EUR MED PHYS 2008;44(Suppl. 1 to No. 3) Recupero della forza muscolare dopo precoce mobilizzazione passiva nel paziente emiplegico E. CARRARO1, S. MASIERO1, G. ROSATI2, C. FERRARO1 Introduzione 1Scuola La perdita di destrezza nell’uso dell’arto superiore rappresenta uno dei principali fattori di disabilità persistente post-ictus1. Si è stimato che circa il 20% dei pazienti non recuperano completamente l’uso funzionale dell’arto superiore e che il recupero è parziale nell’85% dei casi2. Una grave invalidità e una marcata limitazione nelle attività della vita quotidiana persiste in circa il 35% di tutti i pazienti post-stroke. L’outcome motorio conseguente ad un trattamento convenzionale è povero, con una percentuale di pazienti compresa tra il 30 e il 60% che, nonostante la terapia convenzionale, non riacquistano un uso funzionale del loro arto paretico3,4. Infatti, dei soggetti sopravvissuti allo stroke, dal 30% al 66% continuano ad avere disabilità motoria all’arto superiore per più di 6 mesi5,6. Secondo le linee guida SPREAD, nelle fasi precoci dell’ictus è indicato effettuare una intensa mobilizzazione passiva quotidiana degli arti paretici o plegici in tutto il range di movimento delle articolazioni6. Inoltre, da alcuni studi risulta che il precoce intervento di mobilizzazione dell’arto superiore paretico/plegico nel paziente post-ictus rappresenta il fattore maggiormente correlato con il ritorno al proprio domicilio entro sei settimane dall’evento ictale. Nella clinica, l’esercizio di mobilizzazione passiva (ROM) è una componente standard di trattamento ed è considerato efficace a prevenire contratture. Recenti studi clinici hanno dimostrato che la mobilizzazione passiva altera lo stato inibitorio del sistema nervoso centrale e conseguentemente le risposte comportamentali dei soggetti8,9. Immediatamente dopo uno stroke, la riduzione della forza muscolare è dovuta alla perdita di input discendenti dal pool di motoneuroni spinali per la diminuita attivazione delle unità motorie, mentre sei mesi dopo uno stroke, la riduzione della forza è dovuta anche ad una diminuzione di un’area settoriale trasversa10 e al disuso11. Inoltre, l’effetto dell’allenamento alla forza può dipendere dal livello iniziale di deficit della forza. In una review, Ada et al.12 raccomandano di inserire interventi diretti a stimolare il rinforzo muscolare come parte della riabilitazione stessa dello stroke, soprattutto nei primi sei mesi. È stato evidenziato come la debolezza muscolare (intesa come perdita di abilità a generare una forza di intensità normale) sia il maggiore contribuente alla limitazione dell’attività motoria13-17. Studi che confrontano il grado di danno neurologico con l’attività, riportano un alto grado di correlazione maggiore tra la forza e l’attività, rispetto ad altri tipi di danno18-21. Conseguentemente, si è cercato di implementare l’allenamento alla forza come parte integrante della riabilitazione post-stroke; Gli interventi potrebbero includere la stimolazione elettrica, il biofeedback, la ri-educazione muscolare in aggiunta agli esercizi di resistenza progressiva. Vol. 44 - Suppl. 1 to No. 3 di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitazione, Università degli Studi di Padova, Padova; 2Dipartimento di Innovazione Meccanica e Gestionale, Università degli Studi di Padova, Padova In questo lavoro, presentiamo la nostra esperienza con NEuroREhabilitation-roBOT (NeReBot), un apparecchio robotico progettato e costruito presso il Dipartimento di Innovazione Meccanica e Gestionale dell’Università di Padova per il trattamento dell’arto superiore post-stroke22. Diversamente dagli altri robot descritti in letteratura, NeReBot è un’interfaccia aptica a cavi che può essere utilizzata al letto del paziente con l’obiettivo di poter trattare soggetti poststroke in fase acuta. Dal punto di vista meccanico l’apparecchio è costituito da una struttura mobile in acciaio, comprendente un basamento a struttura aperta a forma di C, una colonna regolabile in altezza e bracci orizzontali