lzheimer A Obiettivo

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Obiettivo
A lzheimer:
Guida pratica
per la gestione
del paziente
affetto da
demenza
“… ciascun uomo desidera vivere a lungo,
ma nessuno vuole invecchiare…”
Jonathan Swift dai “ Viaggi di Gulliver”
Massimo Marianetti
Angelo Venuti
Silvia Pinna
3
La Demenza: che cos’è
4
Domande e Risposte sulla malattia
5
Raccomandazioni per i Familiari
8
I Disturbi del Comportamento
10
Raccomandazioni per gli Assistenti
13
Difficoltà della deglutizione: disfagia
14
Per qualche consiglio in più:
star bene per fare meglio
16
Consigli utili a buon mercato
17
L’Arma segreta: la socializzazione
20
Dedicato a voi e al vostro lavoro quotidiano
21
Ringraziamenti
23
Provincia Religiosa San Pietro
Ordine Ospedaliero San Giovanni di Dio
ISTITUTO S. GIOVANNI DI DIO- FATEBENEFRATELLI-GENZANO DI ROMA
In allegato troverete le schede “Raccomandazioni Pratiche
per gli Assistenti” tradotte in varie lingue
CENTRO SPERIMENTALE ALZHEIMER
03
Premessa
Indice
Premessa
L’idea di una guida nasce dalle domande e dalla richiesta di consigli
da parte dei familiari e di tutte le persone coinvolte nell’assistenza
della persona affetta da malattia di Alzheimer o da altre forme di
demenza. È stata pensata e rivolta ai bisogni dei familiari per fornire
indicazioni chiare e pratiche: come e cosa fare con la persona affetta
da malattia dementigena.
In questa guida si è cercato di dare un “taglio diverso” su problemi
poco trattati e che hanno, sostenuti da studi recenti, una maggiore
visibilità e un forte significato per quanto riguarda l’assistenza
quotidiana e la terapia.
Si è data evidenza a questi temi:
§ l’impatto visivo (immagini e foto)
§ privilegiare il “fare quotidiano”: consigli semplici da
utilizzare durante il giorno
§ linguaggio chiaro per tutti ed anche più vicino alla lingua
e alla cultura dei caregivers/badanti: un intero capitolo è
stato infatti tradotto in diverse lingue
§ rispondere alle domande da parte dei familiari e dei caregivers
§ La socializzazione come strumento di terapia
§ Il concetto quotidiano di Eccesso di Disabilità
§ Il concetto pratico di Riserva cognitiva
§ Consigli di prevenzione semplici e di facile attuazione.
È importante ricordare come questa guida è stata resa possibile
grazie all’esperienza quotidiana del gruppo di lavoro del “Centro
Sperimentale Alzheimer”- Istituto S. Giovanni di Dio FatebenefratelliGenzano di Roma a cui rivolgiamo un sincero ed affettuoso
ringraziamento.
Ci auguriamo che questa guida possa essere utile sia per il lavoro
di cura in casa e nelle vita di tutti i giorni, sia per il migliore utilizzo
dei servizi disponibili da parte delle persone coinvolte nell’assistenza
quotidiana.
La Demenza:
cos’è?
04
I primi segni di malattia sono per lo più notati da un familiare e sono
rappresentati da una fastidiosa difficoltà a ricordare informazioni utili
o a ritrovare oggetti di uso quotidiano, tanto da far fatica a portare
a termine i compiti consueti. In alternativa o in associazione a questi
sintomi, la persona può apparire confusa, avere comportamenti
strani, presentare difficoltà di valutazione delle situazioni, difficoltà
nel trovare le parole e nel concludere un discorso.
Per la definizione di Demenza è necessario che la compromissione
delle capacità mentali si associ a sopravvenute difficoltà nelle attività
della vita quotidiana.
Le Demenze sono di tipo diverso, perché diverse sono le alterazioni del
cervello che le provocano. In ordine di frequenza troviamo la Malattia
di ALZHEIMER, Demenza Vascolare, la Demenza a Corpi di Lewy,
la Demenza Frontotemporale, la Demenza associata al Parkinson, la
Malattia di Huntington, la Malattia di Creuzfeldt- Jakob.
Malattia di Alzheimer
La malattia di Alzheimer è una patologia progressiva
neurodegenerativa caratterizzata da un declino cognitivo
e fisico irreversibile e da comportamenti anomali. Ad oggi
rappresenta il 50-80% delle forme di demenza e la sua incidenza
aumenta parallelamente alla crescita dell’età media della popolazione.
Sebbene possa manifestarsi in persone giovani, la malattia colpisce
in genere persone tra i 70 e gli 80 anni di età, con una incidenza che
aumenta con l’aumento dell’età. Questa patologia è stata descritta
per la prima volta nel 1907 dal dottor Alois Alzheimer.
Le Cause
Perdere un certo numero di cellule nervose durante l’invecchiamento
è un fenomeno naturale. Nelle persone affette da malattia di
Alzheimer questo processo avviene molto più rapidamente, finché
il cervello del paziente non funziona più in modo normale. In rari
casi questo disturbo è causato da mutazioni genetiche ereditarie ed
in questi casi i sintomi insorgono quasi sempre prima dei 60 anni
e progrediscono rapidamente. Ad oggi tutte le mutazioni note
determinano la sovrapproduzione di una proteina (beta-amiloide)
che distrugge le cellule nervose. Nella maggioranza dei casi,
invece, la causa dell’insorgere della malattia rimane sconosciuta e
dovuta probabilmente all’interazione di diversi fattori. La malattia
di Alzheimer tende a colpire persone oltre i 70 anni, con maggior
frequenza per le donne e per chi si mantiene sui livelli di istruzione e
cultura più bassi.
