BREXIT
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La Brexit spaventa gli Usa. A Washington si è svolto un vertice tra tutte le autorità di vigilanza del settore
finanziario per valutare i possibili rischi. Alla riunione del Financial Stability Oversight Council ha partecipato
anche il segretario al Tesoro Jacob Lew. "Il consiglio - si legge in una nota del Dipartimento del Tesoro - ha
discusso i recenti sviluppi sui mercati compresa la possibilità di una separazione del Regno unito dall'Unione
europea". L'organismo ha il compito di esaminare l'impatto sul sistema finanziario americano di potenziali
shock esterni e di studiare la gestione dei rischi che possano portare a una nuova crisi come quella del 20072009. Nel rapporto, approvato al termine della riunione del Fsoc, si legge come peseranno sulle decisioni dei
prossimi mesi "le preoccupazioni legate al referendum sulla possibile uscita del Regno unito dalla Unione
europea, l'incertezza nel finalizzare un accordo con la Grecia, le persistenti tensioni geopolitiche tra Russia e
Ucraina e l'emergenza immigrazione che mette a dura prova la coesione europea". Alla riunione erano
presenti tra gli altri il presidente della Sec (la Commissione per i titoli e gli scambi), Mary Joe White, e quello
della Commodity Futures Trading Commission, Timpthy Massad. Entrambe in queste settimane stanno
lavorando a stretto contatto con le autorità europee per armonizzare molte delle regole del settore
borsistico e finanziario e renderlo a livello globale più resistente a shock come quello della Brexit. Anche la
numero uno della Fed, Janet Yellen, fa parte del consiglio, ma non era presente, avendo già espresso le sue
preoccupazioni ore prima nel corso di un'audizione davanti al Congresso.
Il premier britannico David Cameron al Financial Times, che pubblica una media aggiornata dei sondaggi in
cui i Leave sono di un punto avanti ai Remain, 45% a 44%, ha detto che il referendum sulla Brexit "sarà un
testa a testa" e "nessuno può dire cosa succederà". Il primo ministro ha ammesso, parlando al giornale della
City, una certa "frustrazione" per i top manager che avrebbero potuto fare di più in favore dei pro Unione
europea. Secondo il premier, una Brexit sarebbe "irreversibile" e non ci sarebbe modo per la Gran Bretagna
di tornare ad essere un Paese membro dell'Ue: sarebbero così le generazioni future a pagarne il prezzo
maggiore. In caso di vittoria dei Remain, invece, Cameron prevede dei "benefici economici immediati" per il
Regno e già da venerdì le imprese rassicurate dal risultato sarebbero spinte a creare maggiore ricchezza e
nuovi posti di lavoro. Il primo ministro ha fatto anche considerazioni di politica interna, rispondendo a quegli
esponenti Tory che intendono fare campagna per l'uscita dall'Ue in caso di vittoria dei Remain con uno
scarto di voti molto ridotto. "Per quel che mi riguarda col referendum la questione è chiusa". Ma Cameron si
prepara anche al peggio. Se prevalgono gli euroscettici infatti è già pronto ad avviare i negoziati con
Bruxelles per l'uscita del Paese dall'Unione in base all'articolo 50 del Trattato di Lisbona.
"Spero che i britannici si facciano guidare dal pragmatismo, che è una delle virtù britanniche. E di
conseguenza spero che l'uscita del Regno Unito dall'Europa non sia il risultato del referendum". Lo dice il
presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker a due giorni dal voto sulla Brexit in una
intervista alla Frankfurter Allgemeine Zeitung, che sarà pubblicata domani ed il cui testo è stato anticipato. "I
britannici hanno bisogno della Ue, e la Ue ha bisogno a sua volta del pragmatismo dei britannici", aggiunge
Juncker.
L'opinione di Maria Cannata, responsabile del Tesoro per la gestione del debito pubblico è che non
dovrebbe durare a lungo la volatilità che potrebbe colpire i mercati obbligazionari in caso di vittoria del
fronte 'out' al referendum britannico di giovedì sulla permanenza di Londra nell'Unione europea. La Gran
Bretagna è la quinta economia al mondo e il prevalere del fronte 'out' viene visto come un rischio per gli altri
Paesi europei, soprattutto per quelli periferici. "Ci aspettiamo una moderata volatilità e un certo
allargamento degli spread, magari anche un rialzo dei tassi ma non crediamo possa durare a lungo", ha
B.C.C. dell’Alto Reno – Ufficio Finanza e Titoli - 22 giugno 2016
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spiegato Cannata agli investitori durante un evento a Londra. Cannata ha chiarito inoltre che l'eventuale
vittoria del fronte 'out' non avrà alcun impatto sul calendario delle aste italiane.