regolabili in angolazione. Sulla struttura sono collocati inoltre tre motori in corrente continua e a tensione di 50V, un PC, una minitastiera e un monitor LCD, due scatole all’interno delle quali sono inseriti dispositivi elettronici di controllo. Si utilizzano per la mobilizzazione dell’arto tre cavi in nylon che convertono il moto rotatorio dei tre motori in corrente continua in una traiettoria spaziale per l’arto del paziente. L’avambraccio del paziente è posto su un’ortesi in materiale termoplastico, la quale è agganciata ai tre cavi con un sistema di sgancio magnetico che interviene nel caso in cui la trazione superi un valore di sicurezza per il paziente. Mediante l’utilizzo di un software, appositamente sviluppato, l’apparecchio è in grado di acquisire le posizioni spaziali dell’arto superiore che il medico sceglie come punti della traiettoria da compiere durante la terapia. In seguito l’apparecchio ripete ciclicamente la traiettoria spaziale derivante da interpolazione dei punti acquisiti con possibilità di selezionare diverse velocità. NeReBot è stato programmato per effettuare movimenti (flesso-estensione, ab-adduzione, prono-supinazione) dell’arto superiore (spalla e gomito), simulando un trattamento hand-over-hand. Lo scopo del nostro studio pilota è stato quello di verificare se una precoce terapia con NeReBot riduce la debolezza e favorisce il recupero della forza muscolare di pazienti post-stroke con arto superiore plegico/paretico. Materiali e metodi Sono stati reclutati 20 soggetti (età media: 69,5 anni; SD 12,5), con emiplegia/paresi da lesione vascolare cerebrale (ischemica o emorragica) recente (entro una settimana dall’ictus). EUROPA MEDICOPHYSICA 1 CARRARO RECUPERO DELLA FORZA MUSCOLARE DOPO PRECOCE MOBILIZZAZIONE PASSIVA NEL PAZIENTE EMIPLEGICO Tabella I. – Sono rappresentati i guadagni in forza (media e SD) dei muscoli considerati durante il follow-up di 240 giorni nel gruppo sperimentale e nel gruppo di controllo (MRC= Medical Research Council). Effetti del trattamento MRC deltoide MRC bicipite MRC tricipite MRC pronatori MRC supinatori Dopo 15 gg GS GC p 0,80±1,13 0,40±0,51 0,413 0,30±0,82 0,40±0,69 0,755 0,30±0,82 0,50±0,85 0,656 0,60±0,96 0,90±1,22 0,585 0,60±0,96 0,90±1,32 0,764 0,20±0,78 0,50±0,70 0,284 0,10±0,87 0,40±0,84 0,359 Dopo 30 gg GS GC p 1,80±1,31 0,80±0,78 0,072 1,50±1,30 0,70±0,90 0,101 1,50±1,23 0,90±1,12 0,205 0,88±0,88 1,98±1,92 0,783 1,33±1,00 1,56±1,99 0,784 1,51±1,51 0,98±0,98 0,697 1,41±1,47 0,62±0,87 0,634 Dopo 90 gg GS GC p 2,40±1,17 1,30±0,94 0,032 2,30±1,56 1,20±1,22 0,050 2,10±1,52 1,30±1,16 0,227 1,06±1,06 1,55±1,59 0,260 1,65±1,28 1,73±1,59 0,613 1,90±1,37 1,30±0,89 0,293 1,58±1,58 0,93±0,83 0,348 Dopo 240 gg GS GC p 3,25±1,16 1,50±0,92 0,007 2,38±1,72 1,50±1,41 0,055 2,38±1,75 1,63±1,76 0,255 2,71±1,38 1,78±1,48 0,161 2,50±1,41 1,63±1,50 0,303 1,88±1,15 1,13±0,99 0,829 1,75±1,66 1,25±1,03 0,421 I criteri di esclusione allo studio erano: a) instabilità cardiovascolare (grave ipertensione arteriosa non controllabile farmacologicamente, grave coronaropatia, etc.); b) presenza di gravi deficit cognitivi (eminattenzione spaziale, afasia globale); c) comparsa di marcata e precoce spasticità (≥ 3 sec. la scala di Ashworth); d) età superiore a 85 anni. I pazienti sono stati randomizzati in 2 gruppi: 10 soggetti erano assegnati al gruppo sperimentale (GS) che riceveva terapia tradizionale e robot-terapia, i rimanenti al gruppo di controllo (GC) che era trattato solo con terapia tradizionale. Tutti i soggetti reclutati ricevevano la stessa dose di trattamento riabilitativo standard (in termini di minuti/die) basato sul concetto Bobath. Il GS è stato sottoposto in aggiunta ad un programma di trattamento supplementare all’arto superiore con NeReBot, iniziando entro la prima settimana dallo stroke e comprendeva un tempo di trattamento di 40 minuti al giorno (suddiviso in due fasi di 20 minuti) per una durata di 4 settimane. All’inizio di ogni sessione, il terapista cercava di identificare la traiettoria ottimale e le posizioni