DIVINITA’
APOLLO Santo, salutare, conservatore, palatino
Apollo (in greco Απόλλων) è il dio di tutte le arti, della medicina, della musica, della poesia e a
capo delle Muse. A differenza di altri dèi, non aveva un equivalente romano diretto e il suo culto
venne importato a Roma direttamente dai Greci. Apollo era uno degli dèi più noti e influenti
nell'antica Grecia e sia Delo che Delfi erano le due città che si contendevano il titolo di luoghi di
culto principali del dio. Egli era protettore della città e del tempio di Delfi dove una sacerdotessa,
definita Pizia, era in grado di leggere l’oracolo. Come divinità greca, Apollo è figlio illegittimo di
Zeus e di Leto (Latona per i Romani) e il fratello gemello di Artemide (per i Romani Diana), dea
della caccia. Egli veniva inoltre adorato in numerosi siti di culto sparsi, oltre che sul territorio greco,
anche nelle colonie disseminate sulle rive africane del Mediterraneo, nell'esapoli dorica in Caria, in
Sicilia e in Magna Grecia.
Durante la seconda guerra punica vennero istituiti i Ludi Apollinares in onore di Apollo. Il culto, in
epoca imperiale, venne incentivato dall’imperatore Augusto che, per consolidare la propria autorità,
si attribuì la discendenza. Tramite la sua influenza Apollo divenne uno degli dèi romani più
influenti, istituì dei giochi quinquennali in suo onore e finanziò anche la costruzione del tempio di
Apollo Palatino.
BACCO
Bacco (Bacchus) è dio del vino e della vendemmia, raffigurato spesso come un uomo col capo cinto
di pampini, ebbro e spesso con una coppa di vino o il tirso in mano. Il suo nome lo si deve
all'appellativo greco Βάκχος (Bákkhos) con cui il dio greco Dioniso (∆ιόνυσος) veniva indicato nel
momento della possessione estatica. Le due divinità non vanno però confuse: una è infatti una
divinità romana (Bacco) l'altra è una divinità greca (Dioniso). Secondo il mito, Dioniso era figlio di
Zeus e di una mortale, Semele, che morì prima del parto per la sua curiosità di vedere Zeus con il
suo reale aspetto. Tolto il feto dal grembo della madre ormai morta, Zeus lo cucì all’interno della
sua coscia da cui nacque il dio. Cresciuto dalle ninfe e dai satiri si dice che egli attraversò l’Oriente
fino ad arrivare in Grecia dove si stabilì facendo conoscere a tutti il dono del vino. Il suo culto
(baccanale) arrivò nella penisola Italica nel II secolo a. C ed era rappresentato da riti orgiastici
organizzati in suo onore. Dati i gravi disagi che questi comportavano alla comunità, nel 186 a. C. il
Senato Romano li proibì con il Senatoconsulto de Bacchanalibus.
CERERE frugifera
Cerere, già presente nel pantheon dei popoli italici preromani, era una divinità che rappresentava la
fertilità della madre terra, era nume tutelare dei raccolti, ma anche dea della nascita e di tutti i fiori, i
frutti e gli esseri viventi che erano ritenuti suoi doni. Era protettrice del mondo dell’aldilà poiché,
rappresentando la sua duplice natura, univa nella terra la vita e la morte, facendo crescere le messi
ma allo stesso modo accogliendone i morti. Il suo nome deriva dalla radice indoeuropea ker e
significa colei che ha in sé il principio della crescita. Per questo veniva solitamente rappresentata
come una matrona maestosa, con il capo cinto di spighe, con una fiaccola e un cesto ricolmo di
grano e di frutta. Intorno al V sec. a. C. venne assimilata alla dea greca Demetra. Il mito narra che la
dea avesse una bellissima figlia, Proserpina, Plutone la vide mentre coglieva fiori nel campo e,
innamoratosi di lei, la rapì e scomparve in una voragine portandola con sè nel mondo degli inferi di
cui era il dio. Quando Cerere si accorse che la figlia tardava a tornare a palazzo uscì per cercarla per
campi e boschi ma le sue lacrime cadendo a terra seccavano tutto ciò che toccavano provocando
carestia. Cerere chiese allora aiuto a Giove che mandò Mercurio da Plutone chiedendogli di
restituire Proserpina alla madre. Egli acconsentì ma le diede dei grani di melograno che avevano il
potere di dare nostalgia di tornare a chi li assaggiasse. Libera dagli inferi potè rivedere la luce del
sole e riabbracciare la madre, ma presa dalla nostalgia tornò dal marito e sulla terra tornò il freddo e
la neve. Dopo pochi mesi Proserpina tornò dalla madre e la vegetazione ricominciò a rifiorire e
prosperare dando origine al susseguirsi delle stagioni. In suo onore, ogni 12 aprile, si celebrava la
cerimonia dei Cerealia durante la quale venivano offerti frutta e miele e sacrificati buoi e maiali e le
devote, vestite rigorosamente di bianco e reggendo una torcia, vagavano per la città in ricordo del
mito di Cerere e Proserpina. I giorni successivi erano celebrati, i Ludi Cerealici, giochi che si
tenevano al Circo Massimo dove vi era il tempio a lei dedicato, ai quali gli spettatori assistevano
vestiti di bianco. Era festeggiata anche in due festività agricole, alla fine della semina a gennaio con
l'offerta di una scrofa gravida a Tellus e spighe di spelta a Cerere, che nel sacrificio di una scrofa
all'inizio della raccolta. Si compivano in suo onore anche sacrifici per purificare la casa da un lutto
familiare.
