UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CATANIA DIPARTIMENTO DI SCIENZE BIOLOGICHE, GEOLOGICHE ED AMBIENTALI Corso di laurea magistrale in Biologia Sanitaria STEFANIA TIDONA TESI DI LAUREA INFLUENZA DELLE TERAPIE ORMONALI SULLA QUALITÀ DEL LIQUIDO SEMINALE NELLA CURA DELL’IPOGONADISMO IPONORMOGONADOTROPO. Relatrice: Chiar.ma Prof.ssa RenataVISCUSO Correlatore: Dott. Giovanni BRACCHITTA ANNO ACCADEMICO 2014-2015 INDICE Premessa................................................................................................................ Pag. 04 Introduzione................................................................................................ Pag. 05 Cap. I L’apparato genitale maschile........................................... Pag. 07 Cap. II La spermatogenesi............................................................ Pag. 15 Cap. III La regolazione ormonale della spermatogenesi................ Pag. 19 Cap. IV Lo spermatozoo maturo e il liquido seminale................... Pag. 26 Cap V La fecondazione………………….…….......................... Pag. 29 Cap VI Infertilità........................................................................... Pag. 42 Cap VII Infertilità maschile…....................................................... Pag. 44 Cap VIII Ipogonadismo ipogonadotropo ....................................... Pag. 55 Cap IX Terapia per l’ipogonadismo…………………................. Pag. 61 Cap X Gonal F………………………………………................. Pag. 70 Scopo del lavoro....................................................................................... Pag. 75 Materiali e Metodi....................................................................................... Pag. 77 Risultati........................................................................................................ Pag. 86 Conclusioni.................................................................................................. Pag. 99 Bibliografia.................................................................................................. Pag. 100 Ringraziamenti…………………………………………………………..... Pag. 106 2 L’inclinazione di due persone di sesso diverso è la volontà di vivere nel nuovo individuo che esse potranno e desidereranno generare, una volontà che si agita nell’incontro dei loro sguardi. Arthur Schopenhauer 3 Premessa Nel corso della storia dell’uomo il desiderio di generare dei figli è sempre stato predominante. Altrettanto presente è stata però la difficoltà in alcuni casi ad ottenere una gravidanza. Fin dall’antichità il concetto d’infertilità è stato sempre attribuito ad una condizione femminile ed ha influenzato fortemente la vita di molte donne, appartenenti a tutte le classi sociali. Regine ripudiate, popolane lapidate o addirittura ritenute streghe e mandate al rogo. In molti casi la sterilità maschile non era nemmeno contemplata come ipotesi, proprio per questo forte condizionamento che versava sulla donna. Negli ultimi decenni l’attenzione si è spostata sulla considerazione che l’infertilità è una condizione di coppia, non necessariamente legata ad un problema esclusivamente femminile. Ciò ha spinto ad indagare maggiormente sui parametri che governano lo stato di fertilità maschile: qualità del liquido seminale e corretto funzionamento del processo di regolazione della spermatogenesi. Oggi dai dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) è noto che l’infertilità maschile ha una prevalenza sovrapponibile all’infertilità femminile. Questo dato non dipende soltanto dall’aumento dell’infertilità in generale ma è dovuto proprio ad una più alta incidenza del fattore maschile. In tal senso si è potuta orientare la ricerca per quanto concerne i trattamenti farmacologici applicabili al maschio infertile. 4 Introduzione Negli ultimi decenni si è assistito ad un forte aumento dei tassi di infertilità maschile a seguito di nuove conoscenze che hanno permesso di superare quello che in passato era pensiero comune e cioè che nella coppia fosse solo ed esclusivamente la donna la causa dell’infertilità. In più oggi oltre alla figura del ginecologo, si sta sempre di più affermando la figura dell’andrologo come punto di riferimento per il benessere della fertilità maschile. Per giungere ad una corretta diagnosi è possibile ricorrere a numerosi esami che consentono di indagare efficientemente lo stato di fertilità maschile: esame del liquido seminale, visita andrologica, ecografia specialistica, test di separazione nemaspermica, test di frammentazione e spermiocolture. Nonostante ciò i maschi italiani, ed in