IL PROBLEMA DELLA CONOSCENZA NELLA FILOSOFIA MODERNA
(Da Galilei a Hume)

La “Rivoluzione scientifica” operata da Galilei risulta la naturale continuazione di un processo di
revisione della scienza e dei suoi fondamenti che inizia già a partire da Copernico (1473 - 1543),
convinto sostenitore della teoria eliocentrica. Tuttavia, più che di una vera e propria teoria
innovativa, quella di Copernico risulta essere piuttosto una “teoria matematica” tesa a risolvere il
problema della posizione degli astri e dei pianeti e basata sull’analogia geometrica tra i corpi e le
loro orbite, teoria non del tutto in contrasto (come d’altronde la concezione dell’universo
“chiuso”) con la tradizionale interpretazione delle Scritture e, soprattutto, non suffragata da
prove sperimentali.

Tuttavia, è indubitabile che il XVI secolo inizi a porsi il problema della ridefinizione
dell’universo aristotelico - tolemaico. In questo senso va addebitata a Keplero (1571 - 1630)
l’ipotesi matematica delle orbite ellittiche e non circolari. Fatto curioso e significativo sulla
mentalità puramente speculativo - matematica di Keplero, mentalità che gli fa escludere la
necessità di fornire prove sperimentali alle leggi sulle orbite ellittiche dei pianeti intorno al sole,
può essere indicato nel rifiuto dello scienziato tedesco di ricorrere all’uso del cannocchiale,
nonostante ne conoscesse l’esistenza.

Un altro importante passo avanti fu compiuto dall’inglese Francesco Bacone (1561 - 1579) che,
convinto del fatto che la modernità debba liberarsi dai condizionamenti del sapere degli antichi,
dell’influenza dell’autorità, sostiene per primo la necessità di una rifondazione del modus
operandi della scienza. Nonostante il filosofo inglese risulti notevolmente legato alla concezione
magico - alchimistica del sapere e la sua critica alla Sapientia veterum, rivolta prevalentemente
ad Aristotele non produca fecondi risultati, egli ebbe il merito di porre in luce i pregiudizi che
impediscono all’uomo, per pigrizia o per fraintendimento linguistico; per natura o per eccessiva
fiducia nelle teorie filosofiche, di accostarsi alla conoscenza senza condizionamenti. La teoria
baconiana degli “Idoli” risulta sicuramente interessante e attuale ancora oggi; mentre la
soluzione al problema della conoscenza, che ci propone una nuova forma accumulativa di dati,
ossia un procedimento induttivo, non ha avuto seguito scientifico di sorta. L’induzione, come
mera raccolta di informazioni, infatti, non trova posto nella scienza moderna e tanto meno in
quella contemporanea.

Rimane quindi merito indiscusso di Galilei (1564 - 1642) quello di aver fondato la fisica e
l’astronomia moderna mediante il metodo ipotetico sperimentale (o ipotetico matematico). Il
legame che unisce lo scienziato pisano ai suoi predecessori e contemporanei (Copernico e
Keplero) può essere individuato nella concezione matematizzabile dell’universo (mathesis
universalis); la sua profonda aderenza al credo cattolico (indiscutibile nonostante la condanna
che fu causata da motivazioni prettamente politiche) è testimoniata dalla concezione stessa del
motivo della struttura matematica universale, riconducibile alla convinzione che la mentalità
divina fosse essa stessa matematizzante e che, di conseguenza, ciò costituisse il senso della
creazione dell’uomo a immagine e somiglianza di Dio e pertanto capace di leggere il grande
libro della natura. Le esperienze sensibili (purchè sensate, ossia riconducibili a rapporti
matematici) costituiscono il momento dell’ipotesi (anch’essa formulata in termini matematici).
L’innovazione forte del metodo galileiano consiste però nel momento della verifica sperimentale
che, a differenza di Keplero, lo scienziato italiano considera indispensabile prima di procedere
alla formulazione definitiva della legge.
METODO GALILEIANO:
osservazione del fenomeno (che può essere anche casuale, basti pensare alla legge del
pendolo, scoperta a partire dall’osservazione in Chiesa, durante una funzione religiosa,
di un lampadario);
b) formulazione dell’ipotesi matematica;
c) riproduzione in laboratorio dell’ipotesi medesima, al fine di verificarne la validità, cui
consegue o la smentita dell’ipotesi e la sua riformulazione (ritornando al punto “b”) o la
conferma e la
d) trasformazione dell’ipotesi in legge.
a)
Il metodo galileiano consente, quindi, di pervenire alla scoperta di leggi certe e costanti, indenni da
qualsiasi genere di dubbio, almeno per quanto riguarda la concezione meccanicistica della fisica;
peraltro l’unica che Galilei potesse ipotizzare. Inoltre, a differenza dei “sapienti” appartenenti alla
tradizione magico - alchimistica, Galilei mette a disposizione del mondo scientifico del suo tempo i
risultati e il procedimento mediante il quale sono stati raggiunti (concezione pubblica della scienza).
Come sappiamo, pagherà a ben caro prezzo la convinzione che la verità dimostrabile sia
necessariamente accettata dal potere costituito.

