104
Clinica S. Chiara
Chirurgia
della schiena
Dal 2012 con l’arrivo del Dr. med. Pedro Berjano
– che, oltre ad essere specialista FMH in chirurgia
ortopedica e traumatologia dell’apparato locomotore, è specializzato in chirurgia vertebrale – ,
la Clinica Santa Chiara di Locarno è tornata ad offrire una specialità che, storicamente, aveva sempre offerto: la chirurgia vertebrale e della schiena.
Non solo. Tale specialità è riapprodata in Clinica ai massimi livelli. Berjano, infatti, è una vera
autorità in questo campo: è autore di numerose
pubblicazioni su rinomate riviste scientifiche, e
viene chiamato in ogni parte del mondo a istruire i propri colleghi nell’utilizzo di innovative
tecniche mini-invasive. I pazienti ticinesi saranno quindi lieti di sapere che, in riva al Verbano,
possono trovare la stessa eccellenza nelle cure
che troverebbero in un istituto sanitario di fama
internazionale. Per saperne di più sull’applicazione di queste tecniche, abbiamo incontrato il Dr.
med. Berjano, appena rientrato da un congresso
in Giappone.
Dr. med. Berjano, quali sono le sfere d’intervento della chirurgia vertebrale? I problemi
trattati con la chirurgia vertebrale sono svariati.
I più frequenti sono le ernie del disco: sia lombari che cervicali. Al giorno d’oggi, per ottenere
eccellenti risultati con rischi molto bassi, questi
interventi vengono eseguiti con tecniche microchirurgiche, ovvero con l’utilizzo del microscopio
attraverso piccole incisioni.
Nella chirurgia vertebrale rientrano anche
gli interventi di stabilizzazione? Sì! In determinati pazienti, il dolore cervicale o lombare
(comunemente chiamati «mal di collo» e «mal di
schiena») è causato da lesioni più evolute dei dischi, che – invecchiati prematuramente – perdono la loro capacità di fungere da ammortizzatori
e dissipatori dello sforzo meccanico tra le vertebre. In alcuni di questi casi, interventi di artrodesi
o stabilizzazione vertebrale consentono di tenere
sotto controllo il dolore e di migliorare così la
qualità della vita. Attualmente l’80% di questi
interventi sono eseguiti con tecniche chirurgiche
mini-invasive, capaci di garantire risultati equivalenti (o superiori), con minori rischi: ferite più piccole e cosmetiche, probabilità d’infezione ridotta
di circa 3 volte, meno dolore postoperatorio e un
recupero più veloce.
E le fratture vertebrali, come vengono trattate? Pazienti con fratture delle vertebre (sia
recenti, sia guarite inadeguatamente) dovute
a cadute o ad incidenti, possono necessitare
d’interventi alla colonna vertebrale. Oggi, nella
maggior parte dei casi, possiamo eseguire gli interventi ricostruttivi, mirati a ripristinare un uso
praticamente normale della colonna, con tecniche mini-invasive.
Ci sono tre tipi di patologie vertebrali che
interessano, in particolare, la popolazione
anziana: 1) cedimenti vertebrali, 2) stenosi
vertebrali e 3) deformità della colonna. Anche in presenza di questo tipo di problematiche è possibile affidarsi ad un trattamento
chirurgico mini-invasivo? Effettivamente sì!
Cominciamo dalle fratture. Gli anziani con fratture o cedimenti vertebrali causati dall’osteoporosi, soffrono dolore intenso e limitazione. In molti
casi questi pazienti possono beneficiare delle
moderne tecniche di vertebroplastica o cifoplastica, mediante le quali – attraverso una sonda
di 3-4 millimetri di diametro – la vertebra fratturata viene rinforzata con il cemento osseo, che ne
ripristina la resistenza meccanica, eliminando il
dolore. Da circa 18 mesi, alla Clinica Santa Chiara
abbiamo adottato un sistema ancora più innovativo denominato KIVA, in virtù del quale – all’interno della vertebra – viene inserito uno stent a
forma di «molla», che crea una struttura dentro
la quale viene rilasciata una minima quantità di
cemento osseo (solo 1-2 cc), capace di ristabilire
la resistenza e di risolvere il dolore.
