Dipartimento Allergologia, Dietetica e Immunonutrizione: Guida ai protocolli clinici, gestionali e comportamentali Dipartimento Allergologia, Dietetica e Immunonutrizione: Guida ai protocolli clinici, gestionali e comportamentali INDICE LA NUTRIGENETICA pag. 4 GESTIONE DEL PAZIENTE CON INTOLLERANZA MULTIPLA A FARMACI pag. 7 SOVRAPPESO, OBESITà e MALATTIE METABOLICHE pag. 9 SENSIBILITÀ AL GLUTINE NON CELIACA pag. 10 ALLERGIA SISTEMICA AL NICHEL SOLFATO pag. 12 GESTIONE DEL PAZIENTE CON REAZIONI ALLERGICHE IgE-MEDIATE AGLI ALIMENTI pag. 14 3 LA NUTRIGENETICA PREMESSA Nell’Ottocento, il filosofo tedesco Ludwig Feuerbach asseriva che “l’uomo è ciò che mangia”, sostenendo che un popolo può migliorare, migliorando la propria alimentazione. In effetti, sebbene la sua fosse una visione filosofica più che scientifica, l’educazione alimentare e le regole di una dieta bilanciata, corretta e misurata hanno assunto nella società attuale un ruolo determinante. L’impor tanza e lo stret to legame del binomio “alimentazione e buona salute” è stata sottolineata anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che considera la sana nutrizione e la salute, diritti umani fondamentali. Cosicché, negli ultimi anni, le frontiere dell’alimentazione si sono allargate e oggi si sa che i cibi influenzano lo stato di salute ancora più di quello che anni fa poteva solo essere immaginato. Infatti, nel campo biomedico e della nutrizione, si sta affermando la NUTRIGENETICA, una nuova disciplina che combina genetica e nutrizione, e che ha come obiettivo principale quello di creare una dieta basata sul profilo nutri-genetico di ogni individuo per mantenere la salute e prevenire le malattie. Che cosa è la NUTRIGENETICA? è la scienza che, mediante specifici test genetici, studia i rapporti che esistono tra le caratteristiche genetiche di ogni singolo individuo con la sua propria alimentazione, il metabolismo e l’ambiente in cui vive. In dettaglio, si occupa di individuare quelle piccole differenze genetiche caratteristiche di ognuno e che sono responsabili di risposte individuali variabili in seguito alla somministrazione di specifici nutrienti presenti nel cibo. 4 Questa nuova branca si fonda su diversi concetti che possono essere riassunti nei seguenti punti: •gli alimenti possono esercitare a livello del DNA effetti diretti o indiretti, alterando l’espressione e/o la struttura dei geni; •la dieta può rappresentare un fattore di rischio o uno strumento di prevenzione; •un intervento nutrizionale basato sulla conoscenza della costituzione genetica e dello stato di nutrizione dell’individuo può essere usato per prevenire o curare le patologie. IL TEST GENETICO Il test genetico si basa sull’analisi del DNA e, più in particolare, delle diverse varianti geniche coinvolte: •nel metabolismo dei lipidi; •nei meccanismi che stanno alla base della risposta infiammatoria; •nel metabolismo dell’omocisteina e delle vitamine del gruppo B; •nelle attività di detossificazione; •nelle attività degli enzimi che proteggono l’organismo dallo stress ossidativo. Quali sono i benefici che si possono ottenere dai test di nutrigenetica Essere a conoscenza del proprio profilo genetico consente di seguire un piano alimentare personalizzato che possa prevenire l’insorgenza di patologie multifattoriali e/o ripristinare uno stato di salute ottimale, attraverso un controllo efficace sulla qualità della vita, incrementando o diminuendo il consumo di alcuni alimenti o integrando la propria alimentazione con determinati nutrienti. Ad esempio, l’assenza di una variazione nel gene SOD2 è stata associata ad un rischio maggiore di sviluppare alcune patologie, in particolare quelle cardiovascolari. Il rischio di insorgenza delle suddette patologie diminuisce con una maggiore introduzione nella dieta di cibi ricchi di antiossidanti. 