STORIA MILITARE
La crisi egiziana del 1882
Amm. Giuliano Manzari
Consulta del CISM
Amm. Paolo Alberini
Ufficio Storico MM
L
a situazione strategica del Mediterraneo subì,
fra il 1860 e il 1870, un cambiamento sostanziale per effetto della raggiunta unità nazionale dell’Italia e per l’apertura del Canale di Suez.
L’unità d’Italia era avvenuta in maniera indipendente dalla rivalità marittima fra quelle che allora
erano le grandi Potenze (Regno Unito, Francia, Russia, Austria e Impero ottomano) i cui differenti interessi ed aspirazioni avevano proprio nel Mediterraneo un punto di attrito per la ricerca russa di uno
sbocco ai mari caldi, il tentativo austriaco di controllare la sponda orientale dell’Adriatico, l’aspirazione francese ad estendere il proprio controllo alla
sponda nord africana. La Gran Bretagna, (che aveva
visto declinare, nel decennio precedente, il proprio
prestigio navale a fronte di un potenziamento francese, orientato ad appoggiare i propri interessi mondiali in Estremo Oriente e in Africa), quale Potenza
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dominante , aveva interesse a mantenere lo “status
quo”.
Il progetto per l’apertura del Canale di Suez era
portato avanti dalla Francia che vedeva in esso un
modo per aumentare notevolmente la propria presenza commerciale e militare in Asia e in Africa
Orientale in contrasto con il quasi monopolio detenuto, in tali aree, dalla Gran Bretagna, in un
momento in cui si stava entrando nella fase più concitata della imperialistica corsa alle colonie.
Anche l’Italia, favorita dalla propria posizione
geografica, cominciò a pensare ad una possibile
espansione oltremare, per risolvere il problema della
forte emigrazione, mostrando interesse per quei
paesi dove già si era sviluppato un certo flusso
migratorio (Nord Africa con particolare riferimento
alla Tunisia) e dove erano già presenti colonie di italiani (Levante ed Egitto sotto controllo turco). In
La crisi egiziana del 1882
L’ariete corazzato Affondatore. Ufficio Storico della MM (AUSMM)
Arabì Pascià e il Khedivé Mehemet Teufiq. 1882 (Ill. It.)
previsione della prossima apertura del Canale di
Suez, furono fatti progetti per l’acquisizione di punti
di scalo nel Corno d’Africa sulla rotta verso la Persia,
il sub continente indiano e l’Estremo Oriente; in
tale quadro si collocano la stipula degli accordi di
amicizia e di commercio, nel 1867, con il Giappone
e la Cina e l’acquisto, nel 1869, da parte della
Società Rubattino, della baia di Assab, ceduta, poi,
al governo italiano nel 1882.
ro fu portato a termine sotto il re persiano Dario I.
Sotto i Tolomei e i Romani il Canale fu abbandonato e ripristinato più volte. Nel VII secolo il comandante musulmano del Basso Egitto riaprì la via d’acqua per facilitare il trasporto del grano fino alla
Mecca. Per ragioni militari la via d’acqua fu definitivamente interrotta nel secolo successivo. Progetti per
la riapertura furono fatti dai veneziani e, quindi, dai
francesi per contrastare il monopolio dei paesi atlantici verso l’Asia, ma senza risultati. A partire dal
1846 fu studiato un nuovo progetto, portato avanti
dai francesi che, nonostante la decisa opposizione
britannica, ottenne, nel 1856, l’ autorizzazione del
viceré Abbas Said all’inizio dei lavori da parte di una
Società del Canale ampiamente controllata da interessi francesi. L’Egitto partecipò all’impresa di
costruzione contraendo notevoli prestiti da banche
europee.
