Informazioni dal
Servizio Farmaceutico Territoriale
Anno XVI, N°1
Periodico di informazione per Medici & Farmacisti
MONOA cura dei componenti
FIA del
RA
G
TEAM MULTIDISCIPLINARE
AZIENDA ULSS 16, AZIENDA
OSPEDALIERA E IOV
Sommario:
Quando iniziare un trattamento antipertensivo?
1
Quali azioni sugli stili di
vita sono raccomandabili nel soggetto iperteso?
2
Quale è il target pressorio raccomandato?
3
Quale farmaco antipertensivo utilizzare?
3
Come iniziare una terapia antipertensiva?
5
Quali associazioni di
farmaci utilizzare?
5
Le raccomandazioni nel
paziente anziano
7
Le raccomandazioni nel
paziente diabetico
7
Le raccomandazioni nel
paziente cardiopatico
7
Confronto dei costi dei
farmaci antipertensivi
8
Gli indicatori regionali
12
Appendice
13
Marzo 2016
Trattamento
dell’ipertensione arteriosa
L’ipertensione arteriosa rappresenta una patologia molto diffusa la cui prevalenza complessiva in Europa risulta essere compresa tra il 30-45% nella popolazione generale, con un netto incremento con il crescere dell’età.
Acronimi utilizzati
Il presente documento intende riportare le principali
evidenze disponibili in tema di terapia antipertensiva cercando di coniugare, nello stesso tempo, gli aspetti riguardanti il profilo costo-beneficio del trattamento in un’ottica
di sostenibilità economica, data l’elevata prevalenza della
patologia.
Come riferimento sono state considerate le evidenze e le
raccomandazioni espresse dalle ultime Linee Guida 2013
della Società Europea dell’Ipertensione Arteriosa (ESH) e
della Società Europea di Cardiologia (ESC), utilizzando il
consueto schema di “Domanda e Risposta (Q)”. I livelli di
evidenza e la classe delle raccomandazioni sono riportate in
Appendice (pag. 13).
Q1
ACE-i=ACE inibitori
BB=beta-bloccanti
AI=antipertensivi
CV=cardiovascolare
HCTZ=idroclortiazide
IMA=infarto miocardico acuto
IRC=insufficienza renale cronica
PA=pressione arteriosa
PAD=pressione arteriosa diastolica
PAS=pressione arteriosa sistolica
RAS=sistema renina-angiotensina
RCT=randomized controlled trial
Quando iniziare un trattamento antipertensivo?
La relazione continua tra valori di
pressione arteriosa (PA) e comparsa
di eventi cardiovascolari (CV) e renali
rende difficile la distinzione tra normotensione e ipertensione basata
esclusivamente sul riscontro dei valori pressori.
Tabella I. Classificazione della PA clinica (mmHg)
Nella pratica clinica, comunque,
sono frequentemente utilizzati valori
pressori soglia, sia per semplificare
l’approccio diagnostico sia per facilitare le decisioni in merito al trattamento da adottare (Tabella I).
Categoria
Sistolica
Diastolica
Ottimale
<120
e
<80
Normale
120-129
e/o
80-84
Normale-Alta
130-139
e/o
85-89
Ipertensione di I grado
140-159
e/o
90-99
Ipertensione di II grado
160-179
e/o
100-109
Ipertensione di III grado
≥180
e/o
≥110
Ipertensione sistolica isolata
≥140
e
<90
In realtà, l’approccio terapeutico dovrebbe considerare il rischio CV globale, in aggiunta ai livelli pressori, al fine di poter identificare in maniera corretta i soggetti candidabili ad un trattamento antipertensivo (Tabella II).