particolar modo i giovani, difficilmente si rivolgono ad un andrologo, sottovalutando che anche la fertilità maschile ha bisogno di prevenzione. Inoltre, ciò che contribuisce ad aumentare la percentuale di infertilità maschile è lo stile di vita scorretto che viene condotto dall’uomo moderno. La promiscuità sessuale e il numero elevato di partner aumentano il rischio di diffusione delle infezioni genitali che rappresentano una delle cause più comuni di infertilità da patologie flogistiche. Abitudini voluttuarie, quali fumo di sigaretta e abuso di alcol, incidono in modo decisivo sull’aumento dell’infertilità maschile. Il fumo ha effetti negativi su tutti i parametri seminali e aumenta il rischio di danni al DNA spermatico, mentre l’alcol interferisce con la regolazione ormonale sia a livello testicolare riducendo la produzione di testosterone sia a livello centrale inducendo uno scompenso della funzione delle gonadotropine. Oggi si tende sempre più ad essere sedentari e ad assumere comportamenti alimentati anomali che portano all’obesità e al sovrappeso, anch’essi fattori di rischio importanti per la fertilità. È stato dimostrato infatti che uomini sovrappeso o obesi hanno un minor numero di spermatozoi normali e mobili e che l’obesità può influire negativamente sulla funzione erettile. 5 Anche l’inquinamento ambientale ha la sua importanza; ad esempio l’uso spropositato e la forte dipendenza dai cellulari, espone a continue radiazioni elettromagnetiche che possono interferire sulla qualità del liquido seminale. Da una ricerca effettuata dall’Università di Exeter, in Gran Bretagna, “Effect of mobile telephones on sperm quality: A systematic review and meta-analysis” e pubblicata sulla rivista “Environment International” è emerso che rispetto ai gruppi di controllo, nei quali il 50-85% dello sperma presenta motilità normale, nei soggetti esposti ai telefoni cellulari si nota una diminuzione della motilità in media dell'8%. Lo stesso vale per la vitalità, che risulta del 9% inferiore alla norma in presenza di un'esposizione locale alle radiazioni. Infine, un peso importante sull’aumento dell’infertilità maschile è dato dall’età. Come le donne infatti, anche gli uomini per motivi differenti rimandano la paternità fino ai 35-40 anni. Diversi studi hanno però dimostrato che, al pari degli oociti, gli spermatozoi invecchiano ed accumulano danni al DNA che si associano ad una maggiore probabilità di generare figli affetti da disturbi neuro-cognitivi. In particolare, in un uomo di 50 anni rispetto ad uno di 30: Il volume dell’eiaculato si riduce dal 3% al 22%; Il numero di spermatozoi nel liquido seminale diminuisce del 37%; La motilità nemaspermica si riduce dal 4% al 18%. 6 L’apparato genitale maschile L’apparato genitale maschile si sviluppa parzialmente verso l’esterno con il pene e lo scroto, contenente i testicoli e gli epididimi; non sono invece visibili gli altri organi, ovvero le vie spermatiche, le vescicole seminali, le ghiandole bulbo-uretrali e la prostata. Si può descrivere il pene dividendolo nelle seguenti regioni: la radice, che è connessa al periostio dell’osso pubico, il corpo, o peduncolo libero, e l’estremità sensibile ipertrofizzata che include il glande sul quale la pelle è ripiegata due volte per formare una porzione retrattile bassamente legata, il prepuzio. All’interno, il pene comprende tre corpi erettili spongiosi, detti corpi cavernosi, che consentono l’erezione del pene, e l’uretra [1]. Nella parte superiore sono posti i corpi cavernosi appaiati e, nella parte inferiore, un piccolo cilindro singolo che contiene l’uretra, il corpo spongioso. I tre corpi sono avvolti da una forte guaina fibrosa, la tunica albuginea, spessa circa 1mm e ricca di fibre elastiche, che compensano la distensione dei corpi cavernosi durante l’erezione massima, e da cute lassa. Gli spazi presenti tra i corpi cavernosi sono maggiori al centro rispetto alla periferia; essi sono pieni di sangue e circondati da uno strato appiattito di cellule simile ad un endotelio e contengono fasci di muscoli lisci e di fibre elastiche [1]. Anteriormente l’estremità del corpo spongioso è dilatata e forma un’espansione, che prende il nome di glande, sulla quale si apre l’orifizio uretrale esterno verticale, a forma di fessura. Immediatamente sopra il glande si trova la base del prepuzio, il quale copre completamente il glande quando il pene non è in erezione [1]. L’uretra maschile si estende dall’orifizio uretrale interno nella vescica all’orifizio uretrale esterno a un’estremità del pene, misura circa 20 cm di lunghezza ed è divisa in quattro parti: 1. La pars intramuralia, lunga 0,5-1 cm, si estende a partire dalla parte caudale della parete muscolare della vescica. 