Il caso emblematico dell’inverso del teorema di Pitagora nella storia della trasposizione didattica attraverso i manuali Aldo Scimone - Filippo Spagnolo G.R.I.M. Dipartimento di Matematica ed Applicazioni Università di Palermo Abstract. The aim of this paper is to point out how some times many theorems and their demonstrations are disappeared from school books without any educational motivation. This is the case of the converse of the Phytagorean proposition which is absent from many Italian school books. Many of this texts have been analyzed from the early XIXth century up to today. The results obtained by the previous observations have pointed out that there is some “uneasiness” by the authors of school books either in front of the euclidean demonstration of the direct Pythagorean theorem and of its converse. Some questions arise about the didactic transposition which otherwise has the character of an absolute arbitrariness. Riassunto. Lo scopo di questo lavoro é evidenziare come a volte molti teoremi e le loro dimostrazioni siano scomparse dai libri di testo senza alcuna motivazione didattica. È questo il caso dell’inverso del teorema di Pitagora che è scomparso da molti manuali scolastici italiani dai primi del novecento ad oggi. I risultati ottenuti hanno evidenziato un disagio da parte degli autori dei libri di testo sia per la dimostrazione originale euclidea del teorema diretto di Pitagora sia per quello inverso. Ciò comporta il sorgere di alcuni problemi legati alla trasposizione didattica che altrimenti appare assolutamente arbitraria. 2 Introduzione 1. Nella didattica della matematica che viene insegnata nelle scuole superiori accade spesso che alcuni teoremi vengano soltanto enunciati ma non dimostrati oppure, secondo le esigenze della programmazione, illustrati con esempi particolari. Sta di fatto che, qualunque sia la tipologia della scuola superiore, e qualunque sia il programma di matematica che viene svolto, le dimostrazioni dei teoremi sono state ridotte ad un esiguo numero e questa situazione è molto diffusa. Non è facile cercare di discernere le ragioni di questa prassi educativa, anche perché è ormai invalso l’uso o meglio l’abito mentale di ritenere che non sia opportuno dimostrare tutto in quanto è proprio questa una delle cause principali della disaffezione degli studenti nei riguardi della matematica. In poche parole, più alto è il numero delle dimostrazioni che si fanno, più prenderebbe piede nella mente degli allievi la convinzione che la matematica sia intrinsecamente difficile e adatta ad essere compresa solo da pochi eletti. In parte, tale costume è un retaggio della stagione in cui J. Dieudonné lanciò il fatidico grido “Abbasso Euclide!”, ma in parte è anche la conseguenza di un giro di boa dell’insegnamento della matematica, portato avanti da alcuni decenni, per cui si tende sempre più ad utilizzare software didattici come il Cabri-gèométre o il foglio elettronico Excel o Derive per offrire una diversa trasposizione didattica di alcuni argomenti disciplinari. Indubbiamente, ciò ha costituito e costituisce un valido ausilio didattico per la matematica, ogni qualvolta l’uso di questi software non si riduca per l’allievo a una semplice abilità strumentale non sostenuta da una adeguata conoscenza teorica del problema matematico in esame. Così, è molto istruttivo fare “toccare con mano” agli allievi, mediante l’uso di un foglio elettronico, come il valore di un numero irrazionale, quale la radice quadrata di 2, possa essere approssimato con quante cifre decimali si voglia, previa conoscenza dei diversi modi di dimostrare l’irrazionalità del numero. In caso contrario, a lungo andare, si indebolirebbe la struttura teorica della matematica da insegnare, ed è questo uno dei motivi che hanno indirizzato la ricerca in didattica della matematica verso due possibili soluzioni per interessare gli allievi a quel momento cardine del sapere matematico costituito appunto dalla dimostrazione. 