5 A CHI è RIVOLTO IL TEST DI NUTRIGENETICA Il test è consigliato a tutti coloro che: •desiderano migliorare la propria dieta incrementando o diminuendo il consumo di determinati alimenti sulla base della risposta individuale ai cibi; •desiderano conoscere la propria predisposizione per l’insorgenza di tutte quelle patologie riconducibili ad abitudini alimentari scorrette (patologie cardiovascolari, metaboliche, osteoporosi, stress ossidativo..); •vogliono perdere peso in maniera efficace e duratura; •hanno in famiglia parenti che soffrono di obesità, patologie cardiovascolari e metaboliche, osteoporosi, ipercolesterolemia; •desiderano conoscere qual è l’integrazione alimentare più appropriata per raggiungere uno stato nutrizionale ottimale e prevenire eventuali carenze di nutrienti evitando quindi un utilizzo indiscriminato e potenzialmente pericoloso di integratori alimentari. GESTIONE DEL PAZIENTE CON INTOLLERANZA MULTIPLA A FARMACI PREMESSA Nella pratica medica, la diversa risposta al trattamento farmacologico tra un soggetto e l’altro costituisce da sempre un rilevante problema anche per le gravi conseguenze che possono derivare da una reazione avversa a farmaci. Infatti, il medesimo farmaco, allo stesso dosaggio può in un soggetto non esplicare alcuna attività terapeutica, in quanto viene velocemente allontanato dall’organismo, mentre in un altro soggetto può essere causa di importanti effetti avversi. La FARMACOGENETICA Oggi, grazie ad una nuova branca della genetica, la farmacogenetica, è possibile diagnosticare molte variazioni nella struttura dei geni che producono gli enzimi preposti al metabolismo dei farmaci e correlarle alle variazioni individuali nella risposta ai vari medicamenti. Un paziente con un metabolismo rapido, per esempio, può richiedere dosi più elevate e più frequenti per raggiungere le concentrazioni terapeutiche; invece un soggetto con un metabolismo lento può avere bisogno di dosi più basse e meno frequenti per evitare una reazione avversa da accumulo. Quali sono i benefici che si possono ottenere dai test di farmacogenetica Le indagini di farmacogenetica mettono il medico nelle condizioni di sapere a priori se un farmaco sarà tollerato dal paziente e quale dei diversi principi attivi a disposizione per curare una certa patologia avrà l’effetto migliore su una determinata persona, evitando continui tentativi che, oltre che mettere a rischio la vita del soggetto, sono causa di ingiustificati sprechi sanitari. 6 7 IL PERCORSO Dopo una consulenza genetica, il paziente con anamnesi positiva per reazioni avverse a farmaci e/o sostanze chimiche di varia natura può sottoporsi ai test di farmacogenetica, che daranno indicazioni relative all’ esistenza o meno di variazioni individuali di specifici geni (SNPs). Per effetto anche di una sola variazione in uno dei geni che generano gli enzimi del metabolismo dei farmaci, l’efficienza dell’attività enzimatica può risultare alterata, in tal modo producendo modalità diverse di smaltimento degli stessi farmaci. In questo senso sono stati descritti: •Soggetto Metabolizzatore Normale (Extensive Metabolizer - EM); •Soggetto Metabolizzatore Debole (Poor Metabolizer PM), ossia individui che metabolizzano poco o affatto, perché mancano dell’enzima o hanno un enzima con funzionalità ridotta che porta ad un maggiore accumulo di farmaco, con conseguente aumentato rischio di reazioni avverse; •Soggetto Metabolizzatore Intermedio (Intermediate Metabolizer - IM), ossia individui che metabolizzano ad un grado intermedio; •Soggetto Metabolizzatore Ultrarapido (Ultrarapid Metabolizer - UM), ossia individui che metabolizzano in modo troppo rapido e saranno maggiormente a rischio di non avere concentrazioni efficaci del farmaco nel sito di azione e quindi di risultare resistenti ad una specifica terapia. Scopo della FARMACOGENETICA L’identificazione delle varianti genetiche responsabili delle diverse risposte ad un determinato farmaco ha come scopo ultimo quello di: •determinare un appropriato dosaggio personalizzato di un certo farmaco; •prescrivere alternative farmacologiche più efficaci; •ridurre gli effetti avversi. 