2. La pars prostatica misura circa 3 cm di lunghezza e attraversa verticalmente la prostata, infatti a livello della parete posteriore di questo tratto si riscontra un piccolo dotto, il colliculus seminalis, su cui sono localizzate le aperture dei canali prostatici escretori e dei dotti eiaculatori. 7 3. La pars membranosa misura 1-2 cm di lunghezza e attraversa il diaframma urogenitale, è la porzione più stretta del canale ed è avvolta dalle fibre del muscolo dello sfintere uretrale. 4. La pars cavernosa è contenuta nel corpo spongioso e rappresenta la parte più lunga dell’uretra (15 cm), si dilata nel glande e forma la fossetta navicolare prima di aprirsi nell’orifizio uretrale esterno. La mucosa dell’uretra maschile presenta delle differenze regionali: in particolare, nella porzione prossimale essa presenta il profilo tipico dell’urotelio, nella porzione distale si differenzia in epitelio prismatico pseudostratificato e nella fossetta navicolare, l’epitelio prismatico si appiattisce per diventare colonnare; esso contiene del glicogeno, che viene metabolizzato in lattato attraverso i lattobacilli non patogeni, generando un ambiente acido che evita le infezioni ascendenti urinarie [1]. I testicoli sono organi pari di forma ovale sospesi fuori dalla cavità pelvica addominale, nella quale la temperatura è 2-3 °C sotto quella corporea centrale di 37 °C perché lo sviluppo degli spermatozoi può essere normale solo a questa temperatura; il plesso venoso pampiniforme è la struttura che contribuisce al raffreddamento perché si svolge intorno all’arteria testicolare per assorbire il calore del sangue arterioso, raffrendandolo così prima che penetri nella gonade. Prima della nascita, i testicoli scendono dalla cavità addominale, dove si sviluppano, nello scroto attraverso il canale inguinale. Ogni testicolo è circondato dalla tunica albuginea, che contiene cellule muscolari lisce: sulla superficie dorsale, la tunica albuginea si ispessisce e forma il mediastino testicolare a livello del quale il sangue e i vasi linfatici, i nervi e i dotti deferenti che drenano gli spermatozoi all’epididimo entrano nelle gonadi o ne escono [2]. A partire dalla tunica albuginea, circa 250 trabecole fibrose si dipartono in direzione centripeta, suddividendo il parenchima testicolare in lobuli, in ogni lobulo si osservano da uno a quattro tubuli seminiferi molto sinuosi che producono spermatozoi. I tubuli seminiferi proseguono ad ogni estremità con altri tubuli, i dotti deferenti, che trasportano gli spermatozoi dal testicolo nel canale epididimario. I testicoli svolgono due funzioni principali: 1. La spermatogenesi, mediante cui si opera la differenziazione dei gameti, gli spermatozoi; 8 2. La steroidogenesi che prevede la sintesi e la secrezione controllata degli androgeni, in particolare di testosterone. Tuttavia, la produzione di androgeni e spermatozoi ha luogo in due compartimenti diversi del testicolo e grazie alla funzione di due tipi di cellule somatiche, dette accessorie: gli spermatozoi si sviluppano nei tubuli seminiferi in stretta associazione con le cellule di Sertoli, mentre gli androgeni sono prodotti nelle cellule di Leydig, localizzate nello spazio interstiziale tra i tubuli in cui sono compresi soprattutto fibrociti, vasi sanguigni e linfatici e un numero significativo di leucociti [1]. Le cellule del Sertoli si trovano a stretto contatto con la membrana basale dell’epitelio seminifero e sono cellule molto grandi, infatti si estendono dalla membrana basale fino al versante luminale del tubulo. Queste cellule sono strettamente associate fra di loro mediante dei sistemi di giunzione: le tight junction, o giunzioni serrate, collegano le cellule più vicine alla membrana basale ed essendo provviste di punti di chiusura che bloccano il passaggio di sostanze provenienti dallo spazio interstiziale, costituiscono la barriera ematotesticolare che crea un ambiente idoneo e protetto per la spermatogenesi; invece le gap junction, o giunzioni comunicanti, collegano le cellule sul versante luminale. Le cellule del Sertoli principalmente promuovono la proliferazione e la differenziazione delle cellule germinali ma svolgono anche numerose altre funzioni: Sostegno dell’epitelio seminifero. Protezione e nutrizione delle cellule della linea germinale. Coordinamento della spermatogenesi grazie alle gap junction. Fagocitosi delle cellule in degenerazione o del citoplasma residuo. Secrezione di