Infarto, capirlo per batterlo
Marra: ecco le vie da seguire
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Velocità di intervento e ricovero nella struttura “giusta” sono fondamentali.
Ma la miglior terapia è anticiparlo: tre fasi nella prevenzione.
L’importanza degli stili di vita.
di Sebastiano Marra
DIO PIEMONTE • N. 1/2012 gennaio/aprile 2012
Per poter parlare di prevenzione e successivamente di terapia dell’Infarto Miocardiaco Acuto (IMA)
bisogna capire come si realizza l’occlusione di una arteria di vitale importanza quale una delle arterie
coronarie. Il fenomeno dell’”Aterotrombosi” è quel fenomeno degenerativo della parete di una arteria può essere cerebrale, renale, cardiaca, periferica, secondaria - all’infiltrazione di aghi di colesterolo LDL
nella parete intimale dell’arteria medesima. La parete dell’arteria reagisce a questa infiltrazione con una
risposta infiammatoria, che cerca di circoscrivere il fenomeno, ma a volte ha l’effetto opposto.
L’effetto negativo di questo processo infiammatorio consiste nell’occupare spazio e, quindi, far
ingrandire (placca aterotrombotica) la parete dell’arteria che viene di conseguenza parzialmente
ostruita. Quando tale fenomeno è particolarmente rapido il rivestimento di questa protuberanza intra
arteria diviene così sottile da rompersi: il sangue viene a contatto con la placca con effetti coagulativi
estremamente pericolosi e con la trombosi del vaso. QUESTO È L’INFARTO.
Ovviamente, il territorio servito, in termini di ossigenazione muscolare, da questa arteria muore in poche
ore con un enorme danno sul muscolo cardiaco perchè vengono profondamente alterate la funzione e
la forma del ventricolo sinistro con successiva ripercussione sia sulla validità fisica del paziente che
sulla durata della sua vita. La terapia ottimale e specifica, in caso di IMA, è il ricorso al nostro sistema
118 regionale al fine di essere portati in un Laboratorio di Emodinamica (laboratorio cardiologico in cui
si eseguono le Angioplastiche e le Coronarografie). L’obiettivo è disostruire l’arteria occlusa mediante
aspirazione del trombo e dilatazione dell’arteria ristretta utilizzando un palloncino e uno stent.
La velocità di intervento è fondamentale. Entro due ore dall’inizio dei sintomi il paziente va ricoverato
nel Laboratorio per le opportune azioni terapeutiche. In ogni caso sulla stessa ambulanza del 118 si
può iniettare nelle vene del paziente un farmaco trombolitico (che scioglie il trombo almeno nel 70% dei
casi). Successivamente si cercheranno di eseguire una coronarografia e una angioplastica.
La “Rete per l’Infarto”, operante in quasi tutte le regioni italiane, è presente in Piemonte dal gennaio
2011. Essa, quindi, ha come obiettivo il più rapido ricovero possibile nella struttura cardiologica giusta
(non necessariamente la più vicina a casa) per poter riperfondere il muscolo cardiaco al più presto.
I ritardi procurano aumento di mortalità della popolazione colpita da IMA e in seguito aumento
dell’invalidità funzionale lavorativa e sociale dei pazienti sopravvissuti.
Viene spontaneo domandarsi se, malgrado la mortalità ospedaliera per infarto sia scesa dal 30% dagli
Anni Settanta al 4,5% attuale, in realtà la migliore terapia non sia il prevenire tale danno attraverso
un’opera di salvaguardia della salute dei cittadini allo scopo di evitare questi eventi sempre
traumatizzanti e a volta tragici per le conseguenze. Ricordiamo che in Piemonte si verificano circa
5.000 IMA ogni anno con lievissima tendenza alla riduzione. In Italia si registrano 160 mila IMA/anno e,
soprattutto nel cosiddetto terzo mondo, troviamo la più alta mortalità per malattie cardiovascolari.
Si raggiunge quasi l’80% della mortalità totale con 17 milioni di vittime a livello mondiale.
Si comprende quanto sia importante cercare di educare le persone perchè non cadano in quella rete di
fattori predisponenti (fattori di rischio) che portano all’IMA. La prevenzione consiste nell’individuare per
ogni singolo soggetto quali siano i fattori di rischio modificabili (colesterolo, fumo, diabete, ipertensione
arteriosa, obesità, depressione, sedentarierà) per cambiare gli stili di vita e attuare correzioni dei fattori
che necessitano di terapie specifiche.
È evidente che i livelli di modifica dei fattori in questione sono ancora più incisivi nelle persone
asintomatiche che presentano fattori di rischio non modificabili (età, sesso, razza, familiarità).
Nella vita di un individuo la prevenzione si realizza in tre possibili fasi:
1. Fin dall’infanzia in pazienti con forte predisposizione familiare al fine di prevenire o attenuare la
comparsa di malattia.
2. Prevenire l’evoluzione infartuale in pazienti che hanno già dato segni minori di problematiche
aterotrombotiche anche in organi diversi dal cuore.
3. Prevenire la recidiva di eventi gravi e ridurre la mortalità in pazienti già colpiti da un evento cardiaco
serio con l’infarto.
La prevenzione deve incidere sullo stile di vita e rendere il cittadino consapevole del suo livello di
rischio anche con l’aiuto della Carta del Rischio formulata dalla Società Europea di Cardiologia.
Evidente l’obiettivo: ottenere la prima adesione da quella fascia di popolazione più esposta a eventi
cardiovascolari.
Ma la prevenzione, come già accennato, va realizzata anche dal punto di vista di un ottimale
contenimento del possibile ritardo con cui il paziente colpito da IMA potrebbe essere correttamente
trattato. Da qui nasce l’esigenza di una campagna educativa verso i cittadini per la chiara comprensione
della necessità di una pronta chiamata al 118 nel caso di sintomi di infarto in modo che gli operatori del
118 eseguano un elettrocardiogramma (ECG) a domicilio e lo trasmettano subito all’Unità di Terapia
Intensiva Cardiologica (UTIC) dell’ospedale di riferimento con la conseguente attivazione del relativo
Laboratorio di Emodinamica.
Quindi, prevenire significa evitare l’insorgere della malattia. Ma non solo: vuol dire anche poter
fronteggiare il rischio di danni drammatici qualora la malattia sia già presente.
Lo svilupparsi della aterosclerosi coronarica