” o i B l i t rlo n e Ca g r “ e CORSO DIPi GENETICA o n i o rb t r U e i b d o LA GENETICA DI R tà i s BATTERI E VIRUS r e v i n U La coltivazione dei batteri ” o i B l i t rlo n e Ca g r “ e i P ino o rb t r U e i b d o R tà i s Una colonia è formata da r e circa 10 cellule. v i n Clone = discendenti di U un’unica cellula. 7 Scambio di materiale genetico ” o i B l i t rlo n Meccanismi mediante i qualieavviene a scambio g C r “ di materiale genetico tra batteri: e o i P n i ¸ trasformazione o rb t r U e ¸coniugazione i b d o R ¸tàsesduzione i s ¸trasduzione r e v i n U La trasformazione ” o La trasformazione è il trasferimento di materale genetico da un batterio all’altro mediato da frammenti di DNA extracellulare. i B l i t rlo n pneumoniae) è La trasformazione (in Streptococcus e a g Griffith C osservata per la prima volta da Frederick nel 1928. r “ e o i n Nel 1944 Avery, MacLeod P e i o b t McCarty dimostrarono rche il r U e principio trasformante era il i b d o DNA. R tà i Nella trasformazione s frammenti r e isolati di DNA vengono assorbiti v i dall’esterno all’interno della n U cellula. stata La mappa per trasformazione ” o i B l i t rlo n e Ca Con la g r “ e trasformazione è i o P possibile mappare iin o t geni: r quanto piùrb U dueemarcatori sono i b d o vicini, tanto più R probabile à è la loro t i s cotrasformazione. r e v i n U p ed o non stanno mai insieme -> sono i più distanti -> q è al centro! La trasformazione a livello molecolare ” o i B l i t rlo n e Ca g r “ e i P ino o rb t r U e i b d o R tà i s r e v i n U La scoperta della coniugazione - 1 i B l i t rlo n e Ca g r “ e i no Nel 1946 Joshua Lederberg e P i o Edward Tatum dimostrarono b t r r che due ceppi di eE.coli U b bio di auxotrofi (E. coli A o met à thr leu thi ed E.R coli B met t i bio thr leu thi ), posti a s r contatto, possono e scambiarsi v i materiale genetico e creare n U dei batteri prototrofi. - + + + - + + - - Colonie prototrofe: 1x10-7 ” o La scoperta della coniugazione - 2 i B l i Alla fine degli anni t rlo n ‘40 Bernard Davis e Ca g scopre che se i r “ e due ceppi sono Pi o n i separati da un o b t r r filtro attraverso U e i cui possono b d o passare sostanze R tà i (ma non batteri) non si hasla r il formazione di prototrofi: e vdue ceppi è i contatto fisico tra i n indispensabile! U ” o Il fattore di fertilità (F) i B l i t rlo n e Ca g r “ e i P ino o rb t r U e i b d o R tà i s r e v i n U ” o Nel 1953 William Hayes scoprì che il trasferimento genico avviene in una sola direzione: da un donatore (maschio) ad un ricevente (femmina). Hayes trovò un donatore “sterile” (cioè incapace di trasferire l’informazione) che si era trasformato in un ricevente, pertanto ipotizzò che la capacità di fungere da donatore fosse una condizione ereditaria determinata da una fattore di fertilità F. I ceppi che portano F sono donatori (F+), quelli senza F sono riceventi (F-). Inoltre osservò che il trasferimente genico era un evento raro, ma il fattore F veniva trasferito facilmente. Successivamente fu dimostrato che il fattore F è un plasmide, cioè un anello di DNA indipendente dal cromosoma batterico e non facente parte del genoma batterico, che si replica nel citoplasma batterico in maniera autonoma. La scoperta della coniugazione - 3 i B l i t rlo n e Ca g r “ e i P ino o rb t r U e i b d o R tà i s r e v i n U ” o I ceppi Hfr ” o i B l i t rlo n e Ca g r “ e i P ino o rb t r U e i b Quando si mescolano cellule F+ con cellule F- il fattore F