8 SOVRAPPESO, OBESITà e MALATTIE METABOLICHE La salute dell’uomo dipende in gran parte dalla sua alimentazione che contribuisce a mantenere le funzioni vitali e a fornire l’energia indispensabile al buon funzionamento dell’organismo. Lo squilibrio, derivante da un eccesso di calorie introdotte con l’alimentazione rispetto a quelle consumate, nonché da un eccesso di grassi saturi e zuccheri semplici, comporta un incremento di peso legato ad un accumulo di grasso. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) l’obesità rappresenta uno dei principali problemi di salute pubblica a livello mondiale, sia perché la sua prevalenza è in costante e preoccupante aumento, sia perché il fenomeno ha iniziato ad interessare anche le fasce più giovani della popolazione. Il grasso corporeo rappresenta un pericolo per la salute non solo in base alla sua quantità, ma soprattutto in funzione della sua distribuzione nelle diverse aree dell’organismo: è oramai accertato, infatti, che l’adiposità addominale, cioè il grasso che si accumula tra i visceri, ha effetti più negativi sulla salute rispetto a quello che si accumula a livello sottocutaneo, poiché incrementa la sintesi dei mediatori dell’infiammazione ed è per questo causa di patologie cronico-degenerative, neoplastiche e cardio-metaboliche (ipertensione, dislipidemie, iperuricemia, ictus, infarto, aterosclerosi, insulino-resistenza, diabete di tipo 2, tumori, ecc.). Appare, quindi, evidente che la gestione ed il trattamento del sovrappeso e dell’obesità hanno come obiettivo la riduzione del rischio di insorgenza di tali patologie ed il miglioramento globale dello stato di salute. Attraverso un piano nutrizionale personalizzato (che tenga conto delle condizioni fisiopatologiche del paziente, delle caratteristiche antropo-morfometriche, del suo metabolismo basale, del dispendio energetico e della sua composizione corporea) e un programma di rieducazione che preveda anche la modifica delle abitudini alimentari e dello stile di vita, con il graduale incremento dell’attività fisica (compatibile con le condizioni cliniche del paziente), sarà possibile ridurre l’eccesso di grasso corporeo e mantenere efficacemente nel tempo i risultati raggiunti. 9 SENSIBILITÀ AL GLUTINE NON CELIACA PREMESSa L’assunzione di prodotti glutinati, negli ultimi anni sempre più in aumento, può causare, oltre alle già conosciute allergia al grano e malattia celiaca, anche la Non Coeliac Gluten Sensitivity o Sensibilità al Glutine non Celiaca (NCGS), difficile da diagnosticare ma, rispetto alle altre due condizioni patologiche, molto più diffusa. Si stima, infatti, che la Sensibilità al Glutine colpisca il 6% della popolazione mondiale, costituendo così un problema globale. La Gluten Sensitivity è stata identificata per la prima volta nei familiari di soggetti celiaci, che segnalavano un’anomala risposta immunitaria al glutine in assenza di positività ai test diagnostici tradizionali. Definizione e analisi del contesto Il grano costituisce, insieme a mais e riso, una delle colture più rilevanti per l’alimentazione della maggior parte della popolazione mondiale e il suo successo è dovuto alla grande capacità produttiva, fondamentale per l’ottenimento di una ampia gamma di prodotti alimentari quali pasta, pane, pizza ed in generale di tutti i prodotti da forno. In ragione della sua importanza a livello produttivo, negli ultimi anni si è cercato di selezionare varietà di cereali con maggiore quantità di glutine, con notevole aumento del consumo giornaliero di questo determinante. Infatti, è stato stimato che, in Europa, il consumo medio di glutine è di 10-20 grammi (200400 g di pasta di semola - tabelle INRAN) al giorno con segmenti della popolazione che arrivano a consumarne fino a 50 o più grammi nell’intera giornata. 