relazione con il principio di elasticità della sfera giuridica, il quale consente di ritenere che quando il termine entro il quale la legge permette l'ingerenza del diritto altrui scade, la sfera giuridica compressa deve riprendere la sua estensione. Se a far cessare l'ingerenza dell'altrui diritto si richiede un atto positivo, l'omissione di quest'atto impedirebbe alla sfera compressa di riespandersi, e verrebbe a ledere gli interessi giuridicamente 105 tutelati che in tale sfera si sono costituiti. Per questo l'atto diventa giuridicamente dovuto, oggetto di un obbligo, in quanto è l'unico mezzo atto ad evitare la lesione di interessi tutelati dalla legge. L'omissione di tale atto viola l'obbligo generale attraverso l'obbligo speciale, che è insito in un rapporto determinato, intercorrente tra il soggetto che ha effettuato l'ingerenza e il soggetto che la subisce. La responsabilità che ne deriva è legata essenzialmente al rapporto, e come tale viene a gravare sul creditore nel caso di inadempienza dell'obbligo di riavere la prestazione: un obbligo, quindi, una responsabilità, che gravano esclusivamente sulla posizione soggettiva del creditore46. 46 Falzea, Offerta Reale , op. cit. pag. 71 ss. 106 OBBLIGO DEL CREDITORE FORMULATO ANCHE IN RIFERIMENTO ALLA DISCIPLINA CODICISTICA CONTENUTA NEGLI ART. 1175 E 1180 c.c. La costituzione dell'obbligo viene ad essere evidenziato come manifestazione di quella particolare attenzione che il legislatore pone affinché i rapporti costituiti possano avere una vita giuridica senza troppo divagazioni dal loro iter naturalistico. Si ritiene infatti che i comportamenti assunti dalle parti devono essere il più rispondente possibile a quelle che sono le regole poste dall'ordinamento per il raggiungimento del fine che si sono prefissate. Una prima regola è posta dal dispositivo contenuto nell'art. 1175, in base al quale "il debitore e il creditore si debbono comportare secondo le regole della correttezza”. Si è ritenuto che questa norma si rivolge più al debitore che al creditore, affermando che per il primo questa regola non fa altro che rafforzare il principio del diligente comportamento dovuto per l'adempimento. Il creditore, come il debitore, deve 107 comportarsi secondo il principio della correttezza, la cui nozione contiene in se l'idea di un comportamento scrupoloso, particolarmente serio ed onesto. E' corretto il comportamento non solo di chi non vuole comportarsi male, ma anche di chi pone in essere una condotta atta ad impedire che essa possa obiettivamente recare danno ai terzi. La condotta del creditore acquista particolare rilevanza proprio in relazione al momento dell'attuazione dell’obbligazione, essendo essa necessaria per la realizzazione dell'adempimento. Ciò è dedotto dal fatto che quando l'evento solutorio per insufficienza dei mezzi posti a disposizione del debitore, richiede che il creditore concorra con le proprie energie ad adempierlo, costui ha un vero e proprio obbligo di porre in essere quel comportamento, poiché, in caso contrario lederebbe la sfera giuridica del debitore47. 47 Sull'esistenza di questo obbligo vedi per la dottrina tedesca:Dernburg , System des romischen Rechts , 8° ed.,Leipzig 1912 , pag 119; Larenz , Vertrag und Unrecht, II, Hamburg 1936, pag 188 e ss. Mullereisert, Die 108 Un riconoscimento generale di quest’obbligo si ha nell’art.44 del Cod. Fed. delle Obbl., il quale configura come causa di riduzione o di esonero della responsabilità del debitore i fatti del creditore che abbiano aggravato la situazione giuridica del debitore. La funzione assolta dall'art. 1175, è di primo piano, nell'ambito del sistema normativo, in quanto creativa di obblighi integrativi di protezione delle rispettive sfere giuridiche del debitore e creditore. Il soggetto passivo del rapporto sarà, quindi tutelato nei confronti di comportamenti capricciosi e arbitrari che possono ledere il proprio diritto ad adempiere l'obbligazione facendo discendere dall'obbligo generale di correttezza l'obbligo particolare di condotta positiva. E' stato espressamente sostenuto che il creditore non solo deve avere interesse al comportamento del debitore, ma deve altresì usare il suo diritto esclusivamente per soddisfare il suo interesse e non deve servirsi della situazione Verwirkungkeine unzulassige Rechtsausubung des Glaubigers, sondern eine Beschrankung der Hauftung des Schuldners , in Jhering J., 1935 , pag 267. Per il diritto francese vedi :Saleilles, Etude sur la thèorie gènèral des obligation d' après le premier projet du code civile puor l’empire allemand ,3°ed. Paris, 1925, pag 34. 109 di preminenza accordatagli dall'ordinamento giuridico nei confronti del debitore per aggravare la posizione di quest'ultimo48. Il non aggravare questa posizione significa far sì che il debitore possa porre in essere tutti gli atti necessari per adempiere. Se si contrae un debito stabilendo che deve essere restituito in un determinato periodo, non è conforme alle esigenze del diritto oggettivo e allo spirito del contratto che il debitore deve tenere presso di se questa somma di danaro solo per un comportamento incomprensibile del creditore. La correttezza implica soprattutto di vedere osservati quelli che sono i limiti naturali delle posizioni soggettive e dei presupposti delle obbligazioni49. Una volta che un determinato comportamento del creditore è disposto da una norma legale o contrattuale il suo compimento non solo è sottratto al suo arbitrio, ma proprio per gli effetti che è destinato a svolgere nella sua sfera giuridica, è oggetto di un vincolo giuridico, per cui il creditore appare quale 48 Giorgianni, L’Obbligazione, op. cit., pag 149. Ferrini e De Crescenzo Nell'appendice sulla Mora del creditore, alla voce Obbigazione dell'Enciclopedia giuridica Italiana, XII, parte I°, Milano 1900, pag. 916. 49 110 debitore ratione accipiendi. Il che risulta chiaro da alcuni esempi di fattispecie giuridica di diritto positivo come nel caso del contratto di appalto nel quale è prevista la facoltà di recedere ad entrambe le parti. Il recesso deve essere portato a conoscenza della controparte, e fin quando il soggetto agente (il committente) non effettua ciò perdura l'obbligo dell'appaltatore di condurre termine l'opera, e il committente è tenuto a a fornire tempestivamente i materiali che si era impegnato a dare. Se egli omette di fare ciò, altera in modo illegittimo i piani di lavoro della controparte e lede così un interesse del debitore a realizzare l'opera. Per cui non solo non vengono rispettati i presupposti normativi del contratto ma sono in netto contrasto con la norma che impone in via generale il dovere di comportarsi secondo le regole della correttezza. Il contegno del creditore costituisce perciò illecito da un duplice profilo: da una parte perché contraddice all'obbligo negativo di non ostacolare l'adempimento, e dall'altra perché contraddice l'obbligo positivo di porre in essere 111 un comportamento connaturato alla struttura del contratto. In rapporto al fenomeno di cooperazione, esiste un dovere giuridico di entrambe le parti, il quale, nei casi concreti, differisce per grado e intensità, ma che consiste comunque in un obbligo di condotta. Quest'obbligo di condotta della pars credendi in funzione dell'adempimento, è testimoniato anche dalla presenza nel nostro ordinamento, della disposizione contenuta nell'art. 1180 c.c. in base al quale il diritto alla liberazione mediante adempimento non viene fatto valere dall'obbligato, ma da un terzo. A prescindere della questione relativa alla natura della prestazione o dalla necessità della dichiarazione di volontà del creditore, è da rilevare che se l'adempimento necessiti della relativa cooperazione del creditore il terzo, allo stesso modo del debitore, ha diritto che tale cooperazione venga effettuata. Ciò si deduce dall'art. 1180 che concedendo al terzo ad adempiere l'obbligo altrui anche contro la volontà del creditore, gli riconosce per ciò stesso diritto di pretendere la sua cooperazione. Da ciò si prova in modo evidente 112 che il diritto del creditore non è incompatibile con l'obbligo di cooperare. 113 NATURA DELL'OBBLIGO DEL CREDITORE E DEL DIRITTO DEL DEBITORE. L'obbligazione nasce essenzialmente perché l'esigenza patrimoniale del creditore venga realizzata, e solo in questo modo che si determina una limitazione della sfera di libertà dell'obbligato, il quale deve subire questo sacrificio nei limiti di ciò che è necessario per effettuare l'adempimento. L'attività di prestazione costituisce il limite per definire i confini del diritto del creditore di pretenderla e del dovere del debitore di eseguirla. E' nel margine che residua dai diritti e obblighi principali delle parti, che quel particolare interesse del debitore ad essere liberato riaffiora e reclama tutela giuridica non appena il creditore non rende possibile l'adempimento. Vige nel nostro ordinamento un elementare criterio giuridico, a norma del quale si deve raggiungere il massimo risultato con il minimo sforzo, per cui i mezzi occorrenti per la realizzazione degli interessi vengono ad essere impiegati in misura proporzionale al fine che si conviene di 114 raggiungere. Da ciò ne consegue un principio, che rifrangendosi nelle posizioni giuridiche soggettive, si specifica affermando che ogni soggetto ha un interesse giuridicamente tutelato a non subire, per l'attuazione dell’interesse altrui, un sacrificio maggiore di quanto sia a norma di legge strettamente necessario. Il raggiungimento di un equilibrio economico degli interessi si traduce nella predisposizione legale di strumenti atti a garantire, a colui che deve soddisfare l'interesse altrui, di adempiere nei limiti ad esso consentiti. Questi rimedi sono necessari quando il contegno richiesto per realizzare l'interesse altrui non sia sotto il controllo esclusivo del soggetto passivo, ma sono condizionati dal concorso di fattori esterni. Per garantire la realizzazione di quest'interesse, l'ordine giuridico crea un sistema di rapporti complementari, l'uno fondamentale l'altro accessorio. Il primo concernente l'attività necessaria a realizzare l'interesse principale del titolare del diritto, il secondo concernente l'attività necessaria a preservare l'interesse secondario del titolare dell'obbligo. Questi principi, valevoli sul 115 piano generale dei rapporti intersoggettivi, si specificano, sul piano particolare, dell'obbligazione quando l'adempimento ha bisogno di un’attività di cooperazione del creditore e quest'ultima viene a mancare. Al costo delle energie originariamente necessarie per effettuare l'attività debendi, si aggiunge il costo dell'energia supplementare causata dal mancato concorso del creditore, per cui, si impone che l'ordine giuridico garantisce al debitore il risparmio di energie eccedente. Ciò avviene con la costituzione di un rapporto complementare, rispetto a quello destinato ad attuare l'interesse creditorio, in cui si figura il diritto alla cooperazione del creditore. L'interesse del creditore ad essere soddisfatto dalla prestazione non può incidere sulla sfera giuridica del debitore al punto da pretendere un sacrificio maggiore di quello strettamente necessario all'adempimento. La coesistenza dei due interessi giuridici imporre di riconoscere una regola di subordinazione per la quale vengono ad assumere un diverso significato l'attività di impulso del debitore e quella di concorso del creditore. Logica conseguenza del carattere di subordinazione 116 dell'interesse menzionato determina l’impossibilità di far ricorso agli strumenti necessari per garantire il debitore da un sacrificio eccedente se non sono assicurate il totale soddisfacimento della pretesa creditoria. Questa gerarchia di interessi si rifletta nella strutturazione differenziata delle posizioni giuridiche dei soggetti del rapporto obbligatorio. Il diritto del debitore nella cooperazione risulta subordinato al vincolo del creditore alla prestazione e viceversa, l'obbligo di prestare assume una posizione di preminenza rispetto all'obbligo di cooperare. Per cui tutte le volte che, il rapporto di credito richieda la cooperazione del soggetto, sussiste, accanto al vincolo principale un vincolo secondario che lega il creditore al debitore rispetto all'attività di cooperazione, in cui il creditore riveste la posizione di obbligo e il debitore assume quella di diritto50. 50 Falzea ,op. cit., pag. 77 ss. 117 MORA CREDENDI. L'interesse tipico del rapporto di credito è costituito dal particolare tipo di cooperazione economica delle parti, le quali pongono in essere fatti e atti per la trasformazione e la traslazione di beni. Il fenomeno che racchiude in sé tutti i momenti salienti di questa realizzazione è costituito dall'adempimento, il quale, nella maggior parte dei casi necessita, per essere attuato, della cooperazione del creditore. Nell'economia del fenomeno solutorio acquista, però, prevalenza, quale momento fondamentale, la prestazione dell'obbligato, mentre il concorso del creditore non può assolvere che una funzione secondaria e complementare. La posizione che in seno al rapporto ha la condotta dell'accipiens, rispetto a quello del solvens, riflette la posizione giuridica che all'interno del rapporto assume l'interesse (principale) del creditore ad ottenere la prestazione e l'interesse (secondario) dal debitore ad essere liberato mediante adempimento. La legge conferisce al soggetto 118 passivo il potere di richiedere al creditore di realizzare tutti gli atti complementari per sopportare l'adempimento. In questo caso il creditore, ritenendo il proprio atto indispensabile per il compimento della prestazione, non può non avere che un obbligo di comportamento, indirizzato al dispiegamento dell'energia supplementare. Il rapporto obbligatorio, in questo caso, si caratterizza per la presenza di un legame secondario per il quale il creditore è vincolato al debitore rispetto all'attività di cooperazione, costituendo un obbligo, di minore intensità e grado rispetto all'obbligo debendi, di effettuare tutto ciò che è necessario per far sì che l'obbligazione si estingua. E' proprio quando quest'obbligo rimanga inadempiuto che la legge fornisce al debitore il potere di costituire in mora il creditore. Mora significa ritardo; il creditore non collabora e il debitore non è in grado di eseguire la prestazione, per cui essa viene a costituirsi proprio quando il creditore non effettua la cooperazione adempitiva, determinando un ingiustificato prolungamento del rapporto obbligatorio. Qui 119 l'interesse secondario, presente nella struttura del rapporto giuridico, prende forma in quanto leso, acquista quella rilevanza giuridica atta a determinare definitivamente l'impossibilità per il creditore di comportarsi liberamente. Non può ricevere o rifiutare la prestazione offertagli a suo piacimento ne può decidere a suo piacimento di porre in essere tutto ciò che è necessario per mettere il debitore in condizione di adempiere. Il non porre in essere il concorso necessario per l'adempimento determina il persistere di un'attività nel patrimonio debendi, il quale vede aggravata oltre misura la sua sfera di libertà. Se il diritto del creditore consiste nel ricevere un determinato "bene" in un determinato periodo di tempo e pretende che il debitore continui a tenere la cosa a sua disposizione all'infinito, evidentemente, a parte il danno materiale, si effettua un prolungamento della durata del rapporto che determina l'invadenza della altrui sfera giuridica in modo non lecito. L'inadempienza del creditore determina una chiara lesione della sfera giuridica del debitore realizzando quel processo di 120 specificazione giuridico di non causare danno giuridicamente rilevante ad altri contenuti nell'art. 2043 c.c. . I presupposti, affinché possa sorgere un danno ex art. 2043 c.c , sono due: un presupposto negativo determinato dalla impossibilità del danneggiato di evitare la lesione della propria sfera giuridica con l'assunzione di un determinato comportamento; un presupposto positivo dettato dalla possibilità di evitare il danno mediante l'assunzione di un certo contegno da parte del soggetto interessato. La specificazione di questo precetto consiste nel fatto che il creditore non compie che quella determinata attività (presupposto negativo) che crea il danno, mentre realizzando quella seria di atti richiesti (presupposto positivo) evita di compiere la lesione dell'altrui sfera giuridica. Per cui il comportamento del creditore costituisce l'oggetto della pretesa debitoria a far sì che il suo interesse ad essere liberato mediante l'adempimento possa essere soddisfatto. All'obbligo di assumere un determinato comportamento atto a ricevere la prestazione si contrappone il diritto soggettivo del debitore ad ottenere tale 121 LE IPOTESI DI MORA CREDENDI: ART. 1206 a) Mancanza di un motivo legittimo di rifiuto della prestazione. Le attività in base alle quali si determina un comportamento illegittimo tale da rendere applicabile la disciplina della mora sono contenute nell'art.1206 il quale espressamente sancisce: "Il creditore è in mora quando, senza motivo legittimo, non riceve il pagamento offertogli o non compie quanto è necessario affinché il debitore possa adempiere l'obbligazione". Quest'articolo indica due situazioni qualificate come mora credendi entrambe caratterizzate da un difetto di cooperazione del creditore in cui la prima si presenta come un rifiuto ingiustificato di ricevere la prestazione, la seconda si caratterizza come il mancato compimento di quanto è necessario affinché il debitore possa adempiere. Il dato normativo, nella parte in cui ricollega direttamente al rifiuto gli effetti della mora, non ha causato particolari problemi per quanto riguarda la natura di detto rifiuto. Esso può 123 essere espresso oppure può essere attuato medianti fatti concludenti, potendo anche consistere semplicemente nel silenzio, come nel caso in cui il pubblico ufficiale, nell'ambito delle procedure dell'offerta reale, attende la dichiarazione del creditore e non riceve nessun tipo di risposta. Indubbiamente si tratta di una manifestazione di volontà avente carattere negoziale, che come tale, però, presuppone il requisito della capacità di agire del creditore. Affermare, che il creditore deve essere capace equivale a richiedere l'imputabilità del rifiuto al creditore, aprendo quindi la strada a quello che viene considerato uno dei problemi più difficile da affrontare in materia di mora credendi: se per l'esistenza della mora credendi sia sufficiente un puro e semplice verificarsi dei fatti giuridici contenuti nella disciplina o se necessita l'imputabilità del rifiuto, ovvero se occorre una vera e propria colpa del creditore (mora culpata). In proposito non si può ricavare una risposta certa dalle fonti romane, in quanto in qualche testo si parla di " nolle accipiendi", mentre altre volte si 124 usano espressioni equipollenti riferito sia alla mora credendi che a quella solvendi. Il giureconsulto Africano52, nella frase 37, del Digesto XVII, ci dice "per promissorum steterit, quominus suo die solveret aut per creditorem quominus acciperet, neutri eorum frustatio sua prodesse debat" con le quali frasi fa riferimento solo alla mancanza di una legittima scusa. Il Windscheid, pur considerando ambigui i passi del Digesto, osserva che la mora accipienti arreca delle conseguenze dannose e che esse non possono essere addebitate a chi è innocente. Una sentenza storica53, della Corte di Cassazione di Napoli 27 Luglio 1889 ha ritenuto costituito in mora il creditore che si era assentato nel momento in cui il debitore aveva proceduto in conformità alla procedura di liberazione prevista dal vigente codice di procedura civile, senza indagare se l’assenza fosse volontaria o forzata. Il tribunale di seconda istanza, al contrario, 52 Il riferimento del frammento del digesto lo si può ritrovare nell’Enciclopedia giuridica del Novecento , op cit, pag 625. 53 Il riferimento alla sentenza della Corte di Cassazione lo si può ritrovare in Enciclopedia giuridica del Novecento,op.cit. pag 915. 125 aveva considerato l'assenza come calcolata ed atto quindi di volontario rifiuto. La considerazione che ne consegue è la possibilità di ritenere che l’elemento dell'imputabilità sia indispensabile per verificare se l'omesso comportamento del creditore sia la causa per dar luogo alla costituzione della mora. Si ritiene, infatti, che un fondamento puramente oggettivo della mora potrebbe determinare delle conseguenze dannose, non solo sul creditore non imputabili, ma anche sul debitore, in quanto si potrebbe verificare l'ipotesi di mora accipiendi i cui effetti verrebbero ad essere sopportati dal soggetto passivo54. La necessità di considerare l'imputabilità della condotta omissiva del creditore si ha, non già per dimostrare la nascita della mora credendi, ma per provocare l'estinzione della mora solvendi. L'art. 1221, c.c. infatti, togliendo efficacia all'art. 1218 c.c., fa ricadere sul debitore moroso la conseguenza dell'impossibilità sopravvenuta 54 Ferrini, De Crescenzo, Mora del creditore , voce obbligazione in Enciclopedia giuridica, op.cit., pag.625 ss. 126 della prestazione, anche quando ciò dipenda da una causa non imputabile al debitore. Questo principio vale anche nel caso di impossibilità temporanea, in base al quale il debitore è responsabile del ritardo anche quando a perpetuare tale ritardo non sia un fatto da lui voluto. Ne consegue che quando l'impossibilità temporanea dipende dal creditore, essa è a carico del soggetto passivo che si è reso responsabile del ritardo. Dato che la pugatio morae avviene mediante adempimento, o mediante un surrogato di esso consistente nella procedura coattiva di liberazione, ne consegue che se l'adempimento non è possibile per un fatto del creditore ma a costui non imputabile, il debitore, finchè non si avvale della procedura di liberazione, resta nella situazione di mora e non si scioglie della relativa responsabilità. Per cui per far sì che il debitore sia esonerato dalla responsabilità per ulteriore ritardo è indispensabile che il fatto da cui deriva il ritardo dipende dal creditore, cioè richiede che sia a lui imputabile e il conseguente suo stato di mora sia fondato su un suo fatto colposo. La necessità di un fatto colposo del creditore 127 come causa della mora assume particolare rilevanza sotto il profilo della responsabilità per danni, che vengono causati dal ritardo della prestazione al debitore. Questa responsabilità intanto sussiste in quanto il ritardo sia causato da un fatto imputabile al creditore, manifestandosi come omissione colposa della cooperazione. La mora accipiendi è capace di fare sorgere nel creditore l'obbligo del risarcimento soltanto perché fondato su un fatto imputabile al creditore e si riallaccia alla considerazione che la colpa può sussistere solo se vi è un obbligo da attuare e un diritto da rispettare. La determinazione del comportamento imputabile postula la realizzazione di una responsabilità, la quale sussiste solo se esiste un obbligo. Il non rispetto dell'obbligo pone responsabilità, la quale si concreta come manifestazione della lesione del diritto. E' in questo contesto che riemerge e prende corpo quel rapporto complementare caratterizzato dalla posizione di diritto del debitore ad attuare la prestazione e quello di obbligo del creditore di ricevere la prestazione. La necessità che vi sia un'intenzionale attività omissiva è testimoniata anche dalla 128 struttura delle fasi della procedura di liberazione, in quanto se il creditore dovesse cadere in mora perché è mancata la sua cooperazione e fosse quindi del tutto irrilevante indagare le ragioni che hanno determinato l'omissione, non si spiegherebbe perché la nostra legge richiede, il presupposto indeclinabile dell'offerta formale. Quest'atto influisce direttamente sulla volontà del creditore, in quanto il debitore lo informa della mancata attività richiestagli e della necessità di questa attuazione, ponendolo nell'alternativa di fornire tale concorso o subire le misure disposte dalla legge a suo danno55. Qui la manifestazione volitiva è elemento determinante per la sorte della procedura di liberazione, la quale contiene in se la chiara imputabilità dell'attività omissiva del creditore. Ciò non può essere smentito neanche dall'inciso contenuto nella prima ipotesi dell'art. 1206 c.c. "senza motivo legittimo", in quanto da essa non può essere dimostrata l'esistenza di un'omissione ingiustificata. Un'attenta lettura del testo indica "motivo legittimo" non allude certamente 55 Falzea op. cit. pag.177 ss. 129 alla mancanza di un elemento soggettivo come la colpa, ma si riferisce a situazioni che costituiscono cause di giustificazione del rifiuto del creditore. Esse possono essere ricondotte ad ipotesi di comportamento scorretto del debitore o nel caso in cui l'attività di cooperazione potesse determinare per il creditore rischi ingiustificati alla stregua del principio di correttezza. I casi proposti in giurisprudenza sono quelli in cui il debitore compie l'atto di costituzione in mora in modo incompatibile con il principio di buona fede, o quando l'ammontare del debito è giudiziariamente in contestazione56. Questi esempi dimostrano come il motivo legittimo non esclude la colpa, anzi la presuppone. b) Parallelismo tra mora solvendi e mora accipiendi. 56 In riferimento ai casi di giurisprudenza vedi: Visentini, Mora del creditore, in Trattato di diritto privato , a cura di Rescigno , IX; 1, Torino , 1984 pag. 135. 130 Nel nostro diritto positivo la mora debendi e la mora credendi vengono a coordinarsi sullo stesso piano nella disciplina generale dell'adempimento, ponendosi come istituti corrispondenti e paralleli. Questa peculiare caratteristica viene ad essere determinata dall'omogeneità degli elementi costitutivi in quanto così come alla base della mora accipiendi è posta la colpa del creditore così nella mora debendi vi è la colpa del debitore. La figura della mora accipiendi è stata oggetto di considerazione giuridica limitata, dato che i problemi giuridici erano tutti monopolizzati nei confronti della mora solvendi. La crescente importanza giuridica che nella vita commerciale e industriale è venuta ad assumere la mora del creditore ha indotto i giuristi ad accentuare i suoi profili normativi, attenuando qualsiasi legame con la figura della mora solvendi, arrivando a distinguere totalmente i due istituti, soprattutto dal punto di vista della loro finalità normativa. A smentire ciò si è rilevato che l'adempimento realizza l'obbligazione e attua i contrapposti interessi delle parti costituite nel rapporto. L'inadempimento, invece, comporta il 131 sacrificio di questi interessi per i quali l'ordine giuridico interviene, predisponendo mezzi per la realizzazione di un duplice scopo. la legge in primo luogo vuole evitare che la rottura dell'equilibrio dei contrapposti interessi dell'obbligazione determini ulteriori aggravi, e che la parte veda perciò aumentare il pregiudizio causato dal contegno della controparte, assolvendo una funzione cautelativa. Persegue, in secondo luogo, il fine di ricomporre l’equilibrio tra gli interessi lesi, soddisfacendo, senza la volontà di colui che si è reso colpevole dell’inadempimento e tramite gli organi dello Stato, l'interesse del soggetto violato, assolvendo una funzione satisfattiva. Entrambe queste finalità sono presenti negli istituti della mora, la cui realizzazione di interessi divergono verso opposte direzioni. A prescindere dalla funzione soddisfattiva presente in entrambe con la sanzione del risarcimento del danno, la legge si preoccupa, con la creazione dell'istituto della mora solvendi, di impedire che possa continuare a nuocere all'interesse creditorio lo stato di inadempimento causato dal debitore; con la mora accipiendi, 132 invece, si preoccupa di impedire che il debitore subisca ulteriori danni nella propria sfera giuridica causati dal perdurare dell’obbligazione. L’analogia di compiti, nella quale si riflette la differente posizioni dei soggetti dell'obbligazione in seno al rapporto, e l'identità di struttura nella formulazione della tutela giuridica contro il comportamento illecito di una delle parti, impone di configurare come paralleli i due distinti istituti. Essi vengono a costituire, con la loro diversa sfera di efficacia, uno degli spazi normativi più significativi nell'ambito della disciplina giuridica dell’inadempimento57. C) Omissione dell'attività necessaria. La seconda ipotesi indicata nell'art. 1206 c. c. consiste nel mancato compimento di quanto necessario affinché il debitore possa adempiere. Questa situazione potrebbe essere facilmente 57 Falzea op. cit. pag. 86 ss. Per il diritto tedesco vedi:Madai, Die Lehre von der Mora , Halle, 1837 ,pag 227 e ss.; Wolff, Die Lehre von der Mora ,op.cit., pag 406 e ss . 133 confusa con la prima ipotesi contenuta nell'art.1206, poiché quando il creditore rifiuti di ricevere “il pagamento offertogli” egli non compie quanto è necessario affinché il debitore possa adempiere. In questo modo viene ad essere ricompreso la seconda ipotesi nella prima, limitando, l'esperibilità della procedura liberatoria solo nei confronti delle obbligazioni pecuniarie. Così non è in quanto la ratio discriminante viene ad essere messa in rilievo dal fatto che l'offerta reale necessita ogni qualvolta l'attività del creditore consiste esclusivamente nel ricevere la prestazione e quindi si tratta di un obbligazione di dare o di consegnare, aventi per oggetto, "beni" e non semplice moneta58. Il contenuto dispositivo indica un esplicito rinvio ai singoli rapporti obbligatori, in quanto non è possibile stabilire in via astratta quanto è necessario senza far rinvio alla concreta attività di cooperazione la cui mancanza fa scattare, gli effetti della mora. La collaborazione di cui si lamenta la mancanza deve essere strumentale all'adempimento, il che avviene quasi sempre nelle 58 Ravazzoni op. cit. pag. 902 134 obbligazioni di fare o di consegnare; come ad esempio gli obblighi di fornire informazioni, di dare istruzioni, eseguire lavori preliminare. Gli obblighi di cooperazione, però, oltre che risultare dal contenuto del contratto, o da norme specifiche del codice civile, possono risultare dalla interpretazione del principio di correttezza. Questo principio si configura come determinante nel creare figure di obblighi atti a prevenire comportamenti che non sono conformi alle regole dettate dal singolo contenuto e dal quale non sia desumibile un'esplicita tutela. La creazione di obblighi integrativi di protezione delle posizioni soggettive dei titolari del rapporto giuridico ha fatto si che essi potessero essere controllati e determinati da coloro i quali del diritto garantiscono l'applicazione. Al giudice, infatti, è garantito. tramite la norma contenuta nell'art. 1175, un valido strumento di controllo della pretesa del creditore, ritenendo possibile verificare che la non attuazione della prestazione dipenda da circostanze non direttamente relazionabili al comportamento del debitore. Una 135 recente sentenza del tribunale di Napoli59 ha fatto applicazione di questo principio ai fini dell’applicazione dell’istituto della mora, desumendo dalla particolare natura del contratto, in base al quale una società commerciale aveva assunto l'impiego di organizzare un'agenzia di vendita per conto di un'altra società produttrice, un obbligo di dare informazioni sulla propria produzione a carico della società creditrice. recente della Cassazione60, nella quale Una sentenza veniva esaminato il caso riguardante un contratto di somministrazione a prestazioni ripartite, ha ritenuto, in base alla regola di correttezza, in mora il creditore che, avendo trascurato di ricevere le singole prestazioni alle rispettive scadenze, le aveva pretese tutte in un solo momento, senza tener conto della capacità produttiva del somministrante. L'ampia formulazione adottata dal legislatore consente ai giudici di individuare alla stregua del principio di correttezza una seria di obblighi di cooperazione a 59 Il riferimento alla sentenza del tribunale di Napoli:Visentini , Mora del cerditore, op,cit.pag 139 60 Cass,28 luglio 1977 n. 3360, in giur, It 1977 pag 715 136 carico del creditore, la cui osservanza è strumentale all'adempimento; dovendosi ritenere tale anche la cooperazione diretta a tutelare la sicurezza della persona del debitore tutte le volte che sia strettamente implicata nell'esecuzione del rapporto e nell'ambiente in cui questo si svolge61. 61 Visentini , Mora del creditore , in Trattato di Diritto Privato a cura di Rescigno, voce obbligazioni e contratti, op. cit. pag.133 ss. 137 FACOLTA' E POTERI GIURIDICI INERENTI AL DIRITTO SOGGETTIVO DEL DEBITORE: ART. 1207 c. c. Il diritto soggettivo è caratterizzato dalla presenza di poteri, e facoltà, atti a dare piena attuazione allo stesso diritto in caso di sua violazione. Il diritto del debitore è accompagnato da particolari poteri atti a dar vita alla sua piena realizzazione potendo agire richiedendo l’applicazione di particolari sanzioni. L'art. 1207 c. c., 2° comma stabilisce "Il creditore è tenuto a risarcire il danno derivante dalla sua mora e a sostenere le spese per la custodia e la conservazione delle cose dovute", per cui il violato diritto del debitore dall'omissione del creditore viene ad essere reintegrato mediante il risarcimento del danno. Si è rilevato però che il risarcimento del danno rappresenta una sanzione dell'illecito civile e come tale non può essere invocato per dimostrare la natura di diritto soggettivo della posizione debendi. La dottrina moderna tende a scindere la nozione di illecito, in quanto lesione di un comando di legge, e di danno, in quanto 138 lesione di un interesse giuridico62. La scissione dei due istituti conduce alla definizione di particolari zone in cui è esclusa ogni interferenza, essi vivono indipendentemente l'uno dall'altro: cioè quale illecito non risarcibile e quale danno lecito. Il richiamo al risarcimento del danno sembrerebbe essere infruttuoso in quanto l'art. 1207 c.c. si riferisce ad un caso di responsabilità senza colpa63 e che, di conseguenza, l’omissione di attività di cooperazione costituisce violazione non di un diritto soggettivo ma di un semplice interesse: concreta cioè un danno, ma non un illecito64. Ma è stato obiettato che comunque venga configurata la categoria dell'illecito non risarcibile non può essere messo in 62 In questo senso vedi:Coviello , La responsabilità senza colpa , in " Riv .It.Sc. giur. ", XXIII,1897, pag 188 e ss.; Carnalutti , Il danno e il reato , Padova , 1926 , pag. 19 ; Cesarini Sforza , Risarcimento e sanzione , in Scritti giur. in onore di S. Romano , I, Padova 1940 , Pag 149 e ss . 63 Infatti il Barassi op. cit. pag 59 e ss , pur essendo sostenitore della teoria della mora inculpata , afferma l’esistenza di un obbligo del creditore al risarcimento del danno. Nello stesso senso , lo stesso Autore in Il contratto di lavoro nel diritto positivo italiano , II, 2°ed., Jena 1863 , pag 659 e ss. Nello stesso senso : Scaloja , Lezioni di diritto romano . Diritto delle obbligazioni , Roma , 1899, pag 212 il quale sostiene che " la mora credendi non si può considerare come violazione di un dovere da parte del creditore , ma semplicemente come un fatto da cui il debitore non deve subire il danno." 