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Anno XVI, N°1
Tabella II. Quando iniziare la terapia antipertensiva (AI)
Valori pressori (mmHg)
Altri fattori di rischio,
Normale-Alta
Ipertensione di I grado
Ipertensione di II grado
Ipertensione di III grado
danni d’organo asintomatici o disturbi
Sistolica 130-139
Sistolica 140-159
Sistolica 160-179
Sistolica ≥ 180
Diastolica 85-89
Diastolica 90-99
Diastolica 100-109
Distolica ≥ 110
Nessun altro fattore di
rischio
Nessun intervento sulla PA
• Variazioni dello stile di vita
• Successiva aggiunta di
• Variazioni dello stile di vita • Variazioni dello stile di vita
• Successiva aggiunta di
• Immediata aggiunta di
farmaci AI
1-2 fattori di rischio
• Variazioni dello stile di vita • Variazioni dello stile di vita
• Nessun intervento farmaco- • Successiva aggiunta di
logico
≥ 3 fattori di rischio
farmaci AI
• Variazioni dello stile di vita • Variazioni dello stile di vita
• Nessun intervento farmaco- • Aggiunta di farmaci AI
farmaci AI
farmaci AI
• Variazioni dello stile di vita • Variazioni dello stile di vita
• Successiva aggiunta di
• Immediata aggiunta di
farmaci AI
farmaci AI
• Variazioni dello stile di vita • Variazioni dello stile di vita
• Aggiunta di farmaci AI
• Immediata aggiunta di
logico
farmaci AI
Danno d’organo, disturbo
renale cronico di III stadio
o diabete
• Variazioni dello stile di vita • Variazioni dello stile di vita
• Nessun intervento farmaco- • Aggiunta di farmaci AI
Disturbo CV sintomatico,
IRC di ≥ IV stadio o
diabete con danno
d’organo/fattori di rischio
• Variazioni dello stile di vita • Variazioni dello stile di vita
• Nessun intervento farmaco- • Aggiunta di farmaci AI
• Variazioni dello stile di vita • Variazioni dello stile di vita
• Aggiunta di farmaci AI
• Immediata aggiunta di
logico
farmaci AI
• Variazioni dello stile di vita • Variazioni dello stile di vita
• Aggiunta di farmaci AI
• Immediata aggiunta di
logico
farmaci AI
Recentemente sono stati sviluppati alcuni modelli informatizzati per la stima del rischio CV totale. Il modello Systematic
COronary Risk Evaluation (SCORE) è stato realizzato sulla base di dati provenienti da ampi studi di coorte europei. Il modello
stima il rischio di mortalità CV a 10 anni basandosi su diverse variabili quali età, sesso, fumo, colesterolo totale e PAS.
La versione elettronica ed interattiva dello SCORE, conosciuta anche
come Heart-Score, è disponibile sul sito www.heartscore.org.
Q2
Quali azioni sugli stili di vita sono raccomandabili in un paziente iperteso?
Una corretta modifica dello stile di vita deve essere sempre proposta ad un paziente iperteso anche se un suo impiego non
dovrebbe ritardare l’inizio della terapia farmacologica nei soggetti ad alto rischio CV.
Numerosi RCT hanno dimostrato che gli effetti di una riduzione della PA associati a modifiche dello stile di vita
possono essere equivalenti alla monoterapia farmacologica. Nella Tabella III sono sintetizzati i principali risultati ottenibili dalla modificazione degli stili di vita sulla base degli studi attualmente disponibili.
Tabella III. Modifiche dello stile di vita
Raccomandazione
Consiglio
Riduzione PA
Classe
Livello
Restrizione sodica
Diminuire il consumo di sale, riducendolo a 5-6 g al giorno. In particolare, si dovrebbe
informare il paziente di evitare di aggiungere sale a cibi con elevato contenuto sodico.
4-5 mmHg
I
A
Consumo di alcool
Il consumo regolare di alcool aumenta la PA nel soggetto iperteso. Si dovrebbe invitare
a moderare il consumo di alcool, limitatamente a 20-30 g di etanolo al giorno per gli
uomini e non più di 10-20 g al giorno per le donne. [Una semplice regola per capire
quanti grammi di alcool ci sono in un litro di bevanda è quella di moltiplicare per 8 la
gradazione alcolica (espressa in % vol)].
2-3 mmHg
I
A
Peso corporeo
Riduzione del peso a circa 25 kg/m2 e della circonferenza addominale <102 cm negli
uomini e <88 cm nelle donne.
3-4 mmHg
I
A
Attività fisica
Praticare regolarmente attività fisica, almeno 30 minuti di attività dinamica moderata dai
5 ai 7 giorni alla settimana.
5-7 mmHg
I
A
Fumo
Smettere di fumare
Riduzione rischio
CV globale
I
A
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Q3
Qual è il target pressorio raccomandato?
La Tabella IV riporta i livelli pressori proposti dalle
linee guida europee sulla base delle caratteristiche
cliniche e anagrafiche dei pazienti (v. anche Box 1).
⇒ Pressione sistolica (PAS): una riduzione della PAS
a valori ≤140 mmHg è generalmente raccomandata nella maggior parte della popolazione. Nei soggetti anziani, non fragili, con PAS ≥ 160 mmHg ci
sono evidenze a favore di riduzioni della PAS tra
150 e 140 mmHg. Negli anziani fragili, invece, gli
obiettivi pressori dovrebbero essere adattati alla
tollerabilità individuale.
⇒ Pressione diastolica (PAD): l’obiettivo di una PAD
<90 mmHg è sempre raccomandato, eccetto nei
pazienti diabetici in cui i valori raccomandati sono
<85 mmHg (purché tali livelli siano tollerati dal
paziente e privi di effetti collaterali).
Box 1. More is better? Il fenomeno della “curva J” e i
risultati dello studio SPRINT
Un aspetto attualmente controverso nel campo della
terapia antipertensiva riguarda la possibilità di
instaurare un approccio più aggressivo per la riduzione
pressoria nei soggetti ad alto rischio cardiovascolare.
