La pasticceria La televisione Gli chef Ritorna il piacere dei dolci fatti in casa L’abbuffata di trasmissioni e show culinari brucia l’audience “Valorizziamo i prodotti del territorio a chilometro 0” A PAGINA 6 COMAZZI A PAGINA 15 ALLE PAGINE 12 e 13 FamigliaCIBO & ESTATE/AUTUNNO 2015 TUTTO CIÒ CHE VI RIGUARDA L’evento Il menu più grande del mondo all’Expo La tendenza Hotel su misura per vegani e vegetariani PAGINA 6 9 PAGINE 10 e 11 La cucina del terzo millennio ROCCHI BALBI ALLE PAGINE 2 e 3 2 CIBO Le cucine. Funzionalità,comodità e un design quasi esclusivo. Il locale più frequentato della casa ha rivalutato l’esigenza di avere confortevoli spazi di aggregazione. Anche a costo di“invadere”il salotto La cucina evade dalle quattro mura in cui è vissuta Il glossario L’ISOLA Mobile d’arredo per la cucina che viene posizionato senza alcun appoggio a parete, può essere dotato di elettrodomestici, piano cottura o lavello LA PENISOLA Base o piano bifacciale e sporgente da altri mobili o parete, può essere adattabile a tavolo o zona cottura, anche con mensole sospese a soffitto IL FILO TOP Lavello o piano cottura che, una volta incassato, si allinea in altezza al piano lavoro cucine, senza dislivello. Bello da vedere, ma non esente da imperfezioni IL MASSELLO Legno allo stato puro, naturale al 100%, che normalmente nelle cucine viene usato solo nei telai delle ante classiche, profili dei piani, cornici e simili IL CORIAN Materiale sintetico (triidrato e resina), ha rivoluzionato il mercato dei piani cucina, con gli stessi pregi dei piani in pietra, resistente al calore, alla luce, agli urti L’INCASSO Termine riferito agli elettrodomestici predisposti per essere inseriti nei mobili. Tutti i produttori di cucine ed elettrodomestici adottano le stesse misure OPEN SPACE Il locale cucina del terzo millennio assume sempre più le dimensioni di un open space, un vasto spazio aperto che si trasforma in living room Il“tinello”del terzo millennio è più ricercato nei materiali e sa diventare una zona living EZIO ROCCHI BALBI F unzionalità, comodità e un design quasi esclusivo. Forse l’ordine d’importanza non è questo, ma questi sono i requisiti principali oggi richiesti al “locale” cucina, che sempre più spesso evade dalle quattro mura in cui è sempre vissuta, intersecandosi con la zona living. E senza perdere - anzi, ha rivalutato - l’esigenza di avere un luogo sempre più di aggregazione, uno spazio in cui riunire famiglia e amici per vivere insieme i momenti dei pasti in armonia, comfort e benessere. Insomma, se non il più vissuto, uno degli spazi più abitati di tutta la casa. “La cucina fa ambiente, fa gruppo; e una cucina efficiente deve possedere precise qualità: funzionalità, comodità e un design di gran classe - spiega Maristella Giudici, architetto d’interni dello showroom Il Piccolo di Lugano -. E forse è meglio che non ci sia una vera e propria tendenza nello stile, visto che è richiesta sia nel modello lineare, a elle, con isola o penisola. Al di là della composizione, però, oggi c’è molta più ri- cerca dei materiali, della personalizzazione. Per i ripiani, quindi, si va dalla pietra all’acciaio, di design, ma forse non è il più pratico per lavorarci, fino al ‘corian’, materiale hi-tech in un mix di resine praticamente indistruttibile. Molta attenzione ai dettagli, e non solo nella scelta degli elettrodomestici da incastonare. Anche il forno, ad esempio, deve avere qualcosa di esclusivo come La Cornue che soddisfa sia l’estetica che la funzionalità; e chi prende un forno come questo è perché lo vuole usare, sarebbe uno spreco solo per bellezza”. Tutti d’accordo, comunque, sul fatto che anche particolari, strumenti e accessori, riuniti in un progetto coerente, contribuiscono a disegnare e realizzare una cucina in grado di offrire il miglior comfort ed efficienza, che si misurano spesso anche in termini di tecnologia. Non a caso, infatti, l’arredamento di cu- Uno spazio che va arredato con gusto ed eleganza, ma senza trasformarlo in locale da esposizione cina è quello che richiede il maggior apporto di un consulente in fase di progettazione. “Proprio perché è uno dei locali più vissuti ed è un ambiente destinato a durare a lungo c’è molta attenzione alla progettazione - conferma Diego Ricottone, architetto d’interni di Arredamenti Bernasconi a Mendrisio -. È curioso, comunque, notare che al di là delle mode il concetto di cucina non cambia, anche se oggi si tende ad ottenere il massimo della funzionalità, e anche i clienti di medioalto livello privilegiano materiali non impegnativi a favore di soluzioni a prova di usura e di danno. Per quanto belli si tendono ad escludere, quindi, i marmi, i graniti, le finiture di pregio ma delicate. Arredare sì questo spazio con gusto ed eleganza, ma senza trasformarlo in un locale da esposizione, vulnerabile alla prima macchia d’olio. Dopo il boom il concetto d’isola è un po’ superato, si bada più alla praticità è c’è una varietà d’offerta tale che si può creare un ambiente per vivere la quotidianità in totale libertà pur concedendosi alte prestazioni”. Tutti gli operatori specializzati del settore, in ogni ca- so, concordano sul fatto che il locale cucina è forse lo spazio più “studiato” e al quale si dedica la maggiore attenzione in ogni fase della progettazione. Se in un salotto, un living o una camera da letto il desiderio di sostituire un divano, un componente dell’arredamento, un letto può essere soddisfatto fosse solo per adeguarsi alle tendenze di moda - dopo pochi anni, la cucina (che comporta non pochi interventi, dal- CUCINA CON VISTA Luminosità e spazi aperti nel trend delle nuove cucine abbinate al salotto l’idraulico all’elettricista, allo stesso arredatore d’interni) è comunque destinata a durare, possibilmente integra e funzionale, a lungo. “Certo è il locale più impegnativo e quello destinato ad essere vissuto più a lungo, per questo è importante il momento della scelta che, senza trascurare gusto ed estetica, deve corrispondere alle esigenze di funzionalità, ma anche di comfort - spiega l’interior design di Salvioni Lugano, concessionario di alcune aziende del settore -. Non bisogna dimenticare, tra l’altro, che la cucina si sta trasformando in una zona giorno vera e propria. Il settanta per cento delle cucine trattate da noi, ad esempio, è allestito su una sola parete; nelle abitazioni di grandi dimensioni è un open space tutto a vista, abbinato al IL CAFFÈ Estate / Autunno 2015 3 L’architetto “Tutto deve essere‘a vista’ dai fornelli al piatto servito” Il nuovo ruolo della sala pranzo visto da Matteo Huber S econdo i sostenitori della disciplina Feng Shui, ausiliaria dell’architettura, esistono direzioni più propizie per le varie attività nella casa, nella vita, e nei viaggi, come anche la forma e il colore di mobili e oggetti hanno assonanze con i cinque elementi. L’architetto d’interni luganese Matteo Huber, che nei suoi progetti non trascura concetti cari al Feng Shui - anzi - per il locale cucina del terzo millennio non nasconde un po’ di delusione. “Certo che i principi Feng Shui possono essere applicati anche ad una cucina, ma la sensazione è che il locale, oggi come oggi, debba trasmettere un solo concetto: prosperità - dice l’architetto, membro della Gli arredi devono Federazione svizzera urba- essere spartani e di nisti e che ha design, che poi è la realizzato diversi edifici in stessa cosa: non è mai Svizzera, Spa- una scelta economica gna e Kazakistan -. Spesso ci si dimentica che ogni spazio dell’abitazione ha un ruolo primario, e quello della cucina è ‘mangiare’, meglio ancora se in compagnia. Invece vedo soluzioni, esteticamente e tecnologicamente bellissime, attrezzate di tutto punto con strumenti hi-tech, coltellerie professionali da far invidia a chef stellati... e che poi finiscono per ospitare molto meno ospiti di quanto si creda. A volte nessuno”. Per il 53enne architetto, invece, la cucina di oggi deve essere uno spazio votato alla convivialità, progettata in mo- L’analisi MARINO NIOLA Professore ordinario di Antropologia culturale all’Istituto Universitario S. Orsola di Napoli living. La cucina di oggi sa trasformarsi in angolo per la colazione, bar, per uno snack e, per il pranzo, ci si sposta nella zona living. Le soluzioni sono molteplici, inclusa l’isola a quattro lati o la penisola a tre. Quelli che sono scomparsi, invece, sono i pensili; sono anni che non sono più previsti nelle cucine di design”. È comunque vero che la scelta tra una cucina a vista sul soggiorno, separata o comunicante, dipende da vari fattori: dallo spazio a disposizione agli stili di vita, alle esigenze personali. Ma l’immagine della cucina luogo fondamentale di un’abitazione, nonostante le numerose mutazioni continua a riflettere il vivere quotidiano. Ospitale, bella, funzionale, open space, la cucina si trasforma in un ambiente in cui convivono estetica, tecnologia e comfort. FSPDDIJ!DBGGFDI 2!