10 Approccio clinico e diagnostico Dal punto di vista clinico la GS si presenta con un quadro sintomatologico sovrapponibile ad altre patologie come la Sindrome del colon irritabile (IBS), la Malattia Celiaca (CD), l’intolleranza al lattosio. In realtà, Il quadro sintomatologico è abbastanza complesso perché, accanto ai classici disturbi gastrointestinali (meteorismo, dolori addominali, diarrea o stipsi o entrambi) assimilabili, appunto, ad altre patologie, emergono anche disturbi di natura sistemica (sonnolenza, difficoltà di concentrazione, cefalea, dolori articolari e muscolari, intorpidimento e formicolio degli arti, rash cutanei, anemia, stanchezza cronica). La diagnosi di certezza della GS si fonda sul Test di provocazione orale che consiste nella somministrazione di dosi stabilite e crescenti di glutine. A seguito della positività di tale test, il paziente viene invitato a seguire una dieta a basso regime di glutine per almeno 2 mesi, al termine dei quali viene rivalutato per stabilire la sua condizione clinica e il suo nuovo livello di tolleranza eventualmente maturato. Approccio TERAPEUTICO Attualmente l’unica terapia efficace per le patologie correlate al glutine è rappresentata dalla dieta gluten-free, con le ovvie limitazioni in termini di socializzazione e di complessiva qualità della vita. Lo schema dietetico deve essere personalizzato, modulandolo sulla base del risultato del test di provocazione orale, e adattandolo alle diverse tipologie di prodotti glutinati. Distribuzione del glutine in differenti prodotti da forno Pane comune 6,9 g % Pasta 6,9 g % Crackers 8,0 g % Fette biscottatte 9,6 g % Grissini 10,5 g % Pasta glutinata 11,8 g % 11 ALLERGIA SISTEMICA AL NICHEL SOLFATO PREMESSa L’Allergia al Nichel colpisce un numero sempre crescente di individui, manifestandosi attraverso due forme patologiche, la Dermatite Allergica da Contatto (DAC) e la Sindrome Sistemica da Allergia al Nichel (SNAS). Quest’ultima è caratterizzata da sintomi generalizzati a carico di organi e apparati, tra i quali l’apparato gastrointestinale (meteorismo, dolori addominali, turbe dell’alvo), la cute (orticaria, prurito, dermatiti diffuse), le mucose (aftosi orale), l’ambito neurologico (cefalea), l’apparato respiratorio (rinite, asma). Il Nichel è presente, oltre che in oggetti di uso comune quali cinture, monete, fibbie, anche in moltissimi alimenti soprattutto di derivazione vegetale, quali patate, pomodori, legumi, broccoli, spinaci. Tra gli alimenti di origine animale, l’uovo di gallina viene considerato tra i più ricchi di Nichel. Approccio diagnostico La diagnosi viene effettuata mediante l’applicazione di un Patch-Test contenente nichel solfato; alla rimozione, dopo 48-72 ore, il riscontro di una lesione nell’area di applicazione è indicativo dell’esistenza di un’allergia. La conferma, invece, di esistenza di una SNAS avviene esclusivamente attraverso un Test specifico di provocazione orale che consiste nella somministrazione di dosi definite e crescenti di nichel (partendo dalla posologia di 1,25 mg fino ad una dose massima di 6,25 mg) al fine di riprodurre la sintomatologia del paziente in condizioni di dieta libera. Approccio TERAPEUTICO Il principale e risolutivo approccio terapeutico risulta essere la dieta a basso contenuto di Nichel che tuttavia, a lungo termine, risulta spesso difficilmente attuabile, socialmente discriminante e fortemente penalizzante sotto il profilo nutrizionale, soprattutto nei soggetti contestualmente affetti da altre patologie (intolleranza al lattosio, sensibilità al glutine). Pertanto, la vera e unica opzione terapeutica risolutiva dell’Allergia Sistemica al Nichel Solfato è costituita dal Trattamento Iposensibilizzante Orale (TIO) che consiste nella somministrazione di dosi progressivamente crescenti del metallo fino al raggiungimento di una dose di mantenimento da assumere regolarmente per almeno 12 mesi, contestualmente alla dieta. Al termine dell’immunoterapia è possibile effettuare la reintroduzione dei cibi contenenti Nichel in maniera graduale. 