64 Il diritto tedesco esclude l’esistenza di un obbligo del risarcimento del danno a carico del creditore in considerazione del principio accolto dal B.G.B.della mora incolpata :in questo senso vedi: Enneccerus-Lehmann, Lehrbuch des B.R., II, Recht der Schulderhaltnissen, 12° ed. Marburg, 1932, pag 22 139 dubbio che la legge pone come principio generale la regola che non ogni danno dà luogo a risarcimento, ma soltanto quello che proviene da un illecito. Il complesso di diritti, assoluti e relativi, che formano la sfera giuridica del soggetto realizza, invero, una zona protettiva di tutti gli interessi personali e patrimoniali, che ad esso fanno capo. Non si dà perciò lesione di un interesse giuridico che non sia nel medesimo tempo lesione di un diritto soggettivo e non concreti di conseguenza un’illecita65. Quando la legge si limita a disporre l'obbligo del risarcimento del danno in conseguenza di una determinata lesione, e non sussiste una norma giuridica che tale lesione autorizzi, è inevitabile dedurre che il danno, di cui è imposto il risarcimento, ha costituito lesione di un diritto soggettivo alla persona titolare, concretando un illecito. Il risarcimento del danno costituisce, dunque, la sanzione di un atto antigiuridico e realizza perciò un fenomeno di giustizia correttiva a favore del debitore, così come il risarcimento del danno per 65 Questo problema è stato affrontato dal Siebert, Verwirkung und Unzulassigheit der Rechtsausubung , Marburg in Hessen 1934, pag 100 e ss inadempimento costituisce un fenomeno di giustizia correttiva a favore del creditore. Altro effetto che deriva dall'art. 1207 c.c. è la sospensione degli interessi per la somma dovuta. La sospensione dell'obbligo dagli interessi si chiarisce per il suo specifico ufficio come sanzione inflitta al creditore, e precisamente una sanzione volta ad attuare una coazione indiretta sullo stesso affinché esca dalla situazione antigiuridica in cui si è messo con il rifiuto di cooperare all'adempimento. Anche qui si evidenzia la strutturazione della posizione debendi come diritto soggettivo, in quanto questa sanzione non sarebbe giustificata, qualora non discendesse dalla violazione di un obbligo giuridico66. Questi effetti, che non sono strettamente legati alla necessità di alleviare al debitore il peso della ritardata liberazione e che invece colpiscono l'illegittimo comportamento del creditore, non potrebbero spiegarsi se non come conseguenza della violazione di un diritto soggettivo del debitore67. 66 67 Sul punto vedi:Thon, Norma giuridica e diritto soggettivo , Padova , 1939 , pag 60 e ss Falzea op. cit. pag.65 ss. 141 PROCEDURA COATTIVA DI LIBERAZIONE. RIMEDIO GIURIDICO PER REALIZZARE IL DIRITTO SOGGETTIVO. L'esigenza dettata proprio dalla possibilità di ripristinare l'equilibrio violato degli interessi che figurano nell'obbligazione, ed insieme al bisogno di rimuovere il turbamento arrecato da una delle parti, hanno indotto il legislatore ad affidare ad un organo dello Stato il compito di pronunziare la liberazione del debitore. Un grave pregiudizio verrebbe a subire la sicurezza dei rapporti obbligatori qualora la legge imponesse di considerare il debitore liberato prima che il conflitto tra costui e il creditore abbia trovato una composizione giudiziale. La complessa fattispecie dalla quale discende lo scioglimento dell'obbligato dal vincolo risulta composto da tre fatti esistenti, collegati da un rapporto necessario e tutti convergenti al fine ultimo della liberazione. Il fenomeno complessivo si presenta come un procedimento in senso tecnico in cui le fasi salienti sono l'offerta formale della res debita; il deposito (o il sequestro) della cosa 142 preventivamente offerta, il giudizio di convalida. La fase dell'offerta consiste in un’intimazione che il debitore indirizza alla controparte, affinché sia fornito il predetto concorso all'attività solutoria; la sua efficacia si concreta nel predisporre, per il caso in cui il creditore non si uniformi all'invito rivoltogli, una situazione giuridica che legittimi l’attuazione di fasi ulteriori e più tipicamente liberatorie della procedura. Superato con detta formalità lo stato iniziale o della costituzione in mora, il debitore è senz'altro autorizzato a porre in essere gli elementi di fatto che si indirizzano nel deposito ovvero nel sequestro della cosa dovuta; essi rappresentano equipollenti approssimativi per quella parte o frazione di adempimento che dipende dall'obbligato. Ma la vera e propria liberazione avviene con la sentenza di convalida. L'art. 1210 c. c., prevedendo la possibilità del deposito della res debita, e considerando il debitore libero dalla sua obbligazione, ne subordina l'efficacia al passaggio in giudicato della sentenza di convalida. La pronuncia giudiziaria di convalida, che per effetto 143 di legislazioni straniere68 era considerata momento marginale, acquista, all'interno della procedura, una posizione di primo piano. Basti rilevare, per questo, che la mora accipiendi non si può costituire semplicemente mediante offerta ma occorre questo provvedimento, i cui effetti retroagiscono al momento dell'offerta e del mancato concorso. Essa è una sentenza costitutiva, poiché, accertato il diritto del debitore alla liberazione coattiva, segue la modificazione del preesistente rapporto obbligatorio in quanto il debitore risulta esonerato dal vincolo giuridico. La funzione del provvedimento consiste non già nella semplice contestazione o verifica della validità degli anteriori atti della procedura liberatoria, ma invece nella realizzazione coattiva del diritto alla liberazione. La sentenza di convalida si pone, perciò, tra i provvedimenti giurisdizionale che attuano una realizzazione coattiva di interessi, e con essa assume questa funzione l’intera 68 Nel caso di specie vedi la legislazione tedesca che considera il mezzo giuridico del deposito come determinante per realizzare l’effetto liberatorio. In questo senso vedi : Muhlenbruch, Doctina Pandectarum , Bruxelles, 1851, pag 371; Hunterholzner, Quellenmassige Zusammenstellung der Leher des romischen Rechts von den Schuldverhaltnissen, I, Leipzig, 1840 , pag 107 e ss 144 procedura di liberazione, della quale detta sentenza costituisce il momento conclusivo. Nei confronti di questo rimedio la posizione del creditore non può assolutamente definirsi di potere, in quanto il subietto viene completamente soggiogato dalla procedura liberatoria. La posizione che il creditore assume, in riguardo al rimedio, è quella passiva, che ha come posizione correlativa quella attiva del debitore, che concerne tutte le fasi in cui si articola la procedura di liberazione, a cominciare dall’offerta. Tale atto, presentandosi come un’intimidazione alla controparte di prestare il proprio concorso, non costituisce una semplice partecipazione all’adempimento, ma una vera e propria manifestazione di volontà, che ha come contenuto un comando giuridico rivolto al creditore, e presuppone un potere giuridico del debitore rispetto all'attività comandata. Contro l'esistenza di una pretesa del debitore al concorso della controparte, si è creduto di trovare un argomento insuperabile nella circostanza che l'ordine giuridico non conferisce il potere di conseguire coattivamente il concorso del creditore, di costringere cioè quest'ultimo a 145 cooperare, poiché l'offerta reale si presenta diversamente dai rimedi giuridici previsti per la tutela del creditore. Questa costruzione, però, è priva di fondamento logico in quanto l'intervento giurisdizione incida in via non esecutiva sul mezzo, degli ma organi della sullo scopo dell'obbligazione, non mira a far funzionare il meccanismo primario di attuazione del rapporto obbligatorio, ma si sostituisce senz'altro a tale meccanismo, al fine di realizzare l'interesse rimasto insoddisfatto. Il carattere di soggezione inerente ad ogni rimedio giuridico sta nel realizzare l'interesse insoddisfatto facendolo gravare sul patrimonio del debitore, indipendentemente dalla sua volontà, cioè mediante un'aggressione nella sfera giuridica del soggetto passivo, che non si concretizza quindi nell'agire direttamente sulla volontà dell'obbligato per costringerlo ad assumere forzatamente il contegno dovuto. L'interesse che acquista rilevanza giuridica, in quanto rimasto insoddisfatto, è quello del debitore il cui rimedio giuridico riconosciutogli dall’ordinamento, (l'offerta reale) non si specifica 146 nel determinare una costrizione della volontà del creditore atta ad effettuare il concorso. Al pari dell'esecuzione forzata, essa determina la soddisfazione dell'interesse facendolo gravare sul patrimonio del creditore indipendentemente dalla volontà di quest'ultimo. Argomentazione ritenuta valida per smentire che la posizione del debitore sia di diritto è stata ritrovata nella particolare circostanza che la legge non conferisce alcuna azione di condanna per costringere il creditore a cooperare all'adempimento. Le azioni di condanna dovrebbero rappresentare la logica conseguenze di una posizione di diritto in quanto costituiscono il rimedio più adeguato per garantire la realizzazione dell’obbligo. Tutto ciò non può essere considerato come verità assoluta , in quanto se è vero che l'azione di condanna presuppone un obbligo giuridico inadempiuto, non può essere smentita l'affermazione opposta; non sempre cioè l'inadempimento dell'obbligo comporta l'esercizio di un’azione di condanna. La 147 violazione può essere sanata dando luogo ad una semplice azione costitutiva, la cui natura è presente nella sentenza conclusiva del procedimento liberatorio. L'intervento dell’autorità giudiziaria è reso necessario per l’attuazione dell’interesse debitorio, le cui fasi della procedura di liberazione possono essere attivate solo quando si è garantita la realizzazione di tutte le operazioni giuridiche che sono in grado di realizzare l'interesse creditorio. La subordinazione della tutela prevista per la posizione debitoria lascia intendere che la propria attivazione necessita del compimento di atti capaci di estinguere la pretesa creditoria, che, una volta attuati, lasciano emergere l’interesse del debitore ad essere liberato, che viene soddisfatto dalla sentenza di convalida. E' stato sostenuto69 che questa sentenza rivestirebbe carattere di mera accertamento trovando piena conferma logicagiuridica nella definizione contenuta nell'art. 1210 c.c., in quanto detta sentenza dichiara valido il deposito effettuato. Che non si 69 Scuto , La mora del Creditore , Catania , 1905, pag. 180. 148 tratti di una sentenza di accertamento deriva dal fatto che essa non si limita a contestare l'esistenza del diritto e a dichiarare validi gli atti precedentemente determinati, ma aggredisce direttamente il patrimonio del creditore, spogliandolo di un bene giuridico: il diritto di credito. La formulazione contenuta nell'art. 1210 c. c. non rivela altro che un lessicismo arcaico, usato per delineare la configurazione del fenomeno liberatorio. A conferma di ciò si deve sottolineare che ogni volta che la pronuncia giudiziaria si pone nel mezzo dell'iter costitutivo di una modificazione giuridica, ogni nesso causale tra il fatto e la modificazione deve inevitabilmente cessare. Per cui se l'accertamento di un determinato fatto segue una modificazione giuridica, si esorbita dai confini del pure accertamento e si attua un’ipotesi di accertamento costitutivo. La sentenza di convalida non presenta il fine ultimo delle mere pronunce di accertamento, in quanto non previene la futura ed eventuale aggressione di un precetto giuridico. Essa ha una funzione essenzialmente diversa, consistente nel riparare l'avvenuta violazione del precetto che 149 impone al creditore di procurare all'obbligato la liberazione dal vincolo, cooperando alla realizzazione dell'adempimento. Questa sentenza, quindi, si pone come realizzativa di una modificazione giuridica, riparando all'adempimento dell'obbligo e realizzando l'interesse del debitore alla liberazione. In quanto tale si pone al servizio del diritto soggettivo violato del debitore testimoniando la possibilità giuridica che questo diritto possa essere realizzato esercitando un’azione che porta in se effetto meramente costitutivo70. 70 Falzea, op. cit. pag. 384 ss. 150 LA DISCIPLINA DELL’ADEMPIMENTO DEL TERZO: DIFFERENZA TRA IL CODICE DEL 1865 E CODICE DEL 1942. L'esperienza giuridica ha rilevato che molto spesso l'obbligazione si estingue in base ad un evento che non è connaturale alla struttura in quanto non è direttamente collegabile all'attività solvendi del debitore. La regola dell'esatto adempimento investe il soggetto passivo del rapporto obbligatorio, la quale, però, può arrivare a considerare legittimo le operazioni che un terzo compie nel soddisfare l'interesse creditorio. Gli atti che il terzo compie nel determinare l'esatto adempimento appartengono alla fase esecutiva del rapporto, la cui determinazione è stata al centro di un lungo dibattito dottrinale sulla sua natura e struttura. La possibilità che il terzo possa realizzare tali tipi di operazioni è dettata da una considerazione di carattere pratico posta dall'assenza di una ragione, astratta tale da impedire che il 151 legittimo intervento del terzo possa far pervenire al creditore lo stesso bene e le stesse utilità che avrebbe realizzato con la prestazione del debitore. Il principio è antico ed ha le sue radici nel regime dell'obbligazione, in base al quale era considerato normale il riscatto da parte del terzo del debitore inadempiente assoggettato all'esecuzione personale, la cui fonte giuridica si riflette nella forma originaria della sponsio. Nel Digesto, infatti, si può leggere che "cum sit iure civili costituem licere etiam ignoranti initique meliorem condicionem facere" avendo la sua spiegazione in ciò che nel diritto antico, rappresentava il concetto di "obbligatio", il quale era espressione di uno stato di assoggettamento reale dell'obligatius, considerando naturale che altri per esso potessero soddisfare il creditore71. Con il trascorrere del tempo la struttura dell'obbligazione è mutata, con conseguente modificazione del significato che l'intervento del terzo poteva avere. 71 Cannata, Adempimento del terzo, In Commento al Codice Civile , a cura di ScalojaBranca , Bologna-Roma, 1974, pag 79 e ss . 152 L'obbligazione nasce e si struttura come, realizzazione dell'interesse creditore mediante attuazione della prestazione da parte del debitore, per cui l'atto del terzo viene ad essere considerato come possibilità giuridica di adempiere l'obbligo altrui, con effetti verso il debitore. Il codice del 1865 dedicava all'adempimento del terzo due articoli: il 1238 e 1239, che rappresentavano la riproduzione degli articoli contenuti nel codice francese. L'art. 1238 affermava che "le obbligazioni possono estinguersi col pagamento fatto da qualunque persona che abbia interesse, come da un coobbligato o da un fideiussore. Le obbligazioni possono anche essere estinte con pagamento fatto da un terzo che non abbia interessi per la liberazione del debitore”. In questo modo si mettevano sullo stesso piano ipotesi assai diverse: nel primo comma il terzo assume la veste di debitore, nel secondo comma si concentrava l'ipotesi di un vero e proprio adempimento dell'obbligo altrui. La disciplina codicistica mentre da un lato sanciva il principio della possibilità dell'adempimento del terzo, dall'altro ha introdotto un 153 criterio distintivo che non ha nessun rilievo dogmatico e filologico in quanto si è lasciato libero di agire il terzo interessato, non ponendogli alcun limite all'adempimento, e si è invece subordinato l'interesse del terzo non interessato alle liberazioni del debitore; nel caso in cui avesse agito in nome proprio, alla condizione che esso non avesse beneficiato della surrogazione dei diritti del creditore72. Massima preoccupazione per il legislatore era di evitare che la posizione del debitore risultasse aggravata per effetto dell'intervento del terzo, rendendo attuabile il noto principio favor debitoris. La disciplina aveva dato vita a non poche divergenza sulla sua applicazione , necessitando un processo di semplificazioneastrazione che è stato realizzato dal legislatore del 1942. Dal punto di vista sistematico questo risultato di semplificazione si è raggiunto con la cancellazione della distinzione terzo interessato e 72 Natoli, L'Attuazione del rapporto obbligatorio , in Trattato di Diritto Civile e Commerciale , a cura di Massineo , Milano , 1974, pag, 182 e ss. 154 non interessato73, cade ogni limite all'intervento fondato sul vantaggio del debitore ma si pone una variante molto significativa rispetto alla disciplina codicistica del 1865. Il codice prende in considerazione gli interessi in gioco e concede ad entrambi le parti la possibilità di effettuare opposizione. L'opposizione del debitore ha creato sicuramente più dubbi e più perplessità sulla propria strutturazione e sulla propria incidenza effettuale nella sfera giuridica del creditore. Ed è proprio su questa capacità di intervento del debitore, che si presenta come massima espressione del suo disappunto nel concedere ad un terzo estraneo la possibilità di un interesse solutorio, sono state avanzate svariate opinioni sulla sua definizione normativa. Le varie tesi oscillano tra poli completamenti opposti da quelle che ritenevano tale opposizione del tutto priva di effetti, per cui il creditore aveva pur sempre l'onere di accettare l'offerta del terzo o quella che si riteneva il creditore avesse dovuto rifiutare tale offerta . 73 Di Majo ,Dell’obbligazione in generale, in Commento al codice civile a cura di Scialoja e Branca ,op. cit., pag .41 e ss. 155 La tesi intermedia, in base alla quale il creditore ha una mera facoltà di accettare la prestazione del terzo, è stata accolta dal nostro codice, bilanciando, però, detta facoltà con il suo interesse ad essere soddisfatto personalmente del debitore. Questa esigenza in qualche modo già presente nel codice del 1865, che prevedeva la possibilità normativa della non accettazione in caso di interesse di una prestazione personale del soggetto passivo. L'art. 1239 del codice abrogato, infatti, affermava che "l'obbligazione di fare non può adempiersi da un terzo contro la volontà del creditore, ove questi abbia interesse a che sia adempiuta dal debitore medesimo". Secondo l'opinione prevalente si tendeva ad escludere la rilevanza dell'intervento del terzo nei casi in cui la prestazione del debitore avesse carattere dell'infungibilità, e a tale carattere che si limitava la possibilità del creditore di poter rifiutare l'offerta del terzo. Il codice attuale ha notevolmente attenuato questi limiti, facendo riferimento all'obbligazione in generale, obliando la natura della prestazione, 156 ponendo in risalto l'interesse creditorio74. Il bilanciamento delle contrapposte esigenze e la necessità di spostare il baricentro della tutela sull'interesse del creditore ha posto le basi per la stesura della norma contenuta nell'art. 1180 la quale recita: "L'obbligazione può essere adempiuta da un terzo, anche contro la volontà del creditore, se questi non ha un interesse a che il debitore esegue personalmente la prestazione. Tuttavia il creditore può rifiutare l'adempimento offertogli dal terzo, se il debitore gli ha manifestato la sua opposizione. 74 Natoli, Attuazione del rapporto obbligatorio, op. cit. pag. 185. 157 STRUTTURA DELL'INTERVENTO DEL TERZO E NATURA DELL’OPPOSIZIONE. La norma, se da un punto di vista pragmatico appare di estrema semplicità, da un punto di vista teorico ha suscitato molte discussioni riguardanti la struttura e la natura dell'intervento del terzo. Il principio che viene dedotto dalla norma consiste nella possibilità concesso ad ogni terzo di adempiere l'obbligo altrui, investendo il lato passivo del rapporto, non viene ad incidere il diritto di creditore, in quanto se rientrasse in tale ambito, avremmo esercizio di diritti altrui, e non adempimento di obbligo altrui. Premesso che la possibilità di effettuare la disposizione riguarda il debito, è prevista quindi, che il terzo interviene nel rapporto in base alla propria capacità di disporre, non essendo legato all'attribuzione di uno specifico potere. L'attribuzione del potere è indice rilevatore della distinzione normativa della figura del terzo rappresentante rispetto al terzo adempiente, ipotesi prevista e regolata dall'art. 1180 c. c. Quest'affermazione non ha 158 avuto unanime consenso nel mondo giuridico,infatti, la dottrina pandettistica75 ha sostenuto che il terzo, poteva agire o come terzo o come rappresentante. Più incisivamente lo Jhering ha affermato che l'atto solutorio dovrebbe essere ricompreso nella categoria della rappresentanza diretta76. Ciò è dimostrato dalla particolare osservazione in base alla quale la liberazione del debitore non avviene quando il creditore ha ottenuto la prestazione, poiché se così fosse, la liberazione dovrebbe aversi anche nel caso in cui il terzo paghi credendo di pagare un debito proprio. Per cui liberazione non si pone come la risultante di un’equazione il cui termine risolutore si evidenzia nel pagamento, ma si realizza nella circostanza che il risultato è stato determinato dallo stesso debitore, tramite la mediazione del terzo. Al medesimo risultato, percorrendo un iter differenziato, perviene anche un autorevole esponente della nostra dottrina, il Nicolò, sottolineando la non necessità di pervenire alla distinzione di terzo adempiente e terzo 75 76 Gruchot, Lehe von der Zahlung der Geldschund , 1871 , pag . 18. Jhering , in Jahrbucher fur die Dogmayik, I, pag. 273e ss. 159 rappresentante77 ritenendo applicabile i principi della norma sull'andamento del terzo anche quando quest'ultimo abbia agito in nome del debitore. L'autore ritiene, che, sotto il profilo esterno, cioè tenendo presente il rapporto tra il solvens e il creditore, la rappresentanza è uno schema sovrabbondante, la cui esistenza non inficia. La realizzazione del diritto del creditore e l'estinzione dell'obbligo, che in quanto tale si realizzano in tutti i casi, indipendentemente dalla esistenza di un potere rappresentativo nel solvens. Ciò è dimostrato dal fatto che il creditore è legittimato a trattenere quanto il terzo ha adempiuto in nome del debitore anche quando mancano gli estremi della rappresentanza. Il creditore, infatti, potrebbe trattenere il risultato dell'attività solutoria anche nel caso in cui vi fosse stato una dichiarata proibizione del debitore di pagare in suo nome. La legge, infatti, nel fenomeno dell'adempimento dell'obbligo si pone dal punto di vista della tutela del creditore e riconosce efficacia solutoria 77 Orlando Cascio , Estinzione dell’obbligazione per il conseguimento dello scopo , Milano, 1938, pag. 130 e ss. 160 anche alla prestazione da parte del terzo che agisce in nome proprio, indipendentemente dalla volontà del debitore e persino contro la volontà di questo. La costruzione teoretica dell'autore ha suscitato molti dissensi, in dottrina, le cui critiche si sono indirizzate nell'evidenziare la non giusta rilevanza che l'autore, ha attribuito ad un atto che costituisce la fonte giuridica dell'agire del terzo78. Ogni qualvolta si agisce come rappresentante è necessario che il rappresentato abbia rilasciato una procura che legittima l'intervento all'attività solutoria. ulteriore dato che differenzia le due ipotesi nel potere concesso al creditore di controllare se il terzo sia munito di procura, e nel caso contrario, potrà rifiutare l'attuazione della prestazione. E' da rilevare che la caratteristica principale della rappresentanza consiste nel riferire direttamente gli effetti giuridici dell'attività dal rappresentante nella sfera giuridica del rappresentato. Il rappresentante può compiere l'atto in quanto esso è direttamente voluto dal 78 Zimmermann, Die Lehre von der stellvetretende Negotiorum gestio , Strassburg,1876, pag. 301; Wieland, Die Ermachtigung zum Leistungsempfang, in Archiv. fur die civ. Praxis, 1904 , pag 181 e ss 161 rappresentato, il quale beneficia di tutti i vantaggi e svantaggi giuridici provenienti dall'atto. L’istituto della rappresentanza verrebbe snaturato nella sua fisionomia se si presentasse come possibilità per un terzo di agire provocando effetti nell'altrui sfera giuridica senza il consenso del soggetto interessato. Per cui quando il solvens agisce quale rappresentante stiamo fuori dal campo dell’adempimento del terzo, anzi, in alcuni casi la relativa normativa viene ad essere utilizzata quando la tutela giuridica dettata per la realizzazione degli interessi del rappresentato non è ritenuta sufficiente79. Ciò avviene quando, ad esempio, il terzo abbia abusato dei poteri conferitogli dal debitore e quest'ultimo ritenga poco praticabile la norma dell'annullamento dell'atto del rappresentante in conflitto di interessi con il rappresentato. In questo caso il debitore potrà agire opponendosi all'intervento del terzo in base alla disposizione contenuta nel secondo comma dell'art.1180. Il debitore ha un diritto di opposizione al pagamento del terzo illimitato e non ammette discriminazioni da parte del 79 Orlando Cascio , po cit. pag 134 162 terzo o del giudice, salva soltanto la valutazione della convenienza da parte del creditore, al quale spetta la scelta tra l'accettazione della prestazione e la conservazione del proprio credito80. La disputa sulla configurazione dell'intervento del terzo si è completamente sopita in relazione alla pronuncia della Corte di Cassazione, la quale ha previsto che questo intervento deve essere del tutto svincolato da qualsiasi tipo di legame con la posizione attiva81. La "massima" indicata nella sentenza rende chiara l'idea di un intervento spontaneo ed autonomo, presupponendo che il terzo non aveva altro scopo che quello di liberare il debitore dall'adempimento e da quelle che potrebbero essere le possibili conseguenze dell'inadempimento. Tale adempimento deve essere caratterizzato dall'assenza di precedenti accordi o convenzioni, tali da poter escludere qualunque interesse del terzo alla prestazione e qualunque interesse del creditore a pretenderla personalmente dal debitore. L'intervento del terzo 80 App. Roma , 8 Marzo 1952 , in Foro It. Rep. 1952. voce obbligazione e contratti , pag . 1839. 81 Cass. 20 maggio 1952 , n.1681 . in Giustizia Civile , parte prima , pag. 1499 163 viene ad essere valevole solo quando non è coinvolto con interessi strettamente legati al rapporto obbligatorio sottostante. L'intervento del terzo, quindi, si pone autonomo, libero svincolato da qualsiasi tipo di legame con le posizioni soggettive del rapporto obbligatorio82. 82 Sull’impossibilità che l’adempimento del terzo possa essere assimilabile in tutte le sue caratteristiche strutturali alla figura giuridica della delegazione vedi :Schlesinger , Adempimento del terzo e delegazione di pagamento , in Temi , 1958, 572 e ss ; 164 I POSSIBILI INTERVENTI DEL TERZO Il terzo interviene per adempiere l'obbligazione, e questo compito potrebbe ledere posizioni soggettive delle parti presenti nel rapporto. L'intervento del terzo si pone, quindi, in modo autonomo non legato da particolari rapporti o interessi, con i soggetti dell'obbligazione. Quest'intervento, però, così strutturato potrebbe ledere la sfera giuridica del debitore o del creditore da un intervento non voluto ne desiderato. I rimedi giuridici previsti contro queste possibili lesioni sono diversi, in quanto la loro differenza è data dalla non omogenea tutela concessa alle parti per la difesa dei propri interessi. La disciplina codicistica, infatti, prevede una serie di strumenti adatti a realizzare l'interesse creditorio, soprattutto quando quest'ultimo è caratterizzato dalla necessità di essere soddisfatto solo dal comportamento del debitore. Di converso, una tutela esplicita di quell'interesse che è stato la base dell'assunzione del vincolo obbligatorio, da parte 165 debenti, sembrerebbe essere solo accennata, ma non realizzata in pieno. L'autonomia gestionale di intervento del terzo, infatti, metterebbe al riparo da qualsiasi tipo di tutela l'interesse debendi menzionato, in quanto si ritiene meritevole di considerazione giuridica la scusante pragmatica consistente nella impossibilità, per il soggetto passivo, di esprimere un rifiuto nei confronti di un’attività che comporta liberazione ed estinzione dell'obbligazione. La giustificazione è soltanto apparente in quanto non sempre la necessità è alla base dell'assunzione obbligatoria; l'interesse potrebbe porsi come caratterizzato da una funzione di adempiere, in relazione ad una situazione pratica in base alla quale il rapporto nasce per liberarsi da un gravame. Questo vincolo è determinato da un’esigenza di fondo per cui il debitore assume questa veste per adempiere l'obbligazione; la relativa estinzione posta dal terzo non renderebbe soddisfatta quest'esigenza, laddove l'adempimento non fosse attuato. Non si può assurgere a principio una situazione generalizzata di pura 166 logica pragmatica che, non ritrova come suo contraltare, un’espressa previsione normativa atta a realizzare un’esplicita tutela. Non essendoci una norma positiva non si può neanche ipotizzare la nascita di un'eccezione, la quale si pone come base normativa per utilizzare gli strumenti giuridici previsti dall'ordinamento per attuare la prestazione. L'esigenza di adempiere la prestazione è direttamente ricollegabile all'interesse del pars debitoria in quanto costui ha assunto l'obbligo per liberarsi da un precedente gravame. L'obbligazione nasce come necessità di liberarsi dal vincolo mediante adempimento, che potrebbe essere compromessa nel momento in cui il terzo realizza la prestazione. In caso di non opposizione creditoria, l'adempimento del terzo verrebbe a soddisfare l'interesse del creditore con consecutiva estinzione del suo diritto. L'obbligazione però, è caratterizzata dalla stretta connessione di quelle che sono le posizioni soggettive per cui se il diritto viene meno, si estingue anche l'obbligo, che non ha ragione di esistere senza il diritto. Se così fosse avremo realizzazione del diritto 167 creditorio con conseguente lesione dell'interesse ad essere liberato mediante adempimento del debitore, la vera causa della limitazione della sfera di libertà del soggetto passivo. La lesione di quest'interesse non fa altro che determinare la violazione del rispettivo diritto soggettivo del debitore ad adempiere, considerandolo privo di qualsiasi rilevanza giuridica. Un'attenta disamina dell'applicabilità della disposizione contenuta nell'art.1180 c. c. , dimostra non solo che l'interesse è degno di rilevanza giuridica, ma che il relativo diritto non viene ad essere leso. La finalità intrinseca della disposizione normativa si presenta non come possibilità di tutelare l'interesse del creditore, ne quello del debitore, ma essenzialmente quello terzo. Questo interesse viene ad essere considerato dalla legge meritevole di tutela, tale da giustificare l'intromissione in un rapporto giuridico altrui e la sua estinzione. Per attuare però la modificazione del rapporto sottostante il solo interesse del terzo non basta, è necessario che abbia un sostegno, che è dato da quello di uno dei due soggetti del 168 rapporto. Il gioco reciproco degli interessi dei vari soggetti che partecipano al fenomeno dell'intervento del terzo è determinabile in funzione dell'efficacia giuridica delle singole volontà, assunte come indici dei rispettivi interessi. Dall'art. 1180 c. c. appare che nell'alleanza delle volontà e degli interessi tra due soggetti prevale l'interesse e la volontà del soggetto che rimane violato. L'opposizione separata di una o dell'altra parte del rapporto risulta giuridicamente inefficace ad impedire la validità dell'intervento del terzo, mentre la congiunta opposizione dei titolari delle posizioni soggettive fa venir meno la tutela giuridica. Il terzo interviene efficacemente con l'accordo del debitore contro l'opposizione del creditore e viceversa, ma non può intervenire contro la concorde opposizione di entrambi. L'attuazione di questo gioco di interessi non pregiudica mai l'interesse del debitore ad essere liberato mediante adempimento ed una seria di situazioni giuridiche possono essere presi come punto di riferimento per dimostrare l'impossibilità che il relativo diritto della pars debendi sia leso dall'autonomia gestionale del 169 terzo intervenuto. Occorre distinguere il caso in cui il terzo agisce in virtù di un obbligo legale, in base al quale la preminenza degli interessi sarà determinata dall’ordinamento giuridico. L’impotenza del debitore di scongiurare l’intervento, e ad escludere , quindi ,la liberazione per via diversa , dipende dal fatto che la legge nel conflitto di interessi tra il terzo e il debitore, ritiene che il primo abbia prevalenza giuridica. L'interesse, infatti, del debitore è pienamente tutelato nei riguardi del creditore, ma non lo può essere nei confronti del terzo, poiché rispetto a quest'ultimo il debitore non si può opporre non perché non sia titolare di un interesse giuridico, ma perché è intervenuta la legge che , con una ponderata valutazione giuridica, ha ritenuto degno di tutela l'intervento del terzo, garantendo un equilibrato svolgimento dei rapporti giuridici. Se il terzo interviene in forza di un obbligo che scaturisce da un testamento, o da un negozio giuridico a favore di un terzo, il debitore ha innanzitutto il potere di rinunciare al beneficio dell'intervento. Ma, se nonostante la rinuncia o il rifiuto di 170 profittare, il terzo si ostina a pagare, è impossibile per il debitore impedire che la prestazione venga effettuata e che il creditore consegna con tale mezzo l'attuazione della propria aspettativa. Ma, in tal caso, il debitore che in forza dell'art. 1180 ha dovuto soccombere di fronte ai coalizzati interessi del creditore e del terzo, per quanto non può aspirare all'attuazione del proprio obbligo nei confronti del creditore, può conseguirlo nei confronti del terzo giacché nessun è tenuto ad accettare una liberalità non gradita. Se il terzo interviene in forza di uno specifico potere che, la legge gli accorda, è sempre la particolare circostanza che determina la prevalenza. E’ la necessità di evitare un danno, o un pericolo che potrebbe degenerare, determinando ulteriori conseguenze giuridiche, che conferisce al terzo quel potere particolare che gli consente di agire adempiendo l'obbligo altrui. Il terzo possessore dell'immobile ipotecato, al fine di evitare l’espropriazione, può pagare i crediti scritti e i loro accessori, più le spese, così come per analogo diritto è accordato al terzo datore di ipoteca. In tali ipotesi però l’impotenza del debitore contro 171 l'intervento del terzo è dovuta all'inadempimento di cui si è reso colpevole e che impone di tutelare l'interesse di coloro che subiscono pregiudizio dalla sua insolvenza. Ma la relativa tutela non viene meno se il debitore offre l'integrale soddisfacimento al creditore precedente, evitando sia l’espropriazione che l'intervento del terzo possessore o del terzo datore83. L'ipotesi che può creare qualche preoccupazione sorge proprio nel momento in cui il terzo non ha nessun tipo di interesse o di legame e il creditore non effettua opposizione. In questo caso sembrerebbe che vi sia quella lesione dell'interesse del debitore a liberarsi mediante adempimento non avendo a disposizione nessun rimedio giuridico atte a garantire la propria tutela. L'obbligazione, può modificarsi senza alterare le condizioni base che hanno dato vita al suo costituirsi, in virtù del fatto che la realizzazione di vari interessi non pregiudica altri a realizzare la soddisfazione di contrapposte posizioni di diritto. 