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Sul mercato valutario prevale un certo ottimismo rispetto all'esito del referendum che il 23 giugno decreterà
l'uscita o la permanenza della Gran Bretagna dall'Unione europea. La sterlina è salita ieri dello 0,3% sul
biglietto verde a 1,4715 dollari, dopo aver toccato 1,4788 dollari, massimo da gennaio. La valuta britannica si
apprezza anche nei confronti dell'euro, che scivola dello 0,15% a 0,7689 sterline. Gli ultimi sondaggi danno
in vantaggio il fronte favorevole alla permanenza nell'Unione ma l'incertezza resta alta. L'indagine Survation
per Ig, appena pubblicata, mostra il fronte del 'remain' stabilmente in testa al 45%, mentre lo schieramento a
favore del 'leave' guadagna 2 punti percentuali rispetto alla precedente indagine e sale al 44%. Secondo
George Soros, il miliardario diventato celebre per aver puntato conto la sterlina nel 1992, se il referendum di
dopodomani dovesse decretare l'uscita della Gran Bretagna dall'Ue, il deprezzamento della valuta britannica
sarebbe più marcato e dirompente di quello avvenuto nel mercoledì nero di 24 anni fa, quando la divisa
britannica venne spinta fuori dai margini di oscillazione previsti dal Sistema monetario europeo. Soros, in un
commento sull'edizione odierna del Guardian, sostiene che in caso di Brexit la sterlina potrebbe perdere tra
il 15 e il 20% sul dollaro, scivolando sotto 1,15. Stabile in area 1,13 il rapporto euro/dollaro mentre sia il
biglietto verde che la valuta unica guadagnano terreno sullo yen, che in quanto asset rifugio tende a
sottoperformare nelle fasi di buona propensione al rischio. Un nuovo sondaggio dà i pro Ue in vantaggio
sugli euroscettici nella campagna referendaria della Brexit. In base a una rilevazione del Daily Telegraph, che
oggi ha fatto il suo 'endorsement' in favore dell'uscita dall'Ue, i Remain distaccano di 7 punti i Leave, 53%
contro 46%. Ma nella media dei sondaggi c'è una situazione di parità fra i due schieramenti, confermata
anche da una analisi del "guru" elettorale Lynton Crosby.
I rischi diretti per l'economia italiana di un'eventuale uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea sono
nel complesso limitati mentre i problemi maggiori si potrebbero avere a livello di risposta politica
dell'Europa, con conseguenti tensioni su mercati finanziari, spread e titoli bancari. Lo dice il capo economista
di Intesa Sanpaolo Gregorio De Felice, a due giorni dal referendum sulla Brexit. De Felice spiega che i canali
di trasmissione di uno shock Brexit sull'economia italiana sono tre: riduzione del Pil britannico, svalutazione
della sterlina e maggiore avversione al rischio su mercato. "Sui primi due gli effetti sono tutto sommato
limitati, l'export italiano verso il Regno Unito ammonta a 22 miliardi di euro l'anno e abbiamo calcolato che
nello scenario veramente peggiore la perdita di export sarebbe circa di 3 miliardi" spiega De Felice a
margine di un convegno al Sole 24ore a Milano. "Il vero punto è cosa succede sui mercati finanziari e su
questo molto dipenderà non tanto dalle azioni di politica monetaria -- perché la Bce fornirà tutta la liquidità
necessaria -- ma dalla reazione di natura politica". Secondo l'economista, se l'eventuale Brexit verrà
considerata a livello europeo come un segnale dell'avanzata di movimenti populisti che si oppongono
all'euro, e ci sarà da parte dell'Europa "una forte reazione positiva, gli effetti sui mercati potranno
attenuarsi"; al contrario, prosegue, "se si rimane su un istituto europeo tale e quale a quello attuale,
potranno esserci contraccolpi anche importanti su spread, mercati finanziari e titoli bancari".
B.C.C. dell’Alto Reno – Ufficio Finanza e Titoli - 22 giugno 2016
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