Le crociate
Grazie a una serie di condizioni favorevoli (la crescita demografica ed economica, l'ampia disponibilità di
nobili armati esclusi dalla successione ereditaria, la voglia di trovare un modo per riabilitarsi dell'aristocrazia
fortemente compromessa contro la riforma gregoriana, la riconquista dello spazio mediterraneo da parte delle città
marinare e il successo di alcune spedizioni contro i musulmani in Spagna e Sicilia) e prendendo come pretesto le
difficoltà dei bizantini contro i turchi selgiuchidi ed alcune, isolate, vessazioni sui cristiani da parte di alcuni poteri
musulmani in Terra Santa, l'Europa iniziò, senza bene sapere a cosa andasse incontro, quella che poi venne
chiamata l'avventura della crociata. All'appello di Clermont (1095) di papa Urbano II risposero sia la nobiltà
europea, sia un'ampia fetta di gente comune animata dall'entusiasmo inculcato da alcuni predicatori come Pietro
l'Eremita.
Partiti verso Costantinopoli senza una strategia precisa, in una sorta di originale pellegrinaggio armato, le
truppe superstiti (tragicamente annientate erano state quelle della cosiddetta "crociata dei poveri") si ritrovarono
nella capitale bizantina nel 1096. Avvalendosi di un innegabile effetto sorpresa sul frammentato mondo
musulmano, i crociati conquistarono in poco tempo l'Anatolia e tutta la costa del Mar di Levante compresa la
Palestina: nel 1099 conquistarono Gerusalemme, creando un Regno che sarebbe sopravvissuto per quasi due
secoli. Il primo sovrano fu Goffredo da Buglione, ma solo suo fratello Baldovino prese il titolo di re. Le conquiste
vennero spartite tra i nobili partecipanti all'impresa creando gli Stati crociati e alcuni feudi minori, tutti sottoposti,
almeno formalmente, alla corona di Gerusalemme.
La seconda crociata (1145-1147) fu causata dalla caduta di Edessa nel 1144.
Il teologo San Bernardo di Chiaravalle teorizzò, in risposta alla difficoltà per un cristiano di conciliare la guerra non
difensiva con la parola di Dio, la teoria del “malicidio”: chi uccide un uomo intrinsecamente cattivo, quale è chi si
oppone a Cristo, non uccide in realtà un uomo, ma il male che è in lui; dunque egli non è un omicida bensì un
malicida.
Questa episodica giustificazione, in risposta a un espresso quesito dei Cavalieri Templari, non assunse
tuttavia il carattere di giustificazione generalizzata di quella che fu, in effetti, una campagna per la ripresa di
Antiochia.
La seconda crociata venne condotta con un'eccessiva spavalderia dal re di Francia Luigi VII, alleato al solo
Corrado III del Sacro Romano Impero, ignorando le possibili alleanze con alcuni potentati musulmani che
avrebbero permesso di riprendere la contea di Edessa. Egli, ascoltando le perorazioni di alcuni cattivi consiglieri
abbagliati dalle ricchezze di Damasco, cinse di assedio la capitale siriana senza nemmeno cercare l'aiuto del re
normanno di Sicilia né del basileus bizantino, riportando una disastrosa sconfitta nel 1148.
La terza crociata (1189-1192), detta anche la "crociata dei Re", fu un tentativo, da parte di vari sovrani
europei, di strappare Gerusalemme e quanto perduto della Terrasanta, al Saladino. Vi parteciparono Federico
Barbarossa, che morì in Anatolia pare per un arresto cardiaco, Filippo II Augusto, re di Francia e Riccardo Cuor di
Leone, re d'Inghilterra.
Grazie agli sforzi di Riccardo d'Inghilterra, fu ottenuto almeno un risultato positivo, la riconquista di San
Giovanni d'Acri, che divenne la nuova capitale del Regno. Dopo la battaglia di Arsuf fu siglata col Saladino la pace
di Ramla del 1192.