Stadi della Malattia
La malattia di Alzheimer è una patologia che può avere decorsi molto
diversi. Si manifesta lentamente e progressivamente, accompagnata
nel tempo da cambiamenti nell’aspetto e nel comportamento del
paziente. Lo stadio l i ev e è caratterizzato da alterazioni delle capacità
mentali e da sbalzi di umore. Lo stadio moderato vede l’insorgere
graduale di disturbi del comportamento, mentre lo stadio avanzato
arriva a determinare problemi fisici e vengono compromesse altre
funzioni corporali, come la deglutizione o la continenza. Tuttavia, il
decorso individuale della malattia può essere molto variabile.
Domande e risposte sulla malattia
Abbiamo pensato di riportare le domande più frequenti che abbiamo
raccolto nel tempo da parte dei familiari e di tutte quelle persone che
vivono tutti i giorni i problemi dell’assistenza, per cercare di fornire
un aiuto più immediato ed utile
Gli Effetti
Le persone affette da Alzheimer soffrono principalmente di
alterazioni della memoria e dell’orientamento, limitazioni della
concentrazione, della capacità di organizzazione e di giudizio,
cambiamenti della personalità e, in uno stadio più avanzato, anche
di disturbi di percezione, del linguaggio e di deambulazione. Nello
stadio finale vengono compromesse altre funzioni corporali, come
la deglutizione o la continenza. Durante il decorso della malattia,
la persona ammalata inizia a perdere la propria indipendenza nella
gestione della vita quotidiana.
1.
CHE COSA E’ LA MALATTIA DI ALZHEIMER?
La malattia di Alzheimer, così chiamata dal nome del neurologo
tedesco che per primo la descrisse all’inizio del XX secolo, è
una malattia degenerativa primaria del cervello provocata da
un accumulo anomalo di una proteina, detta proteina betaamiloide. La malattia colpisce principalmente le persone in età
senile (circa il 5% degli ultrasessantacinquenni) e causa un
deterioramento ingravescente delle funzioni cognitive e del
05
La Demenza: cos’è?
Con il termine Demenza parliamo di una malattia
che colpisce il cervello e che danneggia in un primo
tempo le funzioni cognitive (ovvero la memoria,
la capacità di orientarsi, di ragionare, il linguaggio)
e, successivamente, la capacità di relazionare e di
muoversi normalmente.
2.
3.
LA MALATTIA DI ALZHEIMER E’ L’UNICA FORMA DI
DEMENZA?
7.
8.
COSA SONO LE U.V.A.?
Le U.V.A., Unità di Valutazione Alzheimer, sono dei centri
specialistici distribuiti omogeneamente su tutto il territorio
nazionale, diretti da geriatri, neurologi o psichiatri, cui spetta
il compito di diagnosticare e trattare in modo appropriato la
malattia di Alzheimer e le altre forme di demenza. Tramite le
U.V.A. è possibile anche avere informazioni, ed in alcuni casi
attivare, gli altri servizi dedicati ed una serie di iniziative per il
sostegno alle famiglie.
SI PUO' GUARIRE?
9.
Al momento non è possibile guarire dalla malattia di Alzheimer.
Esistono comunque in commercio, in regime di rimborsabilità
dal Servizio Sanitario Nazionale, farmaci in grado di rallentarne
la progressione. Numerose sperimentazioni sono in corso, ma
una soluzione definitiva è ancora lontana. Abbiamo inoltre a
disposizione farmaci in grado di contenere, o almeno rendere
gestibili, i disturbi comportamentali che spesso compaiono
lungo il decorso di questa patologia.
5.
HO SPESSO SENTITO PARLARE DI INTERVENTI NON
FARMACOLOGICI CHE POSSONO ESSERE ADOTTATI PER IL
MALATO DI ALZHEIMER, QUALI SONO?
Negli ultimi anni si sono dimostrati sempre più utili nella
gestione del paziente affetto da malattia di Alzheimer i
cosiddetti approcci non farmacologici. Essi consistono in varie
tecniche di riattivazione come la riabilitazione cognitiva e
neuromotoria, terapia occupazionale, terapia assistita con gli
animali, musicoterapia. Efficaci nel rallentare il declino cognitivo
e nel diminuire la frequenza dei disturbi comportamentali, tali
metodiche costituiscono anche una risorsa fondamentale per
ridurre il carico assistenziale delle famiglie.
La Malattia di Alzheimer rappresenta il 60% di tutte le forme
di demenza, cioè un disturbo delle funzioni cognitive tale da
ridurre significativamente l’autonomia nella vita quotidiana. Non
essendo la sola forma di demenza, ed esistendo anche forme
potenzialmente reversibili, una diagnosi accurata e precoce è
fondamentale.
4.
QUAL E’ L’ASPETTATIVA DI VITA?
L’aspettativa di vita di una persona malata di Alzheimer è molto
varia e si colloca solitamente tra i 5 e i 15 anni. Non sono
comunque infrequenti le eccezioni.
L’esordio della malattia è insidioso e spesso i pazienti giungono
per la prima volta all’osservazione del medico dopo 4 o 5 anni
dalle prime avvisaglie. Dal punto di vista cognitivo i disturbi
tipicamente riguardano la memoria recente, la capacità di critica
e giudizio, l’orientamento spazio-temporale, disintegrazione del
linguaggio; altri sintomi frequentemente osservati all’esordio
sono depressione, apatia, cambio di carattere, ritiro sociale,
ansia. Va precisato che sono tutti sintomi comuni a molte altre
malattie dell’età senile, pertanto è importante evitare allarmismi
e rivolgersi quanto prima a centri specializzati per effettuare una
corretta diagnosi differenziale.
