IL PRINCIPIO DI PAULI IN ASTRONOMIA di Elisa Londero Com’è noto , gli elementi chimici che costituiscono la tavola periodica vengono identificati attraverso il loro numero atomico, detto “Z”. Infatti, un atomo elettricamente neutro contiene “Z” protoni nel nucleo e “Z” elettroni che vanno a formare la cosiddetta nuvola elettronica. Per uno stesso elemento, prendendo in considerazione il numero di neutroni “N” nel nucleo, si distinguono poi i diversi isotopi. Infine, il numero di massa A = N+Z, indica il numero complessivo delle particelle nucleari nel nucleo atomico. Premettiamo che con il termine orbitale si indica la zona intorno al nucleo dove esiste la massima probabilità di trovare l’elettrone. Questa interpretazione statistica proposta dal fisico tedesco M. Born sostituì nel 1926 la descrizione più ingenua degli elettroni che si muovono su determinate orbite attorno al nucleo come i pianeti attorno al Sole. Nel 1925, il fisico austriaco W. Pauli, attraverso il principio di esclusione (o principio di Pauli) ha determinato la regolarità secondo la quale vengono riempiti i gusci energetici: uno stato elettronico (definito da certi numeri quantici) può essere occupato al massimo da un elettrone. Ciò significa che due elettroni non possono avere gli stessi numeri quantici, ovvero in termini di quanto è stato appena detto, due elettroni possono coesistere in uno stesso orbitale solo se dotati di spin opposto. Il principio di Pauli non vale solo per gli elettroni ma per tutti i fermioni (particelle a spin semintero): due fermioni identici non possono occupare gli stessi numeri quantici. Le caratteristiche chimiche di un elemento dipendono dalla configurazione elettronica della nuvola di elettroni. Quindi si può concludere che tutti gli atomi che stanno in un certo gruppo del sistema periodico degli elementi possiedono una struttura simile, per lo meno per quanto riguarda gli elettroni più esterni (elettroni di valenza, quelli che vengono coinvolti nei legami chimici), questo perché le strutture elettroniche esterne degli elementi periodicamente si ripetono ogniqualvolta si conclude il riempimento di un livello per iniziarne un altro. Quindi i gas nobili (He, Ne, Ar, Kr), i metalli alcalini (Li, Na, K) e gli alogeni (F, Cl, Br, I) sono tutti esempi in cui le proprietà chimiche all’aumentare di Z si ripetono. Queste ricorrenze sono state classificate indipendentemente dal russo D. Mendeleev nel 1969 e dal tedesco L. Meyer nel 1970, in un archetipo della moderna tavola periodica degli elementi e sono essenzialmente conseguenza del principio di esclusione di Pauli. Esso nasce nel contesto della meccanica quantistica, quindi per spiegare ciò che accade a livello microscopico, tuttavia gioca un ruolo essenziale in un grande numero di fenomeni fisici ove sia coinvolta la stabilità su larga scala della materia. L’astronomia fornisce la più spettacolare dimostrazione di quanto detto nel caso di nane bianche e delle stelle di neutroni. Una nana bianca è ciò che gli astronomi chiamano il nucleo residuo di una stella Sopra: orbitale di tipo s (l=0, simmetria sferica) e orbitale px (l=1, forma bilobata, orientato lungo x) secondo l’interpretazione probabilistica data da M. Born. A sinistra: le dimensioni comparate della Terra e di una nana bianca. 32 www.cortinastelle.it che non può essere ulteriormente sottoposto a fusione nucleare, ma che tuttavia, pur essendo estremamente denso, non collassa sotto la sua stessa gravità. Ciò che permette ad una nana bianca di esistere è proprio il principio di esclusione di Pauli che, come visto, non permette che gli elettroni vengano ulteriormente avvicinati una volta raggiunta una certa densità critica (un milione di grammi per centimetro cubo). Entro il nucleo di una stella che diventerà una nana bianca la materia è costituita da nuclei di carbonio ed elettroni. I primi sono il prodotto della fusione nucleare e non vengono coinvolti dal principio di esclusione, cosicché se il nucleo fosse costituito soltanto da essi, si contrarrebbe all’infinito. I secondi non possono essere costretti ad occupare un volume minore, e questo fa in modo che ciò non possa succedere nemmeno per i nuclei di carbonio. Infatti ciascun elettrone possiede una carica negativa e ciascun nucleo è caricato positivamente, quindi dato che cariche di segno opposto si attraggono, ogni elettrone viene attirato da ogni nucleo di carbonio e viceversa. Una volta che la densità del nucleo aumenta al punto tale che gli