La sfida della società di immigrazione in Germania e in Italia Dr. Roberto Sala, Max Weber Center for Advanced Cultural and Social Studies, University of Erfurt La Germania e l’Italia condividono oggigiorno il destino comune di molti stati industrializzati: una parte significativa della loro popolazione è originaria di altri paesi. Si tratta quindi, senza ombra di dubbio, di società di immigrazione. È però possibile mettere a confronto la condizione dei e delle migranti in Germania e in Italia? I due paesi sono all’altezza delle sfide lanciate dalle migrazioni moderne? A prima vista la risposta appare semplice: mentre la Germania ha fatto parte importante dei suoi compiti, sembra che l’Italia si trovi invece in una condizione estremamente problematica. Prendiamo in considerazione due aspetti concreti: il dibattito politico relativo alla migrazione così come quello sullo stato della cornice giuridica che regola i flussi migratori. Il primo esempio concerne la strumentalizzazione della xenofobia nella discussione politica. Nella primavera del 2011 si sono svolte a Milano le consultazioni amministrative per l’elezione del sindaco. Il Popolo della Libertà e la Lega Nord – cioè i partiti del polo di destra – hanno enfatizzato particolarmente un messaggio: in caso di vittoria della sinistra la città sarebbe finita in mano agli stranieri. Nel retroscena si agitavano da un lato i progetti per la costruzione di una moschea, dall’altro i rapporti con gli insediamenti della popolazione rom. L’ex presidente del consiglio Berlusconi aveva messo in guardia la popolazione da una trasformazione di Milano in una „città islamica“ o meglio in una “zingaropoli”. Il calcolo è risultato sbagliato poiché è stato il candidato del centro-sinistra a vincere le elezioni municipali. Era tuttavia risultato evidente che due grandi partiti popolari erano disposti a utilizzare, per fini politici, argomenti xenofobi senza alcun filtro. È fuori discussione che il tema della migrazione venga strumentalizzato anche in Germania nell’ambito delle competizioni elettorali, anche e in particolar modo nelle elezioni municipali. Eppure sarebbe possibile immaginarsi la cancelliera federale Merkel che soffia sul fuoco per impedire la costruzione di una moschea a Colonia? No. Un apparato ideologico di stampo populista di tale natura è impensabile nei grandi partiti popolari tedeschi. Il secondo esempio concerne la condizione giuridica dei migranti. Al centro del dibattito politico sull‘immigrazione in Italia si collocano i cosiddetti “clandestini”. Si tratta di persone che vivono in Italia senza un permesso di soggiorno valido. I “clandestini” sono – secondo l’opinione comune – responsabili di innumerevoli crimini e rappresentano una gravissima minaccia per la sicurezza degli italiani. L’irregolarità del permesso di soggiorno viene ridotta al comportamento personale dei 1 migranti secondo l’adagio “infrangono la legge, quindi sono criminali”. In verità però é l’intero sistema italiano di immigrazione a poggiare sull’irregolarità, tanto da poter quasi affermare che il percorso istituzionale per immigrare in Italia è rappresentato dall’illegalità. Da un lato delle leggi severe rendono impossibile fin dall’inizio ottenere un permesso di soggiorno valido. Dall’altro lato lo stato tollera in maniera sistematica – nonostante le campagne politiche di odio – la presenza massiccia dei „clandestini“, disattendendo così le proprie leggi. Con regolarità vengono varati provvedimenti di legalizzazione, nel cui quadro centinaia di migliaia di stranieri ottengono l’ambito permesso di soggiorno. La questione degli immigrati illegali è presente anche in Germania, possiede tuttavia dimensioni chiaramente più ridotte in considerazione del fatto che la legislazione definisce chiare regole per immigrare. In aggiunta all’incerta condizione giuridica dei migranti in Italia, alcune organizzazioni internazionali hanno inoltre criticato le autorità italiane per infrazioni sistematiche dei diritti umani nei rapporti con i richiedenti asilo. Come si spiega la differenza qui evidenziata fra la situazione dei migranti in Germania e in Italia? In primo luogo si potrebbe pensare al fattore tempo. L’Italia è diventata un paese di immigrazione solo dagli anni Novanta del secolo scorso, mentre l’afflusso di immigrati nella Repubblica Federale si sviluppa ormai su un