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Memorandum 2016
di Mauro Scardovelli
Il punto di svolta: un nuovo pensiero per una
nuova umanità, una nuova politica e una nuova
economia
Il memorandum, composto da
quattro scritti autonomi, si ispira al
pensiero di alcuni intellettuali, da
me conosciuti personalmente o
attraverso lo studio dei loro ultimi
lavori, che sono stati decisivi per
l’elaborazione di questa proposta o
appello. Tra di essi ricordo in
particolare i filosofi Marco Guzzi,
Umberto Galimberti, Marco Vannini,
Roberto Mancini, e Diego Fusaro;
tra i giuristi, Luciano Barra
Caracciolo, Paolo Maddalena,
Roberto Scarpinato, Davide Storelli,
Mario Giambelli; tra gli economisti
critici, Alberto Bagnai, Antonio
Maria Rinaldi, Nino Galloni e
Vladimiro Giacché.
Grazie alla copertura mediatica,
nell’assoluta inconsapevolezza dei
cittadini, in Italia si è attuato un
vero e proprio colpo di stato. Quello
che segue è un appassionato
appello ad unire le forze, tutte le
forze autenticamente democratiche,
per compiere i passi necessari a
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ripristinare e rilanciare la legalità
costituzionale, e con essa la
ripresa dell’occupazione e
dell’economia. Legalità radicata nei
valori della resistenza al
nazifascismo e allo strapotere del
capitalismo senza freni, legalità
erosa e progressivamente svuotata
dall’ordoliberismo transnazionale.
Premessa e invito di partecipazione
Viviamo in un periodo storico in cui
un ristretto club di potenti persegue, con l'ingegnosità del
cinismo, il progetto di sostituire la democrazia con il mercato e
nel contempo di egemonizzare il mercato stesso sotto il potere
delle oligarchie finanziarie.
Ciò che tutti chiamano "crisi" è in realtà l'effetto dell'attuazione
di questo progetto del quale dev'essere ormai riconosciuta la
natura criminale (Roberto Mancini, La trasformazione dell’economia).
Il tutto con il sostegno degli intellettuali organici al potere (circo
mediatico e clero accademico) e sotto gli occhi disorientati e
impotenti dell’assoluta maggioranza dei cittadini.
Stiamo lavorando per formare un gruppo di intellettuali disorganici, un think tank di
filosofi, storici, economisti, esperti di finanza, giuristi, psicologi-formatori-comunicatori,
accomunati da alcuni caratteristiche e moventi fondamentali:
– intellettuali disorganici che sentono il dovere etico di utilizzare le proprie competenze
al servizio del bene comune, di tutta l’umanità, in un momento di estrema sofferenza e
pericolo per la sopravvivenza della civiltà e della cultura dei diritti umani
– intellettuali disorganici, ma disponibili ad organizzarsi e ad unire le forze
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– disponibili ad unire le forze per superare i limiti dell’attuale “società delle conoscenze
separate”, che rendono frammentato e miope il conoscente, nella misura in cui cede alla
tentazione dell’iperspecialismo
– disposti ad unire gli sforzi per modulare, arricchire ed integrare, nel dialogo e
nell’amicizia, i diversi punti di vista disciplinari e le diverse esperienze, per generare
un nuovo tipo di pensiero-linguaggio e una nuova visione d’insieme, unitaria negli intenti e nei
presupposti, e nello stesso tempo dinamica ed articolata, concreta e flessibile, in grado di
fornire un orientamento alla ricerca e all’azione emancipativa, un progetto-percorso
percorribile, che ridia speranza, fiducia ed entusiasmo ai tanti animi spenti che oggi, giovani
o meno giovani, nel futuro vedono solo una minaccia
– disposti quindi a fare formazione ed informazione con i mezzi più adeguati, perché
fiduciosi che la battaglia della conoscenza e della ragione non è mai definitivamente persa, ed
è ancora possibile e doveroso – seppur difficile – recuperare l’egemonia culturale in
favore di forze sociali autenticamente democratiche.
documento 1.
