SEMEIOTICA CHIRURGICA – Prof. Marongiu Michela Pinna 09/04

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SEMEIOTICA CHIRURGICA – Prof. Marongiu
Michela Pinna
09/04/2013 – Lez. 7 – parte prima
Avevamo visto alla fine della scorsa lezione come può presentarsi, nelle sue diverse forme, un'emorragia
digestiva e avevamo dato le definizioni di ematemesi, emobilia, melena e così via.
È molto importante prendere visione dell'aspetto e dei caratteri delle feci, in quanto ci possono dare
informazioni su quale sia l'esatta entità dell'emorragia.
Ad esempio è importante osservare le feci in corso di melena: questa si presenta con delle feci liquide, di
colorito nero piceo, color catrame (il sangue in questo caso è rimasto a lungo a contatto coi fenomeni
digestivi ed è quindi digerito).
Ma lo stesso discorso lo si può fare anche per il materiale emesso durante il vomito: avendolo a disposizione
possiamo evidenziare, ad esempio in corso di ematemesi, la presenza di sangue rosso vivo, tipico di un
sanguinamento in atto (le cause ascrivibili più frequenti sono il sanguinamento di un'ulcera peptica o la
rottura di varici esofagee in un paziente epatopatico).
Come approcciarsi dal punto di vista generale ad un paziente con emorragia digestiva?
Innanzitutto bisogna escludere il sanguinamento extradigestivo: ad esempio, il sangue può provenire
dall'albero respiratorio, oppure essere dovuto ad una importante epistassi (sanguinamento delle fosse
nasali), eppure simulare un sanguinamento proveniente dall'apparato digestivo.
Un'altra cosa da escludere sono le false melene: esistono infatti alcune sostanze e cibi che possono
facilmente simularla.
Ad esempio, se il paziente il giorno prima ha mangiato un risotto al nero di seppia, le sue feci si presentano
esattamente come la melena, solo che l'aspetto nero piceo è evidentemente dovuto al cibo ingerito; oppure
esistono alcuni farmaci che la possono simulare, come ad esempio il carbone vegetale (usato, per via del
suo forte potere adsorbente, per controbilanciare il marcato meteorismo in alcuni pazienti).
Se non si tiene conto di questi aspetti, si può facilmente andare incontro a errori grossolani, dovuti solo ad
una scorretta raccolta anamnestica.
CLASSIFICAZIONE DELLE EMORRAGIE DIGESTIVE.
Un'emorragia digestiva può essere classificata in base a diversi aspetti, ma i due parametri fondamentali
sono l'entità dell'emorragia e il tempo di sanguinamento: di sicuro è molto diversa la situazione di una
persona che perde un litro di sangue in un'ora rispetto ad una che presenta un cronico stillicidio di sangue
legato ad una patologia perianale.
Possiamo parlare di:
 emorragia grave: nelle situazioni in cui, nel giro di poche ore, si ha un'emorragia superiore a 1500
ml, e che si caratterizza dal punto di vista laboratoristico con valori di Hb < 6 mg/dL, ed ematocrito
(HCT) < 20%; si presenta già al primo approccio con tutti i sintomi di un paziente in shock
emorragico;
 emorragia lieve: nel caso in cui la perdita di sangue è minore di 1000 ml, l'HCT è maggiore del 30%
e l'Hb è maggiore di 8 g/dL, non sono presenti segni di shock;
 emorragia moderata: è una via di mezzo, in questi casi varrà soprattutto la clinica: in genere non ci
sono ancora segni di shock conclamato, ma si può già rilevare tachicardia; i valori dell'HCT sono
compreso tra 20 e 30 % e l'Hb tra 6 e 8 g/dL.
Di contro bisogna tenere presente che le emorragie digestive possono anche presentarsi con un andamento
cronico: si manifestano con piccole perdite di sangue commisto a feci, individuabili tramite indagini di
laboratorio.
[Questi tipi di sanguinamento sono utilizzati per screening di massa: oggi le persone di età superiore ai 50
anni vengono invitate a effettuare la ricerca del sangue occulto nelle feci; se è presente del sangue è
verosimile che ci sia una fonte di sanguinamento.
