Dopo BREXIT: spingere su integrazione europea e puntare su giovani e lavoratori A bocce quasi ferme effetti e scenari possibili post referendum GB su economia, politica e lavoro in Italia e Europa Il terremoto innescato dal referendum britannico del 23 giugno scorso avrà un impatto che, a distanza di 20 giorni dall’esito, sembra ancora di difficile previsione. Le conseguenze che preoccupano di più sono quelle sulla tenuta economica e sul futuro politico dell’Unione Europea. Non a caso, Prometeia - la società di consulenza e ricerca economica più affidabile in Italia - nel suo Rapporto di Previsione pubblicato il 6 luglio scorso, ha inserito la Brexit tra le cosiddette “incognite note”, cioè quegli eventi di natura politica, noti perché programmati e conosciuti con largo anticipo, ma i cui effetti sono impossibili da prevedere perché rappresentano altrettanti punti di svolta sul piano politico ed economico. Anche se i cambiamenti istituzionali non arriveranno prima del 2019, Prometeia ha già rivisto al ribasso le previsioni del Pil britannico, che si dimezzerà per il 2016 e perderà complessivamente 2,3 punti entro il 2017. Per quanto riguarda l’Italia, i risultati del referendum inglese si innestano su un ciclo economico già zoppicante e l’effetto Brexit dovrebbe costare, per l’istituto bolognese, “solo” 0,7 punti percentuali di Pil tra il 2016 e il 2019. Per Standard & Poor’s, l’agenzia di rating statunitense, in base al Brexit Sensitivity Index - l’indice di esposizione alla Brexit basato su fattori come esportazioni di beni e servizi verso il Regno Unito, flussi bidirezionali di emigrazione, crediti del settore finanziario su controparti britanniche e investimenti stranieri diretti - assieme all’Austria, l’Italia sarebbe il paese europeo meno esposto rispetto all'uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Anche il Governatore di Bankitalia Ignazio Visco ha sostenuto che l'Italia si trova agli ultimi posti per rischio economico. “il nostro interscambio di beni e servizi con la Gran Bretagna è intorno al 3% del Pil". Quindi, secondo gli analisti più accreditati, gli effetti sulla nostra economia, ancorché negativi, non dovrebbero essere eclatanti. Il settore bancario tuttavia è stato, e continua ad essere, il più colpito dalla speculazione post Brexit. “Chi fino ad oggi si è opposto ad un vero processo di integrazione europea, immaginando di poter gestire con egoismo e autoreferenzialità i singoli interessi nazionali – Ha affermato Giulio Romani, Segretario Generale First Cisl - deve comprendere che le priorità attualmente sul tavolo devono essere invece affrontate con pragmatismo e flessibilità. Per innestare cicli economici positivi e recuperare la fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni nazionali ed europee, è sempre più necessario rivedere le regole relative al bail-in e consentire alcuni interventi pubblici oculatamente mirati”. Quello politico è certamente il fronte più vulnerabile, per il rischio di effetti emulativi cavalcati dai partiti populisti e antieuropeisti in grande ascesa in tutta Europa. "C'è una profonda disillusione in Europa” ha dichiarato Luca Visentini, Segretario Generale della CES/ETUC, la Confederazione Europea dei Sindacati. “Le politiche di Austerity, i tagli alla spesa pubblica, la disoccupazione, il fallimento dei governi nel soddisfare le esigenze delle persone, l’incapacità degli stati europei di agire insieme, stanno spingendo i cittadini contro L’Unione Europea. L’Europa deve tornare ad occuparsi dei lavoratori, impegnandosi per una società più giusta e più equa, deve investire per creare posti di lavoro di qualità, migliori servizi pubblici e reali opportunità per i giovani”. Dello stesso parere Anna Maria Furlan, Segretaria Generale della CISL. “C’è stata una evidente incapacità della politica europea di rispondere alle domande, fondamentali e vitali, dei suoi popoli, offrendo ai movimenti nazionalisti e populisti, anti Europa ed anti euro, il terreno ottimale di coltura e di crescita di un consenso generalizzato. Oggi c’è un’unica speranza per l’Europa: uno scatto in avanti, un’accelerazione del processo dell’Unione politica, verso un unico Governo europeo, una gestione comune del debito (come avvenne con la costituzione degli Stati Uniti d’America), un unico sistema fiscale e di protezione sociale, l’adozione responsabile del “Migral Compact” come scelta consapevole di accoglienza e di cooperazione degli Stati Europei. La solidarietà è oggi la scelta possibile oltre che obbligata”. Redazione First Cisl