EMOSTASI E COAGULAZIONE Dott.ssa Livia Manzella Dipartimento di Bio-Medicina Clinica e Molecolare Università di Catania EMOSTASI E COAGULAZIONE Il processo emostatico comprende una serie di reazioni biochimiche e cellulari sequenziali finalizzate al mantenimento dell’integrità dei vasi sanguigni. Infatti, negli individui normali, questo processo avviene solo al livello della lesione per scongiurare il verificarsi di fenomeni trombotici. L’emostasi comprende 4 processi che sono strettamente collegati tra loro: 1. La fase vascolare; 2. Adesione ed aggregazione delle piastrine nel sito del danno con la formazione del tappo emostatico; 3. Coagulazione del sangue; 4. Fibrinolisi. FASE VASCOLARE Il sistema vascolare interviene nell’emostasi con 2 meccanismi principali: 1. la vasocostrizione che è la prima reazione dell’organismo all’evento emorragico e consiste nella costrizione della muscolatura liscia vasale. 2. Sintesi di sostanze attive nel processo coagulativo come: la prostaciclina, l’attivatore tissutale del plasminogeno (tPA), il fattore von Willebrand proteina implicata nella adesione tra le piastrine e tra queste ed il subendotelio e nella formazione del tappo emostatico. Tale proteina, è sintetizzata come un precursore di 220.000 Da dal quale viene rimosso un peptide con la formazione di una molecola di 200.000 Da detta protomero. Questi si legano con legami disolfuro e formano dimeri, tetrameri e multimeri. FASE PIASTRINICA La principale funzione delle piastrine è quella di aderire sul sito della lesione dove si attivano e rilasciare sostanze che determinano la riparazione del danno per impedire ulteriori sanguinamenti. Il fattore VWF, secreto dall’endotelio, stimola l’adesione delle piastrine che si attivano e rilasciano Acido Arachidonico che trasformatosi in trombossano induce l’aggregazione piastrinica. Un altro potente induttore dell’aggregazione piastrinica è l’ADP. ATTIVAZIONE PIASTRINICA Il principale meccanismo di attivazione prevede l’attivazione della fosfolipasi C. Questa idrolizza il fosfatidil inositolo bifosfato PIP2 della membrana plasmatica in Diacilglicerolo (DAG) ed inositolo bifosfato (IP2) che viene poi fosforilato in IP3. Il DAG attiva la PKC che favorisce le secrezione dei granuli intra piastrinici. L’IP3 determina un aumento del Ca++ intracellulare che si lega alla calmodulina e determina la fosforilazione della miosina. Si attiva cosi’ il sistema actina-miosina piastrinico, le piastrine cambiano forma e il complesso glicoproteico GPIIb/IIIa (integrina) si lega con il fibrinogeno, la fibronectina e la vitronectina. AGGREGAZIONE PIASTRINICA L’aumento del Calcio intracellulare, attiva anche la fosfolipasi A2 che rilascia l’Acido Arachidonico dai fosfolipidi di membrana. Questo all’interno delle piastrine viene ossidato dalla ciclossigenasi (COX) e dalla lipossigenasi. La COX porta alla formazione della prostaglandina G2 (questa tappa viene inibita dall’aspirina). La PGG2 viene poi ridotta in PGH2 precursore del trombossano, induttore dell’aggregazione piastrinica. FASE COAGULATIVA Questa fase e la conseguente formazione di fibrina nei vasi lesi, svolge un ruolo fondamentale nel processo emostatico consolidando il tappo emostatico primario e contribuendo alla riparazione dei tessuti lesi. I fattori della coagulazione, sono presenti nel sangue come precursori inattivi. FASE COAGULATIVA Le proteine della coagulazione vengono suddivise in 3 gruppi: 1. Fattori XI e XII Precallicreina ed i chininogeni ad alto peso molecolare (HMWK). Queste proteine si legano a superfici a carica elettrica negativa (vetro, caolino etc.). 