CIBELE
Cibele è un'antica divinità anatolica, venerata come Grande Madre, dea della natura, degli animali e
dei luoghi selvatici. Il centro principale del suo culto era nell’antica Frigia, da cui attraverso la Lidia
passò approssimativamente nel VII secolo a.C. nelle colonie greche dell'Asia Minore e
successivamente nel continente. Cibele viene generalmente raffigurata seduta sul trono tra due leoni
o leopardi, spesso con in mano un tamburello e con su il capo una corona turrita. I due leoni
rappresentano i personaggi mitologici di Melanione e Atalanta, trasformati in leoni da Zeus e
condannati a trascinare il carro della dea come punizione per averne profanato un tempio. Durante il
periodo romano repubblicano venivano organizzati in suo onore dei giochi, i Megalesia, o Ludi
Megalensi. Le feste in onore di Cibele e Attis si svolgevano nel mese di marzo, dal 15 al 28, nel
periodo dell'equinozio di primavera, prevedevano il rito del Sanguem e si protrassero fino al III
secolo d.C. In epoca imperiale, il ruolo di Attis, la cui morte e resurrezione simboleggiava il ciclo
vegetativo della primavera, si accentuò gradualmente, dando al culto una connotazione misterica e
soteriologica. Il culto di Cibele, la Magna Mater dei Romani, officiato da sacerdoti (i galli) che in
suo onore si erano castrati nel Dies sanguinis, fu introdotto a Roma il 4 aprile 204 a.C., quando la
pietra nera di forma conica, simbolo della dea, fu trasferita dalla Frigia e collocata in un tempio sul
Palatino.
DIANA felice o lucifera
Diana è la dea italica della luce lunare, della caccia, signora delle selve, protettrice degli animali
selvatici, custode delle fonti e dei torrenti, protettrice della partorienti e delle donne. Questa dea
romana assomigliava alla dea greca Artemide, figura molto complessa, figlia di Zeus e di Leto
(Latona per i romani), gemella di Apollo, nata nell'isola di Delo, dea della castità e che
proteggeva le donne fino al matrimonio, del tiro con l'arco, dei boschi e della Luna. Secondo la
leggenda, Diana, giovane vergine abile nella caccia, irascibile quanto vendicativa, era amante della
solitudine e nemica dei banchetti, era solita aggirarsi in luoghi isolati e, armata di arco e di frecce,
era seguita dal suo corteo di ninfe, correndo per monti e praterie alla ricerca di selvaggina. Il
legame con la sovranità e la regalità è reso esplicito anche dal rapporto tra la dea e il Rex
Nemorensis, il sacerdote del principale luogo di culto di Diana, che viveva nel bosco sacro sulle
rive del Lago di Nemi, sui colli Albani.