Nel 1863 a Said successe Ismail che, resosi conto
dell’importanza del Paese dopo l’apertura del Canale, iniziò una politica di modernizzazione interna e
di espansione verso sud, occupando il Sudan orientale, e ottenendo dalla Turchia la cessione dei porti
di Massaua e Suakin, sul Mar Rosso, e di Zeila e Berbera, nell’Oceano Indiano. Nel 1866 fu raddoppiato il tributo egiziano al Sultano, ottenendo, in cambio il titolo ereditario di khedivè (principe). Per far
fronte alle notevoli esigenze finanziarie, Ibrahim fece
sempre più ricorso a prestiti di banche francesi e britanniche. Il 17 novembre 1869 fu inaugurato il
nuovo Canale di Suez con una traversata in cui l’Italia era rappresentata dalla pirocorvetta ad elica Vettor Pisani. In relazione alla nuova situazione strategica venuta a crearsi nel Mediterraneo, la Gran Bretagna decise che era necessario rinforzarvi il proprio
dispositivo militare e che la sola Malta non era più
sufficiente a far fronte efficacemente alla situazione,
non potendo consentire che il controllo dell’Egitto
fosse esercitato da nazioni potenzialmente ostili. Nel
1870 l’Egitto aveva una popolazione di cinque
Il Canale di Suez
L’Egitto, il paese interessato dalla costruzione del
canale di Suez, era stato portato all’attenzione mondiale dalla spedizione di Napoleone (1798-1801).
Partiti i francesi, il Sultano ottomano aveva inviato
in Egitto un contingente turco-albanese agli ordini
di Mohamed Alì che aveva ripreso il controllo del
Paese e fu in grado di partecipare attivamente, anche
con risultati positivi, alle successive operazioni ottomane per contrastare la lotta di liberazione della
Grecia. Nei moti greci del 1839 l’intervento delle
forze egiziane aveva svolto un ruolo importante, ma
Mohamed Alì non aveva avuto alcun compenso dal
Sultano e, quindi, cercò di ottenere vantaggi per
proprio conto inviando un contingente di 30.000
uomini, agli ordini del figlio Ibrahim, in Siria. L’esercito egiziano sconfisse quello turco a Nizib e
giunse, minaccioso, fino a Scutari. Il Sultano chiese
l’intervento delle Potenze (Gran Bretagna, Francia,
Austria e Stati Uniti d’America) che inviarono propri contingenti e costrinsero il vassallo ribelle ad
accettare il Trattato di Londra (1840), rientrando
nei propri confini ottenendo, in cambio, il governo
dell’Egitto per sé e i propri discendenti con il titolo
di viceré.
Un canale che univa il Mediterraneo al Mar
Rosso era già stato realizzato attorno al secondo millennio a.C., dal faraone Sesostri I. Nel VI secolo a.C.
il canale fu ripristinato dal faraone Neco II e il lavo-
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La crisi egiziana del 1882
L’avviso Marcantonio Colonna (AUSMM)
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Il forte di Pharos ad Alessandria d’Egitto (Ufficio Storico Esercito)
Mappa dell’Egitto e del Canale di Suez
milioni e mezzo di abitanti, oltre a centomila beduini nomadi e mezzo milione di stranieri (fra cui circa
14.000 italiani), tutelati da diciassette consolati,
concentrati fra il Cairo ed Alessandria. Gli stranieri
esercitavano il commercio, specie con l’estero, e non
pagavano tasse allo stato. Per la grave situazione in
cui versava il Governo egiziano, nel 1871 la Compagnia del Canale privò il Khedivé dei voti che aveva
in seno alla direzione. Verso la metà degli anni settanta gli interessi sui prestiti per la costruzione del
Canale e sugli altri prestiti raggiunsero livelli di gran
lunga superiori alle entrate del governo. Ismail fu
costretto a drastiche scelte finanziarie.
Nel 1874 concesse ad un banchiere francese
un’opzione per l’acquisto del pacchetto delle azioni
della Compagnia del Canale in mano al Governo
egiziano. Il Governo britannico vide la possibilità di
intromettersi nella situazione del Canale e, nel 1875,
il Primo Ministro Disraeli, tramite i Rothschild,
acquistò per 4.080.000 sterline le azioni (176.602,
contro 207.000 in mano francese e 16.398 in mano
privata).
Il Governo britannico aprì subito trattative con la
Compagnia del Canale per riavere i voti relativi al
possesso delle azioni; la richiesta fu accolta, ma furono assegnati solo 3 dei 24 seggi che costituivano il
Consiglio della compagnia. Comunque la nuova
situazione impose alla Gran Bretagna di esercitare
un accurato controllo della situazione finanziaria
egiziana. Nel 1876 Ismail introdusse la tassazione
anche degli stranieri, con grave scontento di tale
comunità.