varie proteine: la proteina ABP (Androgen Binding Protein) mantiene la concentrazione ottimale di testosterone all’interno del tubulo, la transferrina e la ceruloplasmina trasportano rispettivamente ferro e rame all’interno del tubulo, gli attivatori del plasminogeno mediano le reazioni proteolitiche necessarie per la migrazione degli spermatozoi dal testicolo. Tutte le funzioni delle cellule del Sertoli sono indotte dall’interazione dell’ormone follicolo-stimolante (FSH) con i recettori presenti sulla membrana cellulare. Le cellule di Leydig sono provviste di un citoplasma rosa abbondante con lipidi, un lipocroma pigmentoso, soluzioni cristalloidi di Reinke e nuclei rotondi con nucleoli 9 distinti, e sono spesso associate alle fibre nervose. Costituiscono il tessuto interstiziale, cioè il tessuto connettivo interposto tra i tubuli e si organizzano in gruppi in prossimità dei vasi, inoltre alcune cellule di Leydig sparse sono anche trovate nel funicolo spermatico, così come nella tunica albuginea. Le cellule di Leydig sintetizzano il testosterone come principale androgeno e numerosi fattori proteinergici quali i fattori di crescita, i neuropeptidi e le citochine. La funzione normale della cellule di Leydig è dipendente dall’ormone luteinizzante (LH). Figura 1. Sezione trasversale del tubulo seminifero con cellule del Sertoli e cellule di Leydig. 10 Figura 2. Organizzazione del tubulo seminifero in sezione trasversale. Nella parte posteriore del testicolo i tubuli seminiferi di ogni lobulo si anastomizzano poi a formare la rete testis che, attraverso i dotti efferenti è connessa all’epididimo, distinto in due regioni, una testa più contorta e una coda leggermente più rettilinea. Il canale deferente è il prolungamento del canale epididimario e il suo diametro è di circa 3 mm. Fa parte del funicolo spermatico e attraversa, pertanto, il canale inguinale per entrare nella cavità pelvica. Prima di entrare nella prostata a livello della sua superficie dorsale, il canale deferente si ingrandisce formando un’ampolla e raggiunge, in seguito, il canale della vescicola seminale per formare il dotto eiaculatore, il quale passa attraverso la prostata e sbocca nella porzione prostatica dell’uretra, in prossimità dell’orifizio dell’utricolo prostatico. Il dotto deferente è palpabile nel funicolo spermatico grazie alla sua parete densa. Il canale deferente dell’adulto è rivestito da un epitelio prismatico pseudo-stratificato che si appoggia su un unico strato di cellule basali. Il rivestimento muscolare spesso si compone di due-tre strati. L’avventizia esterna si compone di tessuto connettivo, vasi sanguigni e fibre nervose. La prostata è una ghiandola solida, delle dimensioni di una castagna, situata nella cavità pelvica presso l’origine dell’uretra. Sviluppata da una capsula di tessuto connettivo, essa è composta da una serie radiale di circa 30-50 ghiandole tubulo-alveolari ramificate 11 circondate da un denso stroma fibromuscolare. La contrazione dei muscoli lisci libera il contenuto della ghiandola prostatica nell’uretra al momento dell’eiaculazione. Dal punto di vista embriologico e istologico, la struttura interna della prostata umana è divisa in quattro sezioni: Lo stroma non ghiandolare. Il segmento preprostatico, che è la parte periuretrale considerata la sede principale dello sviluppo dell’ipertrofia prostatica benigna. La zona periferica. La zona centrale che circonda i dotti eiaculatori ed è costituita da acini; ha una configurazione relativamente semplice ed è inserita a cuneo nella zona periferica. La prostata umana ha una duplice funzione, in quanto produce numerosi composti secretori che influenzano la superficie uretrale al passaggio del liquido seminale e che agiscono sugli spermatozoi e sulle proteine della coagulazione follicolare. La secrezione è leggermente acida (pH 6,4) e ricca di zinco, citrato, fosfatasi acida e proteasi, tra cui l’antigene specifico della prostata (PSA), utilizzato a scopo diagnostico [1]. Le vescicole seminali sono strutture pari, allungate, a forma di sacco o di tubulo, circondate da un rivestimento spesso di muscoli lisci. Le ghiandole sono situate tra il fondo della prostata e il retto. Le vescicole seminali producono circa il 60-70% del liquido seminale. Le loro parti prossimale e ampollare hanno una funzione di riassorbimento di liquido e di spermatofagia (ingestione e degradazione da parte delle cellule epiteliali degli spermatozoi lesi). Ogni vescicola è costituita da un unico tubulo, ripiegato su se stesso e all’origine di molti diverticoli irregolari. Il lume è