3 Da un lato, gruppi volenterosi di ricercatori hanno ideato alcuni software di geometria come il già ricordato Cabri-géomètre o Cinderella (per citarne due tra i più famosi) in modo da attivare l’interesse degli studenti verso le costruzioni geometriche e la dimostrazione geometrica sintetica nella scia di quelle della geometria euclidea, con la differenza molto accattivante che le costruzioni o le dimostrazioni hanno aspetti dinamici che prima mancavano forzatamente quando esse venivano effettuate alla lavagna con il gesso. Infatti, mediante questi nuovi strumenti, gli allievi possono rendersi conto subito e visivamente come cambia l’intera figura o parti di essa quando se ne fanno variare alcuni elementi. D’altra parte, ormai da decenni, è sorta una vasta comunità di ricercatori in didattica della matematica che svolgono le loro ricerche sui temi dell’argomentare, del congetturare e del dimostrare proprio per comprendere sempre meglio in che modo queste attività vengano recepite dagli allievi di età diversa e cosa fare per migliorarne la qualità. Ricordiamo3, a questo proposito, gli studi di Balacheff, di Doise e Mugny, di Arsac, di Antibi e di Duval. In Italia la produzione degli studi dedicati alle problematiche dell’approccio alla dimostrazione è notevole. Basti ricordare i lavori di Malara e Gherpelli, Iaderosa e Reggiani, di Marchini, di Boero, di Mariotti. 2. Queste iniziative lodevoli rientrano nel vasto ambito dei problemi messi in atto dalla trasposizione didattica sulle differenze esistenti tra la contestualizzazione originaria dei concetti, delle nozioni, dei teoremi che vengono studiati e la loro contestualizzazione in ambito didattico, cioè in quel contesto sempre singolare e sempre unico che è la classe. È noto come parte della ricerca sulla didattica della matematica miri a trovare le cause di queste differenze1 e a suggerire alcune riflessioni sul ruolo della storia della matematica nella didattica della matematica. Infatti, la trasposizione didattica del sapere matematico ha anche una grave conseguenza, cioè, la sua destoricizzazione, per cui esso essa appare atemporale, semplicemente al di fuori della storia. Ciò porta a due strascichi inevitabili che si radicano nella mente e nel cuore degli allievi. Il primo porta l’allievo inevitabilmente a ritenere che ciò che egli studia con tanta fatica sia avulso da ogni contesto sociale e infine reale, intendendo con tale termine la realtà della vita quotidiana. 3 Cfr. B. D’Amore, Elementi di Didattica della Matematica, Pitagora Editrice, 2001, pp. 325-60. 1 Cfr. B. D’Amore, Elementi di Didattica della Matematica, Pitagora Editrice, 2001, pp. 222-231. 4 Spesso, infatti, gli allievi accusano la matematica d’essere una disciplina astratta e quindi difficile ovvero (secondo la loro opinione) difficile da comprendere nella sua concettualizzazione, in quanto non fa riferimento esplicito a oggetti del loro vissuto. Il secondo è la sclerotizzazione delle nozioni matematiche, che appaiono caratterizzate solo dalla loro pertinenza e utilità nel contesto di un dato settore matematico che gli allievi devono apprendere. Sono proprio questi i pericoli che incombono sulla corretta acquisizione da parte degli allievi del sapere matematico e che favoriscono in primo luogo tutti i paradigmi interpretativi della matematica da parte dei discenti. A ciò può anche aggiungersi la scelta pericolosa da parte dell’insegnante di decidere, secondo il contesto in cui deve svolgere la sua opera, di eliminare parte dei concetti o dei teoremi da insegnare per “snellire” il programma e abbassare la soglia di possibile difficoltà incontrate dagli allievi nel processo di apprendimento della disciplina. Crediamo che tale scelta sia pericolosa se non è supportata da un preciso disegno educativo che tenga conto di due fattori essenziali: primo, offrire agli allievi sempre un’informazione corretta e completa; secondo, non cercare mai di banalizzare il sapere. Può infatti accadere il caso estremo di non ritenere più necessario un concetto o un dato teorema ai fini di economizzare in maniera arbitraria un certo campo del sapere matematico, come, per esempio, quello della geometria euclidea. Ciò significa spesso tradire proprio uno dei cardini dell’insegnamento che abbiamo ricordato prima: informare in maniera completa, affinché gli allievi non vengano a trovarsi in situazioni ambigue. 