06
La Demenza: cos’è?
QUALI SONO I PRINCIPALI SINTOMI PER RICONOSCERE
QUESTA PATOLOGIA?
6.
E’ UNA MALATTIA EREDITARIA?
La Malattia di Alzheimer è una malattia sporadica; i casi familiari
sono molto rari (riguardano una percentuale inferiore al 1%) ed
esordiscono in età più giovane (40-50 anni).
QUALI SONO GLI ALTRI SERVIZI PUBBLICI DEDICATI?
I malati di Alzheimer, e di demenza in generale, possono
usufruire di varie tipologie di servizi assistenziali pubblici:
centro di assistenza domiciliare (CAD) delle ASL o del Comune,
strutture semiresidenziali (Centri Diurni) e strutture residenziali
(RSA). E’ possibile ottenere tutte le informazioni necessarie sulla
localizzazione e le modalità di accesso e funzionamento di questi
servizi presso le U.V.A., i Municipi, le ASL o contattando una
delle molte Associazioni di volontariato presenti sul territorio
nazionale. Ovviamente le modalità assistenziali vanno adeguate
secondo le diverse fasi della malattia e le esigenze/difficoltà della
famiglia che accudisce il paziente.
07
La Demenza: cos’è?
comportamento. Il paziente perde progressivamente la propria
autonomia funzionale e la capacità d'interagire in modo
congruo con l’ambiente circostante. Solo in Italia ci sono circa
600.000 ammalati, assistiti per la maggior parte in famiglia.
Come comunicare
Ø
Ø
Raccomandazioni
per i familiari
08
Ø
Ø
Ø
usare parole brevi, frasi semplici e non troppo lunghe
fare solo una domanda per volta. Se ripetiamo la domanda,
dovremo cercare di ripeterla con le stesse parole
chiedere al soggetto di svolgere un solo compito per volta
parlare lentamente e dare tempo al soggetto di rispondere
cercare di parlare di fronte al soggetto
Comunicazione non verbale
Ø
Ø
Ø
Ø
Ø
Ø
rimanere calmi, sereni e disponibili (anche se siamo nervosi,
il linguaggio del nostro corpo aiuterà il soggetto a rimanere
tranquillo)
sorridere, prendere la mano del soggetto, esprimere affetto in
qualche altro modo
tenere lo sguardo su di lui
osservarlo per vedere se ci sta seguendo con attenzione
se il soggetto usa il linguaggio del corpo per segnalarci che non
è attento, possiamo provare dopo qualche minuto
utilizzare, senza eccedere, altri segnali oltre le parole: indicare,
toccare, dare degli oggetti, mostrare un’azione o descriverla con
le proprie mani (ad es. lavarsi i denti).
UDITO
Ø
Ø
Ø
Ø
Ø
Ø
Ø
essere sicuri che il soggetto ci possa sentire
utilizzare le protesi acustiche in modo adeguato (se il soggetto
ne fa un uso regolare)
un tono di voce acuto è un segnale non verbale di nervosismo e
può essere percepito in modo distorto dal soggetto
i suoni ad alta frequenza sono più difficili da udire
un tono normale, medio, è anche più facile da percepire per chi
ha un deficit uditivo
dare al soggetto informazioni da dove provengono i suoni e i
rumori
eliminare rumori o attività che possono disturbare la comunicazione
VISTA
Ø
le persone con deterioramento cognitivo, possono perdere la
capacità di capire ciò che vedono o sentono (agnosia) e possono
percepire in modo distorto stimoli visivi ed uditivi (dispercezioni)
Ø
Ø
in qualsiasi attività che il soggetto svolge, è importante ci sia un
illuminazione adeguata
utilizzare gli occhiali da vista, se necessari.
E’ IM PORTANTE SOTTOLINEARE COM E IL DEFICIT DELL’UDITO
E DELLA VISTA POSSONO ULTERIORM ENTE AGGRAVARE
I PROBLEM I DEL SOGGETTO E PORTARE AL COSIDDETTO
“ ECCESSO DI DISABILITÀ” E CHE RAPPRESENTA UN FATTORE
AGGIUNTO NEGATIVO CHE SI SOM M A ALLA M ALATTIA
PRIM ARIA: PIOVE SUL BAGNATO!
ATTENZIONE E MEMORIA A BREVE TERMINE:
E’ bene ricordare che queste sono le aree cognitive più compromesse
dalla malattia: una situazione quotidiana e frequente è quella di non
ricordare ciò che accade in un breve spazio di tempo.
La riduzione di una sostanza (neurotrasmettitore) è la causa del
disturbo di fissazione della memoria a breve termine mentre,
in generale, i ricordi passati (memoria lungo temine) vengono
maggiormente conservati. Una situazione quotidiana e che
“innervosisce” il familiare, è quando il soggetto tende a ripetere le
sue domande o richieste, perché non ricorda di averle già fatte.
In questi casi, può essere d’aiuto avere un’agenda, un foglio grande
dove annotare le cose richieste e cancellare quelle già risolte.
Linguaggio
In base alle diverse fasi della malattia (iniziale, intermedia, avanzata),
quest’area cognitiva può essere aggredita dal deterioramento
cognitivo. E’ buona regola cercare di utilizzare il linguaggio come
una “protesi” (anche la scrittura) per il cervello, come una riserva
cognitiva che può aiutare il soggetto a compensare le difficoltà nelle
altre aree cognitive più compromesse.
Nelle fasi più avanzate, è stato verificato che anche il semplice
conversare in modo informale, ma con un tono della voce chiaro
e comprensibile può aiutare il soggetto a mantenere un “ponte
levatoio” per comunicare con gli altri.