Alcuni studi clinici, infatti, hanno sollevato il dubbio che
in pazienti con pregressa malattia CV, i regimi
terapeutici che riducono la PAS a valori prossimi o
inferiori a 120-125 mmHg e la PAD sotto i 70-75 mmHg
potrebbero dare luogo ad un aumento (piuttosto che ad
un’ulteriore riduzione) dell’incidenza degli eventi
coronarici, fenomeno chiamato della “curva J”.
Infine, il recente studio SPRINT ha evidenziato che, in
una popolazione ipertesa, non diabetica, con rischio CV
medio-elevato, il raggiungimento di una PAS di 120
mmHg (trattamento intensivo), rispetto a una PAS di 140
mmHg (trattamento non intensivo), si associava ad una
riduzione di mortalità e degli eventi CV al prezzo però di
un maggior numero di effetti collaterali.
Tabella IV. Raccomandazioni su inizio di terapia e target pressori
Raccomandazione
– L’inizio rapido di un trattamento AI è raccomandato in soggetti con ipertensione di II-III grado (qualsiasi sia il loro rischio CV), da
attuare in concomitanza o qualche settimana dopo l’inizio di interventi sullo stile di vita.
– La riduzione farmacologica della PA (anche di I grado) è raccomandata quando il rischio CV totale è elevato a causa di riscontro di
danno d’organo, diabete, patologie CV o IRC.
Classe
Livello
I
A
I
B
IIa
B
I
A
IIb
C
III
A
III
A
– L’inizio della terapia AI dovrebbe essere considerato anche in pazienti con ipertensione di I grado a rischio basso/moderato, quando
la PA rientra in questo intervallo in seguito a misurazioni ripetute o quando si riscontrino elevati valori di PA ambulatoriale, nonostante le modifiche dello stile di vita.
– In pazienti anziani ipertesi il trattamento farmacologico è raccomandato quando la pressione sistolica è ≥ 160 mmHg.
– Un trattamento AI può essere considerato nel paziente anziano (quando < 80 anni) quando la pressione sistolica è compresa tra
140-159 mmHg, ammesso che il trattamento antiipertensivo sia ben tollerato.
– Non è raccomandato l’inizio di una terapia AI in soggetti con pressione normale-alta a meno che non sia strettamente necessario.
– La mancanza di evidenze non raccomanda di iniziare una terapia AI in soggetti giovani con aumento “isolato” della PAS brachiale,
ma questi soggetti dovrebbero essere monitorati e ricevere consigli sullo stile di vita.
Q4
Quale farmaco antipertensivo utilizzare?
Le linee guida ESH/ESC 2013, confermano quanto già precedentemente asserito nelle precedenti edizioni ossia
che la maggior parte del beneficio del trattamento antipertensivo è legato alla riduzione della PA
di per sé indipendentemente dal farmaco utilizzato (v. anche Box 2 a pag. 4).
Le attuali linee guida europee affermano che diuretici, beta-bloccanti (BB), Ca-antagonisti, inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE-i) e antagonisti recettoriali dell’angiotensina II (sartani) possono essere tutti utilizzati per l’inizio e
la continuazione della terapia antipertensiva, sia in monoterapia che in associazione. La scelta di un farmaco dovrebbe pertanto essere effettuata considerando una serie di fattori quali indicazioni registrate, controindicazioni, patologie concomitanti,
tipologia di possibili effetti avversi in corso di terapia e gruppo etnico. Di seguito sono sinteticamente riportati alcuni aspetti
peculiari per ciascuna classe di farmaci antipertensivi. Per un approfondimento si rimanda ad una attenta lettura delle succitate linee guida, disponibili anche sul sito della Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa (SIIA).
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Beta-bloccanti (BB)
L’ampia metanalisi di Law e coll. del 2009, condotta su
147 RCT, ha dimostrato che la terapia iniziata con BB è (1)
uguale come efficacia rispetto alle altre maggiori classi di
farmaci nel prevenire gli eventi coronarici e (2) maggiormente efficace nel prevenire gli eventi CV in pazienti con
recente infarto miocardico e in quelli con scompenso cardiaco.
La minor efficacia dei BB nel prevenire l’ictus è stata
invece attribuita a una minor capacità da parte di questi
farmaci nel ridurre la PAS centrale e la pressione differenziale, che rappresenta la variazione dei valori pressori intorno al valore della PA media.
Diuretici
I farmaci diuretici (che includono tiazidici, clortalidone
e indapamide) rimangono a tutt’oggi il fondamento del
trattamento antipertensivo.
Qualora in associazione, l’impiego dei diuretici tiazidici
(es. HCTZ) dovrebbe considerare i risultati pubblicati dallo
ACCOMPLISH, in cui l’associazione con un ACE-i è risultata
meno efficace nel ridurre gli eventi CV rispetto all’associazione dello stesso ACE-i con un Ca-antagonista. I dati dello
studio ACCOMPLISH, tuttavia, non ridimensionano affatto
il valore dell’associazione ACE-i+diuretico, che si è dimostrata efficace nel ridurre la mortalità e morbilità CV nel
grande anziano, come riportato dallo studio di Beckett NS
e coll. pubblicato sul N Engl J Med nel 2008.
