01-04-05
Prof. Farinetti
( chirurgia generale)
PSEUDOSTRUZIONE INTESTINALE
Si tratta di una sindrome che è stata riconosciuta solo di recente, con un andamento cronico
anziché acuto come le occlusioni intestinali meccaniche e paralitiche viste nella precedente
lezione.
Nella pseudostruzione intestinale coesistono due fattori: la presenza accertata di un ostacolo a
livello addominale, intraluminale per cui viene riconosciuta una forma meccanica, associata ad un
fenomeno funzionale di adinamicità di cui sono responsabili la muscolatura liscia ed i nervi.
Questa coesistenza di fenomeni fa sì che ci siano diverse modalità di evoluzione cui corrispondono
quadri clinici differenti.
Nella maggior parte dei casi il quadro clinico non è diffuso, ma localizzato e la sintomatologia è
caratteristica di un organo: si parla, infatti, di “discinesia esofagea”, o di” gastroparesi”,
“pseudocclusione intestinale”, “pseudocclusione colica”.
Queste sono le forme più comuni che corrispondono a una modalità diversa di occlusione
intestinale.
A seconda dell’organo del tubo digerente coinvolto ci saranno delle manifestazioni cliniche
differenti.
Possiamo distinguere dei sintomi generali, presenti a tutti i livelli di ostruzione (gastrico, enterico,
del grosso intestino) e corrispondenti alla distensione addominale, rilevabile con l’E.O, ed al dolore
addominale. Quest’ultimo è variamente descritto, nel senso che non necessariamente di tipo colico
o continuo, ma va interpretato sulla base dei dati che si acquisiscono con la diagnostica.
Abbiamo anche una distensione specifica dell’organo a monte dell’ostruzione per l’impossibilità
alla progressione del contenuto luminale (gassoso, solido o semisolido).
Ci sono poi dei sintomi specifici a seconda del distretto interessato.
Se c’è una gastroparesi isolata i sintomi più evidenti, oltre a quelli generali, sono la nausea ed il
vomito perché il contenuto gastrico non ha la possibilità di svuotarsi.
Se c’è una pseudostruzione del tenue, possiamo avere diarrea o malnutrizione per l’impossibilità di
assorbire le sostanze nutritive.
Se c’è una pseudostruzione del colon abbiamo la stipsi.
La sintomatologia di questa situazione clinica è più sfumata rispetto a quella grave di un’occlusione
intestinale paralitica o meccanica vera e propria, il decorso è cronico nella pseudostruzione mentre
è sempre acuto nell’occlusione (più acuto se è presente l’interessamento vascolare del peduncolo
mesenterico).
La diagnostica di questa forma è la stessa dell’occlusione intestinale.
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EMORRAGIE DIGESTIVE
Le emorragie digestive sono situazioni cliniche drammatiche.
Secondo un criterio anatomico che fa riferimento all’angolo duodeno-digiunale del Treiz,
distinguiamo le emorragie digestive in ALTE se si verificano sopra all’angolo del Treiz, e BASSE
se si verificano dopo tale angolo.
Questo tipo di classificazione è generica ed aspecifica, ma corrisponde alla reale difficoltà di
interpretare la sede di origine di queste emorragie soprattutto in fase acuta, infatti, quando si
manifestano abbiamo pochi elementi a disposizione che ci aiutano a risalire alla sede del
sanguinamento.
Ci sono delle manifestazioni cliniche che sono correlate alla sede di provenienza dell’emorragia:
 Le emorragie del primo tratto del tubo digerente si possono manifestare con o senza
ematemesi (= emissione di sangue con il vomito) o melanemesi (= emissione di sangue
scuro con il vomito). La differenza tra queste due manifestazioni sta nel fatto che nella
seconda il sangue è rimasto più a lungo all’interno della cavità gastrica ed ha subito delle
trasformazioni biochimiche ad opera di batteri ed enzimi che gli conferiscono quella
particolare colorazione.
La melena può essere presente nelle emorragie del primo tratto quando il sangue
non viene espulso tramite meccanismo antiperistaltico ma continua a progredire attraverso
il tubo digerente fino al retto. La melena ha un colorito molto scuro, piceo e maleodorante.

Nelle emorragie del tratto distale può essere presente ematochezia (= tracce di sangue
rosso vivo sulle feci). Il colore del sangue rosso vivo fa pensare ad una provenienza
prossimale alla sede di fuoriuscita, con poco ristagno e contatto con altre sostanze.
Anche in questo caso possiamo trovare melena.

Le emorragie dell’intestino tenue possono manifestarsi con melena o sangue occulto nelle
feci (non visibile macroscopicamente). Quest’ultimo sintomo si associa ad un quadro di
anemia cronica piuttosto che a quello di un’emorragia digestiva acuta, tuttavia è bene
ricordarlo.
Si usa il termine generico di enterorragia quando non si ha la minima cognizione della possibile
provenienza del sangue.