C’è poi la stenosi vertebrale, uno dei problemi
della colonna più frequenti negli anziani. Essa
consiste in una progressiva riduzione dello spazio
disponibile per i nervi. Questi nervi, responsabili
degli impulsi che permettono di muovere le gambe e di sentirle, risultano compressi a tal punto
che i pazienti iniziano a presentare dolore sciatico e difficoltà a camminare. In questi casi possiamo utilizzare due tipi di tecniche mini-invasive:
la decompressione dei nervi con microscopio
chirurgico (asportando l’eccesso di tessuto che
«schiaccia» i nervi) o la decompressione indiretta, introducendo uno spessore tra le vertebre che
ne ripristina la separazione, decomprimendo così
i nervi.
Terminiamo con le deformità della colonna, che
causano dolore intenso e difficoltà a mantenere
la posizione eretta del tronco. Spesso tale deformità si presenta su pazienti che, precedentemente, avevano una colonna del tutto normale ed è
dovuta all’usura dei dischi della colonna. Quando i dischi sono giovani e gonfi, mantengono la
posizione normale delle vertebre. Quando invecchiano a volte sgonfiano, causando la perdita
della posizione normale della colonna. Possibili
conseguenze? Una cifosi (inclinazione in avanti
della colonna) o una scoliosi (inclinazione di lato,
che può produrre un’asimmetria o un’apparente «fuoriuscita» laterale del bacino); entrambe
possono causare la comparsa di una sporgenza o gibbo nel dorso (popolarmente chiamata
«gobba»). Negli scorsi decenni si pensava che il
piegarsi in avanti con l’età fosse una situazione
normale e accettabile. Studi recenti hanno dimostrato che questa deformità causa sofferenza e
perdita di capacità funzionale. In casi selezionati,
la chirurgia può restituire ai pazienti una colonna
«diritta» ed eliminare il dolore. Al giorno d’oggi,
infatti, quello della correzione delle deformità
degli adulti è uno dei campi in cui la chirurgia ha
registrato maggiori progressi. Negli ultimi anni
ho contribuito personalmente all’identificazione
e allo sviluppo di metodi mini-invasivi per il loro
trattamento. Tali metodi ci permettono di intervenire su persone che, solo 5 o 6 anni fa, non
potevano essere aiutate. Le nostre esperienze si
sono tradotte in una nuova classificazione delle
deformità, della quale sono autore io stesso e che
è stata pubblicata nella prestigiosa rivista «European Spine Journal». Questo nostro apporto alla
ricerca scientifica sta aiutando chirurghi di tutto
il mondo ad affrontare con maggior sicurezza
gli interventi chirurgici in persone con deformità
della colonna.
Quello del mal di schiena, è un problema
estremamente diffuso. Quali sono le patologie dorsali più frequenti? Il mal di schiena
è sempre stato un problema molto frequente.
Dopo il raffreddore, è una delle cause che – nella
nostra società – inducono più spesso ad andare
Dr. med. Pedro Berjano durante un
consulto.
Dr. med. Pedro Berjano, specialista
FMH in chirurgia ortopedica e
traumatologia dell’apparato locomotore,
specializzato in chirurgia vertebrale.
dal dottore. Per fortuna la ricerca moderna ci ha
insegnato alcune cose importanti: 1) Nella maggior parte dei pazienti, il mal di schiena passa
da solo o con pochi trattamenti, e consente di
fare una vita del tutto normale. 2) Mantenersi
attivi quando si ha il mal di schiena non comporta un pericolo per la salute. Al contrario: le
persone che, in preda a una crisi di mal di schiena
si mantengono attive, riescono a guarire prima e
meglio rispetto a quelle che si mettono a riposo.
Il movimento serve a ridare equilibrio al nostro
sistema muscoloscheletrico. 3) Una cattiva forma
fisica (troppo stress, sovrappeso, tono muscolare
inadeguato, fumo, sedentarietà) è causa frequente di dolore alla schiena. Affrontare il problema
con determinazione, proponendosi di migliorare
la propria forma fisica, può trasformare radicalmente la qualità della vita di persone che, solo
poco prima, sembravano condannate a soffrire
per sempre di mal di schiena.
