Memorandum 2016 di Mauro Scardovelli Il punto di svolta: un nuovo pensiero per una nuova umanità, una nuova politica e una nuova economia Il memorandum, composto da quattro scritti autonomi, si ispira al pensiero di alcuni intellettuali, da me conosciuti personalmente o attraverso lo studio dei loro ultimi lavori, che sono stati decisivi per l’elaborazione di questa proposta o appello. Tra di essi ricordo in particolare i filosofi Marco Guzzi, Umberto Galimberti, Marco Vannini, Roberto Mancini, e Diego Fusaro; tra i giuristi, Luciano Barra Caracciolo, Paolo Maddalena, Roberto Scarpinato, Davide Storelli, Mario Giambelli; tra gli economisti critici, Alberto Bagnai, Antonio Maria Rinaldi, Nino Galloni e Vladimiro Giacché. Grazie alla copertura mediatica, nell’assoluta inconsapevolezza dei cittadini, in Italia si è attuato un vero e proprio colpo di stato. Quello che segue è un appassionato appello ad unire le forze, tutte le forze autenticamente democratiche, per compiere i passi necessari a 1 ripristinare e rilanciare la legalità costituzionale, e con essa la ripresa dell’occupazione e dell’economia. Legalità radicata nei valori della resistenza al nazifascismo e allo strapotere del capitalismo senza freni, legalità erosa e progressivamente svuotata dall’ordoliberismo transnazionale. Premessa e invito di partecipazione Viviamo in un periodo storico in cui un ristretto club di potenti persegue, con l'ingegnosità del cinismo, il progetto di sostituire la democrazia con il mercato e nel contempo di egemonizzare il mercato stesso sotto il potere delle oligarchie finanziarie. Ciò che tutti chiamano "crisi" è in realtà l'effetto dell'attuazione di questo progetto del quale dev'essere ormai riconosciuta la natura criminale (Roberto Mancini, La trasformazione dell’economia). Il tutto con il sostegno degli intellettuali organici al potere (circo mediatico e clero accademico) e sotto gli occhi disorientati e impotenti dell’assoluta maggioranza dei cittadini. Stiamo lavorando per formare un gruppo di intellettuali disorganici, un think tank di filosofi, storici, economisti, esperti di finanza, giuristi, psicologi-formatori-comunicatori, accomunati da alcuni caratteristiche e moventi fondamentali: – intellettuali disorganici che sentono il dovere etico di utilizzare le proprie competenze al servizio del bene comune, di tutta l’umanità, in un momento di estrema sofferenza e pericolo per la sopravvivenza della civiltà e della cultura dei diritti umani – intellettuali disorganici, ma disponibili ad organizzarsi e ad unire le forze 2 – disponibili ad unire le forze per superare i limiti dell’attuale “società delle conoscenze separate”, che rendono frammentato e miope il conoscente, nella misura in cui cede alla tentazione dell’iperspecialismo – disposti ad unire gli sforzi per modulare, arricchire ed integrare, nel dialogo e nell’amicizia, i diversi punti di vista disciplinari e le diverse esperienze, per generare un nuovo tipo di pensiero-linguaggio e una nuova visione d’insieme, unitaria negli intenti e nei presupposti, e nello stesso tempo dinamica ed articolata, concreta e flessibile, in grado di fornire un orientamento alla ricerca e all’azione emancipativa, un progetto-percorso percorribile, che ridia speranza, fiducia ed entusiasmo ai tanti animi spenti che oggi, giovani o meno giovani, nel futuro vedono solo una minaccia – disposti quindi a fare formazione ed informazione con i mezzi più adeguati, perché fiduciosi che la battaglia della conoscenza e della ragione non è mai definitivamente persa, ed è ancora possibile e doveroso – seppur difficile – recuperare l’egemonia culturale in favore di forze sociali autenticamente democratiche. documento 1. Progetto per formare un gruppo coeso e motivato di intellettuali critici Abbiamo un disperato bisogno di formare un gruppo di intellettuali disorganici, critici, fuori del main stream – un think tank di filosofi, storici, economisti, esperti di finanza, giuristi, sociologi, psicologi-formatori-comunicatori – accomunati da alcuni caratteri e moventi fondamentali, che brevemente sintetizzo nei punti seguenti: – pur essendo critici radicali dell’esistente (crisi spirituale, culturale, antropologica, ancor prima che politica, istituzionale, economica, finanziaria), non hanno abbandonato il “principio speranza”. Salvandosi dalle derive nichilisti