83 Falzea, op.cit., pag.35 e ss. 172 LE IPOTESI DI OPPOSIZIONE DEL CREDITORE. L'adempimento del terzo è considerato una norma particolare in quanto si inserisce in un rapporto giuridico altrui e lo estingue. Quest'estinzione presuppone che il diritto di credito sia stato soddisfatto mediante l'attività solutoria del terzo. L'attuazione, quindi, si concentra sui possibili mezzi di cui il titolare del diritto dispone per impedire che l'intervento possa pregiudicare la realizzazione del proprio interesse. Il creditore, in quanto titolare di un diritto soggettivo, dispone di una serie di poteri, atti a garantirne la realizzazione. L'attuazione del diritto dipende dal verificarsi di tutti quelli che sono considerati gli elementi costitutivi della prestazione. Per la particolarità della struttura della prestazione, alcune volte questi poteri sono utilizzati per impedire la facoltà concessa al terzo di intervenire nel rapporto ponendosi come un ostacolo per la realizzazione di un’attività similare, ma non esaustiva per l’attuazione dell'interesse. L'opposizione che viene effettuata 173 dall'attività del terzo deve tener presente le caratteristiche della prestazione, e la possibilità che detta attività possa ledere il diritto di credito. Il limite posto dal creditore deve ricercarsi all'interno dell'obbligazione, in ciò che consiste l'oggetto del proprio diritto, il bene che deve ricevere. In relazione a ciò si possono determinare le ipotesi in cui il terzo può agire con effetto giuridico estintivo del rapporto giuridico altrui. La possibilità che il terzo adempie si ha solo quando questi possa ottemperare l'obbligo nello stesso modo in cui il debitore era tenuto, o quando la diversità della persona prestante non si presenti ingiuriosa per il creditore. Ciò avviene in quei negozi aventi come finalità l'acquisizione di un prodotto dell'attività particolare di una data persona, come ad esempio nell'obbligazione di fare, in cui la personalità del prestante si proietta e si riflette sul fatto dovuto, dove l'opera del terzo è del tutto diversa da quella del debitore, diverso di conseguenza, l'oggetto che il creditore conseguirebbe. I limiti del potere non vengono dedotti da principi speciali, ma da quelli generali; il suo atto diventerà illecito in quanto lede 174 il diritto altrui, cioè quando può portare pregiudizio o ingiuria. Per cui, l'opposizione del creditore sarà legittima ed efficace quando è indirizzata a realizzare un interesse (adempimento personale del debitore) o quando è diretta ad impedire la lesione del suo diritto (realizzazione di un'ingiuria). Al di fuori di questi casi non sembra possibile riconoscere al creditore il diritto di rifiutare la prestazione del terzo. L'opposizione viene concessa in virtù, di particolari situazioni che si specificano o nella tutela di un particolare interesse, o nell'evitare la realizzazione di un danno. Al di fuori di questi casi non vi è una vera e propria legittima opposizione, poiché ciò che si chiede è la realizzazione del proprio diritto, mediante acquisizione del relativo oggetto84. 84 Carboni , Delle Obbligazioni nel diritto Odierno , Torino , 1912 , pag, 191 e ss 175 OGGETTO DEL DIRITTO DI CREDITO: IL BENE DOVUTO. L'oggetto del diritto di credito può essere compreso solo se si fa riferimento al concetto di obbligazione, in quanto solo da esso è possibile determinare l'attività a cui tende il diritto e il mezzo idoneo a realizzarlo. L'obbligazione non è considerata più un vincolo personale nel senso che esso aveva nel diritto antico, perché non tende e non si afferma sulla persona del subietto passivo, ma sul suo patrimonio. Il concetto di obbligazione, quindi, si esprime, nella sua totalità, come alienazione di valore, in cui assume rilievo l'elemento patrimoniale, e si specifica come necessità di raggiungere il "bene" dovuto. Esso diventa l'elemento obiettivo, l'oggetto dell'obbligazione, che può essere sempre realizzato, poiché è sempre suscettibile di una valutazione economica. La determinazione dell'oggetto dell'obbligazione influisce sul contenuto delle posizioni soggettive dei titolari del rapporto, in quanto oggetto dell'obbligazione è la prestazione la quale è al tempo stesso oggetto della pretesa creditoria ed è ciò 176 che il debitore è tenuto ad adempiere. La realizzazione della prestazione consiste quindi nell'acquisizione del bene dovuto, la cui entrata nel patrimonio del creditore determinerebbe soddisfazione del suo diritto. Ciò a cui si tende, con la costituzione del rapporto obbligatorio, è il raggiungimento del bene dovuto, il quale assume carattere funzionale che influisce sulla stessa struttura del rapporto obbligatorio. Gli esponenti della teoria del bene dovuto, pongono al centro della propria condizione la necessità dell'acquisizione dell'oggetto, considerato come risultato di una serie di operazione che costituiscono l'attività solutoria. E' necessario, quindi, che si arrivi alla realizzazione di quel risultato per garantire la soddisfazione del diritto di credito, è il risultato che si pone come suo oggetto e non il comportamento del debitore, che può rivestire la funzione meramente strumentale per il raggiungimento del risultato. Per cui il diritto di credito si presenta non come un diritto ad ottenere dal debitore un certo comportamento, ne tanto meno come un diritto sui suoi beni, ma semplicemente un diritto al 177 conseguimento del bene dovuto. Così strutturato, il diritto del creditore trae la sua ragione di esistere nel bene e la sua realizzazione in qualsiasi mezzo idoneo a soddisfarlo. Per cui l'adempimento del debitore costituisce un possibile, ma non l'unico mezzo atto a realizzare il diritto del creditore, essendo prevista allo stesso scopo sia l'esecuzione forzata che l'adempimento del terzo, in quanto capace di garantire quel determinato risultato, oggetto della prestazione. La possibilità di intervento del terzo, previsto dall'art. 1180 c.c., sta a dimostrare che, più della realizzazione dell'interesse, la legge non considera sempre e necessariamente indispensabile la prestazione del debitore. Vi può essere, in concreto, una fungibilità del mezzo (attività del debitore) che nella previsione di legge o della parti dovrebbe portare al soddisfacimento dell'interesse del creditore. L'art. 1180 c. c., prevede, appunto, questo stato di cose, 178 concedendo al terzo di intervenire realizzando l'interesse creditorio85. 85 Natoli, L'attuazione del rapporto obbligatorio, in Trattato di diritto Civile e ommerciale, a cura di Massimeo, op. cit., pag. 181 179 L'INTERVENTO DEL TERZO NON DETERMINA LESIONE DEL DIRITTO DEL DEBITORE. L'intervento del terzo, come strumento soddisfattivo, dell'interesse creditorio, non può essere considerato come momento attuativo dell'obbligo del debitore, poiché, anche se estingue la prestazione, non può mai alterare il contenuto della posizione di obbligo. Il terzo, intervenendo nel rapporto, soddisfa l’interesse creditore con un’attività che può essere definita di surrogato dell'adempimento del debitore. I Romani affermavano: " naturalis emin simul et civilis ratio suasit alienam condicionem melior quidem etiam ignorantis et invitinos facere posse , deteriorem non posse (D. 14 , 1, 1 , 24, ) e concludevano alius pro me solvendo me liberat". Il pagamento fatto dal non debitore al creditore determina l’attuazione del suo diritto senza ledere la posizione di obbligo del soggetto passivo, in quanto il fenomeno dell’adempimento dell'obbligo altrui rientra nel quadro generale della disposizione di rapporti instaurati fra terzi estranei. Il potere 180 di disposizione si ritiene essere legato all'esercizio di un diritto altrui, per cui la disposizione riguarderebbe quei singoli atti che determinerebbe una modificazione del diritto in questione. Ogni qualvolta, perciò, che vi è modificazione del diritto, si ha invasione del rapporto da parte di un terzo con conseguente modificazione del rapporto. L'intervento del terzo, essendo autonomo, esterno ed indipendente dall'obbligazione, invade il rapporto sottostante, realizzando il diritto, ma non attuando l'obbligo. Per cui esso non fa altro che mutare i termini del rapporto con un'attività unilaterale, determinando quindi una disposizione del rapporto giuridico in questione. Ogni volta che si pongono in essere degli atti con i quali si esercita un diritto altrui si specifica il potere di disposizione verso il mutamento del rapporto determinandone l'invasione di un terzo. Se si perviene alla realizzazione del diritto ma non all'attuazione dell'obbligo si arriva alla conclusione non solo dell'inidoneità dell'intervento ad estinguere l'obbligo ma dalla logica conseguenza che si verifica uno spostamento soggettivo del lato 181 dettato dall'obbligazione con assunzione del correlativo diritto creditorio da parte del terzo. Quest'ultimo, con la propria attività non fa altro che surrogarsi nei diritti del creditore nei confronti del debitore, il quale vedrà mutato l'altro soggetto del rapporto; il debitore, quindi, non subirà particolari lesioni se la sua posizione non venga alterata. La realizzazione del diritto comporta la non modificazione giuridica della posizione soggettiva del debitore con l'unica variante della persona nei confronti della quale l'obbligo dovrà essere attuato86, che non sarà più il creditore ma il terzo. L'adempimento si specifica in un comportamento che da un lato che da un lato realizza l'obbligazione e dall'altro pone in essere i termini di tutela per non veder alterato il contenuto dell'obbligo. Nei termini in cui il vincolo giuridico è sorto abbiamo che il diritto del creditore è tutelato per garantire in pieno l'attuazione delle proprie aspettative, mentre la posizione dell'obbligo del debitore viene tutelato solo per impedire che la propria condizione non sia aggravata. Il soggetto passivo è tenuto 86 Miccio, Delle obbligazioni in generale, op. cit., pag. 48 e ss 182 solo ad adempiere il suo obbligo e la legge esige che tutto ciò possa essere realizzato senza che il proprio diritto all'adempimento sia leso. Questa lesione può avvenire solo quando l'obbligo non venga realizzato nella sua totalità e venga mortificato nel suo contenuto giuridico. Ma quando l'intervento del terzo si pone come mutamento dei termini del rapporto, l'obbligo rimane obiettivamente identico, in quanto non viene richiesto nulla di più di diverso di quello che deve, ed in questo caso il diritto all'adempimento del debitore è tutelato, non solo perché sostanzialmente la posizione non viene modificata dal punto di visto contenutistico ma soprattutto perché la patrimonialità dell'obbligazione, mentre da un lato rende indifferente al creditore la persona prestante, dall'altro rende al debitore indifferente la persona che deve esigere la prestazione87. La norma contenuta nell'art. 1180 c. c. non fa altro che strutturare un modo mediante il quale vi è realizzazione e estinzione 87 Carboni op. cit. pag . 195 183 dell'obbligazione, senza ledere le rapporto obbligatorio. 184 posizioni soggettive del COMPORTAMENTO DEL DEBITORE COME OGGETTO DEL DIRITTO DI CREDITO: LA TEORIA TRADIZIONALE. La conclusione a cui perviene la teoria del bene dovuto, ritenendo essenziale per l'estinzione dell'obbligo la soddisfazione dell'interesse del creditore al risultato della prestazione, ha causato l'allontanamento dalla teoria tradizionale. I sostenitori della prima teoria hanno ritenuto che se il diritto di credito è estinto dall'atto del terzo, non può avere come oggetto l'atto del debitore, ma solo quello che costituisce elemento comune ai due tipi di atti. Questo effetto in comunio si specifica nel procurare al creditore un determinato bene, per cui il diritto di credito non può non avere come oggetto che il conseguimento del bene. Ma se la realizzazione effettiva del bene è il sostrato della definizione concettuale, nota essenziale del medesimo è la necessaria, costante ed uniforme attualizzabilità del bene, in virtù della previsione che il diritto positivo assicurerebbe sempre i mezzi necessari per il suo conseguimento . 185 Connessa alla nozione comunemente accolta di diritto soggettivo vi è l'idea che la garanzia in base alla quale ogni volta si assegna un diritto ma si garantisce la realizzazione. Se l'oggetto del diritto di credito è il bene a cui il creditore aspira, si afferma, di conseguenza, che è la legge che prevede tutti i possibili modi per l'acquisizione di quel bene. Quando si assegna al diritto soggettivo un dato oggetto, si presuppone che quell'oggetto possa essere sempre conseguito dal titolare del diritto. Il diritto soggettivo è definito dalla legge come un potere di conseguire un dato bene della vita, per cui in esso è implicita la necessaria realizzabilità dell'oggetto del potere stesso88. L'opposizione avanzate dalla teoria tradizionale si sostanzia proprio nella determinazione dell'oggetto della garanzia, in quanto non è il risultato, la situazione economicamente valutabile, che costituisce oggetto di tutela, ma il contegno del debitore. Ciò è desumibile dalla circostanza che l'obbligo si estingue anche 88 Bernatzik,Uber den Begriff der iuristischen Person , in Archiv fur offentliches Recht,V, 1890, pag 195; Kelsen, Hauptprobleme der Staatsrechtslehe entwicklelt aus der Lehre desRechtsatzes,Tubinga , 1911 pag 18 e ss.; Ferrara , Trattato di diritto civile italiano , Roma 1921 , pag 317 e ss. 186 quando il bene non si sia trasferito nella sfera patrimoniale del creditore, cioè quando il bene non viene realizzato. Tipici esempi di estinzione del credito senza realizzazione del bene sono l'esenzione forzata infruttuosa e il perimento dell'oggetto per caso fortuito, la sopravvenuta impossibilità di adempiere per forza maggiore, in cui la legge non garantisce il bene ma solo qualcosa di diverso, che si specifica nella sanzione legale. Nell'ipotesi esaminata non vi è alcuna sanzione, atta a far pervenire il bene economico, la cui assenza ne fa dedurre l'impossibilità che esso possa costituire oggetto del diritto di credito. In realtà esso, come ogni diritto soggettivo, è "potere" di voler garantire al soggetto, nei confronti di un altro soggetto, il compimento di una determinata attività, sicché solo l'attività posta dal soggetto destinatario può considerarsi oggetto del diritto di credito, capace di estinguerlo. Essendo, quindi, oggetto del diritto il contegno del debitore si evidenzia un palese contrasto con la facoltà concessa al terzo di estinguere l'obbligazione in quanto non può produrre, con proprio atto, il medesimo effetto prodotto dall'atto del 187 debitore. Se dovere è presupposto di diritto, soltanto l'adempimento del dovere può determinare l'estinzione del diritto, solo chi ha l'obbligo di adempiere il dovere può estinguere il diritto. Ma la possibilità del terzo di adempiere viene inserita in una visuale differenziata rispetto all'oggetto del diritto, in quanto esso rappresenta un aspetto del rapporto tutelato dalla legge, mentre il terzo si inserisce con un intervento del tutto autonomo e che si caratterizza come una disposizione del rapporto giuridico sottostante. 188 DIVERSO MODO DI CONSIDERARE IL DIRITTO SOGGETTIVO: RISPETTO ALLA TEORIA TRADIZIONALE: ADEMPIMENTO DEL TERZO COME ECCEZIONE ALLA LUCE DELLA NUOVA CONCEZIONE DEL DIRITTO SOGGETTIVO. La definizione del diritto soggettivo ha determinato l'impossibilità concettuale di definire in pieno la natura della facoltà concessa al terzo di compiere un atto giuridicamente rilevante per un altro soggetto senza che questo abbia la facoltà di pretendere l'attuazione dell'atto. Tradizionalmente il diritto soggettivo è considerato come un potere che sorge in un dato istante, e si estingue in un altro e ha come contenuto la capacità di un soggetto di produrre l'applicazione della sanzione in caso in cui l'oggetto richiesto non sia soddisfatto. Ma se guardiamo il fenomeno da una visuale completamente diversa considerando la funzione del diritto soggettivo come l'insieme delle regole di esperienza, atte ad indicare sistematicamente una quantità di 189 situazioni che presentano caratteristiche simili, avremo non solo il superamento della concezione tradizionale del diritto soggetto ma la compatibilità di esso con l'adempimento dell'obbligo altrui. Il diritto soggettivo si costituisce e si specifica in una regola che si esprime nella tutela fornita dalla legge a un dato soggetto nei confronti di un altro e in modo che quest'ultimo possa compiere con efficacia giuridica l'atto che il primo ha la facoltà di esigere. Così strutturata, la formazione della regola non può non avere come suo controaltare l'eccezione. L'ordinamento giuridico prevede come eccezione alla regola del diritto soggettivo proprio l'adempimento dell'obbligo altrui. In determinate ipotesi la legge consente ai terzi di compiere atti che sono oggetto della tutela legale, senza che il terzo abbia un precedente rapporto con il soggetto destinatario della tutela e preludendo a quest'ultimo la facoltà di esigere che l'atto sia compiuto dal soggetto nei cui confronti la tutela si indirizza. L'indagine compiuta non può smentire quelli che sono i risultati dogmatici della teoria tradizionale in quanto oggetto del diritto in questione non può 190 essere altro che la condotta del debitore, il suo contegno, mentre il superamento della concezione di esso viene a sostanziarsi in quanto regola e non potere. La regola del diritto oggetto trova la sua massima espressione nell'eccezione costituita dall'adempimento del terzo. Si ha solo un superamento della concezione tradizionale del diritto soggettivo, in quanto quest'ultimo essendo solo un concetto, un'astrazione teorica, e come tale è direttamente determinato dai fenomeni della vita giuridica. L'adempimento del terzo si pone come relazione a questa regola, non essendo ricompreso nello schema concettuale che il diritto di credito designa. 191 IDENTITA' FUNZIONALE TRA ATTO DEL TERZO E ATTO DEL DEBITORE. LA NON LESIONE DEL DIRITTO DEL DEBITORE. L'adempimento dell'obbligo altrui è un fenomeno del tutto estraneo alla sfera di influenza del diritto soggettivo capace, però, di estinguere l'obbligazione. Il diritto del soggetto attivo, infatti, viene soddisfatto dalla realizzazione dell'eccezione, la quale è stata idonea a porre fine alla vita del rapporto giuridico in base ad un riconoscimento legislativo, essendo, forse, l'unico caso in cui la legge giustifichi il depauperamento di un soggetto e l’arricchimento di un altro senza che vi sia una preesistente rapporto tra chi si impoverisce e chi si arricchisce. Dal punto di vista del soggetto passivo del rapporto, l'identità determinata dalla correlazione diritto e obbligo non realizzerebbe in pieno il suo diritto ad intervenire per concretizzare la prestazione. L'attività del terzo si differenzia totalmente dagli atti compiuti dal debitore, in quanto quest'ultimo, 192 essendo parte del rapporto obbligatorio, pone un'attività dovuta. Per cui se l'adempimento del debitore è un atto dovuto, questa particolarità non può essere riconosciuta nell'attività del terzo, che si presenta sempre libera e dominante da un espresso elemento volitivo, l'animus di realizzare il diritto del creditore89. Strutturalmente esso è completamente differente in quanto presenta gli estremi di un negozio giuridico, essendo necessario per l'uscita del bene, la dichiarazione di volontà e la libertà del volere. Ma se dal punto di vista strutturale vi è distanza da un punto di vista funzionale abbiamo identità di fattispecie: così come l'atto del debitore realizza integralmente il contenuto dell'obbligazione, la dichiarazione di volontà del terzo non fa altro che realizzare l'oggetto del diritto creditorio. La dichiarazione di volontà proveniente dal terzo relativa all'obbligazione non può mai avere il compito di adempiere, realizzando il contenuto del rapporto obbligatorio, in quanto è 89 Nicolo' , Adempimento del terzo , voce Adempimento, in Enciclopedia del diritto Milano, 1979, pag. 565 ss. 193 l'ordinamento a voler risolvere in modo differente il conflitto di interessi dei titolari delle contrapposte posizioni soggettive. Ma è proprio dalla funzione che si evidenzia ciò che dalla struttura del fenomeno interessa all'ordine giuridico90. La struttura giuridica è data da quegli elementi della struttura psico sociologica ai quali l'ordinamento giuridico ricollega conseguenza, ed essa costituisce ciò che si vuole denominare fattispecie. Gli elementi di fatto che costituiscono la fattispecie assumono per l'ordinamento giuridico una determinata funzione. Il passaggio dalla funzione alla fattispecie si chiarisce proprio in tema di adempimento in quanto la legge struttura proprio la nozione di adempimento sulla funzione, mentre non si rileva il dato strutturale. La legge, quindi, riconosce efficacia giuridica a qualcosa che si risolve nella determinazione della funzione ed acquista il carattere di vero e proprio fenomeno giuridico. Da ciò il passaggio dalla 90 Sull’identità funzionale dissente la dottrina tradizionale tedesca , che differenzia gli effetti giuridici dell’atto del terzo rispetto a quello del debitore , attribuendo solo a quest'ultimo la qualifica di adempimento in senso tecnico .In questo senso vedi:Brecht, System der Vertrashaftung , in Jherings Jahrbucher fur die Dogmatik des burgerlichen Rechts LIV,1909, pag 374 e ss.; Un' opinione analoga a quella esposta vedi:Siber, Zur Theorie von Schuld und Haftung nach reichsrecht, in Jehrings Jahrbucher fur die Dogmatik,L,1906, pag 173 e ss. 194 funzione alla fattispecie legale è chiaro, essendo esse solo l'espressione del riconoscimento giuridico. L'adempimento abbraccia, come l'espressa previsione normativa mostra, tanto l'atto del terzo quanto quello del debitore, poiché la legge non richiede per l'atto del debitore la capacità di volere e la volontà normale, oltremodo bisogna dirsi per l'atto del terzo. La differenza strutturale non incide sulla identità funzionale in quanto l'atto del terzo può contemporaneamente essere considerato fatto e negozio giuridico. Se gli elementi di fatto ai quali il diritto riconosce efficacia nel proprio ordinamento vengono scelti liberamente in base a un criterio di valutazione estraneo alla loro natura fisica nulla vieta che ad un identico fenomeno fisico corrispondono due diverse specie giuridiche. Nulla vieta, cioè, che l'ordinamento giuridico richieda, per riconoscere a un fenomeno una determinata efficacia, la presenza di elementi di fatto, mentre per altri effetti richiede anche la presenza di altri elementi di fatto del fenomeno stesso. E' ciò che avviene nell'adempimento del terzo in quanto agli effetti 195 dell'estinzione dell'obbligazione è giuridicamente sufficiente il fatto che la prestazione sia effettuata dal terzo. Agli effetti del trapasso dell'oggetto dell'obbligazione dal patrimonio del terzo in quello del creditore, è giuridicamente necessaria la capacità di agire e la normalità del volere del terzo: ossia si richiede che egli compia una valida dichiarazione di volontà negoziale91. Ogni volta che si può estinguere un diritto altrui si entra nel campo del potere di disposizione del rapporto da parte dei soggetti interessati. Ogni qualvolta che vi è invasione da parte di un terzo in un rapporto giuridico finisce per causare una disposizione del rapporto da parte di un terzo. Si arriva quindi a uno stesso risultato partendo da due presupposti differenziati, in quanto anche considerando oggetto del diritto di credito il comportamento del debitore, l'intervento del terzo non fa altro che determinare una modificazione dei termini e del rapporto, rimanendo intatta la posizione di obbligo all'interno del rapporto 91 Guisiana L'Atto del Terzo, Il Diritto di Credito e l'Adempimento dell'Obbligazione Riv. dir.priv. 1937 pag. 230 ss. 196 obbligatorio. Il terzo, quindi, non fa altro che surrogarsi nella posizione soggettiva di credito, il diritto del debitore di adempiere la prestazione non viene assolutamente lesa, essendo indifferente la persona del creditore destinataria del risultato dell'attività solutoria92. 92 Miccio po. cit . pag 50 ss 197 OPPOSIZIONE DEL DEBITORE. ALL'ATTO DEL TERZO DI AGIRE MEDIANTE PROCEDURA DI LIBERAZIONE. Può proporre domanda giudiziale di liberazione chi, avendo posto la condizione di validità richiesta dalla legge per la pronuncia liberatoria, risulta titolare della relativa azione, per cui si deve ritenere che può essere competente a domandare il provvedimento giudiziale una persona diversa dal debitore. La nostra dottrina e, con essa la giurisprudenza, è generalmente favorevole a concedere al terzo la legittimazione ad agire in giudizio, in quanto ciò discenderebbe dal dispositivo dell'art. 1180 c.c., nella parte in cui stabilisce che l'obbligazione viene adempiuta da un terzo anche contro la volontà del creditore, se questi non ha interesse che il debitore esegua personalmente la prestazione. L’esecuzione della prestazione ad opera del terzo può essere effettuata, invito creditore, con quel particolare mezzo giuridico consistente nell'offerta di pagamento. Al terzo che interviene, infatti, in un rapporto giuridico estraneo la legge 198 accorda non il semplice diritto di attuare la prestazione, ma quello di procurare al debitore la liberazione del vincolo mediante il compimento di quanto è necessario per soddisfare l'aspettativa creditoria, in luogo di lui. Tale diritto è distinto da quello del debitore, per la propria liberazione, anche se gli strumenti di realizzazione previsti dalla legge sono gli stessi. L'utilizzazione di essi da parte del terzo sono condizionati dallo stato in cui si trova il vincolo giuridico nel momento in cui si verifica l'intervento. Il terzo, in forza del diritto che gli si accorda, penetra nell’obbligazione si avvale della posizione giuridica del debitore nello stato in cui si tratta, sicché se il debitore avesse già costituito la controparte in mora accipiendi il terzo, può procedere al deposito, senza essere costretto a ricominciare ab initio la procedura. La legge può, autorizzare il terzo ad intervenire nel rapporto a lui estraneo a condizione che entrambe le parti di tale rapporto non concordino nell'opporsi all’intervento. Tranne in casi particolari in cui la legge accorda all'interesse del terzo una tutela prevalente rispetto a quella interna al rapporto, rendendo 199 priva di efficacia la solidale opposizione del debitore e del creditore, il diritto di intervenire del terzo deve essere coordinato con il diritto di opposizioni delle parti. L'esercizio del diritto di opposizione spiega tutta la sua efficacia solo quanto è configurato, cioè quando sia esercitato a un tempo dal creditore e dal debitore, in quanto solo in questo caso si può paralizzare l'intervento del terzo. Concedendo la possibilità del terzo di agire con la procedura di liberazione, vi è l'impossibilità giuridica di impedire l'intervento in quanto il creditore non può agire effettuando l'opposizione. Ammettendo in linea di principio che il terzo possa agire sempre e comunque anche quando il creditore non può manifestare la propria volontà in proposito, significherebbe sopprimere la condizione prevista dal 2° comma dell'art.1180 c. c.. Escludere del tutto il diritto del terzo sembra non trovare valido appoggio nella ratio della norma, in base alla quale il creditore, anche nel caso in cui potesse esprimere la propria volontà, in difetto dell'opposizione debendi, non può impedire l'intervento. Nel caso in cui il creditore non si 200 trovi nella possibilità di esercitare il diritto di opposizione, questo si specifica nella persona del debitore che da solo può paralizzare l'intervento del soggetto esterno, determinando una giusta realizzazione dei vari interessi in gioco93. 93 Falzea op. cit. pg. 230 ss. 201 REMISSIONE DEL DEBITO: ART. STRUTTURA. REALIZZAZIONE DEL 1236 C.C. SUA DIRITTO DEL DEBITORE. La struttura del rapporto obbligatorio impone all'ordinamento di tutelare quelle che sono gli interessi che hanno dato vita all'obbligazione. In relazione all'interesse del debitore ad essere liberato mediante prestazione una particolare prova della protezione concessa dal diritto è fornita dalla norma contenuta nell'art. 1236 c.c. che prevede il caso in cui il creditore voglia rinunziare al suo credito mediante remissione. In tale ipotesi, il debitore sarebbe avvantaggiato dalla dichiarazione del creditore di rimettere il debito, in quanto li si libera dal rapporto obbligatorio senza che venga effettuata la prestazione. La legge, gli riconosce il diritto di rifiutare la remissione e di ottenere l'effetto liberatorio attraverso l'adempimento, prevedendo, quindi, un valido strumento giuridico per realizzare il suo diritto ad attuare la prestazione. 202 Dubbi e perplessità si sono avanzate sulla possibile struttura della remissione, in quanto non si è ritenuto che la remissione rientri nello schema giuridico delle rinunce. La disarmonia concettuale su detta struttura deriva anche dalla formulazione non molto chiara dell'art.1236 c.c., il quale recita: “ La dichiarazione del creditore di rimettere il debito estingue l'obbligazione quando è comunicata al debitore, salvo che questi in congruo termine non voglia approfittarne”94. A prima vista sembrerebbe sancita l’unilateralità della rinunzia in quanto la dichiarazione del debitore di non volerne approfittare risulterebbe un elemento estraneo alla costituzione della fattispecie, capace solo di modificare la determinazione dell'efficacia giuridica dell'atto unilaterale. La testimonianza di ciò sembrerebbe essere data dalla citazione contenuta nella relazione al codice, e precisamente nell'art. 66, la quale espressamente ammetteva: "la remissione è considerata atto unilaterale". Tuttavia, la volontà del 94 Una disposizione analoga contengono l'art .353 del codice tunisino delle obbligazione e dei contratti e l’art. 343 del codice deicontratti e delle obbligazioni del Morocco:"La remise de l’obligation n' a aucun effet lorsque ledèbiteur refuse expressement de l’accepter". 203 debitore non è senza effetto , perché, pur non essendo elemento di perfezione del negozio remissorio, può impedire che questo produca le conseguenze giuridiche se il debitore dichiara di non volerne approfittare." La remissione, si identificherebbe con la dichiarazione del creditore, mentre il rifiuto del debitore impedirebbe la produzione di conseguenza, cioè non determinerebbe l'estinzione95. Se fosse così avremo due negozi giuridici, autonomi e funzionalmente differenti: il primo presupposto del secondo, mentre il secondo si verifica solo per neutralizzare gli effetti del primo. Se avessimo la presenza di due negozi si dovrebbe presupporre uno spazio temporale che intercorre tra questi ultimi, necessario per la realizzazione dell'effetto finale. Il negozio del creditore, infatti, avrebbe solo come scopo il distacco dal diritto di credito dal suo titolare, senza interferire nella sfera giuridica del debitore. Il soggetto attivo, dichiarando di rimettere il debito, non fa altro che disporre di un diritto suo, senza determinare l'estinzione dell'obbligazione, che si 95 Falzea op. cit. pag. 33 204 verificherebbe in un secondo momento, mediante l'accettazione del debitore della remissione effettuata. Ma tutto ciò è smentito proprio dalla formulazione della norma, che parla di remissione del debito e estinzione dell'obbligazione, momento unitario, che non presuppone un intervallo temporale atto a dare vita ai due negozi autonomi. Il legislatore, consapevole dell'unità effettuale, ricollega alla dichiarazione remissoria una funzione estintiva dell'obbligazione, permettendo al creditore non solo di dismettere il credito, ma di interferire nel patrimonio del debitore estinguendogli il debito e liberandolo, se il debitore non si oppone. La previsione legislativa del rifiuto del debitore è un eloquente riconoscimento della unitarietà del fenomeno, in quanto, se non fosse così non si potrebbe spiegare come mai in caso di opposizione l'estinzione dell'obbligazione sia esclusa e il diritto si conserva nel patrimonio del creditore. Accanto all'unitarietà del fenomeno, il ruolo dell'opposizione del debitore acquista un significato ben determinato, in quanto non si limita a costituirsi come un rifiuto della remissione, ma si pone elemento 205 per neutralizzare tutti gli effetti della dichiarazione. Se al debitore è riconosciuto il potere di rifiutare la remissione del creditore non possiamo ritenere che la relativa dichiarazione possa rientrare nella figura giuridica della rinuncia. Essa, infatti, rientra nello schema del negozio unilaterale, per il quale l'effetto giuridico si produce per il solo porre in essere della dichiarazione di volontà, non potendo essere limitata da qualsiasi causa esterna. In base a questo importantissimo rilievo di struttura giuridica, si può ritenere impensabile che la remissione possa costituire una rinuncia unilaterale, in quanto la realizzazione finale dell'effetto voluto ricade su un soggetto estraneo al titolare della dichiarazione di volontà. Se il debitore ha il potere di rifiutare ed impedire che la fattispecie si perfezioni e sia produttiva, vuol dire che il suo comportamento non attiene il piano dell'efficacia, ma quello della costituzione della fattispecie96. Ciò è rilevabile anche dal dettato normativo, in quanto, dopo la proclamata estinzione 96 Perlingieri, Modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall'adempimento, in Commentario del Codie Civile a cura di A. Scialojia e G. Branca, Libro IV, Delle obbligazioni (art.1230, 1259). Bologna- Roma, 1975 pag. 169 ss.;Id. Remissione del debitore e rinuncia al credito, Napoli 1968 pag. 138 ss. 206 dell'obbligazione, per effetto della dichiarazione del creditore, si avverte che ciò è possibile solo se il debitore non dichiari di non volerne approfittarne. Si rileva, quindi, che è necessaria un'attività di cooperazione del soggetto passivo in quanto solo in base ad un comportamento del debitore si può determinare la fattispecie remissoria, non potendo essere considerato come un elemento estraneo ad esso. Necessitando la cooperazione del debitore per dare attuazione alla dichiarazione di volontà proveniente dal creditore, l'accettazione del debitore deve essere considerata come elemento costitutivo per la creazione della fattispecie. La formulazione negativa del suo contenuto non può smentire il suo carattere costitutivo, non potendo considerare come scusante giuridica, il modo molto particolare della formulazione della norma contenuta nell'art. 1236 c. c.. Questa particolarità non viene ad essere considerata un valido ostacolo, in quanto se la confrontiamo con la disciplina dettata per il contratto unilaterale è evidente che essa costituisce solo una formula per caratterizzare la dichiarazione proveniente dal debitore . L'art. 1333 c. c., infatti, 207 oltre a considerare che la proposta diventa irrevocabile non appena diventa conosciuta dalla controparte, si sancisce che "il destinatario può rifiutare la proposta". In questo articolo viene previsto l’iter costitutivo del contratto97, in cui il rifiuto del soggetto passivo consiste in una non accettazione della proposta contrattuale. Per cui, avendo posto questo parallelismo, ci si può rendere conto che, la fattispecie remissoria, per essere costituita , necessita della presenza dell’accettazione, la quale ha contenuto negativo98. Si da vita, quindi, alla costituzione di un contratto in cui la dichiarazione del creditore diviene irrevocabile, quando è comunicata al debitore; esso si forma quando, trascorso il termine congruo, non v'è stata dichiarazione di rifiuto da parte del 97 Per coloro che sostengono che la remissione sia un contratto vedi: Lomonaco ,Istituzione di diritto civile , Napoli , 1904,vol 5°, pag 303; Ricci , Corso teorico-pratico di diritto civile , Torino, 1907, vol. 6°, pag. 302 Chironi , Istituzioni di diritto civile , Torino , 1912 , pag 209 e ss Simonelli , Istituzioni di diritto privato , Roma, 1921, pag 355 e ss Per il diritto tedesco vedi : Dernburg ,Pandette , Torino , 1903, vol 2°, pag 265 e ss Per il diritto austriaco vedi : Meissels, Zur Lehre vom Verzichte , in Rivista di Grunhut, Vol. 18°, n. 9 Per il diritto francese vedi: Pohier , Traitè des obligation , in Oeuvres, annotès par Bugnet , Paris, 1890 , pag 326 e ss Toullier, Le droite civil français, Paris , 1844 , pag 321 Laurent, Principes de droite civil , Paris , 1878, pag 276 e ss Fra le rarissime sentenze pronunciate sul punto vedi:App. Torino , 5 febbraio 1897, in Giur. it., 1897 , pag 306 ;App. Torino, 7 gennaio 1902 , in Mon. Trib. Mil. ,1902, pag 173. 