DIOSCURI
I Diòscuri o Càstori erano i mitici figli di Zeus (∆ιὸς κοῦροι), Càstore e Pollùce, generati insieme
con Elena dall’uovo di Leda, congiuntasi con Zeus trasformato in cigno. Compivano le loro gesta
sempre uniti: Castore era domatore di cavalli, Polluce valente nel pugilato. Ambedue furono
considerati divinità benefiche e salvatrici. Erano anche protettori dei naviganti nelle burrasche
perché Poseidone affidò loro il potere di dominare il vento insieme al mare. Fra le gesta loro
attribuite vi era la partecipazione alla spedizione degli Argonauti alla ricerca del Vello d’oro e la
caccia del cinghiale Calidonio. Il mito più popolare era il ratto delle Leucippidi, in cui Castore fu
ucciso dagli Afaridi; Polluce pregò il padre Zeus che mandasse la morte anche a lui, ma Zeus gli
concesse di rinunciare a metà della propria immortalità in favore del fratello. Così i due vivono
insieme alternativamente un giorno nell’Olimpo e un giorno nel regno dei morti. La festa annua in
Roma in onore dei Dioscuri si celebrava il 15 luglio, anniversario della battaglia del Lago Regillo
(499 o 496 a.C.), alla quale, secondo la leggenda, presero parte, ed era tradizione che gli equites, in
quella data, svolgessero una processione fastosa a cavallo verso il loro tempio, dato che
consideravano i Dioscuri, celebri cavalieri, i propri protettori. Sono generalmente rappresentati in
nudità eroica, con il pileo, un particolare copricapo che ricorda il mito secondo cui sarebbero nati da
un uovo insieme alla sorella Elena, una stella sulla fronte ed un mantello.
ERCOLE
Ercole è un semidio, perchè figlio di Zeus e di Alcmena, che nasce a Tebe. Le sue incredibili
imprese, le dodici fatiche, lo vedono affrontare l’Idra di Lerna, serpente dalle molteplici teste, il
leone di Nemea dalla pelle invulnerabile, uccidere le Arpie, uccelli con artigli, becchi e penne di
bronzo affilate come lame che potevano scagliare contro, e molti altri mostri che l'eroe, dotato di
forza sovrumana, riesce sempre a sconfiggere con coraggio e con astuzia. Un giorno Ercole con la
sposa Deianira dovevano attraversare un fiume tumultuoso ma mentre l’eroe riusciva a guadarlo,
lasciò che la moglie fosse traghettata dal centauro Nesso che tentò di rapirla. Ercole colpì allora il
centauro con una delle frecce avvelenate che, morente, si vendicò offrendo a Deianira il proprio
sangue convincendola che sarebbe stato un potentissimo filtro d’amore che avrebbe reso Ercole
fedele a lei per sempre. Un giorno Deianira, sospettando il tradimento di Ercole con un’altra donna,
gli donò una camicia sulla quale aveva sparso un po’ del sangue avvelenato del centauro morto.
Ercole, indossata la camicia avvelenata, fu preda di dolori lancinanti e insopportabili tali da
preferire la morte. Ma nessun mortale poteva ucciderlo e dunque decise di darsi la morte bruciando
vivo su una pira funeraria. Giove, impietosito dalla sorte del suo figlio prediletto, scese dal cielo e
lo prese con sé nell'Olimpo, ponendo fine alla sua agonia. Ercole sposò Ebe, dea della giovinezza.
Ercole presiedeva le palestre e tutti i luoghi in cui si faceva attività fisica ed era considerato anche
una divinità propizia cui si rivolgevano invocazioni.
ESCULAPIO
Asclepio è una divinità greca che veniva venerata come dio della medicina, delle guarigioni e dei
serpenti. Il suo culto aveva il suo centro a Epidauro, ma era onorato anche a Pergamo e nel mondo
romano prende il nome di Esculapio. Il suo culto fu introdotto a Roma sull'Isola Tiberina nel 291 a.
C. e la tradizione vuole che in quell'anno la popolazione della città fosse colpita dalla peste. Il
Senato romano decise allora di dedicaregli un tempio e inviò una delegazione ad Epidauro. Al
ritorno, mentre la barca che trasportava la statua risaliva il Tevere, da essa, un serpente, simbolo di
Esculapio, si diresse a nuoto verso l'isola Tiberina. L'evento fu interpretato come volontà del dio di
scegliere il luogo dove sarebbe sorto il suo tempio, che fu dunque lì costruito.