2. Fattori Vitamina K dipendenti: Protrombina Fatt. VII Fatt. IX Fatt. X Fatt. XIII 3. Proteine accessorie: Fatt.VIII, Fatt. V. Vengono attivati dalla trombina. VIE DELLA COAGULAZIONE La coagulazione può essere iniziata attraverso 2 meccanismi fondamentali conosciuti come via intrinseca ed estrinseca proseguendo in una via comune. La via intrinseca viene attivata quando il sangue viene a contatto con superfici a carica negativa (es. collagene). La via estrinseca viene invece attivata in seguito a danno tissutale, dalla liberazione della tromboplastina che interagisce con il fattore VIIa in presenza di calcio forma il fattore Xa. Tutte e due le vie portano all’attivazione del fattore Xa che interagendo con il fattore V, ioni calcio e fosfolipidi piastrinici, porta alla formazione della protrombinasi che attiva la protrombina (fatt. II) in trombina che a sua volta attiva il fibrinogeno in fibrina che viene poi stabilizzata dal fattore XIII. VIE DELLA COAGULAZIONE Numerazione I II III IV V VI VII VIII IX X XI XII XIII Denominazione Forma attivata Fibrinogeno Fibrina Tipo di composto Proteina Protrombina Trombina Serina proteasi Fattore tissutale Cofattore Calcio[1] Elemento chimico Proaccelerina Cofattore Accelerina[2] Proconvertina Convertina Serina proteasi Fattore antiemofilico A Cofattore Fattore di Christmas Serina proteasi Fattore di Stuart Serina proteasi Serina proteasi Fattore di Hageman Serina proteasi Fattore stabilizzante la fibrina Enzima Numerazione I II III IV V VI VII VIII IX X XI XII XIII Denominazione Fibrinogeno Via comune Protrombina comune Fattore tissutale estrinseca Calcio[1] comune Proaccelerina comune Accelerina[2] comune Proconvertina comune Fattore antiemofilico A intrinseca Fattore di Christmas intrinseca Fattore di Stuart comune intrinseca Fattore di Hageman intrinseca Fattore stabilizzante la fibrina comune FASE FIBRINOLITICA: FIBRINOLISI L’enzima cardine della fibrinolisi è la plasmina che si forma a partire dal plasminogeno ad opera del tPA, attivatore tissutale del plasminogeno. La plasmina degrada il fibrinogeno e la fibrina. L’azione della plasmina sul fibrinogeno e fibrina origina una serie di prodotti di degradazione: il Dimero D che deriva dalla lisi della fibrina, ed il frammento FDP caratteristico della lisi del fibrinogeno. MALATTIE DELL’EMOSTASI PRIMARIA Malattie emorragiche, nelle quali la principale causa di sanguinamento è presumibilmente un’anomalia dei vasi e dei tessuti: 1.Porpore vascolari autoimmuni (porpore allergiche, porpora vascolare indotta da farmaci, porpora fulminante); 2.Infezioni (batteriche, virali,da protozoi); 3.Malformazioni strutturali (teleangectasia emorragica ereditaria, malattie ereditarie ed acquisite del tessuto connettivo); 4.Varie (porpora associata a malattie cutanee,emocromatosi, amiloidosi) Disfunzioni piastriniche 1. Difetti ereditari (Malattia di von Willebrand, tromboastenia di Glanzmann, etc); 2. Difetti acquisiti (trombocitopenia, etc.) MALATTIE EREDITARIE DELLA COAGULAZIONE: EMOFILIA Emofilia: è una malattia ereditaria recessiva umana comportante una grave insufficienza nella coagulazione del sangue dovuta alla mancanza, totale o parziale, del "fattore VIII" (emofilia A), o del "fattore IX" (emofilia B o malattia di Christmas), proteine presenti nel plasma. Più rara è l'emofilia C, data dalla mancanza totale o parziale del "fattore XI". L'emofilia colpisce quasi esclusivamente i maschi. Le poche donne affette sono frutto di un padre emofilico e una madre portatrice, oppure di mutazioni geniche. La trasmissione dell'emofilia è spiegabile ammettendo che i geni per i fattori VIII , IX ed XI si trovino sul cromosoma X. Altre malattie: deficit fattore: VII, X, XI, XII, XIII, protrombina MECCANISMI DI CONTROLLO DELLA COAGULAZIONE: GLI INIBITORI FISIOLOGICI Affinchè non si abbia l’estensione del coagulo al sistema vascolare, esistono degli inibitori fisiologici ad attività antiproteasica: proteina C anticoagulante, proteina S, antitrombina ed il cofattore eparinico II. Proteina C inibisce fattore Va e VIIIa. Antitrombina e cofattore eparinico II inattivano la trombina. TROMBOFILIE CONGENITE Sono delle malattie autosomiche dominanti caratterizzate da episodi di trombosi venosa in età giovanile 45-50 aa che tendono a recidivare. E’ spesso presente una storia familiare. Sono causate da mutazioni al livello delle proteine inibitrici dell’emostasi: proteina C, proteina S e del fattore V e della protrombina che diventano resistenti alla proteina C. Iperomocisteinemia causa di tromboembolismo venoso ed arterioso. L'iperomocisteinemia è un sintomo di alcune patologie, ereditarie e non, e di stili di vita errati: •omocistinuria (malattia