Per cercare di risolvere, senza gravi danni economici per loro, la situazione finanziaria venutasi a
creare, intervennero direttamente anche i Governi di
Francia e Gran Bretagna che istituirono (30 marzo
1878) una Commissione permanente di controllo di
tutte le amministrazioni statali. L’8 aprile Ismail
dovette sospendere il pagamento degli interessi sui
buoni del tesoro; subito dopo istituì una Cassa sul
debito pubblico, con alla guida quattro cittadini
stranieri (un austriaco, un italiano, un francese e un
britannico). Ebbe inizio un lungo contenzioso
finanziario internazionale, con interventi anche nel
controllo del porto di Alessandria (i cui introiti,
però, erano già ipotecati), delle ferrovie e della rete
telegrafica.
Di fatto la Commissione, ritenendo che Ismail
fosse il principale artefice della grave situazione economica in cui il Paese si trovava, impose un gabinetto d’affari formato da stranieri e egiziani contrari al
khedivè, estendendo il proprio controllo anche alle
proprietà personali di Ismail. Intanto continuava la
politica britannica di recupero della propria posizione nel Mediterraneo, con la stipula del trattato di
alleanza difensiva con l’impero ottomano che concesse, in affitto, l’isola di Cipro (convenzione del 4
luglio 1878), permettendo alla Gran Bretagna di
La crisi egiziana del 1882
Piano di Alessandria con effetti del bombardamento (Ill. It.)
disporre di una base nel Mediterraneo Orientale. Il
mancato pagamento del soldo alle truppe egiziane,
provocò, il 19 febbraio 1879, una manifestazione di
soldati e popolazione davanti al Ministero degli
Esteri, con atti di violenza anche nei confronti di
ministri. La situazione non degenerò solo per l’intervento personale del Khedivé alla testa di un battaglione di fanteria, presenti i consoli delle varie
Potenze. Ritenendo che Ismail fosse fra i fautori
della rivolta, le Potenze ricorsero al Sultano. Questi
non contento della politica di potenza intrapresa
dall’Egitto nel Mar Rosso, depose Ismail, sostituendolo con il figlio Mehemet Teufiq, più facilmente
controllabile.
Nel luglio 1880 fu varata una legge di liquidazione del debito pubblico, ma gli interessi si mantennero altissimi (37% delle entrate egiziane; nel 1913
essi ammontavano ancora al 22% delle entrate). Il
Governo dovette vendere anche le azioni privilegiate della Compagnia del Canale, in suo possesso, che
consentivano di incassare il 15% degli introiti della
gestione del Canale, così che l’Egitto, fino al 1936,
non ricavò alcun utile dal Canale. I controllori per
contenere le spese, ridussero drasticamente l’esercito
egiziano portandolo da 41.000 a 12.000 uomini, ciò
che comportò anche un drastico ridimensionamento della politica estera.
La Francia riequilibrò la situazione mediterranea
a proprio favore con l’occupazione, nel 1881, della
Tunisia. Tale operazione fu un grave colpo alle aspirazioni espansionistiche italiane.
La rivolta nazionalista
Il nuovo Khedivé si limitò a fare solo promesse e
non fu in grado di attuare nessuna riforma. Il 1° febbraio 1881 alcuni ufficiali licenziati scatenarono
un’insurrezione al Cairo, avanzando richiesta di
riforme dei ministeri, fra cui quella di dare ad un
egiziano il Ministero della Guerra. I consoli di Francia e Gran Bretagna consigliarono Teufiq ad accettare le richieste. Scerif, il principale artefice della rivolta, fu nominato Presidente del gabinetto, mentre il
Colonnello Mahmud Sami ebbe l’incarico di Ministro della guerra. Questi, per prima cosa, invitò il
Khedivè a portare l’organico dell’esercito a 18.000
uomini. Sul finire dell’anno, vista la grave situazione
interna del Paese, l’Italia, come altre nazioni, decise
di inviare alcune navi da guerra nelle acque egiziane;
giunsero ad Alessandria l’ariete corazzato Affondatore (poi dislocata a Porto Said), la fregata corazzata
Castelfidardo e l’avviso Marcantonio Colonna. Nel
Paese continuavano i disordini e, nel gennaio 1882,
una nota anglo-francese minacciava azioni contro gli
oppositori facenti capo al partito nazionale, del
quale i colonnelli erano una parte rappresentativa. Il
Governo, nel febbraio, fu costretto a dimettersi. Il
nuovo gabinetto cadde in potere di Mahmud Sami
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La crisi egiziana del 1882
che nominò Ministro della guerra il Colonnello
Ahmed Arabi el Hussein, meglio noto come Arabì
Pascià, uno dei fautori dei moti iniziali. Francia e
Gran Bretagna, gelose delle rispettive posizioni, si
limitarono a protestare. Arabì sostituì l’autorità khediviale con quella militare. In aprile fu scoperto in
Sudan un complotto di ufficiali circassi contro
Arabi. Questi furono condannati all’esilio sul Nilo
Bianco, ma il Sultano pretese che essi fossero inviati
a Istanbul. Il Khedivé accettò entrando in contrasto
con Arabì. Temendo che il sovrano fosse rimosso,
d’accordo con i notabili egiziani, Francia e Gran
Bretagna decisero di intervenire inviando, il 20 maggio (stesso giorno in cui l’Italia firmava il Trattato di
alleanza con Germania ed Austria, dando origine
alla Triplice Alleanza), navi da guerra ad Alessandria
per una dimostrazione di forza. Arabì assunse la presidenza del gabinetto e finse di riconciliarsi con il
Khedivè. La richiesta di trattare non fu accettata da
Arabì Pascià, che riteneva impossibile accordarsi
sotto la minaccia dei cannoni delle navi.