12 13 GESTIONE DEL PAZIENTE CON REAZIONI ALLERGICHE IgE-MEDIATE AGLI ALIMENTI PREMESSa Le reazioni allergiche IgE-mediate ad alimenti sono reazioni non tossiche, causate da anticorpi anomali appartenenti alla classe delle IgE, ripetibili e dimostrabili. Le reazione di ipersensibilità, da intendersi come risposte immunitarie dannose in grado di produrre gravi patologie, vengono solitamente classificate sulla base del meccanismo immunologico che vanno ad attivare. Esse possono essere distinte in: •reazioni da ipersensibilità immediata (tipo I) molto pericolose, il cui esempio estremo è lo shock anafilattico; •reazioni citotossiche (tipo II); •reazioni mediate da immunocomplessi (tipo III); •reazioni cellulo-mediate (tipo IV), conseguenti all’attivazione di linfociti T. Le reazioni di I e IV tipo possono essere chiamate in causa nei meccanismi generatori delle reazioni di ipersensibilità ad alimenti. L’insorgenza di ipersensibilità allergica prevede due momenti o fasi: 1. Fase di induzione 2. Fase di scatenamento La fase di induzione avviene al primo incontro con l’Ag alimentare e la successiva produzione di IgE che vanno a ricoprire i mastociti (nel connettivo e nelle mucose) ed i basofili, legandosi ad opportuni recettori del frammento cristallizzabile delle immunoglobuline. La fase di scatenamento avviene invece alla seconda esposizione all’Ag alimentare, il quale trova già le IgE specifiche contro di esso, a cui si lega, e questo legame causa l’attivazione e degranulazione della cellula. I granuli contenuti nei mastociti e nei basofili, contengono istamina (la cui concentrazione nei mastociti è di 20-30 pg/cellula), un potente mediatore dell’infiammazione, 14 che legandosi a sua volta a specifici recettori dell’istamina (H1 receptors) sparsi nei tessuti, causa diversi effetti biologici, tra cui la vasodilatazione, responsabile del collasso durante lo shock anafilattico. L’ipersensibilità che si sviluppa, mediante le fasi di induzione e scatenamento, rappresenta il fallimento della tolleranza immunologica orale. Le reazioni allergiche IgE-mediate sono molto diffuse soprattutto nei bambini ed esiste una correlazione inversa tra l’incidenza di reazioni allergiche agli alimenti e l’età, confrontando la prevalenza di queste con altre forme allergiche non alimentari, che invece salgono numericamente con l’età. Approccio diagnostico La diagnosi delle reazioni allergiche è finalizzata ad escludere altre patologie da alimenti, a dimostrare il ruolo dell’alimento nello scatenamento della sintomatologia ed il meccanismo immunologico. La diagnostica immunologica ha scarsa affidabilità a causa della insoddisfacente qualità degli estratti allergenici del commercio, della imprevedibilità della struttura allergenica dell’alimento, spesso modificata radicalmente dal “trattamento” subito (questo non vale per le proteine del latte, le proteine dell’uovo, arachidi ed alcuni pesci). L’anamnesi consiste in una serie di domande da sottoporre al paziente che riguardano il tipo di sintomatologia, per supporre una probabile o possibile eziologia alimentare, capire l’età, sapendo che nei bambini è più probabile l’allergia ad alimenti specifici, mentre negli adulti l’intolleranza; i fattori accessori come l’esercizio fisico e la cross-reattività con inalanti; le abitudini alimentari (preferenze, avversioni, particolari associazioni) ed i farmaci, che possono avere un ruolo mascherante (anti-H1) o favorente (ASA). Il prick test è basato sulla capacità di evidenziare la presenza di IgE specifiche sui mastociti cutanei presenti nel derma. è uno dei metodi per la diagnosi delle allergopatie più diffuso ed utilizzato per una serie di caratteristiche: è un test molto specifico, sicuro e veloce, semplice e fornisce un risultato riproducibile, in più col prick test vi è la possibilità di testare più allergeni per seduta, la disponibilità e la stabilità degli estratti allergenici da utilizzare e una buona correlazione con storia clinica del paziente. 