Orientamento nel tempo enello spazio
Il disorientamento è una condizione in cui il soggetto non è in grado
di fornire le coordinate temporali e/o spaziali nelle quali si trova. In
questo senso è importante:
Ø ricordare al soggetto alcune informazioni semplici
su l l ’ o r i en t am en t o t em p o r al e: la data, il giorno, il mese,
l’anno, la stagione (all’inizio e durante la mattinata)
09
Raccomandazioni per i familiari
Queste raccomandazioni possono aiutare, nelle varie fasi della
malattia, i familiari e le persone che si occupano del soggetto affetto
da demenza a cercare di semplificare i problemi della vita quotidiana
ed evitare di disperdere energie utili.
Ø
Ø
Raccomandazioni per i familiari
10
altrettanto vale per le informazioni su l l ' a m b i e n t e in cui si
trova: dove si trova in quel momento, il piano, la città o il paese,
la regione, la nazione
è importante avere un calendario, un quotidiano, un orologio
ben visibile, un agenda. Se il soggetto è in grado di seguire la tv,
scegliere il telegiornale le storie semplici e brevi. In ogni caso il
soggetto non deve essere lasciato solo davanti la tv
è bene ricordare al soggetto durante un incontro il nome delle
persone con cui si trova ed il motivo.
I disturbi del comportamento
I disturbi del comportamento hanno un notevole impatto negativo
della vita di pazienti, familiari e assistenti, sono la principale causa
nella gestione quotidiana, poiché sono la principale causa di stress
per coloro che si fanno carico del paziente, riducono la qualità
di istituzionalizzazione e aumentano i costi dell’assistenza. Creano
inoltre un “eccesso di disabilità” in quanto contribuiscono a
peggiorare i sintomi cognitivi: piove sul bagnato!
Possono avere un decorso fluttuante ed esordire in qualunque
stadio della malattia; possono precedere l’esordio dei disturbi
cognitivi (depressione e apatia); possono insorgere precocemente
e peggiorare con il tempo (apatia) o migliorare con l’aggravarsi del
deficit cognitivo (depressione per la coscienza del disturbo).
L’ap at i a è il disturbo più frequente ed è segnato da perdita di
motivazione e iniziativa volontaria: il paziente è “lontano”, staccato
dall’ambiente in cui vive, ha perso interesse e motivazione nel fare
le cose.
Anche la d ep ressi o n e è un sintomo fluttuante, che il soggetto può
manifestare in alcuni momenti della giornata e può ridursi se viene
distratto. Talvolta il paziente è triste o esprime spontaneamente i suoi
sentimenti con crisi di pianto; nello stadio più avanzato della malattia,
parla o si comporta come se fosse triste; più raramente esprime il
desiderio di morire. Alcune ricerche recenti hanno dimostrato che
la depressione può comparire anche in fase iniziale della malattia e
spesso è un sintomo precoce legato probabilmente alla coscienza
della malattia (insight).
I d el i r i più frequenti sono i delirio di latrocinio, di persecuzione o di
nocumento; in uno stadio più avanzato è frequente l’idea che la casa
in cui il paziente vive non sia più la sua, o che il paziente interagisca
con i personaggi televisivi, credendoli reali (misidentificazioni). In
alcuni casi può presentarsi un delirio di abbandono per cui il paziente
crede che i familiari vogliano abbandonarlo.
Le al l u ci n azi o n i più comuni sono quelle visive, in cui il paziente
vede persone o animali che non esistono e talvolta può interagire
con loro. In fasi avanzate di malattia il paziente non esprime tale
disturbo ma si comporta come se vedesse cose che gli altri non
vedono. Possono manifestarsi allucinazioni uditive con percezione
distorta delle fonti sonore ambientali.
L’agitazione psicomotoria è un sintomo che richiede una
particolare attenzione poiché spesso si associa ad aggressività fisica
o verbale, costituendo la causa più importante di richiesta di ricovero
in strutture residenziali. L’agitazione è più frequente nella fase
moderata della malattia e tende a peggiorare con il progredire della
malattia.
L’an si a sembra essere presente come sintomo e può manifestarsi
con l’insorgenza di “nervosismo” quando il malato viene separato
dal caregiver, o attraverso la tendenza a evitare posti o situazioni
che lo rendono più nervoso, come per esempio stare tra la gente,
incontrare amici o viaggiare.
Spesso viene riferito dai familiari che il paziente è più irritabile con
improvvisi momenti di rabbia o “perde le staffe” anche per piccole
cose. Tale disturbo è più frequente in fase intermedia di malattia.
Il soggetto può presentare, in una fase moderata-grave di malattia,
un d i s t u r b o d e l c o m p o r t a m e n t o m o t o r i o per cui tende a
compiere azioni o movimenti ripetitivi senza finalità (affaccendamento
inoperoso): ad es. spostare continuamente oggetti, aprire e chiudere
i cassetti o gli armadi o mettersi e togliersi i vestiti in continuazione.
Tra questi disturbi rientra anche il vagabondaggio, per cui il paziente
cammina incessantemente senza uno scopo o ha difficoltà a
rimanere seduto (acatisia).
L’insonnia rappresenta un altro disturbo del comportamento
che crea enormi problemi nella gestione quotidiana ed è,
insieme all’aggressività, il principale motivo della richiesta di
istituzionalizzazione. In genere accade che il paziente vada a dormire
e si risvegli durante la notte e credendo che sia mattina inizia a
svolgere azioni ed attività che disturbano i familiari (es. prepararsi
la colazione, farsi la doccia, vestirsi, vagare per la casa). Talvolta si
allontana da casa o perché crede di dover andare a lavorare oppure
perché crede di raggiungere la casa in cui abitava con i suoi genitori.