&[JP3PDDIJ#BMCJ L’ alimentazione umana non è semplice nutrimento. È scambio, condivisione e convivialità. È questa dimensione collettiva a trasformare individui isolati in una comunità. A renderli “compagni” nel vero senso della parola. Che deriva da cum e panis e indica coloro che condividono il pane. In questo senso l’atto del mangiare e del bere ha qualcosa di sacro, perché crea comunione. Non è un caso che Cristo nei Vangeli venga definito il pane della vita. Perché offre all’umanità il dono-perdono del suo corpo transustanziato in pane. Come recitano le parole dell’ultima Enciclica di Papa Francesco, il Signore “arriva a farsi mangiare dalla sua creatura”. E il fatto che la panificazione sia il risultato di una cooperazione, dunque un prodotto sociale per eccellenza, ne fa l’emblema ideale dell’umanità, che per sopravvivere ha bisogno dello scambio e della solidarietà. Ecco perché in tutta Europa, durante le feste comandate, i poveri ricevevano pagnotte in dono. Come segno di carità. E coloro che si macchiavano di delitti che mettevano in questione i fondamenti simbolici della comunità, come il parricidio o la profanazione delle tombe, venivano esclusi dal consumo del pane. Perché il loro comportamento da bestie feroci li aveva di fatto espulsi dal consorzio umano. Per una ragione analoga ai boia era proibito entrare nei forni. E come il pane, anche il vino era simbolo di scambio conviviale. Lo stesso taglio della bevanda fermentata, che i Greci non consumavano pura, ma diluita, era un emblema di quel blend di umanità diverse che è alla base dell’equilibrio sociale. E questa funzione socializzante del nettare di Bacco ha il suo paradigma nel simposio, reso celebre dall’omonimo dialogo di Platone, quando il simposiarca che giuda il convivio e modera la discussione stabilisce la giusta propor- do tale che oltre al locale anche pranzi e cene siano “vissuti” in tempo reale. “Il mio concetto di cucina è all’insegna dell’apertura - spiega Huber -, tutto deve essere a vista; aperto sia nell’uso, sia nella comunicazione delle persone. Il tavolo è abbinato al piano cucina, respira gli stessi profumi, gli stessi odori. Anche il cucinare deve essere a vista, un tutt’uno dai fornelli direttamente al piatto, quasi che cucina e il suo arredamento costituiscano un solo elemento, pratico e funzionale, senza rinunciare al comfort e alle asigenze estetiche”. Anche la luminosità gioca un ruolo importante nello spazio destinato al locale più frequentato della casa. “Non siamo più in tempi ottocenteschi, con una misera finestra sul tinello, una stanza da pranzo modesta, attigua o annessa alla cucina - aggiunge -. La cucina di oggi merita grandi vetrate, la stessa luminosità del living room che è sempre più un proseguimento della cucina stessa. E senza il falso problema degli odori; un buon progetto di ventilazione risolve la cosa”. Dove l’architetto ha idee particolari, invece, è nella scelta dell’arredamento, che deve essere essenziale e, paradossalmente, minimalista e di design. “Deve essere concettualmente spartano - conclude -. Ma essenzialmente penso che spartano e design siano la stessa cosa; quello che è certo è che non si tratta mai di una scelta economica”. e.r.b. I consigli LA LUMINOSITÀ Rispetto alle cucine tradizionali, con una sola finestra, le nuove cucine vengono progettate con grandi vetrate che assicurano un ambiente a luminosità diffusa IL PIANO COTTURA L’ambiente è reso più conviviale adottando il piano cottura abbinato direttamente, ad esempio con una penisola, al tavolo da pranzo L’APERTURA Tutti gli elementi principali della cucina devono essere “a vista”, un locale aperto sia nell’uso, nella comunicazione tra le persone L’ESSENZIALITÀ Evitare inutili fronzoli, come pensili che sono stati banditi dalle cucine di design, ormai più visivamente “spartane”, ma non per questo economiche È l’alimentazione a trasformarci in una comunità zione tra vino e acqua, oltre al numero di coppe che ciascun commensale deve bere. Del resto che il succo della vite sia simbolo di comunicazione e di comunione è provato da cerimoniali come i brindisi che scandiscono matrimoni, lauree o altre celebrazioni augurali. Non è un caso che i trattati di pace siano stati spesso siglati davanti a tavole imbandite e coppe traboccanti. Cose d’altri tempi si dirà. Perché oggi viviamo nell’era di homo dieteticus. E il cibo, da strumento di convivialità, rischia di ridursi a farmaco o a placebo salvavita. Da consumare in solitudine, proprio come si inghiotte una pillola. Viviamo un’autentica sindrome immunitaria che trasforma le farmacie in negozi di alimenti. Dimenticando che immunità è l’opposto di comunità. E che l’ossessione del contagio e quella del contatto sono due facce della stessa solitudine. Ma, in realtà, la geografia della convivialità divide ancora il Sud, d’Italia e d’Europa, dove la commensalità e l’ospitalità restano un valore essenziale, dal Nord dove spesso l’accanimento salutistico e l’efficientismo esasperato generano un vero e proprio autismo sociale. Contro il quale cominciamo, per fortuna, a sviluppare sani anticorpi collettivi. Gruppi d’acquisto solidali, circoli gastronomici, forme di gastronomia social, iniziative antispreco, comunità che scambiano lievito madre come si faceva una volta nei paesi contadini. Così per un verso la tradizione diventa un bene rifugio. Mentre dall’altro è la rete a rilanciare usi e costumi dal sapore arcaico. Che spopolano nella blogosfera, nei forum e nelle chat. In questo modo i due estremi della storia si toccano. La sobrietà forzata dei nonni si trasforma in abbondanza frugale dei nipotini. E forse in questa metamorfosi si intravede l’algoritmo del postconsumismo. L’avvento del neoconvivialismo. 4 CIBO La salute. Bombardati da informazioni sui benefici di questo o quell’alimento. Ma in realtà nessun cibo,da solo, è in grado di farci stare bene ANTONINO MICHIENZI S iamo bombardati da informazioni sui benefici di questo o quell’alimento. In realtà nessun cibo, da solo, è in grado di farci stare bene. La salute a tavola è questione di equilibrio. Per dimagrire? Basta fare incetta di ananas, mele, cavoli, cipolla. Per stare alla larga dal cancro invece niente di meglio che pomodori, soia, mirtillo, peperoncino, ginseng, banane e un mezzo bicchiere di succo di limone prima di colazione. Per guarire dall’incontinenza il succo di mirtillo è un toccasana. Mentre se si hanno problemi di erezione, si può evitare l’imbarazzo di un consulto medico consumando regolarmente caffè, vino con moderazione e carne di maiale. Per fuggire al triste destino di un cervello che perde colpi, invece, basta non dimenticare di mangiare cioccolato, mirtilli, noci, pesci ad alto contenuto di omega 3. Pensate a un qualunque problema di salute e non avrete difficoltà a trovare sul web uno o più alimenti in grado di risolverlo o prevenirlo. Niente medicine, niente dottori: soltanto un po’ di costanza nello scegliere il cibo giusto. Ma è veramente così? Purtroppo no. L’alimentazione è da sempre al centro dell’attenzione Salute da mangiare, perchè non esiste un’alimentazione ideale per tutti noi Anche l’assunzione di integratori non risolve il problema, visto che bisogna attingere da più fonti della ricerca. E più passa il tempo, più si comprende come sia in grado di contribuire anche in maniera determinante allo stato di salute. Quotidianamente, in tutto il mondo, migliaia di ricercatori cercano di capire gli effetti di questo o quell’alimento sull’organismo. Ma non esiste nessun alimento che, da solo, può cambiare le sorti di ciascuno di noi facendoci guarire quando siamo ammalati o creando le condizioni perchè le malattie non insor- gano. Le ragioni sono semplici: è vero che alcuni cibi contengono sostanze altamente benefiche, ma la quantità in essi contenuta è così piccola che non può avere un effetto terapeutico. Nè si può risolvere il problema assumendo grandi quantità di sostanze benefiche attraverso gli integratori, dal momento che per stare in salute occorre un equilibrio di centinaia di micronutrienti che si possono attingere solo da più fonti. Chi non ricorda la storia del cosiddetto “paradosso francese”? All’inizio degli anni Novanta del secolo scorso si osservò che gli abitanti del sud-ovest della Francia vivevano di più rispetto agli altri francesi e si ammalavano di meno di malattie cardiovascolari. Per quale ragione? Semplice: tutto merito del vino rosso, che in quelle aree si consuma in grandi quantità, si disse. Ne vennero fuori decine di studi che alla fine conclusero che i benefici del vino rosso erano dovuti alla presenza di sostanze an- tiossidanti, in particolare il resveratrolo. Su questa sostanza si è costruito un grande business globale e perfino il vino è stato proposto come elisir di lunga vita. Salvo scoprire poi che, no, bere vino rosso non allunga la vita. Anzi, esagerare può accorciarla e peggiorarla di molto. Ciò non significa, però, che le scelte alimentari siano ininfluenti. Tutt’altro. Ogni giorno la ricerca fornisce elementi utili a migliorare il modo in cui ci nu- IL CAFFÈ Estate / Autunno 2015 La ricerca Q uestione di gusti, si direbbe. Sbagliato, per essere esatti la scelta di un cibo piuttosto che un altro, è una questione di geni. Perché selezionare certi piatti è una “volontà” dettata da una predisposizione genetica. A questa conclusione è arrivata una equipe di studiosi dell’università di Cagliari e della Rutgers University del New Jersey, in Usa, e pubblicata dalla rivista scientifica internazionale Plos One. In pratica la ricerca ha scoperto che un individuo è geneticamente predisposto a scegliere determinati alimenti e a evitarne altri. C’è infatti chi predilige il riso sugli spaghetti, chi la carne sul pesce, chi il dolce rispetto al salato. Il pool di studiosi, coordinati dalla professoressa Iole Tomassini Bar- triamo. Per esempio, vista la sua crescente diffusione, uno degli argomenti più studiati degli ultimi anni è la dieta vegetariana. Molti studi hanno mostrato che l’adozione di questo stile alimentare è in grado di allungare la vita, riducendo soprattutto il rischio di cancro e malattie cardiovascolari. Tuttavia, perché ciò si verifichi è necessario che la dieta sia ben bilanciata, che contenga ciò tutti i nutrienti necessari a un corretto funzionamento dell’organismo. Cosa per niente semplice e che può richiedere l’aiuto di un nutrizionista per non correre il rischio di incorrere in carenze nutrizionali. Per converso, continuano gli atti di accusa alle proteine, specie quelle di origine animale. Inutile negarlo: la ricchezza economica che ha seguito il dopoguerra ha trasformato la carne, che era considerato un cibo nobile - e caro - utilizzato con parsimonia, in un compagno quotidiano. Ci siamo lasciati prendere la mano e ora la ricerca ci sta ricordando che consumare troppa carne aumenta il rischio di numerose malattie (specie tumori) e riduce drasticamente l’aspettativa di vita. Ma ciò non è vero per tutti: negli anziani, in particolare, è stato osservato che un maggiore contenuto di proteine sortisce l’effetto opposto, cioè fa vivere di più. Altra verità, dunque: non esiste un’alimentazione buona per tutti. L’età, il sesso, la presenza di malattie richiedono un costante adattamento di quel che mangiamo. Pur essendo ormai chiaro che, in linea generale, il regime alimentare che più si avvicina all’ideale è la vecchia dieta mediterranea. Vecchia perché - benché riconosciuta come Patrimonio culturale immateriale dell’umanità - è più un ricordo che un regime alimentare utilizzato ancora oggi. Giacché è stato sostituito o integrato da modelli provenienti da altre culture che l’hanno completamente snaturato. Al di là dell’etichetta, quel che distingue la dieta mediterranea dalla maggior parte degli altri regimi alimentari è che è costituita per la gran parte da cibi di origine vegetale (cereali, verdura, legumi, frutta), attinge poco ad alimenti di origine animale (preferendo quando possibile il pesce alla carne), prevede pochissimi dolci ed è condita da acidi grassi monoinsaturi (l’olio d’oliva). Piuttosto che cercare alimenti miracolosi basterebbe riscoprirla per stare più in salute. 