Appunti: La punteggiatura «Mentre l`inventario dei grafemi e le

APPUNTI: LA PUNTEGGIATURA
«Mentre l'inventario dei grafemi e le regole della loro combinazione è stato abbastanza stabile nel corso dei
secoli, lo stesso non si può assolutamente dire per la punteggiatura» (Maraschio 1995), ma, al di là dei
cambiamenti storici, ora interessa segnalare alcuni tratti dell' uso e delle norme attuali, ricordando peraltro
che la punteggiatura riguarda esclusivamente l'organizzazione sintattica del testo scritto.
Il punto (anticamente punto fermo, maggiore, stabile, finale o periodo) si usa per indicare una pausa forte che
segnali un cambio di argomento o l'aggiunta di informazioni di altro tipo sullo stesso argomento. Si mette in
fine di frase o periodo e, se indica uno stacco netto con la frase successiva, dopo il punto si va a capo. Il
punto è impiegato anche alla fine delle abbreviazioni (ing., dott.) ed eventualmente al centro di parole
contratte (f.lli, gent.mo), ricordando che in una frase che si concluda con una parola abbreviata non si ripete il
punto (presero carte, giornali, lettere ecc. Non presero i libri).
«Non è raro, nello scrivere moderno, l'uso del punto fermo dove una volta si sarebbero messi i due punti o
anche il punto e virgola. Su ciò non possono darsi regole fisse: il prudente arbitrio dello scrittore giudicherà
in ogni caso quel che convenga meglio» (Malagoli 1905, 133).
La virgola (detta nel passato anche piccola verga) indica una pausa breve ed è il segno più versatile, «può
infatti agire all'interno della proposizione, ma può anche travalicarne i confini e diventare elemento di
organizzazione del periodo nella sua funzione di cesura fra le diverse proposizioni» (Biffi 2002). Si usa, o
almeno si può usare, la virgola: negli elenchi di nomi o aggettivi, negli incisi (si può omettere, ma se si
decide di usarla va sia prima sia dopo l‟inciso); dopo un‟apposizione o un vocativo e anche prima di
quest'ultimo se non è in apertura di frase (Roma, la capitale d’Italia. Non correre, Marco, che cadi).
Nel periodo si usa per segnalare frasi coordinate per asindeto (senza congiunzione, e. g.: studiavo poco, non
seguivo le lezioni, stavo sempre a spasso, insomma ero davvero svogliato), per separare dalla principale frasi
coordinate introdotte da anzi, ma, però, tuttavia e diverse subordinate (relative esplicative, temporali,
concessive, ipotetiche, non le completive e le interrogative indirette).
Le frasi relative cambiano valore (e senso) a seconda che siano separate o meno con una virgola dalla
reggente: gli uomini che credevano in lui lo seguirono cioè "lo seguirono solo quelli che credevano in lui" è una
relativa limitativa; gli uomini, che credevano in lui, lo seguirono, ovvero "lo seguirono tutti gli uomini perché
credevano in lui", è una relativa esplicativa. La virgola non si mette: tra soggetto e verbo (se altre parole si
frappongono tra questi due elementi occorre prestare più attenzione); tra verbo e complemento oggetto; tra il
verbo essere e l‟aggettivo o il nome che lo accompagni nel predicato nominale; tra un nome e il suo aggettivo.
Il punto e virgola (punto acuto, punto coma) segnala una pausa intermedia tra il punto e la virgola e il suo uso
spesso dipende da una scelta stilistica personale. Si adopera soprattutto fra proposizioni coordinate
complesse e fra enumerazioni complesse e serve a indicare un'interruzione sul piano formale ma non sul
piano dei contenuti («il capo gli s'intorbidò di stanchezza, di sonno; e rimise la decisione all'indomani
mattina», A. Fogazzaro, Piccolo mondo moderno).
I due punti (punto addoppiato, doppio, piccolo) avvertono che ciò che segue chiarisce, dimostra o illustra quanto
è stato detto prima. Serianni 1989, I 222, riconosce quattro funzioni dei due punti che sembra utile
riprendere: sintattico-argomentativa (s'introduce la conseguenza logica o l'effetto di un fatto già illustrato);
sintattico-descrittiva (si esplicitano i rapporti di un insieme); appositiva (si presenta una frase con valore di
apposizione rispetto alla precedente); segmentatrice (si introduce un discorso diretto in combinazione con
virgolette e trattini). I due punti introducono anche un discorso diretto (prima di virgolette o lineetta) o un
elenco.
Il punto interrogativo (punto domandativo, «che con linea sopra capo... ma tortuosa, si segna», A. M. Salvini,
Prose toscane, 1735), si usa alla fine delle interrogative dirette, segnala pausa lunga e l'andamento intonativo
ascendente della frase.
Il punto esclamativo (affettuoso, patetico, degli affetti, ammirativo) è impiegato dopo le interiezioni e alla fine di
frasi che esprimono stupore, meraviglia o sorpresa; segnala una pausa lunga e l'andamento discendente
della frase.
