IBD HIGHLIGHTS a cura di Fortunata Civitelli Ruolo dei fattori ambientali e della dieta nella patogenesi delle IBD Role of environmental factors and diet in the pathogenesis of pediatric IBD Marina Aloi (foto) Manuela Distante Dipartimento di Pediatria e Neuropsichiatria Infantile, UOC di Gastroenterologia ed Epatologia Pediatrica, Università “La Sapienza”, Roma Key words Environment • Diet • Inflammatory bowel disease • Smoking • Antibiotic Abstract A rapid increase of the incidence of pediatric IBD is reported worldwide, both in developed and developing countries, suggesting a role of environmental triggers in their pathogenesis. Although a causative role for a specific factor has not been proven, the spread of the “Western” diet, high in fat and protein but low in fruits and vegetables, is regarded by many researchers as a strong candidate, and its influence on gut inflammation is highly hypothesized. Indirizzo per la corrispondenza Marina Aloi viale Regina Elena 324, 00161 Roma E-mail: [email protected] 116 Le malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD, da Inflammatory Bowel Disease), malattia di Crohn (MC) e rettocolite ulcerosa (RCU), sono processi infiammatori del tratto gastrointestinale ad andamento cronico-recidivante. La loro eziopatogenesi, anche se non completamente chiarita, è multifattoriale e coinvolge una complessa interazione tra geni, sistema immunitario, microbiota intestinale e fattori ambientali. Le basi genetiche delle IBD sono state studiate in modo esaustivo tramite studi di associazione genome-wide (in inglese genome-wide association study, o GWAS). Finora, sono stati identificati 163 loci di rischio, la maggior parte dei quali condivisi dalle due malattie 1. Nonostante i geni siano fattori necessari per lo sviluppo delle IBD, diverse evidenze indicano che da soli non sono sufficienti a determinarle, tra queste il basso tasso di concordanza in gemelli monozigoti (10-15% nella RCU e 30-55% nella MC) e i rapidi cambiamenti epidemiologici che hanno caratterizzato le malattie negli ultimi decenni, non spiegabili con paralleli cambiamenti genetici (molto più lenti nella loro estrinsecazione). Sin dalla fine del secolo scorso è stato registrato un aumento significativo dell’incidenza delle due malattie, parallelo ad enormi cambiamenti ambientali verificatisi all’inizio del 20° secolo nei paesi occidentali, tra cui una maggiore igiene personale, l’ampio uso di vaccini e antibiotici e l’introduzione di differenti abitudini alimentari, tra cui l’uso di cibi inscatolati. Più recentemente si è assistito ad ulteriori cambiamenti epidemiologici delle IBD: infatti, sebbene la più alta incidenza sia ancora riportata nei paesi industrializzati, soprattutto Nord America e Europa, paesi come il Giappone, l’India o Hong Kong, in cui tali malattie erano sconosciute fino a pochi decenni fa, hanno visto crescere il numero di casi diagnosticati, in Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2015;VII:116-120 IBD HIGHLIGHTS Ruolo dei fattori ambientali e della dieta nella patogenesi delle IBD concomitanza con l’adozione di un stile di vita occidentale 2. La stessa tendenza è stata osservata in immigrati che si sono trasferiti da paesi in via di sviluppo in quelli occidentali. Questi dati suggeriscono che l’ambiente gioca un ruolo cruciale nel determinismo delle IBD e diversi dati indicano che quanto più precocemente avviene l’esposizione ai fattori ambientali, tanto più il rischio di sviluppare le malattie aumenta. Sebbene a tutt’oggi un singolo trigger ambientale non sia stato definito, numerosi possibili fattori sono stati studiati, tra cui il fumo, la dieta, lo stress, l’igiene, l’allattamento al seno, l’esposizione agli antibiotici, gastroenteriti ricorrenti e altre infezioni contratte in età pediatrica, con risultati variabli (Tab. I). Il principale problema nell’ottenere dati convincenti sul ruolo dell’ambiente nella patogenesi delle IBD proviene dalla difficoltà metodologica di condurre studi in questo campo. Infatti, a causa della bassa incidenza delle malattie, molti studi sono caso-controllo, fornendo un basso livello di evidenza. Inoltre, al fine di determinare una relazione causale tra un fattore ambientale e la malattia, l’esposizione deve precedere lo sviluppo della condizione, deve essere stabilita una relazione causale precisa fra più variabili possibili, e deve essere dimostrata una spiegazione biologica plausibile. Lo scopo di questo articolo è di valutare criticamente