Tra i diuretici risparmiatori del potassio, lo spironolattone si è dimostrato efficace nel ridurre le ospedalizzazioni
e la mortalità in pazienti con scompenso cardiaco (v. Box
3).
Calcio-antagonisti
Alcune metanalisi suggeriscono che i Ca-antagonisti
sono un po’ più efficaci, rispetto ad altri antipertensivi,
nella prevenzione dell’ictus, sebbene non sia chiaro quanto questo fenomeno possa essere correlato agli effetti
sulla circolazione cerebrale o piuttosto ad un migliore e
più omogeneo controllo della PA. Inoltre, non è ancora
stato definito se i Ca-antagonisti siano effettivamente meno efficaci nel prevenire le fasi precoci dello scompenso
cardiaco rispetto a diuretici, BB e ACE-i. Infatti, quando
confrontati con i succitati farmaci, i Ca-antagonisti sono
risultati inferiori di circa il 20% nel ridurre l’incidenza per
scompenso cardiaco. È tuttavia doveroso precisare che la
presunta minor efficacia dei Ca-antagonisti può essere
stata determinata anche dal particolare disegno con cui
sono stati condotti gli studi clinici.
Box 2. Antipertensivi e outcome clinici: è possibile
una classificazione dei farmaci?
La pubblicazione occasionale di alcune metanalisi
che riportano la superiorità di una classe
farmacologica rispetto alle altre per ad alcuni
outcome, sembra essere in realtà dovuto a “bias” di
selezione degli studi. Questo è inoltre confermato da
numerose altre grandi metanalisi disponibili che non
evidenziano rilevanti differenze cliniche tra le varie
classi di farmaci antipertensivi.
Pertanto, considerando che (1) la maggior parte
dei benefici della terapia antipertensiva dipendono
dalla riduzione pressoria di per sé, (2) gli effetti
causa-specifici sugli eventi dei vari farmaci sono
simili o differenti tra loro solo in piccola parte, (3) il
tipo di evento in un dato paziente non è
prevedibile, e (4) tutte le classi di
antipertensivi hanno i loro vantaggi ma
anche le loro controindicazioni, appare
ovvio che ogni tentativo di classificare i
farmaci antipertensivi non possa essere
basato sull’evidenza.
Box 3. Lo studio RALES nel “real world”:
l’importanza del monitoraggio della
kaliemia
Lo studio RALES, pubblicato nel 1999, ha
dimostrato che nei soggetti con grave scompenso
cardiaco l’aggiunta di spironolattone alla terapia
standard si associa ad una significativa riduzione
della mortalità e del tasso di ricoveri ospedalieri. In
questo RCT gli anziani erano, tuttavia, poco
rappresentati e il rischio di iperkaliemia alla
conclusione dello studio era classificato come evento
poco frequente (1-2%).
A soli cinque anni dalla pubblicazione dello studio
RALES, un’analisi epidemiologica effettuata da
Juurlink e coll. ha rilevato che, a seguito della
pubblicazione del trial, in Canada le prescrizioni di
spironolattone erano passate dal 34‰ del 1994 al
149‰ del 2001. Per contro, il tasso di
ospedalizzazioni per ipekaliemia nel “real world”, era
passato da un valore del 2,4‰ (1994) all’11,0 ‰
(2001) e si manifestava prevalentemente nei soggetti
anziani. Anche la mortalità associata a ipekaliemia
risultava incrementata nello stesso periodo, passando
dallo 0,3‰ al 2,0‰. Tale fenomeno, probabilmente
da imputarsi alla carenza di uno stretto
monitoraggio della kaliemia nel “mondo reale”,
ripropone la difficoltà di trasferire tout court le
evidenze degli RCT nella pratica clinica quotidiana.
ACE-i e Sartani
ACE-i e sartani rappresentano attualmente le classi di farmaci maggiormente impiegate nel trattamento dell’ipertensione.
Alcune metanalisi hanno suggerito che gli ACE-i sono inferiori ad altri antipertensivi nel prevenire l’ictus e che i sartani sono
inferiori rispetto agli ACE-i nel prevenire l’IMA o la mortalità. Questi risultati non sono stati tuttavia confermati dai risultati dello studio ONTARGET, che ha confrontato direttamente gli outcome nel corso di trattamento con un ACE-i (ramipril) e un sartano (telmisartan). Nel corso degli anni è stata inoltre avanzata l’ipotesi che la terapia con sartani sia associata allo sviluppo di
neoplasie. A questo proposito, un’ampia metanalisi, che include tutti i maggiori trial randomizzati che hanno fatto uso dei principali composti della classe, non ha evidenziato un incremento dell’incidenza di neoplasie di cui, peraltro, non esistono neppu-
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re i presupposti farmacologici. Infine, tra le note proprietà ancillari degli ACE-i e dei sartani vi è la peculiare efficacia nel ridurre
la proteinuria e l’effetto favorevole nello scompenso cardiaco cronico.