si d o R à integra nel cromosoma tbatterico con una bassa frequenza. Ciò i s di geni batterici ma con bassa determina trasferimento r e frequenza. Nell’incrocio Hfr x F- invece, dal momento che tutti i v i hanno F integrato, la frequenza di ricombinanti batteri donatori n U è alta. Luca Cavalli Sforza scoprì un nuovo ceppo derivato da un F+ chiamato high frequency of recombination (Hfr). L’incrocio Hfr x F- dava 1000 volte più ricombinanti dell’incrocio F+ x F-, ma nessuna cellula F- diventava F+. Si scoprì poi che il ceppo Hfr si forma in seguito all’integrazione di F nel cromosoma batterico. L’integrazione ” o di F i B il t rlo n e Ca tra due anelli di La ricombinazione g r DNA, in “seguito ad un singolo e i o over, porta alla P crossing n i o formazione di un anello unico che b t r r è la somma dei due precedenti. In U e i b questo modo un ceppo F+ (con F d o R tà plasmide libero) può trasformarsi i in un ceppo Hfr. Una volta s r e inserito, il plasmide F mantiene la v i sua capacità di riconoscere un n U batterio F- e, in questo caso, tenta di iniziare la coniugazione. Il trasferimento di Hfr - 1 i B l i t rlo Il trasferimento di F integrato (Hfr)n e Ca comincia sempre a partire dall’origineg di r “ e replicazione O. Ma quando è integrato O i o P n non si trova all’estremità di F: il ricevente, i o b t per poter diventare F+, dovrebbe ricevere r r U tutto il cromosoma ebatterico del i b donatore. Poiché il piloosessualedè instabile, R à anche a causa del motoitbrowniano del s liquido di coltura, il trasferimento non è r e (quasi) mai completo: il ricevente resta Fv i n ma ottiene una parte di DNA batterico dal U donatore che può eventualmente essere integrata nel cromosoma. ” o Il trasferimento di Hfr - 2 i B l i t rlo n e Ca g r “ e i P ino o rb t r U e i b d o R tà i s r e v i n U ” o A questo punto, il ricevente non ha ricevuto un DNA circolare, ma lineare! Questo potrà eventualmente essere integrato nel genoma del ricevente per ricombinazione sfruttando l’omologia del DNA batterico, e solo in seguito ad un numero pari di crossing over. La coniugazione interrotta Elie Wollman e François Jacob, 1957 i B l i o t l n Si può sfruttare la labilità del r e a g “C pilo e l’inserzione di F per r e o mappare i geni di un cromosoma i P in batterico. Infatti, leo b t r integrazioni di F sono casuali r U e sia come punto di inserzione, i b d o sia come orientamento del R tà plasmide, quindi ogni ceppo i s geni r batterico Hfr trasferirà e v nel ricevente con uni ordine che n riflette la disposizione U dei geni lungo il cromosoma. ” o La procedura i B l i t rlo n e Ca g r “ e i P ino o rb t r U e i b d o R tà i s r e v i n U I due tipi di cellule vengono mescolate in gran quantità in un terreno liquido a 37°C. A vari tempi vengono prelevati dei campioni della coltura, vengono agitati (per interrompere artificialmente la coniugazione) e piastrati su terreni selettivi (nell’esempio illustrato a lato, contenente streptomicina) per uccidere le cellule Hfr. Si ottiene in questo modo una mappa a tempo del cromosoma batterico donatore. ” o thr+leu+aziRtonR Esempio: donatore HfrH lac+gal+strS ricevente: F- thr leu aziStonS lac gal strR Le mappe a tempo o” B li i lo t n r e a ¸ ogni allele del donatore appariva nel g ricevente F- dopo un intervallo C r “ e di tempo ben preciso dall’inizio della coniugazione; i P ino ¸ gli alleli del donatore sito presentavano sempre in una specifica b r r sequenza; U e i b o à dpiù tardi comparivano