Qualora questo test sia positivo, in queste persone si provvederà ad effettuare un esame endoscopico del
colon: lo si fa per cercare di diagnosticare precocemente una neoplasia, ad esempio, avendo queste, se
diagnosticate nelle fasi iniziali, una prognosi nettamente migliore (possono essere curate radicalmente con
un intervento chirurgico).
Questo esame però può essere gravato da una notevole quantità di falsi negativi (se è presente un tumore
che non sanguina, questo non verrà individuato da quell'esame) ma anche da molti falsi positivi (il reattivo
può reagire con una modesta quantità di sangue proveniente magari da una patologia del cavo orale, anche
il sangue prodotto da un energico strofinamento delle gengive può rendere positivo il test): in questi casi il
test risulterà essere inutile.]
L'emorragia digestiva cronica può anche tradursi in un'anemizzazione cronica, un'anemia sideropenica
ipocromica microcitica, che si presenta con una sintomotologia caratteristica (senso di spossatezza e
debolezza).
L'anemizzazione cronica è in genere legata a neoplasie dell'esofago, dello stomaco e del colon, le quali non
danno luogo ad un importante sanguinamento, ma ad un cronico stillicidio di sangue (non individuabile
macroscopicamente) che a lungo andare porta ad anemia.
ANAMNESI FISIOLOGICA.
Davanti ad una persona che viene da noi e che accusa come sintomo principale a presenza di una pregressa
emorragia, può essere utile ricordare alcuni fattori che, già all'anamnesi, possono indirizzarci sul tipo di
emorragia che dobbiamo trattare.
Sarà utile indagare le abitudini di vita:
 l'abuso di alcol può farci sospettare un'epatopatia alcolica e di conseguenza la possibile presenza di
varici esofagee;
 l'uso/abuso di FANS, che sono i farmaci maggiormente chiamati in causa per lesioni
gastroduodenali, soprattutto per le gastropatie erosive (sono farmaci facilmente disponibili, spesso
presi senza controllo medico, ma sotto consiglio di conoscenti, anche per periodi prolungati).
 l'alvo: bisogna diffidare delle sue modificazioni in persone che sino ad allora avevano un alvo del
tutto regolare; meritano accertamenti sia le sue modificazioni verso una stipsi ostinata (in quanto
potrebbe essere collegata allo sviluppo di una neoplasia) che quelle in senso diarroico (RCU, m. di
Crohn).
ANAMNESI PATOLOGICA REMOTA.
Il discorso qui si semplifica. Se nell'anamnesi patologica remota possiamo già mettere in evidenza una
patologia gastroenterica pregressa (i.e. ulcere, epatopatie, cirrosi, pregresse neoplasie, patologie ano-rettali
etc.) questo ci può aiutare ad individuare eventualmente il problema del paziente (in quanto ci sono
patologie come ad esempio le varici che possono facilmente andare incontro a recidive).
Bisogna inoltre conoscere i farmaci assunti dal paziente: la terapia anticoagulante o quella antiaggregante,
assunta per motivi cardiologici, possono dare spiegazione del sanguinamento.
Per quanto meno frequente come causa, ricordiamo anche che un trauma può essere responsabile di
sanguinamenti, e quindi ad esempio del fenomeno della emobilia.
Infine bisogna ricordare che nelle persone affette da malattie del sangue, quali ad esempio deficit delle PLT
o dei fattori della coagulazione, queste stesse patologie possono essere responsabili di fenomeni
emorragici.
ESAME OBIETTIVO.
L'anemizzazione acuta, all'esame obiettivo, può determinare tutta una serie di modificazioni del livello di
coscienza, sino ad arrivare anche a situazioni di sopore e coma.
Tutte le situazioni che determinano una grave ipovolemia (una marcata perdita di sangue) determinano
delle situazioni di ipo/anossia cerebrale che sono causa, progressivamente, della perdita di coscienza.
Il Gallone diceva che il nostro organismo è come uno sgabello a tre gambe: rimane in piedi se le tre gambe
(cuore, sangue e circolo) sono stabili. Se viene a mancare una di queste tre componenti è chiaro che lo
sgabello crolla.