Inibitori della renina
Aliskiren è l’unico inibitore diretto della renina disponibile per il trattamento dell’ipertensione e, ad oggi, non sono disponibili trial clinici in merito all’efficacia di questo farmaco su esiti CV o renali in soggetti ipertesi. Lo studio ALTITUDE, in cui l’aliskiren è stato aggiunto ad un ACE-i o sartano, e stato interrotto perché in pazienti ad alto rischio CV e renale si è riscontrata una
maggiore incidenza di eventi avversi, iperkaliemia e ipotensione. Questa associazione è quindi controindicata, in modo simile a
quanto evidenziato per l’associazione ACE-i+sartano emersa dallo studio ONTARGET (v. Box 4 a pag. 6).
Q5
Come iniziare una terapia antipertensiva?
Indipendentemente dalla scelta di farmaco, le linee guida europee suggeriscono un diverso approccio a seconda delle caratteristiche cliniche dei pazienti, come di seguito riportato (v. anche Figura 1):
⇒ Pazienti con lieve ipertensione e basso rischio CV: iniziare con una monoterapia e, in caso di inefficacia,
provvedere ad aumentare la dose o passare ad un altro tipo di farmaco AI. Nel caso che non si raggiunga il
target pressorio desiderato, si potrà iniziare una terapia di associazione aggiungendo un altro antipertensivo.
⇒ Pazienti con marcata ipertensione e alto rischio CV: si può iniziare già una terapia di associazione provvedendo, in caso di
inefficacia, ad aumentare la dose, a variare il tipo di associazione o ad aggiungere un terzo farmaco.
Figura 1. Indicazioni all’impiego della monoterapia e della terapia di associazione (*)
Scegliere tra
Moderato aumento della PA
Marcato aumento della PA
Basso/moderato rischio CV
Elevato rischio CV
Monoterapia
Combinazione di 2
farmaci
Switch ad
altro farmaco
Farmaco precedente
a dose piena
Comb. precedente
a dose piena
Monoterapia
a dose piena
Comb. di 2 farmaci
a dose piena
Switch a comb. di 2
farmaci differente
Aggiungere un
terzo farmaco
Comb. di 3 farmaci
a dose piena
(*) Il passaggio da una strategia terapeutica meno intensiva ad una più intensiva deve essere fatto quando non è stato raggiunto l’obiettivo pressorio.
Q6
Quali associazioni di farmaci utilizzare?
Sono attualmente disponibili solo dati indiretti sull’efficacia della terapia di associazione nella riduzione di eventi CV. Tra i
numerosi RCT disponibili, solo tre hanno sistematicamente utilizzato una associazione fissa di due farmaci sin dall’inizio: ADVANCE (ACE-i + diuretico vs placebo), FEVER (Ca-antagonista + diuretico vs placebo) e ACCOMPLISH (ACE-i + Ca-antagonista vs
ACE-i + diuretico). In tutti gli altri RCT, il trattamento iniziava con una monoterapia e altri antipertensivi potevano essere eventualmente aggiunti nel corso dello studio.
Sulla base di questa importante precisazione, la Figura 2 schematizza le associazioni di due farmaci di più frequente riscon-
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Anno XVI, N°1
tro nella pratica clinica, evidenziando le associazioni raccomandate, quelle possibili (ma con meno evidenze) e quelle invece
controindicate (es. somministrazione concomitante di due farmaci che agiscono sul RAS, v. Box 4).
Figura 2. Possibili associazioni tra le diverse classi di farmaci AI
Diuretici
Sartani
Beta-bloccanti
Legenda:
Associazioni da preferire
Associazioni utili (con alcuni limiti)
Associazioni possibili ma con meno evidenze
Associazioni non raccomandate
Ca-antagonisti
Altro
ACE-i
Box 4. Il problema del “doppio blocco RAS”
L’impiego in associazione di due farmaci che agiscono sul sistema renina-angiotensina (RAS) è
gravato da importanti effetti collaterali, come riportato dallo studio ONTARGET in cui si è osservato che
la combinazione di un ACE-i e un sartano è accompagnata a una riduzione della funzionalità renale e
iperkaliemia. Questi effetti collaterali sono stati osservati anche negli studi ALTITUDE e ATMOSPHERE che
hanno previsto l’uso associato dell’inibitore della renina aliskiren con un ACE-i o un sartano.