Progetto per formare un gruppo coeso e motivato di
intellettuali critici
Abbiamo un disperato bisogno di formare un gruppo di intellettuali disorganici, critici, fuori
del main stream – un think tank di filosofi, storici, economisti, esperti di finanza, giuristi,
sociologi, psicologi-formatori-comunicatori – accomunati da alcuni caratteri e moventi
fondamentali, che brevemente sintetizzo nei punti seguenti:
– pur essendo critici radicali dell’esistente (crisi spirituale, culturale, antropologica, ancor
prima che politica, istituzionale, economica, finanziaria), non hanno abbandonato il “principio
speranza”. Salvandosi dalle derive nichilisti e apologetiche indirette, sono rimasti fedeli
all’idea di poterlo trasformare, a partire però – e questo è il fatto inedito che qui viene
proposto – da un nuovo tipo di pensiero, non più radicato nella ragione strumentale e nella
visione riduzionista attualmente ancora imperante, che inesorabilmente conduce all’idiotismo
specialistico e ai problemi di oggi, ma in un’intelligenza più grande, che filosoficamente
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prende nome di intelligenza spirituale, o intelligenza intuitiva (nous poietikos o intelletto
attivo, nei termini di Aristotele), nella quale l’intelletto e il cuore agiscono in sinergia (i due
occhi dell’anima, secondo Margherita Porete)
– sono disponibili a condividere una profonda riflessione non solo sul mondo esterno, ma
anche su quello interno, sui propri modi di pensare e di sentire, di relazionarsi agli altri e di
fare cultura. Pronti quindi ad agire sul mondo esterno, muovendo da una presa di coscienza
della crisi antropologica e spirituale che stiamo vivendo, di straniamento e alienazione
estrema dal reale, che non risparmia nessuno, e che rende estremamente difficile unire le
forze sane. Una crisi dell’io umano, non scalfito dal progetto della modernità e dalla
promessa, mai mantenuta, di libertà e giustizia; un io egoico sempre più competitivo,
sintetizzato nella figura dell’Homo oeconomicus, freddo, razionale, calcolatore, attaccato ai
suoi interessi individualistici, incapace di generare comunità, e quindi di perseguire il bene
comune. Una figurazione di io non superata e risolta neppure dalle rivoluzioni comuniste del
‘900, e divenuto indiscusso fondamento dell’attuale sistema del capitalismo transnazionale,
attraverso l’equiparazione uomo-merce e il dominio assoluto dei mercati sulla politica e sulla
sovranità dei popoli. Da qui l’idea che trasformazione di sé e cambiamento della società non
possono più essere disgiunti, secondo l’insegnamento di Ghandi: “Sii il cambiamento che
desideri dal mondo”.
– sentono il dovere etico di utilizzare le proprie competenze al servizio del bene comune, del
popolo italiano e di tutta l’umanità, in un momento di estrema sofferenza e pericolo per la
sopravvivenza della civiltà e della cultura dei diritti umani, frutto di faticose conquiste dei
lavoratori, contro una regressione sempre più violenta, una barbarie neofeudale imposta dalle
lobby del capitalismo sfrenato
– sono disposti ad unire gli sforzi per superare i limiti dell’attuale “società delle conoscenze
separate”, che rendono frammentato e miope il conoscente, nella misura in cui cede alla
tentazione dell’iperspecialismo. Disposti ad unire gli sforzi per modulare, arricchire ed
integrare, – nella convinvialità e nell’amicizia – i diversi punti di vista disciplinari e le diverse
esperienze, per generare una nuova visione d’insieme, unitaria negli intenti e nei presupposti,
e nello stesso tempo dinamica e articolata, concreta e flessibile, in grado di fornire un
orientamento alla ricerca e all’azione, un progetto-percorso percorribile, che ridia speranza,
fiducia ed entusiasmo ai tanti animi spenti che oggi, giovani o meno giovani, nel futuro
vedono solo una minaccia. Un gruppo quindi che diventi esempio contagioso di un nuovo
modo di fare cultura, conoscenza, politica, nel senso alto della parola, a partire dalla relazione
di amicizia, rispetto e stima reciproci; un modo comunicabile, trasferibile, in grado di rianimare
una cultura asfittica e un uditorio e un pubblico ormai allo stremo. Non quindi un incontro
sporadico, un convegno o una serie di conferenze, che lasciano le cose come prima, ma un
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vero progetto di formazione di lungo respiro, in grado di incidere sulla cultura, sul modo di
pensare e sul sentire della gente comune, cioè sul corpo degli elettori, attualmente
colonizzato, disorientato e reso diviso e impotente dalla disinformazione sistematica
– sono preferibilmente già attivi e impegnati da anni in questa direzione, in contatto diretto o
telematico con un pubblico che li segue e con cui hanno già un dialogo e uno scambio