i dati sui fattori ambientali descritti in letteratura, con particolare attenzione al ruolo della dieta nella patogenesi delle IBD. Tabella I. Correlazione tra fattori ambientali e rischio di malattia di Crohn (MC) e rettocolite ulcerosa (RCU). Fattore di rischio MC RCU Dieta Acidi grassi omega-6 (n-6) Acidi grassi omega-3 (n-3) Allattamento al seno Proteine animali Fibre Zuccheri raffinati + + Vitamina D - Esposizione ad antibiotici durante l’infanzia + Gastroenteriti ricorrenti + Stress + Fumo + - Appendicectomia + - + - + Antiinfiammatori non steroidei + Contraccettivi orali + Igiene + + = associazione positiva; - = associazione negativa/effetto protettivo + La dieta La diffusione della dieta occidentale è considerata come una possibile spiegazione dell’aumentata incidenza di IBD su scala mondiale. L’influenza della dieta sulla patogenesi delle IBD è stata ipotizzata considerando il suo effetto sulla composizione del microbioma intestinale e sullo stato immunitario a livello mucosale. Diversi componenti alimentari, comunemente presenti nelle diete occidentali, si sono dimostrati inoltre potenzialmente lesivi per la barriera epiteliale 3. Ad esempio, alcuni detergenti ed emulsionanti sono in grado di danneggiare direttamente la barriera mucosale. Il polisorbato 80, un emulsionante presente in diversi prodotti alimentari lavorati, aumenta la traslocazione di E. coli nelle placche del Peyer nella MC. Uno studio giapponese ha di recente identificato una correlazione diretta tra la produzione annuale di emulsionanti alimentari e l’aumentata incidenza di MC in Giappone. Altri studi hanno dimostrato come il glucosio determini un aumento della permeabilità intestinale e modifichi la composizione proteica a livello delle tight junctions della linea cellulare umana Caco-2, con conseguente minore coesione cellulare e danno della barriera intestinale. La gliadina, tossica nella malattia celiaca, è in grado di aumentare la permeabilità intestinale anche in soggetti non celiaci, mediante il legame al recettore epiteliale CXCR3 e il rilascio di zonulina. Il caprato di sodio, acido grasso a catena media, presente nei derivati del latte, 117 M. Aloi, M. Distante aumenta la permeabilità a livello ileale nel ratto e in campioni bioptici ileali di pazienti con MC. Infine, è stato dimostrato un ruolo nell’insorgenza della malattia da parte di alcuni mediatori lipidici con proprietà immunomodulanti e proinfiammatorie. Una seconda linea di ricerca ha indagato la correlazione tra abitudini alimentari e rischio di sviluppare IBD. Un elevato apporto di acidi grassi polinsaturi n-6 (n-6 PUFA), presenti nella carne rossa, nell’olio da cucina e nella margarina, è associato ad un più alto rischio di sviluppare RCU. Al contrario, un elevato consumo di acido docosaesaenoico n-3 PUFA correla negativamente con tale rischio. n-6 e n-3 PUFA sono i precursori degli eicosanoidi, potenti mediatori lipidici con un ruolo chiave nella modulazione dell’infiammazione. Gli eicosanoidi che derivano dagli n-6 PUFA hanno attività proinfiammatoria, mentre quelli derivati da n-3 PUFA sono degli antiinfiammatori. Nel corso degli ultimi decenni un aumento significativo del rapporto n-6:n-3 (~15:1) ha caratterizzato i modelli alimentari occidentali. È interessante notare come in parallelo l’incidenza delle IBD sia aumentata. Oltre agli acidi grassi, un elevato consumo di zuccheri raffinati e proteine sembra essere correlato ad un aumentato rischio di MC. Al contrario, un elevato consumo di frutta e verdura ha un ruolo protettivo sullo sviluppo di MC, mentre non sembra influire sul rischio di RCU. Il ruolo dell’allattamento al seno non è 118 ancora del tutto compreso, anche se una recente review ne ha riportato un modesto effetto protettivo (OR 0,69; 95% CI, 0,51-0,94) 4. Altri fattori, tra cui le vitamine e i micronutrienti, sono stati correlati con il rischio di IBD. Le prove più interessanti derivano dal legame tra i livelli di vitamina D e il rischio di malattia. Un ampio studio condotto recentemente su donne adulte (più di 70000 soggetti) ha dimostrato una relazione tra livelli elevati di vitamina D ed una riduzione del rischio di sviluppare la MC, e, in misura minore, la RCU. L’ipotesi di una relazione tra livelli di vitamina D e rischio di IBD si basa su numerosi dati, tra cui il fatto che le aree geografiche a più alta incidenza di malattia sono quelle con una bassa esposizione solare e che è stato ampiamente dimostrato un ruolo diretto della vitamina D