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La prima crociata
L'impero bizantino alla fine del XII si era gradualmente indebolito, perdendo in sequenza la Serbia, la
Croazia e la Dalmazia. Le lotte tra Alessio IV Angelo, figlio di Isacco II Angelo, e suo zio Alessio III Angelo
innescarono conseguenze allora imprevedibili. Dopo essere stato imprigionato col padre, Alessio IV riuscì a
fuggire rivolgendosi a Venezia. In questa città si trovavano concentrate le forze della quarta crociata in attesa di
imbarcarsi per la Terrasanta ma prive dei soldi necessari a pagare le navi veneziane per il trasporto (1202). Il
doge Enrico Dandolo ebbe allora una brillante idea, quella di offrire loro il trasporto in cambio della conquista da
parte dei crociati della città ribelle di Zara, che era uno degli scali verso la meta. Essi accettarono, ma il
saccheggio e la conquista di una città cattolica suscitò in seguito un'ondata di scandalo nella Cristianità.
Innocenzo III scomunicò i veneziani, ma non arrivò a una paradossale scomunica dei crociati, formalmente suoi
inviati. A Zara Dandolo incontrò Alessio IV, figlio del detronizzato Isacco, che gli chiese aiuto per usurpare lo zio
usurpatore. La posta era molto allettante e Alessio IV aggiunse sul piatto una forte ricompensa in denaro e la
ricomposizione della Scisma d'Oriente. Fu così che nel 1203 i veneziani e i crociati giunsero a Costantinopoli, la
conquistarono, rovesciando Alessio III, restaurando Isacco II e Alessio IV. Ma i bizantini non avevano intenzione di
ripagare i crociati, come aveva promesso Alessio IV, infatti i due imperatori furono assassinati da Alessio V Ducas,
che si proclamò imperatore, ed annullò tutte le promesse ai crociati. I crociati in risposta, assediarono la città e la
conquistarono nuovamente nel 1204, saccheggiandola barbaricamente, uccidendo uomini e stuprando donne,
rovesciando così l'impero bizantino, spartendo poi le sue terre, che furono divise tra Baldovino conte di Fiandra,
eletto dai crociati "imperatore latino di Costantinopoli", che prese un terzo; un altro terzo andò ai vari nobili che
avevano preso parte all'impresa; l'ultima fetta venne presa dai veneziani, che si appropriarono così delle isole
greche e dei principali scali navali, assicurandosi il monopolio dei traffici nel Mediterraneo orientale a discapito dei
rivali genovesi.
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I crociati non erano né interessati né in grado di metter su una vera e propria compagine statale, ma
neanche uno stato sul modello feudale. I nobili bizantini si erano rifugiati ai confini dell'ex-impero, dove si
organizzarono in piccoli stati che meditavano la rivincita (Nicea, Trebisonda...). Innocenzo III fu imbarazzato dal
prezzo che era costato la ricomposizione dello scisma e ben presto ci si dovette accorgere che in realtà la frattura
tra latini e ortodossi era invece affossata più che mai. Dopo pochi decenni Giovanni III Vatatze si alleò con i
genovesi per fare piazza pulita dei rivali, arrivando a impadronirsi di tutte le province orientali e poi di Tessalonica
(1246). Nel 1261 Michele VIII Paleologo sconfisse Baldovino II grazie all'appoggio di Genova, che guadagnò una
posizione di preminenza nel Levante. La nuova dinastia tentò di ricucire i rapporti diplomatici tra Oriente e
Occidente, ma l'impero era ormai duramente provato dalla rapace dominazione latina.
La quarta crociata fu indetta da Papa Innocenzo III all'indomani della propria elezione al soglio pontificio nel
1198, e fu diretta contro i musulmani in Terra Santa. Nella prima enciclica di Innocenzo III dell'agosto 1198 la
liberazione di Gerusalemme era vista come necessaria.
I crociati in realtà non arrivarono mai in Terra Santa. Visto l'esiguo numero di soldati giunti a Venezia, il
doge veneziano Enrico Dandolo partì alla riconquista di Zara. Conquistata poi la città ribelle, venne raggiunto dal
figlio dell'imperatore deposto a Bisanzio. Giunto a Bisanzio reinstaurò il legittimo governo ma non ebbe la
possibilità, come preventivamente accordato, di porre una base commerciale nella città, come cioè era nel 1190
circa prima della rivolta anti-veneta e filo-genovese, ove si dice che Dandolo stesso avesse perso la vista da un
occhio. Visto che il nuovo Cesare non sembrava voler accordare quanto pattuito per il suo ritorno al trono, i
crociati presero nuovamente Costantinopoli. L'Impero bizantino venne spartito tra i crociati, con le principali
piazzeforti commerciali in Morea e alcune isole adriatiche assegnate a Venezia stessa, dando poi inizio al
cosiddetto Impero latino di Costantinopoli.
