GAZZETTA MERCOLEDÌ 21 OTTOBRE 2015 Vie FESTIVAL2015 ■ Testi a cura di Altre Velocità A BOLOGNA 37 » ALL’ARENA DEL SOLE la recensione King Arthur: visione come analisi di un inganno Giovanna Marini e il Coro Arcanto di Bologna in scena questa sera alle 21 all’Arena del Sole di Cristina Tacconi ◗ BOLOGNA La mattina del 2 novembre del 1975, nei pressi dell'idroscalo di Ostia, venne ritrovato il corpo di Pier Paolo Pasolini, uno dei più brillanti intellettuali del Novecento. A quarant'anni dal suo omicidio il Comune di Bologna, città dove nacque e iniziò il suo percorso formativo, decide di rendergli omaggio attraverso il semestrale progetto multidisciplinare “Più moderno di ogni moderno”, titolo di un suo famoso componimento poetico. All'interno di tale contesto, Vie presenta “Sono Pasolini - per coro a voci naturali e un lettore”, spettacolo coprodotto da Ert, Teatro nazionale di Roma, festival AngelicA e la Cineteca di Bologna. Quella che vedremo stasera all'Arena del Sole alle 21 sarà un'anteprima in forma di concerto dell'opera che debutterà invece nella sua forma scenica a Roma al Teatro India il 27 ottobre. Attraverso un dialogo in musica, Giovanna Marini e il coro Arcanto di Bologna si fanno interpreti della parola pasoliniana. La composizione musicale e drammaturgica è affidata alla cantautrice e compositrice romana, strettamente connessa alla figura dello scrittore friulano perché è grazie a lui e La parola come protagonista per un omaggio a Pasolini Giovanna Marini presenta l’anteprima dell’opera che debutterà il 27 a Roma: uno spettacolo qui in forma di concerto per coro a voci naturali e un lettore La cantautrice (Foto M. Golfieri) all'incontro con altri intellettuali che negli anni Sessanta scopre il canto sociale, diventandone una delle maggiori interpreti italiane. Il pensiero del Pasolini critico e saggista viene incarnato mediante la reci- tazione del testo “I giovani infelici”, primo capitolo della raccolta di articoli “Lettere luterane”, che tratta lo scontro generazionale fra padri e figli. Il coro invece dà voce alla poesia con la raccolta di liriche in friulano “La nuova gioventù” ultimo testo edito dall'autore un genere estremamente caro a Pasolini, cui tornava ogni qual volta sentiva l'esigenza di ritrovarsi e raccontare una realtà a lui vicina. La dialettica che si instaura tra le due voci in scena non è tanto quella fra la parola cantata e la parola recitata, quanto fra l'italiano e il dialetto, ovvero tra la lingua scritta e la lingua orale, fra parlata ufficiale e lingua del popolo, nel suo caso proveniente dal paese d'origine della madre, Casarsa. L'oralità della pa- rola è in effetti un tema che ossessionava Pasolini e che diviene protagonista del concerto poetico di questa sera, scelta che rispecchia il pensiero sul teatro dell'autore, espresso nel famoso “Manifesto per un nuovo teatro”: “Nel teatro la parola è doppiamente glorificata: è scritta, come nelle pagine di Omero, ma è anche pronunciata, come avviene fra due persone al lavoro: non c'è niente di più bello”. “Sono Pasolini” intende allora trasporre in scena la poetica dello scrittore dello scandalo (operazione che si è sempre rivelata difficoltosa): la parola trova esistenza nella duplice unione fra l'oralità della recitazione e del dialetto, acquisendo ritmo e corporeità attraverso le voci del coro. Quando il teatro non piace al potere Cosa vuol dire vedere, percepire? Motus si dibatte nella viscosità di questa domanda rivisitando il “King Arthur” scritto da John Dryden sulle musiche di Henry Purcell. La regia di Daniela Nicolò ed Enrico Casagrande si affianca all'interpretazione dell'ensemble Sezione Aurea, responsabile della riorchestrazione musicale, per mettere in forma un' opera sinestetica dove parola, suono, gesto e visione si intersecano: il genere ibrido della semi-opera seicentesca viene forzato e portato alle estreme conseguenze in una sperimentazione multimediale che è da anni cifra caratteristica dei lavori di Motus. La storia d'amore tra Emmeline, principessa non vedente, e