Nel 2014, i dati dei succitati studi sono stati oggetto di una specifica revisione da parte dell’Agenzia
europea dei medicinali (EMA) che ha fornito le seguenti raccomandazioni:
– la terapia con il doppio blocco RAS non è raccomandata;
– la terapia con il doppio blocco RAS non deve essere usata in pazienti con nefropatia diabetica;
– se la terapia con il doppio blocco RAS è considerata assolutamente necessaria, questa deve avvenire
solo sotto la supervisione di uno specialista e con uno stretto monitoraggio della kaliemia e della
funzionalità renale;
– il concomitante uso di ACE-i o sartani con aliskiren è controindicato in pazienti diabetici o con
insufficienza renale (GFR<60 ml/min/1.73 m2).
Alla luce di quanto sopra riportato l’impiego in associazioni ACE-i + sartani o ACE-i + aliskiren o sartani +
aliskiren è, generalmente, da EVITARE in quanto potenzialmente gravato da importanti effetti collaterali (insufficienza renale e/o iperkaliemia).
Q7
Quali sono le raccomandazioni per il trattamento AI in particolari popolazioni?
Di seguito sono riportati la classe di raccomandazione e il livello di evidenza della terapia antipertensive nelle seguenti tipologie di popolazioni:
⇒ Pazienti anziani (Tabella V)
⇒ Pazienti diabetici (Tabella VI)
⇒ Pazienti con cardiopatia (Tabella VII)
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Tabella V. Strategie di trattamento antipertensivo nell’anziano
Raccomandazione
Classe
Livello
I
A
I
C
I
A
Classe
Livello
I
A
– È raccomandato nel paziente diabetico il raggiungimento di una PAS <140 mmHg .
I
A
– È raccomandato nel paziente diabetico il raggiungimento di una PAD <85 mmHg.
I
A
I
A
– Si raccomanda che nella scelta del principio attivo siano tenute in considerazione le comorbidità.
I
C
– La co-somministrazione di due bloccanti RAS non è raccomandata e dovrebbe essere evitata nel paziente diabetico.
III
B
Classe
Livello
IIa
B
I
A
I
A
IIa
C
IIa
C
I
B
IIa
B
– Nell’anziano iperteso con PAS ≥160 mmHg è fortemente raccomandata la riduzione della pressione a valori compresi tra 150 e 140
mmHg.
– Nell’anziano fragile si raccomanda di lasciare la decisione riguardo la terapia antipertensiva al medico curante, con monitoraggio
degli effetti clinici del trattamento.
– Tutti i farmaci antipertensivi sono raccomandati e possono essere utilizzati nel paziente anziano, anche se Calcio-antagonisti e diuretici possono essere preferiti nel trattamento dell’ipertensione sistolica isolata.
Tabella VI. Strategie di trattamento antipertensivo nel paziente diabetico
Raccomandazione
– Nonostante sia obbligatorio l’inizio della terapia antiipertensiva in pazienti diabetici con PAS ≥160 mmHg, è fortemente raccomandato iniziare il trattamento farmacologico anche quando la PAS è ≥140 mmHg.
– Tutti gli agenti antiipertensivi sono raccomandati e possono essere utilizzati nel paziente diabetico, anche se i bloccanti RAS (ACE-i
o sartani) possono essere preferiti specialmente in presenza di proteinuria o microalbuminuria.
Tabella VII. Strategie di trattamento antipertensivo nel paziente cardiopatico
Raccomandazione
– In pazienti ipertesi con coronaropatia dovrebbe essere considerato il raggiungimento di una PAS <140 mmHg.
– Nei pazienti ipertesi con recente infarto miocardico si raccomanda l’utilizzo dei beta bloccanti. In caso di un'altra coronaropatia
possono essere utilizzati tutti i farmaci AI, ma sono da preferire beta-bloccanti e Calcio-antagonisti, per ragioni sintomatiche (angina).
– Nei pazienti con scompenso cardiaco o severa disfunzione ventricolare sinistra si raccomanda l’utilizzo di diuretici, beta bloccanti, ACE inibitori, sartani, e/o antagonisti dei recettori dei mineralcorticoidi per ridurre mortalità e ospedalizzazione.
– Nei pazienti con scompenso cardiaco e frazione di eiezione conservata non ci sono evidenze di beneficio con l’utilizzo di farmaci
AI o altri principi attivi specifici. Tuttavia in questi pazienti, come in soggetti con ipertensione e disfunzione sistolica, dovrebbe essere
considerato un abbassamento della PAS a valori prossimi ai 140 mmHg. Si deve anche considerare il trattamento finalizzato alla
riduzione dei sintomi (edema con diuretici, elevata frequenza cardiaca con beta-bloccanti).
– ACE inibitori e sartani (e beta-bloccanti e antagonisti dei recettori dei mineralcorticoidi se in concomitanza con scompenso cardiaco)
dovrebbero essere considerati come agenti antiipertensivi di scelta in soggetti a rischio elevato di fibrillazione atriale ricorrente o di
nuova insorgenza.