e apologetiche indirette, sono rimasti fedeli all’idea di poterlo trasformare, a partire però – e questo è il fatto inedito che qui viene proposto – da un nuovo tipo di pensiero, non più radicato nella ragione strumentale e nella visione riduzionista attualmente ancora imperante, che inesorabilmente conduce all’idiotismo specialistico e ai problemi di oggi, ma in un’intelligenza più grande, che filosoficamente 3 prende nome di intelligenza spirituale, o intelligenza intuitiva (nous poietikos o intelletto attivo, nei termini di Aristotele), nella quale l’intelletto e il cuore agiscono in sinergia (i due occhi dell’anima, secondo Margherita Porete) – sono disponibili a condividere una profonda riflessione non solo sul mondo esterno, ma anche su quello interno, sui propri modi di pensare e di sentire, di relazionarsi agli altri e di fare cultura. Pronti quindi ad agire sul mondo esterno, muovendo da una presa di coscienza della crisi antropologica e spirituale che stiamo vivendo, di straniamento e alienazione estrema dal reale, che non risparmia nessuno, e che rende estremamente difficile unire le forze sane. Una crisi dell’io umano, non scalfito dal progetto della modernità e dalla promessa, mai mantenuta, di libertà e giustizia; un io egoico sempre più competitivo, sintetizzato nella figura dell’Homo oeconomicus, freddo, razionale, calcolatore, attaccato ai suoi interessi individualistici, incapace di generare comunità, e quindi di perseguire il bene comune. Una figurazione di io non superata e risolta neppure dalle rivoluzioni comuniste del ‘900, e divenuto indiscusso fondamento dell’attuale sistema del capitalismo transnazionale, attraverso l’equiparazione uomo-merce e il dominio assoluto dei mercati sulla politica e sulla sovranità dei popoli. Da qui l’idea che trasformazione di sé e cambiamento della società non possono più essere disgiunti, secondo l’insegnamento di Ghandi: “Sii il cambiamento che desideri dal mondo”. – sentono il dovere etico di utilizzare le proprie competenze al servizio del bene comune, del popolo italiano e di tutta l’umanità, in un momento di estrema sofferenza e pericolo per la sopravvivenza della civiltà e della cultura dei diritti umani, frutto di faticose conquiste dei lavoratori, contro una regressione sempre più violenta, una barbarie neofeudale imposta dalle lobby del capitalismo sfrenato – sono disposti ad unire gli sforzi per superare i limiti dell’attuale “società delle conoscenze separate”, che rendono frammentato e miope il conoscente, nella misura in cui cede alla tentazione dell’iperspecialismo. Disposti ad unire gli sforzi per modulare, arricchire ed integrare, – nella convinvialità e nell’amicizia – i diversi punti di vista disciplinari e le diverse esperienze, per generare una nuova visione d’insieme, unitaria negli intenti e nei presupposti, e nello stesso tempo dinamica e articolata, concreta e flessibile, in grado di fornire un orientamento alla ricerca e all’azione, un progetto-percorso percorribile, che ridia speranza, fiducia ed entusiasmo ai tanti animi spenti che oggi, giovani o meno giovani, nel futuro vedono solo una minaccia. Un gruppo quindi che diventi esempio contagioso di un nuovo modo di fare cultura, conoscenza, politica, nel senso alto della parola, a partire dalla relazione di amicizia, rispetto e stima reciproci; un modo comunicabile, trasferibile, in grado di rianimare una cultura asfittica e un uditorio e un pubblico ormai allo stremo. Non quindi un incontro sporadico, un convegno o una serie di conferenze, che lasciano le cose come prima, ma un 4 vero progetto di formazione di lungo respiro, in grado di incidere sulla cultura, sul modo di pensare e sul sentire della gente comune, cioè sul corpo degli elettori, attualmente colonizzato, disorientato e reso diviso e impotente dalla disinformazione sistematica – sono preferibilmente già attivi e impegnati da anni in questa direzione, in contatto diretto o telematico con un pubblico che li segue e con cui hanno già un dialogo e uno scambio profiquo. Non quindi intellettuali che si rifugiano nell’astrazione accademica, ma hanno lunga esperienza di dialogo, di scambio e di formazione con un pubblico variegato, che li mette in discussione e li tiene aperti ad imparare e a disimparare per riapprendere – condividono l’idea che l’economia si cambia con la politica, e