rivestito da uno o da due strati di un epitelio prismatico che si piega fornendo un aspetto reticolato. L’epitelio è circondato da un rivestimento muscolare [1]. L’attività secretoria della vescicole è una misura dell’apporto di testosterone all’epitelio. I prodotti della secrezione delle vescicole seminali comprendono ioni, fruttosio, prostaglandine, peptidi e proteine. Oltre alle forme di proteine legate al plasma quali la transferrina, la lattoferrina e la fibronectina, sono sintetizzati dei fattori immunosoppressori e delle proteine specifiche, come la semenegelina,, responsabile del coagulo del liquido seminale e sulla quale si esercita l’azione enzimatica dell’antigene specifico della prostata (PSA). 12 Le funzioni della vescicole seminali riguardano dunque: la formazione del coagulo seminale, la modificazione della funzioni degli spermatozoi (motilità, capacitazione) e l’immunosoppressione. Infine, le ghiandole bulbo-uretrali, o ghiandole di Cowper, sono ghiandole pari, della dimensione di un pisello, situate sotto la prostata. Esse producono un muco denso e chiaro che drena nell’uretra e che viene liberato prima dell’eiaculazione. Si ritiene che la secrezione neutralizza le tracce di urina acida nell’uretra e che essa agisca come lubrificante [2]. Figura 3. Apparato genitale maschile. 13 Figura 4. Gonade maschile. 14 La spermatogenesi Si definisce spermatogenesi l’insieme delle tappe proliferative e delle modificazioni morfologiche attraverso le quali gli elementi germinali maschili immaturi, gli spermatogoni, si trasformano in elementi maturi, gli spermatozoi. Il processo completo di sviluppo delle cellule germinali avviene a livello dell’epitelio seminifero del testicolo adulto. La spermatogenesi può essere divisa in quattro fasi [1]: 1. Spermatocitogenesi. La spermatocitogenesi comprende la proliferazione ed il differenziamento delle cellule germinali primordiali (PGC). Da queste si differenziano gli spermatogoni. Gli spermatogoni di tipo A1 sono cellule tondeggianti situate nella porzione periferica del tubulo seminifero e dotate di un nucleo di forma ovoidale contenente cromatina finemente dispersa; tali cellule inizialmente proliferano attraverso diversi cicli mitotici generando una popolazione di cellule staminali dello stesso tipo e una popolazione di cellule ad un grado maggiore di differenziazione, gli spermatogoni di tipo A2. Anche questi vanno incontro a divisione mitotica e danno origine agli spermatogoni di tipo A3 i quali formano infine gli spermatogoni di tipo A4 [2]. A questo punto gli spermatogoni di tipo A4 possono affrontare tre destini differenti: Originare altri spermatogoni A4 attraverso un processo di autorinnovamento; Attivare il meccanismo apoptotico in modo da limitare la popolazione delle cellule germinali in condizioni fisiologiche; Formare cellule più differenziate dette spermatogoni intermedi che effettuando la mitosi una sola volta dando origine agli spermatogoni di tipo B; questi ultimi i quali presentano un nucleo arrotondato con cromatina addensata in zolle. La successiva divisione mitotica di queste cellule dà luogo poi agli spermatociti di primo ordine, cellule rotondeggianti più voluminose che, appena formate, entrano immediatamente nella profase della prima divisione meiotica. 2. Meiosi. Grazie alla meiosi gli spermatociti di primo ordine operano due cicli di divisione, con dimezzamento del corredo cromosomico: in particolare, dalla 15 prima divisione meiotica, detta anche riduzionale perché il numero dei cromosomi viene ridotto da diploide ad aploide, derivano gli spermatociti di secondo ordine mentre dalla seconda divisione meiotica, detta equazionale perché vede la divisione di ogni cromosoma nei due cromatidi costituenti, originano gli spermatidi [3]. Ciascuno spermatide possiede 23 cromosomi che sono differenti da quelli sia materni che paterni, possedendo tratti sia degli uni che degli altri grazie al processo di crossing over, cioè lo scambio di segmenti corrispondenti di cromosomi appaiati a livello di siti specifici, i chiasmi. È importante precisare che tutte le popolazioni cellulari che derivano dallo spermatogonio di tipo A1 effettuano, ad ogni ciclo di divisione, una citodieresi incompleta e rimangono connesse tra loro mediante ponti citoplasmatici durante tutta la fase di differenziazione. Ciò permette la sincronicità di sviluppo delle cellule a livello di ciascuna area dell’epitelio seminifero, infatti i singoli spermatozoi si separano solamente alla fine della fase di citodifferenziazione che porta appunto alla loro genesi. 