La filosofia moderna si trova a dover affrontare il problema della conoscenza in modo nuovo
proprio in seguito alla rivoluzione scientifica di Galilei. Il nodo problematico consiste nel riuscire a
trovare in ambito filosofico altrettanta sicurezza e certezza nel metodo filosofico di quante ne
fornisce il metodo ipotetico - sperimentale.
Le soluzioni che l’indagine gnoseologica moderna (a partire dal XVII secolo, fino all’Illuminismo
kantiano) cerca di trovare al problema dell’attendibilità di una disciplina che esclude la verifica
sperimentale danno vita a due diverse correnti:
IL RAZIONALISMO
Il primo filosofo ad affrontare il problema di una
rifondazione metodologica della gnoseologia è
Cartesio (1596 - 1650), filosofo razionalista
francese il cui pensiero può essere così
schematizzato come guida allo studio.
Cartesio procede a partire dall’esigenza di
fondare un sapere filosofico certo ed affidabile
come quello individuato dal metodo ipotetico sperimentale.

Ricerca di un paradigma gnoseologico
applicabile alla filosofia

assunzione del metodo matematico in quanto:
a) la matematica è una costruzione della ragione
umana, a sua volta creata ad immagine e
conoscenza di Dio;
b) la ragione risulta, in questo senso, comune a
tutti gli uomini, le differenze che li
contraddistinguono sono qualitative (relative
all’uso che della ragione essi hanno imparato
a fare) non quantitative.
c) il procedimento matematico (si ricorda che la
concezione di Cartesio è ancora strettamente
L’EMPIRISMO
Così come il razionalismo, che di fatto ripropone
soluzioni legate alla filosofia classica, anche
l’empirismo non si configura come un approccio
totalmente originale al problema della
conoscenza. La filosofia inglese, infatti, aveva
manifestato sin dal medioevo una netta tendenza
alla valorizzazione dei dati empirici.
Nonostante risulti pienamente inserito nella
tradizione britannica, il progetto filosofico di J.
Locke (1632 - 1704) presenta aspetti di tale
originalità da farlo ritenere il padre indiscusso
dell’empirismo moderno, che come vedremo,
costituirà la base dell’Illuminismo francese, sia
sul piano politico che sul piano scientifico.
Il titolo dell’opera in cui Locke espone la sua
teoria della conoscenza consente di individuarne
immediatamente il tratto originale. Il Saggio
sull’intelletto umano si propone, infatti di
fondare la teoria gnoseologica a partire
dall’analisi dello STRUMENTO mediante il
quale si conosce per verificare come esso
funzioni, quale sia il suo modus operandi.

Locke inizia l’opera col prendere posizione in
collegata al concetto di mathesis universalis),
inoltre, non necessita di verifiche
sperimentali, ma le rende possibili quando
esso sia applicato allo studio dei fenomeni.

FORMULAZIONE DELLE REGOLE DEL
METODO:
a) INTUIZIONE, ossia non prendere per vero se
non ciò che si presenta con indubitabile
immediatezza, che risulta indubitabile e non
necessita di argomentazioni esplicative;
b) ANALISI, ossia scomposizione
dell’intuizione nelle sua parti costituenti,
partendo dal più semplice (universale, in
quanto predicabile di numerosi soggetti) al
più complesso (particolare);
c) SINTESI, ossia ricomposizione consapevole
del problema;
d) ENUMERAZIONE COMPLETA, ovvero il
controllo finale in base al quale si verifichi
che nulla sia stato tralasciato a causa della
tendenza umana, dell’influsso delle passioni,
a dar per certo quello che non lo è
interamente.