– È raccomandato che tutti i soggetti affetti da ipertrofia ventricolare sinistra ricevano un trattamento antipertensivo.
– In soggetti con ipertrofia ventricolare sinistra si dovrebbe considerare di iniziare la terapia con uno degli agenti che hanno mostrato la maggior capacità di indurre una maggiore regressione della malattia, quali ACE-i, sartani e Calcio-antagonisti.
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Qual è il costo dei farmaci antipertensivi?
Di seguito sono riportati i costi relativi dei diversi farmaci antipertensivi, raggruppati per CATEGORIE OMOGENEE (ad eccezione del grafico sui diuretici), alla luce della nota regionale n. 523560 del 23.12.2015. In particolare, si precisa quanto segue:
– in ogni grafico sono rappresentati i principi attivi utilizzati nel trattamento dell’ipertensione al dosaggio di mantenimento
raccomandato in scheda tecnica; in assenza di tale indicazione sono state riportate la dose minima e massima utilizzate
nella pratica clinica;
– il costo per il SSN, aggiornato a marzo 2016, fa riferimento ad una terapia di mantenimento di 28 giorni;
– per i principi attivi a brevetto scaduto è stato riportato il nome del principio attivo con il confezionamento più adeguato alla
posologia. Per i principi attivi a brevetto non scaduto, se disponibili più farmaci brand, sono state riportate tutte le specialità in commercio con il costo SSN più basso.
Confronto costo terapia dei DIURETICI (ATC=C03)
Confronto costo terapia dei BETA-BLOCCANTI (ATC=C07)
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Confronto costo terapia dei BETA-BLOCCANTI+DIURETICI (ATC=C07C)
Confronto costo terapia dei CA-ANTAGONISTI (ATC=C08)
Nel corso del 2015 i Ca-antagonisti hanno rappresentato un’importante voce di spesa per l’Azienda Ulss 16 (1,6 milioni di euro). Nell’ambito di questa categoria, le molecole a brevetto NON scaduto (isradipina, nitrendipina, barnidipina
e nisoldipina), a più alto costo, hanno costituito circa il 20% della spesa.
Le indicazioni regionali raccomandano che all’atto della prescrizione il medico consideri, a parità di indicazioni, il
diverso impatto di spesa a carico del SSN preferendo, possibilmente, le molecole a più basso costo (es. lercanidipina, felodipina, e amlodipina).
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Anno XVI, N°1
Confronto costo terapia dei CA-ANTAGONISTI + SARTANI (ATC=C09DB) e CA-ANTAGONISTI + ACE-I (ATC=C09BB)
Nel 2015 le associazioni precostituite di Ca-antagonisti con ACE-i o sartani hanno determinato una spesa di 476.000€.
In particolare, dalla loro commercializzazione questi farmaci hanno subito un costante incremento in termini di unità
posologiche (+186% nel periodo 2013-2015), con un aumento medio/anno del 42%.
Non sempre le associazioni precostituite rappresentano un vantaggio economico rispetto alle singole molecole
e, pertanto, il loro impiego dovrebbe essere riservato a particolari categorie di pazienti quali, ad esempio, i soggetti con complessi regimi polifarmacologici che potrebbero essere meno aderenti alla terapia AI.
Inoltre, come si evince dal grafico, nell’ambito di questa classe i costi risultano estremamente diversi variando
dai 6,39€ dell’associazione meno costosa (felodipina+ramipril) ai 25,12€ di quella più costosa
(olmesartan+amlodipina).
Confronto costo terapia degli ACE-I (ATC=C09A)
Nel 2015 gli ACE-i non associati hanno determinato una spesa pari a 1,4 milioni di euro. Nell’ambito di questa categoria, il ramipril (farmaco con un basso impatto economico) ha rappresentato il 52% della spesa.
Nonostante la scadenza brevettuale, alcuni ACE-i presentano una differenza di costo importante rispetto ad altre
molecole (es. zofenopril, fosinopril e trandolapril).
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Anno XVI, N°1
Confronto costo terapia degli ACE-I + DIURETICI (ATC=C09BA)
Le associazioni precostituite di ACE-i e diuretici rappresentano una delle prime dieci voci di spesa per l’Ulss 16 (2 milioni di euro nel 2015). 1/3 della spesa è rappresentata da due associazioni (enalapril+HCTZ e perindopril+indapamide) che, tra le molecole a brevetto scaduto, sono quelle che presentano un costo/trattamento più alto.
Se si considera una terapia di associazione con un ACE-i e un diuretico si dovrebbe prediligere, a parità di indicazioni, l’associazione a costo più basso per il SSN (es. captopril+HCTZ, quinalapril+HCTZ, ramipril+HCTZ e lisinopril+HCTZ).