98 Cariota Ferrara,Il negozio giuridico nel diritto privato , Napoli 1945 , pag 144 e ss 208 debitore. La particolarità della fattispecie remissoria sta proprio nella facoltà riconosciuta al debitore d'impedire l'estinzione dell'obbligazione, in virtù della conservazione del rapporto stesso. Il mezzo giuridico riconosciuto, quindi, tutela l'interesse del debitore alla conservazione del rapporto, costituendo il sostrato giuridico del suo diritto a rifiutare ciò che gli è stato posto dal creditore. La legge, o meglio il mezzo tecnico predisposto dal dato positivo, costituisce l'indice in base al quale, una volta effettuata un'attenta valutazione degli interessi in gioco, può dare rilevanza a quel particolare interesse che viene a porsi come liberazione mediante adempimento. Tale interesse, quindi, venendo ad essere tutelato mediante il potere di rifiutare la remissione, non fa altro che dare piena attuazione al diritto del debitore di adempiere l’obbligazione. 209 REMISSIONE DEL DEBITO RIENTRANTE NELLO SCHEMA DEL CONTRATTO TRASLATIVO. La struttura della remissione si rileva anche dalla particolare funzione che l'atto del creditore determina nel momento in cui dismette il proprio credito. Il soggetto attivo, non solo può ritenere che, il proprio credito, non gli fornisce nessuna utilità, ma può, indirettamente, considerare di arrecare un vantaggio al debitore, liberandolo. Il creditore, infatti, non può disporre del proprio credito in favore del debitore, come farebbe nei confronti di altri con la cessione, in quanto qui la particolarità del rapporto sottostante fa sì che non vi può essere un'alienazione, in senso ampio, che comprende ciò solo la separazione dalla propria sfera giuridica e il trasferimento del diritto nell'altrui sfera. Ciò che si verifica, in questa particolare circostanza, è un'alienazione in senso stretto, che comprende la separazione di un diritto della propria sfera giuridica, e l'attribuzione di un vantaggio nell'altrui sfera. Questo accade proprio nella fattispecie 210 descritta dall'art. 1236 c. c., che in quanto tale rientra nel concetto di traslazione remissiva, caratterizzata dal particolare fenomeno in base al quale l'alienante si spoglia di un diritto, che non si trasferisce come tale nel ricevente, ma che per la sua dimensione si estingue avvantaggiando il ricevente, il quale viene liberato dall'obbligazione. Nelle fonti romane, anzi, recitano "Species adquirendi est liberare dominum obligatione" (/11 Dig. 46,4,); "Si quis obligatione liberatus sit, potest videri cepisse" (115 Dig. 50,17)99. Se il creditore mira a togliere una passività dal patrimonio del debitore si deve ritenere che ciò non può realizzarsi senza il consenso del soggetto passivo, necessita, quindi, un accordo tra creditore e debitore per effettuare quel particolare tipo di trapasso. L'atto del creditore di porre in essere la dismissione del proprio credito, assume carattere di una manifestazione di volontà atta a porre l'accettazione di un determinato effetto giuridico, e come tale esso non è altro che una semplice offerta di contratto. La 99 Fadda, Teoria del negozio giuridico Napoli 1909 pag. 106 ss. 211 remissione del debito, riferendosi a una persona che dall'atto di dismettere trae vantaggio, non può non significare che condono al debitore del debito. Per cui esso non può non rientrare che nella figura della traslazione remissiva, in cui l'atto negativo del debitore determina l'accettazione della proposta, con conseguente perfezionarsi del contratto100. L'opposizione prevista dalla normativa viene ad essere riconosciuta al debitore quando gli interessi in gioco, dimostrano una non propensione ad ottenere il vantaggio determinato dall'atto. Si sancisce normativamente la possibilità di rifiutare l'atto per la salvaguardia dell'interesse del debitore alla conservazione del rapporto e per l'attuazione dello stesso mediante adempimento. 100 Cerciello, Remissione del debito, Roma ,1923, pag. 28 ss. 212 CRITICA ALLA TESI DELLA REMISSIONE TRASLATIVA. La definizione di remissione come traslazione remissiva, ha suscitato molte polemiche e critiche basate sull’incompatibilità tra schema giuridico della remissione e quella dell'alienazione. Il creditore, infatti, nel rimettere il debito, non aliena il credito, altrimenti non solo l’obbligazione verrebbe ad estinguersi per confusione , ma la remissione si identificherebbe con la cessione, perdendo qualsiasi autonomia giuridica. La funzione remissoria è completamente distinta dalla funzione di alienazione e va ricercata al di fuori di essa. Con la remissione non si ha trasferimento del credito dal titolare attivo al titolare passivo del rapporto, in quanto l'opportunità di compiere una simile operazione è lasciata allo strumento giuridico della cessione, che può essere effettuata tra due soggetti, e quindi anche tra i titolari delle posizioni soggettive del rapporto obbligatorio. La dichiarazione remissoria, inoltre, produce, da sola, una nuova situazione giuridica soggettiva a favore del debitore, che, se 213 raffrontata con la precedente situazione, alla dichiarazione creditoria, ma prima che sia passato il congruo termine per effettuare opposizione, si rileva una momentanea paralisi del debito. Il creditore, infatti, non può chiedere l’esecuzione della prestazione nel periodo che intercorre tra la sua dichiarazione e il termine riconosciuto al soggetto passivo per effettuare opposizione101. Nel medio tempero nasce a favore del debitore un nuovo potere, quello di rifiutare la remissione, il cui effetto costituito è eventuale e temporaneo, tale da far dubitare che possa essere considerato come elemento caratterizzante la funzione remissoria. La fattispecie remissoria si basa sulla possibilità riconosciuta al creditore di non utilizzare più il proprio credito, di ritenere inutile la titolarità del medesimo tale da non volerlo più nel proprio patrimonio. Da questa particolare definizione che si è arrivati a riformulare i canoni di riferimento per valutare la struttura della fattispecie, considerando indispensabile ridefinire i 101 Perlingieri, Il fenomeno dell'estinzione dell'obbligazione, Napoli, 1972 pag. 64 ss. 214 concetti giuridici per poterli applicare, una volta esaminati, al fenomeno studiato. 215 REMISSIONE DEL DEBITO COME RINUNCIA. La disputa sulla bilateralità e unilateralità102 del negozio giuridico, elemento costitutivo alla base del fenomeno remissorio, ha spostato l'attenzione dalla normativa giuridica senza la quale non è dato ricavare la struttura della fattispecie. La non possibile negazione dello schema costitutivo della rinuncia come negozio unilaterale non induce a ritenere che la remissione non possa rientrare in tale figura giuridica. La rinuncia, indica sempre il potere per il creditore di dismettere il debito, in cui la necessità di riferire la rinuncia al potere pone in evidenza l'impossibilità di procedere ad una giusta indagine se non si chiarisce che cos'è il potere, e il conseguente diritto, e a che cosa la rinuncia si riferisce. I poteri giuridici sono figure giuridiche riconosciuti 102 Per la tesi dell’unilateralità della remissione vedi : Brugi, Istituzioni di diritto civile italiano , Milano, 1914, pag 597 Atzeri , Delle rinunzie , Torino, 1915 pag 143 e ss De Ruggiero , Istituzioni di diritto civile, Napoli, 1915 , pag 256 e ss Per il diritto francese vedi : Zachariae, Manuale di diritto francese, Milano, 1907, pag 345 e ss ( tradotto da Barassi). Tra le rarissime sentenze vedi : App. Catanzaro 6 giugno 1916 in Giur. calabrese , 1916 , pag 467 216 dall'ordinamento a un determinato soggetto per ottenere un dato risultato, ed come tale sono personali, intrasmissibili e imprescrittibili e irrinunciabili. Oltre a garantire la titolarità, ciò che caratterizza il potere è il suo esercizio, il movimento dell'azione, che può consistere in un fare o in non fare, nel senso di compiere e di non avere un determinato comportamento atto a fare ottenere un altro risultato. I diritti sono anch'essi poteri, che si fondono però su un contegno dell'ordinamento giuridico diverso da quello che ha costituito i poteri in quanto tali. Quest’ultima provengono dall'ordinamento come capacità costitutive, e si indirizzano nei confronti di ogni singolo soggetto come capace di dar vita ad i singoli rapporti. I diritti sono invece poteri che l'ordinamento generale configura all'interno del rapporto e, come tali, seguono le vicissitudini di questo, evolvendosi nello stesso modo in cui si modifica il rapporto. I soggetti possono creare rapporti, esercitando i loro poteri, mentre i diritti sono configurazioni di poteri determinati dall'ordinamento, per cui un soggetto può 217 costituire rapporti con cose, persone, mentre i poteri e i diritti sono formati dall'ordinamento. Per cui abbiamo che per i diritti valgono le stesse regole che sono sancite per i poteri, determinando, quindi, che essi non possono essere rinunciabili. Per cui ciò che si specifica è la possibilità che essi possono essere esercitati, il cui esercizio può rivestire carattere positivo o negativo. Assume altro significato giuridico l'espressione, il creditore ha il potere di rimettere il proprio credito, ritenendo che sia valido per i poteri, come per i diritti, un esercizio di essi positivo o negativo, specificandosi come possibilità di usare e di non usare il potere o il diritto. Non è corretto allora affermare che possa rinunciare al diritto, perché ci troveremo al di fuori e sopra il diritto, in quanto ciò è possibile solo in base a un potere uguale e contrario al suo potere costitutivo: la potestà. Tutto ciò si specifica e si particolarizza in riferimento al diritto di credito e, in quanto esso scaturisce da una fonte giuridica, per la quale il potere di dispositivo non deriva da una 218 sola parte. Ciò che caratterizza l’obbligazione è la presenza delle due posizioni soggettive, in cui il diritto soggettivo del creditore è definibile sulla base del contenuto dell’obbligo del soggettivo passivo. Per le caratteristiche strutturali del rapporto obbligatorio, la parte obbligata è titolare di un diritto, o potere, di attuare il proprio obbligo, solo che quest’ultimo elemento si presenta assorbito rispetto alla posizione di obbligo al punto tale da non avere applicazione se non nei casi in cui si afferma di voler compiere il proprio dovere. Parlare di rinuncia al diritto o al credito diviene un'espressione impropria, in quanto la rinuncia si deve riferire solo al rapporto che, nel caso dell’obbligazione, è posto da due distinti soggetti, con la logica conseguenza che non può essere estinta in base al potere dispositivo di una sola parte del rapporto. Ritorna, quindi, l’importante distinzione tra titolarità del diritto e il suo esercizio: occorre riferirsi all’esercizio del diritto in quanto solo in questo caso si ha rinuncia. Nel rapporto obbligatorio la rinuncia all’esercizio si presenta molto particolare, in quanto se 219 rinunciare vuol dire non muoversi, non chiedere, in questo caso assume uno specifico riferimento a quella parte dell’obbligo altrui di cui si è titolare. Il creditore, quindi, rinuncia, per la propria parte, all’obbligo che incombe sul debitore, riducendolo a quella parte che caratterizza la posizione passiva e che è operante solo per volontà del debitore. Quest'ultimo può sentirsi obbligato, non per uno stato di soggezione nei confronti del creditore, e neanche nei confronti della legge, in quanto essa esprime la sua efficacia attraverso la volontà effettuale del creditore, ma in base ad un proprio interesse ad essere liberato mediante adempimento . E' in questo caso che la legge concede al debitore la facoltà di agire realizzando il proprio "diritto " ad attuare il proprio dovere, concedendogli la possibilità di rifiutare la dichiarazione proveniente dal creditore. Il soggetto attivo non ha un potere dispositivo sull’intero rapporto, ma ha la facoltà di rinunciare all'esercizio del proprio diritto, e solo in questo senso può avere significato l'espressione "rinuncia al credito". La remissione del debito può essere considerata rinuncia solo nel senso appena 220 accennato, conservando, così, il suo peculiare carattere abdicativo. L'atto con il quale il creditore rimette il debito, con il suo valore liberatorio da ogni pretesa sull'obbligo è unilaterale, legato alla rinuncia dell’esercizio del suo diritto di credito. 221 OPPOSIZIONE DEL DEBITORE COME POSSIBILITA' DI REALIZZARE IL SUO DIRITTO AD ADEMPIERE La rinuncia all'esercizio del diritto di credito ha dei limiti di configurazione, in quanto essa non può, da sola, estinguere il rapporto ne determinare la fine della titolarità del diritto di credito, sorto dal rapporto. Ciò deriva dalla formulazione della norma contenuta dall’art. 1236 c.c., la quale determina la possibilità di non approfittare della remissione fatta dal creditore, impedendo l'estinzione del rapporto. Si pone, quindi, un necessario collegamento tra la rinuncia e i suoi effetti e l'atteggiamento divergente o convergente del debitore che, nell’ambito della rinuncia unilaterale del creditore, ha bisogno di qualche delucidazione. La rinuncia del creditore elimina l'obbligo per quella parte che riguarda il proprio esercizio, la cui efficacia è immediatamente operativa. Essa, però, non sopprime l'obbligazione in quanto il debitore non è liberato da quella parte di obbligo che dipende dalla sua volontà, potendo, in qualsiasi 222 momento esercitare il proprio potere di adempiere. Nel caso in cui il debitore valuti di volere accettare gli effetti della dichiarazione del creditore di dismettere il credito, in quel momento si verifica l'estinzione dell’obbligazione. Il collegamento, però, tra rinuncia e dichiarazione di voler o non voler approfittare, non è diretto, ma bensì indiretto, poiché riflette il collegamento dei due poteri di base: il diritto del creditore e il dovere del debitore. Queste situazioni si specificano l'una nel potere di liberare dall'obbligo per la propria parte il debitore, e l’altra nel potere di liberarsi dall'obbligo per la situazione di libertà determinata dall’esercizio del diritto. Per cui il comportamento del debitore, può assumere sia carattere negativo che carattere positivo, non può essere definito ne come accettazione ne come opposizione. Il suo comportamento non ha effetto risolutorio dell'efficacia della dichiarazione del creditore, la sua attività rimane autonoma ed indipendente rispetto alla decisione di non voler più godere del proprio credito da parte del titolare della posizione attiva. Dopo che il debitore ha dichiarato 223 di non volerne approfittare, il creditore rimane rinunciante, non si verifica un mutamento dello stato giuridico determinato dalla dichiarazione. Viene a trovarsi in una posizione di attesa neutrale, che il comportamento debitorio non può modificare pur incidendo sulle sorti del relativo rapporto. Diversamente dovrebbe essere valutato l'ulteriore comportamento creditorio caratterizzato dal rifiuto di ricevere la prestazione. In questo caso siamo al di fuori dell'ambito applicativo della rinuncia, in cui l'atto del creditore si presenta come rifiuto di ricevere l'adempimento e come tale è concessa al debitore di agire con i mezzi giuridici opportuni per garantire la realizzazione del proprio interesse ad essere liberato mediante adempimento. Il creditore, infatti, deve avere un certo comportamento atto a garantire la liberazione dell'obbligo in quanto la stessa legge gli impone di tenere un determinato contegno se non vuole incorrere nelle sanzioni disposte dalla mora credendi. Il soggetto attivo può quindi mantenere la sua dichiarazione o subire l'adempimento, ma non può far altro, altrimenti incorrerebbe nelle 224 sanzioni previste dalla legge, che si specificano nell'attuazione delle fasi della procedura di liberazione. La legge, però, disciplina le conseguenze della dichiarazione creditoria in caso in cui il debitore non attua la sua dichiarazione negativa, prevedendo l'estinzione del rapporto, ma non effettua un’esplicita disciplina per la vicissitudine che può subire la dichiarazione di rinuncia. Siamo sul terreno delle azioni, degli esercizi per cui come la dichiarazione di rinuncia del creditore costituisce esercizio del diritto di credito, la dichiarazione di non volerne approfittare del debitore costituisce l'esercizio del suo potere di adempiere103. 103 Romano Salvatore, Scritti Minori , Milano 1980 pag. 1483 ss. 225 III CAPITOLO INTERESSE DEL DEBITORE ALLA LIBERAZIONE CRITICA ALLA TESI DELLA CONFIGURABILITA' DI UN DIRITTO SOGGETTIVO DEL DEBITORE AD ADEMPIERE E APERTURA VERSO UNA SITUAZIONE SOGGETTIVA D' INTERESSE AD ADEMPIERE. La posizione soggettiva del debitore assume una particolare rilevanza proprio nella fase dell'adempimento, in cui il suo interesse potrebbe determinare la nascita di un particolare diritto. Nel tentativo di ricostruire il contenuto della posizione soggettiva del debitore, si è pervenuti a rilevare l'esistenza di un particolare diritto, che si caratterizza come realizzazione dell'adempimento. La verifica di tale esistenza si giustifica nel ritenere l'ordinamento giuridico all'interesse del che garantisce una piena tutela giuridica debitore di 226 essere liberato mediante adempimento, per il quale sarebbero concessi precisi mezzi giuridici di realizzazione in caso di sua lesione. L'affermazione si basa sulla erronea considerazione dell’oggetto della tutela giuridica, in quanto ciò che viene tutelato non è il singolo interesse, ma i possibili interessi di cui il soggetto passivo è titolare. L'unico interesse che trova esplicita protezione giuridica, è quello del creditore ad ottenere la prestazione, al quale fa riscontro una posizione di dovere. Quest'interesse non può essere messo sullo stesso piano dell'interesse del debitore, in quanto esso è completamente assorbito nel comportamento dovuto. Esso acquista rilevanza giuridica nel momento in cui viene leso, non avendo una propria fisionomia giuridica autonoma quando il rapporto obbligatorio si costituisce tra le parti. Il carattere secondario ed eventuale dell'interesse debendi esclude che esso possa assurgere a vero e proprio diritto, a cui corrisponderebbe l'obbligo del creditore di adempiere i propri impegni, per la sua attuazione. L'esistenza di 227 un simile obbligo non solo altera la struttura contenutistica del rapporto ma non potrebbe neanche essere formulato in base all'esame di alcuna fattispecie di contratti che, da un'analisi sommaria del loro contenuto, potrebbero indurre a formulare un risultato differente. Il contratto di struttura104 teatrale è stato assunto come valido supporto normativo, per la dimostrazione di detto obbligo della pars credendi, in quanto si è rilevato che l'interesse del debitore, l'attore, deve essere tutelato mediante la nascita di un obbligo di fare agire l'artista scritturato posto a carico dell'impresario (creditore). L'impossibilità di definire concettualmente un tale obbligo del creditore deriva dal fatto che egli è debitore, a sua volta, del prezzo pattuito per la recitazione, poiché il rapporto costituito è a prestazioni corrispettive, nel quale le due parti assumano un impegno l'una nei confronti dell'altra. Non bisogna confondere l'obbligo derivante dal contratto, quale termine corrispettivo del rapporto, con un obbligo astratto 104 Cass. Competenza e giurisprudenza in materia civile , in Foro Italiano , 1958, I, n. 246 247. 228 di ricevere la prestazione, che si specifica nella posizione attiva in quanto destinataria della stessa. Se per un mero caso, l'imprenditore dispensa l'attore, dalla prestazione (recita) ma gli paga l'onorario pattuito, non sembra che il debitore (attore) possa agire per ottenere la protezione giuridica dell'interesse alla rappresentazione. Se quest'ultimo potesse avere detta tutela i termini del contratto verrebbero ad assumere aspetti molto più ampi di quelli che gli sono propri, realizzando un'alterazione di quelli che sono i requisiti strutturali del rapporto. Se ci fosse una reale protezione per questo interesse, l'impresario avrebbe l'obbligo di allestire la rappresentazione e continuarla, anche nell'eventualità che il disfavore e lo scarso affluire del pubblico lo consigliassero di rinunciare alla recita. Tutto ciò è contrario al concetto stesso di obbligazione, caratterizzato dalla prevalenza dell'interesse creditorio, che potrebbe essere soddisfatto da una non attività, deducendo, quindi, l'impossibilità giuridica di formulare un simile comportamento dovuto dal creditore. Allo stesso risultato negativo si perviene se si considerano i rapporti 229 esistenti tra imprenditori e operai, il cui precedente modo di argomentare farebbe supporre l'esistenza, per i secondi, di un diritto, nei confronti dei primi, che venga amministrata e incrementata nel migliore dei modi l'azienda in cui lavorano, al fine di porsi al riparo da possibili licenziamenti, augurandosi, in questo modo, maggiori guadagni. Si arriverebbe ad ipotizzare l'esistenza di un obbligo generale di fedeltà e cooperazione, che troverebbe la sua unica fonte nel vincolo associativo. L'assenza di un contrasto di interesse per una buona conduzione dell'attività produttiva determina una pretesa di ottenere una giusta tutela. per il compimento dell'attività lavorativa, che non può non specificarsi in una tutela atta a realizzare il singolo interesse ad eseguire la prestazione. In caso di alterazione del buon andamento della produzione, venendo a mancare l'equiparazione delle posizioni a causa dell’assenza dell’interesse menzionato, le parti assumono posizioni differenziate, costituendo un vero e proprio rapporto di credito, per il quale viene riconosciuta un’espressa tutela solo per l’interesse creditorio. In questa particolare 230 situazione non può essere considerato meritevole di tutela un diritto ad adempiere del debitore, ma si garantisce al soggetto passivo solo la possibilità di evitare qualsiasi inconveniente atto ad incidere ulteriormente sul suo obbligo. La tutela che viene riconosciuta riguarda mezzi di prevenzione atti a garantire alla posizione soggettiva passiva non solo minori aggravi, derivante da fattori esterni, ma un'ulteriore beneficio determinato dalla liberazione del vincolo, che può essere realizzato con la sola volontà del debitore105. La tutela dell'interesse del debitore ha fatto ritenere che in alcuni casi, il creditore avesse un vero e proprio dovere di ricevere la prestazione, per realizzare il proprio interesse. L'obbligo del creditore di fare tutto ciò che necessiti per permettere al debitore di adempiere, risponde all'esigenza logico giuridica di non alterare l'equilibrio degli interessi in gioco. Il soggetto attivo avrebbe sempre un obbligo di accettare la prestazione, in virtù di una lesione dell'interesse debitorio a non 105 Miccio op. cit. pag. 6. 231 subire il prolungamento della durata del rapporto oltre i termini convenuti. Il creditore non può sicuramente, con un'attività unilaterale, alterare i termini costitutivi dell'obbligazione effettuando comportamenti che determinerebbero maggiori aggravi per il debitore. Ciò, però, non giustifica l'esistenza di un obbligo generale di ricevere la prestazione a suo carico. Il debitore ha il dover di adempiere e non il diritto, mentre il creditore ha la facoltà e non l'obbligo di ricevere la prestazione. Questo è dimostrato tenendo presente il contenuto del contratto di trasporto o quello di compravendita, i quali hanno come oggetto rispettivamente un biglietto per assistere ad una rappresentazione teatrale e quello per essere trasportato da un luogo in un altro. Il vettore o il gestore del teatro, al quale il cliente ha pagato il biglietto del viaggio o dello spettacolo, è debitore del trasporto o della rappresentazione teatrale, ma non può pretendere che il debitore effettui il viaggio o vada a teatro; il cliente resta sempre 232 libero di esigere o non esigere il proprio credito, cioè di non effettuare il viaggio e di non andare a teatro106. L'inesistenza di un dovere del creditore di ricevere la prestazione viene ad essere dimostrata non dalla definizione di obbligazione che è destinata a soddisfare l'interesse del creditore ma dal fatto che l'interesse del debitore potrebbe trovare un’espressa tutela solo attraverso la creazione di un altro rapporto obbligatorio. Questo rapporto avrebbe il carattere della complementarità e della accessorietà, rispetto a quello fondamentale e compreso in esso. In tal caso il debitore sarebbe titolare del diritto a far sì che il creditore riceve la prestazione, gravando su di lui il conseguente obbligo di ricevere ciò che è dovuto. Tutta la normativa del rapporto obbligatorio non rileva la possibilità giuridica di configurare all'interno del rapporto un 'altro avente le posizioni soggettive di debito e di credito invertita rispetto al primo. Non è prevista l'esistenza di esso come rapporto 106 Breccia, Le Obbligazioni ,op. cit.,a pag. 414 233 complementare in cui il creditore sia titolare di un obbligo, e viceversa il debitore sia titolare di un diritto107. 107 Cicala ,Adempimento indiretto dell'obbligo altrui, Napoli, 1986, pag. 170 e ss. 234 CONFIGURABILITÀ DI UN INTERESSE AD ADEMPIERE SULLA BASE DELLA DISCIPLINA DELL'ADEMPIMENTO DELL'OBBLIGO ALTRUI. La possibilità che la posizione soggettiva del debitore possa assurgere a vero e proprio diritto, viene smentita proprio dalla norma contenuta nell'art. 1180 c.c., in base alla quale il creditore può prendere in considerazione la manifestazione di volontà del debitore , ma non è vincolato ad essa. L'accettazione dell'intervento del terzo viene subordinata ad un’attenta valutazione del creditore che ha per oggetto o il suo interesse che il debitore possa adempiere l'obbligazione personalmente, o lo stesso tipo di interesse, che, invece, appartenga al soggetto passivo e si manifesta nel momento in cui effettua l'opposizione. Essa non costituisce altro che un semplice mezzo per far si che il creditore conosca questo interesse e possa prenderlo in considerazione, nell'eventuale attuazione del suo potere di respingere l'adempimento del terzo. L'interesse del 235 debitore è tutelato mediante la previsione di una semplice facoltà di manifestare la propria opposizione alla prestazione del terzo, il cui mezzo, però, non è vincolante per la reale attuazione dell'obbligazione108. L'opposizione del debitore non ha alcuna incidenza giuridica nella possibilità che il terzo ponga in essere la prestazione, infatti il creditore è completamente libero di scegliere se dare attuazione alla richiesta del soggetto estraneo, poiché potrà, ma non dovrà, tener conto dei motivi che inducono il soggetto passivo di manifestare la propria ostilità nel permettere al terzo di porre in essere la prestazione. E' stato ritenuto che la manifestazione di volontà del debitore non può essere considerata una mera facoltà, in quanto la sua opposizione costituisce il termine primo per concedere al creditore un motivo valido per non accettare la prestazione che il terzo s'impegna ad adempiere. La verifica di ciò consente di 108 Breccia , Le Obbligazioni ,op.cit., pag 436 e ss.; Natoli , L'attuazione , op cit pag 187 e ss. 236 formulare in termini compiuti la natura di detta opposizione, definendola come un vero e proprio diritto illimitato, atto a salvaguardare la pars debendi da qualsiasi invasione della proprio a sfera giuridica109. Parlare di un vero e proprio diritto illimitato di opposizione non ha alcun fondamento giuridico, in quanto contiene in se il riferimento ad un’illimitata facoltà di opposizione, che è del tutto priva di collocazione giuridica all'interno della disciplina complessiva dell'adempimento del terzo. L'ammissione di un diritto illimitato comporta inevitabilmente che le ragioni e i motivi che il debitore fornisce diventano insindacabili e vincolanti. Per cui, ogni qualvolta che il creditore rifiuti l'offerta del terzo, potrebbe addurre come causa giustificativa la volontà del debitore che non vuole che il soggetto in questione si inserisca nel rapporto ed immetta nel patrimonio credendi la cosa dovuta. In questo modo si dovrebbe considerare l'unico, vero interesse positivamente normatizzato, come privo di qualsiasi rilevanza 109 App Roma 8 marzo 1952 , op cit 237 giuridica, in quanto non idonea a poter accettare la prestazione del terzo, nel caso in cui fosse stata manifestata l'opposizione in questione. Appare contraddittorio affermare che la legge intende tutelare di più la sfera di sovranità del soggetto passivo anziché quello attivo, non essendo conciliabile tale preferenza con il contenuto della norma in questione, che espressamente e specificatamente si e' preoccupato di concedere la possibilità al creditore di veder soddisfatto il proprio interesse ad opera di un terzo110. La conferma che l'opposizione non sottintende un diritto ma si costituisce come un puro mezzo previsto dall'ordinamento, per tutelare l'interesse del debitore a far si che la prestazione possa essere da lui compiuta viene testimoniata dalla possibilità per il creditore di accettare l'adempimento del terzo, anche contro la volontà del debitore. A conferma che l'opposizione è un mero strumento per tutelare l'interesse debendi, il tribunale di Roma111, sezione fallimentare, ha previsto che "la legittimazione del 110 Di Majo, Dell’adempimento in generale, op cit , pag 70 e ss Tribunale di Roma, sent. 11 luglio 1986 n. 10931, in Temi Romani, Parte II, Giurisprudenza Civile , pag 413 . 111 238 creditore ad impugnare l'ammissione di altrui creditori concorrenti è di natura privatistica e non è tutela di un interesse collettivo; essa pertanto viene meno se al creditore opponente viene fatta una valida offerta di pagamento da parte di un terzo senza l'opposizione del curatore. Anche la facoltà, del debitore (fallito) di opporsi all'adempimento da parte di un terzo ai sensi dell'art. 1180 comma 2° c.c. si trasferisce al curatore, dovendosi ritenere tale facoltà compresa nello spossessamento del patrimonio del fallito conseguente alla dichiarazione di fallimento". Questa sentenza, anche specificamente riferita all'ipotesi di fallimento, ha esplicitamente evidenziato che il debitore ha una facoltà di opporsi all'intervento del terzo, la quale passa dal curatore per il semplice verificarsi del fallimento. Detta facoltà viene utilizzata dal curatore proprio per rendere noto il motivo che può causare la non accettazione della prestazione del terzo e gli viene trasferito in quanto fa parte del patrimonio del debitore fallito. La struttura contenutistica e 239 formale di questo strumento è ben delineato in quanto risulta chiaro che esso si specifica in una mera facoltà di non accettare l'adempimento del terzo. Essa è congeniale alla posizione del debitore che, messo nella condizione di dover assumere un atteggiamento positivo nei confronti di un’attività solvendi altrui, può manifestare la propria volontà, la quale può, successivamente, acquisire un suo ruolo determinante nella scelta effettuata dal soggetto attivo, solo se quest'ultimo ritiene degno di riconoscimento giuridico l'opposizione avanzata. 240 POSSIBILITA' DI RICONOSCERE LA CATEGORIA DELL'INTERESSE LEGITTIMO NEL DIRITTO PRIVATO. Verificata l'esistenza dell'interesse del debitore ad adempiere, si è subito rilevato che esso può assumere, nell'ambito del rapporto obbligatorio, una funzione importantissima nel determinare quelli che sono gli estremi contenutistici della posizione debitoria. Questo interesse, completamente assorbito nel comportamento dovuto dal debitore, acquista rilevanza giuridica nel momento in cui non viene concessa la possibilità per determinare la sua realizzazione. Non avendo una propria fisionomia giuridica, e manifestando la propria rilevanza nel momento in cui viene leso, la tutela ad esso concessa è occasionale e secondaria. I mezzi giuridici concessi per la sua realizzazione mettono in evidenza che il soggetto passivo viene a trovarsi in una situazione molto particolare, che funge da presupposto per la sua liberazione dal vincolo. L'interesse del debitore ad adempiere si pone come la situazione presupposto, 241 che determina la nascita di situazione sostanziale di vantaggio, inattiva, che assume i caratteri di un interesse legittimo112. Questa figura è nata nel diritto pubblico, e più precisamente nel diritto amministrativo, ed ha acquistato una particolare rilevanza giuridica anche nel diritto privato, essendo essa di fatto applicata in molte situazioni aventi carattere privatistico. Non sempre la dottrina è stata unanime nel ritenere che sia corretto applicare una figura tipicamente pubblicistica nel campo privatistico. L'obiezione, in base alla quale sarebbe del tutto irrilevante uno spazio giuridico all'interesse in questione nell'ambito del diritto privato, si basa su alcuni fondamentali argomenti che però, non portano a risultati concludenti. 112 Bigliazzi Geri, Contributo alla teoria dell’interesse legittimo nel diritto privato, Padova, 1967, pag 197 e ss 242 La prima questione riguarda la competenza giudiziaria per la conoscenza delle varie controversie relative a questioni riguardanti interessi legittimi. Si è, infatti, sostenuto che l'unico giudice competente a conoscere le controversie relative agli interessi legittimi è solo la giurisdizione amministrativa, per cui non si potrebbe agire in giudizio compiutamente e con competenza di materia se questa figura giuridica fosse trasportata nel diritto privato. In quest'ambito del diritto, abbiamo che le relative controversie sono di competenze del giudice ordinario, per cui, se si potesse effettuare un simile trapasso, non ci sarebbe azione giudiziaria utile, per pervenire ad una valutazione della lite in corso113. La tesi prospettata, però, parte da una visione molto 113 Coloro che affermano l'impossibilita' di configurare l'interesse legittimo nell’ambito del diritto privato: Ranelletti, Le guarentigie della giustizia nella pubblica amministrazione Milano, 1934, pag 325 e ss Calamandrei, Istituzioni di diritto processuale civile secondo al nuovo codice, II, Padova, 1953, pag 42 e ss Satta, Diritto processuale civile , Padova , 1943 , pag 161 e ss Cassarino, Le situazioni soggettive e l’oggetto della giurisdizione amministrativa, Milano, 1956, pag , 261 e ss Bozzi , voce Interesse e Diritto, in Novissimo Digesto italiano, VIII, Torino, 1962 , pag 844 e ss Gazzoni , Manuale di diritto privato, Napoli,1996, pag. 80 e ss Zanobini , Interessi occasionalmente protetti nel diritto privato,in Studi in Memoria di F. Ferrara , Milano 1943 , II, pag 705 e ss 243 limitata del fenomeno in quanto trascura del tutto il momento sostanziale, concentrando la propria attenzione solo sul momento processuale, ritenendo che solo in esso è possibile rilevare l’importanza giuridica del fenomeno. A prescindere da questa considerazione puramente contenutistica, non sembra che sia possibile arrivare a formulare aprioristicamente una simile conclusione negativa, senza prima aver effettuato un'analisi del dato positivo. Essa presuppone, ovviamente, la formulazione di una chiara definizione giuridica di interesse legittimo, per mettere in evidenza la sua vera natura ed evitare l'errore di effettuare una confusione tra i due momenti essenziali in cui il fenomeno si articola, cioè quello sostanziale e quello processuale. In relazione a quest'ultimo aspetto, non può considerarsi decisa, per la negazione dell'applicazione della figura dell'interesse legittimo nel diritto privato, il dettato normativo Interessi legittimi nel diritto privato, in Scritti vari di diritto pubblico, Milano, 1955, pag. 345 e ss Ventura, Interessi legittimi, diritto privato, diritto agrario, in Riv , dir. agrario, 1959, pag 183 e ss Interessi legittimi e proprieta' fondaria , in studi in onore di Betti, Milano, 1962 , pag, 721 e ss . 