in un numero ¸ i marcatori cheRentravano t minore di cellule. i s r Da queste osservazioni dedussero che il trasferimento avviene a e v i ben preciso sul cromosoma del donatore chiamato partire da un punto n U secondo una modalità lineare. origine O e prosegue Wollman e Jacob arrivarono a queste conclusioni perché: Costruzione della mappa ” o i B l i t rlo n e Ca g r “ e i P ino o rb t r U e i b d o R tà i s r e v i n U Solo dopo circa 2 ore i riceventi diventano Come unità di misura si usa il tempo in minuti impiegato dagli alleli del donatore ad entrare nel ricevente. F+ Ÿ il fattore F entra per ultimo. L’integrazione di F ” o i B l i t rlo n e Ca g r “ e i P ino o rb t r U e i b d o R l’integrazione à Fu Campbell che scoprì che t di F avviene tramite un singolo i sanelli di DNA, portando alla loro fusione e crossing over tra i due r e creando un unico anello che è la somma dei due componenti. Poiché v i n esistono nel cromosoma batterico vari siti con sequenza omologa alla U regione di appaiamento di F, si possono ottenere tanti ceppi Hfr, ognuno dei quali trasferisce i geni in un ordine diverso. Il cromosoma batterico ” è circolare i o B l i t rCampbell Usando vari ceppi Hfr ed ottenendo mappe n diverse, lo ipotizzò e Ca che il cromosoma batterico fosse circolare. g r “ e i P ino o rb t r U e i b d o R tà i s r e v i n U Il saggio a tre punti nei batteri i B l i t rlo n e Ca g r “ e i P ino o rb t r U e i b d o R tà i s r e v i n U ” o La sesduzione, ovvero F’ i B l i t rlo Nel 1959 E. Adelber scoprì che in n e Ca un ceppo Hfr il fattore F può g r “ excidersi e generare un ceppo F+.ie o P n Se però excide in maniera errata, i o b t può incorporare il gene batterico r r U e accanto al quale era inserito. In i b d o questo caso prende il nome di F’. Il R à plasmide F’ può coniugare ed t i s inserire il gene che ha rincorporato e in un batterio ricevente v i (sesduzione) chen diventa F+ e U produce un diploide parziale stabile, o merozigote. ” o La trasduzione ” o i B l i t rlo n e Ca g I fagi che effettuano la trasduzione r “ e veicolano i generalizzata qualsiasi porzione P ino del ogenoma b dell’ospite, mentre i fagi che t r r effettuano la trasduzione specializzata U e i b trasferiscono solo porzioni specifiche. d o R La à trasduzione generalizzata fu scoperta nel t i s 1951 da Joshua Lederberg e Norton Zinder r e che ottennero prototrofi anche con v i n l’esperimento del “tubo a U”. Il meccanismo U venne poi chiarito da Ikeda e Tomizawa con È il trasferimento dei geni batterici mediato da batteriofagi. il fago P1 nel 1965. Il ciclo vitale di un fago litico i B l i t rlo n e Ca g r “ e i P ino o rb t r U e i b d o R tà i s r e v i n U ” o La trasduzione generalizzata i B l i t rlo n e Ca g r “ e i P ino o rb t r U e i b d o R tà i s r e v i n U ” o NB: nella testa del fago non restano geni fagici! La mappa per trasduzione ” o i B l i t rlo n e Ca g r “ e i P ino o rb donatore leu+thr+azi x t r U ricevente leu-thr-azi e i b d o Dalla prima parte (leu ): R tà thr leu azi i s r oppure e thr azi leu v i n U parte si deduce che è la prima, la mappa giusta! Ma dalla seconda Con la trasduzione generalizzata si possono stabilire relazioni di associazione tra i geni. La cotrasduzione è il trasferimento di due geni batterici (molto vicini) ad opera dello stesso fago. Ad esempio: R S + La frequenza di cotrasduzione i B l i t rlo n e dei numero trasduttanti a frequenza di g C r trasduttanti per entrambi i marcatori “ cotrasduzione = e x 100 i o P numero n di trasduttanti totali i o rb t r U e selezionando per a+ (a+b+) i b x 100 freq. di cotrasduzione = d o R tà (a+b-)+(a+b+) i s r e selezionando per b+ (a+b+) v i x 100% freq. di cotrasduzione = n (a-b+)+(a+b+) U donatore a+b+ x a+ba-b+ a+b+ ” o ricevente a-b- La trasduzione specializzata ” o i B l i t rlo n Alcuni batteriofagi, una volta entrati e nell’ospite, possono seguire a g C due strade alternative. Come descritto, possono procedere con il r “ e entrare i classico ciclo litico. Oppure possono in un ciclo detto o P n i lisogenico (o lisogeno); in questo caso si parla di fagi temperati o o b t sonor dei fagi quiescenti che profagi. I fagi temperati r U e i sopravvivono nell’ospite attraverso le generazioni cellulari senza b d o lisarlo, e sfruttano la replicazione del DNA batterico per la loro R tà i stessa replicazione e sopravvivenza. La quiescenza avviene grazie s r ad un sistema di econtrollo genetico che impedisce al fago di v litico finché non si verificano determinate innescare il ciclo i n condizioni. In U questo modo il fago può sopravvivere senza nuocere all’ospite, in teoria indefinitamente. Il ciclo lisogenico del profago l i B l i t rlo n e Ca Il profago l si può integrare con un g r “ di singolo crossing over a livello del “sito e i o P attacco di lambda” tra i geni gal e bio. in o rb t r U e i b d o R tà i s r e v i n U ” o Meccanismo della trasduzione specializzata ” o i B l i t rlo n e Ca g r “ e i P ino o rb t r U e i b d o R tà i s r e v i n U NB: nella testa del fago restano ANCHE i geni fagici! Riassumendo… i B l i t rlo n e Ca g r “ e i P ino o rb t r U e i b d o R tà i s r e v i n U ” o Gli eterozigoti i B l i t rlo n e Ca g r “ e i P ino o rb t r U e i b d o R tà i s r e v i n U Un organismo eterozigote doppio rispetto a due mutazioni può essere cis o trans eterozigote rispetto ad esse. Se le due mutazioni sono sullo stesso cromosoma, allora si dice che esse sono in cis. Altrimenti sono in trans. In generale, tutti gli elementi genetici che si trovano sulla stessa molecola di DNA sono in cis tra loro. ” o Le mutazioni in cis Le due mutazioni possono essere intrageniche o intergeniche! i B l i t rlo n e Ca g r “ e i P ino o rb t r U e i b d o R tà i s r e v i n U ” o Le mutazioni in trans i B l i t rlo n e Ca g r “ e i P ino o rb t r Le mutazioni in U e i b trans possono d o R tà NON dare i fenotipo s r selvatico! e v i n U ” o I fenotipi dei fagi ” o I fenotipi fagici possono essere riconosciuti per la forma e/o le dimensioni delle placche di lisi, e per la specificità d’ospite (ceppo batterico che un fago è in grado di lisare). i B l i t rlo n e Ca g Marcatori del fago T2: r “ e i o h+ lisa il ceppo B di E. coli ma non P il ceppoB/2 n i o b t h lisa sia il ceppo B che il B/2 r r U e i b r+ forma placche piccole con margini indistinti d o R à t r forma placche grandi con margini netti i s r su uno strato misto di cellule B e B/2 Quando i fagi h+ crescono e v formano placche itorbide perché lisano solo i batteri B, mentre i n batteri B/2 U crescono nelle placche provocandone la torbidità. I fagi h formano invece placche chiare. I fenotipi dei fagi Esistono alleli mutanti del gene r detti rII. i B l i t rlo n e Ca g r “ e i P ino o rb t r U e i b d o R tà i s r e v i n U ” o L’incrocio tra fagi i B l i t rlo n e Ca Per incrociare tra loro g r dei fagi (organismi “ e i aploidi, riproduzione P ino o rb non sessuata) di t genotipo diverso si può er U i b coinfettare un