3. È questo il caso della storia emblematica dell’inverso del teorema di Pitagora, come appare attraverso i manuali di matematica dall’ottocento fino ai nostri giorni. Ciò che ci ha colpito è il fatto che non solo dai manuali di matematica per le scuole medie superiori è scomparsa la dimostrazione originale della Proposizione I,47 degli Elementi di Euclide, cioè, il teorema diretto di Pitagora; ma, cosa ancora più strana, sia la dimostrazione dell’inverso del teorema che il suo enunciato. La cosa appare ancora più emblematica perché è proprio l’inverso del teorema di Pitagora che viene applicato maggiormente nella risoluzione dei problemi sui triangoli rettangoli. Il caso presenta inoltre un chiaro esempio di come la trasposizione didattica possa talvolta decontestualizzare del tutto un risultato, tanto più 5 che fu proprio l’inverso del teorema di Pitagora ad essere noto ancor prima di quello diretto, come ci è testimoniato da alcuni antichi reperti di carattere matematico, come la famosa tavoletta di argilla denominata Plimpton 322 che risale all’incirca al 1900 a.C. Il caso pone in essere una serie di questioni didattiche fondamentali. Innanzitutto, è chiaro che la scomparsa di un risultato matematico dai libri di testo è sempre motivata da alcune esigenze precise di carattere metodologico che, nel caso in esame, non sono chiare in quanto sono assolutamente non esposte né dichiarate. D’altra parte, l’inverso del teorema di Pitagora non è un risultato secondario che possa essere tralasciato senza alcun commento, perché esso costituisce la condizione sufficiente perché un triangolo sia rettangolo, per cui, non enunciandolo e non dimostrandolo, non si dà agli studenti l’informazione completa sulla condizione necessaria e sufficiente che convalida il fatto che un triangolo possa essere rettangolo. Ciò significa che in questo caso la trasposizione didattica ha fallito, perché è venuta meno alle caratteristiche della completezza dell’informazione e della non banalizzazione dei contenuti. Se l’alunno conosce soltanto il teorema diretto di Pitagora, conosce solo mezza verità né si può liquidare la faccenda dicendogli che è pure vero l’inverso, affidandone la verità alla sua intuizione geometrica. Nascono quindi spontanee alcune domande: - La scelta di non enunciare né dimostrare l’inverso del teorema di Pitagora nasce forse dalla considerazione che la dimostrazione offerta da Euclide presenti alcune difficoltà per gli allievi? - Se tali difficoltà consistono nel fatto che l’analisi della dimostrazione non viene esplicitata, perché non è stata presa in considerazione proprio la possibilità di esplicitare tale analisi per agevolare la comprensione della dimostrazione? - In base a quale considerazione didattica il teorema inverso viene spesso e volentieri omesso, quando è proprio esso ad avere le maggiori applicazioni negli esercizi? - Se gli alunni non conoscono la dimostrazione dell’inverso del teorema, sono pienamente coscienti che il teorema di Pitagora esprime una proprietà di cui godono solo i triangoli rettangoli? 6 • Sorgono inoltre questioni più generali che sono state e sono oggetto di ricerche e riflessioni da parte di vari studiosi, come quella relativa ai vari approcci da parte degli allievi a una dimostrazione matematica (Duval e altri); quella relativa a ciò che gli allievi concepiscono come “facile” o “difficile” in una dimostrazione (Duval e altri); quella che riguarda il modo in cui gli allievi si fanno condizionare dalla figura che fa da supporto a una dimostrazione per deciderne il grado di comprensione (migliaia di studiosi); e così via. 4. Non è affatto chiaro perché la storia della prassi didattica relativa a questo teorema si sia evoluta in questo modo, anche perché la dimostrazione originale di Euclide non implica catene di ragionamenti sottili