sul sistema immunitario e su processi chiave alla base delle IBD (trascrizione del gene NOD2, autofagia). Ulteriori dati sull’impatto dei modelli dietetici occidentali sul rischio di sviluppare IBD, sono stati pubblicati molto recentemente: una dieta ricca in zuccheri e bevande gassate e povera in verdure è risultata associata ad un maggiore rischio di RCU, mentre non è stata dimostrata alcuna correlazione con il rischio di MC. Al contrario una dieta di tipo “mediterraneo” sembra non aumentare il rischio di malattia 5. È tuttavia importante sottolineare che verificare un rapporto di casualità è estremamente complesso, considerato che molto spesso tali studi sono caso-controllo e retrospettivi. Esistono numerosi fattori confondenti, tra cui la definizione del tipo di dieta e la possibile influenza di altri fattori ambientali. Idealmente, ampi studi prospettici in popolazioni ad alto rischio, con interventi dietetici mirati, potrebbero fornire risultati definitivi. Questi potrebbero essere ulteriormente arricchiti da dati pediatrici, per l’opportunità unica di studiare la risposta immunitaria iniziale e per caratterizzare al meglio le correlazioni genotipo-fenotipo. Il fumo Il fumo ha effetti diversi nelle IBD: aumenta il rischio di sviluppare MC ma non RCU. Numerosi studi hanno dimostrato una correlazione diretta tra fumo e rischio di sviluppare MC, inoltre tale rischio rimane aumentato nei primi anni dalla sospensione e, in soggetti affetti da MC il fumo peggiora l’andamento in termini di recidive e complicanze. Al contrario, i fumatori hanno un ridotto rischio di sviluppare RCU e, quando affetti dalla malattia, sembrano avere un decorso più mite. I meccanismi alla base di tali differenze rimangono sconosciuti. Recentemente, si è ipotizzato che il fumo di sigaretta possa modulare diversamente il fenotipo e le funzioni delle cellule dendritiche in pazienti con RCU e MC, con conseguente aumento della prevalenza di cellule T CD4 Foxp3 + nei primi, e con uno spostamento dell’equilibrio Th1/Th2 a favore dei linfociti Th1 nei secondi. Sorprendentemente, però, paesi con IBD HIGHLIGHTS Ruolo dei fattori ambientali e della dieta nella patogenesi delle IBD un’alta percentuale di adulti fumatori, come la Cina, la Mongolia o il Kenya, hanno una bassa incidenza di IBD, mentre i paesi del Nord-Europa, dove il numero di fumatori è nettamente inferiore, hanno un’alta incidenza di malattia. Gli antibiotici L’ampia diffusione di antibiotici nel XX secolo è coincisa con la comparsa di patologie croniche come le IBD, supportando l’ipotesi di un loro possibile effetto sulla patogenesi di tali malattie. Tali farmaci possono agire causando modifiche permanenti del microbioma intestinale, determinando uno squilibrio dell’interazione fisiologica tra flora batterica, barriera intestinale e sistema immunitario, o, più probabilmente, agendo ad entrambi i livelli. Diversi studi hanno indagato il rapporto tra antibiotici e rischio di IBD. Recentemente un’ampia meta-analisi, che ha valutato 11 studi osservazionali (8 caso-controllo e 3 di coorte), per un totale di più di 7000 pazienti affetti da IBD, ha riportato un lieve aumento rischio di IBD tra i soggetti esposti a qualsiasi antibiotico. L’esposizione a terapia antibiotica è risultata significativamente correlata con la MC (OR 1,74, 95% CI 1,35-2,23), ma non con la RCU (OR 1,08, 95% CI 0,91-1,27). È interessante notare che il rischio era maggiore nei bambini che negli adulti e che, ad un’analisi delle classi di antibiotici associati al rischio di IBD, metronidazolo e fluorochinolonici risultavano le classi con la più alta associa- zione di rischio (sebbene tutte le classi, ad eccezione delle pencilline, risultassero correlate) 6. Alcuni dati suggeriscono che l’età di esposizione sia determinante, probabilmente per una modifica persistente della flora intestinale: l’uso precoce di antibiotici nel primo anno di vita ha una frequenza significativamente maggiore nei bambini con IBD, rispetto ai controlli. Il ruolo di episodi ricorrenti di gastroenterite o di altre infezioni è stato suggerito da alcuni studi. Dati pediatrici suggeriscono una correlazione tra ricoveri per gastroenterite durante l’infanzia e sviluppo di IBD. Tuttavia, altri studi non confermano tali dati, rendendo i risultati su tale argomento ancora inconcludenti. Lo stress Lo stress è stato storicamente identificato come fattore negativo sul decorso delle IBD. Studi su modelli di animali con colite hanno confermato tale dato. I