batterio d o R tà ospite usando opportune concentrazioni dei si r tre organismi. I DNA e v i fagici nel batterio n U possono eventualmente ricombinare tra loro. ” o Mappatura dei geni fagici ” o i B l i t rlo n Frequenza e di a g C r ricombinazione “ e o i traPh ed rin o rb t r U e i b d o R tà i s placcher (h+r+) + (h-r- ) x 100 e v i placche totali n U La complementazione nei fagi ” o Esistono tanti ceppi mutanti di fagi di tipo rII; per vedere se questi appartengono tutti allo stesso locus genetico si esegue un test di complementazione. i B l i t rlo n e conCmargini a netti; sono in g I fagi mutanti rII producono placche grandi r “ e grado di lisare il ceppo B di E. coli ma non il ceppo K(l). i o P in oplaccherbpiccole con margini irregolari; I fagi selvatici rII+ producono t sono in grado di lisare siaeilrceppo BU di E. coli che il ceppo K(l). i b o àd Per fare il test diRcomplementazione tra due fagi mutanti rII (es. t rII e rII ) si fa una doppia infezione (o infezione mista) su K(l) e si i soppure no. r verifica se avviene la lisi e v i mutanti vengono piastrati ad alta molteplicità di I fagi dei due ceppi n Uad un concentrazione elevata in modo che i batteri infezione, cioè 1 2 vengano infettati allo stesso tempo da entrambi i tipi fagici mutanti. I risultati di una doppia infezione o” i B l i t rlo n e Ca g r “ e i P ino o rb t r U e i b d o R tà i s r e v i n U Se si ha la lisi delle cellule K(l) vuol dire che le mutazioni sono a carico di geni diversi e pertanto complementano. Se non si osserva lisi le mutazioni sono a carico dello stesso gene e di conseguenza non complementano. Nella complementazione i genotipi della progenie fagica rimangono mutanti come quelli dei genitori. Avviene solo un mescolamento di prodotti genici. Viceversa, nella ricombinazione i genotipi della progenie sono diversi da quelli dei genitori. i B l i t rlo n e Ca g r “ e i P ino o rb t r U e i b d o R tà i s r e v i n U ” o Analisi genetica della progenie fagica o” i B l i La progenie fagica si piastra su o t l n r e a g “C r E.coli B e E.colio K(l) i P in o rb t Complementazione r U e i b d o R tà i s Ricombinazione r e v i n U La frequenza di ricombinazione è di solito molto tutti i fagi formano placche (titolo elevato) non si osserva formazione di placche tutti i fagi formano placche (titolo molto basso) formano placche la metà dei fagi (i selvatici) che lisano B. I doppi mutanti non formano placche bassa e non interferisce con la complementazione. Il cistrone i B l i t rlo n e Ca g r “ e i P ino o rb t r U e i b d o R tà i s r e v i n U ” o Mediante il test di trans cis complementazione + m1 m1 m2 è possibile definire + m2 + + il gene come unità complementazione di funzione. Un complementazione gene o cistrone è la cis regione genetica trans m1 + + + m1 m2 all’interno della + + + m2 + quale non c’è + complementazione assenza di complementazione tra mutazioni. Il complementazione cistrone è l’unità di funzione. Il cistrone prende il nome dal test di complementazione che si chiama test cis-trans. La struttura fine del geneo” - 1 i B lavorando l i Negli anni ‘40 Edward B. Lewis, t rlo n del acromosoma 2 di sul locus Star e g controlla C Drosophila r(che le dimensioni “ e trovòoche su 57.000 individui i dell’occhio) P n S (Star, dominante) per i natiodall’incrocio b t r r ast (asteroid, recessivo, anch’esso con U e occhioi ridotto) solo 16 avevano occhi b d o normali R tà (quindi con genotipo +/+). La i spiegazione più semplice era