I punti esclamativo e interrogativo possono essere usati insieme, soprattutto in testi costruiti su un registro
brillante, nei fumetti o nella pubblicità.
I puntini di sospensione si usano sempre nel numero di tre, per indicare la sospensione del discorso, quindi
una pausa più lunga del punto. In filologia, i puntini, posti fra parentesi quadre, servono a segnalare
l‟omissione di lettere, parole o frasi di un testo riportato (Malagoli 1912 scriveva: «se indicano un'omissione
di lettere in una parola, sono tanti i puntini quante le lettere che mancano»).
Il trattino può essere di due tipi: quello lungo si usa al posto delle virgolette dopo i due punti per introdurre
un discorso diretto o, in alternativa a virgole e parentesi tonde, si può usare in un inciso; quello breve serve
invece a segnalare un legame tra parole o parti di parole e compare infatti per segnalare che una parola si
spezza per andare a capo, per una relazione tra due termini (il legame A-B), per unire una coppia di aggettivi
(un trattato politico-commerciale), di sostantivi (la legge-truffa), di nomi propri (l’asse Roma-Berlino), con prefissi
o prefissoidi, se sono composti occasionali (per cui il fronte anti-globalizzazione ma l’antifascismo) e infine in
parole composte (moto-raduno, socio-linguistica) in cui tendono a prevalere, però, le grafie unite.
La sbarretta serve a indicare l'alternativa tra due possibilità (scelga il mare e/o la montagna) e nelle date è usata
al posto del trattino.
L'asterisco si usa per un'omissione (nel numero di tre consecutivi: non voglio parlare di quel ***) o in
linguistica per segnalare che la parola o la frase non è grammaticalmente corretta o è una forma ricostruita
teoricamente ma non attestata.
Le virgolette possono essere alte (" "), basse o sergenti (« »), semplici o apici („ ‟). Alte e basse si usano
indifferentemente per circoscrivere un discorso diretto o per le citazioni. Possono anche essere usate per
prendere le distanze dalle parole che si stanno usando (e nel parlato si dice infatti «tra virgolette»). Possono
essere sostituite spesso con il corsivo, che si usa per parole straniere o dialettali usate in un testo italiano e in
citazioni brevi. Le virgolette semplici si adoperano più raramente soprattutto per indicare il significato di
una parola o di una frase. In generale, sulla stampa la scelta delle virgolette è fortemente determinata dalle
singole regole editoriali.
Le parentesi tonde si usano per gli incisi, in concorrenza con virgole e trattino lungo.
Le parentesi quadre servono, ma assai raramente, per segnalare un inciso dentro un altro inciso composto
con tonde (quindi al contrario di quanto avviene in matematica le parentesi quadre sono dentro le tonde)
oppure racchiudono tre puntini di sospensione per segnalare, come già detto, un'omissione.
Infine, una raccomandazione sull'incontro tra diversi segni di punteggiatura: eventuali punti esclamativi o
interrogativi vanno posti prima del segno di chiusura di parentesi, virgolette o trattino lungo (Con te non
parlerò mai più! - urlò fuggendo per le scale), gli altri segni vanno posti dopo la parentesi chiusa: non vi parlerò a
vuoto (se avrete la grazia di ascoltarmi), ma vi porterò prove tangibili della mia innocenza. Per le virgolette e il
trattino la posizione degli altri segni interpuntivi è meno rigida e può dipendere ancora una volta da singole
scelte editoriali. Sul valore di una punteggiatura ben scelta si può concludere citando G. Leopardi, che
scriveva nel 1820 a Pietro Giordani: "Io per me, sapendo che la chiarezza è il primo debito dello scrittore, non
ho mai lodata l'avarizia de' segni, e vedo che spesse volte una sola virgola ben messa, dà luce a tutt'un
periodo. Oltre che il tedio e la stanchezza del povero lettore che si sfiata a ogni pagina, quando anche non
penasse a capire, nuoce ai più begli effetti di qualunque scrittura".
Per approfondimenti:
Biffi Marco, Risposta a un quesito, "Crusca per voi", 2002, n. 24 pp. 14-17;
Castellani Pollidori Ornella, Su una peculiarità interpuntiva dell’uso contemporaneo, "La Crusca per voi", n. 25
ottobre 2002, pp. 5-8;
Malagoli Giuseppe, Ortoepia e ortografia italiana moderna, Milano, Hoepli, 1912;
Maraschio Nicoletta, Risposta a un quesito, "Crusca per voi", 1995, n. 10 p. 8;
Mortara Garavelli Bice, Prontuario di punteggiatura, Roma-Bari, Laterza, 2003;
Serafini Francesca, Filippo Taricco, Punteggiatura, Milano, Rizzoli, 2001;
Serianni Luca, Grammatica italiana, Torino, UTET, 1989 (si citano n. capitolo e paragrafo).