5 La scelta dei piatti? Il gusto non c’entra, è questione di geni barossa, hanno dimostrato che nell’organismo umano esistono proteine salivari che interagendo con le sostanze chimiche degli alimenti, favoriscono la percezione gustativa. Questa sorta di “azione facilitante”, come è stata definita, dipende da specifici aminoacidi presenti nella sequenza di queste proteine. In questa descrizione scientifica c’è ben poco di quel tratto romantico che è alla base della cucina, una alchimia di accostamenti, una magia del gusto che trasmette emozioni un boccone dietro l’altro. Ma è così, dice la scienza. Perché poi, spiega ancora la ricerca, le proteine salivari con l’aminoacido Arginina orientano e regolano quella percezione gustativa che ci fa scegliere un piatto nel menù del ristorante o che ci fa acquistare un prodotto al mercato da cucinare poi a casa. Tutto sta nelle molecole della saliva che legandosi alle sostanze chimiche degli alimenti mettono un allarme ai siti recettori delle cellule gustative favorendo la gradevolezza di un cibo rispetto a un altro. Questa nuova scoperta potrebbe adesso aprire le frontiere nelle moderne “Food sciences”, hanno spiegato i ricercatori dell’equipe che ha pubblicato il lavoro su Plos One. “Una strategia - ha notato Barbarossa - per modificare selettivamente le risposte gustative e realizzare cibi che, combinando i valori edonistici con quelli dietetici, sono destinati a pazienti spesso costretti a menù punitivi e privi di gusto”. a.m. GLI EFFETTI BENEFICI Alcuni alimenti contengono sostanze altamente benefiche, ma la quantità in essi contenuta è così piccola che non può avere un effetto terapeutico Lo studio Da sapere Per restare in forma e fit non rinunciate alla pasta, ma eliminate lo zucchero RUCOLA PREZIOSA Contiene tantissima vitamina C e A, ha la capacità di stimolare il metabolismo, facilitando quindi la combustione del grasso corporeo Q ADATTARSI L’età, il sesso, la presenza di malattie richiedono un costante adattamento di quel che mangiamo uando il girovita è troppo largo, la reazione immediata è bandire dalla tavola fumanti piatti di pasta e fragranti panini. Con la complicità di stampa e trasmissioni televisive, i carboidrati da qualche tempo vengono demonizzati e le diete più in voga ne impongono una drastica riduzione. Ma sul banco degli imputati dovremmo farci salire anche i dolci. Non è solo una questione estetica, per non sfigurare in tutine e costumi e vestire alla moda. Ridurre i chili di troppo è soprattutto un toccasana per il corpo. Diabete, ipertensione, ictus, malattie cardiache, sono tutte patologie che rischiano con più probabilità di bussare alla porta se l’ago della bilancia non si ferma nella posizione corretta, senza contare che il sovrappeso è associato anche ad altre malattie su base infiammatoria se non addirittura neoplastica. E poi bisogna ammetterlo: da magri ci si guadagna in qualità della vita, si è più scattanti ed efficienti nelle attività di tutti i giorni. Ma bandire i carboidrati dalla tavola non sarebbe, però, la soluzione migliore. Sulla rivista Cell Metabolism, alcuni ricercatori statunitensi hanno confrontato per una settimana in 19 individui in sovrappeso l’effetto di due diete con le stesse calorie, ma una con un ridotto contenuto di carboidrati, l’altra di grassi. In un primo momento, tagliare pane e pasta sembrava la soluzione più efficace, provocava la perdita di mezzo chilo in più rispetto alla dieta con pochi grassi. Andando più a fondo, però, i ricercatori hanno rilevato che un’alimentazione con meno grassi batteva quella con meno carboidrati nella riduzione del grasso corporeo: 89 grammi contro 53grammi al dì. Ingurgitare meno pane e pasta riduce i livelli di insulina e aumenta il rilascio di grassi accumulati nei depositi corporei, ma accanto a questo ci sarebbe anche una perdita di acqua e il rischio che venga intaccata la massa proteica muscolare. In poche parole, i chili diminuiscono, ma la quantità di grasso corporeo che si perde non è poi così tanta, almeno non quanto quella che se ne va diminuendo i grassi nella dieta. “Il nostro studio dovrà essere confermato, ma mostra come la moda di eliminare i carboidrati non sia sempre avvalorata da dati scientifici, ci sono altre diete efficaci, senza contare che alcuni carboidrati come quelli dei cereali integrali sono preziosi alleati per la salute”, dichiara Kevin Hall, principale autore dell’indagine. Per chi soffre di grave obesità l’obiettivo principale è ridurre il grasso corporeo, ma se si vuole perdere peso l’importante resta ridurre le calorie nel modo che richiede meno sforzo e garantisca più costanza. “La dieta migliore è quella che si riesce a seguire a lungo conclude Hall - senza dimenticare di accompagnarla con un’adeguata attività fisica”. c.g. YOGURT E KEFIR SANI Ottimi nelle cure dimagranti. Saziano, regolarizzano digestione e intestino grazie ai fermenti lattici e hanno anche proprietà lassative SPEZIE ALLEATE Pepe e peperoncino, ricchissimi di vitamina C e capaci di accelerare il metabolismo consentendo all’organismo di bruciare i grassi più in fretta BACCHE, SALVIA, ZENZERO... Bacche di ginepro con proprietà diuretiche, salvia e rosmarino per la digestione e zenzero per rilassare e distendere l’intestino THÈ VERDE BRUCIAGRASSI Sostituto del caffè - ma meno irritante per lo stomaco e per il sistema nervoso - contiene teina e caffeina, scientificamente conosciute come sostanze bruciagrassi IL CAFFÈ Estate / Autunno 2015 6 CIBO La pasticceria. Sempre più giovani frequentano i corsi di cucina,mentre l’industria inonda il mercato di utensili d’ogni tipo e forma LEZIONI GOLOSE Luca Argentero, 37 anni, è il protagonista del film “Lezioni di cioccolato” Ritorna il sottile piacere dei dolci fatti in casa N on solo trasmissioni tv o film, come il delizioso “Lezioni di cioccolato”, con l’attore Luca Argentero. Non solo libri di cucina bestseller. Oltre ai media che sfornano ricette facili e veloci per diventare in poco tempo pasticceri esperti, crescono i blog che insegnano a preparare impasti, stampi e creme. E, soprattutto, si moltiplicano i corsi per chi vuol distinguersi nel preparare bigné, babà, cannoli, sfogliatelle e dolcetti vari. “C’è voglia di apprendere, di capire come si prepara un piatto buono e genuino, come un dolce di qualità. Imparando anche che ci vuole il giusto tempo per preparare una torta, che i prezzi degli artigiani sono più che giustificati”, spiega Giuseppe Piffaretti, consulente della società dei Mastri panettieri pasticceri confettieri. Fra i migliori, assieme a Tiziano Bonacina a livello europeo, insegna in vari corsi professionali, e in quelli “hobbistici” della Scuola club Migros, che propone una cinquantina di lezioni espressamente dedicate alla pasticceria. “La crescita dell’interesse per questi corsi è in parte dovuta all’effetto dei programmi tv - nota Piffaretti -, ma risponde anche ad un nuovo interesse, vedo spesso mamme con le figlie, casalinghe che vogliono migliorarsi”. Una tendenza del “fai da te” colta al volo dalle varie scuole, ma soprattutto dai produttori di elettrodomestici, che hanno inondato il mercato di attrezzature, formine per biscotti, utensili decorativi, pirofile monodosi per cuocere cupcake e muffin, tutto quello che serve per una pasticceria domestica. “Oltre ai tradizionali corsi di cucina, da tempo proponiamo incontri di una sola serata dedicati ai dolci. I pasticceri insegnano a piccoli gruppi quelle ricette che poi possono essere tranquillamente replicate in casa”, spiega Nicoletta Mongini, responsabile marketing della Scuola Migros. Corsi strapieni di Si insegna a piccoli gruppi quelle ricette semplici, facilmente replicabili con mezzi limitati in cucina Gli strumenti PIROTTINO Piccola pirofila in porcellana monouso, può essere anche ricavato da un foglio di carta da forno per alimenti con i bordi “a fisarmonica” come supporto per piccoli dolci CUPKAKE I cupcake sono dei dolcetti di origine statunitense, grandi proprio come una tazzina (cup) e sono l'ideale per accompagnare un buon thè, magari durante una golosa merenda MUFFIN I muffin sono dolcetti preparati con base di uova, latte, burro, zucchero, farina e lievito tipici del Regno Unito e degli Stati Uniti, molto simili ai plum cake, dolci fatti con le prugne GLI STAMPINI PER BISCOTTI Sono piccoli stampi in metallo o in plastica resistente, prodotti in moltissime forme (cuore, animali, fiori per preparare in poco tempo tantissimi biscotti dalle fogge più curiose e golose BROWNIES I brownies al cioccolato sono dolcetti quadrati americani molto ricchi e golosi, realizzati con cioccolato fondente e nocciole: una via di mezzo tra un biscotto e una torta dal cuore fondente casalinghe, ma anche di giovani. Partecipatissimi nei periodi invernali le lezioni dedicate ai biscotti di Natale. Impazza poi la decorazione delle torta, ormai 1VCCMJDJUË considerata una vera e propria arte in tutto il mondo. Corsi organizzati anche per gruppi di amici, o per societ Molte le aziende che, in questo modo, cercano nuove modalità per incrementare lo spirito di coesione dei dipendenti. “Ne abbiamo proposti anche in inglese espressamente richiesti da ditte Svizzere”, conferma Mongini, escludendo che le lezioni finiscano a torte in faccia. Insomma, torna la voglia del dolce fai da te, dell’orgoglio di presentare una bella torta cotta nel forno di casa. Non che diminuiscono i