elettroni non possono essere ulteriormente avvicinati, l’attrazione degli elettroni nei confronti dei nuclei tiene questi ultimi in posizioni fisse e quindi non permette alla gravità della stella di comprimerli in volumi di spazio inferiori (pressione di degenerazione). A questo punto entro il nucleo non può più avere luogo la fusione nucleare proprio perché il principio di esclusione la vieta: a causa della scarsa possibilità di movimento evidenziata sopra, i nuclei non possono collidere uno contro l’altro ad alte velocità come è richiesto che avvenga affinché si realizzi la fusione. Senza quest’ultima il nucleo denso non può produrre nuova energia e quando gli strati più esterni della stella saranno evaporati resterà visibile il nucleo (nana bianca), ciò che resta di una stella un tempo attiva. La nana bianca diventerà lentamente meno luminosa, ma non si contrarrà ulteriormente. Le stelle di neutroni, derivanti dall’esplosione di supernovae, mostrano forze gravitazionali ancora più grandi e gli elettroni sono costretti a fondersi con i Una stella di neutroni, o una di quark, pur avendo massa superiore al Sole, possono essere contenute all’interno del Grand Canyon. protoni a formare neutroni e neutrini, che producono una pressione di degenerazione ancora maggiore. I neutrini che sono privi di massa si allontanano alla velocità della luce lasciandosi alle spalle un nucleo costituito interamente da neutroni. Le stelle di neutroni hanno una massa simile a quella del Sole. Ma il loro raggio è dell’ordine di 10 km, cioè 70.000 volte più piccolo del Sole. La loro massa è perciò impacchettata in un volume 70.0003 (circa 1014) volte più piccolo, e la densità media è quindi 1014 volte più alta. Questi valori di densità sono i più alti conosciuti, e sono impossibili da riprodurre in laboratorio: per dare un’idea delle condizioni estreme di una stella di neutroni, per riprodurre la densità osservata occorrerebbe comprimere una portaerei nello spazio occupato da un granello di sabbia. Si tratta di una densità simile a quella dei nuclei atomici, ma estesa per decine di chilometri. In effetti, le stelle di neutroni possono essere considerate nuclei atomici giganti, tenuti insieme dalla forza gravitazionale. Per comprendere il principio di Pauli è necessario parlare di numeri quantici. Essi derivano dal fatto che le quantità fisiche a livello microscopico sono “quantizzate”, possono cioè assumere solo valori discreti. Il numero quantico principale si indica con “n” e rappresenta sostanzialmente il livello di energia dell'elettrone. Da questo numero dipende la dimensione dell'orbitale (che cresce all'aumentare di “n”). Gli orbitali aventi lo stesso valore di numero quantico “n” si dice che appartengono allo stesso guscio. I gusci si contrassegnano con le lettere K, L, M, N,... a seconda che n sia uguale a 1, 2, 3, 4,... Il numero quantico secondario (o angolare) si indica con la lettera “l” e differenzia i vari tipi di orbitale che possono esistere in un determinato livello energetico. Può assumere tutti i valori che vanno da 0 a n-1 a ognuno dei quali corrisponde quindi un sottolivello di energia. I simboli usati per i primi quattro sottolivelli sono: s, p, d ed f, ordinati secondo l'energia crescente all'interno del livello. A ogni sottolivello corrisponde un tipo di orbitale avente una ben determinata forma geometrica, che è sferica per l'orbitale s, a simmetria bilobata per gli orbitali p e a simmetria più complessa per gli orbitali d ed f. Il numero quantico m indica il numero di orbitali che possono coesistere in un determinato sottolivello. Tali orbitali hanno tutti la stessa forma e la stessa energia ma sono diversamente orientati nello spazio. Il numero di valori che m può avere dipende da l, infatti può assumere i valori -l, 0 e +l (2l+1 valori). Il sottolivello s (l=0) comprende un solo orbitale e non ha alcuna direzione preferenziale (simmetria sferica, m=0). Per il sottolivello p (l=1) sono permessi tre valori di m (-1, 0, +1) che definiscono i tre orbitali p orientati lungo i tre assi x, y, z tra loro perpendicolari. Analogamente per il sottolivello d (l=2) ed f (l=3) si hanno 5 e 7 valori di m che individuano, rispettivamente, 5 e 7 orbitali diversamente orientati nello spazio. Oltre a questi tre numeri quantici ne esiste un quarto che riguarda la natura intrinseca dell'elettrone. Esso viene chiamato numero quantico di spin ms e può assumere solo i valori +1/2 e -1/2. il principio di pauli in astronomia 33