di riposo per ciascun paziente da far eseguire al robot, personalizzando secondo il recupero individuale per sfruttare pienamente le abilità motorie residue del paziente e provvedere alla stimolazione multisensoriale. Il robot assisteva e guidava l’avambraccio e la mano del paziente e ripeteva l’esercizio secondo le impostazioni date dal team di riabilitazione, secondo il grado di disabilità del paziente: tutte le sessioni di trattamento consistevano di una sequenza di compiti motori seguiti da una breve fase di riposo. All’inizio di ogni sessione di terapia, veniva esaminato il braccio plegico per individuare il recupero della funzione motoria, il dolore o altre complicanze. Nella prima settimana il paziente era di solito in posizione supina (sul letto) e gli esercizi quotidiani includevano ripetizioni passive lungo traiettorie semplici (es. elevazione del braccio); appena possibile il paziente veniva posto seduto su una sedia o su una sedia a rotelle, legato bene con una cintura di sicurezza per limitare movimenti di torsione del tronco e prevenire possibili cadute. L’insieme degli esercizi da effettuare con l’arto plegico, si faceva progressivamente più complesso a questo stadio (ad es, includeva movimenti circolari). All’entrata nello studio dei pazienti, venivano registrate le caratteristiche dei soggetti (età, sesso, lato della paresi, tipo ed insorgenza 2 MRC flessori dita MRC estensori dita dello stroke, patologie concomitanti). I risultati erano valutati a distanza di 1, 3 e 8 mesi dall’ictus con la Medical Research Council (MRC)23 che valuta il recupero della forza muscolare e con Modified Ashworth Scale (MAS)24 per evidenziare eventuali variazioni del tono muscolare. Le caratteristiche dei pazienti nel gruppo di controllo e in quello sperimentale sono stati comparati usando il test del Chi-quadro (per dati nominali) o il test della T di Student per variabili indipendenti (dati continui). Abbiamo utilizzato il test U di Man-Whitney per evidenziare una differenza significativa tra i guadagni medi nei punteggi della forza muscolare (MRC) nei due gruppi. La significatività statistica è stata posta a p≤0,05. per l’analisi statistica è stato usato il programma SPSS version 11,5 (SPSS, Inc., Chicago, IL). Risultati Il GS ed il GC erano comparabili per età, sesso, fattori di rischio (ipertensione, diabete, familiarità, cardiopatie, depressione, obesità, dislipidemie), tipo di stroke (tutti ischemici) e valutazioni cliniche pre-trattamento. I risultati ottenuti dalla valutazione clinica dopo 1, 3 e 8 mesi dall’inizio del trattamento con NeReBot sono rappresentati nella tabella I. Nessuna variazione significativa tra i due gruppi era riscontrata a carico del tono muscolare alla MAS in tutto il follow-up considerato. Durante la terapia con NeReBot, non si sono verificate complicanze o effetti indesiderati nei pazienti. Conclusioni Dalla valutazione effettuata con la MRC, il GS mostra un significativo incremento della forza del muscolo deltoide a 3 e 8 mesi e del bicipite brachiale a 3 mesi ed incrementi sebbene non statisticamente significativi, in altri muscoli (tricipite brachiale, supinatori e flessori del polso) rispetto al GC. La scala di Ashworth, modificata da Bohannon e Smith, non ha rilevato significative variazioni del tono muscolare tra i due gruppi a dimostrazione che la mobilizzazione passiva anche se effettuata in fase acuta non influenza l’insorgenza o il peggioramento della spasticità di un paziente emiplegico. I nostri risultati, seppur preliminari, sembrano confermare che un’intensa e precoce mobilizzazione passiva nel soggetto con pare- EUROPA MEDICOPHYSICA October 2008 RECUPERO DELLA FORZA MUSCOLARE DOPO PRECOCE MOBILIZZAZIONE PASSIVA NEL PAZIENTE EMIPLEGICO si/plegia post-ictus può produrre significativi benefici motori utilizzabili nel percorso riabilitativo. Rimane ancora da determinare quale sia il regime ottimale di esercizio con robot efficace a migliorare la funzione motoria dopo uno ictus. 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