Riguardo l’eziologia, l’emorragia digestiva può essere provocata da:
 una patologia propria del tubo digerente
 malattie di organi contigui (ad es. gli aneurismi aortici fissurizzati visto che l’aorta è
anteriormente in rapporto con le anse intestinali)
 malattie sistemiche (malattie del sangue, turbe della coagulazione, patologie vascolari)
L’emorragia digestiva è una forma clinica che va considerata con i criteri dell’urgenza.
Una valutazione fatta a posteriori ci permette di distinguere le morti per emorragia digestiva in
evitabili ed inevitabili.
Sono morti evitabili quelle legate a ritardo o inadeguatezza dell’intervento: il pz si reca in ritardo nei
posti predisposti al trattamento o perché abita lontano o trascura il primo episodio e purtroppo, nel
caso delle emorragie digestive, quello che può incidere negativamente sulla prognosi è la recidiva
che può anche essere a breve distanza dal primo episodio. Se il primo episodio può anche
autolimitarsi, il secondo episodio può essere fatale.
Tra gli interventi terapeutici obbligatori c’è l’aspirazione nasogastrica del sangue, gli eventuali
interventi rianimatori e la trasfusione di sangue.
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La gravità dell’emorragia digestiva dipende dalla quantità di sangue perduto, ma soprattutto
dall’arco di tempo in cui si verifica tale perdita.
Il nostro organismo è in grado di sopportare perdite di sangue superiori al 60% del contenuto
ematico, a patto che la quantità persa sia ristabilita in un tempo adeguato.
Se la perdita di sangue è massiva ma diluita in 24, 48, 72 ore c’è la possibilità di tamponare tale
perdita anche parzialmente ma in maniera sufficiente da evitare uno shock emorragico, invece se
la perdita di sangue è massiva e avviene nell’arco di un paio di minuti l’intervento diventa
impossibile o molto difficoltoso.
Le morti inevitabili sono quelle in cui il pz con emorragia è anche epatopatico, per cui ha ridotta o
persa la funzione coagulativa, oppure presenta una compromissione multiorgano, ad es un
politrauma.
In ogni caso l’emorragia digestiva presuppone un approccio multidisciplinare che coinvolge
chirurghi, gastroenterologi, endoscopisti, radiologi, rianimatori…
Le cause di emorragia digestiva sono suddivise in:
 cause comuni di sanguinamento abbondante
 cause comuni di sanguinamento acuto non abbondante
 cause non comuni di sanguinamento profuso
Tra le cause comuni di sanguinamento abbondante, anche se l’incidenza si è ridotta notevolmente
grazie alla terapia farmacologica, c’è sicuramente l’ulcera duodenale e gastrica. Altra fonte di
rischio sono i pazienti con ipertensione portale e varici esofagee.
Le emorragie da rottura delle varici esofagee sono molto violente nella loro manifestazione clinica
e per questo spesso fatali.
Tra le cause comuni di sanguinamento acuto ma tale da non dare uno shock emorragico, ci sono
le patologie infiammatorie (esofagiti di III grado, gastriti erosive ed emorragiche). Queste patologie
si associano ad una sintomatologia specifica tale per cui il portatore della patologia n’è a
conoscenza e fa una terapia appropriata.
Sempre in questa categoria sono inserite la duodenite e la sdr di Mallary- Weiss, in cui l’emorragia
fa seguito all’erosione della mucosa esofagea e gastrica dopo episodi o conati di vomito
particolarmente violenti.
Infine ci sono le cause di sanguinamento non comuni, più rare percentualmente e comprendono le
fistole aorto-duodenali, le ulcere esofagee, le emofilie, le malformazioni vascolari, le neoplasie
maligne…
Teniamo presente due condizioni che possono aggravare ciascuna di queste forme cliniche:
1) pazienti con immunodeficienza congenita o acquisita
2) la presenza di infezioni su protesi aortiche
 cause comuni di sanguinamento cronico
Sono le stesse viste prima: ulcere gastriche e duodenali, esofagiti, gastriti, duodeniti,
malformazioni vascolari e neoplasie maligne.
Le malformazioni vascolari che danno questo tipo di sanguinamento sono di solito le
teleangectasie, che di per sé non sono una condizione patologica fino a quando non ci sono dei
veri e propri sbalzi di pressione tali per cui si comincia ad avere una sorta di perdita ematica da
ciascuno dei capillari.
Condizioni che aggravano questo quadro clinico sono le coagulopatie, le terapie anticoagulanti e
antiaggreganti e la presenza di corpi estranei.
Qual è il trattamento delle emorragie digestive alte che si manifestano con ematemesi?
Dal punto di vista anamnestico è bene indagare se ci sono stati in passato episodi di emottisi ( =
perdita di sangue dall’albero respiratorio) che possono orientarci verso una diagnosi di
coagulopatia, e la presenza di tp anticoagulanti o antiaggreganti in corso.
E’ fondamentale un’anamnesi accurata perché sulla base di queste informazioni possiamo
orientarci circa l’eziologia del sanguinamento.
Se l’ematemesi è stata massiva e ci sono i segni dello shock emorragico allora l’intervento
rianimatorio è obbligatorio. In questi casi è indispensabile assicurarsi fin da subito un accesso
venoso per ripristinare la volemia e perché nello shock emorragico, nel giro di poco tempo, si ha
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un collasso delle vene periferiche per cui la ricerca di tale accesso può divenire difficoltoso col
trascorrere del tempo.