arco di oltre mezzo secolo. La Germania, in altre parole, ha avuto più tempo per affrontare le conseguenze della migrazione. Ciò spiega, a mio avviso, alcune delle differenze fra i due paesi: ad esempio la presenza crescente nella politica tedesca, per quanto ancora molto limitata, di persone con retroterra migratorio e invece la sua assenza nella politica italiana. Tuttavia, a mio parere, molto è riconducibile non allo sviluppo temporale, bensì alla cultura politica. Sono i deficit della democrazia italiana ad essere responsabili delle succitate disfunzioni. Questo è un lato della medaglia. Eppure nonostante queste palesi divergenze la Germania e l’Italia condividono numerosi problemi in ugual misura: in entrambi i paesi i migranti occupano i gradini più bassi della scala sociale, soprattutto nell’ambito dell’istruzione e sul mercato del lavoro. Con ciò questa condizione precaria non viene sufficientemente combattuta per mezzo di efficienti misure di politica sociale, ma risulta addirittura aggravata a causa di una generale stigmatizzazione dell’immigrazione. Le difficoltà socio-economiche vengono mascherate attraverso l’impiego di modelli interpretativi che vedono in una „cultura“ diversa il problema principale dei migranti. Ciò vale sì per l’Italia, ma appunto anche per la Germania. Per quanto i partiti popolari e i media tedeschi respingano aperte posizioni xenofobe, ricorrono spesso ad argomenti che a livello subliminale richiamano la xenofobia e il nazionalismo. Prendiamo alcuni esempi. Per la parola italiana “immigrazione” ci sono oggigiorno in tedesco due varianti: “Einwanderung” e “Zuwanderung”. Il motivo è semplice. Fino agli avanzati anni Novanta del secolo scorso il grido di 2 battaglia della politica tedesca suonava: la Germania non è una terra di immigrazione. Questa formula speciosa è stata messa da parte negli ultimi anni. Il concetto di “Einwanderung” tuttavia continua a essere evitato dalla maggior parte dei politici, preferendo di regola il termine “Zuwanderung”. Questa nozione suggerisce come il risultato della migrazione possa rappresentare un soggiorno solo provvisorio: a suo modo viene riprodotta la prospettiva derivante dall’era dei “Gastarbeiter”, i lavoratori ospiti. Ciò vale anche per il fatto che le riflessioni relative all’accoglienza di nuovi migranti si basano quasi esclusivamente su argomenti economici. Relazioni di carattere sociale più ampie restano relegate in secondo piano. Oltre a ciò la politica di integrazione degli ultimi anni, che dell’inserimento dei migranti dovrebbe fare una questione prioritaria, non appare priva di aspetti problematici. Lo scopo dell’integrazione continua a essere posto in stretta relazione soprattutto con presunte differenze culturali, cioè a dire la carente integrazione viene considerata come conseguenza del comportamento individuale degli immigranti. I problemi strutturali della società tedesca invece restano in ombra, come è il caso del sistema scolastico, estremamente selettivo e discriminatorio, che di rado è in grado di offrire a persone provenienti da ceti poco acculturati delle effettive uguali opportunità. I problemi comuni della Germania e dell’Italia nei confronti della migrazione possono essere messi in relazione con un aspetto particolare. Penso qui all’eclatante discrepanza esistente fra la percezione pubblica dei migranti e la loro realtà sociale. Negli ultimi anni i migranti sono diventati la superficie su cui vanno a rispecchiarsi quei conflitti internazionali scatenatisi in seguito ai fatti dell’11 settembre del 2001. L’appartenenza all’Islam è stata stilizzata in breve tempo come presunto ostacolo principale all’integrazione. Gli immigranti di religione musulmana sono diventati così capri espiatori di scontri geopolitici che niente hanno a che fare con la loro vita quotidiana. Questa stigmatizzazione sistematica della religione alimenta le paure xenofobe della popolazione ed è molto più dannosa per l’integrazione delle presunte differenze fra Islam e Cristianesimo. In effetti oggigiorno un musulmano in Germania e Italia è messo nella condizione di doversi confrontare giorno dopo giorno con l’accusa di essere un potenziale nemico del sistema – ciò non è proprio di aiuto nella ricerca, da parte dei giovani, di un lavoro e di un appartamento, così come nella ricerca di una propria identità Le tesi di Thilo Sarrazin sono state commentate da più parti con la considerazione che egli avrebbe avuto il coraggio di dire quello che altri pensano – e temo che ciò sia vero. Se la società tedesca approva però idee venate di nazionalismo e di razzismo, quasi di impronta eugenetica, come sono state sostenute da Sarrazin stesso, allora risultano in pericolo i principi democratici della Repubblica Federale. In questo senso l’uccisione di stranieri per mano di terroristi dell’estrema destra ne rappresenta una triste prova. 