metabolica dovuta a deficit dell'enzima cistationina-β-sintetasi); •carenza di folati, vitamina B12 o vitamina B6; •tabagismo:; •eccessivo consumo di caffè e di bevande alcoliche, ridotta attività fisica; •esposizione cronica all'inquinamento atmosferico, specialmente al particolato; •La mutazione MTHFR (metilentetraidrofolato-reduttasi). Si tratta di una mutazione piuttosto frequente. La mutazione (o, meglio, il polimorfismo) più comune è C677T; •In presenza di varie malattie si può registrare iperomocisteinemia, in particolare in caso di ipotiroidismo, psoriasi, lupus eritematoso sistemico, artrite reumatoide. I TESTS DI BASE DELL’EMOSTASI Sono test funzionali in cui si valuta il sistema della formazione della fibrina. Test del tempo di protrombina secondo Quick (PT) Test della Tromboplastina parziale attivata (aPTT) Test per la determinazione della Fibrinogenemia Test del D-Dimero TEMPO DI PROTROMBINA (PT) Questo test viene utilizzato per verificare il funzionamento del meccanismo della fibrinoformazione secondo la via estrinseca ed il reagente starter è costituito dalla stessa tromboplastina. Il test si esegue su campioni di plasma. Il tempo normale è compreso tra i 12-16 sec. Il test PT può essere espresso in percentuale assumendo che nei soggetti normali dopo 14 sec si ha il 100% di formazione di fibrina. Il Pt è un esame utile per lo screening di disturbi della coagulazione in varie condizioni acquisite: carenza di vitamina K, epatopatie, CID. Il PT viene anche impiegato per controllare la terapia con anticoagulanti cumarinici. TEMPO DI PROTROMBINA (PT) Poichè i valori del PT, dipendono dalla tromboplastina utilizzata nei diversi laboratori, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha introdotto l’INR (International Normalised Ratio), un indice oggi accettato universalmente per il monitoraggio della coagulazione. Più precisamente, l’INR è il rapporto tra il tempo di protrombina determinato in quel paziente rispetto al controllo elevato all’indice di sensibilità internazionale ISI (International Sensitivity Index). INR = ( PTpaziente (sec) / PT controllo(sec) )ISI In questo modo si ottiene un valore numerico indice della coagulazione estrinseca e comune, uniforme anche tra laboratori che usano reagenti differenti. INR Tromboplastina parziale attivata (aPTT) Questo test valuta la il sistema di fibrinoformazione secondo la via intrinseca. Reagente starter: caolino o reagenti a carica negativa. Valori normali 25-40 sec. L’esame viene solitamente eseguito nell’ambito di FIBRINOGENEMIA (FBR) Il plasma citrato viene ricalcificato e messo a reagire con la trombina bovina che ha le stesse capacità di quella umana nell’indurre la fibrinoformazione. Il tempo di formazione del coagulo è inversamernte proporzionale alla concentrazione di fibrinogeno. Valori normali: 130-450 mg/ml. Valori aumentano: processi infiammmatori, neoplasie, gravidanza. Diminuiscono: in corso di trombolisi, nella iperfibrinolisi, in patologie epatiche. TEST PER IL D-DIMERO L’attività fibrinolitica viene misurata con il test del Ddimero. Il plasma è aggiunto a delle particelle di lattice ricoperte da anticorpi che reagiscono con derivati della fibrina che contegono il D-dimero. Il test è quindi specifico per i prodotti di degradazione della fibrina. Il plasma delle persone normali darà un test negativo (< 0,25 µg/ml di D-dimero). La presenza di agglutinazioni indica la presenza di prodotti di degradazione della fibrina. TEST PER IL D-DIMERO Un risultato del D-dimero superiore all’intervallo di riferimento indica la presenza di prodotti di degradazione della fibrina nel sangue in eccesso. Esso riflette pertanto un'elevata formazione e degradazione di coaguli (trombi) nei vasi, senza fornire però indicazioni specifiche sulla sede o sulla causa. Valori elevati di D-dimero possono riflettere la presenza di tromboembolismo venoso o CID, ma possono essere anche secondari ad interventi chirurgici, traumi o infezioni. Concentrazioni elevate si riscontrano frequentemente in gravidanza ed in pazienti con gravi malattie del fegato, eclampsia ed altri problemi ostetrici, patologie cardiache e neoplasie.