Secondo il mito, Apollo, si era innamorato di Coronide e, consumata la loro passione, il dio l’aveva
abbandonata, lasciando un corvo a guardia della ragazza. Coronide aveva allora deciso di sposarsi
con Ischys e il corvo, vistili assieme, era volato da Apollo a riferire. Quando aveva scoperto che
Coronide era incinta, aveva deciso di punire il corvo, tramutandogli le piume da bianche in nere,
poiché non aveva tenuto lontano Ischys da Coronide. Artemide aveva vendicato il fratello
disonorato uccidendo Coronide con un dardo. Apollo, però, deciso a salvare il piccolo che ella
aveva in grembo, aveva chiesto ad Ermes di prenderlo dal corpo della madre e aveva dato al piccolo
il nome di Asclepio. Si diceva che egli fosse stato istruito nella medicina dal centauro Chirone o che
avesse ereditato tale proprietà dal padre Apollo. Nell'antica Grecia si pensava che bastasse dormire
in un santuario consacrato ad Asclepio per guarire da ogni malattia. In ogni tempio c'era almeno un
serpente, che proveniva dal santuario di Asclepio di Epidauro, perchè si credeva che questi fossero
animali sacri per la divinità, poiché simbolo del rinnovamento.
GIANO
Giano bifronte è il dio degli inizi, materiali e immateriali, ed è una delle divinità più antiche e più
importanti. Di solito è raffigurato con due volti poiché può guardare il futuro e il passato,
caratteristica donatagli dal dio Saturno. Il suo culto è antichissimo e risale ad un'epoca arcaica in cui
la tradizione religiosa dei popoli italici era in gran parte ancora legata ai cicli naturali della raccolta
e della semina. Giano, in epoca arcaica, era probabilmente la divinità principale del pantheon
romano e nelle fonti letterarie è definito come padre degli dei e dio degli dei. Giano rappresenta il
custode di ogni forma di passaggio e mutamento ed era protettore di tutto ciò che riguardava un
inizio ed una fine. Giano presiede tutti gli inizi e i passaggi materiali come le soglie delle case, le
porte, i passaggi coperti e quelli sovrastati da un arco, ma anche l'inizio di una nuova impresa, della
vita umana, della vita economica, del tempo storico e di quello mitico, della religione, degli dèi
stessi, del mondo, dell'umanità. Nella sua riforma del calendario romano, Numa Pompilio a Giano
dedicò gennaio (ianuarius), il primo mese successivo al solstizio d'inverno. Le porte del tempio di
Giano si spalancavano in tempo di guerra e nel suo tempio si sacrificava spesso per avere vaticini
sulla riuscita delle imprese militari.
GIOVE - ZEUS Ottimo, Massimo, Conservatore, Difensore, Padre, Custode, Folgoratore,
Statore, Tonante, Vincitore
Giove è il re di tutti gli dèi, i cui simboli sono il fulmine e il tuono, l’animale a lui riferito è l’aquila
e gli sono sacri la quercia e l’olivo. Regolava tutto l’ordine universale e nelle sue mani era il destino
di tutti gli uomini. Molti sono i suoi epiteti tra cui Almus (che conforta), Conservator (difensore),
Custos (custode, guardiano), Propugnator (difensore), Salutaris (che porta salute), Servator
(salvatore), Stator (che ferma) e molti altri gli appellativi come Appenninus (fusione con il dio
ligure Pennino), Capitolinus (del Campidoglio), Grabovius (fusione con il dio umbro Grabovio),
Hammon (fusione con il dio adorato nell’oasi di Siwa). Nell'epiteto di Giove Ottimo Massimo è il
nume tutelare dello Stato romano. A Roma, sul Campidoglio, aveva il suo santuario principale. Al
suo culto era consacrato un flamine maggiore, chiamato Flamine diale, che rivestiva una particolare
sacralità, celebrava i riti, godeva di grandi onori ma, proprio per la sua funzione, era sottoposto a
molteplici limitazioni come il non poter lasciare la città per più di un giorno, portato da Augusto a
due, il non poter viaggiare a cavallo o il non poter vedere eserciti in armi.
GIUNONE - ERA Regina, Moneta, Conservatrice
Giunone, moglie di Giove, è legata al ciclo lunare dei primitivi popoli italici. Era l'antica divinità
del matrimonio e del parto, spesso rappresentata nell’atto di allattare, che in seguito assunse le
funzioni di protettrice dello Stato. Era figlia, come Giove, di Saturno e Opi ed era anche protettrice
degli animali e in particolare era a lei sacro il pavone. In suo onore erano stati eretti templi, nei
quali veniva venerata come Moneta ("colei che ammonisce", a cui era dedicato il tempio di Giunone
moneta sul Campidoglio). Giunone Lucina proteggeva le nascite e i bambini: in suo onore, il 7
luglio, venivano celebrate le Matronalia e le feste Caprotine.