che in democrazia la politica si cambia svelando il falso, che oggi ha colonizzato l’assoluta maggioranza delle menti, e aiutando ad intravvedere un futuro che non sia più una minaccia, ma una promessa che può essere realisticamente mantenuta con la partecipazione di tutti (in pieno accordo alla forma di società chiaramente delineata dalla nostra Costituzione) – coerentemente, sono disposti ad impegnarsi non solo sul lato della corretta informazione, premessa assolutamente idispensabile, ma anche sul lato della formazione. Formazione mirata a creare gruppi di formatori attivi sul territorio, capaci di diffondere a tutti, con l’ausilio di video e di scritti didatticamente efficaci, le verità nascoste e le pratiche per liberarsi dall’ignoranza strutturale che trasforma i cittadini in sudditi impotenti. Disposti quindi a fare formazione e informazione, con i mezzi più adeguati, perché fiduciosi che la battaglia della conoscenza e della ragione non è mai definitivamente persa, ed è ancora possibile – pur se difficile – riconquistare l’egemonia culturale a favore delle forze sociali progressiste (egemonia attualmente in mano alle forze reazionarie-oscurantiste del capitalismo transnazionale, grazie all’appoggio incondizionato di un clero accademico e mediatico ben ricompensato e retribuito per i suoi servizi). – sono pronti a ripartire dalla Costituzione Italiana, anima ancora giuridicamente presente e viva del nostro paese, espressione delle sue èlite più avanzate, ferita e tradita nei suoi principi fondamentali e nei diritti economici e sociali, che ne costituiscono la necessaria esplicitazione. Pronti a ripartire dalla Costituzione, non per tornare indietro, ma per andare avanti nel processo costituente, per apportare le modifiche necessarie a metterla in sicurezza contro i continui attacchi a cui è stata esposta, e per ridefinire in melius la sua parte più originale, che ne fa un documento straordinario per la costruzione di una democrazia sostanziale, di liberi ed eguali 5 documento 2. Il dovere degli intellettuali disorganici di unire le forze e di svelare ai cittadini, con estrema chiarezza e pazienza, lo svuotamento della Costituzione italiana, compiuto ai danni del lavoro e dello stato sociale, a beneficio esclusivo delle banche e del sistema economico-finanziario “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti indicati nella costituzione” (Costituzione italiana, art. 1) Sovranità significa potere di decidere, di operare delle scelte. Ma il potere di decidere non è nulla se non è preceduto dalla chiara comprensione di ciò che si decide, e delle conseguenze delle decisioni stesse. Così un tiranno può offrirmi la possibilità di scegliere da quale porta uscire dalla mia cella, dicendomi che sono libero, senza informarmi che la porta destra mi condurrà all’impiccagione e quella sinistra alla ghigliottina. La sovranità popolare è solo una finzione se non si accompagna alla garanzia di una retta informazione pubblica. In assenza di retta informazione, il potere effettivo non si diffonde affatto nel popolo, ma rimane accentrato nelle mani di chi possiede ingenti risorse finanziarie. La democrazia rimane una farsa. Attraverso il controllo dell’informazione di massa, le oligarchie economico finanziarie hanno a disposizione un’efficacissimo strumento per manipolare l’opinione popolare e indirizzarla a compiere o ad avallare scelte che favoriscono i loro interessi. 6 Il modo migliore per controllare l’informazione è agire a monte della stessa, creando un sistema – economico, finanziario e giuridico (v. Ordoliberismo, Trattati europei ecc.) –, sempre più complicato, impermeabile, illeggibile dal cittadino comune, al quale non rimane che affidarsi ai tecnici, quelli stessi che hanno creato la confusione e l’opacità del sistema per servire i fini privati di banche e oligarchie finanziarie. La lotta di classe, tra capitale e lavoro, oggi si gioca tutta sulla sponda dell’informazione. Un popolo disinformato, distratto, non alfabetizzato, non dotato di strumenti sufficienti per comprendere con chiarezza le regole del gioco, si trova di fatto in una situazione di minorità, di dipendenza, di assoluta passività. Pur possedendo formalmente il diritto di voto e di incidere sulle decisioni del governo del paese, di fatto è privato di ogni sovranità e ridotto all’impotenza. La