VERIFICA DELLA VALIDITA’ DEL
METODO, DELLA SUA APPLICABILITA’

DUBBIO METODICO:
<<posso dubitare di ogni realtà, persino della
verità della matematica, ma non posso dubitare
di star dubitando, ovvero di pensare.

COGITO (ERGO) SUM
Il fatto di essere una sostanza pensante si pone
come certezza indubitabile che non ha bisogno di
argomentazioni o dimostrazioni per venire
accettata come vera

ANALISI DEI CONTENUTI DEL COGITO,
DEI SUOI ELEMENTI COSTITUTIVI
(nel procedere all’analisi delle idee, ossia dei
contenuti del cogito, Cartesio premette di
considerare ogni idea valida quanto la causa che
l’ha prodotta  se la causa è vera, lo sarà anche
l’idea corrispondente.

ANALISI DELLE IDEE
IDEE AVVENTIZIE IDEE FATTIZIE
IDEE INNATE
merito all’esistenza delle idee innate, che
costituiscono il perno delle teorie formulate dai
razionalisti. L’obiezione lockeana può essere
così riassunta:
 SE le idee innate esistessero, esse dovrebbero
essere presenti in ogni uomo, sia secondo la
concezione di Cartesio, sia secondo la
concezione di Leibniz, indipendentemente
dall’età, dalla cultura di appartenenza, dallo
stato di salute o di malattia;
 MA, poiché è dimostrato che i bambini, così
come i deboli mentali non possiedono i
principi etici fondamentali e non rispettano il
principio di non-contraddizione; così come è
dimostrato e dimostrabile che essi non hanno
l’idea di Dio più di quanto non l’abbiano
alcuni popoli che risultano privi di religione o
di culto;
 NE CONSEGUE che le idee innate non
esistono.

L’INTELLETTO UMANO non possiede
NULLA, non ha alcun contenuto, che non gli
provenga dall’esterno  pertanto si tratta di uno
STRUMENTO che recepisce e INTER-LEGA i
dati provenienti dall’esperienza  alla nascita
l’intelletto è come una TABULA RASA.

Le
IDEE
provengono
direttamente
o
indirettamente dall’esperienza e sono di tre tipi:
 IDEE
SEMPLICI:
esse
derivano
dall’esperienza sensoriale, sono il risultato di
una modificazione che noi subiamo
passivamente dall’esterno (p. es. colori, suoni,
movimenti...);
oppure
derivano
dall’esperienza interna, dalle affezioni del
corpo prodotte da agenti esterni (p.es. piacere,
dolore...)
 IDEE COMPLESSE: vengono elaborate
dall’intelletto solo a partire dalle idee
semplici. Esso distingue ciò che muta da ciò
che permane in un dato fenomeno  ciò che
permane prende il nome di sostanza.
L’intelletto, inoltre, istituisce relazioni e
confronti tra i dati in suo possesso e coglie i
nessi causali dalla realtà.
 IDEE GENERALI: derivano dalla capacità di
astrarre che è propria dell’intelletto e che
consente di pervenire a quella che Locke
definisce come ESSENZA NOMINALE
(p.es.
Il
concetto
“uomo”
deriva
dubitabili
indubitabili

realtà esterna
dubitabili

fantasia

non
prodotte
né
dalla
realtà
esterna, né
dalla
fantasia
del
soggetto
pensante.

IDEE INNATE
a) idea di perfezione
Dio
b) idea di

Non derivano dalla realtà esterna in quanto non
v’è in essa nulla di perfetto, né è possibile trarre
da essa l’idea di Dio; non possono essere
prodotte dal soggetto pensante in quanto egli è,
per sua natura, imperfetto, così che non può
elaborare né l’idea di perfezione, né l’idea di
Dio, inteso come essere perfetto.