ISIDE
Iside è figlia di Nut e Geb, sorella di Nefti, Seth ed Osiride, di cui fu anche sposa e dal quale ebbe
Horus. Secondo il mito Iside, con l'aiuto della sorella Nefti, ricercò e riassemblò il corpo di Osiride
che era stato ucciso e tagliato in più parti, riportandolo alla vita. Per questo era considerata una
divinità associata alla magia ed all'oltretomba. Aiutò a civilizzare il mondo ed inventò il sistro;
istituì il matrimonio e insegnò alle donne le arti domestiche.
MARTE - ARES ora Guerriero ora Apportatore di pace, Propugnatore, Vindice, Vincitore
Figlio di Tellus e Giove, Marte era inizialmente il dio della fertilità, della natura e il protettore per
eccellenza e dio guerriero e non della guerra. Egli rappresentava infatti la virtù e la forza della
natura e della gioventù, che nei tempi antichi era dedita alla pratica militare: come dio protettore
dalle calamità agricole la preghiera rimastaci nel De agri cultura di Catone lo invoca per proteggere
i campi da ogni tipo di sciagura e malattia. Questo non fa però di Marte un dio solamente del mondo
agreste e patrono dei fulmini, dei tuoni e della pioggia. La sua natura italica lo fa essere un dio
'guida' degli uomini ma in seguito diventerà assai più popolare e venerato tra gli Italici quasi
esclusivamente come divinità della guerra e della battaglia associato all’antico dio greco Ares. In
molte città italiche al dio non solo è dedicato un mese, ma alcune popolazioni prendono addirittura
da lui il nome (Marsi, Marrucini, Mamertini). Particolarissimo culto Marte aveva in Roma (con
Giove e Quirino costituì l’antica triade divina), soprattutto nel luogo detto campus Martius, fuori del
pomerio, centro sacrale ove da tempi remoti vi era un’ara sulla quale si svolgevano le cerimonie di
lustrazione, e nei due più famosi templi a lui dedicati, fuori porta Capena (388 a.C.) e presso l’ara
Martis in campo (138 a.C.). Era sacro a Marte quello che anticamente era il primo mese dell’anno
(martius, marzo), nel corso del quale avevano luogo le principali feste del dio: (i giorni 1, 14, 17, 19
e 23). In quanto divinità in stretto rapporto con la primavera, periodo nel quale si tenevano le
principali celebrazioni a lui dedicate, presiedeva sull'agricoltura in generale, come anche alle guerre
perché proprio in primavera si allestivano le spedizioni militari e quelle migrazioni di intere classi
di giovani, cui si dava il nome di ver sacrum. A lui è sacro anche l’altro mese di ottobre quando, al
sopraggiungere della cattiva stagione, le armi venivano purificate e riposte (armilustrium, 19
ottobre). Marte, nella società romana, assunse un ruolo molto importante probabilmente perché
considerato il padre del popolo romano e di tutti gli italici in generale: Marte, nella leggenda,
accoppiatosi con la vestale Rea Silvia generò Romolo e Remo che fondarono Roma. Il culto di
Marte ebbe larga diffusione in età imperiale, sia per l’istituzione del culto di Mars Ultor
(«vendicatore» della morte di Cesare), sia per la venerazione che gli portarono le numerose schiere
di soldati stazionanti ai confini.
MERCURIO – ERMES
Mercurio (in greco Hermes, Ερµής) è il dio dell'eloquenza, del commercio e dei ladri, protettore
dei viaggi e dei viaggiatori, della comunicazione,. Figlio di Zeus e della ninfa Maia, è il messaggero
degli dèi e viene spesso raffigurato con le ali ai piedi. Nel mondo romano Mercurio, per la sua
velocità, non solo rappresenta i ladri, ma è anche il dio degli scambi, del profitto, del mercato e del
commercio e portatore dei sogni.
MINERVA – ATENA Guerriera o medica
Minerva era la divinità romana assimilabile alla dea greca Atena, dea della guerra, della saggezza e
protettrice degli artigiani. Oltre che dea guerriera, era anche la dea della ragione e della saggezza,
della arti, della letteratura e della filosofia, del commercio e inventrice della musica. Insegnò agli
uomini la navigazione, ad arare i campi, ad aggiogare i buoi, a cavalcare ed alle donne a tessere, a
tingere e a ricamare. Era anche una dea fiera che puniva severamente chi osava competere con lei.