profiquo. Non quindi intellettuali che si rifugiano nell’astrazione accademica, ma hanno lunga
esperienza di dialogo, di scambio e di formazione con un pubblico variegato, che li mette in
discussione e li tiene aperti ad imparare e a disimparare per riapprendere
– condividono l’idea che l’economia si cambia con la politica, e che in democrazia la politica
si cambia svelando il falso, che oggi ha colonizzato l’assoluta maggioranza delle menti, e
aiutando ad intravvedere un futuro che non sia più una minaccia, ma una promessa che può
essere realisticamente mantenuta con la partecipazione di tutti (in pieno accordo alla forma di
società chiaramente delineata dalla nostra Costituzione)
– coerentemente, sono disposti ad impegnarsi non solo sul lato della corretta informazione,
premessa assolutamente idispensabile, ma anche sul lato della formazione. Formazione
mirata a creare gruppi di formatori attivi sul territorio, capaci di diffondere a tutti, con l’ausilio
di video e di scritti didatticamente efficaci, le verità nascoste e le pratiche per liberarsi
dall’ignoranza strutturale che trasforma i cittadini in sudditi impotenti. Disposti quindi a fare
formazione e informazione, con i mezzi più adeguati, perché fiduciosi che la battaglia della
conoscenza e della ragione non è mai definitivamente persa, ed è ancora possibile – pur
se difficile – riconquistare l’egemonia culturale a favore delle forze sociali progressiste (egemonia
attualmente in mano alle forze reazionarie-oscurantiste del capitalismo transnazionale, grazie all’appoggio incondizionato di
un clero accademico e mediatico ben ricompensato e retribuito per i suoi servizi).
– sono pronti a ripartire dalla Costituzione Italiana, anima ancora giuridicamente presente e
viva del nostro paese, espressione delle sue èlite più avanzate, ferita e tradita nei suoi principi
fondamentali e nei diritti economici e sociali, che ne costituiscono la necessaria esplicitazione.
Pronti a ripartire dalla Costituzione, non per tornare indietro, ma per andare avanti nel
processo costituente, per apportare le modifiche necessarie a metterla in sicurezza contro i
continui attacchi a cui è stata esposta, e per ridefinire in melius la sua parte più originale, che
ne fa un documento straordinario per la costruzione di una democrazia sostanziale, di liberi
ed eguali
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documento 2.
Il dovere degli intellettuali
disorganici di unire le forze
e di svelare ai cittadini,
con estrema chiarezza e pazienza,
lo svuotamento della Costituzione italiana,
compiuto ai danni del lavoro e dello stato sociale,
a beneficio esclusivo delle banche
e del sistema economico-finanziario
“L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti
indicati nella costituzione” (Costituzione italiana, art. 1)
Sovranità significa potere di decidere, di operare delle scelte. Ma il potere
di decidere non è nulla se non è preceduto dalla chiara comprensione di
ciò che si decide, e delle conseguenze delle decisioni stesse. Così un
tiranno può offrirmi la possibilità di scegliere da quale porta uscire dalla mia
cella, dicendomi che sono libero, senza informarmi che la porta destra mi
condurrà all’impiccagione e quella sinistra alla ghigliottina.
La sovranità popolare è solo una finzione se non si accompagna alla
garanzia di una retta informazione pubblica.
In assenza di retta informazione, il potere effettivo non si diffonde affatto
nel popolo, ma rimane accentrato nelle mani di chi possiede ingenti risorse
finanziarie. La democrazia rimane una farsa.
Attraverso il controllo dell’informazione di massa, le oligarchie economico
finanziarie hanno a disposizione un’efficacissimo strumento per manipolare
l’opinione popolare e indirizzarla a compiere o ad avallare scelte che
favoriscono i loro interessi.
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Il modo migliore per controllare l’informazione è agire a monte della stessa,
creando un sistema – economico, finanziario e giuridico (v. Ordoliberismo,
Trattati europei ecc.) –, sempre più complicato, impermeabile, illeggibile dal
cittadino comune, al quale non rimane che affidarsi ai tecnici, quelli stessi
che hanno creato la confusione e l’opacità del sistema per servire i fini
privati di banche e oligarchie finanziarie.
La lotta di classe, tra capitale e lavoro, oggi si gioca tutta sulla sponda
dell’informazione. Un popolo disinformato, distratto, non alfabetizzato, non
dotato di strumenti sufficienti per comprendere con chiarezza le regole del
gioco, si trova di fatto in una situazione di minorità, di dipendenza, di
assoluta passività. Pur possedendo formalmente il diritto di voto e di
incidere sulle decisioni del governo del paese, di fatto è privato di ogni
sovranità e ridotto all’impotenza.