propaganda mediatica, dopo la svolta neoliberista (Reagan, Tatcher), giorno per giorno, anno dopo anno, ha colonizzato le menti attraverso la continua ripetizione di slogan, sempre uguali, apparentemente verosimili (non ci sono più soldi, abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità, il problema è il debito pubblico, l’inflazione è la tassa più iniqua, dobbiamo conquistare la fiducia dei mercati, ci vuole più Europa...), finché essi sono diventati parte integrante del pensiero e del sentire comune. In questo processo, che ha visto progressivamente svuotare le conquiste ottenute negli ultimi centocinquant’anni dai lavoratori, a prezzo di immensi sacrifici, hanno giocato un ruolo determinante gli intellettuali organici, apologeti del capitale e del potere finanziario, vassalli e servitori del principe, che li ripaga con denaro, privilegi, carriera, visibilità. Gli intellettuali disorganici, gli intellettuali critici, dissenzienti, allergici per formazione ad ogni collusione con il potere del principe, sono rimasti una sparuta minoranza. Liberi di scrivere, di esporre le loro opinioni ,– libertà funzionale al sistema che vuole apparire democratico senza esserlo –, ma emarginati dal flusso dell’informazione mass-mediatica, unica che fa opinione, fa politica e genera mondo. Condannati all’irrilevanza sociale, se non all’interno di ristrette nicchie, come animali in via di estinzione, essi stessi diventano facile preda di depressione e nichilismo. Anziché unire le forze, anziché sostenersi e incoraggiarsi a vicenda, contrariamente al bene 7 comune che cercano di perseguire, che è il loro stesso bene, facilmente cadono preda della tendenza a isolarsi o a confliggere, a disconfermarsi e a contraddirsi, portando acqua al mulino degli avversari, in un disperato bisogno di rafforzare il senso di un’identità perennemente a rischio. Così, paradossalmente, troviamo più unità e coesione tra opinion leader e intellettuali organici al potere, che come è noto si radica nel divide et impera, e meno coesione tra intellettuali che aspirano alla coesione, all’unione, al bene comune. Mettiamoci ora nei panni della minoranza di cittadini non ancora pienamente colonizzati, che cercano onestamente di informarsi in modo critico, per orientarsi e svolgere con consapevolezza la funzione loro assegnata dalla Costituzione: partecipare all’organizzazione politica, economica e sociale del paese. Da dove iniziano? A chi si rivolgono? Come fanno a non disperdersi in un mare di opinioni critiche, disponibili a tutti, ma quasi sempre espresse in un linguaggio riservato a pochi iniziati, spesso parziali, non sistematiche, o addirittura disgiunte e conflittuali tra loro? Se gli intellettuali disorganici, che sono professionisti della conoscenza, non riescono a mettersi d’accordo su un orientamento comune, come faranno i cittadini non professionisti a vedere più lontano e con più intelligenza di loro? Se le guide alpine litigano sul percorso da seguire, possono i loro clienti scegliere al posto loro meglio delle guide? Se le banche fanno finta di non sapere che coloro che richiedono un prestito non sono in grado di restituirlo, sono i richiedenti a dover mettere in guardia le banche (v. crisi dei subprime, crisi della Grecia ecc.)? In un mondo alla rovescia, nel quale la finanza e l’economia siedono nelle prime file, – anziché nelle ultime (come auspicava Keynes), – prima dei bisogni delle persone, dei diritti di libertà, dei diritti politici, dei diritti sociali, dei diritti dell’ambiente, in un mondo siffatto la risposta è sì: sono i meno competenti a doversi assumere la responsabilità. Sono i più piccoli che devono dire ai più grandi ciò che devono fare per il loro bene. Se guardiamo con sufficiente distacco, è molto semplice capire perché i cittadini, soprattutto i più giovani, totalmente disorientati e privi di ogni prospettiva, rinuncino in partenza ad ogni forma di impegno e partecipazione. 