DIMOSTRAZIONI DELL’ESISTENZA DI DIO
cfr. manuale pagg. 218 - 219 - 220

Le dimostrazioni dell’esistenza di Dio si
costituiscono come garanzia della conoscenza,
egli infatti, in quanto essere perfetto, non può
igannarmi  tutti quegli aspetti della realtà
esterna che possono essere ricondotti a
rapporti matematici risultano indubitabili in
quanto garantiti dall’esistenza di Dio.
In conclusione: la gnoseologia cartesiana
“risolve” il problema della certezza del sapere
mediante la garanzia fornita da Dio e limita la
validità del dato dell’esperienza agli aspetti
misurabili della realtà.

Lo schema del pensiero cartesiano consente di
comprendere il significato del termine
<<razionalismo>>, consistente nella
riconduzione di ogni possibilità di conoscenza
VERA al solo ambito della RAGIONE. Nulla di
quanto proviene dal mondo esterno, dalla realtà
concreta, possiede valore conoscitivo se non è
dall’astrazione dai caratteri particolari dei
singoli individui, ma non ha in sé alcuna
realtà se non mentale, è un prodotto
dell’intelletto.
IN CONCLUSIONE
L’analisi delle possibilità dell’intelletto umano
conduce ad affermare l’inesistenza delle idee
innate ed attesta il ruolo indispensabile
dell’esperienza nel processo conoscitivo.
 Poiché conoscere è collegare, giudicare, la
conoscenza non può che fondarsi su :
GIUDIZI SINTETICI A POSTERIORI,
OSSIA DERIVATI DALL’ESPERIENZA.

I giudizi sintetici a posteriori sono accrescitivi
della conoscenza proprio in quanto non si basano
sul principio di identità tra soggetto e predicato.
 essi consentono il progredire della conoscenza
col progredire dell’esperienza, in quanto è
possibile affermare o negare che A sia causa di B
a seconda dei dati empirici che modificano la
nostra conoscenza intellettiva.  Locke propone
una teoria della conoscenza fondata sul rapporto
tra soggetto ed oggetto che vede la priorità
dell’oggetto, in quanto senza esperienza non
potrebbe darsi conoscenza di sorta.
La soluzione prospettata da Locke sembra,
almeno inizialmente, la più adeguata ad
equiparare il metodo filosofico a quello
scientifico, se non altro per il valore forte che il
filosofo inglese conferisce all’esperienza.
Tuttavia, un altro inglese, nato qualche anno
dopo, David Hume (1711 - 1776) pone in
discussione le certezze dell’empirismo, apre una
prospettiva scettica che pone in dubbio la
possibilità di fondare una conoscenza valida ed
affidabile. La prospettiva humeana sembra, in un
primo momento, porre fine ad ogni possibile
tentativo di fondazione metodologicamente
affidabile della conoscenza, ma - come accade
non di rado “lungo la via” della ricerca filosofica
- sarà proprio dalle critiche rivolte da Hume al
valore dell’esperienza nel percorso fondativo di
una scienza affidabile e certa che nascerà uno
sei sistemi filosofici più ricchi e fecondi
dell’intera storia della filosofia: la soluzione
proposta da Immanuel Kant.
debitamente garantito dalla ragione umana, a sua
volta debitrice nei confronti di Dio.
L’altro grande filosofo razionalista dell’età
moderna è il tedesco Leibniz (1646 - 1716), di
cui viene riportato lo schema riassuntivo del
pensiero, mentre, per quanto riguarda la
biografia, si rimanda a pag.309 del manuale.
Il razionalismo di Leibniz
schema -guida
Leibniz riscontra nel pensiero di Cartesio alcune
incongruenze:: la gnoseologia cartesiana, infatti,
propone la sostanza pensante e la sostanza divina
come fondamento rispettivamente del metodo e
della possibilità di applicarlo alla realtà. Dio
infatti, risulta il garante della conoscenza
derivante dalla realtà esterna, o per lo meno degli
aspetti misurabili di essa. Poiché Leibniz ritiene
che non si possa prescindere dalla definizione di
sostanza fornita da Aristotele, il pensiero
cartesiano risulta errato in quanto la sostanza può
essere il fondamento solo qualora essa sia intesa
in senso proprio (Dio o sostanza soprasensibile).
 Riallacciandosi alla tradizione degli antichi,
anche se ritiene che sia possibile coniugare il
sapere tradizionale con i risultati della scienza e
della filosofia moderna, Leibniz ribadisce che si
può parlare di sostanza in senso proprio solo
riferendosi alla sostanza divina. I soggetti
empirici, quindi, possono definirsi “sostanze
create”, che partecipano in misura per così dire
ridotta, dell’Essere supremo. La particolarità
delle sostanze create consiste, secondo Leibniz,
nella loro “dinamicità”: Dio è assolutamente e
compiutamente sostanza, unica e irriproducibile,
e pertanto, mutuando il termine dal greco egli è
la sola sostanza, ovvero la Mònade divina; le
sostanze create, anch’esse definite mònadi,
hanno anch’esse l’essere, ma lo possiedono in
modo confuso ed impreciso.
Ma vediamo di chiarire meglio il concetto:
mentre la Mònade divina possiede l’intera
conoscenza sub speciae aeternitatis; le mònadi
create la possiedono in modo confuso ed
impreciso esse, pur non avendo modo di
ricevere informazioni dall’esterno, sono in
grado di conoscere attraverso un processo di
chiarificazione interiore; il loro apparente
comunicare altro non è che una sorta di sogno
collettivo, voluto e predefinito da Dio, che
prende
il
nome
di
ARMONIA
LO SCETTICISMO DI HUME E LA CRISI
DELL’EMPIRISMO