La propaganda mediatica, dopo la svolta neoliberista (Reagan, Tatcher),
giorno per giorno, anno dopo anno, ha colonizzato le menti attraverso la
continua ripetizione di slogan, sempre uguali, apparentemente verosimili
(non ci sono più soldi, abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità, il problema è il
debito pubblico, l’inflazione è la tassa più iniqua, dobbiamo conquistare la fiducia dei mercati,
ci vuole più Europa...),
finché essi sono diventati parte integrante del pensiero e
del sentire comune.
In questo processo, che ha visto progressivamente svuotare le conquiste
ottenute negli ultimi centocinquant’anni dai lavoratori, a prezzo di immensi
sacrifici, hanno giocato un ruolo determinante gli intellettuali organici,
apologeti del capitale e del potere finanziario, vassalli e servitori del
principe, che li ripaga con denaro, privilegi, carriera, visibilità.
Gli intellettuali disorganici, gli intellettuali critici, dissenzienti, allergici per
formazione ad ogni collusione con il potere del principe, sono rimasti una
sparuta minoranza. Liberi di scrivere, di esporre le loro opinioni ,– libertà
funzionale al sistema che vuole apparire democratico senza esserlo –, ma
emarginati dal flusso dell’informazione mass-mediatica, unica che fa
opinione, fa politica e genera mondo. Condannati all’irrilevanza sociale, se
non all’interno di ristrette nicchie, come animali in via di estinzione, essi
stessi diventano facile preda di depressione e nichilismo. Anziché unire le
forze, anziché sostenersi e incoraggiarsi a vicenda, contrariamente al bene
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comune che cercano di perseguire, che è il loro stesso bene, facilmente
cadono preda della tendenza a isolarsi o a confliggere, a disconfermarsi e
a contraddirsi, portando acqua al mulino degli avversari, in un disperato
bisogno di rafforzare il senso di un’identità perennemente a rischio.
Così, paradossalmente, troviamo più unità e coesione tra opinion leader e intellettuali organici al potere, che come è noto si
radica nel divide et impera, e meno coesione tra intellettuali che aspirano alla coesione, all’unione, al bene comune.
Mettiamoci ora nei panni della minoranza di cittadini non ancora
pienamente colonizzati, che cercano onestamente di informarsi in modo
critico, per orientarsi e svolgere con consapevolezza la funzione loro
assegnata dalla Costituzione: partecipare all’organizzazione politica,
economica e sociale del paese.
Da dove iniziano? A chi si rivolgono? Come fanno a non disperdersi in un
mare di opinioni critiche, disponibili a tutti, ma quasi sempre espresse in un
linguaggio riservato a pochi iniziati, spesso parziali, non sistematiche, o
addirittura disgiunte e conflittuali tra loro?
Se gli intellettuali disorganici, che sono professionisti della conoscenza,
non riescono a mettersi d’accordo su un orientamento comune, come
faranno i cittadini non professionisti a vedere più lontano e con più
intelligenza di loro? Se le guide alpine litigano sul percorso da seguire,
possono i loro clienti scegliere al posto loro meglio delle guide? Se le
banche fanno finta di non sapere che coloro che richiedono un prestito
non sono in grado di restituirlo, sono i richiedenti a dover mettere in
guardia le banche (v. crisi dei subprime, crisi della Grecia ecc.)?
In un mondo alla rovescia, nel quale la finanza e l’economia siedono nelle
prime file, – anziché nelle ultime (come auspicava Keynes), – prima dei bisogni
delle persone, dei diritti di libertà, dei diritti politici, dei diritti sociali, dei
diritti dell’ambiente, in un mondo siffatto la risposta è sì: sono i meno
competenti a doversi assumere la responsabilità. Sono i più piccoli che
devono dire ai più grandi ciò che devono fare per il loro bene.
Se guardiamo con sufficiente distacco, è molto semplice capire perché i
cittadini, soprattutto i più giovani, totalmente disorientati e privi di ogni
prospettiva, rinuncino in partenza ad ogni forma di impegno e
partecipazione.
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Se andiamo avanti così, ha ragione Heidegger: solo un dio ci può salvare.