L’animale a lei sacro era la civetta.
Il nome Minerva fu probabilmente mutuato dagli etruschi che la chiamavano Menrva. I romani ne
confusero il nome straniero con il loro lemma mens (mente) visto che la dea governava non solo la
guerra, ma anche le attività intellettuali. Nella mitologia greca Atena, figlia di Zeus e di Metide, era
nata armata di tutto punto dal cervello del padre spaccato da Efesto con un'accetta dopo che Zeus
aveva inghiottito la prima moglie Metis. I Romani ne celebravano la festa dal 19 al 23 marzo nei
giorni che prendevano il nome di Quinquatria, i primi cinque successivi alle Idi di marzo. Una
versione più contenuta, le Minusculae Quinquatria, si teneva dopo le Idi di giugno, il 13 giugno, con
l'uso di flautisti, molto ricorrenti nelle cerimonie religiose. Il culto di Minerva era tenuto sul
Campidoglio e questa dea faceva parte della triade capitolina assieme a Giove e a moglie Giunone.
NETTUNO - POSEIDONE
Nettuno è la divinità delle acque correnti e il dio del mare. Malgrado il fatto che il suo culto si
sviluppò dopo il suo accostamento a Poseidone, Nettuno fu sempre meno popolare, fra i marinai, di
quanto lo fosse Poseidone presso i greci. Nettuno inoltre veniva identificato con Nethuns, il dio
etrusco delle acque dolci e dei pozzi. Secondo la mitologia abitava in fondo al mare e comandava ai
mostri marini ed alle tempeste. Viene spesso rappresentato alla guida di un carro trainato da cavalli
marini con un tridente in mano. Veniva onorato il 23 luglio con le festività dei Neptunalia, a cui
furono poi uniti i ludi Neptunialicii (dal III secolo a.C.) Il suo tempio si trovava al Circo Flaminio
all'interno del Campo Marzio a Roma.
ROMOLO
Romolo è il mitico fondatore di Roma. La leggenda di Romolo è quella secondo cui Numitore, re di
Alba Longa, aveva un fratello, Amulio, che ne usurpò il trono e ne costrinse la figlia Rea Silvia a
farsi vestale. Questa fu da Marte resa madre di due gemelli, Romolo e Remo. Amulio ordinò che i
gemelli fossero gettati nel Tevere. Il cesto che li conteneva fu deposto dalla corrente del fiume dove
una lupa lo rinvenne e nutrì i fanciulli finché un pastore, Faustolo, non li raccolse e li allevò.
Romolo divenne capo della gioventù ma in una di queste imprese guerresche fu catturato e condotto
da Numitore. Avvenuto il riconoscimento, Romolo abbatté Amulio, e Numitore venne riportato sul
suo trono.
I due gemelli fondarono allora una città sul colle Palatino ma lo stesso Romolo uccise Remo. La
città si popolò grazie a tutti gli esuli delle città vicine, finché il ratto delle Sabine, avvenuto durante
una festa, portò a una guerra con i Sabini e il loro re Tito Tazio, che si concluse con l’unione dei
due popoli sotto i due re. Dopo un lungo regno, Romolo scomparve misteriosamente (o secondo
un’altra versione, fu ucciso e fatto a pezzi dai senatori) divenendo il dio Quirino.
SERAPIDE
Serapide è un dio greco-egizio che forse fa derivare il suo nome dalla fusione di Osiride e Api. Il
suo culto fu introdotto ad Alessandria da Tolomeo I che lì fece costruire il relativo luogo di culto, il
Serapeo, e venne identificato soprattutto come salvatore e come guaritore. Questa divinità era
raffigurata barbata come Zeus o Ade, con un modio in testa (simbolo di fertilità), in piedi o seduto
in trono, con uno scettro, spesso affiancato da cerbero, cane a tre teste. L'animale a lui sacro è il toro
Api. L'aspetto di re dei morti l'ha fatto talvolta identificare con il dio greco Plutone, ma era anche
identificato con Zeus, con Dioniso e con altre divinità.