In risposta alle richieste occidentali di allontanare Arabì Pascià questi rispose mobilitando le forze e
invitando i beduini a prendere le armi. L’11 giugno
scoppiarono nuovi tumulti ad Alessandria che
assunsero chiare connotazioni xenofobe (furono
uccisi anche quattro italiani e rimasero feriti il console e il vice-console italiani); la città rimase in mano
ai rivoltosi fino a sera, senza che le truppe egiziane
intervenissero.
Gli stranieri cercarono rifugio sulle navi presenti
in porto e il Paese subì una paralisi commerciale
quasi totale. La Castelfidardo (Capitano di Vascello
Giovanni Uberti), a Porto Said, ricevette la notizia
dei disordini e si recò subito ad Alessandria e fece
trasbordare dalle navi francesi e britanniche gli italiani che vi avevano trovato asilo. I rifugiati aumentarono sempre di più giungendo alle 2000 unità per
cui il Comandante Uberti fece noleggiare il piroscafo Drepano e quattro velieri nazionali, per ospitare i rifugiati, mantenendo a bordo della nave solo il
personale consolare con le proprie famiglie. La Gran
Bretagna inviò la squadra della Manica in Mediterraneo e chiese (senza ottenerlo) l’appoggio francese
ed italiano per un’eventuale dimostrazione armata.
La pirocorvetta Garibaldi
La fregata corazzata Castelfidardo (AUSMM)
fortezza di Saidieh. Alessandria era protetta da laghi
e dighe e da cinque forti e undici batterie; il lato
verso terra era difeso da un muro di mediocre resistenza e dai forti Napoleone (o Caffarelli) e di Kom
el Dik; qualsiasi invasione dal nord doveva passare
per le vie di Alessandria o di Damietta. La cittadella
del Cairo, pur robusta, non era una fortificazione di
grande importanza. La fortezza di Saidieh, costruita
ai tempi di Mohamed Alì era un’opera grandiosa che
sorgeva a nord del Cairo, alla biforcazione del Nilo,
e costituiva un punto chiave per la difesa da sud.
Il 4 luglio giunse a Suez la corvetta Garibaldi, in
viaggio di circumnavigazione del globo dal 1879, al
comando del Capitano di Vascello Enrico Costantino Morin. Data la situazione problematica, specie
ad Alessandria, il Comandante si fermò per dare
eventuale assistenza alla comunità italiana. In seguito alle notizie pervenute furono presi a bordo 111
italiani e 24 austriaci. La stessa cosa fece una nave
francese con i suoi connazionali. Si erano diffuse
notizie allarmanti, avvalorate dai britannici, sulle
azioni intraprese dagli egiziani per impedire il transito: posa di torpedini, orde beduine lungo le rive,
per cui fu impartito l’ordine di non procedere al
L’intervento britannico
transito. Date le condizioni generali del suo bastimento, che necessitava di urgenti riparazioni e la
La difesa dell’Egitto era costituita da una serie di scarsezza di viveri, l’11 luglio il Comandante Morin
fortificazioni costiere fra Alessandria, Damietta e decise di tentare di raggiungere il Mediterraneo.