Nel contempo, se guardiamo con sufficiente distacco, è molto semplice
capire il compito che spetta agli intellettuali disorganici.
documento 3
Il tradimento degli italiani. Come l’Italia può
riscattarsi
Il cuore pulsante della Costituzione italiana,
la Costituzione economica,
non revisionabile neppure con legge costituzionale,
in quanto attuazione necessaria dei principi fondamentali (Barra Caracciolo),
è stato zittito, svuotato dall’interno,
in modo strisciante e silenzioso,
nell’assoluta inconsapevolezza
del popolo italiano,
che, distratto dall’informazione mediatica e pubblicitaria,
gradualmente, in punta di piedi,
ha perso:
la sovranità della moneta, la sovranità fiscale,
la sovranità nella direzione dell’economia (Alberto Bagnai),
e con esse:
il diritto al lavoro,
il diritto all’educazione e all’istruzione,
il diritto alla salute,
il diritto a farsi una famiglia,
il diritto al risparmio sicuro,
il diritto ad una vita dignitosa.
Un vero e proprio colpo di stato (Giuseppe Guarino, Luciano Gallino),
perpetuato con la compiacenza e connivenza
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non solo della politica,
ma del clero mediatico ed accademico,
asservito al “gioco grande” dei poteri forti (Roberto Scarpinato).
Il capitalismo sfrenato, con la finanza speculativa fuori controllo,
contenuto e temperato nelle costituzioni del dopoguerra,
ben consapevoli del suo pericolo,
è tornato prepotentemente di scena,
cambiando nuovamente le regole del gioco
a suo favore (Diego Fusaro).
Ci troviamo quindi in mezzo a una guerra,
economica e finanziaria (Paolo Maddalena),
senza esclusione di colpi,
in cui ancora una volta i più forti fanno le leggi,
in dispregio della democrazia (Roberto Mancini),
accumulando immani ricchezze,
e i più deboli le subiscono,
impoverendosi sempre più (Marco Guzzi).
La classe degli intellettuali,
che ha tradito l’Italia e gli italiani,
con il suo silenzio o con le sue collusioni,
ha il dovere di rimediare,
coinvolgendo la parte migliore di sé
in un progetto di riscatto
che cominci ad informare i cittadini
su ciò che è veramente successo,
e sulla via percorribile per uscire da questo disastro.
Ma non basta la voce di singoli intellettuali onesti
che dicano il vero.
Gli italiani sono esausti e confusi,
le loro menti sono colonizzate dai dibattiti televisivi,
dai giornali reticenti, da un’informazione su internet
frammentata, parcellizzata, contraddittoria, nella quale è molto difficile
orientarsi.
Hanno bisogno di un luogo sicuro in cui riporre fiducia,
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hanno bisogno di un gruppo di esperti e studiosi affidabili,
che funga da punto di riferimento e orientamento,
uniti nelle cose essenziali.
Intellettuali competenti, onesti, amici tra loro,
che riflettano insieme in modo pacato e profondo,
che abbiano a cuore la Costituzione Italiana
e la sorte di un popolo in grande sofferenza,
bisognoso di una guida onesta, competente e affidabile, capace
di informarli in modo corretto,
aiutarli a riflettere, stimolarli a leggere, vedere filmati,
ricercare, diventare attivi, creare gruppi di studio e discussione,
riallacciando i fili di una tradizione popolare,
distrutta dalla televisione,
di persone che si informavano e discutevano tra loro,
creando un tessuto partecipativo
senza il quale la democrazia diventa un guscio vuoto.
L’Italia, culla indiscussa della cultura umanistica,
che nel dopoguerra ha partorito un sistema
di piccole e medie imprese tra le più creative al mondo,
attualmente in agonia,
calpestata e umiliata da una politica e un’economia suicida,
può così avere un’occasione di riscatto,
diventando esempio e leader
di una trasformazione filosofica e culturale,
in senso umanistico e spirituale
di cui l’intero pianeta ha urgentemente bisogno.
Documento 4
In Italia, la crisi attuale, con la disoccupazione crescente e il rapido
impoverimento del paese, genera nelle persone, e in particolare nei più giovani,
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uno sconforto e uno smarrimento sempre più grave, alimentato dal senso di
impotenza e mancanza di una prospettiva futura (Umberto Galimberti).
Non si trova lavoro, si perde il lavoro o si trova un lavoro precario e degradante;
le famiglie si disintegrano o non si formano; le passioni tristi, le dipendenze, la
depressione e l’insignificanza sociale si diffondono; la miseria dei molti avanza
insieme ad una ricchezza smisurata di pochi. L’intera terra si surriscalda,
l’ambiente si degrada. E non si sa che fare.
La narrazione mediatica, asservita alle istituzioni economico–finanziarie
sovranazionali, non fa che incrementare disorientamento e paura, funzionali al
mantenimento del potere delle élite.