Arthur si svolge su un'area scenica espansa, in linea con il formato polimorfo dell'opera: sul palco vediamo in primo piano un bosco oscuro fare eco a una foresta di leggii e strumenti musicali; una porta aperta introduce a un secondo spazio solo parzialmente visibile, dove la narrazione si frantuma e si discosta dallo sguardo dello spettatore; le ellissi visive vengono in certa misura colmate da una telecamera in presa diretta che segue i personaggi in scena e fuori scena proponendo un punto di vista connotato e parziale sulla vicenda. Le riprese proiettate in tempo reale su uno schermo e intervallate da sequenze preregistrate costruiscono quindi una narrazione doppia, non del tutto affidabile. Si sta tra lo smarrimento e il fraintendimento in un gioco di riflessi e rifrazioni amplificato dalla presenza di specchi ustori e anamorfici: ecco dunque che la visione si configura come analisi di un inganno. Cosa vuol dire vedere? Probabilmente dubitare, riflettere, indagare. Per Motus vedere è essere visti: lo sguardo cieco e visionario di Emmeline diventa allora metafora del teatro stesso, primo e ultimo inganno possibile. Elena Carletti alle passioni “Faust” della Peschke: Mefistofele Anticipazione sul convegno internazionale in programma da domani a sabato ora va all’Opera di Pechino Lo spettacolo di Romeo Castellucci Fin dalle origini del teatro greco, scena e scandalo si ritrovano intrecciati. A volte sono gli spettacoli a inseguire la provocazione, per genuina volontà di essere “contro” o come espediente per colpire lo spettatore. Altre, è l'autorità (religiosa, politica, istituzionale) a braccare gli autori e le poetiche, sentendosi oltraggiata o minacciata da visioni che prefigurano la possibilità di una realtà diversa. Da domani a sabato si sviluppa “Lo scandalo del teatro”, convegno internazionale nato per iniziativa dell' Unibo e dell'Università La Sor- bona di Parigi e che tenterà di sviscerare questo rapporto, inserendolo in una prospettiva storica che parte dal XVI secolo. Nei tre giorni di incontri (presso i Laboratori delle Arti di Bologna, domani dalle 15 alle 18, tutta la giornata di venerdì, infine il 24 dalle 10 alle 13.30 presso la Sala Consiliare del Comune di Modena) si confronteranno studiosi italiani e internazionali, con la tavola rotonda di chiusura che vede la presenza dei fondatori del Belarus Free Theatre. Ripetutamente osteggiata dal regime bielorusso, la storica com- pagnia è l'esempio di come la politica (nelle sue tante declinazioni) non perda mai di vista il teatro, e viceversa. Anche in anni recenti, dalle contestazioni parigine contro Castellucci all'indignazione per la performance all'aperto con un danzatore nudo di Tino Sehgal durante l'ultimo Santarcangelo, abbiamo assistito a tentativi di circoscrivere, quando non di censurare, l'attività artistica. Il convegno è allora occasione preziosa per capire quale teatro ha fatto paura al potere ieri e quale lo farà domani. Francesco Brusa ◗ MODENA Dal suo capo partono lunghissime antenne che vivono di vita propria. Veste di rosso, vermiglie sono anche le tonalità del suo volto truccato. Così entra in scena Mefistofele nel “Faust” di Anna Peschke, produzione Ert con la China National Peking Opera Company, in scena stasera alle 21 alle Passioni (repliche sino a domenica). La regista tedesca si avvale di canto, recitazione, acrobazie e musica dal vivo scommettendo sull'incontro fra le imposizioni dei codici dell' Opera cinese e le invenzioni re- gistiche di tradizione europea. Anche in questo “Faust” c'è un dottore che vende l'anima al diavolo per placare la sua sete di conoscenza, si innamora della giovane Margherita e le spezza il cuore. Anche qui sino al finale non sapremo se una redenzione umana sia possibile, se dunque il pentimento di Faust basti a sconfiggere Belzebù. Qui però i personaggi sono incarnati da figure al limite del fantastico, attori la cui preparazione canora e acrobatica ci trasporta in una dimensione extraquotidiana di rara intensità. Vedere per credere. Lorenzo Donati