244 contenuto nella legge 23 marzo 1865, n 2248114. Con questa legge si sarebbe attribuita al giudice amministrativo una competenza esclusiva a conoscere le questioni relative agli interessi legittimi, quindi, a una prima analisi si arriverebbe alla conclusione di un’irrilevante previsione dell'interesse in questione nell'ambito privativo, poiché la strada processuale per la sua tutela sarebbero del tutto inesistenti. Un'attenta disamina del contenuto del testo normativo, rileva la sola esistenza della possibilità di adire la strada esclusiva della giustizia amministrativa solo quando il rapporto controverso abbia come soggetti contrapposti il privato e la Pubblica Amministrazione. La legge, però, non menziona il caso in cui il rapporto controverso si ponga tra soggetti diversi, e nel caso di specie nei confronti dei privati, lasciando impregiudicata la questione relativa alle possibili controversie giudiziarie. Il rilievo effettuato, consistente nell'indirizzare il contenuto legislativo alle sole ipotesi in cui sia coinvolto un 114 Dal Testo Unico delle leggi sul Consiglio di Stato , approvato con R . D. 26 Giugno 1924 , n. 1054. 245 soggetto pubblico, è confermato anche dalle norme contenute nell'art. 24, 103, 113 della Costituzione, in quanto attribuiscono agli organi della giustizia amministrativa, la sola giurisdizione per la tutela degli interessi legittimanti confronti della pubblica amministrazione. Per cui si afferma non solo la necessità giuridica di eliminare qualsiasi dubbio sulla possibile applicazione dell'interesse legittimo nella sfera d'azione del diritto privato, ma l’incontestabilità della competenza del giudice ordinario in riferimento alle controversie tra privati, nelle quali si lamenti la violazione di un interesse legittimo115. 115 Coloro che affermano l’indentificabilità dell’interesse legittimo nel diritto privato:Betti, Diritto processuale civile italiano , Roma, 1936 , pag 68 e ss . Teoria generale del negozio giuridico, in Trattato di diritto civile diretto da Vassalli , XV, Torino, 1960, pag 112 e ss ;voce Interesse (Teoria generale) n Novissimo digesto italiano , VIII, Torino , 1962, pag 838 e ss Carnelutti , Sistema di diritto processuale civile, Padova, 1936, 841 e ss , Santi Romano,Corso di diritto amministrativo, Padova, 1957, pag 151 e ss; Corso di diritto costituzionale, Padova, 1940, pag. 80. Romano Salv. Aspetti soggettivi dei diritti sulle cose , in Riv. Trim , Dir e proc. civ. 1955 pag 139 Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, Diritto Civile, I , Torino, 1986 pag. 330 e ss Rescigno, Gli interessi legittimi nel diritto privato, in Scritti Lence, a cura di Carpino, Napoli, 1989, pag. 883 e ss. Bigliazzi Geri, voce interesse legittimo: diritto privato, in Digesto delle discipline privatistiche , vol. IX, pag. 527 , in part. 530 e ss. 246 Il risultato non può essere smentito neanche se si effettua se una disamina contenutistica della figura giuridica dell’interesse legittimo, in quanto esso si presenta come una situazione soggettiva di vantaggio la cui fisionomia ben potrebbe essere presente nell'ambito di un rapporto privatistico. Per cui non solo si può affermare che nulla in astratto, può avere un contenuto giuridico tale da porsi come ostacolo all'applicazione dell'interesse studiato e individuato, nell'ambito del diritto privato, ma esso è di valido supporto per arrivare a chiarire situazioni che all'interno dell'ambito privatistico non sono di esaustiva definizione giuridica. Il concetto di interesse legittimo non è privo di conseguenze giuridiche rilevanti, ciò si deduce dal fatto che in base ad esso si può riuscire a dare una qualificazione a situazioni che non avevano un preciso significato normativo, e addirittura, si può arrivare a modificare il senso di certe situazioni considerate di soggezione, che, a ben guardare appaiono come situazione di vantaggio. Tutto ciò si struttura e si specifica nell'ambito del rapporto obbligatorio, in quanto particolari 247 vicissitudini relative allo stesso svolgimento del rapporto possono determinare la modificazione di situazioni che sono considerate da sempre come di mero obbligo116. 116 Bigliazzi Geri, Contibuto alla teoria dell’interesse legittimo nel diritto privato, op cit, pag 1 e ss 248 INTERESSE LEGITTIMO DEL DEBITORE ALLA LIBERAZIONE IN RELAZIONE ALLA SUA SITUAZIONE SOGGETTIVA PASSIVA NEL RAPPORTO OBBLIGATORIO. La nozione di interesse legittimo trova la sua più compiuta realizzazione nell'ambito del rapporto obbligatorio, in quanto è l'elemento determinante per chiarire il contenuto giuridico della situazione che si viene a creare nel caso in cui l'interesse del debitore ad adempiere sia leso. Il soddisfacimento di tale interesse non dipende dal comportamento del debitore, ma nella maggior parte dei casi necessita una collaborazione esterna, la quale, se viene a mancare, impedisce al soggetto passivo di liberarsi dall’obbligo. adempiere La mancata realizzazione dell'interesse ad determina la nascita di una situazione soggettiva, inattiva che viene ad assumere i caratteri dell'interesse legittimo, della quale è titolare il debitore117. 117 Bigliazzi Geri , Breccia, Busnelli. Natoli, Diritto Civile ,op.cit., pag 330 e ss 249 L'interesse è così definito perché tende al conseguimento, sul piano sostanziale, di un risultato favorevole consistente, a seconda dei casi, nella conservazione, estinzione modificazione di una data realtà giuridica. Si tratta di una situazione soggettiva che si inserisce nel rapporto fondamentale intercorrente tra creditore e debitore dando vita ad un rapporto accessorio rispetto al primo. Il rapporto obbligatorio si presenta come relazione di due posizioni giuridiche soggettive, funzionalmente coordinate tra di loro, l'una è caratterizzata da un vantaggio, l'altra da uno svantaggio. Può accadere che le due situazioni risultino relazionate tra loro in modo diverso, in funzione dei diversi interessi che stanno alla base del rapporto; per cui può verificarsi che entrambe le situazioni possono essere di vantaggio anche se l’una attiva e l’altra inattiva. Tutte le volte che siamo in presenza di questa particolare fisionomia di rapporto, abbiamo la costituzione di un interesse legittimo, dove l’interesse oggetto di qualificazione costituisce elemento indispensabile per la realizzazione l'interesse 250 creditorio, sicché la soddisfazione dell'uno dipende dalla esplicita realizzazione dell’altro. L'interesse del debitore acquista rilevanza in concreto nel momento in cui si deve effettuare la prestazione, che viene ad essere realizzata solo quando si è compiuto un determinato comportamento discrezionale del creditore. Nel momento in cui viene in evidenza il potere discrezionale del creditore, l'interesse del debitore assume il carattere di termine corrispettivo del predetto rapporto accessorio. L'interesse del debitore ad adempiere e quello che si pone come presupposto del potere del creditore si trovano collegati da un nesso di complementarità, che caratterizza la fattispecie complessa, e nella quale si inserisce l'interesse legittimo. E' ovvio che il soddisfacimento dell'interesse del debitore non può attuarsi se prima non si realizza quello del creditore, ma fa si che il primo possa acquistare una determinata rilevanza in relazione al comportamento discrezionale del creditore di effettuare tutto ciò che è necessario per far sì che la prestazione possa essere realizzata. Ciò non toglie che la posizione di diritto soggettivo del 251 creditore venga alterata, ne quella del soggetto passivo possa mutare il suo carattere di obbligo. Avviene solo che, in relazione al momento attuativo del rapporto, il potere del creditore assume una particolare fisionomia in quanto la posizione del debitore si arricchisce, acquisendo rilevanza in essa la liberazione del vincolo. L'interesse del debitore si presenta come situazione-presupposto di una situazione soggettiva di vantaggio tipicamente inattiva, la cui realizzazione è determinata da una attività giuridica di un soggetto estraneo (il creditore). L'interesse del debitore, quindi, in un certo modo, influisce sulla sfera giuridica del soggetto attivo, rappresentandone un limite espansivo per la sua realizzazione. L'attuazione dell'interesse in questione rappresenta un tipico limite interno al diritto del creditore, il quale ha come unico fine quello di evitare un ingiusto danno al soggetto passivo, dovuto ad un comportamento del soggetto attivo, senza mai ledere il contenuto della posizione del creditore, senza soprattutto 252 trasformarla da diritto in obbligo118. La rilevanza dell'interesse debitorio non può mai incidere sul significato contenutistico della posizione soggettiva del creditore, non potendo rappresentare qualcosa di più di un limite operante alla discrezionalità in esso contenuta. Non convince, invece, la configurazione di questo limite come esterno, con funzione non paralizzante, ma incidente sul contenuto di quel potere creditorio. Considerando l'interesse ad adempiere come limite esterno, lo si ritiene capace di incidere sulla sfera giuridica del creditore, da provocare un’impossibilità di porre in essere comportamenti riflettenti il contenuto della posizione attiva. Il potere del creditore nasce come un potere fondamentale, libero nella sua struttura contenutista, non potendo essere limitata da un'attività che in qualche modo possa alterare le sue basi costitutive, arrivando a modificare la natura del diritto. Per cui la fisionomia del limite non può non essere che interna, capace di incidere sul modo di attuare una certa attività insita nel 118 Bigliazzi Geri, Interesse legittimo nel diritto privato, in Digesto delle discipline civilistiche, op.cit., pag. 555 e ss. 253 diritto stesso, ma non si può mai arrivare a formulare una delimitazione della libertà che possa riscrivere le caratteristiche strutturali del potere. Essendo l'interesse del debitore un interesse legittimo alla liberazione, implica che esso non possa essere realizzato da una attività che dipende dal suo titolare. La sua soddisfazione, presentandosi come una situazione giuridica inattiva, si fa discendere da un comportamento che riguarda un soggetto estraneo. Nel momento in cui l'attività del soggetto diverso dal debitore viene attuata, si attua una lesione dell'interesse in questione, con la possibilità giuridica del debitore di liberarsi dal vincolo mediante una serie di rimedi che l'ordinamento giuridico pone a sua disposizione. La lesione dell'interesse pone le basi per la costituzione di una successiva posizione in cui il debitore può agire per facilitare la sua liberazione dal vincolo. In base a questa situazione il debitore si pone in una situazione di vantaggio, in cui gli strumenti concessi sono solo espressione di questo nuovo stato di cose. La situazione soggettiva di inattività si pone come 254 presupposto della posizione soggettiva in cui il debitore ha un potere di agire per liberarsi dal vincolo. Potere che appare come un vero e proprio diritto potestativo (soggettivo) conferito al debitore come mezzo di reazione contro la violazione del proprio interesse. Contro la lesione dell'interesse del debitore ad adempiere, quest'ultimo, quindi è titolare di un diritto potestativo capace di contrapporsi alla lesione realizzando la possibilità giuridica di essere liberato dall'obbligo119. 119 Bigliazzi Geri, Contributo ad una teoria dell'interesse legittimo in diritto privato, op.cit., pag. 192 ss. 255 INTERESSE DEL DEBITORE ALLA LIBERAZIONE E LA MORA DEL CREDITORE. L'interesse del debitore alla liberazione assume particolare rilevanza nell'ambito della disciplina della mora credendi, in base alla quale se il creditore non effettua ciò che gli è stato richiesto il debitore non è liberato, pur avendo fatto tutto ciò che è necessario per eseguire la prestazione. La non collaborazione del creditore è giustificata solo quando si è verificata l'esistenza di un motivo legittimo, atto a ritenere che l'attività del debendi realizzata non sia in grado di soddisfare il suo diritto. Il riferimento al motivo legittimo determina i confini entro cui si può valutare l'acquisita rilevanza giuridica dell'interesse del debitore ad essere liberato, e il modo in cui può incidere sulla situazione soggettiva del creditore. E' evidente, però, che quando la legge indica, come presupposto per impedire gli effetti della mora un motivo legittimo, fa riferimento ad un fatto diverso dalla irregolarità della offerta. Una simile situazione, specificandosi basterebbe in un 256 adempimento dell'obbligo da sola a giustificare il rifiuto di creditore, in quanto gli è riconosciuta una simile facoltà quando la prestazione offerta dal debitore non sia conforme in senso quantitativo o qualitativo al contenuto dell'obbligo. Gli effetti della mora credendi si possono verificare solo quando vi sia stata offerta formale perfettamente regolare e valida, capace di porre in evidenza l'interesse del debitore a liberarsi. In questo tipo di situazione il rifiuto del creditore di ricevere la prestazione o, più generalmente, di mettere il debitore nella condizione di non adempiere, si mostra privo di qualsiasi fondamento giuridico. Il superamento di quel particolare limite interno che si riferisce al potere del creditore che è rappresentato dall'esistenza e dalla rilevanza giuridica dell'interesse del debitore ad adempiere, può essere determinato solo dalla presenza di un motivo oggettivamente apprezzabile, che rende privo di valore giuridico il comportamento del creditore; non significando, però, che il potere del creditore è vincolato al soddisfacimento dell'interesse debitorio. La rilevanza giuridica dell'interesse del debitore si 257 arresta di fronte a un "motivo" che sia in grado di determinare il significato giuridico del comportamento negativo del creditore. Esso non incide, perciò, sull'an, ma sul quomodo dell'esercizio del potere del creditore imponendo di tenere presente le sue esigenze giuridiche, nel momento in cui viene a concretizzarsi quel comportamento della pars credendi che al potere si ricollega. Ciò vuol dire che l'interesse del debitore alla liberazione funziona da limite esterno del diritto di credito, il sui esercizio al non ricevimento della prestazione viene condizionato solo dell'esigenza che si sia verificato un determinato fatto che sia obiettivamente valutabile. L’esercizio del potere non è arbitrario, ma è discrezionale, dovendo essere relazionato anche nei confronti dell'interesse del debitore che, in questa particolare circostanza, esso assume la fisionomia tipica dell'interesse legittimo120. La legittimità o meno del comportamento negativo del creditore si specifica in relazione all'esistenza o meno del 120 Natoli, op. cit. pag. 4 ss. 258 "motivo" giustificatorie, dovendo prescindere dalla ricerca di una eventuale sua colpa.121 121 Bigliazzi Geri op. cit. pag. 193 ss. 259 ASSENZA DEL CONCETTO DI COLPA COME REQUISITO DELLA MORA CREDENDI. L'istituto della mora credendi ha la sua funzione nel realizzare la liberazione del debitore dal vincolo di esonerarlo dalle relative spese e costi economici che possono discendere dalle circostanze che hanno impedito l'adempimento. Ciò che necessita affinché la mora possa esplicare i suoi effetti, è l'individuazione dei casi in cui è dovuta la cooperazione del creditore. L'ammissione di questa attività, anche se incolpevole o provocate da circostanze al creditore non imputabili, è il presupposto necessario per porre il creditore nello stato giuridico di mora. Il problema dell'imputabilità e della colpa viene compreso se si riferisce al dettato normativo contenuto nell'art. 1206 c. c., in base al quale il creditore è non destinatario delle conseguenze previste dalla relativa disciplina se provi che la mancata accettazione della prestazione è avvenuta per la presenza 260 di motivi legittimi122. La definizione legislativa è molto ambigua e ha dato vita ad interpretazioni ambigue, essendo non sempre stata ritenuta l'imputabilità del comportamento del creditore un elemento estraneo alla costituzione degli effetti della mora. Si deve, però, ritenere che la locuzione "legittimi" contenuta nell'articolo ha un significato non specificamente giuridico, ma in quanto sono sociali, riferiti alle moltissime cause che possono giustificare il suo comportamento e come tali questi motivi acquistano significato convenzionale, nel senso che essi sono giustificanti, l'atteggiamento creditorio. Questi motivi giustificano la non accettazione dell'offerta debendi, eliminando il carattere antigiuridico del comportamento del creditore in quella particolare situazione che si è venuto a trovare e per la quale l'obbligazione viene legittimamente prolungata. 122 Sul motivo legittimo vedi: Cass. 9 Febbraio 1981, in Giur.mer.,1981, 1217;sul rifiuto di cooperare , con l’invio di un estratto conto, all’accertamento del debito da liquidare: Cass.27 Febbraio 1979, n.1289, in Giur,civ. Rep. 1979 . Obbligazioni e contratti , n .3. 261 L'indice di riferimento per la costituzione in mora è l'assenza di questo motivo legittimo, con la conseguenza logica che la conseguenze previste dalla legge si verificheranno soltanto per il semplice rilevare le cause giustificative mancanti. Il soggetto attivo cadrà in mora per una chiara previsione di uno stato di fatto che determina il venir meno del legittimo rifiuto, escludendo da esso qualsiasi concetto di colpa o di responsabilità. Ciò è testimoniato anche dalla relazione ministeriale al codice (n.568) che espressamente citava: "il creditore incorre in mora quando, indipendentemente da ogni sua colpa, non riceve il pagamento legalmente offertogli, ovvero ammette di compiere gli atti preparativi relativi" Ciò è confermato dalla Relazione del Progetto preliminare del libro delle obbligazioni (n.87) in base alla quale la mora del creditore non richiede un comportamento colposo, in quanto si è ritenuto che un contegno possa essere contrario alla legge, ma nello stesso tempo scusabili123. 123 Miccio op. cit. pag. 123 e ss. 262 Se si considerasse necessario per la costituzione della mora il concetto di colpa del creditore, bisognerebbe ammettere che esiste nel creditore un obbligo e nel debitore un diritto all'accettazione. L'assenza di ogni nozione di colpa, per la giuridica sussistenza della norma, trova sua logica spiegazione nel fatto che se il debitore, ha un suo interesse ad essere liberato, ad esso non si rileva l'esistenza di un obbligo del creditore di cooperare all'adempimento della prestazione124. La colpa presuppone sempre l'esistenza di un obbligo da rispettare e la lesione di un corrispondente diritto, che in questo corso si specifica in quello del debitore a far si che la prestazione possa essere accettata. La non esistenza di un obbligo, determinata da una totale assenza del presupposto fondamentale della colpa, ha un suo riscontro nell'ambito della normativa giuridica. La legge, infatti, interviene più volte per impedire che il creditore 124 aggravi la posizione giuridica del debitore, Colagrasso, Teoria generale dei contratti e delle obbligazioni , Roma , 1946, pag. 64 e ss. 263 imponendogli determinati comportamenti. La possibilità di prevedere ogni aggravio compiuto dal creditore ai danni del debitore esclude in maniera automatica la previsione di un obbligo (in via normale) di riavere la prestazione. La cura particolare che ha avuto il codice nell'imporre in modo esplicito questi obblighi per determinate situazioni in cui il debitore viene a trovarsi, fa escludere l'esistenza di un generale dovere per il creditore di non aggravare la situazione del debitore. In relazione all'esplicita normativa dettata per la mora, si può indubbiamente ricavare dall'art. 1207 c.c., l'assenza di qualsiasi ipotesi di imputabilità soggettiva, nella quale sono racchiusi tutti gli effetti legati alla costituzione in mora del creditore. La secca e recisa formulazione dell'articolo, a differenza di ciò che è contenuto nell'art. 1218 c.c., in cui è esplicitamente sottolineato l'imputabilità soggettiva riguardante la 264 mora debendi, esclude qualsiasi ipotesi di mora creditoria imputabile125. 125 Barassi, Teoria generale delle obbligazioni, Vol. III, l’Attuazione, Milano, 1964, pag 90 e ss . 265 ASSENZA DI UN PARALLELISMO TRA MORA CREDENDI E MORA SOLVENDI. Verificato i presupposti per la creazione dello stato di mora, si perviene subito alla conclusione che essa è completamente differente dalla mora debendi. La nozione della mora accepiendi è data dalla semplice illegittima del rifiuto, senza che sia necessario il concorso della colpa o di qualsiasi elemento subbiettivo, venendo a costituirsi come completamente isolata da quelle che è la nozione di mora del debitore. Pur avendo in comune il termine "mora" indicando la caratteristica del fenomeno come un ritardo nel compiere una determinata attività, si differenzia sul punto della colpa e sui presupposti dei diversi istituti126. La disciplina della mora prevede la possibilità della sua non attuazione in caso in cui si verifica un motivo legittimo che 126 Colagrasso, Obbligazioni, Commento al nuovo codice civile italiano, parte generale, Milano , 1943, pag. 63 e ss. 266 giustifichi il comportamento del creditore, che vengono considerati rilevanti ed adeguati in via di fatto, validi e sensibili in via di diritto. Nel caso in cui il creditore non si rechi nel domicilio del debitore per riscuotere il suo credito poiché il treno ha avuto un serio incidente lungo il percorso, esso può essere un motivo valido e rilevante da far escludere ogni possibile nascita di sua responsabilità. Può accadere, però, che il creditore abbia dichiarato un motivo non vero, in quanto mai accaduto, o non ha mai rilevato l'accaduto come causa giustificativo del suo comportamento. Ciò induce a ritenere che il concetto di motivo legittimo contiene in se quello di motivo putativo giacchè quello che costituisce il fatto può ritenersi non rilevante o addirittura può essere considerato causa di giustificazione per il soggetto agente, ma non per un terzo. Si pensi ai precetti delle varie religioni che possano imporre di non compiere una determinata attività, che invece ad un'altra persona, non appartenente ad essa, può compiere nel modo più disinvolto possibile. 267 Da ciò deriva che il concetto di motivo legittimo ha una valenza puramente negativa, che si contrappone all'elemento obiettivo del bonus pater familias, che costituisce il presupposto della teoria dell'imputabilità e della mora debendi. Questo costituisce una chiara presa di coscienza della diversità strutturale dei due istituti, in cui l'elemento della colpa costituisce la discriminante differenziativa. In un caso abbiamo applicazione della normativa per il sol fatto dell'esistenza dell'ipotesi prevista dall'ordinamento come cause costitutive dello stato di mora, nell'altro, invece, cita espressamente l'art. 1218 c. c., la mancanza dell'imputabilità esclude ogni responsabilità per cui la colpa può essere considerata come elemento determinante per la costituzione della situazione di ritardo nell'adempimento. Avendo presupposti opposti, tutta la disciplina si base per la tutela di contrapposte esigenze che riguardano le attività inerenti alla posizione soggettiva del rapporto obbligatorio. Si verifica con la costituzione in mora del creditore di attuare gli aggravi che il debitore può ricevere a causa del mancato concorso 268 del credito. Con la mora debendi si cerca di far pervenire al creditore ciò che è oggetto del suo diritto, tutelandolo da quelli che possono essere il ritardo nell'adempimento. Differenza di presupposto che comportano differenza di disciplina tale da escludere qualsiasi parallelismo tra i due istituti127. 127 Miccio Le obbligazioni, op cit pag. 125e ss 269 IMPOSSIBILITA' DI RICONOSCERE SULLA BASE DELLA DISCIPLINA CODICISTICA DELL’ART. 1175 L’ESISTENZA DI UN OBBLIGO DEL CREDITORE A RICEVERE LA PRESTAZIONE . SITUAZIONE DI ABUSO DI DIRITTO. Il riferimento ai motivi contenuti nell'art. 1206, esclude che il comportamento del creditore sia colposo, e quindi l'impossibilità di risalire ad un suo obbligo di ricevere la prestazione. Il sistema, però, si rende particolare per la presenza di una disposizione che impone un dovere di correttezza ad entrambi i soggetti del rapporto obbligatorio. La norma, contenuta nell'art. 1175, racchiude un principio fondamentale in materia di rapporti privati, che si riempie di contenuto pragmatico ogni qualvolta viene rapportato alla realtà. Esso consiste nell'essere considerato come "clausola generale" il cui contenuto della correttezza si riempie di significato giuridico nel momento che viene applicato dagli organi dell'apparato giudiziario. 270 La clausola generale della correttezza conferisce al giudice un valido strumento per valutare in concreto il comportamento dei soggetti del rapporto obbligatorio, consentendo di effettuare un penetrante controllo all'interno dei rapporti privati. Per cui il giudice, compiendo il suo controllo segna il limite entro cui il diritto o il dovere deve mantenersi, costituisce cioè la misura di poteri, e di obblighi adeguate alle esigenze del sistema. La norma, quindi, ha la specifica funzione di delineare l'ambito di valutabilità dei comportamenti dei soggetti del rapporto, verificando se siano esattamente corrispondenti al compimento di ciò che è contenuto nelle opposte posizioni soggettive obbligatorie. Da ciò si è ricavata una regola molta più incisiva, per la quale ogni qual volta vi è comportamento del soggetto attivo che possa travalicare il limite della clausola generale di correttezza, si ha abuso del diritto. 271 Il controllo dei diritti soggettivi ed in particolare il sindacato giudiziale sull'esercizio del credito viene fondato sulla norma che impone la correttezza128. Questo controllo si specifica proprio in riferimento al comportamento del creditore quando non compie l'attività richiestagli, senza che vi sia un motivo legittimo di rifiuto. Per cui il suo comportamento, si pone al di fuori del legittimo esercizio del proprio diritto, venendo a costituire la specificazione di quella particolare figura giuridica che viene definita come abuso di diritto. La legge prevede sempre la possibilità di sottoporre ad esame i motivi che hanno determinato il verificarsi di un certo atteggiamento, in virtù della realizzazione di una certa attività prevista come fine ultimo di attuazione. Ciò accade proprio nel caso in cui il creditore non accetti il pagamento o non compie 128 Rescigno ,Obbligazione(diritto privato ) (nozioni generali) Enciclopedia del diritto , XXIX op. cit. pag. 178 e ss. 272 tutto ciò che è necessario per far si che il debitore possa adempiere. Per verificare, infatti, che il mancato ricevimento della prestazione sia legittimo, il giudice deve procedere una valutazione dei motivi che hanno realizzato il venir meno del consenso. La non plausibilità dei motivi adottati, o la loro assenza, inducono a ritenere che il comportamento del creditore sia abusivo, in quanto espressione del superamento del limite che rappresenta la possibilità di agire coerentemente in riferimento al contenuto del relativo diritto. E' in questo momento che l'interesse del debitore alla liberazione emerge, acquisendo rilevanza giuridica, per la cui attuazione sono direttamente previste le sanzioni contenute nell'art. 1207 c.c.. Ciò che si vuole evitare è la possibilità che il rapporto obbligatorio persiste oltre i suoi limiti naturali, in quanto ciò consisterebbe nel pretendere dal debitore più di quanto egli debba e di riconoscere al creditore un diritto che in realtà non gli appartiene. Per cui più di vere e proprie sanzioni, esse si specificheranno in una reazione contro un 273 comportamento abusivo del creditore, che si riflette negativamente sul contenuto della sfera giuridica del debitore. Se per sanzioni si intende la reazione alle violazioni di veri e propri obblighi, non possono essere riferite al caso prospettato, per l'impossibilità giuridica di ritrovare un vero e proprio dovere in tal senso. Esse, invece, sono semplici contromisure di ordine eminentemente equitativo tendenti al ridurre al minimo le conseguenze dannose provenienti dal comportamento abusivo del creditore al soggetto passivo, evitando le ulteriori prosecuzioni ingiustificate dal rapporto obbligatorio129. 129 Natali,L’Attuazione del rapporto obbligatorio, op.cit. pag. 71 e ss. 274 ANALOGHE CONCLUSIONI ALLA LUCE DEL DETTATO NORMATIVO EX. ART. 2043 C.C.. La possibilità di verificare l'esistenza di un obbligo del creditore di ricevere la prestazione veniva sancita in riferimento al principio contenuto nell'art. 2043 c.c., in base al quale nessuno può ledere l'altrui sfera giuridica. Il principio dell’"alterum non ledere" ha avuto una primaria posizione nel verificare l'esistenza, di quest'obbligo, partendo da una verifica della lesione effettuata nella sfera giuridica del debitore dal comportamento del soggetto attivo. Si è pervenuto a conclusione dell'esistenza di un dovere in base ad una similitudine realizzata tra il caso in cui il creditore è tenuto ad assumere un determinato comportamento positivo per consentire al debitore di liberarsi dall'obbligo, e l'ipotesi in cui un soggetto, avendo compiuto un'ingerenza nell'altrui sfera giuridica, debba poi effettuare qualche atto positivo al fine di eliminarla. 275 Il creditore, non ponendo in essere l'attività richiesta, determina una ingerenza, con conseguente lesione, nella sfera giuridica del debitore e, questo stato di cose può essere modificato solo se si realizza un comportamento positivo del soggetto attivo, atto ad eliminare l'invadenza per impedire la lesione. Da ciò si deduce che il creditore ha un vero e proprio obbligo di cooperare per attuare la prestazione, e il debitore è titolare di un diritto a pretendere ciò. Il dato giuridico a cui si è pervenuto viene ad essere messo in discussione se si tiene presente la disciplina della mora credendi e si effettui una sua giusta disamina contenutistica, quando si verifica. L'analisi trova il suo punto di partenza nel verificare quando viene realizzato un danno ingiusto ad opera di un determinato soggetto, e se ciò si specifica nella normativa esaminata. I danni previsti dall'art. 1207 c. c. consistono nel maggior costo che il debitore deve sopportare a causa del ritardo nel compimento dell'attività richiesta, e si specificano in ulteriori 276 spese e in un mancato guadagno. Tali danni sono risarcibili, in quanto derivati dallo stato di "mora" del creditore, ovvero quando il debitore si sia trovato nell'impossibilità di evitare nuove spese o di intraprendere nuova occasione di guadagno, a causa della permanenza del rapporto obbligatorio. Il debitore deve effettuare nuove spese e lasciare perdere le occasioni di lucro in quanto è obbligato a fare ciò, il cui vincolo è mantenuto dalla legge, che nonostante preveda lo stato di mora, non libera il debitore da questi aggravi. E' la legge che ritiene opportuno che il debitore sia soggetto alle conseguenze dell'obbligazione, in caso di mora del creditore, prevedendo l'utilizzo delle sue risorse in modo non consono alle sue esigenze a lui non conveniente. In un secondo momento, la stessa legge prevede la risarcibilità del danno subito dal debitore a spese del creditore, ma tale trapasso di conseguenze giuridiche non induce a ritenere che nella prima fase della norma esse siano imposte all'obbligato. Si perviene anzi alla conclusione che se il debitore trascura il proprio obbligo di prestazione, può incorrere sicuramente in una 277 responsabilità per inadempimento. Per cui non si può parlare di danno ingiusto, ne di illeicità o di comportamento antigiuridico del creditore, in quanto ai danni causati in costanza di mora sono direttamente collegabili alla volontà legislativa. Non si può qualificare ingiusta la lesione dell'interesse del debitore alla liberazione, in quanto la mancata estinzione dell'obbligazione è espressamente prevista dalla legge. Ne deriva per conseguenza che il comportamento illecito del creditore per non aver ricevuto la prestazione o non aver fatto ciò che gli è stato richiesto per cooperare all'adempimento. Tale illeicità, infatti, presuppone il carattere antigiuridico della lesione che tale comportamento cagiona, ciò che non succede nel caso specificato. Il comportamento del creditore non può essere definito giuridicamente in base al principio posto dall'art. 2043 c. c., poiché ci troviamo al di fuori del suo ambito di applicazione. L'ingerenza verificata nella sfera giuridica del debitore discende da una accurata valutazione degli interessi in gioco e dalla ricerca di un equilibrio degli stessi. La sopportazione di quegli aggravi 278 dipendono dalla impossibilità giuridica di liberare immediatamente il debitore da vincolo, ponendolo nella condizione di salvaguardia l'integrità della cosa dovuta, nello specifico riferimento di essere successivamente risarcito. Ciò implica la non possibilità di far rientrare nell'ipotesi di mancata cooperazione del creditore, l'attuazione di un danno ingiusto verificato da un determinato soggetto. Il danno che viene a perpetuarsi dipende solo dalla volontà della legge e non da un comportamento del creditore, che in quanto tale costituisce solo il presupposto della costruzione del suo stato di mora130. 130 Cattaneo, Mora del creditore Commentario del codice civile a cura di Scialoja Branca, libro quarto, (art.1206-1217) Bologna Roma 1973 pag. 50 e ss. 279 SITUAZIONE SOGGETTIVA DEL CREDITORE IN TERMINI NON DI OBBLIGO MA DI ONERE. L'impossibilità giuridica di delineare un diritto del debitore ad ottenere che il creditore riceva la prestazione o compia l'attività richiestagli per far si che il debitore adempia, ha rilevato l'inesistenza di un vero e proprio obbligo del soggetto attivo131 a coadiuvare per adempiere l'obbligazione, ammettendo che la relativa posizione assunta non può non essere di onere132. La configurazione della figura di onere ha suscitato molte perplessità , poiché si è ritenuto che l'onere si presenta come una situazione per la quale la soddisfazione di alcuni propri interessi determinano il sacrificio di altri ugualmente propri. Ciò non si verificherebbe quando il creditore non pone in essere l'attività 131 Nell’escludere che si possa parlare di vero e proprio obbligo del creditore di cooperare all’adempimento del debitore vedi : Cass. 8 Febbraio 1986, n. 809 , in Giur. civ. ,1986 , I, 1928.Sui limiti della cooperazione che può essere richiesta al creditore si sofferma Cass.12 Marzo 1984, n. 1694, ivi Rep. 1984, Vendita ,n.77. 132 Cass. 14 gennaio 1959 n . 