La sfiducia e la disaffezione nei confronti della politica, il ritiro nel privato e la
rinuncia ad ogni forma di partecipazione, non è colpa di un popolo di
indifferenti (contro cui si scagliava Gramsci), ma è la conseguenza della mancanza di
un’offerta politica vera, autenticamente nuova, autenticamente al servizio del
bene e della giustizia, ovvero del bene comune, del bene di tutti, secondo una
linea che risulta chiaramente tracciata nei principi fondamentali della nostra
Costituzione, sempre più spesso rimossa e ignorata, come rimossa è la
memoria storica da cui essa trae alimento (Roberto Scarpinato).
Per uscire dalla crisi depressiva (etica e spirituale, filosofica e culturale, antropologica e psicologica, prima
che politica, economica, finanziaria, ecologica e ambientale), che ci rende divisi e impotenti, occorre
preparare il terreno per la creazione di un movimento politico-culturale
trasversale, che risponda ai requisiti sopra indicati (Fusaro), non più radicato nelle
storiche e consunte logiche del potere dominio e del calcolo, dell’idiotismo
specialistico e della spartizione (coerenti con la filosofia del capitalismo sfrenato), ma fondato
sulla ricerca di verità e autenticità, conoscenza e competenza, bene e giustizia.
Un movimento politico (ispirato ai grandi leader dell’emancipazione umana: Gandhi, Mandela, Martin
Luther King, e ai grandi maestri spirituali dell’umanità) in grado di trasformare rabbia e
indignazione, individuali e collettive, – rimosse, represse o violentemente
espresse –, in una forza inarrestabile al servizio della pacificazione umana (Marco
Guzzi). Pacificazione interna ed esterna, individuale e collettiva dell’umanità, di
tutta l’umanità, oppressa e sofferente, prigioniera di se stessa e delle terribili
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forze materiali, psichiche e spirituali negative, che ha scatenato o assecondato
dentro e fuori di sé.
Una forza che sappia ridare forza ed entusiasmo, che sappia infiammare gli
animi, incenerendo la piaga dell’egoismo narcisistico, che li fa interiormente
scissi, conflittuali con se stessi e ostili agli altri, offrendo loro un’inedita
possibilità di liberazione dall’inimicizia e di realizzazione della loro vera natura di
esseri socievoli e comunitari. Che sappia trasformare la distruttività e l’eterna
ripetizione dell’eguale – l’eterna macabra danza di oppressori e vittime, all’interno di un
mondo malato di ineguaglianza e ingiustizia –, in creatività, innovazione e
invenzione di una società moderna, di liberi ed eguali, tecnicamente
avanzata.
Un movimento politico, quindi, in grado di connettere, valorizzare e
progressivamente riunire, in una visione unitaria e in un progetto comune, chiaro
e condiviso, le molteplici eccellenze, competenze e conoscenze, espresse dalla
società civile (Paul Hawken), non asservite alla logica del capitalismo sfrenato (Stefano
Zamagni, Nino Galloni) – associazioni e imprese no profit, onlus, centri studio e ricerca, organizzazioni
professionali, associazioni di insegnanti e genitori, istituti di formazione, centri di spiritualità, organizzazioni di
ecologisti... –,
risorse attualmente disperse sul territorio, disorganizzate,
autoreferenziali, impegnate in settori o battaglie particolari, ma incapaci di
esprimere una visione unitaria ed una conseguente prassi trasformativa (Diego
Fusaro). Prassi in grado di incidere sui reali rapporti di forza che rendono così
violenta e ingiusta l’attuale società planetaria, fondata sull’etica della
competizione e della guerra .
Ma come può originarsi un soggetto politico di questo tipo, veramente vivo e
vitale, sideralmente lontano dalle comuni logiche di predazione e spartizione,
distruzione e morte, che caratterizzano la vita pubblica?
Come può configurarsi un piccolo gruppo che aspiri a fondare un tale
movimento? Che caratteristiche dovranno avere i suoi membri, quali
professionalità, quali competenze, quali conoscenze, quali attitudini, quali
moventi, affinché il tentativo non sia vanificato in partenza o lungo il percorso?
Cominciamo dalle cose più facili da definirsi: competenze, conoscenze,
professionalità.
Sicuramente per immaginare come trasformare progressivamente l’attuale
sistema del finanzcapitalismo predatorio, nel modo più indolore, e ricostruire un
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sistema al servizio del bene comune, sono indispensabili i migliori economisti
critici e i migliori esperti di finanza, che da tempo sono impegnati in questa
direzione.