che fosse s r avvenuta ricombinazione tra mutazioni in e v siti diversi dello stesso gene. S ed ast i n furono chiamati pseudoalleli. U La struttura fine del gene - 2 ” o i B l i o t lozenge l Nel 1940 Oliver lavorava sul gene (lz) sul n r e lz/lz a hanno occhi cromosoma X di Drosophila (gli individui g C r “ con superficie lucida e liscia). Isolò molti alleli lz che e i o lz lz ) ed in eterozigosi mappavano allo stesso locusP(lz lz in oReincrociando b t davano fenotipo mutante. eterozigoti per due r r U e diversi alleli lz si ottenevano selvatici, a bassa frequenza. i b d o Anche in questo caso si suppose che avvenisse R tà del gene lozenge e gli alleli lz ricombinazione all’interno i s furono chiamati rpseudoalleli. Usando la frequenza dei e ricombinanti selvatici si poteva costruire una mappa delle v i mutazioni lznall’interno del locus lozenge. U BS K l g Seymour Benzer ” o Benzer negli anni ‘50 utilizzò un sistema molto sensibile per mettere in evidenza la ricombinazione intragenica nel fago T4 e costruì una mappa genetica dettagliata di siti all’interno del gene rII. La sensibilità del sistema adottato era data dal fatto che i fagi producono progenie i B l i t rlo n e Ca g r “ e i P ino omolto numerosa, b t per cui era possibile r rII rII r U e mettere in evidenza eventi di i b assenza di placche d o ricombinazione estremamente rari come lisi piccole R à margini t quelli che si verificano all’interno di un i irregolaris singolo gene. Egli isolò circa 3.000 r placche placche e mutanti rII e li saggiò a coppie, tramite v grandi piccole i n margini margini doppie infezioni, per vedere se erano U netti irregolari allelici o no. + K(l) B rIIA ed rIIB ” o i B l i t rlo n e Ca tra loro ma g I mutanti del cistrone A non complementavano r “ e complementavano con tutti i mutanti del cistrone B. I mutanti del i o P n cistrone B non complementavano tra loro ima complementavano con tutti o b i mutanti del cistrone A. r Iltnumero rdei mutanti assegnati a ciascun U e cistrone risultò più o meno lo stesso (circa 1.500). i b d o fece doppie infezioni con R tà Benzer coppie di mutanti r I I (tutti i s appartenenti allo stesso cistrone) r e v sul ceppo B ed il lisato fagico i n ottenuto lo piastrò U sul ceppo K(l) (sul quale potevano crescere solo i Dai dati di complementazione Benzer capì che le mutazioni rII mappavano in due unità di funzione, che chiamò cistrone A e cistrone B. ricombinanti selvatici) ed ottenne ricombinanti selvatici che si erano originati da ricombinazione intragenica. La metodologia I dati di Benzer confermarono ciò che avevano intuito Lewis e Oliver, cioè che la ricombinazione può avvenire anche tra siti all’ interno del gene stesso. Questi siti furono all’epoca chiamati reconi. i B l i t rlo n e Ca g r “ e i P ino o rb t r U e i b d o R tà i s r e v i n U frequenza di ricombinanti rII+ x2 ricombinazione = totale progenie tra due alleli (numero di placche presenti sul ceppo B) ” o I risultati ottenuti ” o i B piastrando l i Per ciascun incrocio Benzer faceva un controllo o t l n singolarmente i fagi di partenza (mutanti) sulr ceppo B e poi e a g trasferendo il lisato su K(l). In questo modo“era possibile calcolare C r etutti iocasi si vide che essa era i la frequenza di retromutazione. In P n i trascurabile rispetto alla frequenza di ricombinazione. o rb t Benzer non osservò mai frequenze di ricombinazione inferiori allo r U e i in grado di mettere in evidenza 0,01% anche se il suobsistema era d o frequenze di