81 , in Foro it. , Rep. 1959 , voce competenza civile n 246 e n. 247 , pag . 444 e ss 280 necessaria per realizzare la prestazione , in quanto qui l'interesse sacrificato riguarda la sfera giuridica del soggetto passivo. L'obiezione fatta non è priva di rilievo, ma non è del tutto rispondente alla realtà effettuale, in quanto la difficoltà di applicare il concetto di onere alla fattispecie esaminata deriva da una non attenta valutazione del concetto di onere. Esso si caratterizza come un potere condizionato, nel senso che il titolare dell’onere, per realizzare l'interesse, deve esercitare questo potere, compiendo un determinato comportamento. Questa condotta si presenta come libera, non costituisce oggetto di obbligo, la cui inosservanza determini l'applicazione di una sanzione, ma come necessitato, nel senso che è condizione primaria per la realizzazione dell’interesse, alla cui tutela è stato concesso il potere. Questo concetto è il più idoneo a qualificare la posizione del creditore, in quanto se la sua cooperazione è necessaria per 281 l’estinzione dell’obbligazione, essa contiene in se la soddisfazione dell'interesse creditorio133. Il creditore dovrà assumere un determinato comportamento per realizzare ciò che costituisce il suo interesse, per cui la non attuazione dell'attività richiesta determinerebbe la lesione di un suo diritto. Il concorrere costituisce attività necessaria per l'attuazione della prestazione, la quale ha come fine ultimo la soddisfazione dell’interesse creditorio. L'attività della pars creditoria è prevalente per poter ricevere la prestazione che gli viene offerta , per cui egli ha l'onere di accettarla e di cooperare se vuole realizzare il proprio interesse. Si può intuire che alla base dell'impossibilità per il creditore di impedire o di non aggravare la posizione del debitore vi è la necessità giuridica di non pregiudicare gli interessi che si trovano nella sua sfera giuridica . La prestazione è sostanzialmente volta al soddisfacimento dell'interesse del soggetto attivo del rapporto 133 Santoro Passarelli , Dottrine generali del diritto civile , Napoli, 1980 , pag,74; Cattaneo ,Mora del creditore , Op cit . pag, 55; Betti, Teoria generali delle obbligazioni, op.cit., ,pag. 63 e ss 282 obbligatorio, il quale se non pone in essere il comportamento richiestogli per attuarla non realizza un proprio interesse . Nel momento in cui il soggetto attivo non pone in essere ciò che è necessario affinché il debitore possa adempiere, quest'ultimo potrà agire per risolvere immediatamente il rapporto. Essendo il comportamento del creditore non annoverabile tra quelli antigiuridici, il debitore non subirà passivamente le conseguenze dannose derivanti dall'atteggiamento omissivo del titolare della posizione attiva. Il debitore è preservato da qualsiasi aggravio derivatogli dal comportamento del creditore, escludendo, quindi, che le conseguenze pregiudizievoli connesse all'importante fatto dell'avente diritto possa annoverarsi tra i possibili rischi che il debitore deve subire per il verificarsi di cause a lui non imputabili. Il debitore non deve subire le conseguenze dannose della impossibilità temporanea o definitiva della prestazione derivanti della condotta creditoria, il cui principio risponde a una fondamentale e primaria esigenza di regolamentare i rischi 283 gravanti sui soggetti del rapporto obbligatorio . Questa esigenza si specifica nella valutazione degli interessi in gioco, in base al quale sembra inammissibile che la responsabilità del debitore sia aggravata ulteriormente nei confronti di un soggetto, il quale è stato autore del fatto contestato. Ciò che si verifica con la mancata collaborazione del creditore all'adempimento è la lesione del suo stesso bene, inteso come non acquisizione dell'oggetto della prestazione nel suo patrimonio134. Il non subire i rischi del comportamento credendi non vuol dire veder prolungato all'infinito la durata del rapporto obbligatorio senza che il debitore possa fare nulla per liberarsi dall’obbligo. Nel momento in cui il soggetto passivo è pronto ad adempiere l'obbligazione, il creditore non può impedire tramite un suo contegno l'adempimento, con la logica conseguenza che, se non pone in essere il comportamento che ha l'onere di tenere, il debitore può ottenere la sua liberazione. La logica conseguenza dell'esistenza 134 Bianca, Il debitore e i mutamenti del destinatario del pagamento , Milano , 1963 , pag 60 e ss . 284 di quell’onere nella posizione attiva è la previsione che il debitore può essere titolare di strumenti giuridici atti a realizzare il venir meno di ogni aggravio derivante dalla mancata attuazione della prestazione. Il debitore potrà agire per realizzare l'adempimento anche senza il concorso dell’attività credendi, evitando che possa pretendere da costui un sacrificio economico maggiore di quella che si evince dal rapporto obbligatorio135. 135 Nicolo' , L’adempimento dell’obbligo altrui , Milano , 1936 , pag 117. 285 TESI DELLA DEBITORE BIGLIAZZI QUALE GERI: DIRITTO SITUAZIONE POTESTATIVO DEL ALLA LIBERAZIONE. L'interesse del debitore alla liberazione dal vincolo obbligatorio avendo assunto la qualifica di interesse, non può essere soddisfatto da un comportamento del suo titolare, ma deve essere realizzato da un'attività discrezionale appartenente a un soggetto estraneo. Per la soddisfazione di questo interesse la disciplina positiva prevede una serie di poteri, i quali però non appartengono al contenuto della posizione soggettiva di vantaggio, poiché se cosi fosse essa verrebbe spogliata di qualsiasi rilevanza giuridica. Dalla disciplina positiva si evidenzia una serie di poteri che, se appartenessero a questa posizione di interessi toglierebbe ogni validità giuridica alla corrispondente situazione soggettiva inattiva. E' necessario, quindi, differenziare l’ipotesi in cui nasce 286 la situazione di vantaggio, dal momento in cui, per la sua realizzazione, viene concessa la titolarità di una seria di poteri e come tale si pone al di fuori di essa. La differenza dei due momenti si evidenzia nella disciplina della mora credendi, in quanto l'art. 1206 cod. civ. attribuisce al debitore il potere di fare offerta formale, con conseguente messa in mora del creditore e costituzione della posizione soggettiva in questione, mentre gli art. 1210, 1211, e 1216 cod. civ. attribuiscono al soggetto passivo il potere per provocare l'estinzione coattiva del relativo rapporto, senza prevedere alcuna collaborazione del soggetto attivo nel realizzare ciò. Occorre tenere ben distinto il momento in cui il debitore viene preso in considerazione in quante tale, cioè come soggetto passivo sul quale incombe l'obbligo della prestazione, e quello nel quale si presenta come titolare dell'interesse alla liberazione. E' facile quindi rilevare che l'offerta formale della cosa dovuta si ricollega alla situazione di necessità sull'an e quindi sul dovere di adempimento, determinando il momento preliminare, nel quale 287 acquista rilevanza giuridica l'interesse ad essere liberato dall'obbligo. Il potere riconosciuto al debitore di provocare l'estinzione coattiva del rapporto mediante il deposito o il sequestro della cosa dovuta gli spetta proprio in riferimento all'avvenuta lesione del suo interesse ad essere liberato. Ciò consente di precisare che la prima fase, nella quale prende consistenza giuridica l'interesse legittimo, si costituisce come il presupposto per il verificarsi di quel menzionato potere in base al quale si ottiene la liberazione definitiva dal vincolo. L'offerta formale, consistente nel deposito o nel sequestro della cosa dovuta, si effettua in violazione dell'interesse del debitore ad essere liberato, in riferimento al rifiuto del creditore di accettare l'offerta reale. La prima si collega direttamente ed automaticamente alla seconda, come sua necessaria attuazione per il venir meno di quell'attività discrezionale del soggetto attivo capace di soddisfare la situazione soggettiva di vantaggio. Nella seconda fase della disciplina delineata dalla normativa in questione, il relativo potere di estinzione si presenta come un vero 288 e proprio diritto potestativo conferito al debitore come mezzo di reazione contro quella violazione. Per il caso in cui il mancato ricevimento della prestazione da parte del creditore si presenti ingiustificato, la legge riconosce al debitore un particolare diritto potestativo che gli consente di raggiungere l'effetto desiderato. Il soggetto passivo diviene titolare di una nuova posizione soggettiva meramente strumentale la cui eventuale utilizzazione non influisce sul contenuto del comportamento debendi diretto all'attuazione del rapporto. Ciò si evince dal dettato normativo nell'art. 1210 c. c., dal quale si ricava la possibilità giuridica del debitore di liberarsi dal vincolo, in seguito a una sentenza passata in giudicato. Il debitore diviene in questo modo l'unico vero protagonista della propria liberazione, in quanto venuti a mancare i presupposti per la realizzazione del proprio interesse, egli ha il potere di predisporre la situazione giuridica (deposito) che determina lo scioglimento dal vincolo. Tutto ciò si verifica per mezzo della sola volontà del soggetto passivo, in quanto, titolare di un diritto potestativo alla 289 liberazione, la cui attuazione rende chiara la situazione del soggetto attivo, che si specifica in una mera soggezione. Il creditore, infatti, deve solo subire ciò che costituisce la realizzazione del contenuto del diritto potestativo, non potendo fare alcunché per impedire al debitore di liberarsi dal vincolo. La tutela del debitore di non vedere prolungato oltremisura la durata del rapporto e nel vedere rispettati i termini per la realizzazione della propria liberazione dal vincolo, si attua con uno strumento (il diritto potestativo) che rappresenta il modo più confacente di eliminare una situazione di fatto con minor aggravio per il soggetto agente136. 136 Bigliazzi Beri , Contributo alla teoria dell’interesse legittimo nel diritto privato , op cit, pag 201 e ss.; Natoli , L’attuazione del rapporto obbligazione , op cit , pag. 6. 290 ESTINZIONE DEL DEBITO COME EFFETTO DIRETTO DELLA REMISSIONE. La rinuncia al credito si differenzia dalle altre ipotesi di rinuncia in quanto il debitore può derivare vantaggio dalla dichiarazione unilaterale creditoria. L'impossibilità che contraddistingue tutti i tipi di rinuncia di non poter rifiutare il vantaggio viene spiegato in base al rilievo giuridico per il quale il beneficio non è un effetto diretto, ma riflesso del negozio rinunciativo. Nell'ipotesi di rinuncia dell'eredità, ai diritti reali limitati, al diritto di proprietà sul bene immobile si verifica un vantaggio che assume i caratteri di un beneficio indiretto, in quanto direttamente collegabile ad un diritto di accrescimento, al carattere elastico del diritto di proprietà. 291 E' stato sostenuto137 che anche nella rinuncia al credito il vantaggio conseguente si presenta come un effetto mediato, indiretto, in quanto la conseguente liberazione del soggetto passivo si spiega in base all'esistenza del preesistente rapporto giuridico in virtù del quale il soggetto beneficiato è legato da un vincolo giuridico con quello beneficiante. Per cui la remissione produrrebbe soltanto il distacco del diritto dal suo titolare, dopo di che si estinguerebbe l'obbligazione perché non può esistere un diritto di credito senza il suo titolare. L'estinzione del debito e la liberazione del soggetto passivo sarebbe effetti riflessi della fattispecie remissione, in quanto essa si specifica nella sola separazione del diritto, senza produrre nessun altra conseguenza giuridica. L'estinzione, dell'obbligazione è una conseguenza prevista e direttamente collegabile alle leggi, in quanto è la norma a prevedere l'effettiva liberazione del debitore dal vincolo giuridico, in base all'elementare affermazione giuridica che non 137 Cariota Ferrara Il negozio giuridico op cit pag 139 e ss.; Di Prisco ,Remissione, in Trattato di diritto privato, Obbligazioni e contratti, I, a cura di Rescigno ,Torino, 1984, pag . 296 e ss . 292 possono sussistere diritti di credito senza creditore ed obbligazioni senza diritti corrispondenti. La remissione agisce solo nell'ambito della sfera giuridica del creditore, con efficacia dismissiva, senza invadere quella del debitore, nella quale gli effetti della dichiarazione del creditore decadono per espresso dettato legislativo. Questa costruzione teoretica pecca di coerenza giuridica in quanto pone come fonte di effetti giuridici ricollegabili allo stesso fenomeno, due distinte entità giuridiche: legge e negozio. La propria smentita viene ad essere effettuata dal presupposto da cui la tesi inizia la propria ricostruzione dogmatica, cioè dall'affermazione che non possono esistere diritto di credito senza creditore e debiti senza crediti. La necessaria correlazione delle due diverse posizioni giuridiche, pone in evidenza che la dismissione del credito può avvenire solo quando necessariamente si verifica anche la non attuazione della prestazione da parte del soggetto passivo. Tutto ciò dimostra che la conseguente estinzione dell'obbligazione per 293 effetto della dichiarazione dismessiva non è un effetto riflesso, ma bensì un effetto diretto della remissione. La verità giuridica che si pone in evidenza consiste nel fatto che la remissione produce un solo effetto giuridico, che consiste nell'estinguere l'obbligazione, cioè il credito e il debito. Essendo l'estinzione del debito effetto diretto del negozio di rinuncia del creditore, non si poteva lasciare il debitore privo di uno strumento giuridico atto a prevenire qualsiasi ingerenza nella propria sfera giuridica. Il rifiuto del debitore, espressamente menzionato nella norma, (art.1236 c.c.) costituisce lo strumento idoneo per impedire che gli effetti remissivi ricadono direttamente nella sfera giuridica del debitore. Se non fosse così, se non si prevedesse nessuna tutela, si derogherebbe a un fondamentale criterio di competenza dell'autonomia privata, che esige il rispetto dell'altrui sfera giuridica. L'art. 1236 c. c. conferisce al debitore il potere di opporsi alla remissione, in base al quale il soggetto passivo può attuare in 294 pieno il principio del rispetto dell'altrui sfera giuridica, rifiutando gli effetti della dichiarazione dismissiva quando possono ledere la propria posizione giuridica. La norma costituisce la sintesi e il risultato dell'esigenza del rispetto dell'altrui sfera giuridica e dell'esigenza del titolare della posizione attiva di utilizzare il proprio potere per distaccarsi dal proprio diritto di credito. Si concede al creditore la possibilità di rinunciare al proprio credito, con una dichiarazione unilaterale di volontà, mentre al debitore si fornisce lo strumento giuridico atto a presentare il contenuto della propria condizione soggettiva, addossandogli l'onere di azione nei confronti di detta dichiarazione, da esercitarsi tempestivamente138. 138 Cicala L’adempimento indiretto dell’obbligo altrui , op.cit., pag 188 e ss. 295 L'OPPOSIZIONE DEL DEBITORE PRODUCE EFFETTO RISOLUTIVO DELLA REMISSIONE EFFETTUATA DAL CREDITORE. Gli effetti revisori, prodotti dalla dichiarazione credendi, hanno durata limitata nel tempo e si estinguono immediatamente se il debitore tempestivamente comunica al creditore la sua opposizione. La dichiarazione del debitore di non volerne approfittare si configura come una causa risolutiva dell'effetto remissorio, prevede, cioè di non beneficiare di questo effetto, ripristinando lo status ante quo. E' stato sostenuto139 che più che un effetto risolutivo, l'opposizione determinerebbe un effetto sospensivo, in quanto la remissione non sarebbe estinta a causa della dichiarazione di volontà del soggetto passivo 139 ma solo sospensivamente Maccarone, Della remissione , in Commento teorico pratico al Codice Civile a cura di De Martino , Novara , 1979, pag 221 e ss. 296 condizionata da tale dichiarazione. Un argomento a supporto di detta tesi lo si può ritrovare nella relazione ministeriale in cui si legge che "Il debitore può impedire al negozio remissorio di produrre le sue conseguenze giuridiche". E' facilmente obiettabile, però, che non solo ciò costituisce un elemento extratestuale, e quindi non affatto vincolante, ma sembra che l'intervento dei compilatori sia, non quello di voler qualificare esattamente la funzione dell'opposizione, ma quello di voler sottolineare che la dichiarazione del debitore, pur non potendo impedire la formulazione della remissione, è in grado di non alterare la sua posizione soggettiva. La scelta legislativa sul modo di formulare la norma contenuta nell'art. 1236 c.c., sottintende non una semplice previsione di concedere la possibilità al debitore di evitare la liberazione ove preferisce rimanere soggetto dell'obbligazione, ma essa costituisce il risultato di una precisa e consapevole volontà legislativa. In omaggio all'esigenza della tutela della certezza giuridica, il legislatore, ispirandosi al principio del quod 297 plerumque accidit, ha decisamente considerato che la remissione, nella sua considerazione normale, ha sempre un effetto favorevole per il debitore, cioè essa risponde nella maggior parte dei casi, a un interesse concreto del soggetto passivo, che si specifica nella sua liberazione dal rapporto obbligatorio. E' invece meno frequente l'ipotesi che il debitore rifiuti la liberazione e preferisce sopportare il sacrificio economico che l'adempimento indubbiamente gli arreca. E' quindi, molto più rispondente alle esigenze reali che il debitore accetti la remissione, mentre è molto raro si opponga ad essa, per cui, per coerenza giuridica e certezza normativa, l'effetto che essa pone è sicuramente risolutiva, e non sospensivo. L'effetto risolutivo, infatti, è più rispondente alla ratio normativa, in quanto una volta verificatosi la dichiarazione remissoria proveniente dal creditore, quest'ultima acquista esistenza giuridica. Si ha quindi, subito, una regolamentazione dei diversi interessi in gioco, in quanto l'assetto giuridico risulterà essere definito, se l'interesse corrispondente del debitore, sarà 298 costituito dalla liberazione dell'obbligazione senza adempimento. Se invece il soggetto passivo è titolare di un interesse diverso, effettuando la dichiarazione di non volere approfittare dell'effetto remissorio, come se non fosse mai avvenuto. Se si ammettesse, invece, che l'effetto remissorio rimanga sospeso, sino alla decorrenza del "termine congruo", una volta scaduto quest'ultimo, si avrebbe l'inconveniente di conformare, in sede esecutiva, la situazione di fatto e quella giuridica, a causa del principio di retroattività qui applicato. Tutto ciò non sarebbe molto confacente con lo spirito della legge, in quanto essa denota una laboriosità concettuale, poco compatibile con l'esigenza di certezza giuridica. Da una attenta interpretazione del dato normativo, conforme alla fondamentale esigenza della certezza della situazione giuridica e degli interessi coinvolti nel meccanismo 299 dell'istituto, sembra riconoscere all'atto di opposizione efficacia risolutiva dell'effetto remissorio140. 140 Tilocca , Remissione del debito, in Nuovissimo Digesto Italiano ,XIII°, Torino ,1964 , pag 390 e ss.; Gioacobbe , Remissione del debito ,In Enciclopedia del Diritto , vol . XXXIX , Milano , 1988 , pag 767 e ss. 300 L’INTERESSE ALLA LIBERAZIONE NEL SUO PARTICOLARE MODO DI PORSI NELLA REMISSIONE. Il debitore ha la possibilità giuridica di opporsi alla dichiarazione del creditore di volergli rimettere il debito, eliminando, con effetto risolutorio, la situazione giuridica momentaneamente verificatosi. L'opposizione del debitore, quindi, ha come suo immediato effetto quello di ripristinare il rapporto obbligatorio, mantenendo inalterate il contenuto della posizione debendi. Una volta effettuato l'opposizione ed eliminata la vicenda estintiva, il rapporto riprende il suo normale svolgimento come se mai si fosse estinto. Non accettando l'effetto remissorio, il debitore può realizzare il contenuto della propria posizione debitoria attuando, nella sua complessità costitutiva, il suo interesse ad essere liberato dall'obbligazione. Quest'interesse si presenta nella sua forma negativa proprio nell'opposizione, in quanto il debitore, con essa, dichiara di non voler essere liberato mediante remissione prevedendo, cioè, la possibilità giuridica di 301 non determinare estinzione dell'obbligazione nel modo proposto dal creditore. E' questo interesse a respingere il vantaggio di una gratuita liberazione che viene ad essere tutelato, trovando la più compiuta espressione nel noto bracardo "invito beneficium non datur". L'art. 1236 c. c., infatti, consente al debitore di far rivivere l'obbligazione proprio al fin di fargli ottenere una liberazione più confacente al suo prestigio e al suo onore, con la salvaguardia della sua dignità e della sua personalità morale e patrimoniale. Il principio è di carattere generale tende a salvaguardare il caso in cui beneficium non sia di gradimento al soggetto, che nell'ambito del rapporto obbligatorio si specifica in quel particolare interesse ad essere liberato in modo differente da quello propostogli dal creditore. Il soggetto attivo dismette il proprio credito, il soggetto passivo valuta gli effetti che potrebbero derivare dalla remissione nella propria sfera giuridica, e conseguentemente decide se accettare o meno l'effetto remissorio. Il rifiuto, si specifica nell'esplicita presa di coscienza che la liberazione del rapporto 302 obbligatorio leda la propria posizione debitoria, in quanto caratterizzata dalla necessità giuridica di liberarsi dal vincolo in modo più conforme al suo contenuto obbligatorio. Il debitore mantiene inalterata la propria posizione, manifestando la propria esigenza di attuare l'interesse alla liberazione in modo confacente al contenuto della propria sfera giuridica. In caso di lesione di detto interesse, determinato da un comportamento discrezionale del creditore, il debitore può sempre agire utilizzando il proprio diritto potestativo alla liberazione. Il soggetto passivo è sempre titolare di strumenti giuridici predisposti per la tutela positiva del suo interesse ad essere liberato dall'obbligazione. Per cui nel momento che dichiara di non voler essere liberato dal rapporto mediante l'effetto remissorio, egli può agire con una serie di poteri che sono, l'estrinsecazione del suo diritto dall'obbligazione141. 141 Cicala L’adempimento dell’obbligo altrui , op. cit., pag 181 e ss. 303 di liberarsi IL SILENZIO: LA NON OPPOSIZIONE. REALIZZAZIONE DELL’EFFETTO REMISSORIO .STRUTTURA E FUNZIONE DEL SILENZIO DEL DEBITORE. La mancata effettuazione dell'opposizione nel termine congruo rende definitivo ed ineliminabile l'effetto remissorio già verificato in conseguenza della comunicazione al debitore della dichiarazione del remittente. Con la mancata opposizione, il debitore si libera definitivamente dal vincolo obbligatorio, aspetto questo talmente importante che è stato ritenuto oggetto di studio sulle caratteristiche strutturali, che ha visto contrapposti tesi dottrinali sul modo di intendere giuridicamente l’inerzia debendi. 304 Sullo scenario giuridico si sono scontrati due teorie dottrinali, l'una142 che considera il silenzio come un atto giuridico, e l’altra143 che invece lo ritiene come un semplice fatto. L'inquadramento del comportamento omissivo del debitore nell'ambito degli atti giuridici o dei fatti non è privo di conseguenze giuridiche, in quanto da essa dipenda l'applicazione della diversa disciplina che la legge prevede in materia di negozi giuridici, prima fra tutte quelli dei vizi della volontà. Per avere una chiara versione dell'argomento trattato è necessario tracciare i profili della disciplina del termine dalla quale si può avere una definitiva configurazione della natura del silenzio del debitore. Nel delineare la disciplina giuridica che determina quando il termine possa essere considerato congruo, sembra che non possa essere applicata alla fattispecie studiata l'art.1326 c. c., 142 Per la tesi che considera il silenzio come un atto negoziale: Crisuoli , Le Obbligazioni testamentarie , Milano , 1956,pag . 503.; Perlingieri , Modi di estinzione dell’obbligazione diversi dall’adempimento, op cit , pag 194 e ss. 143 Per la tesi che considera il silenzio come un fatto giuridico : Tilocca , La remissione del debito , Padova , 1955 , pag 90.; Cicala , L’adempimento op cit , pag 193. 305 nella parte in cui fa riferimento al potere del creditore di stabilire unilateralmente il termine. Ciò presupporrebbe che il termine congruo fosse posto nell'esclusivo interesse del creditore, mentre risulta evidente che esso è definito nell'interesse di entrambe le parti. La fissazione unilaterale del termine da parte del creditore contrasta con l'immediata efficacia della dichiarazione remissoria e con conseguente carattere risolutorio dell'opposizione. Non possono neanche essere applicati i criteri degli usi e della natura degli affari contenuti nell'art. 1326 e 1333 c.c. in quanto essi sono parametri, che pur presentandosi come elastici, sono oggettivi, si pongono, cioè al di fuori del rapporto. La congruità, invece, è parametro interno rapporto nel suo concreto modo di essere e di svolgersi tra le parti, onde, a parità di usi e di natura dell'affare, un medesimo termine potrà essere congruo a seconda delle circostanze particolari che caratterizzano il rapporto. La congruità, quindi, acquista un contenuto determinato solo attraverso il riferimento al principio di correttezza e di buona 306 fede contenuto negli art.1175 e 1375 c.c., i quali indirizzano tutto il nostro diritto delle obbligazioni. Apparirà congruo, il termine che è lecito definirsi secondo buona fede, in relazione alla natura e al modo di svolgersi del rapporto. Dalla qualificazione del termine congruo come espressione del principio di correttezza e buona fede , ne deriva che non gli si può attribuire un carattere di decadenza. Esso concretizza come modalità attraverso la quale viene scandito nel tempo lo svolgimento del rapporto. Così strutturato, esso costituisce un punto fermo nel mediare tra gli interessi contrapposti tra dichiarazione implicita negoziale e l'assoluta rilevanza oggettiva come fatto decadenziale. La mancata opposizione, si presenta come degna di rilevanza giuridica solo in quanto provenga da un debitore astrattamente in grado di valutare e far valere il proprio interesse. Solo se si dimostra che per tutta la durata del termine il debitore ha avuta l'astratta capacità di effettuare la scelta tra l'opporsi o meno alla remissione, la mancata opposizione produrrà il suo 307 effetto. L'unico necessario coefficiente soggettivo per aversi opposizione è la capacità, in quanto essa non è operante durante il termine in cui il debitore fosse incapace di vagliare la situazione venuta a crearsi e conseguentemente prendere una decisione per dare attuazione all'interesse che ritiene degno di tutela. Solo Quando è riscontrata la capacità, l'opposizione può produrre effetto, senza che possono avere rilievo i vizi della volontà tipici del negozio giuridico. Per cui l'inerzia del debitore si configura come fattispecie operante sul piano strettamente oggettivo la quale non è mai produttiva di efficacia se non è imputabile al soggetto agente. Diversamente da quando accade per i meri atti giuridici, nei quali occorre la volontarietà del comportamento, qui è necessario e sufficiente che il soggetto possa non voler il comportamento per tutta la durata del termine. Si attua, quindi, una sintesi tra le opposte tesi in quanto per aversi un'opposizione produttiva di 308 effetti, è necessario che il fatto sia oggettivamente determinato e soggettivamente imputabile144. 144 Giacobbe , Remissione del debito , op cit , pag 778 e ss. 309 IV CAPITOLO DIRITTO (POTESTATIVO) AD ADEMPIERE DEL DEBITORE RILEVANZA GIURIDICA DELL'INTERESSE AD ADEMPIERE. Il soggetto passivo può assumere l'obbligazione per una serie di motivi, che si specificano in quelli che sono definiti gli interessi del debitore, situati nell’ambito della sua posizione giuridica. Il debitore può assumere l'obbligo, nell'esplicito intento di eseguirne il contenuto, e quindi condizionare la costituzione del vincolo alla realizzazione della prestazione ; ma l'esigenza di porre in essere la "cosa dovuta" può verificarsi nella fase successiva (esecutiva) alla sua costituzione. Da ciò si deduce che l'interesse ad adempiere assume una propria rilevanza giuridica 310 che può condizionare l'esistenza del rapporto dal momento della sua nascita fino a quello della sua estinzione. La sua esistenza, anche se non viene esplicitamente prevista normativamente, acquista importanza per il ruolo che l'interesse assume all'interno del rapporto obbligatorio, in quanto riesce ad indirizzare e a condizionare la vita giuridica dell’obbligazione. L'adempimento si configura come necessità giuridica non solo per soddisfare l'interesse creditorio, ma anche per realizzare la liberazione del debitore dall'obbligo, cosa che non potrebbe avvenire senza che la prestazione possa essere eseguita. Non sempre all'interesse ad adempiere è stata attribuita tale rilevanza giuridica, anzi e' stato sostenuto145 che esso rappresenti un falso interesse, in quanto costituirebbe un paravento dietro al quale si celerebbe l'unico vero interesse che il debitore è titolare nell'ambito del rapporto: l'interesse alla liberazione. Ciò che 145 Per la tesi dell’inesistenza dell’interesse ad adempiere : Cicala , L’adempimento indiretto del debito altrui , op. cit. pag 177 e ss ;Cattaneo , Mora del creditore , op, cit. pag 48. 311 veramente interessa al soggetto passivo, nel momento in cui assume l'impegno di adempiere la prestazione, si specifica, nell'intento di liberarsi al più presto possibile dal vincolo, con il minore aggravio possibile. L’unico interesse che possa essere ritenuto degno di riconoscimento giuridico è l'interesse di liberarsi dal vincolo obbligatorio, di cui l'adempimento potrebbe significare solo un possibile modo di realizzazione . L'obiezione è, però, priva di fondamento, in quanto il debitore può trovarsi in una particolare situazione obbligatoria per la quale è sua necessità giuridica porre in essere la prestazione, per essere successivamente liberato: non può prescindere dall'attuazione del "bene dovuto "per estinguere l’obbligazione. La pura e semplice liberazione non potrebbe essere sufficiente per estinguere l'obbligo, in quanto esso potrebbe essere strutturato in modo che solo l'attuazione della prestazione può liberare il debitore definitivamente dal vincolo. In questo caso la liberazione è strettamente connessa all'adempimento, anzi, la liberazione 312 senza adempimento non solo non potrebbe essere effettuata, ma procurerebbe al debitore danni irreversibili di ingente consistenza. Si pensi a colui che avendo assunto l'impegno di custodire un determinato oggetto per un periodo di tempo, avrà tutto l'interesse non solo di essere liberato alla scadenza del contratto, dal vincolo, ma di restituire la cosa al suo legittimo proprietario. Per cui l'interesse ha una sua importanza giuridica all'interno del rapporto, che è legata alla sua stessa esistenza e non al fatto che la sua lesione possa costituire il presupposto giuridico per la nascita di una situazione di vantaggio inattiva146. La sua esistenza giuridica sarebbe giustificata, solo dalla previsione che la sua non attuazione dia vita alla costituzione della figura giuridica dell'interesse legittimo, in cui acquisterebbe rilevanza l'esigenza di essere liberato. La normativa, quindi, sarebbe riferita alla sola figura dell'interesse legittimo alla liberazione dell'obbligazione, i cui 146 Sostenitore della tesi della rilevanza giuridica dell'interesse ad adempiere come presupposto per la costituzione di un interesse legittimo nel rapporto obbligatorio vedi : Bigliazzi Geri, Contributo alla teoria dell'interesse legittimo nel diritto privato, op.cit.,pag.197 ss. 313 mezzi predisposti sarebbero limitatamente utilizzati per la liberazione, e non per l’adempimento. Prescindendo dall'esame della disputa dottrinale che ha come suo punto di riferimento l'ammissibilità della figura giuridica dell'interesse legittimo nel diritto privato, questo interesse non può essere considerato come destinatario di quei mezzi giuridici predisposti dall'ordinamento per salvaguardare la posizione debitoria da ulteriori aggravi. Si effettua un discorso molto laborioso, per negare ogni rilevanza giuridica all'interesse ad adempiere considerato nella sua integrità, senza considerare la realtà giuridica in cui esso vive e la funzione che assolve nel rapporto obbligatorio. La tesi dell'interesse legittimo non riconosce la giusta rilevanza giuridica dell'interesse in questione e non prende in considerazione lo scopo di cui è titolare nell'ambito del rapporto obbligatorio, in quanto lo pone solo come antecedente logicogiuridico, per la creazione della situazione di inattività. In questa situazione viene considerato degno di riconoscimento giuridico la 314 sola liberazione dal vincolo, comunque essa venga effettuata, prescindendo dall'attuazione dell'oggetto dell'obbligazione. Si garantisce in questo modo solo la soddisfazione di un possibile interesse di cui il debitore, ma non si potrebbe dire che in questo modo si sia realizzata anche l’ulteriore necessità giuridica di liberarsi della cosa dovuta. Occorre circoscrivere l'indagine effettuata e concentrare l'attenzione sulla necessità di distinguere la liberazione, comunque effettuata, e quella mediante adempimento, cioè con la realizzazione della prestazione. La lesione dell'interesse ad adempiere non determina la nascita di una nuova situazione soggettiva, ma costituisce il presupposto per l'attuazione di quei mezzi giuridici previsti dall'ordinamento, al fine di realizzarlo. Il debitore, infatti, nell'ipotesi in cui non riesce a porre in essere la prestazione, può agire liberandosi dall'obbligazione utilizzando rimedi che possono essere attuati con la semplice manifestazione della propria volontà. Il soggetto passivo, utilizzando detti rimedi, modifica la 315 situazione di stasi creatasi per non aver potuto adempiere l'obbligazione, attuando la prestazione e, conseguentemente liberandosi dal vincolo . Per cui, analizzando il contenuto della situazione soggettiva in cui il debitore si viene a trovare , abbiamo che egli può agire con la semplice manifestazione della volontà per modificare una situazione di fatto precedentemente creata. Si sono, così, costituiti gli elementi normali che caratterizzano la figura giuridica del diritto potestativo, che nel caso di specie, si presenta come diritto potestativo ad essere liberato mediante l'adempimento. 316 ADEMPIMENTO COME NEGOZIO IN BASE AL QUALE SI ESERCITA IL DIRITTO ALLA LIBERAZIONE. La conferma che il debitore è titolare di diritto potestativo viene ad essere testimoniato dall’esame di ciò che costituisce la funzione dell’adempimento, in base alla quale il soggetto passivo può , nei termini previsti dal rapporto, modificare il suo status di soggetto obbligato. L'adempimento consiste in una manifestazione di volontà che incide sulla sfera giuridica di un altro soggetto, determinando l'estinzione del diritto altrui, ed esorbitando dalla normale sfera di incidenza che caratterizza i rapporti privati, in quanto l'attività negoziale di un soggetto privato è il "legem rei suae dicere". La possibilità giuridica riconosciuta al soggetto passivo di modificare mediante un atto unilaterale la sfera giuridica di un altro soggetto, facendo venir meno il suo diritto, vuol dire che l'agente è titolare di un diritto potestativo . 