Porto Said e, al sud, dalla cittadella del Cairo e dalla Avvertiti i rifugiati delle sue intenzioni, alcuni chie-
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La crisi egiziana del 1882
Il C.V. Costantino Morin, Com.te del Garibaldi (AUSMM)
sero di sbarcare, mentre una decina di mercantili
chiese di poter usufruire della scorta della nave italiana. Alle due del pomeriggio iniziò il transito, con
le opportune precauzioni contro eventuali attacchi
da terra. Dietro al Garibaldi undici vapori. La sera le
navi fecero sosta prima di entrare nei Laghi Amari.
La mattina successiva, alle quattro, fu ripresa la navigazione e alle venti il convoglio giunse sano e salvo a
Porto Said, dove era l’Affondatore (Capitano di
Vascello Giuseppe Manfredi), sul quale, agli inizi del
mese avevano trovato rifugio il personale del consolato, la comunità italiana e profughi austriaci, russi e
tedeschi. Al Comandante Morin, che aveva dimostrato la piena agibilità della navigazione, giunsero
apprezzamenti e riconoscimenti da parte delle navi
scortate e la commenda austriaca dell’ordine di
Francesco Giuseppe. Data la gravità della situazione
la nave rimase a Porto Said. Qui giunse, poco dopo,
un piroscafo da Napoli con viveri per le navi di Alessandria. Imbarcati i viveri il 22 luglio il Garibaldi
salpò giungendo, il giorno dopo, ad Alessandria. Il
28 luglio la nave diresse per l’Italia giungendo a
Napoli il 7 agosto.
Per il ricovero dei rifugiati il Comandante Manfredi noleggiò otto paranze nazionali e, quindi, il
piroscafo Giava, sul quale inviò 650 persone alle
quali somministrò biscotto e formaggio. Migliorata
la situazione i rifugiati rientrarono in città, mentre il
Comandante Manfredi interveniva direttamente sul
Governatore perché provvedesse alla sicurezza dei
sudditi europei e si adoperava per mantenere aperto
il transito dal Canale.
Ad Alessandria, continuando la caotica situazione, il comandante britannico, Ammiraglio Beauchamp Seymour, la sera del 9 luglio, diede 24 ore di
tempo agli egiziani per il disarmo e lo sgombero dei
forti, minacciando di bombardarli. Scaduto l’ultimatum senza che gli egiziani lo accettassero, l’11
luglio, alle sette, i britannici procedettero al bombardamento navale dei forti della città, provocando
350 morti fra i soldati e uccidendo e ferendo molti
civili. All’inizio del bombardamento il Castelfidardo
si trasferì in rada mentre il Marcantonio Colonna
(Capitano di Corvetta Carlo Alberto Quigini Puliga) faceva la stessa cosa avendo a rimorchio i quattro
velieri nazionali. La città fu nuovamente saccheggiata dalle truppe egiziane in ritirata e, quindi, della
popolazione indigena. Le navi britanniche sbarcarono compagnie di marinai per assicurare la sicurezza
dei loro consolati e infrastrutture. Il Governo britannico decise l’invio di un corpo di spedizione che
doveva sbarcare truppe provenienti dal Mediterraneo ad Alessandria e reparti dell’Esercito dell’India a
Suez, località controllate dalla Flotta britannica. Fra
il 3 e il 19 agosto lo sbarco fu ultimato e il 13 settembre, a Tell el-Kebir avvenne lo scontro decisivo
che portò alla sconfitta dell’esercito egiziano e alla
cattura di Arabì Pascià inviato in esilio a Ceylon.
L’Egitto passò sotto controllo britannico rimanendovi fino a dopo la seconda guerra mondiale.
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Tra il 1883 e il 1885 , la Francia si procurò compensazioni a Gibuti (Corno d’Africa), in Madagascar e in Indovina.
L’Italia trovò anch’essa una via per rifarsi, iniziando la sua espansione con l’occupazione di Massaua
(febbraio 1885) e la successiva costituzione della
Colonia Eritrea, prima tappa del suo breve impero
coloniale.
Nel 1956 il Presidente della Repubblica egiziana,
Nasser, procedette alla nazionalizzazione del Canale
di Suez, provocando uno scontro armato con Israele
(escluso dal transito) e l’intervento militare anglofrancese a Suez. La crisi fu risolta dall’intervento
degli Stati Uniti che imposero il ritiro delle truppe
israeliane ed europee in cambio della fine del contemporaneo intervento armato sovietico nella crisi
ungherese.
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