Solo una minima parte delle persone affette da
mal di schiena ha una vera lesione alla colonna.
Con test ed esami adeguati, lo specialista della
colonna può identificarla e spesso, con un intervento, si riesce a riparare il «guasto».
I problemi alla schiena, per essere trattati e
risolti in maniera efficace, richiedono sempre l’intervento chirurgico? Il trattamento
conservativo è l’unico trattamento indicato e
necessario in persone con problemi di schiena.
La chirurgia, per fortuna, viene riservata solo a
casi selezionati: ai pazienti con sintomi intensi e
persistenti, refrattari al trattamento conservativo,
e in cui si verifica l’esistenza di un guasto nella
colonna. Questi rappresentano meno del 5% dei
pazienti con dolore abituale alla colonna, e molto
meno dell’1% del totale dei mal di schiena.
Ci può illustrare i trattamenti conservativi
maggiormente utilizzati? Per il mal di schiena, un corretto stile di vita rappresenta il miglior
trattamento conservativo e la miglior forma di
prevenzione. Ridurre lo stress o contrastarne gli
effetti con l’esercizio fisico; evitare o ridurre al
minimo il consumo di fumo e di alcool; limitare
la quantità di caffè a 2-3 tazze; seguire un’alimentazione appropriata, che eviti il sovrappeso
e contempli un’adeguata quantità di calcio; praticare sport (tutti gli sport fanno bene alla colonna,
con pochissime eccezioni); fare ginnastica (con
esercizi di stretching per gambe, braccia, collo e
schiena); sedersi in posizioni adeguate; prestare
attenzione alla posizione della schiena quando si
sollevano dei pesi; interrompere le lunghe sedute
alla scrivania con pause di 1-2 minuti, facendo
pochi passi e esercizi di stretching: sono consigli,
questi, che possono aiutare a prevenire il mal di
schiena e, parimenti, condurre chi già lo patisce
a ritrovare la strada della salute.
Altri trattamenti conservativi sono: la fisioterapia,
che aiuta a riequilibrare la postura, ad allungare
i muscoli accorciati e a tonificare quelli deboli;
l’ergoterapia, che aiuta a migliorare l’utilizzo
della colonna per ridurre il rischio di farsi male;
la chiropratica e l’osteopatia, che – attraverso diverse modalità di manipolazione – ripristinano la
tensione muscolare e sbloccano le limitazioni alla
mobilità delle articolazioni «grippate»; il ricorso,
preferibilmente limitato, ai farmaci, prediligendo
quelli più innocui.
degli adulti (uno dei campi più complessi della
chirurgia vertebrale), nonché istruire i colleghi
nell’utilizzo delle tecniche mini-invasive che, da
anni, applichiamo nel trattamento dei problemi
della colonna – è stata messa in rilievo la tendenza, oggi in vigore nei Paesi e nei centri più
avanzati, ad eseguire la maggior parte degli
interventi con metodi mini-invasivi. Negli USA,
circa il 30% degli interventi utilizzano queste tecniche. Attualmente, alla Clinica Santa Chiara, più
del 75% delle operazioni alla colonna vengono
eseguite con tecniche mini-invasive, e questo ci
rende davvero molto fieri.
Dr. med. Pedro Berjano
durante un intervento.
Misure di trattamento conservativo più «aggressive», ma in alcuni casi selezionati risolutive, includono le iniezioni selettive, che portano piccole
quantità di farmaco nel punto in cui sorgono il
dolore e l’infiammazione; le stesse vengono frequentemente eseguite sotto controllo di TAC o
raggi X, per consentire una precisione millimetrica nella localizzazione del punto della colonna in
cui si vuole somministrare il farmaco.
Le infiltrazioni peridurali, solitamente somministrate da specialisti in anestesiologia, sono un
importante alleato nel trattamento conservativo
dei pazienti con ernia del disco lombare.