La riflessione filosofica di Hume si muove a
partire dall’analisi dei contenuti della mente
umana, secondo il rapporto tra soggetto e
oggetto proposto dalla soluzione empirista.
Analizzando i dati dell’esperienza Hume
distingue due tipi di percezioni che la realtà
produce nel soggetto conoscente:
a) LE
IMPRESSIONI
realtà
esterna
immediatamente presente (p. es. il volto di
mia madre che siede di fronte a me);
b) LE IDEE  ricordi illanguiditi, sbiaditi delle
impressioni; memorie che divengono tanto
più deboli quanto più è lontana nel tempo
l’impressione che ha dato luogo alla
percezione (p. es. il volto del mio compagno
di banco che non vedo più da tanto tempo)

“Tutte le idee semplici provengono,
mediatamente o immediatamente dalle loro
corrispondenti impressioni” (D.Hume)

L’intelletto possiede solo quanto gli proviene
dall’esterno ed è pertanto in grado di porre in
relazione sia le impressioni che le idee


CRITICA AL PRINCIPIO DI CAUSALITA’
 Se, giocando a biliardo, colpisco con la
stecca un pallino, mi aspetto che essa si
muova e chiamo la stecca “causa del moto
del pallino da biliardo”.
 In realtà, tale relazione è frutto solo
dell’abitudine, non può considerarsi in alcun
moto derivante dall’esperienza secondo
quanto stabilito dall’analisi del rapporto
oggetto - soggetto secondo l’empirismo. Né
posso in alcun modo ritenere, come propone
il razionalismo, che il moto della stecca
implichi il moto del pallino sul tavolo da
biliardo.
 Infatti, i sensi percepiscono solamente due
MOTI CONTIGUI NELLO SPAZIO E
SUCCESSIVI NEL TEMPO, quello della
stecca da A ad A1 e quello, successivo, del
pallino da A1 ad A2.

La connessione causa - effetto non è prodotta da
un’impressione, viene solo inferita per abitudine
e non possiede alcuna validità scientifica o
fondamento oggettuale (nel senso che non è
PRESTABILITA. Quest’ultima, usando un desumibile dall’esperienza)

esempio proposto dallo stesso Leibniz, può
configurarsi come la sincronia imposta agli
La critica humeana al principio di
orologi costruiti dallo stesso orologiaio: essi
causalità, da sempre ritenuto certo e non hanno bisogno di comunicare per segnare
sicuramente - basilare nella fisica
la stessa ora.
meccanicistica, produce la dissoluzione