clienti delle pasticcerie classiche, nient’affatto, il pubblico dei golosi rimane ben saldo in Ticino. Piuttosto, cresce il numero di quanti mettono le “mani in pasta” per garantire quel clima familiare della cucina legata alla presenza di un dessert goloso. Sarà la crisi, la “voglia di casa”, fatto sta che sempre di più si libera la creatività e la fantasia nel preparare torte e biscotti. Non siamo ancora alle popolari gare di dolci, comuni tra le famiglie americane, ma non c'è dubbio che la passione per i fornelli è ritornata ad essere un valore aggiunto di cui far bella mostra in presenza di amici e parenti. Soprattutto per i piccoli assaggi. I corsi per adulti del cantone (Cpa) dedicati all’enogastronomia, che hanno registrato oltre mille partecipanti, hanno evidenziato la nuova moda dei “finger food”: letteralmente cibo da mangiare con le mani, piccole pietanze salate o dolci minuscoli. Tutti colorati, belli da vedere e da gustare. “C’è voglia di scoprire nuove modalità di presentazione del cibo, come appunto i finger food spiega Katiuscia Cremetti, responsabile Cpa –, pratiche ed efficaci per rinfreschi e buffet fatti in casa. Oltre che veloci da preparare e piacevoli alla vista”. Non solo. Anche con poca spesa, un aspetto da non sottovalutare. Finger food, ma anche truffes al cioccolato, torte fondenti, creme e budini colorati. Esistono anche corsi per imparare a sfornare dolci californiani, i “California Bakery”, addirittura conversando in inglese. Con un esito in bilico fra abilità culinaria e comprensione della lingua. c.m. Impazza la nuova moda dei ‘finger food’ piccoli dolciumi, belli e colorati da prendere solo con le dita IL CAFFÈ Estate / Autunno 2015 CIBO 7 L’enogastromomia. Alla più nobile delle bevande spetta il giusto ruolo enogastronomico e culturale che gli compete,anche nella versione ai fornelli I piatti UN RISOTTO AFRODISIACO La semplicità degli ingredienti esaltata dall’incisivo sapore dello Champagne per un primo piatto molto corposo, dal sapore avvolgente e dagli effetti afrodisiaci IL BRASATO AL VINO Un piatto impegnativo e ricco, meglio se unico e da proporre a mezzogiorno, anche perché richiede un ricco contorno, come patate e polenta SPINACI “IN BIANCO” Un contorno facile e veloce. Con gli spinaci surgelati basta far sciogliere il burro e insaporire la verdura dopo aver preparato la crema con farina, acqua e parmigiano Da solo o in salsa il vino lega con tutti In cucina Bacco è un ospite fisso nei calici e in pentola dà il meglio I n cucina Bacco è un ospite fisso, perché come è noto il vino è un grande partner per qualsiasi piatto. Quello che, invece, è forse un po’ sottovalutato è il suo ruolo di prezioso partner, alleato nella creazione di innumerevoli ricette. Vino da bere, vino da mangiare, insomma, nei calici ma anche nelle pentole. Naturalmente il vino tout court non rinuncia al suo ruolo di “capotavola”, e tutte le statistiche dimostrano che, nonostante il dilagare di fast e street food, cucine esotiche e alternative, il suo ruolo di leader di qualità non viene scalfito. Nemmeno dall’incalzare della birra che, bionda o rossa che sia, aumenterà pure i suoi consumi, Ti-Press ma nel salotto buono della gastronomia se entra lo fa dalla porta di servizio. È comunque vero, statisticamente, che il consumo procapite del nettare di Bacco ha subìto un ridimensionamento rispetto a mezzo secolo fa, ma è altrettanto vero che mai nessuna “dieta” è stata così salutare come quella imposta dal consumo limitato di bicchieri di vino. La tendenza, infatti, ha rispecchiato l’adagio “bere meno, bere meglio”, e anche se non ha trasformato tutti in sommelier la qualità del buon vino è stata premiata. È ormai raro vedere sulle tavole l’anonimo “bottiglione” anni Sessanta, se deve esserci vino che sia almeno con determinazione d’origine controllata, imbottigliato dal produttore o almeno di zona “tipica”. Senza nulla togliere, quindi, al nobile compito di soddisfare il palato col bicchiere, diamo al vino il giusto ruolo enogastronomico e culturale che gli compete anche nella versione ai fornelli. Un ruolo, quello del suo utilizzo come ingrediente di cucina, di cui - non a caso - si hanno notizie fin dai tempi più antichi per la preparazione di carni, pesci, zuppe, verdure e dolci. Sulle salse “vinose, ad esempio, si soffermava già Marco Gavio Apicio, gastronomo romano Il sommelier Sui sughetti “vinosi” si soffermava già Marco Gavio Apicio, gastronomo romano intorno all’anno 30 dopo Cristo “Non è un oltraggio, usate però i ‘buoni’ non certo i migliori” È I RICONOSCIMENTI Paolo Basso, 49 anni, al suo attivo ha numerosi e prestigiosi riconoscimenti Paolo Basso: “La vera sciagura è in pasticceria, dove viene utilizzato dell’alcol sintetico di origine incerta” intorno all’anno 30 dopo Cristo, autore di un famoso ricettario. E l’idea di usare il vino come ingrediente per la preparazione dei cibi non era certamente una novità neanche per gli antichi Romani; era già ben noto nelle ricette degli Etruschi. Da allora, difficile per un sommelier accettare l’idea che il vino sia un “ingrediente” di cucina. Lo è ancor di più per il campione del mondo dei sommelier, il ticinese Paolo Basso che pure non considera l’uso ai fornelli una bestemmia. “Certo, l’uso ideale del vino è, e resta, berlo, ma non è un oltraggio vederlo utilizato in cucina - commenta Basso, vincitore del titolo mondiale nel 2013 a Tokyo, dopo aver aver già conquistato il titolo a livello europeo . Va da sé che se viene usato, almeno che sia un buon vino, ma non usate i migliori per favore, quelli lasciateli al palato”. Il sommelier, comunque, riconosce che, proprio come nel suo uso principale, berlo, anche per il vino impiegato in cucina il concetto premiante è legato alla qualità. “Fortunatamente non si sente più la frase ‘questo vino è andato, ma non buttarlo via che lo uso per cucinare’ - dice -. Non si è mai capito, fattore economico a parte, come un cattivo vino potesse dare un buon contributo alla preparazione di una pietanza. Adesso non dico che si stappa un Doc per irrorare un risotto, ma la tendenza è comunque usare vini di buona qualità”. Lo stesso Basso, del resto, quando si cimenta ai fornelli non trascura certo il vino come ingrediente di cucina. “Ho una predilezione per i bianchi, naturalmente secchi con un buon apporto di acidità - confessa -. Li consiglio sia come liquido di cottura, anche per i risotti, per i soffritti e per sfumare. I rossi, invece, e non necessariamente corposi, li vedo solo per la selvaggina e obbligatoriamente per il salmì”. Quella che invece Basso vuole sfatare è la preoccupazione più frequente sull’uso del vino in cucina e relativa all’alcol. Sono in molti, infatti, a temere che un cibo cotto nel vino finisca per essere alcolico. “L’alcol inizia a bollire, quindi ad evaporare, ad una temperatura inferiore all’acqua, meno di ottanta gradi - spiega -, ma l’evaporazione durante la cottura non è mai totale. Ne rimangono tracce, ma decisamente irrisorie, irrilevanti visto che è bene ricordare che nel vino l’alcol rappresenta mediamente il 12%-14% e che questo è inoltre miscelato all’acqua. La vera sciagura dell’alcol in gastronomia, semmai, è nei prodotti di pasticceria dove nella maggior parte dei casi viene utilizzato dell’alcol sintentico, quello sì di origine e qualità incerta”. comunque, vino e cucina hanno sempre formato una brillante e gustosa coppia, e il legame resiste ancora ai giorni nostri forte delle eccellenti combinazioni, vecchie e nuove. Nel corso della storia dell’umanità, comunque, ogni Paese che produceva vino lo utilizzava anche come ingrediente in cucina. Utilizzato per allungare salse, ad esempio, o per portare a termine le cotture, la scelta del vino come ricca alternatica all’acqua sembra essere innanzitutto appropriata per ragioni puramente organolettiche. Decisamente più profumato e più saporito dell’acqua, infatti, il vino aggiunge alle pietanze i suoi aromi e i suoi sapori, ma aggiunge anche - secondo il tipo utilizzato - struttura, corpo e colore. E sarebbe limitativo e ingeneroso considerare il vino in cucina come semplice “liquido per la cottura”. Il suo uso è apprezzato anche nella preparazione di pietanze fredde, sempre con lo scopo di aggiungere sapore e aroma, ma anche una discreta quantità di alcol. Un must dell’ingrediente vino è anche nell’uso per la preparazione di “marinate”, dove il cibo da marinare (in genere carne, ma anche formaggio e verdure) rimane immerso nel nettare di Bacco per diverse ore, talvolta anche per giorni. Oppure anche settimane nel caso dei formaggi. Bandito, infine, il concetto che il vino scelto per cucinare sia quello che in genere non si considera più bevibile, spesso ossidato, con aromi e sapori irriconoscibili. Oggi la qualità del vino utilizzato nella preparazione delle pietanze è importante e fondamentale, anche a costo di sacrificare un bicchiere di Docg, a denominazione di origine controllata e garantita. Il vino, inoltre, è usato nelle ricette medicinali, che spesso non si differenziano dalle preparazioni gastronomiche. Ma questa è un’altra storia... e.r.b. MyPlus: il portale delle offerte Numerose offerte, idee regalo e prodotti a prezzi esclusivi Alcuni esempi che è possibile trovare su www.autopostale.ch Esempio: Aperitivo ticinese. CHF 29.00 anziché 39.00 Esempio: Calcetto Scout. CHF 567.00 anziché 667.00 Esempio: Crociera Panoramica. CHF 17.00 anziché 45.60 Esempio: Cultura Pass con risalita in treno. CHF 12.00 anziché 24.00 Esempio: Entrata Swissminiatur per adulti. CHF 14.50 anziché 19.00 Esempio: Biglietto andata e ritorno funivia Airolo. 