8 Se andiamo avanti così, ha ragione Heidegger: solo un dio ci può salvare. Nel contempo, se guardiamo con sufficiente distacco, è molto semplice capire il compito che spetta agli intellettuali disorganici. documento 3 Il tradimento degli italiani. Come l’Italia può riscattarsi Il cuore pulsante della Costituzione italiana, la Costituzione economica, non revisionabile neppure con legge costituzionale, in quanto attuazione necessaria dei principi fondamentali (Barra Caracciolo), è stato zittito, svuotato dall’interno, in modo strisciante e silenzioso, nell’assoluta inconsapevolezza del popolo italiano, che, distratto dall’informazione mediatica e pubblicitaria, gradualmente, in punta di piedi, ha perso: la sovranità della moneta, la sovranità fiscale, la sovranità nella direzione dell’economia (Alberto Bagnai), e con esse: il diritto al lavoro, il diritto all’educazione e all’istruzione, il diritto alla salute, il diritto a farsi una famiglia, il diritto al risparmio sicuro, il diritto ad una vita dignitosa. Un vero e proprio colpo di stato (Giuseppe Guarino, Luciano Gallino), perpetuato con la compiacenza e connivenza 9 non solo della politica, ma del clero mediatico ed accademico, asservito al “gioco grande” dei poteri forti (Roberto Scarpinato). Il capitalismo sfrenato, con la finanza speculativa fuori controllo, contenuto e temperato nelle costituzioni del dopoguerra, ben consapevoli del suo pericolo, è tornato prepotentemente di scena, cambiando nuovamente le regole del gioco a suo favore (Diego Fusaro). Ci troviamo quindi in mezzo a una guerra, economica e finanziaria (Paolo Maddalena), senza esclusione di colpi, in cui ancora una volta i più forti fanno le leggi, in dispregio della democrazia (Roberto Mancini), accumulando immani ricchezze, e i più deboli le subiscono, impoverendosi sempre più (Marco Guzzi). La classe degli intellettuali, che ha tradito l’Italia e gli italiani, con il suo silenzio o con le sue collusioni, ha il dovere di rimediare, coinvolgendo la parte migliore di sé in un progetto di riscatto che cominci ad informare i cittadini su ciò che è veramente successo, e sulla via percorribile per uscire da questo disastro. Ma non basta la voce di singoli intellettuali onesti che dicano il vero. Gli italiani sono esausti e confusi, le loro menti sono colonizzate dai dibattiti televisivi, dai giornali reticenti, da un’informazione su internet frammentata, parcellizzata, contraddittoria, nella quale è molto difficile orientarsi. Hanno bisogno di un luogo sicuro in cui riporre fiducia, 10 hanno bisogno di un gruppo di esperti e studiosi affidabili, che funga da punto di riferimento e orientamento, uniti nelle cose essenziali. Intellettuali competenti, onesti, amici tra loro, che riflettano insieme in modo pacato e profondo, che abbiano a cuore la Costituzione Italiana e la sorte di un popolo in grande sofferenza, bisognoso di una guida onesta, competente e affidabile, capace di informarli in modo corretto, aiutarli a riflettere, stimolarli a leggere, vedere filmati, ricercare, diventare attivi, creare gruppi di studio e discussione, riallacciando i fili di una tradizione popolare, distrutta dalla televisione, di persone che si informavano e discutevano tra loro, creando un tessuto partecipativo senza il quale la democrazia diventa un guscio vuoto. L’Italia, culla indiscussa della cultura umanistica, che nel dopoguerra ha partorito un sistema di piccole e medie imprese tra le più creative al mondo, attualmente in agonia, calpestata e umiliata da una politica e un’economia suicida, può così avere un’occasione di riscatto, diventando esempio e leader di una trasformazione filosofica e culturale, in senso umanistico e spirituale di cui l’intero pianeta ha urgentemente bisogno. Documento 4 In Italia, la crisi attuale, con la disoccupazione crescente e il rapido impoverimento del paese, genera nelle persone, e in particolare nei più giovani, 11 uno sconforto e uno smarrimento sempre più grave, alimentato dal senso di impotenza e mancanza di una prospettiva futura (Umberto Galimberti). Non si trova lavoro, si perde il lavoro o si trova un lavoro precario e degradante; le famiglie si disintegrano o non si formano; le passioni tristi, le dipendenze, la depressione e l’insignificanza sociale si diffondono; la miseria dei molti avanza insieme ad una ricchezza smisurata di pochi. L’intera terra si surriscalda, l’ambiente si degrada. E non si sa che fare. La narrazione mediatica, asservita alle istituzioni economico–finanziarie sovranazionali, non fa che incrementare disorientamento e paura, funzionali al mantenimento del potere delle élite. La sfiducia e la disaffezione nei confronti della politica, il ritiro nel privato e la rinuncia ad ogni forma di partecipazione, non