SOLE
Sol Invictus era un appellativo religioso usato per tre diverse divinità nel tardo Impero romano: ElGabal, Mitra e Sol. Il culto del Sol Invictus ha origine in Oriente. Ad esempio le celebrazioni del
rito della nascita del Sole in Siria ed Egitto erano di grande solennità e prevedevano che i celebranti
ritiratisi in appositi santuari ne uscissero a mezzanotte, annunciando che la Vergine aveva partorito
il Sole, raffigurato come un infante. In particolare, è l'apologeta cristiano Epifanio di Salamina
(Contro le eresie, 51,22,8-11, in: GCS (Die griechischen christlichen Schriftsteller der ersten drei
Jahrhunderte, "Scrittori cristiani greci dei primi tre secoli", Epiphanius, II, 285-286) a segnalare che
in alcune città d'Arabia e d'Egitto i pagani celebravano una festa dedicata al trionfo della luce sulle
tenebre, incentrata sulla nascita del dio Aîon, generato dalla vergine Kore, con un evidentissimo
rimando alla dottrina dell'eterno ritorno.
Il culto acquisì importanza a Roma per la prima volta con l'imperatore Eliogabalo, che tentò
prematuramente di imporre il culto di Elagabalus Sol Invictus, il Dio solare della sua città natia,
Emesa, in Siria. Eliogabalo fece costruire un tempio dedicato alla nuova divinità sul Palatino. Con
la sua morte violenta nel 222, questo culto cessò di essere coltivato a Roma, anche se molti
imperatori continuarono ad essere ritratti sulle monete con l'iconografia della corona radiata solare
per quasi un secolo.
Il Sol Invictus, inoltre, compare come divinità subordinata associata al culto di Mitra. Il termine
Invictus compare anche riferito a Mitra stesso e al dio Marte nelle iscrizioni private dei dedicanti e
dei devoti.
Nel 272 Aureliano sconfisse la principale nemica dell'impero (riunificandolo), la Regina Zenobia
del Regno di Palmira, grazie all'aiuto provvidenziale della città stato di Emesa (arrivato nel
momento in cui le milizie romane si stavano sbandando). L'imperatore stesso dichiarò di aver avuto
la visione del dio Sole di Emesa, che interveniva per rincuorare le truppe in difficoltà nel corso della
battaglia decisiva.
In seguito, nel 274, Aureliano trasferì a Roma i sacerdoti del dio Sol Invictus e ufficializzò il culto
solare di Emesa, edificando un tempio sulle pendici del Quirinale e creando un nuovo corpo di
sacerdoti (pontifices solis invicti). L'adozione del culto del Sol Invictus fu vista da Aureliano come
un forte elemento di coesione dato che, in varie forme, il culto del Sole era presente in tutte le
regioni dell'impero. Anche molte divinità greco-romane, come Giove e Apollo, erano identificate
con il sole. Inoltre, come riferisce Tertulliano, molti credevano che anche i cristiani adorassero il
sole.
Sebbene il Sol Invictus di Aureliano non sia ufficialmente identificato con Mitra, richiama molte
caratteristiche del mitraismo, compresa l'iconografia del dio rappresentato come un giovane senza
barba.
Aureliano consacrò il tempio del Sol Invictus il 25 dicembre 274, in una festa chiamata Dies Natalis
Solis Invicti, "Giorno di nascita del Sole Invitto", facendo del dio-sole la principale divinità del suo
impero ed indossando egli stesso una corona a raggi. La festa del Dies Natalis Solis Invicti divenne
via via sempre più importante in quanto si innestava, concludendola, sulla festa romana più antica, i
Saturnali.
Anche l'imperatore Costantino sarebbe stato un cultore del Dio Sole, in qualità di Pontifex Maximus
dei romani. Egli, infatti, raffigurò il Sol Invictus sulla sua monetazione ufficiale, con l'iscrizione
SOLI INVICTO COMITI, "Al compagno Sole Invitto", definendo quindi il dio come un compagno
dell'imperatore.
TRIADE CAPITOLINA
Era caratterizzata da tre figure sedute in trono: Giove, al centro, affiancato alla sua sinistra da Era o
Giunone e alla sua destra da Minerva. Spesso queste tre divinità vengono rappresentate dai loro
animali simbolici: una civetta, un’aquila e un pavone.
VENERE – AFRODITE Genitrice o vincitrice
Venere è una delle maggiori dee romane principalmente associata all'amore, alla bellezza e alla
fertilità, l'equivalente della dea greca Afrodite. Sono molte le ipotesi sulla nascita della dea.