30% di sconto Desidera essere informato personalmente sulle nuove proposte? Si abboni alla newsletter! Preferisce consultare le proposte sulla nostra rivista mensile gratuita Moblissimo? Inoltre su facebook, assieme alle novità, trova interessanti concorsi e estrazioni IL CAFFÈ Estate / Autunno 2015 CIBO 9 L’evento. All’Expo di Milano c’è il più grande ristorante internazionale. I menù spaziano dalle cavallette sino alle bistecche argentine. Ma piace molto il cibo da strada TAVOLATE ALL’APERTO All’Expo ogni giorno vengono consumati 140 mila pasti prodotti con oltre 450 mila tonnellate di alimenti Un giro del mondo nellacucina“fusion” che accende il gusto S e si potessero mettere insieme i centinaia di menù proposti, verrebbe fuori un libro di migliaia di pagine. L’Expo è attualmente il più grande ristorante all’aperto del 2015, un giro del mondo fra gusti, tradizioni e scuole gastronomiche tra le più lontane. Basti pensare che ogni giorno a Milano vengono distribuiti 140 mila pasti che vengono cucinati usando oltre 450 mila tonnellate di alimenti. Fra i tavoli degli stand si può mangiare di tutto, dal piccante al dolce, dalle cavallette agli scorpioni ricoperti di cioccolato accompagnati da the alle spezie, sino al maialetto sardo arrosto seguito da un baloon di robusto cannonau. Ma anche gli spaghetti con l’antichissima colatura di alici di Cetara abbinati a un calice di biancolella della Costiera amalfitana. E ancora, la vaniglia variegata con nocciola proposta dai cuochi israeliani. Per finire con le raffinate ostriche francesi accompagnate da champagne di piccoli produttori che raramente si trovano in commercio. Una cucina fusion che accontenta tutti i palati, oltre che tutte le tasche visto che i prezzi partono da 10 euro e salgono sino a oltre 100 per certe proposte particolari. C’è solo l’imbarazzo della scelta, perché all’Expo come in una cartina geografica si può spaziare da Oriente a Occidente, in un viaggio che risveglia i sensi e accende la curiosità dei visitatori. Una occasione unica, dun- Le curiosità LA CARNE DI COCCODRILLO Per la prima volta in Europa, e grazie a una deroga, chi vuole può provare la carne di coccodrillo inserità nel menù dello Zimbawe que. Perché accanto, dietro i cibi, ci sono spesso chef stellati di ogni Paese con i loro menù che hanno colto l’occasione della straordinaria vetrina di Milano per proporre la propria filosofia di cucina. Tanti hanno aderito a “Identità Expo”, la rassegna che ha puntato proprio alle eccellenze, cioè ai piatti d’autore e che ha coinvolto, oltre naturalmente ai grandi chef italiani, anche Rodrigo Oliveira e la sua cucina brasiliana, Tomaz Kavcic giunto dalla Slovenia, Diego Munoz dal Perù. E poi l’italo americano Tony Mantuano. Tra loro anche il ticinese Pietro Leeman e la sua rassegna di prodotti vegetariani d’alta classe. Ma basta un giro fra gli stand per gustare piatti che altrimenti si mangerebbero solo in vacanza, andando direttamente in certe regioni e in certi Paesi. Ecco allora la carne argentina, insieme a quella uruguaiana, finire arrosto e poi nei piatti dei ristoranti sudamericani, dove la fila alla cassa dimostra un certo indice di gradimento. Ma piacciono, e parecchio, anche le semplici La Svizzera GLI SCORPIONI AL CIOCCOLATO Insetti arrosto o bolliti si possono assaggiare nei padiglioni di Vietnam e Birmania. La Thailandia propone scorpioni al cioccolato IL VINO DEL SERPENTE I coraggiosi possono provare il vino di serpente che si può trovare in Cina e Vietnam. In alcune bottiglie c’è un rettile baguette francesi che vengono vendute all’aperto, e che si possono scegliere da un lungo bancone dove c’è un ricchissimo assortimento. O il cuscus, declinato nelle diverse versioni e arricchito da spezie profumate, proposto negli stand dei Paesi dell’Africa del nord, o l’abbinamento pesce, verdure e riso ideato dallo stellato ristorante giapponese, che però nella sua versione completa a più portate costa oltre 200 euro. Nel padiglione della Repubblica Ceca si trovano bistecche di cervo e di daino in Luganiga e salsiccia vodese per conquistare i buongustai S i può provare il classico abbinamento di polenta e luganighe accompagnato a un buon bicchiere di merlot. Ma anche una vasta gamma di affettati o le formaggelle, sino ai dolci di pasta frolla della Valle Bedretto. C’è un Ticino che rappresenta la Svizzera, uno spicchio particolarmente gradito nell’assortito menù che viene proposto al ristorante del padiglione svizzero, dove sono presenti pure i pizzoccheri nella versione della Valposchiavo. Nella terrazza incastonata fra le torri dove vengono consumate progressivamente mele, acqua, caffé e sale, nei menù che vengono proposti in questa rassegna internazionale a Milano, sono presenti diversi produttori ticinesi. “E tanti vogliono provare, chiedono informazioni e gradiscono il cibo ticinese”, racconta Andrea varie versioni. È una esplosione di colori e di profumi invece il cibo della Churrascaria Brasil, dove il tratto principale sta nel pollame, cotto in modi diversi e specchio delle numerose regioni del grande Paese carioca. Spaghetti di riso, maiale, verdure invece al padiglione cinese, mentre basta allontanarsi dall’Oriente e arrivare in Spagna per non perdersi le famose tapas o le eccellenze della cucina catalana. Persino chi soffre di intolleranze può provare menù calibrati. Proposte con cibo garantito senza glutine si trovano nei padiglioni di Israele, Olanda, Italia, e Gran Bretagna. Buoni e raffinati menù anche per vegetariani e vegani sono previsti in quasi tutti i ristoranti che animano la rassegna milanese. Ma chi si trova a visitare l’Expo vedrà sicuramente sfrecciare tra i padiglioni e tra le file di visitatori i coloratissimi “food truck”, i furgoncini con i cibi di strada che stanno conquistando sempre più appassionati di panini imbottiti con carne, pesce e verdure e infarciti di salse per tutti i gusti. Una alternativa al fast food che mette in evidenza i cibi regionali e che mantiene comunque prezzi piuttosto modesti. m.sp. Arcidiacono di Presenza Svizzera e responsabile del padiglione rossocrociato. I clienti del ristorante hanno a disposizione un tablet dove ci sono tutte le informazioni sui diversi piatti, una esplorazione tra i gusti e le tradi- 1VCCMJDJUË Un Caffè formato famiglia CASA, CIBO, BENESSERE, VIAGGI, AUTO, SOLDI Inserti speciali per capire... TUTTO CIÒ CHE VI RIGUARDA Non farti cercare. Fatti trovare con la tua pubblicita?sul Caffe? . Con le sue 60 mila copie, 15 mila app scaricate e 100 mila lettori a settimana distribuiti capillarmente in ogni fascia di età e in tutto il Ticino, il Caffè ti offre una vetrina unica per la comunicazione sul tuo territorio. zioni, dove si possono costruire abbinamenti in un giro del gusto tra le tendenze e la storia della Confederazione a tavola. “Abbiamo fornito una proposta assortita, dove spiccano le eccellenze - spiega ancora Arcidiacono - e dove stanno andando bene la fondue, il coregone del lago Lemano e come dessert la meringa con la doppia crema della Gruyère. Naturalmente incuriosisce e piace molto anche la raclette”. Ma il padiglione svizzero propone anche il “take away” e qui il prodotto più richiesto è sicuramente il panino con la salsiccia vodese. Anche i vini ticinesi attirano molto. I merlot sono piuttosto richiesti e i clienti si stupiscono, hanno raccontato i ragazzi che servono ai tavoli, perché non tutti sanno che nella Svizzera italiana si produce questo buon vino. 10 CIBO La tendenza. Vegetariani e vegani vogliono hotel su misura. E in Svizzera ormai non è più solo una tendenza, ma si assiste ad un moltiplicarsi dell’offerta Gli alberghi rossocrociati al cento per cento“veggie” P resto bisognerà aggiungere un nuovo genere nelle guide turistiche e nei motori di ricerca online di viaggi e vacanze: “veggie”. Vegetariani e vegani, infatti, sempre più cercano alberghi su misura e visto che il fenomeno è in aumento non si può più parlare di trend, ma di un moltiplicarsi dell’offerta. Hotel, locande, garni e agriturismi si stanno convertendo al “veggie” e alla tavola senza glutine, adeguandosi per andare incontro alle scelte di vita e ai bisogni dei clienti che spesso incontrano difficoltà nel trovare piatti in linea con le loro abitudini alimentari. Anche in Svizzera, da San Gallo al Ticino, dal canton Turgovia al Vallese, non mancano le oasi verdi per tutte le tasche e tutti i gusti; da chi si limita all’apposito menu dedicato a chi ha bandito ogni tipo di carne dalla dieta a chi mette nel piatto solo alimenti vegetariani bio e a chilometro zero perché coltivati nell’orto della stessa struttura; ma anche chi, pur abbracciando la scelta vegetariana, offre un’ospitalità da hotel stellato. Nel senso che le stanze magari sono arredate seguendo la tradizione rurale, ma i servizi e la struttura stessa non rinunciano al lusso. E sbaglia chi pensa che il fenomeno “veggie” sia passeggero. Tutt’altro. Anche se probabilmente è un po’ azzardato il pronostico dello Stockholm International Water Institute, che prevede potremmo diventare tutti vegetariani entro il 2050, fatto è che Trivago, il motore di ricerca hotel più grande al mondo, si è già portato avanti col lavoro, Da San Gallo al Ticino non mancano le oasi verdi per tutti i gusti e tutte le tasche all’insegna del bio 1VCCMJDJUË I Vini ticinesi si riconfermano al Grand Prix des Vins Suisses 29 medaglie d’oro ̵QDOLVWL 5 nella categoria Merlot 4 nella categoria assemblaggi rossi 1 nella categoria Spumanti pubblicando online proprio in questi giorni la top ten degli hotel per vegetariani italiani, dal Trentino alla Sicilia. Anche il Caffè, nel suo piccolo, senza pretendere di stilare una vera e propria classifica ha individuato almeno una decina di hotel o pensioni rossocrociati con cucina vegetariana e vegan, inclusi quelli con Spa e alcuni dove si organizzano anche corsi di cucina naturale per imparare le ricette di piatti sani e gustosi, pur senza prodotti di origine animale. Tra i veggie-hotel certificati, ad esempio, figura la Sonnmat Bergpension di Ebnat-Kappel, nel canton San Gallo, con cucina vegana, o a base di verdure crude, senza lattosio e senza glutine possibile e con alloggi che seguono i criteri di architettura biologica pur senza negarsi il collegamento wi-fi. Il cantone più veggie è probabilmente Turgovia che nella nostra personalissima top ten inserisce ben tre hotel e ognuno con caratteristi- che molto particolari. Il Moosmühle di Hefenhofen, ad esempio è “olistico” ed è disponibile per vacanze o seminari vegetariani e smoke-free, con inclusi corsi di yoga, meditazione, Tai Chi e Qigong. Più “classi- I RISTORANTI Anche i ristoranti veggie sono sempre più diffusi in Svizzera, con cucina