ricombinazione dello R tà 0,0001%. Ciò suggeriva l’esistenza di un limite fisico ali di sotto del quale non può avvenire s r ricombinazione. e v Successivamente isi capì che la più piccola unità di ricombinazione n (il recone) coincide U con la singola coppia nucleotidica. Risultati strani ” o i B l i o t Benzer notò che l n r coppie di e alcune a g “mutanti C r rII analizzati e i P ino non davano mai luogo o rb né a reversione t r (retromutazione) né a U e i b ricombinazione. Quali d o R tà tipi di mutazioni i possono dare questi s r risultati? e v i n U complementazione ricombinazione intragenica retromutazione + assenza di placche Le delezioni ” o i l BenzerBipotizzò che i t sirpotesse lo trattare n e Cadi delezioni. Queste g r “ e infatti non possono i o P in ricombinare con muo rb t tazioni puntiformi r U e sovrapposte. i b d o Benzer mappò le delezioni R tà incrociandole tra loro: se i s r dall’incrocio tra due diverse e v delezioni non si ottengono i n ricombinanti selvatici, allora U esse si sovrappongono. Due delezioni NON sovrapposte possono invece ricombinare ” o i B l i t rlo n e Ca g r “ e i P ino o rb t r U e i b d o R tà i s r e v i n U Le delezioni scoperte da Benzer i B l i t rlo n e Ca g r “ e i P ino o rb t r U e i b d o R tà i s r e v i n U ” o La mappa per delezione Benzer mappò le delezioni tra loro e poi le utilizzò per mappare più velocemente tutte le mutazioni puntiformi della regione rII tramite test di complementazione a due a due. i B l i t rlo n e Ca g r “ e i P ino o rb t r U e i b d o R tà i s r e v i n U ” o La tecnica genetica ” o i B per esempio l i Come si mappa un mutante utilizzando le delezioni? Siano t rlo n Esse definiscono tre aree del D1 e D2 due delezioni del gene rIIA. e a g C gene, che chiameremo i, ii, iii. r “ eSe unaomutazione dà ricombinanti i P in o rselvatici solo se incrociata con b t r D2, allora risulterà localizzata U e i b nella regione i. m m o md R tà i Se una mutazione non dà ricombinanti selvatici né con D1 né con D2, s r nella regione ii. allora risulterà localizzata e v i Se una mutazione dà ricombinanti selvatici solo se incrociata con D1, n Ulocalizzata nella regione iii. allora risulterà La mappa fine dei loci rII - 1 ” o i B l i Benzer utilizzò deficienze sempre più piccoleted infine incrociò in tutti o l n r segmento per i modi possibili i mutanti puntiformi interni ad unoastesso e g C r costruire una mappa genetica dettagliata. “ e o i P intra loro non davano ricomSe due mutazioni puntiformi incrociate oesse erano b binanti selvatici significava che a carico dello stesso sito. t r r U e Benzer notò che i siti non erano itutti uguali rispetto alla suscettibilità b d o alla mutazione. In molti casi si R tà aveva una sola mutazione per sito, ma in alcuni casi se ne avevanoi molte. I siti maggiormente mutabili furono s r caldi). chiamati hot spots (punti e v i Gli hot spots si mettono in evidenza anche trattando con mutageni. n U La mappa fine dei loci rII - 2 i B l i t rlo n e Ca g r “ e i P ino o rb t r U e i b d o R tà i s r e v i n U ” o Conclusioni ” o i B l i t rlo n e Ca g r “ e L’analisi della struttura finei del gene ha dimostrato che o P n i ciascun gene è costituito da una serie lineare di subo b t r r elementi o siti che possono essere alterati dalle mutazioni U e i b e possono essere separati dalla ricombinazione. d o R tà che ciascun sito consiste in una Successivamente si vide i s della doppia elica del DNA. singola coppia di basi r e v i n U