Sotto il pontificato di papa Innocenzo III il Concilio Lateranense IV aveva deciso d'indire di una nuova
crociata, la quinta (1217-1221). Federico II, in occasione della sua incoronazione a Rex romanorum, nel 1215,
giurò solennemente di prendervi parte, ma poi rimandò più volte, il che provocò tensioni con il papa. Papa Onorio
III stabilì infine che la crociata dovesse aver inizio il 1º giugno 1217. Dopo la defezione in Palestina di Andrea II
d'Ungheria nel 1218, si tentò una nuova via, quella di prendere lo strategico porto in egiziano di Damietta, sulla
parte orientale del delta del Nilo, ma la spedizione - che vide la presenza anche di san Francesco d'Assisi che
inutilmente perorò davanti al Sultano ayyubide al-Malik al-Kamil la causa della conversione del sultano - si rivelò
un fallimento: dopo la conquista di Damietta nel novembre 1219, l'esercito crociato attese inutilmente l'arrivo della
flotta di Federico II, che arrivò solo dopo la rovinosa sconfitta nell'agosto 1221.
Dopo il fallimento della quinta crociata, l'imperatore Federico II, con il trattato di San Germano (l'odierna
Cassino), si era solennemente impegnato, nel 1225, a guidare la sesta crociata in Terra Santa[28] di cui aveva più
volte ritardato l'inizio, impegnato com'era alla prioritaria stabilizzazione politica e al consolidamento amministrativo
del regno di Sicilia, attraversato allora da moti di rivolta[29]. Quando nel 1227, a causa di una malattia, fu costretto
a rimandare la crociata ancora una volta, fu scomunicato da papa Gregorio IX. Nonostante questo, l'anno
successivo, Federico si recò a Gerusalemme, mentre il Papa lo definiva "Anticristo".
Questa crociata fu l'unica combattuta pacificamente con gli strumenti della politica: Federico l'aveva
preparata su un piano squisitamente diplomatico: nell'estate 1227, aveva inviato Berardo di Castagna, arcivescovo
di Palermo a lui fedelissimo, in missione diplomatica in Egitto, insieme a Tommaso I d'Aquino conte di Acerra[30]:
recando con sé ricchissimi doni, tra cui pietre preziose e un cavallo sellato d'oro[30] Berardo aveva il delicato
compito di saggiare le interessanti prospettive di intesa appena apertesi con il sultano ayyubide, il curdo al-Malik
al-Kāmil[27]. L'intesa con il sultano sarà decisiva per assicurare il grande successo alla crociata di Federico, che
portò grandi acquisizioni, ma per via pacifica e su un terreno esclusivamente diplomatico, dopo il totale fallimento
militare della crociata precedente, da cui Federico era rimasto indenne per non esservisi impegnato. Federico,
avendo sposato l'erede alla corona di Gerusalemme Isabella di Brienne, poteva presentarsi come valido
successore al titolo regale: nonostante la scomunica ne indebolisse il potere contrattuale, egli ottenne dal sultano,
per via diplomatica, la cessione di Gerusalemme, che venne accordata a patto che le fortificazioni cittadine
fossero demolite, in modo da non costituire fonte di preoccupazione militare per il sultano.
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La settima crociata si svolse fra il 1249 e il 1250. Fu diretta contro l'Egitto e guidata dal re di Francia Luigi
IX il Santo. È probabile che l'invasione di Napoli e Palermo da parte di Carlo d'Angiò, fratello di Luigi IX, fosse
finalizzata a creare una "testa di ponte" franca per le crociate.
L'ottava crociata fu anch'essa diretta contro i domini musulmani in Africa settentrionale e fu sempre guidata
da Luigi IX.
La nona crociata è solitamente considerata l'ultima crociata medievale ad essere stata condotta contro i
musulmani in Terra Santa. La maggior parte degli storici, tuttavia, non la considera come una crociata a sé, ma
come la seconda parte dell'ottava.
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