e delicati. Noi riteniamo che l’analisi della dimostrazione potrà essere utile per individuare forse qualche motivo che abbia pilotato la storia della trasposizione didattica del teorema, ma prima ci sembra necessario farla precedere dalla dimostrazione euclidea del teorema in modo da supportare meglio l’analisi successiva. Proposizione I,48 degli Elementi2 di Euclide Se in un triangolo il quadrato di uno dei lati è uguale alla somma dei quadrati dei rimanenti due lati del triangolo, l’angolo che è compreso dai due rimanenti lati del triangolo è retto. Con riferimento alla figura 1, consideriamo il triangolo ABC in cui, per ipotesi, BC2 = AB2 + AC2. Bisogna dimostrare che l’angolo BAC è retto. Dal punto A si traccia il segmento AD perpendicolare ad AC e uguale ad AB. Si congiunge D con il punto C e si prende in considerazione il triangolo ACD. Essendo AD = AB, anche AD2 = AB2, e se ai due membri di questa uguaglianza aggiungiamo AC2 si otterrà AD2 + AC2 = AB2 + AC2. Poiché il triangolo ACD è rettangolo vale la relazione pitagorica CD2 = AC2 + AD2, e inoltre, per ipotesi, risulta BC2 = AB2 + AC2. Segue, quindi, che DC2 = BC2, per cui DC = BC. Allora i due triangoli sono congruenti avendo tutti i lati uguali, per cui avranno uguali anche gli angoli compresi tra i lati uguali. Ciò significa che anche l’angolo BAC è retto come l’angolo DAC. 2 C Euclide, Gli Elementi (a cura di A. Frajese e L. Maccioni), UTET, 1970, pp. 149-150. D B A Fig. 1 7 Innanzitutto è chiaro che l’analisi della dimostrazione del teorema debba avere come punto di partenza l’uso scambievole dei due registri su cui essa si basa, ovvero, quello algebrico e quello geometrico. Per ipotesi si sa soltanto che nel triangolo dato ABC vi è una relazione algebrica tra i quadrati dei lati del triangolo. Poiché non si riesce a trovare una dimostrazione utilizzando direttamente questo registro, Euclide passa al registro geometrico e si propone di costruire un triangolo congruente a quello dato ma con la caratteristica d’essere rettangolo, in modo da potere applicare la proposizione I,8 [Se due triangoli hanno due lati rispettivamente uguali a due lati, ed hanno la base uguale alla base, avranno uguali anche gli angoli compresi dai lati uguali] e concludere la dimostrazione. Ebbene, se una delle difficoltà incontrate dagli allievi nella dimostrazione sta proprio in questo cambiamento del registro dimostrativo di supporto, per eliminarla è necessario fare rilevare questa idea centrale della dimostrazione prima di procedere oltre, in modo che gli allievi possano rendersi conto della ragione che spinge Euclide a costruire il triangolo supplementare rettangolo ADC. È proprio nel passaggio al registro geometrico il momento creativo della dimostrazione euclidea, e l’insegnante dovrebbe soffermarsi su di esso tanto quanto è necessario perché gli allievi riescano a seguire il ragionamento euclideo in maniera cosciente e naturale. Dopo questo primo passaggio al registro geometrico, Euclide torna nuovamente a quello algebrico, sfruttando una serie di uguaglianze algebriche tra i lati dei due triangoli ABC e ACD, che lo portano a concludere che essi sono congruenti. Infine, dimostrata la congruenza tra i due triangoli, Euclide torna al registro geometrico per potere applicare la I,8 e concludere che l’angolo BAC è retto. L’analisi della dimostrazione evidenzia, quindi, che vi sono almeno due conversioni, cioè trasformazioni semiotiche su registri diversi. Dunque, in questo potrebbe consistere, forse, una difficoltà di comprensione della dimostrazione da parte degli allievi, che, nel corso del tempo, ha suggerito agli insegnanti, e agli autori dei libri di testo o di apportare qualche cambiamento sia pure minimo alla dimostrazione originale euclidea o addirittura di sopprimerla. 