In quali circostanze, invece, il ricorso alla
chirurgia non è più procrastinabile? Esistono
due diverse situazioni: 1) quella in cui i pazienti
sono praticamente costretti a subire un intervento. Parliamo dei casi in cui è presente una frattura
«instabile» delle vertebre. Ciò significa che il movimento potrebbe scomporre i frammenti ossei,
provocando una lesione del midollo o dei nervi
contenuti nella colonna, con – quale risultato finale – una paralisi. È anche il caso di alcune ernie
del disco o di tumori che comprimono il midollo
o i nervi spinali. Questa situazione, per fortuna, è
molto infrequente.
2) La chirurgia è l’opzione più conveniente anche
per i pazienti che, ad esempio, hanno un’ernia
del disco che non migliora dopo 2-3 mesi di trattamento conservativo oppure per chi presenta
lesioni dei dischi che provocano dolore abituale, continuo o intermittente. Una premessa indispensabile perché sia indicato il trattamento
chirurgico, è che i sintomi non migliorino sufficientemente con i trattamenti conservativi!
Mi par di capire che oggi, rispetto al passato
anche recente, la chirurgia della schiena è
diventata molto meno invasiva… All’inizio
di settembre sono stato invitato in Giappone
per tenere diverse conferenze nell’ambito di un
importante congresso scientifico. In occasione di
questo meeting – nel quale il mio compito era
quello di esporre le linee guida, da noi pubblicate,
per il trattamento mini-invasivo delle deformità
Immagino che la minor invasività renda gli
interventi decisamente meno pesanti per il
paziente… Gli aspetti positivi sono molti. Il primo è la netta riduzione del rischio d’infezione.
Il secondo è la maggior velocità di recupero dei
pazienti. In sintesi: un maggior comfort postoperatorio, meno dolore e, in molti casi, una degenza più breve e un più precoce ritorno alla vita
normale. Ma, probabilmente, i vantaggi maggiori
derivano dalla riduzione del «danno collaterale»:
per correggere il punto «guasto», infatti, non è
più necessario provocare alterazioni nei tessuti
circostanti. Dopo il passaggio del chirurgo – fatta
eccezione per il punto in cui si trovava la lesione
– il resto del corpo rimane integro, con ottime
possibilità di recuperare una funzionalità normale. Non faccio menzione dei vantaggi cosmetici
– indubbiamente meno importanti se comparati
con la riduzione del rischio d’infezione – ma, al
giorno d’oggi, i nostri pazienti sono ben felici di
poter risolvere i propri problemi senza dover subire lunghe e inestetiche cicatrici.
Grazie alla minor invasività delle nuove tecniche operatorie, anche gli anziani possono
essere operati correndo meno rischi? Negli
ultimi anni non solo la chirurgia, ma anche l’anestesia ha fatto enormi passi avanti! Oggi, con
un’adeguata preparazione, è del tutto infrequente che un paziente non riesca a superare un intervento a causa dell’età (fatta eccezione per i casi
con gravissime malattie del cuore, dei polmoni,
eccetera). La combinazione delle tecniche miniinvasive con le migliori tecniche anestesiologiche
ci consentono di operare in sicurezza pazienti ai
quali – solo 10 anni fa – sarebbe stata negata la
possibilità di guarire.
Quanto è concreta la possibilità che un intervento alla schiena possa avere, quale complicanza, una paralisi? Per fortuna, al giorno
d’oggi, il vecchio mito della paralisi non è più una
minaccia reale. In 20 anni di attività non c’è mai
stato un caso in cui un mio paziente sia arrivato
all’intervento con i propri piedi e ne sia uscito in
sedia a rotelle!
La terapia del mal di schiena – sia essa conservativa o chirurgica – richiede il coinvolgimento
e la collaborazione interdisciplinare di diverse
specialità mediche e paramediche: la radiologia
(diagnostica e interventistica), la medicina interna, l’anestesiologia, la fisioterapia. Ebbene, tutte
queste specialità, alla Clinica Santa Chiara di Locarno, sono presenti e disponibili sotto lo stesso
tetto, a tutto vantaggio della qualità e dell’efficienza delle cure.
105