Scelte economiche e alimentari in tempo di crisi

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 Il costo del mangiar bene. Sostenibilità nutrizionale, economica e ambientale in tempo
di crisi
Scelte economiche e alimentari in tempo di
crisi
In una “economia agro‐alimentare di mercato” come quella attuale (nella quale, cioè,
tutto il consumo alimentare passa attraverso il mercato), le persone, quando si siedono
a tavola, mettono nel piatto una quantità di energia molto più alta di quella che
assumono in termini di bilancio calorico.
Più energia, maggior costo
Mentre non aumenta – anzi, tendenzialmente diminuisce, – il fabbisogno energetico
pro‐capite che lo “stile di vita” odierno richiede, cresce invece l’energia impiegata per
produrre gli alimenti, per conservarli, trasportarli, commercializzarli (e naturalmente
per cucinarli e smaltirne o riciclarne gli avanzi). Questa energia ha un costo economico
e anche ambientale. In pratica, è questo costo che definisce il prezzo delle calorie
alimentari che le persone assumono. Ed è un prezzo in continuo aumento.
Chi determina l’evoluzione dei costi
S’indebolisce l’“ancoraggio” culturale
S’indebolisce l’“ancoraggio” culturale
Oltre che dal costo degli alimenti, le scelte alimentari delle persone sono condizionate
da molti fattori, anzi da un continuo bilanciamento tra fattori: i modelli culturali, gli
orientamenti religiosi e le scelte etiche o ideologiche, da un lato, e l’esposizione alle
mode alimentari e l’apertura all’innovazione, dall’altro.
La “presa” esercitata dalla storia e dall’ancoraggio culturale con il territorio, i suoi
prodotti e le sue tradizioni alimentari, è determinante nel comportamento alimentare
degli adulti e correla inversamente con problemi di malnutrizione, in particolare con la
prevalenza di obesità e sovrappeso.
Il ruolo della qualità
Come nelle scelte cliniche, anche in quelle alimentari tutto si gioca su un confronto tra
costi e benefici. Ma in questo caso, le variabili in gioco non sono facilmente
oggettivabili. La disponibilità a pagare per acquistare un prodotto alimentare è
determinata, infatti, dal rapporto tra qualità percepita e sacrificio avvertito (il prezzo
da pagare, ma anche il tempo per preparare l’alimento, la difficoltà di conservarlo,
ecc.).
La ricerca della qualità è invocata dal senso comune come una delle motivazioni alla
scelta di prodotti alimentari e alla disponibilità a spendere per acquistare. Secondo
alcuni ricercatori, ognuno vede la qualità di un prodotto alimentare a proprio modo: ha
una buona reputazione, è selezionato e controllato, è buono, fa bene, è etico, ecc. La
qualità che condiziona le scelte alimentari, dunque, non è oggettiva, ma percepita dal
singolo individuo o gruppo.
Rapporto costo/beneficio nella percezione del consumatore
Le scelte alimentari in tempo di crisi
Fino all’inizio del nuovo millennio, in tempi di crescita del reddito pro‐capite, la
composizione della dieta degli Italiani si è modificata, con la sostituzione di prodotti
agricoli grezzi con prodotti alimentari elaborati; sono mutate le preferenze alimentari e
la scelta delle persone si è spesso orientata verso prodotti con maggior contenuto “di
servizio” (cibi pronti, carni lavorate, ecc.).
Dal 2007‐2008, invece, per la prima volta dal secondo dopoguerra, il reddito pro‐capite
si è ridotto in misura significativa. E anche i consumi alimentari sono diminuiti in
termini reali (cioè a valori depurati del tasso d’inflazione) del 13% nel quinquennio
2006‐2012, mentre nel quinquennio precedente erano aumentati del 2,5%.
In definitiva, nelle scelte alimentari, i consumatori orientano gli acquisti in base una
propria soggettiva percezione del rapporto costi/benefici, con conseguenze non sempre
ottimali. E l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari in termini reali sta
determinando una contrazione della spesa e uno spostamento dei consumi verso beni a
qualità inferiore.
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