è colpa di un popolo di indifferenti (contro cui si scagliava Gramsci), ma è la conseguenza della mancanza di un’offerta politica vera, autenticamente nuova, autenticamente al servizio del bene e della giustizia, ovvero del bene comune, del bene di tutti, secondo una linea che risulta chiaramente tracciata nei principi fondamentali della nostra Costituzione, sempre più spesso rimossa e ignorata, come rimossa è la memoria storica da cui essa trae alimento (Roberto Scarpinato). Per uscire dalla crisi depressiva (etica e spirituale, filosofica e culturale, antropologica e psicologica, prima che politica, economica, finanziaria, ecologica e ambientale), che ci rende divisi e impotenti, occorre preparare il terreno per la creazione di un movimento politico-culturale trasversale, che risponda ai requisiti sopra indicati (Fusaro), non più radicato nelle storiche e consunte logiche del potere dominio e del calcolo, dell’idiotismo specialistico e della spartizione (coerenti con la filosofia del capitalismo sfrenato), ma fondato sulla ricerca di verità e autenticità, conoscenza e competenza, bene e giustizia. Un movimento politico (ispirato ai grandi leader dell’emancipazione umana: Gandhi, Mandela, Martin Luther King, e ai grandi maestri spirituali dell’umanità) in grado di trasformare rabbia e indignazione, individuali e collettive, – rimosse, represse o violentemente espresse –, in una forza inarrestabile al servizio della pacificazione umana (Marco Guzzi). Pacificazione interna ed esterna, individuale e collettiva dell’umanità, di tutta l’umanità, oppressa e sofferente, prigioniera di se stessa e delle terribili 12 forze materiali, psichiche e spirituali negative, che ha scatenato o assecondato dentro e fuori di sé. Una forza che sappia ridare forza ed entusiasmo, che sappia infiammare gli animi, incenerendo la piaga dell’egoismo narcisistico, che li fa interiormente scissi, conflittuali con se stessi e ostili agli altri, offrendo loro un’inedita possibilità di liberazione dall’inimicizia e di realizzazione della loro vera natura di esseri socievoli e comunitari. Che sappia trasformare la distruttività e l’eterna ripetizione dell’eguale – l’eterna macabra danza di oppressori e vittime, all’interno di un mondo malato di ineguaglianza e ingiustizia –, in creatività, innovazione e invenzione di una società moderna, di liberi ed eguali, tecnicamente avanzata. Un movimento politico, quindi, in grado di connettere, valorizzare e progressivamente riunire, in una visione unitaria e in un progetto comune, chiaro e condiviso, le molteplici eccellenze, competenze e conoscenze, espresse dalla società civile (Paul Hawken), non asservite alla logica del capitalismo sfrenato (Stefano Zamagni, Nino Galloni) – associazioni e imprese no profit, onlus, centri studio e ricerca, organizzazioni professionali, associazioni di insegnanti e genitori, istituti di formazione, centri di spiritualità, organizzazioni di ecologisti... –, risorse attualmente disperse sul territorio, disorganizzate, autoreferenziali, impegnate in settori o battaglie particolari, ma incapaci di esprimere una visione unitaria ed una conseguente prassi trasformativa (Diego Fusaro). Prassi in grado di incidere sui reali rapporti di forza che rendono così violenta e ingiusta l’attuale società planetaria, fondata sull’etica della competizione e della guerra . Ma come può originarsi un soggetto politico di questo tipo, veramente vivo e vitale, sideralmente lontano dalle comuni logiche di predazione e spartizione, distruzione e morte, che caratterizzano la vita pubblica? Come può configurarsi un piccolo gruppo che aspiri a fondare un tale movimento? Che caratteristiche dovranno avere i suoi membri, quali professionalità, quali competenze, quali conoscenze, quali attitudini, quali moventi, affinché il tentativo non sia vanificato in partenza o lungo il percorso? Cominciamo dalle cose più facili da definirsi: competenze, conoscenze, professionalità. Sicuramente per immaginare come trasformare progressivamente l’attuale sistema del finanzcapitalismo predatorio, nel modo più indolore, e ricostruire un 13 sistema al servizio del bene comune, sono indispensabili i migliori economisti critici e i migliori esperti di finanza, che da tempo sono impegnati in questa direzione. Come pure sono indispensabili i migliori giuristi critici, non