3. Spermioistogenesi. Consiste nell’insieme di modificazioni post-meiotiche molto complesse attraverso le quali gli spermatidi si differenziano in spermatozoi. Comprende quattro fasi [1, 2]: Fase del Golgi. Nella regione citosolica adiacente al nucleo prende forma l’idiosoma, costituito dai due centrioli, cioè dal diplosoma, circondati dalle vescicole che formano il complesso del Golgi. Nel corso di questa fase le vescicole migrano ad un polo della cellula mentre al polo opposto permane il diplosoma a livello del quale i due centrioli si sistemano uno dietro l’altro ed in particolare, il centriolo prossimale permane in prossimità della carioteca e servirà allo zigote, poiché la cellula uovo durante la sua maturazione ne perde uno, mentre il centriolo distale si allontana e va incontro a modifiche che portano alla costruzione dell’assonema flagellare [1, 2]. Fase del cappuccio. Una volta raggiunto il polo della cellula opposto a quello in cui sta organizzandosi il flagello, le vescicole del Golgi prendono il nome di granuli procrosomiali e iniziano ad aggregarsi formando così l’acrosoma. Questo organulo contiene gli enzimi che 16 vengono rilasciati all’inizio della fecondazione per aiutare lo spermatozoo a penetrare negli involucri che circondano l’oocita secondario. Intanto i mitocondri migrano nella regione posteriore dove vanno ad avvolgere la porzione intermedia del flagello formando la guaina mitocondriale e fornendo al gamete l’energia necessaria al suo movimento [1, 2]. Fase dell’acrosoma. Il nucleo subisce una disidratazione e l’eucromatina al suo interno viene fortemente condensata in quanto gli istoni sono sostituiti dalle protammine che, essendo più basiche, legano più saldamente il DNA permettendo così la riduzione del volume cellulare, un movimento più agevole ed una maggiore protezione del DNA da danni fisici o mutazioni durante il trasporto al sito di fecondazione [1, 2]. Fase di maturazione. La formazione dell’acrosoma spinge il citoplasma verso la parte posteriore della cellula e ne induce l’eliminazione. Figura 5. Spermioistogenesi. 17 4. Spermiazione. Comprende le fasi finali del processo di spermatogenesi, quali l’interruzione del sincizio e il rilascio degli spermatozoi maturi nel lume del tubulo. I gameti, ancora immobili, subiscono poi ulteriori modificazioni morfologiche e funzionali all’interno dell’epididimo, infatti acquistano motilità e vanno incontro a decapacitazione. Questo processo consiste nel legame di proteine che, associandosi ai fosfolipidi di membrana, hanno la funzione di stabilizzare la membrana stessa evitando che la reazione acrosomiale, cioè il rilascio del contenuto acrosomiale, si verifichi troppo precocemente [1, 2]. Nei mammiferi le cellule germinali a diversi stadi di sviluppo si dispongono sulla membrana basale dell’epitelio seminifero in una combinazione ordinata e ripetitiva sia in senso temporale sia in senso spaziale, infatti cellule sempre più mature si sistemano in direzione radiale, dalla membrana basale verso il lume del tubulo, e longitudinale, lungo un tratto del tubulo [1, 2]. Questa organizzazione, visibile in sezione trasversale, è definita onda dell’epitelio seminifero e si compone di un numero differente di stadi secondo la specie: nell’uomo si distinguono VI fasi che comprendono otto stadi della spermatogenesi (Wistuba et al. 2003). La durata di questa onda nel tempo costituisce il ciclo dell’epitelio seminifero e nell’uomo è pari a 16 giorni, ciò significa che la progressione da uno spermatogonio agli spermatozoi derivanti dura circa 70-75 giorni, cioè quattro cicli e mezzo (Heller e Clermont 1964). Figura 6. Onda dell’epitelio seminifero. In azzurro la membrana basale, in rosso gli spermatogoni, in verde gli spermatociti primari, in giallo gli spermatidi, in grigio spermatozoi a vari stadi del processo di spermioistogenesi. 18 La regolazione ormonale della spermatogenesi L’adeguata secrezione di ormoni e la normale spermatogenesi da parte della gonade maschile sono garantiti dalla presenza di sofisticati sistemi di controllo integrati tra l’ipotalamo, l’ipofisi e il testicolo; questi meccanismi caratterizzano l’asse ipotalamoipofisi-testicolo. L’ipotalamo è il principale mediatore dell’attività cerebrale per la regolazione di tutti i processi omeostatici dell’organismo, infatti è proprio a questo livello che i segnali provenienti dall’ambiente interno e quelli provenienti dall’ambiente esterno vengono confrontati per generare le risposte adeguate [4]: in particolare, i neuroni neuroendocrini dell’ipotalamo secernono un fattore di rilascio, o releasing