In alcuni casi, l’insonnia può essere conseguente a un’eccessiva
sonnolenza diurna, causata dal fatto che il paziente è poco stimolato
o per l’effetto di alcuni farmaci; in questi casi l’insonnia può essere
corretta mantenendo il malato attivo e sveglio durante il giorno. In
altri casi, soprattutto nel paziente con grave deficit cognitivo, può
accadere che vi sia un’inversione del ritmo sonno-veglia, per cui
dorme durante tutto il giorno ed è completamente sveglio per tutta
la notte.
Si possono infine verificare d i st u r b i d el co m p o r t am en t o
al i m e n t a r e , di norma rappresentati da una variazione dell’appetito,
con cambiamento del gusto riguardo ad alcuni cibi; in altri casi può
succedere che il paziente sviluppi la tendenza a mangiare sempre le
stesse cose
11
Raccomandazioni per i familiari
Ø
Le persone con deficit cognitivo possono presentare momenti di
nervosismo e rapidi cambiamenti di umore soprattutto in situazioni
nuove e confuse: gruppi di persone, ambienti rumorosi, troppe
domande, oppure compiti troppo difficili.
Il soggetto può piangere, agitarsi, arrabbiarsi o intestardirsi fino ad
aggredire coloro che stanno cercando di aiutarlo. Può cercare di
nascondere il proprio malessere negando quello che sta facendo o
accusando gli altri.
Raccomandazioni per i familiari
12
COSA FARE?
Ø
Ø
Ø
per evitare o limitare le reazioni distruttive, dobbiamo prima di tutto
accettare che questi comportamenti non sono dovuti alla “cocciutaggine”
o alla “cattiveria”, ma rappresentano una reazione che la persona non è
in grado di controllare. È pur vero che alcuni tratti del carattere (positivi
e negativi) possono peggiorare a causa dalla malattia.
il modo migliore per affrontare le reazioni distruttive è quello di
prevenirle
tra le cause più frequenti di reazioni esagerate o distruttive ricordiamo:
v dover pensare a più cose contemporaneamente
v cercare di fare qualcosa che non si è più in grado di fare
v essere assistito da una persona nervosa e frettolosa
v sentirsi dare fretta
v non capire ciò che si deve fare
v non capire ciò che si è sentito o visto
v essere affaticato
v non riuscire a farsi capire
v essere trattato come un bambino.
v una situazione frequente, è il bisogno impellente di andare in
bagno: il soggetto appare nervoso perché non riesce ad esprimere il
suo bisogno improvviso. A volte l’agitazione può essere causata da
disturbi e malesseri che andrebbero immediatamente verificati. Ad
es. il soggetto può avere la febbre, ha sete, ha dolori intestinali, mal
di denti, mal di gola: in questi casi un intervento immediato può
risolvere problemi comportamentali che, con il passare del tempo,
possono aggravarsi
Nel caso in cui non si riesca a prevenire l’aggressività, è importante
assumere un comportamento il più possibile calmo, parlando con
gentilezza e con un linguaggio semplice con un ritmo più lento,
cercando di distrarre il soggetto. Talvolta la semplice vicinanza del
familiare o di un operatore è sufficiente per superare il problema.
Dispercezioni, allucinazioni
In presenza di deliri ed allucinazioni è opportuno tentare, con tatto
e discrezione, di riportare il soggetto ad un rapporto corretto con la
realtà. Talvolta questo comportamento può irritare perché la persona
si sente contraddetta su una cosa o di un comportamento di cui è
convinta. In altri casi può essere utile distrarre il soggetto.
Ø
Ø
Ø
Ø
Ø
Ø
Ø
Ø
Ø
Ø
Ø
Ø
Ø
ogni cambiamento della routine quotidiana, degli spazi, è vissuto in
modo più problematico e difficile da comprendere per il paziente
una routine regolare, attività metodiche aiutano a ridurre la
confusione e a mantenere nel soggetto delle sicurezze relative ai
punti di riferimento
il buio, la sera, possono diventare un problema in più. Oltre a
rassicurare il soggetto, è bene predisporre degli ausili (luci notturne)
per orientare il soggetto e prevenire i disturbi dispercettivi.
una parola chiave che vale per tutti è: la “giusta misura”, “l’equilibrio”
(non sempre riesce, purtroppo) nei modi e nelle azioni da seguire con
un soggetto affetto da deterioramento cognitivo
l’eventuale cambiamento di ambiente rappresenta un fattore di
confusione e di destabilizzazione prima che il soggetto si abitui alla
nuova situazione.
il disturbo cognitivo può alterare e peggiorare il comportamento e la
personalità del paziente
una situazione quotidiana a “rischio” sono le abluzioni personali.
Alcuni soggetti non accettano più le pulizie igieniche del mattino:
l’acqua viene percepita come un pericolo e quindi possono essere
aggressivi perché si sentono minacciati.