Secondo Esiodo, quando, per vendicare Gea, sua madre e sposa di Urano, il titano Crono, suo figlio,
recise i genitali del padre Urano, dio del cielo, e li gettò in mare, il sangue e il seme in essi contenuti
divennero schiuma dalla quale, presso l’isola di Cipro, emerse Afrodite. Un'altra ipotesi è che essa
sia nata da una conchiglia uscita dal mare. A causa della sua immensa bellezza, Zeus temeva che
Afrodite sarebbe stata causa di disputa tra gli altri dei e la diede quindi in sposa a Efèsto (Vulcano),
il dio del fuoco, fabbro degli dei, di brutto aspetto, ma caratterizzato da un carattere fermo e
costante e sempre dedito al lavoro. Il matrimonio non soddisfò, però, la dea, che intrecciò molte
relazioni amorose, sia con umani che con dei. In particolare, è nota la relazione con il dio della
guerra Ares (Marte). I due furono scoperti da Efèsto e, imprigionati in una rete metallica da lui
stesso lavorata, furono esposti al ludibrio degli altri dei.
Venere veniva considerata l'antenata del popolo romano per via del suo leggendario fondatore,
Enea, svolgendo un ruolo chiave in molte festività e miti della religione romana. A Roma venivano
celebrati i Veneralia in onore di Venere Verticordia, "che apre i cuori. A Roma fu eretto un tempio,
il Tempio di Venere e Roma, dedicato alla dea e alla città.
VESTA
Vesta, sorella di Giove, è figlia di Saturno e di Opi. Era la dea del focolare domestico, venerata in
ogni casa e il cui culto consisteva principalmente nel mantenere acceso il fuoco sacro: le
sacerdotesse legate al suo ordine, le vestali, avevano proprio il compito di custodire il fuoco sacro
alla dea, acceso all’interno del tempio a lei dedicato, facendo sì che non si spegnesse mai.
In una delle sue raffigurazioni più tipiche la dea indossava una lunga stola e teneva in mano un
bastone. La festa alla dea Vesta veniva celebrata dal 7 giugno al 15 giugno. Il primo giorno delle
celebrazioni era dedicato all'apertura annuale del tempio per i riti sacrificali. Il fuoco sacro,
custodito nel tempio di Vesta, venne spento nel 391 per ordine dell'imperatore Teodosio.
VULCANO
Vulcano, era figlio di Giove e di Giunone e sposo di Venere. E’ il dio del fuoco terrestre e
distruttore ed è una delle divinità più antiche della religione romana. In seguito viene identificato
con il dio greco Efèsto. Vulcano rappresenterebbe il fuoco metallurgico come Vesta il fuoco
domestico e la vicinanza tra i due santuari sembra confermare questo legame. Il dio è il patrono dei
mestieri legati ai forni (cuochi, fornai, pasticceri) come attestato in Plauto.
La natura di Vulcano, conservata anche a Roma, si spiegherebbe come sentinella contro l’attacco
degli spiriti maligni in quanto lo svolgimento di un sacrificio prevedeva l’accensione sul terreno di
tre fuochi. Il primo rappresentava il sacrificante e serviva ad accendere gli altri due, il secondo
serviva alla propiziazione delle offerte agli dei per mezzo del fumo (questi primi due fuochi erano
rappresentati da Vesta) mentre il terzo, al limite dell’area sacrificale, era il fuoco che, rivolto verso
le potenze ostili, era rappresentato da Vulcano. Plutarco ci riferisce che i suoi templi dedicati a
Vulcano dovevano essere costruiti fuori o al limite esterno delle mura. A questa divinità si
consegnavano le armi e le spoglie del nemico prese sul campo di battaglia, bruciandole per
annientarle.
Il principale e più antico santuario di Vulcano a Roma era il Volcanal, situato nell'area all'aperto ai
piedi del Campidoglio, con un'ara a lui dedicata e un fuoco perenne, ed è stato supposto da uno
studioso che in questo luogo in origine venissero bruciati i corpi (Friedrich von Duhn - Italische
Gräberkunde p.413 sgg.). Secondo la tradizione romana, questo santuario era stato dedicato da
Romolo. Un altro tempio fu eretto a Vulcano nel Campo Marzio, presso il Circo Flaminio.
Al culto di Vulcano era preposto un flamine minore, denominato flamine vulcanale; al dio era
dedicata la festività dei Volcanalia, celebrata il 23 agosto, in occasione della quale si svolgevano i
Ludi Piscatorii, giochi in onore dei pescatori del Tevere sull'altra riva del fiume rispetto alla città e
si sacrificavano nel fuoco del Volcanal piccoli pesci vivi, pescati nel fiume, al posto di anime
umane.