3 Osservando più da vicino la stigmatizzazione dell’Islam si può notare come la discrepanza fra stereotipi e realtà riguardi anche i “pregiudizi positivi”, che in linea di principio non sono meno problematici di quelli negativi. Ciò risulta chiaro proprio per quanto concerne la presenza degli italiani in Germania, che rappresentano il secondo gruppo più numeroso nel contesto della popolazione straniera residente nella Repubblica Federale. Negli anni Sessanta dello scorso secolo i migranti italiani avevano la fama di pericolosi “Gastarbeiter”. Oggi passano tuttavia per perfettamente integrati, persino come rappresentanti di uno stile di vita invidiabile. Molti tedeschi si immaginano che un gran numero di “Gastarbeiter” italiani abbia migliorato le proprie condizioni di vita passando alla gastronomia. Il salto di carriera da operaio alla catena di montaggio a proprietario di ristorante rappresenta nell’immaginario collettivo un esempio paradigmatico di integrazione riuscita. La nicchia ben visibile dei gastronomi italiani consiste tuttavia raramente di ex migranti del lavoro; la maggior parte dei proprietari di ristoranti si sono trasferiti in Germania infatti come piccoli imprenditori. I veri “Gastarbeiter” italiani, così come la seconda e la terza generazione, sono riusciti di rado nell’ascesa sociale e soffrono spesso di gravi problemi. Gli esperti della materia ad esempio sanno che i bambini di origine italiana raggiungono risultati molto negativi nel sistema scolastico. Il „pregiudizio positivo“ dell’integrazione riuscita conduce poi all’assunto che le difficoltà degli italiani non rappresentino affatto una questione politica; di conseguenza queste difficoltà non vengono affrontate con misure complessive di politica sociale. Alcuni anni fa la stampa tedesca si era ricordata per un breve lasso di tempo dei problemi sociali delle persone di origine italiana: nel 2007, allorché la mafia calabrese provocò il bagno di sangue di Duisburg. Il settimanale “Der Spiegel” pubblicò un lungo articolo nel quale si sosteneva che i migranti italiani rappresentassero un fertile terreno di coltura per la mafia in Germania; ciò sarebbe stato da mettere in relazione col fatto che i figli dei “Gastarbeiter” italiani fossero integrati e continuassero a incarnare una cultura arcaica e di clan. Da una prospettiva scientifica, la tesi che la popolazione di origine italiana rappresenti un trampolino di lancio per la mafia nella Repubblica Federale appare insostenibile. La mafia prospera particolarmente bene nei nuovi Länder federali della Germania orientale, che non sono stati la meta della migrazione italiana di massa. Grazie all’impressione lasciata dagli echi mediatici degli omicidi di Duisburg l’argomento propagato dallo “Spiegel” ha riscontrato largo interesse. “Der Spiegel”, così come la vasta opinione pubblica tedesca, hanno però poi rapidamente dimenticato in toto le difficoltà di carattere sociale dei migranti italiani. La menzogna dell’integrazione perfettamente riuscita degli italiani può quindi continuare a vivere indisturbata. Detto ciò, giungo alla conclusione. La sfida forse più difficile della società di immigrazione – in Germania come in Italia – consiste nel distaccarsi da modelli interpretativi polarizzanti. Infatti la 4 maggior parte di quello che viene detto della migrazione alimenta le paure e la ricerca di identità di quei settori della popolazione senza un’esperienza migratoria alle spalle. Le persone si percepiscono come “indigene” trovano in ciò la conferma di essere parte della società. Quello che invece viene messo in pericolo è la coesione della società vera e propria intesa totale nel suo complesso. Forse i tempi sono maturi affinché la Germania e l’Italia comincino a utilizzare l’appartenenza nazionale non più come criterio primario e determinante per definire un individuo. 5