317 L'adempimento, presentandosi come un negozio mediante il quale il soggetto passivo compie un atto che estingue l'altrui diritto, deve configurarsi come esercizio di un diritto potestativo, e precisamente un diritto del debitore alla liberazione. Questo diritto alla liberazione ha in se i canoni del diritto potestativo, in quanto si presenta come potere per il titolare di produrre un mutamento giuridico, al quale corrisponde uno stato di soggezione del soggetto attivo. Nel diritto alla liberazione, infatti, si riscontra la possibilità per il debitore di estinguere l’obbligo, ed contemporaneamente soddisfare il diritto di credito del soggetto attivo, mediante un’attività alla quale corrisponde non un obbligo ma uno stato di soggezione, non potendo il creditore fare qualcosa per evitare l’estinzione. La realizzazione della cosa dovuta necessita di una serie di operazione, la cui attuazione sono demandate esclusivamente alla volontà del soggetto passivo, senza bisogno che il soggetto attivo 318 possa effettuare un’attività complementare, se non è richiesta dalla natura dell'oggetto obbligatorio. L’adempimento, inteso come negozio in base al quale un soggetto incida sulla sfera giuridica di un altro soggetto per estinguergli il diritto, si specifica nella particolare definizione di negozio potestativo, e precisamente il negozio mediante il quale si esercita il c. d. diritto potestativo del debitore alla liberazione147. 147 Andreoli, Contributo alla teoria dell’adempimento , Padova , 1937 pag 87 e ss 319 ESISTENZA DEL DIRITTO POTESTATIVO DEL DEBITORE A LIBERARSI MEDIANTE ADEMPIMENTO (TESI DI RESCIGNO) L'obbligazione sorge e si costituisce in funzione dell'adempimento, il quale ha come fine ultimo quello di realizzare l'interesse creditorio presente nel rapporto obbligatorio. Durante lo svolgimento del rapporto, fino al momento dell'attuazione della prestazione obbligatoria, si può attribuire al creditore una semplice aspettativa di soddisfazione del proprio creditore, e al debitore una corrispondente aspettativa di liberarsi dal vincolo. Nel momento in cui si esaurisce la fase di svolgimento del rapporto obbligatorio che si pongono in essere i presupposti giuridici atti a far diventare realtà l'aspettativa di cui i soggetti del rapporto sono titolari. Può però verificarsi che l'adempimento, per essere realizzato, necessiti della collaborazione del creditore, il quale 320 non effettua ciò che gli è stato richiesto dal debitore al fine di estinguere l'obbligazione. L'aspettativa del soggetto passivo di essere liberato non viene attuata in quanto il titolare dell'aspettativa di soddisfazione rimane inerte, cioè non chiede la prestazione o si rifiuti di cooperare con il debitore per ottenere la "cosa dovuta", o infine che non si preoccupa di dissipare una situazione non corrispondente alla realtà, che possa pregiudicare qualsiasi attività solvendi. La scarsa sollecitudine del titolare del credito ad esigere o accettare la prestazione non importa autonomamente decadenza della pretesa, come per il debitore, la prontezza a porre in essere le operazioni atte ad attuare la prestazione, non determinano la liberazione dall'obbligo. La situazione di stasi che viene a crearsi non può non essere presa in considerazione dalla legge, in quanto essa pone i presupposti per creare una situazione di patologia del rapporto, in cui viene lesa la posizione soggettiva debendi. Si ha, infatti, un prolungamento del rapporto, in cui la posizione del soggetto passivo subisce un aggravamento che non è contenuto 321 nel suo obbligo, ma si pone al di fuori di esso. E' in riferimento al maggiore sacrificio che il debitore deve sopportare che si pone il problema di qualificare la posizione del creditore rispetto alla necessità di non aggravare la situazione dell'obbligato. Il soggetto attivo, possiede, nell'ambito del rapporto, una posizione soggettiva nella quale sono racchiusi una seria di poteri per salvaguardare il proprio diritto alla prestazione. Questi poteri possono essere utilizzati al sol fine di rendere possibile l'attuazione del proprio diritto, quando il debitore non presti la propria attività solutoria, ma non per oltrepassare il limite determinato dalla propria sfera giuridica ed invadere quella del soggetto passivo. Nel momento che il creditore compie un determinato atto che ostacola o non rende possibile l'attuazione della prestazione, viola il principio generale dell'interlimitazione delle sfere giuridiche; principio che obbliga a non ledere l'altrui sfera 322 giuridica specialmente quella patrimoniale148. L'avvenuta invasione della sfera giuridica del debitore oltre i limiti della natura del rapporto, con conseguente inasprimento della posizione di soggezione debendi, urta contro un'altra regola di carattere generale, contenuta nell'art. 1175, in base alla quale i soggetti del rapporto obbligatorio devono comportarsi secondo le regole di correttezza. Il principio di correttezza impone che i soggetti del rapporto non alterano i termini costituitivi dell'obbligazione, con comportamenti che sono contrari ai principi contenuti nel nostro ordinamento. Aggravare, infatti, la posizione debendi, rientra in quei comportamenti che tendono a modificare quelli che sono i termini essenziali del rapporto, e come tale viola la normativa 148 Il principio di non ledere l’altrui sfera giuridica e' sancito dall’art. 2043 ,il quale pone esplicitamente l’obbligo del risarcimento del danno, nel momento in cui si e' compiuto un fatto doloso o colposo che abbia cagionato la lesione. Principio che si presenta come regola che deve essere eseguita ogni qualvolta si costituisce un rapporto in cui necessiti la determinazione di un' attivita' che deve avere effetti nell’altrui sfera giuridica . Nel momento in cui si costituisce un rapporto obbligatorio, i suoi soggetti devono comportarsi in modo da non alterare il contenuto dell’altrui posizione giuridica, cioè non invadendo l’altrui sfera giuridica . Per una verifica di quelli che sono i principi che regolano il rapporto tra il debitore e il creditore vedi: Nicolo', Ipoteca, rinuncia del creditore in danno di terzi acquirenti, in Riv. Dir: Civ. 1941, ;Carraro, Valore attuale della massima fraus omnia corrumpit, in Riv . trim. dir. proc.civ.1949; Hartman , Urtersuchungen uber die Anwendbarkeit schuldrechtlicher Normen auf dingliche Anspruche , Abh.aus dem ges. Handelsrecht, Struttgat, 1938. 323 generale contenuta nell’articolo menzionato149. E' dalla comparazione dell'art. 2043 e 1175 c.c., che si riesce a comprendere la reale tutela che viene concessa al debitore contro una situazione di fatto che viene ad essere creata dal soggetto attivo. Questi sono i punti chiave per qualificare e definire la posizione giuridica che l'interesse del debitore ad adempiere l'obbligazione assume nell'ambito del diritto positivo. Il creditore realizza un'attività che è di ostacolo all'attuazione della prestazione, ponendosi al di là della propria posizione di pretesa, rappresentata dal fine ultimo dell'acquisizione del bene dovuto. In questo spazio che residua dalla pretesa di richiedere la prestazione obbligatoria e lì dove termina il comportamento dovuto, riprende vigore la libertà del 149 Il diritto tedesco, in riferimento all’argomento trattato, prevede una regola generale di comportamento valevole per il debitore e per il creditore "wie Treu und Glauben mit Rucksicht auf die Verkehrssitte es erfordern"e vieta espressamente l’abuso di diritto . Il ZGB svizzero espressamente tratta l’argomento nell 'art 2 , I comma , il quale recita: "Ciascuno deve agire nell'esercizio dei suoi diritti o nell’adempimento dei suoi doveri secondo buona fede" La buona fede è prevista come canone interpretativo, cioè come regola ermeneutica: in riferimento vedi: Grassetti, L’interpretazione del negozio giuridico, Monogr. " Foro della Lombardia " Padova 1938 , pag 217 e ss ; Kreller ; in Arch fur die civ, Praxis, 1943, pag 253 Considerazioni politiche di notevole importanza, relative alla vollige Verarmung del debitore , viene svolta da Eckernforde, in Rechtspr.deutscher Gerichte, Zentral Justizamt fur die brit. Zone, II, n.267, pag 51 324 debitore e acquista rilevanza il suo interesse ad essere liberato mediante adempimento. Questo interesse, essendo stato leso da un evento esterno, e acquisito valore giuridico, entra a fare parte nel mondo normativo come diritto, e precisamente come diritto potestativo ad adempiere. La situazione di fatto venuta a crearsi in riferimento al concretizzarsi, della volontà del creditore, pone il debitore in una situazione giuridica soggettiva molto particolare, in base alla quale il soggetto passivo ha il potere di eliminare l'ostacolo postogli per mezzo della sua volontà. Al debitore, infatti, sono riconosciuti strumenti giuridici atti ad eliminare l'impedimento posto per la realizzazione della prestazione, che possono essere attuati solo come una semplice manifestazione di volontà in tal senso, con conseguente modifica della situazione giuridica che si è venuta a creare. Il creditore, dovrà solo subire gli effetti che l'esercizio del diritto provoca nei suoi confronti, trovandosi in una posizione di mera soggezione, poiché non può effettuare alcunché per 325 impedire la modificazione giuridica. Non avrà, infatti, uno specifico obbligo di ricevere la prestazione150 in una semplice facoltà racchiusa nel suo diritto di credito151, ma il creditore dovrà solo accettare passivamente gli effetti dell'estrinsecazione di un potere, espressamente riconosciuto per la tutela di una determinata situazione giuridica. La posizione di diritto che il debitore viene ad assumere non può neanche essere smentita dalla considerazione della inconciliabilità dei due termini di obbligo e potere. Qui il potere che viene riconosciuto si pone al di fuori dell'obbligo, in quanto l'interesse va collocato dove ha fine il contegno dovuto, in quello spazio residuale in cui si segna il limite della posizione soggettiva 150 L’esistenza di un obbligo di ricevere la prestazione è stato sostenuto in funzione dell’acquisita rilevanza giuridica dell’interesse ad essere liberato mediante adempimento, la cui funzione è strumentale per la realizzazione del relativo diritto . In tal senso vedi : Bellini sull’obbligo del creditore di presentarsi per l'adempimento dell'obbligazione ,op. cit., pag 30 e ss; Falzea, L’offerta reale e la liberazione coattiva del debitore, op.cit., pag 33 e ss ;Miccio, Delle obbligazioni in generale, op.cit.,pag 120 e ss. 151 L’inesistenza dell’obbligo del creditore di ricevere la prestazione è stata giustificata con l’affermazione che nell’ambito del diritto creditorio non è possibile configurare una posizione di subordinazione secondaria,in quanto è giuridicamente impossibile determinare una situazione di diritto-obbligo. Per cui dal contenuto della situazione soggettiva attiva si può evidenziare una semplice facoltà del creditore di ricevere la prestazione . In questo senso vedi : Betti , Teoria generale delle obbligazioni, vol. II,pag 43 e ss. 326 di obbligo e in cui acquista vigore giuridico quella libertà debitoria, la quale non può essere oltre modo compressa. Il diritto acquista fisionomia giuridica laddove termine l'obbligo, e si presenta come espressione di quella libertà di azione che viene concessa al debitore ove i termini naturali del rapporto obbligatorio vengano compromessi. 327 DIRITTO POTESTATIVO TESTIMONIATO DALLA DISCIPLINA DELLA MORA CREDENDI. a) Dall'analisi dei requisiti essenziali della mora credendi si rileva l’esistenza di un interesse ad adempiere del debitore . L'ipotesi in cui il debitore viene ostacolato nel porre in essere l'attività solutoria si ha quando il creditore rifiuti di ricevere la prestazione. Il rifiuto del creditore viene esplicitamente previsto dalla norma contenuta nell'art. 1206, la quale menziona l'ipotesi che il soggetto attivo non riceva il pagamento offertogli o non compie tutto ciò che è necessario affinché il debitore possa adempiere l'obbligazione. In termini specifici si effettua una presunzione in cui il soggetto attivo pone in essere prestazione, un'attività atta a impeditiva determinare alla realizzazione l’estinzione del della vincolo obbligatorio. L'art. 1206 pone le basi normative per far emergere ed acquisire rilevanza giuridica a quell'interesse del debitore ad 328 adempiere l’obbligazione, in quanto non si ha semplicemente la previsione di una fattispecie atta a determinare la semplice liberazione del debitore dal vincolo obbligatorio. La normativa, infatti, è molto chiara nel delineare il contenuto della fattispecie astratta, in cui vengono presi in considerazione il contenuto delle varie obbligazioni, proprio per avere una tutela completa dell'argomento trattato. Si parla, infatti, di pagamento, specificatamente menzionato in relazione al contenuto pecuniario dell'obbligazione, e di attività necessarie al fine dell'adempimento, in relazione a quel particolare oggetto obbligatorio che è costituito da un'attività materiale (obbligazione di fare, di consegnare, ecc.) La legge, quindi, prende in considerazione l'interesse del debitore ad adempiere nella sua rilevanza contenutistica, e struttura l'intera normativa intorno ai possibili mutamenti che detto interesse può subire, ponendo la sua lesione come presupposto mora per la nascita della del creditore. L'impossibilità ad adempiere l'obbligazione si presenta, infatti, 329 come l'unico motivo che possa giustificare la conseguente applicazione della disciplina giuridica, posta a tutela del debitore. A norma dell'art. 1206 c.c. è in mora il creditore che ritarda ingiustificatamente l'adempimento del rapporto, trasformandolo da una fase di normale svolgimento del suo iter perfezionativo, in una fase patologica. Il non effettuare l'attività richiesta per realizzare la prestazione si pone come ostacolo alla liberazione del debitore dall'obbligazione, invadendo e ledendo il contenuto della sua sfera giuridica. Il creditore non ha un vero e proprio obbligo a riceve la prestazione, in quanto non è possibile ritenere che il soggetto titolare di una pretesa abbia come contenuto un generale obbligo di ricevere la prestazione. Se non ha un obbligo di ricevere la prestazione non ha neanche la facoltà di aggravare o di impedire l'attuazione della prestazione in quanto ciò non si colloca all'interno della sua posizione soggettiva, ma al di fuori di essa. Il comportamento del creditore, superando la propria sfera giuridica, invade quella del debitore, incurante del rispetto di quei 330 principi generali del nostro ordinamento che impongono di agire secondo correttezza. Violando i precetti del nostro codice contenuti nell'art. 2043 e 1175 c.c., il comportamento del creditore si pone come antigiuridico e illecito, causa di un danno ingiusto, e come tale necessita di un immediato risarcimento. L'effetto previsto si specifica nella normativa della mora, in cui il creditore deve risarcire il danno derivato dal rifiuto di porre in essere l'attività necessaria all'adempimento. L'art. 1207 c. c. prevede, nel suo 2° comma, esplicitamente la sanzione del risarcimento del danno causato dalla mora, a conferma del carattere antigiuridico del comportamento credendi, che è causa della lesione dell'interesse debendi ad porre in essere la prestazione . La rilevanza giuridica dell'interesse debendi ad adempiere emerge in quella zona che costituisce il limite delle sfere giuridiche soggettive delle parti del rapporto obbligatorio, proprio a significare che ciò che si richiede al soggetto passivo esula dal contenuto dell'obbligo. Per aversi mora credendi è necessario che 331 il soggetto passivo abbia effettuato il contenuto del proprio obbligo e che non vi sia un motivo legittimo che giustifichi il rifiuto del creditore di ricevere la prestazione. Ciò è confermato dall'inciso senza un motivo legittimo, contenuto nell'art. 1206 c. c., il quale subordina la costituzione della mora alla mancanza di causa di giustificazione che possano autorizzare il creditore a rifiutare la prestazione e dagli art. 1208 e 1209 c.c., che prevedono il modo attraverso il quale il debitore manifesta, senza ombra di dubbio, la propria volontà di realizzare la prestazione. La realizzazione dell'attività solvendi viene regolamentata nei minimi particolari, e con modalità differenziate per garantire l'attuazione dell'oggetto dei diversi tipi di obbligazione. Si richiede, infatti, che il debitore offra al creditore l'oggetto dell'obbligazione, la cui operazione realizzativa si differenzia a seconda che il relativo rapporto abbia per oggetto denaro o titoli di credito, un fare o cose mobili da consegnare in un luogo diverso dal domicilio del creditore. Nel primo caso si ha offerta 332 reale, consistente nel consegnare al creditore materialmente il denaro o altra cosa mobile; nel secondo caso si ha offerta per intimazione a ricevere, consistente in un atto a lui notificato nelle forme prescritte per gli atti di citazione. Il legislatore si è preoccupato di verificare la veridicità della dichiarazione del debitore di volere adempiere l'obbligazione, garantendogli il modo attraverso il quale poter offrire la "cosa dovuta". In questo modo si è evidenziato l'importanza giuridica dell’interesse del debitore ad porre in essere la prestazione e, nello stesso tempo, si predispone un sistema normativo per garantire al rapporto obbligatorio di porre fine alla sua esistenza giuridica nel modo ad esso più naturale. Ciò che il legislatore vuole preservare, con la disciplina giuridica in tema di obbligazioni è la realizzazione del contenuto dell'obbligo per soddisfare la pretesa creditoria, concedendo al soggetto attivo una incisiva tutela giuridica per attuare questo scopo. 333 Nel momento in cui il soggetto attivo non pone l'atto di cooperazione per garantire la realizzazione della propria pretesa, siamo al di realizzandosi fuori dell'ambito della tutela concessagli, quello spazio in cui la libertà del debitore dall'obbligo acquista rilevanza giuridica. In essa l'interesse ad essere liberato mediante adempimento si delinea nel suo assetto normativo e entra a far parte del mondo del diritto. Il legislatore, infatti, concede al debitore il potere di modificare la situazione di inerzia in cui versa il creditore, attraverso una serie di strumenti giuridici che lo liberano dal vincolo obbligatorio attuando la prestazione. Per cui il soggetto passivo è titolare di un diritto in base al quale, con la semplice manifestazione di volontà, può agire in modo giuridicamente rilevante per cambiare una situazione di fatto, creatasi da un evento a lui non imputabile. Questo diritto assume, quindi, i caratteri costitutivi di un diritto potestativo, che nella specie si presenta come un diritto potestativo ad adempiere152 l’obbligazione, che rileva il suo 152 Rescigno , Incapacità naturale e adempimento , Napoli , 1950 , pag 141 e ss 334 vigore giuridico nel momento in cui il creditore rifiuti l'offerta del debitore di porre in essere la prestazione. Ciò è testimoniato dalla disciplina della procedura di liberazione del debitore, che costituisce il mezzo giuridico concessogli per estinguere il vincolo attuando la prestazione. b) La procedura di liberazione: il deposito. Realizzazione del diritto potestativo del debitore ad adempiere l’obbligazione. Il debitore vuole adempiere all'obbligazione, ma non può farlo perché il creditore frappone un ostacolo: non realizza ciò che gli è richiesto per far si che la prestazione venga attuata. Il soggetto passivo, si avvale della procedura dell'offerta della prestazione per fare in modo che il suo interesse di adempiere l'obbligazione sia conosciuta e considerata degna di tutela giuridica da parte dell'ordinamento. Effettuata l'offerta reale, o l'offerta per intimazione a seconda dell'oggetto della prestazione, 335 il debitore ha materialmente esaurito il suo compito; ha, cioè, realizzato il contenuto dell'obbligazione. Il creditore, però, può continuare nella sua attività impeditiva e può ulteriormente aggravare la posizione del debitore rifiutando l'offerta reale. E' in questo momento che al debitore è riconosciuto il potere di modificare la situazione di fatto, creata dal soggetto attivo con il suo rifiuto, mediante l’unico mezzo giuridico predisposto dall’ordinamento in tal caso: il deposito della "cosa dovuta". L’attuazione di questo rimedio giuridico presuppone l’esercizio, da parte del debitore, di un diritto, che nell’ipotesi menzionata si caratterizza come una potestà di realizzare l’"oggetto dovuta". Per cui il diritto del debitore è essenzialmente un diritto potestativo, la cui natura giuridica viene ad essere rilevata dalla particolare posizione di soggezione che il creditore si viene a trovare, nel momento in cui si ha l'estrinsecazione dei poteri inerenti il diritto in questione. 336 Il debitore, infatti, presa conoscenza del rifiuto del creditore diviene titolare di una specifica potestà di agire, con la quale effettua un mutamento della posizione giuridica del creditore, senza che quest'ultimo possa opporsi alle conseguenze giuridiche che si verificheranno. Il soggetto attivo, infatti, non può impedire al debitore di decidere di agire ed eliminare la situazione da lui creata, ne può modificare gli effetti che la mani60.zpiretamen16porsi alle 0 13.98 127.6 volidiche che si veecifeben.72hai agire, Eseguito il deposito, quando questo è accettato dal creditore o è dichiarato valido con sentenza passata ingiudicata, il debitore non può più ritirarlo ed è liberato dalla sua obbligazione" Si verifica, quindi, che una volta accertato il rifiuto, il debitore è in grado di modificare la situazione di fatto creata dal creditore decidendo di effettuare il deposito. Viene riconosciuto così al debitore uno spazio giuridico necessario in cui la sua libertà di agire acquista rilevanza, tale da poter essere titolare di un potere (diritto) per uscire da una situazione che sarebbe per lui molto sconveniente153. La realizzazione del suo diritto di porre in essere la "cosa dovuta " si materializza con l'effettuazione del deposito, che una volta effettuato libera il soggetto passivo dall'obbligazione. 153 Per la tesi che sostiene che l’offerta reale è uno strumento giuridico per la realizzazione del diritto potestativo del debitore vedi; Rescigno, Incapacità naturale e adempimento, op. cit. pag 145 e ss 338 E' stato sostenuto154, che la previsione normativa realizza un diritto del debitore, non ad adempiere, ma ad essere semplicemente liberato dal vincolo obbligatorio. La differenza si baserebbe sulla considerazione che il debitore ha un interesse proprio ad essere liberato, indipendentemente dalla realizzazione della cosa dovuta. Il deposito sarebbe solo una semplice previsione per realizzare la liberazione, in cui la "cosa dovuta" acquista un significato normativo di scarsa rilevanza. E' facile obiettare che se il legislatore avesse preso in considerazione il solo interesse alla liberazione, avrebbe strutturato la norma contenuta nell'art. 1210 c.c. in modo differente, concedendo la possibilità giuridica di sciogliere il vincolo in modo anche differente dal porgere la "cosa dovuta". L'analisi contenutistica dell'articolo menzionato dimostra, invece, l'importanza che nell'ambito della procedura acquista il 154 Per la tesi che sostiene l'esistenza del diritto alla liberazione vedi :Bigliazzi Geri , Contributo alla teoria dell’interesse legittimo , op. cit. pag 201 Cicala, L’adempimento indiretto del debito altrui, op. cit. pag 178 e ss 339 deposito. Esso consiste nel realizzare l'oggetto della prestazione, cioè di porre in essere quel bene che, avrebbe dovuto soddisfare l'interesse del creditore insito nel rapporto obbligatorio. L'obbligazione si caratterizza per la presenza di una prestazione da adempiere, che vuol dire porre in essere, materializzare ciò che si è obbligati a compiere. Il soggetto passivo, mediante il deposito, pone in essere il bene che in base al vincolo giuridico si è impegnato di compiere. Per cui esso non costituisce una semplice previsione normativa atta a realizzare la liberazione, ma costituisce il modo specifico per attuare l'oggetto obbligatorio: per adempiere la prestazione. Una volta realizzato il deposito, cioè attuato l'oggetto dell'obbligo, il debitore è liberato dal proprio vincolo giuridico, realizzando il proprio diritto ad adempiere l’obbligazione. Questa conclusione non può neanche essere smentita dal fatto che il deposito deve essere dichiarato valido da una sentenza passata in giudicata, in quanto essa ha una propria funzione nell'ambito dell'intera procedura, che non può ledere in nessun 340 modo il carattere potestativo del diritto del debitore. La sentenza di convalida non si pone come ostacolo per l'attuazione del diritto del debitore, ma fornisce uno strumento per verificare la validità giuridica della realizzazione del deposito. Il deposito, infatti, assume nell'ambito della procedura un'importanza formativa determinante per la realizzazione dell’effetto liberativo, ed in riferimento a ciò il legislatore si è preoccupato di regolamentare tutti i passaggi e i requisiti per la sua attuazione. L'art. 1212 c.c. menziona, in modo molto minuzioso i presupposti essenziali per effettuare il deposito, la cui validità giuridica dipende dal rispetto di quei requisiti contenuti in esso. Se, infatti, il processo verbale di deposito non sia notificato, o se in esso non risulta la natura delle cose offerte, e il rifiuto del creditore di riceverli, non si può avere una procedura di deposito, valida giuridicamente. Così come l’adempimento non estingue il rapporto giuridico, se non è conforme al contenuto dell'obbligo, il deposito 341 non può produrre effetti se non è perfettamente valido nei suoi elementi costitutivi. La verifica della validità e della formalità necessaria per attuare il deposito è demandata agli organi giudiziali. Questi ultimi hanno lo specifico compito di verificare la rispondenza della situazione di fatto dei requisiti previsti dalla normativa vigente, per dichiarare la validità o l'invalidità della procedura effettuata. Il loro compito si specifica nell'accertare la validità giuridica delle operazioni effettuate, per cui la sentenza di convalida non è altro che una sentenza di mero accertamento. Essa, quindi. non smentisce, ne contraddice la natura giuridica del diritto del debitore, ma si pone come un controllo di ciò che si è verificato per garantire la certezza giuridica e il rispetto della norme contenute nel nostro codice. Una volta verificato l'accertamento, si sono compiuti i presupposti giuridici per realizzare il diritto del debitore ad essere liberato mediante adempimento. 342 LA REMISSIONE DEL DEBITO COME NEGOZIO GIURIDICO (TESI DEL TILOCCA). La disamina contenutistica della remissione del debito pone in evidenza che gli effetti giuridici provenienti dalla dichiarazione di volontà del creditore sono capaci da soli di estinguere l’obbligazione. Da qui si deduce che il carattere negoziale della remissione costituisce il presupposto della fattispecie, in cui solo la volontà del soggetto è determinante per la realizzazione dalla conseguenza legislativa. La perdita del diritto non è direttamente contemplata della legge, ma è immediatamente collegabile alla manifestazione volitiva del soggetto attivo, alla quale la legge riconduce gli estremi giuridici per normativamente previsto. Essendo il verificarsi dell’effetto necessaria la sola dichiarazione di volontà credendi per produrre l’effetto remissivo, essa assume i caratteri strutturali di un negozio giuridico, e 343 specificatamente di un negozio unilaterale155. La conferma del carattere unilaterale del negozio giuridico in questione è offerta dall’esame teleologico dell'art.1236 c. c., per il quale lo schema giuridico è predisposto per realizzare l’interesse negativo del creditore di liberarsi dal suo diritto di credito, senza essere soddisfatto. Nella sua struttura logico-grammaticale l’estinzione è ricollegabile solo alla dichiarazione del subbietto attivo, mentre l'eventuale dichiarazione del debitore di non volerne approfittare costituisce un atto autonomo, che presuppone l’avvenuta estinzione del rapporto obbligatorio. Riprova di ciò si ha nella formulazione letterale dell’epigrafe dell’art 1236 c. c., in cui si parla di "dichiarazione di " remissione del debito", confermato anche dal contenuto della relazione ministeriale in cui si legge 155 La dottrina che ritiene che la remissione sia un negozio unilaterale vedi: Barassi, La teoria generale delle obbligazioni op ,cit . pag . 183 Allara , Le fattispecie estintive del rapporto obbligatorio,Torino , 1952, pag 252 e ss Trabucchi , Istituzioni di diritto civile , op.cit., pag 579 Nicolò, Il controllo sulle condizioni di validità di una dichiarazione negoziale da parte del suo destinatario , in Foro It, 1948,I, 566; l’Autore , però , precedentemente nell’adempimento dell’obbligo altrui , op cit , pag 245 , attribuiva alla remissione una funzione convenzionale. Per il diritto tedesco vedi:Oertmann, Kommentar zum B.G.B.,II, Recht der Schuldverhaltnisse,1, Berlin, 1928, pag 430 e ss Frisch ,Der Thonverzicht, Tubinger, 1906, pag 2 e ss 344 che "la remissione è un atto unilaterale e che la volontà del debitore, pur non essendo senza effetti, non e' elemento di perfezione del negozio. Supporto normativo è poi dato dall’art.2726 c. c. che dispone: " le norme stabilite per la prova testimoniale dei contratti si applicano anche al pagamento e alla remissione del debito". In base al precedente indirizzo giurisprudenziale la norma poteva essere applicata soltanto ai negozi bilaterali, mentre, oggi, invece, in base al nuovo orientamento dei giuristi, si ritiene che la remissione, pur essendo un negozio unilaterale, può essere provata illimitatamente con testimoni e con presunzioni. 345 L’unilateralità del negozio giuridico conferma l’affermazione giuridica della necessità che l'atto del creditore non può non avere in sé il carattere della rinuncia156. Essa, infatti, si pone come un 156 Per la qualifica della remissione come rinuncia vedi:Pellegrini , Forma e prova della rinuncia al credito semplice e ipotecario , in Giur . it. ,1938, I, 1, pag. 715 e ss Pugliatti, Esecuzione forzata e diritto sostanziale, Milano, 1935 , pag,100 e ss Santoro Passarelli , Dottrine generali del diritto civile ,op.cit.,pag 218 e ss Teosca di Castellano , Remissione del debito , voce remissione , Nuovo Digesto Italiano , Torino , 1939 , pag 697 e ss De Ruggiero , Istituzioni di diritto privato , vol. III, Messina -Milano , 1936 , pag 228 e ss Salv. Romano , Autonomia privata , Milano , 1957 , pag 137 e ss Falqui-Massidda , Adempimento di obbligazione civile o naturale , in Giur. It. 1966, I, 1, pag . 18 Fadda e Bensa , Note alle Pandette del Windescheid,vol IV, Torino, 1930, pag 400 e ss . Questi autori qualificano in via generale la figura giuridica della rinuncia come un negozio unilaterale, anzi è proprio dovuta ad essi la prima compiuta critica alla tesi che afferma il carattere contrattuale della rinuncia. Però, nella loro costruzione teorica effettuano una simbiosi di diversi pensieri giuridici che distinguono le differenti correnti dottrinali, poiché ritengono che il creditore, nel momento che dismette il proprio credito,favorisce il debitore liberandolo, dando luogo a una donazione indiretta. Piras, La rinuncia del diritto privato , Napoli, 1940, pag 42 e ss . L’Autore, pur inquadrando la remissione nell’ambito della rinuncia , non attribuisce ad essa carattere essenziale, ritenendo, invece, che il nostro Codice preveda sia la remissione unilaterale che contrattuale . La tesi dell’unilateralità della rinuncia e' stata confermata da Grasso e Dajana, Le servitu' prediali, Torino, 1951, 832 e ss .In questo testo è stato sottolineato che se il proprietario e il titolare della servitu' si mettono d' accordo, si fuoriesce dall’ambito della rinuncia; a conferma di cio' che è stato precedentemente affermato. Per il diritto francese vedi: Scillan, L’act abdicatif, Revue trim. de droite civile, 1966 pag. 693 Per il diritto tedesco .Kohler, Der Glaubigerverzug, in Arch.fur Burgerliches Recht, III.1897. pag 267 Per l’indirizzo giurisprudenziale vedi : Cass.6 maggio1955, n.1272, Giur. It. 1957 , I , 1, pag . 603 .Con questa sentenza la Corte ha riconosciuto che la remissione è una forma particolare di rinuncia e che costituisce un negozio unilaterale , ma ha escluso che l'intervento contrario del debitore potesse avere rilevanza giuridica nel condizionare l’esistenza degli effetti remissori . Con una successiva sentenza ,20 ottobre 1958 n. 3355(Giur.It. 1959 , I, 1, pag 606 e ss ) la Corte di Cassazione ha affermato che la dichiarazione del creditore esaurisce la struttura del negozio remissirio , che diviene irrevocabile non appena è co unicata al debitore Tj10.02 0 0 10.02 0 0m(o)Tj10.02 0 652 319.49963 138.5997 0 e4 t m atto unilaterale irrecettizio, per il quale gli effetti giuridici si realizzano immediatamente, non appena la rinuncia entra a far parte del mondo giuridico. E' stato sostenuto157 da una parte della dottrina che il creditore, nel rimettere il credito, avvantaggia il debitore, arricchendolo, facendo pervenire ad esso una liberalità . La remissione si caratterizzerebbe come possibilità giuridica di realizzare una donazione o una liberalità indiretta mediante la dichiarazione di volontà creditoria di non voler più utilizzare il proprio credito. La manifestazione volitiva del creditore di distaccarsi dal proprio diritto non significa altro che realizzare il presupposto per far si che il debitore possa beneficiare della non realizzazione della prestazione, che in relazione al caso specifico di liberalità solo indirettamente . Con una recente sentenza , 25 giugno 1960 n. 1674, la Corte è ritornata alle affermazioni giuridiche contenute nella sentenza del 1955. 157 Per la qualifica liberativa o donativa della remissione vedi : Barbero , Sistema istituzionale di diritto privato , vol II, Torino ,1955,pag . 242 Recupero, Remissione del debito e donazione indiretta , in Temi, 1955, pag. 95 e ss Per il diritto francese vedi :Martin de la Muote , L’acte Juridique unilateral , Paris , 1951 , pag 297 Rajnaud, La renonciation à un droit. Sanature et son domaine en droit civil , in Revue trim. de droit civil , 1936,pag 778 e ss 347 può assumere i caratteri d i una liberalità indiretta o di una donazione. La rinuncia al diritto non avviene senza un determinato fine, in quanto ponendo in essere un vantaggio per il debitore, la sua funzione si identifica con l'espressa capacità del soggetto attivo di compiere una liberalità a favore del soggetto passivo; la realizzazione di un simile scopo non fa altro che testimoniare che la remissione produce come suo effetto principale una donazione o una liberalità indiretta. Guardando attentamente ciò che si vuole raggiungere con questo istituto è facilmente obiettabile che la libertà di agire presuppone il requisito della specifica intenzione di far beneficiare ad un altro soggetto dell'oggetto in questione, mentre non sempre il creditore, dismettendo, ha voluto avvantaggiare il debitore. 