vegetariana, vegana, senza glutine e senza lattosio IL CAFFÈ Estate / Autunno 2015 La classifica In Ticino co” e 100% vegano l’hotel Swiss nel centro di Kreuzlingen, a 900 metri dal lago di Costanza. In mezzo ai boschi di Steckborn, invece, lo Schloss Glarisegg; un piccolo castello che offre pensione completa e vegetariana nelle sue 22 camere. Due indirizzi a testa nel Vallese e in Ticino (vedi a destra) dove lo stile di vita gastronomica veggie è agli inizi, ma già si fa notare con la prima pizzeria e kebab vegano al Natural Food di Lugano e con il bistrot alternativo Il Guardiano del Farro in città vecchia a Locarno. Entrambi i locali in poco tempo sono diventati meta di riferimento della comunità veggie e anche di chi si vuole concedere un menu diverso dal solito. Tornando agli alberghi, la palma del più coerente va al vallese hotel Balance di Les Granges, circondato da giardini secolare. Oltre alla cucina, vegan e bio, la parola d’ordine è “sostenibilità”, e vale sia per la piscina organica, sia per le camere baubiologiche, sia per l’energia generata dall’impianto fotoltaico. All’insegna del silenzio l’hotel storico costruito nel 1912, il Beau-Site a Chemin-Dessus, con cucina veggie a colpi di maccheroni di tofu e riso basmati. Nel palmarès alberghiero manca ancora una “stella”, ma è solo questione di tempo. Non a caso l’unico primo ristorante vegetariano europeo ad aver ricevuto una stella Michelin, il Joia aperto a Milano, è dello chef Pietro Leemann, che è svizzero. Anzi ticinese. e.r.b. 11 “Per me è stata una scelta di vita che ha unito l’utile al dilettevole” SONNMATT BERGPENSION & GESUNDHEITSZENTRUM Ebnat-Kappel, San Gallo U HOTEL SWISS Kreuzlingen, Turgovia no si considera un po’ un pioniere del vegetarismo in Ticino, l’altro solo da due anni s’è “convertito” al veggie, ma entrambi gli albergatori non farebbero un passo indietro sulle loro scelte di vita. “Una scelta sì, ma che mi ha permesso di unire l’utile al dilettevole - conferma il 51enne chef Mauro Oliani, titolare dello Chalet Stella Alpina di Ronco Bedretto -. È stata un po’ Ti-Press una scommessa, perché la val Bedretto per quanto bella non è St. Moritz e strutture come la mia, con 15 camere a partire da 69 franchi colazione inclusa, nella regione non esistevano, e il risultato è stato ottimo soprattutto grazie ai clienti stranieri”. Una forma di turismo decisamente alternativo, che tocca l’apice al Meraggia di Sala Capriasca, considerato un piccolo paradiso. “La nostra fondazione esiste da quasi trent’anni e non abbiamo mai avuto bisogno di pubblicità, basta il passaparola - dice il 51enne George Winter, ricordando che il Meraggia mette a disposizione, in rustici ristrutturati, solo alloggio e cucina -. Chiunque può cucinare, a prezzi bassissimi, quello che Mauro Oliani: “Se fatta bene la cucina veggie non invidia la tradizionale” vuole; a patto che sia cucina vegetariana, con verdura e frutta bio a km zero visto che sono tutti prodotti del posto. Va da sè che gli ospiti, circa 15 nei due rustici, sono dei veri appassionati di vita naturale e vegetariana, anche perché l’alloggio è raggiungibile solo a piedi dopo una bella camminata”. Meno spartano, ma non per questo meno in linea con la “filosofia” veggie, Oliani ha invece puntato all’eccellenza e alla qualità in un settore non ancora destinato al pubblico di massa. “Col soggiorno offriamo anche massaggi relax all’olio di arnica montana ed essenze alpine, Shiatsu, Stone Massage e Yoga, ma il nostro punto forte è la cucina - confida senza falsa modestia lo chef -. Abbiamo proposto, ad esempio, il nostro menu vegano all’ultima rassegna del Maggio gastronomico in alternativa a quello tradizionale: oltre l’80 per cento dei consumatori ha preferito quello vegano! È vero, un po’ è anche moda e curiosità, ma la cucina veggie se fatta bene non ha nulla da invidiare a nessun altra”. MOOSMÜHLE Hefenhofen, Turgovia SCHLOSS GLARISEGG Steckborn, Turgovia CHALET STELLA ALPINA HOTEL AND WELLNESS SPA Ronco Bedretto, Ticino HOTEL BALANCE Les Granges, Vallese VILLA UNSPUNNEN Wilderswil, Berna GRAND SWISS HOTEL Giswil, Obwaldo MAMMA MERAGGIA Sala Capriasca, Ticino HOTEL-PENSION BEAU-SITE Chemin ob Martigny Vs, Vallese CORSI DI CUCINA BRICOCOOKING A MANNO! BRICO SA VIA POBIETTE 6928 MANNO TEL. 091 610 17 00 BRICOCOOKINGBRICOFAIDATE.CH CORSI SETTEMBRE/OTTOBRE CORSI NOVEMBRE Martedì 29 settembre 2015 dalle 19.00 alle 22.00 SCUOLA DI CUCINA NATURALE VEG BURGER E FAST FOOD... TANTE IDEE SANE E GOLOSE PER UN FAST FOOD 100% VEGETALE Costo del corso Fr. 80.– Elisa Spadola Martedì 3 novembre 2015 dalle 19.00 alle 22.00 SCUOLA DI CUCINA NATURALE A TUTTA LASAGNA Nuove idee golose e semplici per preparare alcune varianti di questo primo piatto Costo del corso Fr. 80.– Elisa Spadola Martedì 6 ottobre 2015 dalle 19.00 alle 22.00 SCUOLA DI CUCINA NATURALE – PIATTI UNICI AUTUNNALI CON I CEREALI INTEGRALI Costo del corso Fr. 80.– Elisa Spadola Martedì 13 ottobre 2015 dalle 19.00 alle 22.00 SCUOLA DI CUCINA NATURALE SANI E IN FORMA CON LA CUCINA SENZA GLUTINE UN MENÙ COMPLETO DALL'ANTIPASTO AL DOLCE Costo del corso Fr. 80.– Elisa Spadola Mercoledì 21 ottobre 2015 dalle 19.00 alle 22.00 DOLCE HALLOWEEN VIOLA CI SPIEGHERÀ COME REALIZZARE UNA ZUCCA FATTA DI CEREALI E DECORARLA Costo del corso Fr. 80.– Viola Kundert Lunedì 9 novembre 2015 dalle 19.00 alle 22.00 SCUOLA DI CUCINA NATURALE SUA MAESTÀ “IL CIOCCOLATO” Costo del corso Fr. 80.– Elisa Spadola Mercoledì 11 novembre 2015 dalle 19.00 alle 22.00 A “CACCIA” DI RICETTE!!!! UNA SERATA ALL’INSEGNA DELLA SELVAGGINA Costo del corso Fr. 100.– Christian Frapolli Martedì 17 novembre 2015 dalle 19.00 alle 22.00 MACARON VIOLA CI SPIEGHERÀ COME REALIZZARE QUESTO STUPENDO PASTICCINO DALL’ASPETTO RAFFINATO E COLORATO Costo del corso Fr. 80.– Viola Kundert CORSI DICEMBRE Martedì 2 dicembre 2015 dalle 19.00 alle 22.00 SCUOLA DI CUCINA NATURALE TI CUCINO PER LE FESTE...... Un grande e sfizioso menù 100% vegetale per festeggiare in tutta salute il Natale! Costo del corso Fr. 80.– Elisa Spadola Venerdì 11 dicembre 2015 dalle 19.00 alle 21.00 PASTICCERIA MAMMA E BAMBINO BAMBINI DAI 6 AI 10 ANNI BISCOTTI DECORATI Costo del corso Fr. 80.– Viola Kundert Martedì 15 dicembre 2015 dalle 19.00 alle 22.00 PASTICCERIA IMPARIAMO A REALIZZARE DIVERSE FROLLE Costo del corso orso Fr. 80.– 80. Viola Kundert 12 CIBO Le interviste. Il cibo visto come patrimonio ed espressione della propria terra.Un concetto fondamentale per gli chef stellati.Da quello campano a quello ticinese Alfonso Iaccarino “Si salta più in alto se come trampolino si usa la tradizione” Si chiama cucina mediterranea, ma in realtà è una filosofia di vita applicata alla tavola. Ad impersonarla sono dietisti, sociologi, antropologi, ma soprattutto chef che attraverso prodotti a chilometro zero, accoppiamenti azzeccati e una leggerezza nei condimenti, hanno dato senso a questa strada del gusto che ha conquistato il mondo. ELISABETTA MORO A La “filosofia” LA TRADIZIONE Solo dopo aver studiato, approfondito e rispettato la tradizione, si ha il diritto di metterla da parte, sempre però con la consapevolezza che le siamo debitori L’INNOVAZIONE È fondamentale stare al passo con i tempi, rinnovare, ma bisogna farlo mantenendo un’identità ben precisa, legata alla nostra storia, alla nostra terra IL PATRIMONIO Il cibo diventa patrimonio di una terra e ne è la sua espressione, al pari di un monumento o di una rappresentazione architettonica I COLORI Anche i colori sono pensati per esaltarsi con la luce naturale del Mediterraneo, un modo per trasportare nella straordinaria atmosfera del Sud d'Italia L’AZIENDA AGRICOLA La grande cucina si fa nel campo, come i grandi vini in vigna. La mia parte dai sette ettari de Le Pieracciole, l’azienda agricola biologica di famiglia doro i piaceri semplici, sono l’ultimo rifugio del complicato. Questo paradosso di Oscar Wilde è la sintesi perfetta della filosofia di Alfonso Iaccarino, una delle stelle internazionali del food. Chef del ristorante Don Alfonso 1890 di Sant’Agata sui due golfi, un piccolo borgo di collina che guarda dall’alto in basso Sorrento e Positano. I due golfi in questione sono quelli di Napoli e Salerno. E proprio alla confluenza di questi due mari blu cobalto si colloca la penisola sorrentina, uno dei luoghi dove la natura sembra aver inventato la bellezza. E la bontà, visto che in queste terre baciate dal sole e accarezzate dalle brezze di mare da qualunque seme nasce un capolavoro. Dal pomodoro cuore di bue che ha fatto la fortuna della caprese al limone locale che ha reso celebre il limoncello. Chi nasce da queste parti si porta dentro una propensione naturale al bello e quel non so che di semplicità apparente che sono i tratti distintivi della scienza gastronomica di Iaccarino. E che gli sono valsi l’invito dell’Imperatore del Giappone Akihito a firmare il banchetto dei festeggiamenti per la nascita della principessa Aiko. Il suo Relais & Chateaux è oggi considerato una tappa imprescindibile per chi vuole conoscere la tavola dell’Italia del sole. Quella dei sapori intensi e della dolce vita. Dove l’alta cucina viene usata come leva per sollevare un mondo di prodotti di eccellenza che fanno parte del lessico familiare di questo territorio, che da almeno due secoli è meta di un turismo che cerca un contatto vibrante con la natura. E proprio di ospitalità si è sempre occupata la famiglia Iaccarino. Fin dalla fondazione, nel 1890, del primo albergo. Quello che Alfonso ha ereditato, assieme al nome, dal nonno. Allora si usava aggiungere il don in segno di rispetto. E anche se oggi non si fa più, molti continuano ad attribuirlo anche al nipote, che immancabilmente si schermisce “il vero Don era mio nonno”. Quello che tornato dall’America con un gruzzoletto decise che non Uno di loro è sicuramente don Alfonso Iaccarino che rappresenta una collaudata e importante tradizione. Una tradizione però che negli anni ha accolto sensibilità diverse in cucina. Come quella di Dario Ranza, che sulla bontà del chilometro zero si batte da sempre. O quella Andreas Schwab, altro testimone ticinese dell’originalità a tavola. si sarebbe mai più allontanato dalla sua terra. E con