Quindi se viene a mancare la funzione del cuore come pompa, o la funzione del sangue come fattore
indispensabile del trasporto di ossigeno in tutti i nostri apparati, o ancora se viene a mancare il circolo,
viene a crollare questa triade fondamentale per l'omeostasi dell'organismo.
Noi abbiamo, come riflesso a tutte le situazioni che tendono a modificare la nostra omeostasi, quello di
centralizzare il sangue: l'organismo tenta di mantenere costante l'ossigenazione del cuore e del cervello, a
discapito di altre sedi.
Questo riflesso è possibile grazie al fatto che in periferia esistono numerosi recettori capaci di valutare
l'ipovolemia e l'ipotensione e di scatenare, a cascata, un'iperattività ortosimpatica, con increzione di
catecolamine, cioè di ormoni che hanno la capacità di agire sul cuore e sul circolo: questo si traduce con una
vasocostrizione splancnica e periferica ed una ridistribuzione della circolazione a favore di cuore e cervello.
Nella persona in cui si stanno mettendo in atto questi fenomeni possiamo cogliere alcuni aspetti.
A livello di cute e mucose avremo:
 pallore del volto e delle estremità: dovuto non solo alla perdita di sangue ma soprattutto alla
vasocostrizione
 sudorazione: è un fenomeno paradosso, dovuto all'attivazione da parte delle catecolamine delle
ghiandole sudoripare
 orripilazione (messa in funzione del mm annesso all'apparato pilifero) con brividi
 diminuzione della temperatura cutanea, dovuta alla vasocostrizione (che si verifica ovviamente
anche nel distretto cutaneo)
 disidratazione e secchezza delle mucose: il paziente emorragico ha sempre sete perché nel suo
organismo sta avvenendo una ridistribuzione di liquidi; NB: in questi pazienti non c'è risposta alla
terapia infusionale (la situazione non cambia sebbene gli restituiamo liquidi, sangue), e questo è
vero soprattutto in caso di emorragia interna, in quanto il paziente è "bucato" e continua a perdere
sangue; in questi casi l'unica terapia valida è un intervento che venga a chiudere il punto di
sanguinamento
 ittero: il suo riscontro dovrà essere colto come un paziente con epatopatia.
Valutando l'apparato cardiovascolare noteremo:
 tachicardia progressiva e polso radiale piccolo e frequente: la tachicardia è un fenomeno
compensatorio (almeno sinchè è presente una certa massa volemica), il polso è piccolo perché c'è
poco sangue
 ipotensione progressiva e marcata (diminuzione dei valori massimi e minimi)
 l'HCT che diminuisce progressivamente: questo perché il primo meccanismo di compenso
dell'organismo è quello di richiamare liquidi dal compartimento extracellulare verso il
compartimento intravascolare, perciò si avrà una marcata emodiluizione.
Un altro aspetto da valutare è la diuresi: questa ci informa esattamente dello stato della circolazione e del
microcircolo, in quanto la centralizzazione del circolo va a discapito anche del distretto renale.
È perciò buona norma in questi pazienti introdurre un catetere endovescicale ed azzerare la diuresi (ovvero
eliminare le urine presenti già da prima nella vescica) e iniziare a valutare se il rene sta funzionando.
Si possono avere situazioni in cui c'è una modesta contrazione della diuresi, oppure altre in cui inizia a
manifestarsi una condizione di oliguria (<1000 ml/24h) o addirittura una situazione di anuria (assenza di
diuresi).
Dal punto di vista fisiopatologico il tentativo di richiamare liquidi verso il tessuto intravascolare è legato
all'effetto dell'ipovolemia e dell'ipotensione sull'apparato iuxtaglomerulare del rene. Il sistema
iuxtaglomerulare infatti, avvertendo la diminuzione della volemia, libera un enzima, la renina, la quale
agisce sull'angiotensina e quindi sul sistema angiotensina-aldosterone, i quali sono responsabili del
riassorbimento di acqua nel tentativo di mantenere una volemia costante (ecco perchè si ha una
diminuzione della diuresi).
INDAGINI STRUMENTALI.
L'approccio al paziente con emorragia digestiva prevede, dal punto di vista strumentale, la possibilità di
usare esami sia invasivi che non invasivi (quasi sempre però, per dare risposta ai quesiti che ci stiamo
ponendo, sarà indispensabile effettuare degli esami invasivi).