In questi casi è bene preparare il soggetto a ciò che dovrà fare,
stargli vicino e utilizzare insieme l’acqua. Nei casi più difficili si deve
cercare di “motivare” il soggetto (ad es. lavarsi fa bene alla salute,
alla pelle, ad eliminare le tossine, ecc… ) o aspettare e riprovare
successivamente.
il cambiamento del tempo (quando sta per cambiare), può essere un
fattore di disturbo dal punto di vista cognitivo e comportamentale.
una certa fluttuazione dei disturbi è assai frequente
è buona regola durante il giorno aiutare il soggetto a muoversi, a
passeggiare e a bere acqua: l’attività fisica e l’idratazione sono linfa
vitale per il cervello
per evitare o limitare le reazioni distruttive, dobbiamo prima di
tutto accettare che questi comportamenti non sono dovuti alla
“cocciutaggine” o alla “cattiveria”, ma rappresentano una reazione
che la persona non è in grado di controllare
il modo migliore per affrontare reazioni distruttive è quello di
prevenirle
tra le cause più frequenti di reazioni esagerate o distruttive
ricordiamo:
v dover pensare a più cose contemporaneamente
v cercare di fare qualcosa che non si è più in grado di fare
v essere assistito da una persona nervosa e frettolosa
v sentirsi dare fretta
v non capire ciò che si deve fare
v non capire ciò che si è sentito o visto
v essere affaticato
v non riuscire a farsi capire
v essere trattato come un bambino.
Nel caso in cui non si riesca a prevenire l’aggressività, è importante
assumere un comportamento il più possibile calmo, parlando con
gentilezza, cercando di distrarre il soggetto. Talvolta la semplice
vicinanza del familiare o di un operatore è sufficiente per superare il
problema.
13
Raccomandazioni
per gli assistenti
Reazioni esagerate ed aggressive
idratazione con conseguenze negative per lo stato clinico del
soggetto. Qui di seguito troverete alcuni consigli da adottare con i
pazienti che presentano questo disturbo con la raccomandazione di
far riferimento comunque ad operatori specializzati che vi diano le
indicazioni iniziali per l’alimentazione assistita
CONSIGLI PRATICI PER IL PAZIENTE DISFAGICO
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
N.B: ultimo, ma non per ultimo: ogni storia di malattia è diversa
dalle altre, ma il denominatore comune è che se le persone che
si occupano del soggetto usano la stessa lingua, la stessa linea
di comportamento, i risultati saranno migliori evitando così di
disperdere energie utili.
11.
Disturbi della deglutizione : disfagia
13.
La disfagia è un disturbo neurologico che causa la difficoltà o
l’impossibilità a deglutire nei soggetti affetti da demenza in uno
stadio avanzato. Il pericolo maggiore per i pazienti disfagici è il
rischio di aspirare cibo o liquidi nelle vie aeree con conseguente tosse,
infezioni polmonari e rischio di soffocamento. Altre complicazioni
sono rappresentate dalla malnutrizione con dimagrimento o scarsa
12.
14.
La prima raccomandazione è quella di verificare il livello di
attenzione del soggetto ed interrompere l’alimentazione ai
primi segnali di stanchezza e di agitazione.
Procedere gradualmente ed aspettare che il soggetto abbia
deglutito il cibo prima di continuare
Mangiare in posizione seduta con le braccia comodamente
appoggiate ai braccioli della sedia. Piegare leggermente la
testa in avanti durante la deglutizione.
Mangiare lentamente e con attenzione, assumendo sempre
piccole quantità di cibo per volta. Deglutire due o tre volte
ogni boccone, se possibile dare da bere con un cucchiaino o
la cannuccia.
Consumare diversi pasti poco abbondanti nel corso della
giornata, per evitare un’immediata sensazione di sazietà.
Evitare di consumare piatti che presentino al tempo stesso componenti solide e liquide. Preferire cibi di consistenza
omogenea, più facili da deglutire. (No la pastina ed i cibi consistenti e duri)
Il soggetto mentre mangia è bene che non parli.
Ogni tanto far eseguire dei colpi di tosse, per controllare la
presenza di cibo in gola.
Dopo il pasto è opportuno che il paziente rimanga seduto per
circa 20 minuti per evitare rigurgiti
Quando si devono utlizzare gli addensanti per l’acqua o i cibi,
versare con attenzione poco prodotto per volta per ottenere
facilmente la consistenza desiderata.
Ricordare che il consumo di liquidi freddi (ad es. il gelato) può
favorire una migliore deglutizione.
Anche i cibi addensati, se presentati con cura e fantasia, risultano invitanti e stimolano l’appetito. L’uso di sostanze come
il burro o l’olio di oliva possono essere di ausilio
Mantenere un’accurata igiene del cavo orale e del naso per
evitare ristagni di cibo, muco e saliva che potrebbero compromettere la deglutizione e favorire l’insorgenza d’infezioni
(effettuare risciacqui giornalieri con acqua o bicarbonato o
con collutorio).
Valutare sempre anche il ristagno di secrezioni all’interno
delle fosse nasali, che può provocare una respirazione nasale
difficoltosa, soprattutto durante l’alimentazione.
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Raccomandazioni per gli assistenti
Raccomandazioni per gli assistenti
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I COMPORTAMENTI DA EVITARE:
§ atteggiamenti di sfida e discussioni
§ mostrarsi offesi
§ provocare fisicamente o deridere
§ mostrare paura
§ bloccare con la forza
§ contenere eccessivamente il soggetto o non dare spazio a
sufficienza
§ parlare velocemente e a voce alta
COSA FARE PER AFFRONTARE E PREVENIRE GLI SCATTI D’IRA:
§ rimanere calmi
§ non prendersela per “l’incidente”: probabilmente il
soggetto lo dimentica molto presto
§ cercare di capire il motivo scatenante per evitare che si ripeta
§ cercare di non intervenire quando non è necessario e non
esagerare sulla gravità dell’accaduto
§ non assumere un atteggiamento eccessivamente protettivo
o impositivo.