La posizione in Trendelenburg facilita il ritorno venoso dalla periferia al cuore.
Bisogna individuare il gruppo sanguigno del pz e in attesa di conoscerlo somministrare una
soluzione colloidale per ripristinare la volemia.
Occorre assicurare al paziente un adeguato apporto di O2 e posizionare il sondino naso-gastrico
per ridurre la pressione gastrica e valutare la quantità eventualmente ristagnante di sangue.
Per quello che riguarda la situazione emodinamica i nostri barocettori sono in grado di mantenere
costante, cioè ai limiti della soglia dello shock, i valori pressori fino a quando il volume circolante
arriva ad un livello così basso che la situazione precipita.
Bisogna cercare di prevenire questa situazione per cui i barocettori non sono più in grado di
sostenere un valore pressorio tale da garantire l’assenza di uno shock emorragico.
C’è la possibilità di valutare questa condizione attraverso la pressione venosa centrale, ma le
manovre per il suo monitoraggio richiedono tempo, strumentario specifico, sono invasive e non si
possono effettuare contemporaneamente alle manovre rianimatorie.
Bisogna stare attenti a non eccedere nell’infusione di liquidi perché si potrebbe scatenare un
effetto parossistico tale per cui siamo noi stessi a scatenare una nuova emorragia digestiva.
Un’eccessiva somministrazione di sostanze colloidali potrebbero portare all’edema polmonare.
E’ necessario, quindi, ripristinare i valori pressori con moderazione e tenendoli sempre monitorati.
L’approccio iniziale di questi pz prevede le manovre rianimatorie, poi se il tempo lo consente è di
primo utilizzo la manovra endoscopica.
Nella maggior parte delle emorragie digestiva alte la manovra endoscopica è non solo diagnostica,
ma anche terapeutica.
La radiografia del torace non si nega a nessuno anche perché ci possono essere dei segni indiretti
che ci fanno capire che c’è stato l’interessamento, il coinvolgimento di determinati distretti
anatomici.
E’ fondamentale eseguire un ECG perché in condizioni di shock emorragico si può
contestualmente realizzare un ischemia miocardica, che non farebbe altro che creare un circolo
vizioso negativo.
E’ insignificante la somministrazione della vitamina K nei casi acuti, perché richiede un tempo di
attivazione superiore alle 48h, mentre può essere utile nei sanguinamenti cronici, nelle
teleangectasie che sanguinano, nelle piccole emorragie.
Può essere significativa l’infusione di piastrine, a patto che queste siano convenzionalmente
inferiori a 10000/mm3.
Il lavaggio gastrico con ghiaccio o con soluzioni fisiologiche a temperature bassissime è da evitare,
perché inattivano gli enzimi delle coagulazione.
I radioisotopi e l’angiografia si utilizzano solo in casi selezionati perché entrambi sono invasivi e
richiedono tempi lunghi.
L’endoscopia è sicuramente l’esame preferito, ma ci sono degli aspetti che possono rendere
difficoltosa l’esecuzione di quest’indagine: se il pz non è in stato di sincope o di shock emorragico
è spesso agitato, spaventato e l’introduzione da sveglio di uno strumento che deve essere
necessariamente grosso ( endoscopio a canale largo) per ottenere al tempo stesso una funzione
diagnostica e terapeutica, non aiuta a tranquillizzare il pz.
Un altra condizione che crea disagio all’endoscopista e sconsiglia l’esecuzione di questa manovra
è la presenza di sangue o coaguli che continuamente vengono immessi nel tubo digerente, perché
ostruiscono o riducono la visibilità dello strumento, e c’è la possibilità che il paziente aspiri questo
sangue e vada nell’albero respiratorio.
Il vantaggio dell’endoscopia è di essere ripetibile anche a brevi distanze di tempo, ad esempio
dopo 15-30 min.se riprende l’emorragia.
La terapia endoscopica comprende delle metodiche che sono in primis ad azione vasocostrittiva
per ridurre l’entità dell’emorragia (epinefrina 5-10ml), oppure ad azione infiammatoria con sostanze
sclerosanti che però possono avere delle conseguenze che contrastano con i vantaggi di
un’azione terapeutica e consistono in ulcerazioni locali da ulcerazioni dei tessuti.
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La possibilità di usare l’energia termica con sonde unipolari o bipolari permette di cauterizzare la
fonte del sanguinamento, se non si tratta di arterie di grosso calibro che richiedono una legatura o
un trattamento chirurgico.
E’ possibile anche l’utilizzo di metodi meccanici (cucitrici, lacci), ma siamo molto al limite della
manovra endoscopica.
Ci sono infine dei trattamenti topici, che sono palliativi e consistono nell’iniezione dei fattori della
coagulazione.
Per quello che riguarda le emorragie digestive basse è bene ricordarsi che di solito sono
autolimitantesi ma vanno incontro a recrudescenze, recidive maggiori rispetto a quelle alte.
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