Come pure sono indispensabili i migliori giuristi critici, non mainstream, per
ridare vita e respiro collettivo ai principi della nostra Costituzione, calpestata e
violata nei suoi aspetti fondativi da trattati internazionali ispirati alla visione
neoliberista, con la connivenza o la distrazione non solo dei politici, ma anche
dei giuristi meno attenti o meno consapevoli.
Trattati che sono stati recepiti nella nostra legislazione, in spregio dei dettami
costituzionali, abdicando alla forma repubblicana prevista nella Costituzione. Il
che significa grave regressione alle forme oligarchiche e autoritarie del passato,
rinunciando ai benefici della democrazia moderna, ovvero alla democrazia
sostanziale (C. Mortati), la cui caratteristica specifica è la normazione di un welfare
state in grado di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che
impediscono di fatto la partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione
politica, economica e sociale del paese.
Economisti e giuristi devono incontrarsi e lavorare insieme, perché solo da una
profonda comprensione del rapporto inscindibile tra norme giuridiche,
soprattutto costituzionali, da una parte, ed economia e finanza, dall’altra, si può
sperare di avere un quadro non unilaterale dei problemi da affrontare.
Un’altra presenza indispensabile è quella dei filosofi critici, che si sono occupati
di economia, finanza e diritto, dal punto di vista filosofico autentico, in quanto
professionalmente esperti di dialettica, – arte di connettere ogni cosa a tutte le
altre –, per fornire una visione d’insieme, non unilaterale, la sola che può
aspirare a promuovere il bene comune, ovvero, nella concezione di Platone, il
bene e la giustizia.
Mai come oggi i filosofi non mainstream sono preziosi, per proteggerci dalla
catastrofe del sempre più imperante idiotismo specialistico, e dalla conseguente
“tragedia dell’etico”, dato che gli specialisti, salvo eccezioni, sono “esperti senza
intelligenza” (M. Weber).
Non solo. Compito primario della vera filosofia è l’emancipazione dell’essere
umano, in primo luogo dalla paura, attraverso la cura del ragionare bene,
dell’argomentare e del pensare grande, del pensare che fa grande l’uomo,
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come antidoto al pensare piccolo o miserevole, oggi di moda, che favorisce
l’oppressione dell’uomo sull’uomo e dell’uomo condizionato su se stesso.
Conseguenza primaria del pensare bene è pensare l’uomo come essere di
natura socievole e relazionale, come anche le scienze umane attualmente
insegnano, sconfessando la concezione mitica dell’Homo Oeconomicus,
individualista e calcolatore, diffidente e avido, di matrice Hobbesiana, alla base
dell’economia classica e neoclassica, o neoliberale, oggi dominante, che
impone la competizione di tutti contro tutti come mezzo per accrescere la
ricchezza (Roberto Mancini).
Un’altra componente che non può mancare è quella che, in senso ampio,
possiamo riassumere nei termini di competenza psicologica, clinica, cognitiva,
formativa, didattica, comunicativa. Esperti in questo settore sono essenziali per
favorire una comunicazione produttiva all’interno del gruppo di lavoro, attraverso
l’instaurazione di un clima di ascolto profondo e di reciproca fiducia e amicizia,
che consenta al dialogo di fluire in modo semplice e armonico, efficace e
costruttivo, con piena soddisfazione di tutti i presenti. Abbiamo bisogno di
imparare gli uni dagli altri, per superare i limiti dei nostri specialismi. Abbiamo
bisogno di essere aperti, flessibili e ricettivi durante l’ascolto, e chiari, sintetici ed
essenziali nei nostri interventi, affinché si formi un gruppo di apprendimento
condiviso veramente efficace.
Abbiamo bisogno di poterci esprimere in modo diretto, caldo e genuino,
mettendo a nudo le nostre opinioni, anche se in un primo tempo possono
divergere e confliggere tra loro, nella fiducia che, nel rispetto reciproco, i conflitti
si possono superare attraverso un punto di vista più ampio che comprenda le
ragioni sane di entrambe le posizioni, e le sappia valorizzare in una sintesi
superiore. Per ottenere questi risultati, la facilitazione proveniente da una
competenza negoziale profonda, radicata nell’esperienza clinica, risulta spesso
decisiva per sciogliere le comuni barriere che si frappongono nella
comunicazione ordinaria, ostacolando la comprensione e il flusso
dell’intelligenza, anche tra persone seriamente motivate, di alta capacità e
professionalità.
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Passiamo adesso ad una componente più delicata da definire: le attitudini, le
caratteristiche personali e i moventi auspicabili nel gruppo di lavoro.