§ a volte basta “agganciare” il paziente su qualcosa che a
lui piace fare: fare una passeggiata, ascoltare la musica,
guardare la tv, dargli qualcosa in mano (una pallina morbida)
oppure preparare insieme qualcosa da mangiare…
§ La sana passeggiata può a volte funzionare come valvola di
sfogo del comportamento aggressivo
Nel capitolo dedicato alla Disfagia, troverete una serie di consigli utili
da adottare con i pazienti che presentano disturbi della deglutizione
(DISFAGIA).
Considerando che questo disturbo neurologico riguarda i pazienti
affetti da demenza in uno stadio avanzato, è opportuno far
riferimento, nella fase iniziale dell’alimentazione assistita, a personale
specializzato per questo grave disturbo
Abbiamo
pensato
che fosse cosa
gradita ed
utile offrire le
“Raccomandazioni
per gli assistenti”
tradotte in
diverse lingue per
avere uno
strumento più
rapido ed
anche più vicino
alle persone
che si occupano
dell’assistenza
quotidiana.
Di seguito troverete delle informazioni utili per il “fare quotidiano”
che nascono dall’esperienza diretta e dalle conoscenze acquisite sulla
malattia.
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Consigli utili a buon
mercato da parte
del tuo cervello
Esiste un modo per farti star meglio?
• DIETA EQUILIBRATA
• UN’ATTIVITÀ FISICA QUOTIDIANA ED IL SONNO REGOLARE
• BERE ALMENO 2 LITRI DI ACQUA AL GIORNO
• AVERE INTERESSI PIACEVOLI E MOTIVANTI
• UN’ADEGUATA ATTIVITÀ COGNITIVA
E cos’è questa attività cognitiva?
“Significa che mi devi usare,
anch’io ho bisogno di allenamento”
Lo STUDIO, la LETTURA, il CRUCIVERBA, giocare a CARTE, a
DAMA, ASCOLTARE LA MUSICA CLASSICA (Mozart) sono attività
importanti per mantenere attivi i miei neuroni e le mie sinapsi
(“le linee telefoniche”)
Ricorda sempre il vecchio proverbio:
“Mens sana in corpore sano”!
Così andremo d’accordo, non puoi sbagliare!
Grazie di cuore dal tuo cervello
Per qualche consiglio in più: star bene per fare meglio
Per qualche consiglio in più:
star bene per fare meglio
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Come vedete dall’immagine, la somiglianza
di una noce e del nostro
cervello è incredibile:
credibile
è
invece
adottare uno stile di vita
regolare senza eccessi.
La noce sembra molto
simile al cervello umano
e la sua stessa forma
richiama i due emisferi
cerebrali.
In
modo
figurato le noci, come altri alimenti naturali e sani, sono “il cibo del
cervello”.
I grassi Omega-3 presenti nelle noci, flessibili e fluidi per natura
rendono facile il passaggio di sostanze che aiutano a rimuovere “i
rifiuti” del nostro cervello in modo efficiente.
Le noci possono anche aiutare a correggere i livelli di serotonina del
cervello umano. La Serotonina è una importante sostanza chimica
del cervello che controlla sia il nostro umore e che il nostro appetito.
Sempre le noci, possono alleviare i disturbi come l’insonnia, la
depressione ed altri comportamenti compulsivi, comunemente
trattati con farmaci.
Una o due noci al giorno, senza eccedere, possono aiutare il nostro
cervello!
E questo era solo per le noci!
Pensiamo all’acqua, ad esempio.
Come abbiamo raccomandato è importante bere almeno 2 litri al
giorno: non dimentichiamo che il 75% del nostro corpo è acqua
e che una parte del nostro sangue (plasma) è composto del 90%
di acqua! L’acqua serve anche a far scorrere meglio il sangue nel
nostro corpo e a liberare, attraverso le urine, le sostanze tossiche e
l’accumulo dei farmaci: quindi beviam, beviam!
Di seguito abbiamo pensato di proporre alcune immagini che si
riferiscono a ciò che si può fare durante il giorno per cercare di
alleggerire il carico dell’assistenza e soprattutto per semplificare la
giornata evitando alcuni comportamenti poco utili che aumentano il
dispendio di energie dei familiari
Cose utili...con cose facili
I proverbi e le locuzioni: la referenza indiretta come terapia
Leggere una lista di proverbi al soggetto fa bene e richiama
in modo automatico l’area del linguaggio verbale:
Un’immagine come questa racchiude molto della nostra vita,
dei nostri ricordi perché si riferisce a volti e personaggi famosi.
Prova anche tu, in un minuto, a ricordare tutti questi
personaggi: …farà bene al cuore e al tuo cervello!
una vera sorpresa!
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Sì
No
“… una via d’uscita, il nostro caro cervello, la
trova sempre!”
Riserva cerebrale
Prova a leggere questo testo… e vedrai!
Il principio della RISERVA CEREBRALE è uno dei principi
fondamentali di riabilitazione cognitiva.
Seocndo uon stiduo di uan univretisà inlegse l’oridne
dlele letetre all’intreno di uan paorla nno è improtatne,
ciò ceh improta è al pirma e l’utliam letetra. Il retso
nno improta motlo in qulae oridne si trvoa, lo leeggrai
comnuque sezna prbloema.
“...essere occupati in attività piacevoli può ridurre il rischio di
incidenza di demenza, poichè fornisce una “RISERVA” che ritarda
l’inizio dei disturbi cognitivi...”