factor, per le gonadotropine (GnRH) attraverso il quale essi sono in grado di controllare l’attività ipofisaria e la produzione di ormoni, quali l’ormone follicolo-stimolante (FSH) e l’ormone luteinizzante (LH), che agiranno sulle gonadi, in questo caso sul testicolo, stimolando sia la sua funzione riproduttiva sia la sua funzione endocrina. Il GnRH rappresenta l’ormone principale per il controllo della funzione riproduttiva in quanto agisce stimolando la sintesi e il rilascio delle gonadotropine da parte dell’ipofisi. È un decapeptide e viene sintetizzato da una rete neuronale localizzata in una specifica regione ipotalamica che comprende la zona del setto, il nucleo arcuato e l’area preottica, tuttavia è stato osservato che il GnRH può essere sintetizzato anche da alcuni neuroni posti all’esterno dell’ipotalamo ma di comune origine embrionale, come quelli che costituiscono il lobo olfattivo [4]. La forma attiva del GnRH si ottiene a partire da un preproormone, un precursore di 92 aminoacidi, il quale in primo luogo subisce un taglio proteolitico che lo converte in un proormone di 69 aminoacidi; quest’ultimo viene infine convertito nella forma attiva di decapeptide a livello delle terminazioni nervose secernenti dell’ipotalamo. Il GnRH viene secreto in modo pulsatile (ogni 60-90 minuti circa) e presenta un’emivita di circa 10 minuti [5]. Per mezzo del circolo venoso portale ipotalamo-ipofisario raggiunge l’eminenza mediana della ghiandola pituitaria dove, interagendo con il proprio recettore specifico (GnRH-R), stimola una specifica via di trasduzione: 1. Produzione di diacilglicerolo (DAG) ed inositolo trifosfato (IP3) come secondi messaggeri; 19 2. Aumento della concentrazione citoplasmatica di Ca2+ sia attraverso il rilascio dello ione dalle riserve intracellulari sia mediante l’apertura dei canali ligandodipendenti posti sulla membrana cellulare. 3. Attivazione della proteinchinasi C. Le conseguenze dirette di questi meccanismi sono rappresentate dal rilascio della gonadotropine ipofisarie mediante esocitosi e dalla successiva degradazione del complesso recettoriale per il GnRH; questo verrà tuttavia ripristinato dalle cellule in un arco di tempo che riflette l’intervallo tra due picchi di rilascio del GnRH [5]. La funzione essenziale del GnRH è quella di stimolare la sintesi e la secrezione delle gonadotropine, FSH e LH, dalla regione anteriore della ghiandola pituitaria, l’adenoipofisi; è importante però sottolineare che una bassa frequenza di rilascio di GnRH favorisce la secrezione di FSH, viceversa l’alta frequenza di rilascio di GnRH tende a stimolare preferibilmente la secrezione di LH [5]. La regolazione della secrezione di GnRH è dovuta all’interazione complessa tra diversi neutrasmettitori e neuromediatori, infatti numerosi fattori e condizioni fisiopatologiche del sistema nervoso, tra le quali lo stress, possono intervenire nelle secrezione di questo ormone: ad esempio, la leptina e le afferenze dopaminergiche stimolano la secrezione di GnRH mentre la prolattina, la dopamina, la serotonina, l’acido γ-aminobutirrico (GABA) e l’interleuchina-1 svolgono un’azione inibitoria [4]. Nell’ultimo decennio studi effettuati sull’ipotalamo di uccello hanno evidenziato la presenza di due importanti neuropeptidi ipotalamici, successivamente scoperti anche negli altri Vertebrati: l’ormone inibente le gonadotropine (GnIH) e la kisspeptina. Il GnIH, legandosi al suo recettore specifico GPR147, inibisce la sintesi delle gonadotropine attraverso un meccanismo opposto a quello del GnRH. La kisspeptina invece, è codificata dal gene KISS-1 e interagisce con il recettore GPR54, in origine noto come metastasina per l’importante effetto sulla soppressione delle metastasi, mediante il quale stimola la secrezione di GnRH [6]. Studi condotti dalla University of Pittsburgh hanno osservato che la sintesi di kisspeptina viene stimolata dal primo bacio e innesca una cascata di reazioni ormonali che portano all’attivazione dei fattori di rilascio ipotalamici e di conseguenza, all’inizio della pubertà. 