mainstream, per ridare vita e respiro collettivo ai principi della nostra Costituzione, calpestata e violata nei suoi aspetti fondativi da trattati internazionali ispirati alla visione neoliberista, con la connivenza o la distrazione non solo dei politici, ma anche dei giuristi meno attenti o meno consapevoli. Trattati che sono stati recepiti nella nostra legislazione, in spregio dei dettami costituzionali, abdicando alla forma repubblicana prevista nella Costituzione. Il che significa grave regressione alle forme oligarchiche e autoritarie del passato, rinunciando ai benefici della democrazia moderna, ovvero alla democrazia sostanziale (C. Mortati), la cui caratteristica specifica è la normazione di un welfare state in grado di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono di fatto la partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese. Economisti e giuristi devono incontrarsi e lavorare insieme, perché solo da una profonda comprensione del rapporto inscindibile tra norme giuridiche, soprattutto costituzionali, da una parte, ed economia e finanza, dall’altra, si può sperare di avere un quadro non unilaterale dei problemi da affrontare. Un’altra presenza indispensabile è quella dei filosofi critici, che si sono occupati di economia, finanza e diritto, dal punto di vista filosofico autentico, in quanto professionalmente esperti di dialettica, – arte di connettere ogni cosa a tutte le altre –, per fornire una visione d’insieme, non unilaterale, la sola che può aspirare a promuovere il bene comune, ovvero, nella concezione di Platone, il bene e la giustizia. Mai come oggi i filosofi non mainstream sono preziosi, per proteggerci dalla catastrofe del sempre più imperante idiotismo specialistico, e dalla conseguente “tragedia dell’etico”, dato che gli specialisti, salvo eccezioni, sono “esperti senza intelligenza” (M. Weber). Non solo. Compito primario della vera filosofia è l’emancipazione dell’essere umano, in primo luogo dalla paura, attraverso la cura del ragionare bene, dell’argomentare e del pensare grande, del pensare che fa grande l’uomo, 14 come antidoto al pensare piccolo o miserevole, oggi di moda, che favorisce l’oppressione dell’uomo sull’uomo e dell’uomo condizionato su se stesso. Conseguenza primaria del pensare bene è pensare l’uomo come essere di natura socievole e relazionale, come anche le scienze umane attualmente insegnano, sconfessando la concezione mitica dell’Homo Oeconomicus, individualista e calcolatore, diffidente e avido, di matrice Hobbesiana, alla base dell’economia classica e neoclassica, o neoliberale, oggi dominante, che impone la competizione di tutti contro tutti come mezzo per accrescere la ricchezza (Roberto Mancini). Un’altra componente che non può mancare è quella che, in senso ampio, possiamo riassumere nei termini di competenza psicologica, clinica, cognitiva, formativa, didattica, comunicativa. Esperti in questo settore sono essenziali per favorire una comunicazione produttiva all’interno del gruppo di lavoro, attraverso l’instaurazione di un clima di ascolto profondo e di reciproca fiducia e amicizia, che consenta al dialogo di fluire in modo semplice e armonico, efficace e costruttivo, con piena soddisfazione di tutti i presenti. Abbiamo bisogno di imparare gli uni dagli altri, per superare i limiti dei nostri specialismi. Abbiamo bisogno di essere aperti, flessibili e ricettivi durante l’ascolto, e chiari, sintetici ed essenziali nei nostri interventi, affinché si formi un gruppo di apprendimento condiviso veramente efficace. Abbiamo bisogno di poterci esprimere in modo diretto, caldo e genuino, mettendo a nudo le nostre opinioni, anche se in un primo tempo possono divergere e confliggere tra loro, nella fiducia che, nel rispetto reciproco, i conflitti si possono superare attraverso un punto di vista più ampio che comprenda le ragioni sane di entrambe le posizioni, e le sappia valorizzare in una sintesi superiore. Per ottenere questi risultati, la facilitazione proveniente da una competenza negoziale profonda, radicata nell’esperienza clinica, risulta spesso decisiva per sciogliere le comuni barriere che si frappongono nella comunicazione ordinaria, ostacolando la comprensione e il flusso dell’intelligenza, anche tra persone seriamente motivate, di alta capacità e professionalità. 