un danaroso turista tedesco mise su la sua prima attività. Ma se il capostipite pensava in grande, il nipote non è da meno, visto che fin dall’adolescenza aveva deciso di portare l’haute cuisine dentro il suo mondo. Tanto che la notte rubava le chiavi del ristorante per cimentarsi in vertiginosi soufflé al cioccolato, che immancabilmente si sgonfiavano sotto i suoi occhi e quelli amorevoli della sua anima gemella, Livia. Insieme hanno costruito un’impresa che conta anche un ristorante a Macao, uno a Marrakech e uno al Grand Meliã Villa Agrippina a Ro- Il segreto nella pasta di Gragnano trafilata al bronzo, tre tipologie di pomodoro e l’olio extravergine d’oliva “Ai miei colleghi sembravo un folle, ma non volevo scimmiottare la cucina francese” ma. Un lavoro fatto con grande passione che si intreccia alla loro vita sentimentale e familiare. Non a caso oggi anche i due figli sono protagonisti di questa avventura. Mario, dopo aver studiato alla scuola alberghiera di Ginevra, è diventato il Maître de Maison e Ernesto, con una laurea in Economia in tasca, è ai fornelli, dove ha già dimostrato di avere appreso dal padre i segreti di una cucina che trafigge. Il Vesuvio di maccheroni, il sartù di riso in sfoglia di melanzana, le mezzelune di maialino nero, il soufflé di mozzarella, il pesce spada gratinato alla lavanda, la pezzogna affumicata con maionese di agrumi. E un favoloso dessert dedicato al limone. Tradizione e innovazione nel piatto. Non a caso il menù ha in ex ergo una frase di Eduardo De Filippo che recita “Solo dopo aver studiato, approfondito e rispettato la tradizione, si ha il diritto di metterla da parte, sempre però con la consapevolezza che le siamo debitori, per lo meno, d'aver contribuito a chiarirci le idee. Naturalmente, se si resta ancorati al passato, la vita che continua diventa vita che si ferma ma, se ci serviamo della tradizione come d’un trampolino, è ovvio che salteremo assai più in alto”. Il grande drammaturgo napoletano lo ha fatto con il teatro, Alfonso e Ernesto Iaccarino lo fanno con la cucina. Non a caso uno dei cavalli di battaglia del ristorante, fin dalla sua apertura nel 1984, sono gli spaghetti alla Don Alfonso. Una grande pasta di Gragnano trafilata al bronzo ed essiccata lentamente, con tre tipologie di pomodoro, uno straordinario olio extra vergine di oliva e l’odore penetrante delle foglie di basilico. Oggi che questo piatto, secondo un’indagine Oxfam in 137 Paesi, è il più amato al mondo, è facile gridare al capolavoro. Ma per inserirlo nel menù di un ristorante di alta cucina ci è voluto coraggio. E quello ad Alfonso e Livia non manca. Allora andavano decisamente controcorrente. Era l’epoca in cui i ristoranti stellati usavano solo il burro, i fondi di cottura, i ristretti di carne. Tartufi e fois gras erano dei must. “Ai miei colleghi sembrava una scelta folle. Ma io non volevo scimmiottare la cucina francese. Così ho lavorato sulla tradizione del territorio che è fatta di biodiversità straordinarie. Perché noi abbiamo ricevuto il dono delle quattro stagioni”. E che questa cucina a base di pesce, tan- L’ORTO SORRENTINO Il 69enne chef Alfonso Iaccarino nella tenuta agricola di famiglia, Le Peracciole a Punta Campanella, acquistata negli anni ’90 inizialmente per produrre olio proprio di fronte a Capri te verdure, pasta, latticini, vino e olio fosse un patrimonio agroalimentare e culturale eccezionale ne era convinto anche Ancel Keys, lo scienziato dell’Università del Minnesota che ha scoperto per primo i benefici di questo tipo di alimentazione. Quando Keys venne portato la prima volta a pranzo al Don Alfonso dallo scrittore statunitense Gore Vidal, sobbalzò sulla sedia. Perché si rese conto che questa coppia di astri nascenti della gastronomia europea stavano aprendo una nuova strada alla cucina italiana. Alfonso rivelò i segreti dei suoi piatti gustosi e al tempo stesso lievi, compreso il trucco della besciamelle all’extravergine. Per tutta risposta la star della scienza della nutrizione la inserì tra le ricette del suo libro “How to eat well and stay well. The mediterranean way”, dove per la prima volta nella storia compare l’espressione “dieta mediterranea”, coniato dopo anni di frequentazione della Campania, in opposizione alle diete iperproteiche del mondo angloamericano. Da allora il Don Alfonso è l’acropoli della dieta mediterranea. Che nel 2010 è stata proclamata dall’Unesco patrimonio immateriale dell’umanità. E la Fao nel 2012 l’ha indicata come uno dei regimi alimentari più sostenibili al mondo, non a caso celebrata con un’intera settimana ad Expo, dal 14 al 20 settembre. Ad inaugurare la kermesse sarà l’Università di Napoli Suor Orsola Benincasa con la tavola rotonda “La ricetta della longevità” curata dal MedEatResearch, il Centro di ricerche sociali sulla dieta mediterranea che presenterà in anteprima la Piramide Universale della Dieta Mediterranea. Tra gli ospiti, ovviamente, anche Alfonso Iaccarino, che racconterà il suo rapporto con Ancel Keys e per la gioia del pubblico dell’esposizione universale farà un cooking show. Di quale piatto? Naturalmente degli spaghetti alla Don Alfonso. Chi non potrà essere a Milano la mattina del 14 settembre, potrà ammirare la maestria dello chef in diretta streaming su www.unisob.na.it/expo. L’occasione è di quelle ghiotte visto che non si tratta di uno di quei cuochi che frequentano compulsivamente gli studi televisivi. Ad Alfonso, infatti piace, stare in cucina. O nella sua azienda bio di Punta della Campanella che affaccia vertiginosamente su Capri. IL VESUVIO DI MACCHERONI Timballo di pasta che unisce il meglio della gastronomia campana: pasta di Gragnano, pomodoro San Marzano, mozzarella IL SARTÙ DI RISO Il Sartù è una ricetta tipica della tradizione napoletana. Il nome deriva dal francese “sur tout”, soprattutto. Al Don Alfonso è in sfoglia di melanzana LA CIPOLLA RIPIENA Un altro must di Iaccarino è la cipolla ripiena, con veli di cipolla cotti sotto la cenere con gamberetti, prosciutto di San Daniele e olive nere IL CAFFÈ Estate / Autunno 2015 13 Gli chef ticinesi “I prodotti del territorio e la logica del chilometro zero alla base della mia cucina” I TRA NOVITÀ E TRADIZIONE A fianco, Andreas Schwab, 38 anni, chef del ristorante Tentazioni di Cavigliano; sopra, Dario Ranza, 50enne cuoco stellato del Villa Principe Leopoldo di Lugano, vincitore del “Five Star Diamond Award” alla carriera Andreas Schwab: “È importante coltivare e cogliere nella regione in cui si risiede e lavora” l cibo è espressione di una cultura. E mai come in quella mediterranea ne è parte integrante. Con cultura s’intende un’esperienza di vita comune che ha unito le popolazioni che si affacciano sul mar Mediterraneo. L’incontro è spesso anche lo scontro di culture e civiltà diverse, in un processo di continuo scambio di idee, valori, beni materiali e tradizioni. E ha portato a quella che è diventata una vera e propria cultura, che raggiunge la sua massima espressione nella cucina, rinomata in tutto il mondo. La zona del Mediterraneo è molto ampia e molto varia geograficamente parlando. Ma tutto sommato molto simile. Pensiamo al clima. Ecco perché alimentazione e coltivazione, preparazione e consumazione del cibo sono comuni, anche nelle regioni alle pendici delle Alpi. Oltre agli indiscutibili e riconosciuti benefici del cibo mediterraneo, questo tipo di alimentazione assicura una gestione sostenibile del territorio. L’uso di prodotti locali e la salvaguardia delle tradizioni alimentari sono spesso insidiate da altre culture culinarie e dai ritmi forsennati della vita moderna. In una logica di mercato vieppiù legata al profitto, il patrimonio naturale è sempre più in pericolo. A difesa della cucina mediterranea, fatta da prodotti a chilometro zero e stagionali, si trovano alcuni dei più importanti chef che lavorano in Ticino. Come Dario Ranza, cuoco stellato del Villa Principe Leopoldo di Lugano. “L’importanza del chilometro zero nella mia cucina è fondamentale - sottolinea -. Le culture mediterranee che dal punto di vista delle scelte alimentari sono le più sane, sono anche quelle che prestano attenzione non solo ai cibi, ma alle loro sostanze nutritive. Si preoccupano della composizione e dell’origine degli ingredienti. Senza mai tralasciare l’estetica del piatto ovviamente, perché anche l’occhio...”. Spiace notare, a volte, che non sempre le giovani generazioni sembrano avere la consapevolezza della ricchezza di tutto ciò che il territorio mette a disposizione. “I più giovani non sembrano rendersi conto del patrimonio che hanno sotto gli occhi e tendono a scegliere alimenti preconfezionati e con molti grassi – nota Ranza -. 