(Scarmeas e coll. da Neurology 2001)
Per qualche consiglio in più: star bene per fare meglio
Per qualche consiglio in più: star bene per fare meglio
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Poche cose quotidiane per il benessere cognitivo
L’arma segreta:
la socializzazione
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L’elemento più interessante ed aggiornato, che abbiamo potuto
verificare nell’esperienza quotidiana confortati anche da un serie di
lavori di ricerca mirati, è quello che noi chiamiamo “l’arma segreta”
ovvero, la socializzazione: vivere in una piccola comunità, come
un centro dedicato alla malattia di Alzheimer, permette ai pazienti
di uscire dall’isolamento comunicativo che, con tutti gli sforzi
possibili, la famiglia non riesce a volte a risolvere nel corso dell’intera
giornata vissuta in casa. Si è visto infatti che, tra i domini cognitivi
maggiormente più resistenti alla malattia, l’area del linguaggio
è sicuramente più sensibile alla socializzazione perché richiama la
riserva cognitiva del soggetto e ancora di più il bisogno primario
dell’essere umano di comunicare e di stare insieme con gli altri.
La socializzazione rappresenta un vero e proprio “ponte levatoio”
che si apre e permette al soggetto, pur soffrendo di una malattia
degenerativa, di entrare nel piccolo gruppo e riceverne un sicuro
beneficio. Un recente studio svedese ha dimostrato che il vivere
soli, e più ancora il sentirsi isolati, aumenterebbe notevolmente
il rischio di sviluppare una demenza di Alzheimer nelle
persone oltre i 75 anni. Un dato di un certo rilievo, se si considera
che dopo i 70 anni la frequenza della malattia raddoppia ogni 5
anni. Il rischio aumenterebbe anche tra coloro che non intrattengono
buone e numerose relazioni interpersonali può ridurre del 50% il
rischio di sviluppare l’Alzheimer o altre forme di demenza. Questo
effetto benefico dell’amicizia e delle altre forme di socializzazione è
stato scoperto in Svezia, grazie a una ricerca del Karolinska Institute
di Stoccolma, pubblicata sul periodico “Neurology”.
Lo studio ha preso in considerazione 506 anziani sani, monitorandoli
per un periodo di 6 anni: 144 di loro, nel corso dell’analisi scientifica,
si sono ammalati della Malattia di Alzheimer o di altre forme di
demenza.
Gli studiosi si sono dunque interessati a verificare quali fossero gli stili
di vita dei partecipanti e hanno così potuto notare che chi manteneva
sempre la calma, chi era una persona allegra e affabile, chi conduceva
una vita sociale attiva, con incontri, riunioni e passatempi, aveva un
più basso livello di stress e una probabilità di sviluppare una forma
di demenza del 50% inferiore rispetto ai loro coetanei più solitari,
burberi e irascibili.
Le conclusioni raggiunte dallo studio sono incoraggianti, perché
hanno scoperto un ruolo non piccolo degli stili di vita nel rischio di
ammalarsi di demenza e gli stili di vita possono essere modificati, al
contrario di quanto avviene per i fattori predisponenti genetici.
Vivere in una piccola comunità dedicata, permette al familiare di
avere un momento di riposo, “di respiro” per rimettere in ordine le
idee e controllare lo stress psicofisico correlato alla malattia.
Dedicato a voi
e al vostro lavoro quotidiano
“Lo stress è come una spezia:
nella giusta proporzione esalta il sapore di un piatto.
Troppo poca produce in blando, noioso pasto.
Troppa può soffocarlo”.
Donald Tubesing
Dalla pesantezza dello stress...
...alla leggerezza dell’ironia
Arrivederci e buon lavoro!
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L’arma segreta: la socializzazione
Vivere insieme agli altri, vivere in famiglia, in una comunità, in
un centro specializzato dove si è accettati per quello che siamo
in quel momento, fa bene al cuore e alla mente!
A.F.Ma.L.
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A.F.Ma.L., “Associazione con i Fatebenefratelli per i Malati Lontani”
è nata il 30 ottobre 1979 ed è:
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una libera associazione umanitaria senza fini di lucro, impegnata
nell’ambito dell’emergenza sanitaria e nello sviluppo di iniziative per
la solidarietà internazionale;
riconosciuta idonea ad operare nel settore del volontariato civile
dal Ministero degli Esteri Italiano, con decreto del 19/7/1987,
riconfermato il 14/9/1988. Dal 1995 è tra le organizzazioni
riconosciute dall’Unione Europea;
iscritta nell’elenco nazionale del dipartimento della Protezione Civile;
patrocinata e supportata nelle sue attività dall’Ordine ospedaliero di
San Giovanni di Dio, conosciuto in Italia come Fatebenefratelli.
L’Ordine ospedaliero Fatebenefratelli, fondato nel XVI secolo da
Juan de Dios, nei suoi oltre 450 anni di attività ha aperto quasi mille
strutture sanitarie in ogni parte del mondo.
Attualmente, l’Ordine svolge attività sanitaria in 5 continenti con circa
290 opere.
A.F.Ma.L - Associazione con i Fatebenefratelli per i Malati Lontani
Sede Centrale: Via Cassia 600, 00189 Roma - Tel.: (0039) 06 3355 4006
email: [email protected]
Per sostenere concretamente le attività di solidarietà dell’Afmal si può:
• destinare il 5X1000 all’Associazione attraverso la dichiarazione dei redditi.
Basta firmare nell’apposito riquadro (Associazioni e Fondazioni) inserendo il
codice fiscale 03818710588
• versare un contributo economico ai seguenti riferimenti bancari e postali:
CONTO CORRENTE BANCARIO
c/c 1770 intestato all’Afmal
c/o BNL Ag. 40 - via Cassia, 629 – 00189 - Roma
ABI 01005 - CAB 03340
CONTO CORRENTE POSTALE intestato all’Afmal - n. 16767006
Un ringraziamento particolare per le traduzioni a:
Paola Franchi,
Mariangela Fratino,
Krystyna Indyk,
Constantin Stamatescu ,
Alessio Pinna,
Eva Pozo
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