15 Passiamo adesso ad una componente più delicata da definire: le attitudini, le caratteristiche personali e i moventi auspicabili nel gruppo di lavoro. In primo luogo l’umiltà, intesa come capacità di aprirsi alle ragioni dell’altro, anche se sono diverse dalle nostre, in opposizione alla presunzione di possedere una verità superiore (Marco Guzzi). Umiltà che si radica nella consapevolezza dei nostri umani, troppo umani, limiti. Limiti non solo cognitivi, di percezione, di memoria, di comprensione e di visione, ma anche emotivi, di empatia e di risonanza, con esperienze, storie e caratteri, a noi lontani. Umiltà che si manifesta nell’autentico interesse verso il mondo dell’altro, percepito come ricchezza da cui attingere, e nell’ascolto profondo che ne origina. In secondo luogo, conseguente al primo, l’atteggiamento di ricerca, la viva curiosità, l’attitudine a sognare, esplorare e rinnovarsi, l’apertura al nascente, e la capacità di lasciar andare l’abituale, il vecchio, il morente, quando è ormai di ostacolo. Con l’entusiasmo, il coinvolgimento e la passione che ne seguono, alimenti primari per infiammare il movente fondamentale, non egoico, di bene e giustizia. In terzo luogo, accanto alla passione condivisa, l’integrità e il senso di responsabilità sociale (Roberto Mancini), la perseveranza e la pazienza (Marco Guzzi), la disciplina di sé, la capacità di concentrare gli sforzi su ciò che è veramente essenziale, senza cedere a distrazioni, dilazioni, deviazioni secondarie. E la concentrazione sull’obiettivo, sull’importanza di raggiungerlo attraverso un progetto articolato nelle linee essenziali, realistico, sufficientemente dettagliato, che può essere comunicato e diffuso ovunque, con tutti i mezzi disponibili, per coinvolgere e ridare voce e speranza alla popolazione dei disorientati, dei disillusi, dei traditi nelle loro sacrosante aspirazioni a vivere in un mondo in cui la giustizia guadagni terreno sull’ingiustizia, la solidarietà sull’avidità, l’amicizia sull’ostilità, la libertà sull’oppressione, l’allegria sulle passioni tristi. Per concludere, abbiamo un disperato bisogno di intellettuali disorganici (Roberto Scarpinato) massimamente competenti, coraggiosi e ben motivati, disinteressati al potere e interessati al bene comune, capaci di mettere da parte carriera e privilegi, 16 decisi a lavorare insieme ad un progetto di emancipazione nazionale e transnazionale, chiaro, realistico e praticabile, sul quale fondare un movimento politico originale, capace di generare una nuova coscienza di classe che unisca tutti gli offesi e gli oppressi del pianeta, superando le tradizionali divisioni, tra imprenditori e lavoratori, borghesi e proletari, nord e sud, autoctoni e immigrati, destre e sinistre, credenti e non credenti, lavoratori e ambientalisti, rese obsolete dal nuovo assetto del potere capitalistico transnazionale (Fusaro). Un movimento politico che ponga fine alla guerra tra poveri, tra poveri e agiati in procinto di diventare poveri, tra proletari e classe media in via di proletarizzazione, unendo le forze per opporre resistenza e infine sconfiggere il comune nemico, come è accaduto durante la seconda guerra mondiale nell’alleanza contro il nazifascismo, inteso come male assoluto. Le stesse forze che avevano allora appoggiato il nazifascismo, hanno oggi generato un mostro ancora più potente, perché più raffinato e intelligente, impersonale e senza volto, senza avversari perché scientificamente mascherato come legge della natura, che agisce nella vita di tutti, giorno dopo giorno, non con le armi dei militari, ma con le armi più affilate della finanza, delle banche e della speculazione, e con quelle più sofisticate della propaganda e della colonizzazione delle menti, operate dal clero mass-mediatico e accademico (Costanzo Preve), che stanno strangolando l’economia reale e la democrazia rappresentativa, il diritto all’informazione e all’educazione, il diritto al lavoro, il diritto alla giustizia, 17 il diritto ad una famiglia e ad una vita dignitosa. Auguro a tutti buon lavoro e vita felice, con le parole di Renè Girard: “Credo che siamo alla vigilia di una rivoluzione della nostra cultura che va al di là di qualsiasi aspettativa, e che il mondo si stia spostando verso un cambiamento al confronto del quale il Rinascimento ci sembrerà nulla e ovviamente si tratta di una prospettiva affascinante”. 18