INNATISMO FORTE
dell’empirismo o, quanto modo, conduce a
suffragato dalla concezione della logica secondo
riconsiderare in una nuova prospettiva
Leibniz:
scettica, il valore e la fecondità della

conoscenza umana così come essa era stata
LA LOGICA
teorizzata fino ad allora.
La Mònade divina conosce esclusivamente
VERITA’ DI RAGIONE, ossia, la sua Il razionalismo, infatti, proponendo soluzioni
conoscenza è perfetta e compiuta, limpida ed fondate sul principio di identità e sui giudizi
immediata e consiste in GIUDIZI ANALITICI A analitici a priori, escludendo, cioè il ricorso
PRIORI. Tali giudizi sono così definibili: Nel probatorio all’esperienza, propone un sapere
sterile e non produttivo di nuovi sviluppi
giudizio sintetico a priori il concetto del
scientifici
(in nulla si procede se si esplicitano
predicato è implicito nel concetto del soggetto;
significati già impliciti nel concetto del
pertanto essi sono necessari, universali ed
soggetto,
ci si limita a chiarire quanto già si
assoluti; non hanno bisogno di esperienza e per
tale motivo sono “a priori”. Tutti i giudizi che conosceva), né può in alcun modo giustificare
costituiscono le definizioni geometrico - il principio di causa ed effetto come verità di
ragione.
matematiche classiche sono giudizi analitici a
priori: <<Il triangolo ha tre angoli; i corpi sono L’empirismo propone una soluzione fondata
estesi...>>. I giudizi analitici a priori si fondano sull’abitudine, il che è quanto di meno simile
sui principi di non-contraddizione, identità e del alla scienza possa essere concepito. Perduto
l’avallo dell’esperienza, il principio di
terzo escluso.
causalità risulta essere solo un’aspettativa
Diverso è il caso della conoscenza propria delle
infondata
e sembra determinare la fine della
mònadi create, che si chiarifica mediante le
VERITA’ DI FATTO, ossia viene costruita a presunzione umana di fondare la conoscenza
su qualcosa di diverso dal dogma.
posteriori, solo dopo essersi verificata. Tali

verità consentono di formulare i GIUDIZI
Il
percorso
proposto
dalla
riflessione filosofica,
SINTETICI A POSTERIORI, in cui il concetto
ma
anche
quello
proposto
dalla
fisica galileiana,
del predicato non è implicito nel concetto del
sembra non condurre a nessuna fondazione
soggetto e, pertanto, possono essere formulati
realmente
affidabile in quanto le possibilità, nel
solo dopo che il fatto si è verificato o se ne è
rapporto tra soggetto ed oggetto risultano
constatata la veridicità.  <<I corpi sono
entrambe insostenibili:
gravi>> è un giudizio sintetico a posteriori, il
a) se tutto dipende dalla produzione della
fatto che io possa unire al concetto del soggetto
ragione, si rimane, come il ragno che
“corpo” il predicato “grave” dipende dal
costruisce la propria tela traendo da sé il
PRINCIPIO DI RAGION SUFFICIENTE (è
materiale, a rimanere ancorati a schemi
ragione sufficiente per unire il predicato al
ripetitivi
ed immutabili; affidabili, ma privi
soggetto non l’identità dei due, ma il fatto che la
di sbocchi;
scienza abbia scoperto ciò che per la Mònade
b)
se
invece,
come
formiche, facciamo
divina
è,
sub
speciae
aeterniatis,
affidamento su quanto la realtà esterna ci
immediatamente evidente, ossia la forza di
fornisce,
non siamo meno passivi, né meno
attrazione gravitazionale)
fecondi, in quanto non potremo far altro che
IN CONCLUSIONE:
accumulare dati, senza giungere a risultati
I filosofi razionalisti ritengono che la conoscenza
prevedibili (leggi), fiduciosi solo del fatto
possa e debba essere fondata esclusivamente su
che fino a quando non si verificherà il
basi razionali, escludendo, come nel caso di
Laibniz, o limitando al massimo l’ausilio
dell’esperienza.
Direttamente o indirettamente, dunque, il
razionalismo considera i giudizi analitici a priori
il fondamento di ogni certezza razionale in
quanto essi non possono essere negati perché
ripropongono la definizione aristotelica che si
basa sul principio di identità, non contraddizione
(è contraddittorio sostenere che il triangolo non
abbia tre angoli...) e del terzo escluso.
Ben differenti sono le conclusioni cui perviene il
pensiero empirista.
contrario di quello che ci attendiamo,
potremo fidarci di un principio che, in realtà,
non ha alcun fondamento oggettuale, né
razionale.