Abbiamo detto che le emorragie digestive alte rappresentano il 70-80% di tutte le emorragie digestive:
l'indagine diagnostica di primo livello in questo caso è la esofagogastroduodenoscopia, eseguita tramite
uno strumento a fibre ottiche che ci permette di esplorare quei segmenti particolari del tubo digerente.
Con un esame di questo tipo è possibile diagnosticare la sede e l'eziologia del sanguinamento. In alcuni casi
è inoltre possibile intervenire terapeuticamente, ad esempio, iniettando sostanze sclerosanti, oppure
effettuando legature (come le legature elastiche delle varici esofagee in pazienti cirrotici) o ancora provare a
bloccare l'emorragia con l'elettrocoagulazione o altri sistemi coagulativi (ad esempio si può utilizzare uno
strumento termico, quale l'elettrocauterio).
Questo esame è indicato in tutte quelle situazioni caratterizzate dalla presenza di ematemesi, melena, o
emobilia (più rara).
Le emorragie digestive basse hanno invece un approccio molto diverso.
Le indicazioni terapeutiche saranno enterorragia, rettorragia, ematochezia etc, però tentare di primo
approccio un esame endoscopico, soprattutto in corso di sanguinamenti importanti, può essere una strada
fallimentare: l'endoscopista vedrà solo una marea di sangue e di coaguli e non riuscirà a darci le risposte che
ci servono.
In questi casi la cosa principale da fare è innanzitutto stabilizzare il paziente, cioè monitorare i valori
dell'HCT e dell'Hb, valutare il paziente da un punto di vista di polso e pressione e, qualora necessario, anche
trasfondere questo paziente per cercare di mantenere valido il circolo.
Solo una volta che il sanguinamento è stato dominato si potrà entrare endoscopicamente per capire qual'è
la causa del sanguinamento.
Una volta risolta la fase di sanguinamento acuto, con una pancolonscopia si può mettere in evidenza la
patologia di base che è causa del sanguinamento: ad esempio delle ulcere in un paziente affetto da RCU
(che a lungo andare diventano confluenti), o ancora la presenza a livello di cieco di un piccolo polipo causa
di sanguinamento, o anche di eventuali neoplasie (come ad esempio un grosso carcinoma del colon che
progressivamente chiude il lume intestinale e impedisce il normale transito del materiale fecale).
In alcuni casi sarà possibile studiare le emorragie digestive con delle metodiche particolari quali le
angiografie.
Le indicazioni sono varie: diverticoli, angiodisplasie (soprattutto tipiche del colon dx), fistole arterovenose.
Qual'è il principio? Si incanula un catetere in un'arteria del tubo digerente, ad esempio la mesenterica
superiore, e, attraverso questa strada, si inietta del mezzo di contrasto, il quale spandendosi all'esterno del
vaso nella sede di sanguinamento ci permette di individuare quest'ultima.
Detta così sembrerebbe molto semplice da eseguire, ma in realtà non lo è: innanzitutto per valutare
un'emorragia in atto, questa dev'essere di una certa portata (>0,5 ml/min).
Questo è un esempio di angiografia mesenterica.
Il paziente è stato punto a livello dell'arteria femorale e, a questo livello, gli è stato inserito un filo guida
utilizzato per far procedere il catetere verso l'alto.
Una volta che il catetere è arrivato a livello dell'aorta
addominale, il radiologo ha introdotto la punta del
catetere a livello dell'ostio della mesenterica superiore
(questo è possibile grazie all'utilizzo di cateteri
particolari).
Dopodiché, avendo incanulato il catetere a questo
livello, delle macchine (dette iniettori) iniettano una
certa quantità di mezzo di contrasto a base soprattutto
di iodio radiattivo contemporaneamente a quando si
scatta l'immagine radiografica.
Questo ci permette di studiare la morfologia della
mesenterica superiore, ma soprattutto, in questo caso,
di individuare uno spandimento di mezzo di contrasto a
destra (a sx nell'immagine!), che può essere
interpretato come un sanguinamento a livello
dell'arcata marginale (vasi colici ← mesenterica
superiore).
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