15 Il test prick by prick è un prick test con alimento nativo e si effettua pungendo prima l’alimento e poi l’avambraccio del paziente. Solitamente il prick by prick si esegue con frutta, verdura, ortaggi, alcuni tipi di carne, alcuni tipi di pesce e molluschi marini (cotti oppure crudi). Il RAST (Radio Allergo Sorbent Test) è il dosaggio della quantità di IgE allergene-specifiche presenti nel siero del paziente. Esiste anche un altro test, il PRIST, per il dosaggio delle IgE totali circolanti, utile per identificare pazienti atopici, ma poco utile per diagnosticare e trattare una determinata allergia alimentare. Il basotest o BAT, Basophil Activation Test è un test di laboratorio specialistico poiché prevede strumentazione e competenze specifiche in citofluorimetria. Il test è basato sulla stimolazione della degranulazione dei basofili nel sangue periferico, raccolti attraverso un semplice prelievo di sangue, trattandoli con estratti allergenici opportunamente diluiti, e valutandone il cambiamento di morfologia, l’espressione di molecole di superficie specifiche dei basofili e molecole che segnalano l’attivazione. Test molecolari per l’identificazione e la purificazione degli allergeni che inducono la produzione di IgE specifiche. Con tale diagnostica, grazie all’utilizzo di allergeni ricombinanti con caratteristiche costanti, è possibile la determinazione di IgE specifiche dirette contro le frazioni molecolari delle fonti allergeniche, come ad esempio pollini, acari, latte, uova, ecc. La diagnostica molecolare permette di interpretare al meglio alcuni casi di polisensibilizzazione, in precedenza solo sospettati con i test cutanei e i test in vitro tradizionali. Tutto questo condiziona in modo determinante la corretta nutrizione del paziente atopico. 16 Approccio TERAPEUTICO L’unica terapia che si è dimostrata efficace nelle allergie alimentari è rappresentata dalla dieta di eliminazione nei confronti di quegli alimenti di cui si sia accertata in maniera inequivocabile l’ipersensibilità. La dieta, in questi casi, deve sempre essere rigorosa, cercando di evitare anche quelle componenti alimentari sospette correlate all’alimento responsabile. Bisogna, tuttavia, evitare di indirizzare i pazienti a diete troppo restrittive che creino degli ulteriori problemi nutrizionali al paziente. Occorre che il paziente sia sempre consapevole di ciò che introduce in bocca e, per questo motivo, adotti sistematicamente un controllo degli alimenti. Questo vuol dire anche che bisogna sempre leggere attentamente le etichette degli alimenti confezionati industrialmente. Maggiore attenzione è necessaria anche quando si consumano gli alimenti fuori casa, in casa di amici o al ristorante. Questo atteggiamento deve diventare una costante della vita del paziente, soprattutto nei casi in cui si siano verificate reazioni gravi. In tali casi, a rischio di anafilassi, il paziente dovrebbe sempre recare con sé l’adrenalina autoiniettabile. Non è facile eliminare un determinato alimento dalla propria dieta. In primo luogo in quanto, quando il soggetto mangia, per esempio, al ristorante, può non essere informato esattamente degli ingredienti impiegati nella preparazione degli alimenti. Inoltre in ogni alimento anche consumato in casa propria può anche trovarsi come allergene nascosto. Per esempio, alcune proteine del latte possono essere denominate in maniere diverse, sugli involucri contenitori (lattoalbumina, caseina, aroma naturale, ecc.). In questa maniera anche il paziente scrupoloso, che controlla regolarmente le scritte sui contenitori alimentari, può essere tratto in inganno. 17 Dipartimento Allergologia, Dietetica e Immunonutrizione Dove ci trovi: Anthea Hospital via Camillo Rosalba, 35/37 - Bari Tel. 080.5644111 Medicol - Villa Lucia Hospital Via Lacalandra, 13 - Conversano (BA) Tel. 080.4080111 D’Amore Hospital Viale Magna Grecia, 62 - Taranto Tel. 099.7704111 Città di Lecce Hospital Via Prov. per Arnesano, km 4 - Lecce Tel. 0832.229111 Strutture sanitarie GVM in Italia GVM Care&Research - Gruppo Italiano che si compone di oltre 30 Ospedali e Poliambulatori in Italia e in Europa con poli di eccellenza per specialità e complessità. Una rete di strutture avanzate, capillari sul territorio, contraddistinte da elevati standard di qualità e tecnologie all’avanguardia. G. B. 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