1VCCMJDJUË Chi ha detto che per mangiar bene devi essere un golfista? Ristorante aperto a tutti e non solo golfisti Ideale per banchetti, matrimoni ed eventi Location tranquilla e suggestiva Ampio posteggio a disposizione dei clienti Ristorante Bucadiciannove Golf Club Patriziale Ascona Via Lido 81 6612 Ascona Tel. 091 791 21 59 [email protected] Questo non è solo un pericolo per la salute, ma rischia di avere un impatto deleterio anche sulla cultura e, di conseguenza, sull’ambiente”. Già. Perché se va perso il modello mediterraneo, per rimpiazzare gli stessi ingredienti bisogna andare a prenderli molto lontano, con tutta una serie di controindicazioni legate soprattutto all’ambiente, perché significa più camion sulle strade. E allora, come fare per recuperare la “mediterraneità”, facendo capire ai giovani l’importanza di questo modello alimentare per uno stile di vita sano e sostenibile? “È fondamentale sapersi modernizzare - afferma Andreas Schwab del Tentazioni di Cavigliano -, non rinunciando a qualche ‘new entry’, ma proteggendo le varietà territoriali locali, conservandone così la ricchezza dei sapori. Ogni piatto ha in sè un valore umano, saperi e ricchezze culturali che si trapassano di generazione in generazione”. Inoltre, è importante educare, attraverso un approccio culturale, a una nuova ecologia dell’alimentazione. Per restare in salute e non danneggiare l’ambiente. Iniziare sin da subito con le nuove generazioni a una più attenta educazione dell’alimentazione faciliterà un processo di crescita e di attenzione nei confronti degli altri e di tutto ciò che ci circonda. “Ecco perché è importante coltivare nella regione in cui si risiede e si lavora, valorizzando così il territorio. Diversificare l’agricoltura di prossimità ha il pregio di offrire cibi freschi di stagione - dice ancora Schwab - e riduce di molto i costi di trasporto e conservazione. Oltre naturalmente ad aumentare la qualità di quanto c’è nel piatto”. Valorizzare l’agricoltura nostrana è anche un gesto culturale, significa conservare la memoria storica delle tradizioni. Tutto ciò costituisce un insieme in cui storia, cultura e abitudini si sposano con agricoltura, alimentazione, economia, servizi, tempo libero, educazione. Significa quindi incidere sul tessuto sociale, con un impatto positivo per tutta la popolazione, anche quella più cittadina. Non dimentichiamo che da sempre esiste un profondo legame tra cibo e cultura. E proprio (ri)partendo da lì si può (ri)trovare il legame con la terra e quindi con l’ambiente che ci circonda. o.r. IL CAFFÈ Estate / Autunno 2015 CIBO 15 La televisione. Dopo la grande abbuffata di talent show,con esperti e principianti ai fornelli davanti alle telecamere, il mercato televisivo (e il pubblico) appare saturo FORNELLI SPENTI La versione francese di Masterchef ha chiuso i battenti, dopo appena due puntate. Così ha deciso Tf1 causa ascolti troppo bassi I manicaretti in diretta alla tivu rischiano di bruciare audience ALESSANDRA COMAZZI Le serie FOOD AND DRINK Uno dei primi programmi tv dedicati alla cucina è senz’altro Food and Drink, che è andato in onda ininterrottamente su Bbc Two, dal 1982 al 2002, per poi riprendere nel 2013 LA PROVA DEL CUOCO Il programma made in Italy , che sostiene ancora oggi con onore il mezzogiorno di Rai1, ha esordito nel 2000, figlio della versione originale inglese (Ready steady cook) che risale al 1994 E uropa cucina. E mangia. Non soltanto per nutrirsi, ma anche per vendicare una vocazione antica all’astinenza. La televisione esalta l’attitudine, ogni giorno cuochi e conduttori, professionisti e dilettanti, spignattano, impiattano e svelano ricette, su reti pubbliche e private, locali e a pagamento, declinando ogni genere, dai quiz ai talent, dai factual alla fiction. Sul video si continua a mangiare, a conoscere le specialità regionali, i cibi, i vini di una tradizione che è cultura e che rischia comunque di perdersi. Ma dentro i programmi c’è la pubblicità, esaltatrice di magrezza. C’è la moda, ci sono le riviste che propongono modelli irreali, pericolosamente anoressici, avvilenti per le donne normali, che si sentono grasse nella taglia 44, se non nella 42, secondo i canoni del “Diavolo veste Prada”, e spendono fior di denari per creme e massaggi. Così la tv alimenta la contraddizione: da un lato il continuo richiamo a forme segaligne che presuppongono sacrificio alimentare, dall’altro i continui inviti al cibo, sia tradizionale e naturale, sia “americano” grondante merendine e “junk food”, spazzatura. Ma nell’orgia di trasmissioni culinarie su tutte le reti di cielo e di terra, una notizia è in questa estate arrivata dalla Francia: la versione locale di “Masterchef”, La Rsi GAMBERO ROSSO Oltre alle trasmissioni ci sono anche interi canali dedicati interamente al cibo, come il serioso, compassato, ma decisamente universale Gambero Rosso Channel, al confronto con la ben più popolare Alice Tv MASTERCHEF Il talent show culinario più famoso, nato in Inghilterra alla Bbc nel 1990, è proposto in versione personalizzata alla tv in ben 22 Paesi diversi. Più la versione “Junior” ORRORI DA GUSTARE Forse i più divertenti sono i programmi come Orrori da gustare (Discovery), Unti e bisunti (Dmax), Man vs Food (Dmax) che coprono la parte più trasgressiva e meno tradizionale del cibo PIATTOFORTE Il programma quotidiano di “cucina e dintorni” condotto da Raffaella Biffi nello studio-cucina di Comano, arrivato alla quinta edizione, è ormai un must della programmazione Rsi I l cibo e la sua preparazione sono ingredienti essenziali di un’offerta televisiva che unisce tradizione e innovazione, e non è certo un caso se una delle trasmissioni di maggior successo della Rsi è “Piattoforte”, il programma quotidiano di cucina e dintorni che ha appena concluso la sua quinta edizione con Raffaella Biffi (foto in alto a destra). Nonostante la sensazione che si prova solo scorrendo i titoli dei programmi di cucina, che ormai da qualche tempo saturano i palinsesti televisivi, Piattoforte è considerato un must. Il pubblico ancora non sembra mostrarne sazietà, anzi, nella nuova serie - che debutterà lunedì 7 settembre con nuovo titolo “Cuochi d’artificio”, il pubblico stesso si ritroverà ai fornelli di Comano. “Se non proprio ai fornelli in ogni puntata un telespettore sarà ‘in cucina’ con Alan Rosa, Giuseppe Piffaretti, Christian Frapolli e giovani chef come new entry - precisa Andrea Gloor, il produttore del programma -. Dai 45 minuti ci allungheremo all’ora di trasmissione raddoppiando gli chef al lavoro: uno alle prese con la ricetta rapida da 12 minuti, che chiunque può replicare da casa, l’altro invece con la ricetta classica”. Per replicare il successo di Piattoforte, però, non basteranno nuove ricette da imparare, curiosità gastronomiche, consigli e i tanti trucchi del mestiere. Si il talent di cibo più diffuso nel mondo, in luglio ha chiuso con ignominia dopo appena due puntate. Tf1 ha deciso la sospensione, causa ascolti troppo bassi, e lo ha sostituito con una serie poliziesca. Essendo d’altronde i cuochi e i poliziotti gli attuali padroni del video. Va detto che in altri paesi la trasmissione è in onda sui canali a pagamento, e qui le cifre si fanno relative. Se un milione di telespettatori sono tantissimi per una rete pay, lo stesso milione è pochissimo per una rete pubblica, non regge l’investimento pubblicitario. Questa scelta francese testimonia un’altra caratteristica che riguarda non soltanto Masterchef, ma molti altri programmi, come X Factor: se ne parla E ora gli chef di Comano fanno...cuochi d’artificio accentuerà anche il ruolo della cucina come luogo privilegiato di riconoscimento identitario. “L’intenzione è quella di renderlo più giocoso, divertente, senza trasformarlo in talent show - aggiunge Gloor -. In realtà anche le ricette sono un pretesto per raccontare storie, e come abbiamo sempre fatto esaltando il territorio e i suoi prodotti. Anzi, avremo proprio uno spazio dedicato, con una scenografia a sè, ai produttori del Paese”. Se l’abbuffata di cucina televisiva ha avuto come patria l’Inghilterra, la Rsi non ha certo nulla da invidiare o scimmiottare dagli altri network. La tradizione del genere televisivo made in Ticino, infatti, risale a tempi non sospetti. A partire dai primi anni ‘80, con Mascia Cantoni al ristorante affiancata dallo chef fino all’antesignana delle trasmissioni ai fornelli, quel “Cosa bolle in pentola” di Bigio Biaggi che, in diretta dal 1991 per una decina di stagioni, ha trasformato definitivamente pastasciutte, risotti e arrosti in protagonisti del piccolo schermo. Una tradizione continuata coi “Cucinatori”, “Piattoforte” e che ora dagli chef di Comano si attende, appunto, cuochi d’artificio. e.r.b. SI RIPARTE Torna dal 7 settembre su Rsi La1 Piattoforte, condotto da Raffaella Biffi, 42 anni molto, i media li seguono con passione, i social alzano la polvere, ma la realtà oggettiva dei numeri è bassa. E Tf1 l’ha dovuto constatare, correndo ai ripari. Nonostante sullo show fossero stati fatti importanti investimenti, nella speranza che si rivelasse il successo dell’estate. E mancava da un anno e mezzo, tempo giusto per non stancare il pubblico, e anzi incuriosirlo. Ma è andata ben diversamente. Per non buttar via tutto, lo show è poi tornato dopo una pausa di un mese, il 30 luglio, su Nt1, piccola tv digitale. E insomma la Francia sarà l’avanguardia di un cambiamento? Arriva il riflusso cuciniero? Qualcuno ha cominciato da tempo a essere assai critico. Ernesto Ferrero, per esempio, lo scrittore per anni presidente del salone del libro di Torino, aveva dichiarato proprio a questo giornale: “La cucina sta diventando la nuova pornografia, onanismo mentale, voyeurismo. Patinata, esibizionistica, pretenziosa, indisponente. Questi chef che diventano i nuovi guru, e vengono riveriti come tali, come altrettanti maitre-à-penser. Ma per favore! Va invece rispettata la cucina come memoria, come deposito di storie, di culture materiali, di tecniche, di mentalità collettive, usi e costumi, una grande e vera sapienza artigianale”. Ma intanto, in video si continua a mangiare in modo sovradimensionato, irritante. La domande più frequente rivolta dei telespettatori è: ma perché ci sono così tante trasmissioni di cucina? Perché il cibo è di moda, e quando un genere è di moda, viene consumato fino alla noia, soprattutto se costa poco; perché è consolatorio, non fa litigare, non è divisivo, è neutro, fa trascorrere una serata, consente ai cuochi di farsi notare. Ma ora la cuci- na comincia a suscitare antipatia, con tutte le persone che muoiono di fame al mondo. Molti, nei programmi, si ispirano alla filosofia di Expo, “nutrire il pianeta”. E non buttare gli avanzi. Gli chef in tv sono sempre più attenti a natura e stagioni. Detto questo, tutto sa di ipocrisia. Le emittenti non sono mai filantropiche, devono fare business e dunque ascolti. Come ha dimostrato la Francia, l’unico modo per liberarci, e non fare indigestione di cibo tv, è cambiare canale alla parola “impiattamento”. Mettendo quindi fine a un’ossessione. Che di sicuro vorrà dire qualcosa. C’entrerà con i tempi precari. Almeno mangiamo. O, come direbbero a Roma, magnamo. Cibo Tutto ciò che vi riguarda Speciale Cibo dell’edizione n° 32 de “il Caffè” Direttore responsabile Lillo Alaimo Vicedirettore Libero D’Agostino Caporedattore Stefano Pianca Caposervizio grafico Ricky Petrozzi Società editrice 2R Media Presidente consiglio d’amministrazione Martin Werfeli Direttore editoriale Giò Rezzonico DIREZIONE, REDAZIONE E IMPAGINAZIONE Centro Editoriale Rezzonico Editore Via B. 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