5. A questo punto ci sembra opportuno presentare una tabella comparativa di alcuni testi scolastici per mostrare in che modo la dimostrazione del 8 teorema inverso di Pitagora si discosti da quella originale euclidea o se addirittura sia stata soppressa. Testo Schema dim. 1. A. M. Legendre, Elements de Géométrie, Paris, 1891 2. F.Enriques - U. Amaldi, Geometria elementare ad uso delle scuole medie superiori, Zanichelli, Bologna 1903 3. E. Betti, F. Brioschi, Gli Elementi d’Euclide, 1917 Il teorema non viene enunciato Il triangolo supplementare viene costruito staccandolo dal triangolo dato. Uguale a quello euclideo 4. U. Morin – F. Busulini, Elementi di Geometria, CEDAM, Padova, 1960 Il triangolo supplementare viene costruito staccandolo dal triangolo dato. Il triangolo supplementare viene costruito a parte. 5. M. De Franchis - G. Bartolozzi, Lezioni di geometria, Lattes, Palermo, 1961 6. F. Speranza – A. Rossi Dell’Acqua, Matematica Zanichelli, Bologna, 1971 9. L. L. Radice, L. M. Proia, Il metodo matematico, Principato, Roma, 1981. 7. E. Castelnuovo, C. Gori Giorgi, D. Valenti, La matematica nella realtà 1, La Nuova Italia, Firenze, 1984 8. L. Cateni, R. Fortini, C. Bernardi, Il Nuovo Pensiero Geometrico, Le Monnier, Firenze, 1987. 9. L. Scaglianti, L. Varagnolo, Lezioni di Matematica: Geometria, CEDAM, Padova, 1988. 10. M. Battelli, Corso di Matematica sperimentale e laboratorio, Le Monnier, Firenze, 1994. Registri utilizzati Schemi di ragion. Algebrico e geometrico - Sostituzione del r. algebrico con quello geometrico: - ipotetico-deduttivo - Sostituzione del r. algebrico con quello geometrico: - ipotetico-deduttivo - Sostituzione del r. algebrico con quello geometrico: - ipotetico-deduttivo - Sostituzione del r. algebrico con quello geometrico: - ipotetico-deduttivo Algebrico e geometrico Algebrico e geometrico Algebrico e geometrico Il teorema non viene enunciato Il teorema non viene enunciato Il teorema non viene enunciato Il triangolo supplementare viene costruito a parte. Algebrico e geometrico - Sostituzione del r. algebrico con quello geometrico: - ipotetico-deduttivo Il teorema non viene enunciato Il teorema non viene enunciato Conclusioni L’esame dei testi scolastici mostra come sia l’enunciato che la dimostrazione dell’inverso del teorema di Pitagora siano quasi del tutto 9 scomparsi a mano a mano che giungiamo ad anni a noi più vicini, ma ciò che non è chiara è la scelta didattica che ha condotto a questa situazione. In breve, da quanto s’è mostrato prima, attraverso l’analisi dell’inverso del teorema di Pitagora, è vero che può essere presente nella dimostrazione euclidea una difficoltà relativa alle due trasformazioni semiotiche su registri diversi, ma riteniamo che l’insegnante possa trovare il modo di far superare agli allievi questo ostacolo nei modi in cui abbiamo detto prima. Rimane, dunque, senza alcuna risposta esauriente la domanda: perché l’inverso del teorema di Pitagora non viene più né enunciato né dimostrato? Tale scelta didattica appare quindi arbitraria e antieducativa, perché ha privato e priva gli allievi di ricevere un’informazione completa sulla caratterizzazione dei triangoli rettangoli. Da una parte gli allievi imparano che i triangoli rettangoli godono di una proprietà caratteristica, che è il teorema diretto di Pitagora; dall’altra non viene detto a loro nulla sulla proprietà inversa che storicamente appare per prima nei più antichi testi matematici dell’umanità. Si è quindi in presenza di una situazione didattica anacronistica in quanto contrasta con le esigenze di una corretta trasposizione didattica. 10 Bibliografia Antibi A., Qualche considerazione sulla dimostrazione, L'educazione matematica 3(4), 1993, pp. 135-140. Arsac G., L’évolution d’une théorie en didactique: l’exemple de la transposition didactique, Recherche en didactique de mathématiques, 12, 1, 1992, pp. 7-32. Balacheff N., Imparare la prova, Bologna, 2001, Pitagora Editrice. 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Hartshorne, Geometry: Euclid and beyond, Springer Verlag, New York, 1997. Spagnolo F., Insegnare le Matematiche nella Scuola Secondaria, La Nuova Italia, Firenze, 1998. Gli autori ringraziano il Prof. Bruno D’Amore, dell’Università di Bologna, per la lettura del manoscritto del presente lavoro e per gli utili suggerimenti ricevuti.