Confronto costo terapia dei SARTANI (ATC=C09C)
Nel 2015 i sartani non associati hanno determinato nell’Ulss 16 una spesa di 1,6 milioni di euro. Il 44% di questa spesa
è stato determinato da olmesartan, farmaco a brevetto non scaduto e, come si evince dal grafico, quello che attualmente rappresenta il costo/trattamento più elevato per il SSN.
Tra i farmaci che inibiscono il RAS, i sartani rappresentano la classe di farmaci che presentano un costo medio
più elevato rispetto agli ACE-i e, pertanto, dovrebbero rappresentare una seconda scelta nel caso di pazienti
non rispondenti o non tolleranti un ACE-i. Nel caso si decidesse di intraprendere una terapia con sartano, la
scelta dovrebbe ricadere su quello che presenta un costo minore (es. telmisartan, candesartan).
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Anno XVI, N°1
Confronto costo terapia dei SARTANI + DIURETICI (ATC=C09DA)
Nel 2015 la spesa complessiva dell’Ulss 16 per le associazioni sartani+HCTZ è stata di 1,9 milioni di euro. Il 41% di tale
spesa è stato determinato dall’associazione olmesartan+HCTZ che rappresenta, assieme all’associazione eprosartan+HCTZ, la formulazione attualmente più costosa.
Nella scelta di un’associazione di sartano+diuretico, a parità di indicazioni, il medico deve considerare la formulazione a costo minore. Come si evince dal grafico, le formulazioni più economiche oggi disponibili sono quelle
rappresentate dall’associazione valsartan+HCTZ e irbesartan+HCTZ.
Q9
Quali sono gli indicatori regionali per i farmaci antipertensivi?
Nell’ambito degli indicatori di aderenza e di consumo che la regione Veneto ha declinato per ciascuna Azienda sanitaria, si
riportano di seguito quelli definiti nel campo dell’ipertensione. Lo scopo è sempre quello di consentire un uso ottimale delle
risorse disponibili in un’ottica costo/beneficio.
Su questi indicatori verranno misurate le performance aziendali per l’anno 2016 e, pertanto, dovranno essere osservati non
solo dai Medici di Medicina Generale ma anche dagli specialisti all’atto del consiglio di una terapia alla dimissione ospedaliera o dopo visita ambulatoriale.
Indicatore A2.1
Pazienti trattati con sartani (associati e non) ⇒ aumento della % di pazienti in trattamento con molecole a
brevetto scaduto.
Indicatore A2.2
Pazienti trattati con associazioni fisse con Ca-antagonisti ⇒ riduzione della % di pazienti in trattamento
con associazioni precostituite di Ca-antagonista che non provengono dagli stessi principi attivi in monoterapia o dall’associazione estemporanea degli stessi principi attivi.
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Anno XVI, N°1
Appendice: legenda dei livelli di evidenza/raccomandazione e Gruppo di Lavoro
Livelli di evidenza
Livello A
Dati derivati da RCT o metanalisi.
Livello B
Dati derivati da un singolo RCT o da ampi studi non randomizzati.
Livello C
Consenso di opinioni di esperti e/o piccoli studi, studi retrospettivi, registri.
Classe delle raccomandazioni
Classe raccomandazione
Definizione
Espressione consigliata
Classe I
Dimostrazione e/o generale accordo che il trattamento
o intervento è benefico, efficace.
Il trattamento è raccomandato.
Classe II
Evidenze contrastanti e/o divergenza di opinioni circa
l’utilità/efficacia del trattamento.
Classe IIa
L’evidenza e il parere degli esperti è a favore dell’utilità/efficacia.
Il trattamento dovrebbe essere
considerato.
Classe IIb
L’utilità/efficacia sono poco supportate da evidenze o
pareri di esperti.
Il trattamento può essere preso
in considerazione.
Evidenze o accordo generale che un determinato
trattamento o intervento non sia utile e che in alcuni
casi possa essere dannoso.
Il trattamento non è raccomandato.
Classe III
Bibliografia di riferimento:
Mancia G et al. 2013 ESH/ESC Guidelines for the management of arterial hypertension. European Heart Journal
2013; 34; 2159-2219. Disponibile al sito: http://www.escardio.org (accesso verificato il 05.04.2016).
Componenti del Gruppo di Lavoro:
Dott. Umberto Gallo (S.C. Assistenza Farmaceutica Territoriale - ULSS 16)
Dr.ssa Anna Maria Grion (Direttore S.C. Assistenza Farmaceutica Territoriale - ULSS 16)
Dr.ssa Marta Raffaelli (Scuola di Specializzazione in Farmacia Ospedaliera - Università di Padova)
Dott. Giovanni Santostasi (Amb. Cardiologia - Distretto 2 ULSS 16)
Dr.ssa Ilaria Toffanello (Scuola di Specializzazione in Farmacia Ospedaliera - Università di Padova)
Dr.ssa Paola Toscano (S.C. Assistenza Farmaceutica Territoriale - ULSS 16)