meccanismi alla base di un effetto dello stress sull’andamento della malattia sono diversi, tra cui i possibili cambiamenti nelle interazioni tra microbiota e sistema immunitario, le modifiche dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e del rilascio periferico di CRH (Corticotropin-releasing hormone) e l’attivazione delle mastcellule mucosali. Inoltre, le modifiche del tono dell’umore, come i disturbi depressivi, sembrano influire negativamente sull’attività della malattia. Diversi studi hanno tentato di correlare stress e rischio di IBD, tuttavia le differenti defi- nizioni di stress, l’inclusione di gruppi misti di pazienti (per tipo o stadio di malattia) e la presenza di variabili confondenti, rendono difficile l’interpretazione dei risultati. Alcuni dati suggeriscono una correlazione negativa tra stress e sviluppo di IBD, al contrario un recente studio caso-controllo pediatrico, condotto in Danimarca, ha evidenziato come il verificarsi di eventi stressanti nella vita di un bambino, quale il divorzio dei genitori, sia in grado di produrre un lieve incremento nel rischio di IBD (OR 1,7 95% CI 1,0-2,9), insieme ad una serie di altri fattori di rischio ambientali (fattori alimentari, storia familiare di IBD, infezioni gastrointestinali, condivisione della stessa camera da letto, eczema atopico). Conclusioni La conoscenza dei meccanismi patogenetici delle IBD è significativamente aumentata negli ultimi decenni. È ormai ampiamente accettato che queste malattie siano il risultato di un’interazione tra tre fattori chiave: geni, barriera intestinale e ambiente. Nei primi anni del 2000 la ricerca si è concentrata sui primi, con grandi aspettative iniziali e successive delusioni, dato che le conoscenze acquisite non hanno ancora avuto un impatto diretto sulla gestione dei pazienti e sulla storia naturale della malattia. Recentemente l’interesse della ricerca si è sempre più concetrato sullo studio dei fattori ambientali che, qualora identificati, potrebbero essere l’unico elemento del puzzle 119 M. Aloi, M. Distante potenzialmente modificabile. Dati recenti suggeriscono che alcuni componenti alimentari, tipici delle diete occidentali, potrebbero avere un ruolo diretto nella patogenesi delle IBD e alcuni tipi di diete potrebbero aumentare il rischio di sviluppare le malattie. Studi altrettanto recenti suggeriscono un possibile ruolo della dieta anche sul decorso delle malattie. Tuttavia, condurre studi in questo campo è estremamente complesso, in quanto le variabili confondenti sono molteplici e i risultati spesso difficilmente interpretabili. Le ricerche in corso e future, in- centrate sull’interazione tra geni, microbioma e ambiente, forniranno probabilmente nuove conoscenze importanti per comprendere meglio la patogenesi delle IBD e modificarne la storia naturale e la risposta alle terapie. 3 Levine A, Wine E. Effects of enteral nutrition on Crohn’s disease: clues to the impact of diet on disease pathogenesis. Inflamm Bowel Dis 2013;19:1322-9. 4 Barclay AR, Russell RK, Wilson ML, et al. Systematic review: the role of breastfeeding in the development of pediatric inflammatory bowel disease. J Pediatr 2009;155:421-6. 5 Garg M, Lubel JS, Sparrow MP, et al. Review article: vitamin D and inflammatory bowel disease--established concepts and future directions. Aliment Pharmacol Ther 2012;36:324-44. 6 Ungaro R, Bernstein CN, Gearry R, et al. Antibiotics associated with increased risk of new-onset Crohn’s disease but not ulcerative colitis: a meta-analysis. Am J Gastroenterol 2014;109:1728-3. Bibliografia 1 Brant SR. Promises, delivery, and challenges of inflammatory bowel disease risk gene discovery. Clin Gastroenterol Hepatol 2013;11:22-6. Ananthakrishnan AN. Epidemiology and risk factors for IBD. Nat Rev Gastroenterol Hepatol 2015;12:205-17. 2 • La patogenesi delle malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD, da Inflammatory Bowel Disease) è multifattoriale e coinvolge la complessa interazione tra diversi fattori: predisposizione genetica, sistema immunitario, microbiota intestinale e fattori ambientali. • Tra i fattori ambientali, la dieta e gli effetti dei diversi alimenti sul complesso sistema epitelio intestinale-microbiota-immunità sono oggi oggetto di numerosi studi e sembrano correlati al rischio di sviluppare IBD. • Numerosi alimenti sono stati chiamati in causa, tuttavia definire il rapporto di causalità tra i diversi alimenti e la patogenesi di queste malattie è estremamente complesso. 120