348 L'evento della liberazione del debitore non è strettamente legato a quelli che sono gli effetti dell'atto di rinuncia ma, ad ulteriori cause che si verificano successivamente alla dichiarazione di volontà del soggetto attivo. L'indagine si indirizza verso l'esatta affermazione del contenuto della funzione remissoria che coordinata con la sua struttura, potrà rendere in modo chiaro come avviene l'effetto liberativo dall'obbligazione per il debitore. Il creditore, ponendo in essere la dichiarazione di volontà, non fa altro che dismettere il proprio credito con la possibilità per il debitore di liberarsi dall'obbligazione. La perdita del diritto da parte del soggetto attivo costituisce il risultato tipico ed esatto della volontà del remittente, caratterizzando lo scopo della fattispecie. La remissione, infatti, rispetto al distacco del diritto della sfera giuridica del creditore, si rileva lo strumento più idoneo e preciso ad assolvere questo compito, il quale caratterizza e costituisce la sua struttura funzionale. Ciò si evince anche dalla disciplina giuridica dettata dal codice vigente, il quale assegna come causa della fattispecie una funzione 349 dismissiva. La disciplina positiva si comprende e si giustifica solo in quanto si riconosce alla remissione una funzione dismissiva poiché, gli eventi previsti dalla particolare normativa possono avere una loro specifica spiegazione giuridica solo se vengono ricondotti a questa definizione causale. Le diverse ipotesi giuridiche che si possono verificare sono strettamente collegate con questo tipo di struttura normativa di remissione, la quale prevede la dismissione del creditore e, la liberazione del debitore, che pur verificandosi nello stesso momento, rappresenta una conseguenza riflessa e non logicamente consecutiva ad essa. L'estinzione dell'obbligazione non sempre può essere considerata come cosa gradita al debitore, soprattutto se quest'ultimo ha un proprio interesse a porre in essere la prestazione. Nella maggior parte dei casi il debitore è ben lieto di essere svincolato da qualsiasi legame con il creditore, ma in altre occasioni, in presenza delle più svariati ragioni, sia di ordine morale sia professionali, egli potrebbe avere un rilevante interesse ad adempiere l'obbligazione. La formulazione letterale dell'art.1236 350 c. c. sembra porre in evidenza proprio questo duplice interesse alternativo del debitore, in quanto disponendo che "la dichiarazione del creditore estingue l'obbligazione" valuta e tutela l'interesse del debitore a conseguire sollecitamente la propria liberazione ed aggiungendo "salvo che questi non dichiari di non volerne approfittare" contempla ed apprezza l'interesse dello stesso debitore a non subire la liberazione ed ad attuare la prestazione. Il legislatore, disciplinandoli espressamente, ha fissato tra gli interessi menzionati una gerarchia ritenendo prevalente e principale l'interesse adempimento, e a conseguire secondario e la liberazione subordinato senza l'interesse all'adempimento. La gerarchia ha una sua spiegazione nella valutazione che il legislatore effettua dell'importanza di questi interessi nella dinamica del rapporto giuridico158. L'interesse ad adempiere una valenza secondaria in quanto ha un'importanza 158 Sulla collisione d' interessi giuridici e sul corrispondente criterio di prevalenza :Merkel, Die Kollision rechtmassiger Interesse und die Schadensverursatzpflicht, Strassburg, 1895 , pag.49 e ss 351 contenutistica legata al singolo evento giuridico, non essendo elemento sempre presente nella formazione obbligatoria. La sua realizzazione, quindi, necessita di una particolare manifestazione di volontà in cui si esprime il proprio diniego ad ottenere un certo effetto costitutivo, la quale viene a sua volta sottoposta a onere di tempestività. L'interesse più frequentemente ricorrente nel debitore, nel momento che assume l'obbligazione, è quello di essere, il più velocemente possibile, liberato dal gravame senza realizzare l'adempimento. Il legislatore ha previsto una tutela molto più efficace e tempestiva per la realizzazione di questo interesse, prevedendo che, una volta attuata la dismissione del credito, l'obbligazione viene immediatamente estinta. Nella pars credendi, invece, la remissione viene effettuata come realizzazione del proprio interesse a distaccarsi dal proprio diritto, senza che venga avvantaggiato nessuno, ne il debitore ne il terzo. 352 Nella struttura remissoria non c'è spazio per una possibile dichiarazione di volontà del soggetto passivo atta ad acquisire valore di accettazione della proposta effettuata dal creditore, consistente nel non voler più utilizzare il proprio diritto. Lo schema contrattuale159 è del tutto inadeguato per attuare i fini legislativi presenti nella fattispecie esaminata, in quanto non verrebbe realizzato ne l'interesse del creditore di conseguire l'immediata liberazione dal proprio diritto, perché sarebbe subordinata alla scadenza del termine congruo previsto per 159 Stolfi,Teoria del negozio giuridico,op. cit.,pag.50 e ss.; Betti,Teoria generale del negozio giuridico edizione,op. cit.,pag.293; Pellegrini, Dei modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall'adempimento, in Commentario del Codice Civile,Libro delle obbligazioni Vol.I° diretto da D'Amelio e Finzi, Firenze 1948,pag.1,3,4,e ss.; Vocino, Contributo alla dottrina del beneficio di inventario, Milano, 1942, pag 317 Per la contrattualità della remissione sempre in relazione al codice inglese vedi :Gorla , La rinuncia e il contratto modificativo, offerta irrevocabile nella civil law e nella common law, in Riv.dir. comm.,1952, pag 343 Per il diritto francese :Breton , Thèorie gènèrale de la renonciatin aux droits rèels , in Revue trim. de droit civil. 1928, pag. 261 e ss. Per il diritto tedesco :Walsmann, Der Verzicht, Leipzig, 1912 , pag 179 e ss; questo Autore ammette che in alcuni casi del diritto germanico la rinuncia può assumere la forma contrattuale, sostenendo, però, che si attua una forma particolare di contratto, in cui il soggetto rinunciatario avrebbe il modesto ruolo di aderire o di opporsi agli effetti realizzati, e non quello di produrli in collaborazione con il soggetto rinunziante, non essendo posti su un piano di parità. Perché si possa parlare di contratto è necessario che le volizioni , oltre che dirette allo stesso scopo, devono essere giuridicamente uguali, anche se poi di fatto e economicamente i relativi soggetti si trovano su piani differenti : in questo senso vedi : Oppo,Adempimento e liberalità, Milano, 1947, 407; Messineo, Dottrina generale del contratto, vol III, Milano, 1948, pag. 39 353 consentire al debitore di effettuate l’opposizione, né l'interesse del debitore di ottenere l'immediata liberazione dall'obbligazione. Nel caso in cui venisse accettato lo schema contrattuale della remissione avremmo un'alterazione della tutela dell'interesse in gioco, con evidente privilegio di alcuni rispetto ad altri. Si pensi alle obbligazioni ad esecuzione continuata, in cui il debitore sarebbe costretto ad adempiere le singole rate che vengono a maturazione nell'intervallo di tempo intercorrente tra la dichiarazione del creditore e la scadenza del termine congruo, con evidente accentuazione della tutela riguardante la realizzazione dell'interesse del subietto passivo all'adempimento rispetto a quello primario della liberazione immediata. Con lo schema unilaterale, invece, trovano attuazione e soddisfazione, nella propria rispettiva importanza legislativa, sia l'interesse del creditore a distaccarsi dal proprio diritto, sia l'interesse primario del debitore a conseguire la propria libertà senza effettuare la prestazione, sia l'interesse secondario di 354 adempiere l’obbligazione, neutralizzando le modificazioni che si verificano a seguito della dichiarazione di remissione160. 160 Tilocca, La remissione del debito In Nuovissimo Digesto, op.cit., pag.390 e ss.; Benedetti,La struttura della remissione, Rivista Trimestrale di Diritto e procedura civile 1962 ,pag.1291 e ss. 355 OPPOSIZIONE DEL DEBITORE. a) La sua natura giuridica. La finalità della dichiarazione di remissione effettuata dal creditore, costituita dalla abilità di estinguere l'obbligazione, non sempre raggiunge risultato positivo, in quanto essa potrebbe ledere un interesse del debitore, insito nel rapporto obbligatorio. In determinati casi, il debitore può avere uno specifico interesse alla conservazione della propria posizione, quindi, di effettuare l'adempimento. Ciò è testimoniato dalla particolare formulazione logica grammaticale, dell'art. 1236 c. c., che concede al debitore di manifestare la propria opposizione ogni qualvolta non desidera subire gli effetti della remissione. L'atto di opposizione costituisce il mezzo attraverso il quale il debitore rifiuta l'effetto dismissivo del debito, la cui formulazione giuridica ha visto dissonanti contrasti dogmatici messi al confronto. 356 Queste diverse costruzioni teoriche partono dal presupposto che l'opposizione del debitore possa avere dei caratteri determinati tali da poterla inserire in una o un'altra costruzione normativa. Le posizioni teoriche che si pongono in termine alternativi in quanto l'una considera l'opposizione debitoria o un negozio giuridico161, in quanto necessita per la sua costituzione una dichiarazione di volontà del soggetto passivo162, o un atto giuridico in senso stretto, in quanto capace di effettuare un autoregolamento degli interessi in gioco163. Il contrasto tra i due diversi indirizzi dogmatici è più apparente che reale in quanto l’autoregolamentazione non può estrinsecarsi se non attraverso un atto di volontà, il quale, per acquisire rilevanza giuridica deve essere capace di determinare un' alterazione nella sfera giuridica del soggetto agente. Per cui l’autoregolamentazione e la 161 Per la tesi dell'opposizione come negozio giuridico:Stolfi ,Teoria del negozio giuridiche, op cit , pag 1 e ss.; Cariota Ferrara , Il negozio giuridico , op cit pag75 e ss 162 Per la tesi che considera che l’atto di volontà definisce il negozio vedi :Pugliatti , Atto giuridico e determinazioni accessorie della volontà ,in Riv. dir. civ. , 1937 , pag 37 e ss ; Trimarchi , Atto Giuridico e negozio giuridici , Milano , 1940 ,pag.34 e ss. 163 Per la tesi che considera l’opposizione come atto giuridio:Betti , Teoria generale op . cit. pag 50 e ss ; Scognamiglio, Contributo alla teoria del negozio giuridico , Napoli, 1950, pag 176 e ss . 357 dichiarazione di volontà sono elementi non possono non appartenere ad un' unica realtà giuridica, che nel caso di specie si presentano come presupposti costitutivi di un atto negoziale. Ciò è testimoniato dal fatto che affermando che l'opposizione si costituisce attraverso una dichiarazione di volontà non si fa altro che indicare l'aspetto formale e strutturale del negozio e, ritenendo che essa può attuare una autoregolamentazione di interessi privati non si fa altro che mettere in evidenza la funzione che il negozio giuridico normalmente svolge. L'antitesi tra volontà e autoregolamentazione è del tutto inesistente, poiché nella loro sintesi indicano la conseguenza di quel particolare atteggiarsi della volontà che trova sua specifica collocazione nella forma del negozio164. Per cui l'atto di opposizione non è altro che un negozio giuridico in cui la dichiarazione di volontà assume un particolare significato in riferimento all'effetto che deve produrre. 164 Sul particolare modo di atteggiassi della volontà nella ambito del negozio giuridico vedi: Secret, Studi sul concetto di negozio giuridico , in Scritti giur. ,I, 1930, pag 333; Cariota Ferrara , Il negozio giuridico , op. cit, pag 37 e ss.;Oppo, Adempimento , op. cit. pag 380 358 Il legislatore, infatti, non da rilievo a un qualunque comportamento del debitore atto a determinare la sua sottrazione dall'efficacia remissoria, ma solo a quel determinato comportamento che costituisce l'estrinsecazione della sua precisa volontà di non essere destinatario di detto effetto. L'art. 1236 c.c., infatti, recita " solo che questi dichiari di non volerne profittare", nonché l'atto di opposizione è il mezzo di esternazione di una precisa volontà di condotta, insiste in quel determinato processo psicologico che dia luogo a una precisa violazione. Dal punto di vista strutturale, l'atto di opposizione si presenta come manifestazione di una precisa volontà che serve a neutralizzare gli effetti remissori provenienti dalle contrapposte dichiarazioni del creditore. Il soggetto attivo pone in essere una manifestazione di volontà, la quale ha il preciso compito di distaccare il diritto di credito dal suo titolare, ponendo il debitore in una situazione di riflessione al fine di attuare l'interesse di cui è portatore. 359 Egli ha la possibilità di agire alternativamente per realizzare due distinti interessi: o la propria liberazione dall'obbligazione, senza porre in essere la prestazione, o la conservazione del proprio stato obbligatorio, con conseguente necessità di effettuare l'adempimento. Il debitore è posto nella scelta di realizzare uno dei due alternativi interessi, indirizzando gli strumenti giuridici a favore di quello da lui ritenuto più degno di tutela attuativa. L'opposizione verrà effettuata solo quando la sua valutazione riterrà di dover realizzare l'interesse alla conservazione del rapporto obbligatorio giuridico, con conseguente possibilità di effettuare l'adempimento. Per cui dal punto di vista funzionale l'atto di opposizione si presenta come avvenuta attuazione di una regolamentazione degli interesse in gioco, con conseguente realizzazione di quello che in relazione del caso concreto risulta destinato a non attuare l'obbligazione. 360 b) L'atto di opposizione del debitore non è determinante per la costituzione del processo formativo della remissione. Al debitore è concessa la possibilità di dichiarare esplicitamente di non accettare gli effetti della dichiarazione di volontà del soggetto attivo di voler rimettere il proprio credito , in quanto ciò potrebbe causare un danno, e non un beneficio, al soggetto ricevente. L'opposizione del debitore, assumendo la forma giuridica del negozio, entra a far parte del mondo giuridico, con una propria sua fisionomia e una propria efficacia che la consentano di avere una propria vita giuridica, ponendosi al di fuori del processo formativo della remissione. La normativa sulla remissione, infatti, prevede la nascita dell’atto in termini meramente occasionali, subordinando la sua costituzione al verificarsi di determinati eventi, i quali sono caratterizzati da particolari modalità realizzative e temporali. La formazione dell’atto dipende dal fatto che il debitore sia messo in condizione di poter valutare l'importanza giuridica della situazione che si è 361 venuta a creare in seguito alla dichiarazione credendi, e la necessità di manifestare la sua volontà al fine di eliminare detta situazione. Per cui si può affermare che la dichiarazione di remissione costituisce il presupposto normativo per la costituzione dell’atto di opposizione, in quanto il suo scopo è proprio quello di neutralizzare gli effetti giuridici provenienti dalla disposizione del diritto del creditore. Per aversi opposizione è necessario che la remissione sia già efficiente e operante, avente una propria definizione giuridica, altrimenti non si capirebbe come mai l'atto del debitore possa eliminare le conseguenze da esse causate. Ciò si ricava dal testo dell'art. 1236 c.c. il quale prevede il verificarsi dell'estinzione dell'obbligazione, senza che sia passato il congruo termine previsto per far si che il rifiuto debendi possa essere manifestato e comunicato al creditore. La funzione dell'atto di opposizione si specifica nel voler ricostruire il legame obbligatorio che è stato sciolto a seguito della rinuncia del creditore al proprio debito, eliminando il suo 362 presupposto giuridico, quel qualcosa di reale, di già costituito, che apparentemente sembra portargli un grande beneficio. La non appartenenza dell'atto di opposizione al processo formativo della fattispecie remissoria è confermato anche dal modo di come si fronteggiano e si contrappongono i due negozi giuridici provenienti dalle diverse manifestazioni di volontà. Il negozio di opposizione entra nel mondo giuridico nel momento in cui viene fatto conoscere al creditore, nell'intento specifico di informarlo che gli effetti della sua dichiarazione di volontà non produrranno conseguenze giuridiche. Si è infatti ritenuto che la certezza giuridica necessita che il soggetto attivo sia informato sugli accadimenti successivi, che possono alterare la situazione giuridica da lui stesso creata. Ciò implica che la remissione del debito è già operante e, che il debitore ha un vero e proprio onere di comunicare a suo carico, se vuole mantenere la sua specifica di soggetto passivo. A tal fine è stato previsto un "congruo termine" la cui valenza contenutistica si specifica nella possibilità giuridica del debitore 363 di vagliare l'importanza dei vari interessi in gioco, e di porli a confronto per rilevare da essi un punto di riferimento per attuare la propria decisione. Tutto ciò postula la certezza dell'esistenza di una fattispecie giuridica integra nei suoi elementi costitutivi, i cui effetti sono presi in considerazione e sottoposti ad esame per confrontarli con una situazione di fatto dalla quale dipende la sua successiva vicissitudine giuridica165. 165 Tilocca , Remissione del debito ,op.cit., pag 82 e ss . 364 EFFETTI GIURIDICI DELL'ATTO DI OPPOSIZIONE: ESERCIZIO DEL DIRITTO POTESTATIVO DEL DEBITORE AD ADEMPIERE LA PRESTAZIONE. La valutazione degli interessi in gioco si pone come presupposto per la verificazione dell'atto di opposizione, il quale ha come suo scopo principale quello di neutralizzare gli effetti dismissivi della remissione. L'opposizione del debitore, infatti, produce immediatamente efficacia giuridica, non appena si realizza; è operante senza bisogno di qualche atto o collaborazione del soggetto attivo. Non ha bisogno di nessuna cooperazione del creditore, che si ponga come antecedente logico-giuridico, come il presupposto essenziale e giuridicamente rilevante per dar vita alla sua costituzione. Il creditore, una volta venuta ad esistenza l'opposizione del debitore, non ha la possibilità di renderla inoperante, non ha la libertà di resistere nel suo intento remissorio, ne ha la facoltà di bloccare sul nascere gli effetti 365 neutralizzanti dell'atto. Egli è costretto a subire l'opposizione trovandosi in uno stato di perfetta soggezione, potendo solo ricevere passivamente gli effetti provenienti dall'atto. Ciò vuol dire che il negozio di opposizione non fa altro che esercitare un diritto potestativo, in quanto l'effetto neutralizzante deriva dalla volontà del soggetto passivo, incidendo direttamente sulla situazione giuridica determinata dal creditore.166 Il diritto potestativo si caratterizza per la particolare fisionomia del suo contenuto, per il quale il soggetto agente è titolare di un determinato potere che esplica la sua efficacia in base a una semplice manifestazione di volontà del suo titolare. Al manifestarsi di questo potere corrisponde una modificazione della situazione giuridica preesistente, in cui il soggetto titolare subisce questo cambiamento senza che si possa fare alcunché per 166 Sulla definizione e sulla struttura del diritto potestativo vedi:Santoro Passarelli, Isituzioni di diritto Civile , I, Napoli 1994, pag 47 e ss.; Rescigno, Manuale del diritto privato italiano, Napoli , 1994, pag 263 e ss.; Messina, Sui cosiddetti diritti potestativi, in Studi in onore di Fadda , VI,Napoli, 1906,pag 3 e ss.; Auletta, Poteri formativi e diritti potestativi , in Riv. dir. comm. , 1939, pag 557; Sante Romano, voce"Poteri-potestà", in frammenti di un dizionario giuridico, Milano 1953, pag 127 e ss., Falzea, La separazione personale, Milano, 1943, pag 127 e ss. 366 arrestare questo evento, essendo esso in uno stato di completa soggezione nei confronti dell'evento realizzato. Tutto ciò si verifica proprio in relazione al negozio di opposizione ove si rileva che esso si perfeziona in base alla sola volontà del soggetto passivo, eliminando la situazione giuridica creata dalla dichiarazione del creditore di non volere più utilizzare il proprio diritto di credito. Quest'ultimo, poi, non è titolare di un dover di condotta a cui subordina l'attuazione del diritto del debitore di opporsi alla remissione, ma è invece costretto a subire l'eliminazione dell'efficacia remissoria, nei confronti della quale si trova in uno stato di autonoma soggezione, in cui non può effettuare nessuna attività positiva atta a salvaguardare il contenuto della propria dismissione167. L’atto di opposizione, quindi, esercita un diritto potestativo, e precisamente il diritto (potestativo) del debitore ad adempiere l'obbligazione. Ciò viene chiaramente evidenziato dal contenuto dell'atto di opposizione e dalla rilevanza giuridica che 167 Tilocca , Remissione del debito , op. cit. pag 95 e ss. 367 del relativo interesse ad adempiere assume nell’ambito del mondo giuridico, in virtù della esplicita tutela riconosciutagli. Il legislatore, infatti, riconosce esplicitamente che il debitore può essere titolare di un interesse ad adempiere l’obbligazione, nel caso in cui il creditore decide di non voler più utilizzare il proprio diritto alla prestazione, garantendogli la possibilità di agire, opponendosi alla remissione. Il legislatore considera l'interesse ad adempiere degno di rilevanza giuridica, il quale entra a far parte del mondo giuridico come diritto i cui dati strutturali si evidenziano dal modo di manifestarsi dell’atto di opposizione. Quest'ultimo è solo lo strumento giuridico predisposto dall’ordinamento per garantire al soggetto passivo di esercitare il suo diritto ed adempiere l’obbligazione. 368 ADEMPIMENTO DEL TERZO: IRRILEVANZA DELLA DISCIPLINA PER DIMOSTRARE L'ESISTENZA DEL DIRITTO DEL DEBITORE AD ADEMPIERE.(TESI DEL CICALA) La possibilità giuridica concessa al debitore di essere titolare di un diritto ad adempiere l'obbligazione in particolari casi e in previsione della rilevanza giuridica del suo interesse, non può essere smentito dalla disciplina dell'adempimento del terzo. Il diritto del debitore ad adempiere acquista rilevanza nel momento in cui il soggetto passivo acquista libertà di agire, utilizzando mezzi giuridici per realizzare la propria pretesa. Tutto ciò non si verifica nell'ambito della normativa dettata per l'adempimento, in quanto un'analisi della natura dell'opposizione debendi, dimostra chiaramente che l'interesse di 369 cui il soggetto passivo è titolare non è quello di essere liberato mediante adempimento168. Un ' attenta analisi del contenuto dispositivo del 2° comma dell'art. 1180 c.c. rileva la non appartenenza dell'interesse ad adempiere alla fattispecie esaminata, in quanto si concede al debitore la possibilità di esprimere la propria opposizione all'intervento del terzo atto ad estinguere l'obbligazione. Qui si riconosce al soggetto passivo solo di manifestare la propria volontà negativa affinché il creditore possa prenderla in considerazione e decidere di conseguenza. 168 Per la tesi che sostiene l’esistenza di un interesse ad adempiere del debitore nella disciplina dell’adempimento del terzo vedi ; Rescigno, op. ult. cit., pag 115 e ss ,il quale afferma esplicitamente che il legislatore ha tenuto conto delle molteplici esigenze che possono spingere un individuo a contrarre un 'obbligazione , ravvisando nella normativa dettata dagli art. 1180 , 1236 , 1206 , gli indici di un principio generale :la tutela dell’interesse del debitore all’adempimento personale ed alla liberazione mediante attuazione della prestazione. Ciò è valido soprattutto quando si ha un'obbligazione di fare,nella quale l’interesse del debitore a prestare può essere più rilevante , sotto il profilo morale e patrimoniale , dell’interesse a ricevere del creditore. Questa tesi è rimasta isolata nell’ambito dottrinario ,non essendo supportata da un reale rigore logico giuridico , in quanto si può facilmente sostenere che proprio nelle obbligazioni di fare il debitore non può prestare se il creditore è contrario La tutela dell’interesse ad adempiere non può essere menzionata tra i compiti della disciplina dell’adempimento , in quanto non si garantisce al soggetto passivo quella capacità di agire, capace di dare effettiva attuazione giuridica all’interesse menzionato. Ciò che viene preso in considerazione, invece, è il riconoscimento della capacità giuridica del debitore di far conoscere al mondo del diritto il suo dissenso, concedendogli la possibilità di manifestare la propria opposizione all’intervento del terzo. La rilevanza giuridica riconosciuto all’interesse debendi , insito nella norma contenuta nell’art.1180 , ha come sua caratteristica strutturale un riferimento diverso da quello che si può evidenziare con la realizzazione della prestazione ,essendo del tutto estraneo all’argomento trattato. 370 L'opposizione entra nell'ambito della rilevanza giuridica come semplice manifestazione di intolleranza nei confronti di un soggetto estraneo al rapporto, che vuole assumersi l'obbligo di adempiere l’obbligazione. Non viene a delimitarsi quel margine giuridico entro cui acquista rilevanza contenutistica la libertà del soggetto passivo di agire, modificando situazioni di fatto venuti nel contempo a verificarsi. Non sono previsti opportuni mezzi giuridici atti a costituire l’estrinsecazione di un potere, e la realizzazione di un diritto, atti a realizzare l’oggetto del rapporto obbligatorio. La previsione normativa si caratterizza per la sola necessità giuridica di far conoscere al soggetto attivo la opposizione del debitore, in base alla quale potrà decidere se accettare o meno la prestazione del terzo. Il creditore potrà, ma non dovrà, rifiutare l'adempimento del terzo, nel momento in cui il debitore dichiara che l'attuazione della "cosa dovuta" da parte di un terzo potrebbe ledere il contenuto della propria posizione di obbligo. Per cui, la natura 371 dell'interesse che sottende l'atto di opposizione è quello di non adempiere l'obbligazione, ma quello del rispetto della propria sfera giuridica169. Ciò che si provvede giuridicamente è che l'effetto liberatorio non può verificarsi sempre, in tutti i casi, ma è limitato da un atto, il quale entra e rimane nel mondo giuridico come tutela di un interesse del debitore a non accettare un possibile beneficio. Si ha l'applicazione di principio contenuto nel noto bracardo "invito beneficum non datur" in base al quale un soggetto può anche rifiutare il beneficio concesso da un terzo estraneo. La tutela normativa si presenta come il riconoscimento della possibilità di far conoscere, a colui che dovrà determinare gli effetti giuridici normativamente previsti, l'esistenza di questo interesse. Esso, viene posposto nella sua realizzazione a quello del creditore il quale se ritiene che il diritto alla prestazione possa essere soddisfatto dall'intervento del terzo, lo accetta. La previsione normativa contenuta nell'articolo non fa altro che 169 Cicala , L'adempimento del debito altrui , op. cit. pag 196 e ss 372 garantire il riconoscimento giuridico dell'interesse del debitore al rispetto della propria sfera giuridica, e lo introduce nel mondo del diritto con la semplice presunzione di essere realizzato. Non sono, infatti, concessi mezzi giuridici inidonei ad escludere tour court la possibilità che il terzo adempie l'obbligazione. L'interesse, quindi non assurge a diritto, il cui esercizio possa impedire che il soggetto estraneo intervenga, esautorando il compito giuridico del debitore di realizzare la prestazione. E' stato sostenuto170 che la possibilità giuridica di effettuare la prestazione non viene compromessa dall’intervento del terzo, in quanto quest'ultimo nell’adempiere la prestazione si surroga nei diritti del creditore. Il soggetto estraneo assume immediatamente la veste giuridica di soggetto attivo, non alterando la posizione di diritto che in alcuni casi il debitore può acquisire. La considerazione giuridica menzionata non è priva di rilievo, ma non può costituire un principio generalizzato, 170 I sostenitori di questa tesi vedi:Carboni , Delle obbligazioni nel diritto odierno, op cit. pag 191 e ss.; Miccio , Delle obbligazioni in generale , op. cit. pag . 48 e ss. 373 applicabile ogni qualvolta vi sia adempimento dell’obbligazione da parte di un terzo. Ciò può verificarsi solo in determinate occasioni, cioè quando il creditore, nel momento in cui concede al terzo di adempiere, dichiara di volerlo surrogare nella propria posizione creditoria.La surrogazione si pone come una possibile conseguenza dell'autonomia privata, che trova la sua massima realizzazione nel potere concesso alle parti di non determinare solo la soddisfazione del creditore, ma di garantire al terzo la possibilità di rivalere la sua pretesa nei confronti del debitore. Per cui la ratio e la struttura della normativa in esame non sono in grado di fornire un valido argomento normativo, per testimoniare o smentire la verifica dell'esistenza di un diritto ad adempiere del debitore. Esso si verifica quando si sono realizzati alcuni presupposti che pongono il debitore in una situazione giuridica dalla quale può uscire con il semplice potere di agire, eliminando il pericolo di aggravio della propria posizione soggettiva. Tutte le volte che si può riscontrare la previsione normativa in cui il debitore si trova nell'ipotesi menzionata abbiamo la 374 realizzazione e la conferma della esistenza di un diritto (potestativo) ad adempiere del debitore. 375 BIBLIOGRAFIA Allara, Le fattispecie estintive del rapporto obbligatorio, Torino, 1952. Andreoli, Contributo alla teoria dell’adempimento, Padova, 1937. Atzeri, Delle rinunzie, Torino, 1915. Auletta, Istituzioni di diritto privato, Napoli, 1964. 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Tribunale di Roma, 11 luglio 1986 n .10931, in Temi Romani, parte II, Giurisprudenza civile. 390 INDICE - SOMMARIO I CAPITOLO DIRITTO AD ADEMPIERE E RAPPORTO OBBLIGATORIO Esistenza del diritto ad adempiere del debitore: spunti introduttivi pag. 1 Il rapporto obbligatorio in generale pag. 6 I soggetti del rapporto obbligatorio pag. 12 Situazione soggettiva passiva e responsabilità patrimoniale (art.2470 cod. civ) pag. 18 La situazione soggettiva attiva : il diritto di credito pag. 24 Teoria del debito (Schulde) e della responsabilità (Hftung) 391 pag. 33 Critica alla teoria del debito e della responsabilità pag. 41 Le teorie patrimoniali e "il bene dovuto" pag. 46 Le dottrine cosidette "personali": il comportamento del debitore pag. 57 L’interesse del creditore pag. 65 I diversi modi di soddisfazione dell'interesse creditorio pag. 71 II CAPITOLO CONFIGURABILITA' DI UN DIRITTO SOGGETTIVO AD ADEMPIERE DEL DEBITORE Tesi che riconosce l'esistenza di un diritto ad adempiere del debitore 392 pag. 82 Diritto del debitore ad adempiere e correlativo obbligo del creditore di ricevere la prestazione pag. 91 Obbligo del creditore sulla base del principio contenuto nell’art.2043 c. c. pag. 100 Obbligo del creditore formulato anche in riferimento alla disciplina codicistica contenuta negli art. 1175 e 1180 c.c pag. 106 Natura dell'obbligo del creditore e del diritto del debitore pag. 113 Mora Credendi pag. 117 Le ipotesi di Mora Credendi a)Mancanza di un motivo legittimo di rifiuto della prestazione b) Parallelismo tra mora credendi e mora solvendi c) Omissione dell’attività necessaria. 393 pag. 122 Facoltà e poteri inerenti al diritto soggettivo del debitore: art. 1207 pag. 137 Procedura coattiva di liberazione. Rimedio giuridico di realizzazione del diritto soggettivo pag. 141 La disciplina dell’adempimento del terzo:differenza tra il codice del 1865 il codice del 1942 . pag. 150 Struttura dell’intervento del terzo e natura dell’opposizione pag. 157 I possibili interventi del terzo. pag. 164 Le ipotesi di opposizione del creditore pag. 172 Oggetto del diritto di credito: "il bene dovuto" pag. 175 394 L'intervento del terzo non determina lesione del diritto del debitore pag. 179 Comportamento del debitore come oggetto del diritto di credito: la teoria tradizionale pag. 184 Diverso modo di considerare il diritto soggettivo rispetto alla teoria tradizionale: adempimento del terzo come eccezione alla luce della nuova concezione della natura del diritto soggettivo pag. 188 Identità funzionale tra atto del terzo e atto del debitore. La non lesione del diritto del debitore pag. 191 Opposizione del debitore all’atto del terzo di agire mediante procedura di liberazione pag. 197 Remissione del debito : art. 1236 . La sua struttura .Realizzazione del diritto del debitore 395 pag. 201 Remissione del debito rientrante nello schema del contratto traslativo pag. 209 Critica alla tesi della remissione traslativa pag. 212 Remissione del debito come rinuncia pag. 215 Opposizione del debito come possibilità di realizzare il suo diritto ad adempiere pag. 221 III CAPITOLO INTERESSE DEL DEBITORE ALLA LIBERAZIONE Critica alla tesi della configurabilità di un diritto soggettivo del debitore ad adempiere e apertura verso una situazione soggettiva d' interesse all’adempimento. 396 pag. 225 Configurabilità dell'interesse ad adempiere sulla base della disciplina dell’adempimento dell’obbligo altrui pag. 234 Possibilità di riconoscere la categoria dell’interesse legittimo nel diritto privato pag. 240 Interesse legittimo del debitore alla liberazione in relazione alla sua situazione soggettiva passiva nel rapporto obbligatorio pag. 248 Interesse del debitore alla liberazione e la mora del creditore pag. 255 Assenza del concetto di colpa come requisito della mora credendi pag. 259 Assenza di un parallelismo tra mora credendi e mora solvendi pag. 265 Impossibilità di riconoscere sulla base della disciplina codicistica contenuta nell’art. 1175 l’esistenza di un obbligo del creditore 397 a ricevere la prestazione. Situazione di abuso di diritto pag. 269 Analoghe conseguenze alla luce del dettato normativo ex art. 2043 c. c. pag. 274 Situazione soggettiva del creditore in termini non di obbligo ma di onere pag. 279 Tesi della Bigliazzi Geri: situazione del debitore quale diritto potestativo alla liberazione pag. 285 Estinzione del debito come effetto diretto della remissione pag. 290 L'opposizione del debitore produce effetto risolutivo della remissione effettuata dal creditore pag. 295 Interesse alla liberazione nel suo particolare modo di porsi nella remissione 398 pag. 300 Il silenzio: la non opposizione.Realizzazione dell’effetto remissorio. Struttura e funzione del silenzio del debitore pag. 303 IV CAPITOLO DIRITTO(POTESTATIVO)AD ADEMPIERE DEL DEBITORE Rilevanza giuridica dell'interesse ad adempiere pag. 309 Adempimento come negozio in base al quale si esercita il diritto alla liberazione pag. 316 Esistenza del diritto potestativo del debitore a liberarsi mediante adempimento (tesi di Rescigno). pag. 319 Il diritto potestativo è testimoniato dalla disciplina della mora credendi: 399 a) dall’analisi dei requisiti essenziali della mora credendi si rileva l’esistenza dell’interesse ad adempiere del debitore b) la procedura di liberazione: deposito. Realizzazione del diritto potestativo del debitore ad adempiere l’obbligazione. pag. 327 La remissione del diritto come negozio giuridico (tesi del Tilocca). pag. 342 Opposizione del debitore: a La sua natura giuridica b)L'atto di opposizione del debitore non è determinante per la costituzione del processo formativo della remissione pag. 355 Effetti giuridici dell'atto di opposizione:esercizio del diritto potestativo del debitore ad adempiere l'obbligazione pag. 364 400 Adempimento del terzo: irrilevanza della disciplina per dimostrare l’esistenza di un diritto del debitore ad adempiere ( tesi del Cicala) pag. 368 BIBLIOGRAFIA pag. 375 GIURISPRUDENZA pag. 389 401