In primo luogo l’umiltà, intesa come capacità di aprirsi alle ragioni dell’altro,
anche se sono diverse dalle nostre, in opposizione alla presunzione di
possedere una verità superiore (Marco Guzzi). Umiltà che si radica nella
consapevolezza dei nostri umani, troppo umani, limiti. Limiti non solo cognitivi,
di percezione, di memoria, di comprensione e di visione, ma anche emotivi, di
empatia e di risonanza, con esperienze, storie e caratteri, a noi lontani. Umiltà
che si manifesta nell’autentico interesse verso il mondo dell’altro, percepito
come ricchezza da cui attingere, e nell’ascolto profondo che ne origina.
In secondo luogo, conseguente al primo, l’atteggiamento di ricerca, la viva
curiosità, l’attitudine a sognare, esplorare e rinnovarsi, l’apertura al nascente, e
la capacità di lasciar andare l’abituale, il vecchio, il morente, quando è ormai di
ostacolo. Con l’entusiasmo, il coinvolgimento e la passione che ne seguono,
alimenti primari per infiammare il movente fondamentale, non egoico, di bene e
giustizia.
In terzo luogo, accanto alla passione condivisa, l’integrità e il senso di
responsabilità sociale (Roberto Mancini), la perseveranza e la pazienza (Marco Guzzi), la
disciplina di sé, la capacità di concentrare gli sforzi su ciò che è veramente
essenziale, senza cedere a distrazioni, dilazioni, deviazioni secondarie. E la
concentrazione sull’obiettivo, sull’importanza di raggiungerlo attraverso un
progetto articolato nelle linee essenziali, realistico, sufficientemente dettagliato,
che può essere comunicato e diffuso ovunque, con tutti i mezzi disponibili, per
coinvolgere e ridare voce e speranza alla popolazione dei disorientati, dei
disillusi, dei traditi nelle loro sacrosante aspirazioni a vivere in un mondo in cui la
giustizia guadagni terreno sull’ingiustizia, la solidarietà sull’avidità, l’amicizia
sull’ostilità, la libertà sull’oppressione, l’allegria sulle passioni tristi.
Per concludere,
abbiamo un disperato bisogno di intellettuali disorganici (Roberto Scarpinato)
massimamente competenti,
coraggiosi e ben motivati,
disinteressati al potere e interessati al bene comune,
capaci di mettere da parte carriera e privilegi,
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decisi a lavorare insieme ad un progetto di emancipazione nazionale e
transnazionale,
chiaro, realistico e praticabile,
sul quale fondare
un movimento politico originale,
capace di generare una nuova coscienza di classe
che unisca tutti gli offesi e gli oppressi del pianeta,
superando le tradizionali divisioni,
tra imprenditori e lavoratori,
borghesi e proletari,
nord e sud,
autoctoni e immigrati,
destre e sinistre,
credenti e non credenti,
lavoratori e ambientalisti,
rese obsolete dal nuovo assetto del potere capitalistico transnazionale (Fusaro).
Un movimento politico che ponga fine alla guerra tra poveri,
tra poveri e agiati in procinto di diventare poveri,
tra proletari e classe media in via di proletarizzazione,
unendo le forze per opporre resistenza
e infine sconfiggere il comune nemico,
come è accaduto durante la seconda guerra mondiale
nell’alleanza contro il nazifascismo, inteso come male assoluto.
Le stesse forze che avevano allora appoggiato il nazifascismo,
hanno oggi generato un mostro ancora più potente,
perché più raffinato e intelligente,
impersonale e senza volto,
senza avversari perché scientificamente mascherato come legge della natura,
che agisce nella vita di tutti,
giorno dopo giorno,
non con le armi dei militari,
ma con le armi più affilate della finanza, delle banche e della speculazione,
e con quelle più sofisticate della propaganda e della colonizzazione delle menti,
operate dal clero mass-mediatico e accademico (Costanzo Preve),
che stanno strangolando l’economia reale e la democrazia rappresentativa,
il diritto all’informazione e all’educazione,
il diritto al lavoro,
il diritto alla giustizia,
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il diritto ad una famiglia e ad una vita dignitosa.
Auguro a tutti buon lavoro e vita felice, con le parole di
Renè Girard:
“Credo che siamo alla vigilia di una rivoluzione della
nostra cultura che va al di là di qualsiasi aspettativa, e
che il mondo si stia spostando verso un cambiamento al
confronto del quale il Rinascimento ci sembrerà nulla e
ovviamente si tratta di una prospettiva affascinante”.
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