20 In effetti la sintesi di GnRH comincia già durante il periodo fetale e ciò influenza i livelli di gonadotropine durante le differenti età dell’individuo. Ad esempio, i bambini mostrano quello che è definito “periodo finestra” durante i primi sei mesi di vita nel quale è possibile individuare una certa funzione gonadica; dopo questo periodo, i livelli di gonadotropine seriche si riducono fortemente ma possono essere identificati nuovamente con l’inizio della pubertà [5]. Il legame del GnRH al suo recettore ipofisario induce la sintesi di gonadotropine da parte delle cellule gonadotrope, o cellule β, nell’adenoipofisi. FSH e LH sono due glicoproteine costituite ciascuna da due catene polipeptidiche definite subunità α e subunità β [10]: la subunità α è identica per le due gonadotropine ed è la stessa che compone anche l’ormone tireostimolante (TSH) e la gonadotropina corionica umana (hCG) mentre la subunità β differisce tra FSH e LH e garantisce la specificità di legame con il recettore, le differenti proprietà biologiche e l’identificazione a scopo diagnostico ma l’attività biologica delle gonadotropine è dovuta anche alla componente oligosaccaridica [7]. Il grado e la struttura di glicosilazione esprime differenti funzione, bioattività ed emivita per ogni glicoproteina, infatti è noto che le glicoproteine possono essere dotate di: 1. O-glicosilazione caratterizzata dal legame di un residuo di N-acetilgalattosamina (GalNAc) al gruppo carbossilico di un aminoacido tra serina e treonina [7]. 2. N-glicosilazione che è caratterizzata dal legame di un residuo di Nacetilglucosamina (GlcNAc) all’estremità N-terminale di un’asparagina (Asn) [7]. Gli oligosaccaridi terminano spesso con un residuo di acido sialico e/o con un gruppo di GalNAc solforilata e ciò influenza ulteriormente le caratteristiche delle molecole, infatti le isoforme ricche di solforilazioni vengono eliminate più velocemente dal circolo sanguigno rispetto alle isoforme meno solforilate a causa della loro affinità con il fegato; d’altro canto, le molecole ricche di acido sialico presentano un’emivita maggiore [7]. Nell’uomo l’effetto di FSH e LH sullo sviluppo delle cellule germinali è mediato da recettori per gli androgeni e per FSH accoppiati a proteine G e presenti rispettivamente sulle cellule di Leydig e sulle cellule del Sertoli sebbene queste ultime presentino sia i recettori per FSH sia i recettori per il testosterone perchè entrambe queste sostanze 21 stimolano l’inizio della gametogenesi e sono necessarie per il mantenimento di una spermatogenesi quantitativamente normale. L’FSH agisce all’interno del tubulo seminifero in quanto regola la funzionalità delle cellule del Sertoli ma il suo legame con il recettore (FSH-r) attiva anche specifici geni che codificano per fattori di crescita coinvolti nella regolazione della funzione delle cellule di Leydig; in questo modo esso svolge quindi un’azione diretta e indiretta sull’induzione della spermatogenesi, in sinergia con LH e sul suo mantenimento [8]. Invece, LH stimola la secrezione di testosterone da parte delle cellule di Leydig e innesca lo sviluppo puberale maschile. Il testosterone è un ormone di tipo steroideo e come tale, viene sintetizzato tramite una cascata di eventi a partire dal colesterolo; tutte le tappe intermedie che caratterizzano la sintesi di testosterone si trovano sotto il controllo di LH e sono catalizzate in massima parte dagli enzimi del gruppo del citocromo P450 (CYP450) localizzati all’interno delle cellule. La prima tappa del processo è rappresentata dall’idrossilazione e scissione della catena carboniosa laterale del colesterolo che porta alla formazione del pregnenolone il quale fuoriesce poi dal mitocondrio e viene trasferito al reticolo endoplasmatico, dove subisce le successive modificazioni enzimatiche da parte del CYP450. Il pregnenolone è il precursore di tutti gli ormoni steroidei (mineralcorticosteroidei, glucocorticosteridei e steroidi sessuali) e la sua sintesi controlla l’intero processo in quanto, anche in presenza di abbondante colesterolo, il proseguimento della via biosintetica è strettamente dipendente dall’attività del CYP450. Nella biosintesi del testosterone il pregnenolone può seguire due differenti percorsi: 1. Via del pregnenolone. Dal pregnenolone viene ottenuto il 17α- idrossipregnenolone che viene poi trasformato in deidroepiandrosterone da cui si ricava l’androstenediolo e quindi, il testosterone. 2. Via del progesterone. In questo caso il pregnenolone viene trasformato in progesterone, questo viene convertito in 17α-idrossiprogesterone e infine si formano prima l’androstenedione e poi il testosterone. 22 Via del progesterone Via del pregnenolone Figura 7. Via biosintetica del testosterone. Una volta formato, il testosterone viene riversato nel lume del tubulo seminale e nel circolo sanguigno attraverso il quale raggiunge i diversi organi bersaglio. In alcuni tessuti, come la prostata, i testicoli, i follicoli piliferi e le ghiandole surrenali, viene ulteriormente convertito in diidrotestosterone dall’enzima 5α-reduttasi per svolgere le proprie funzioni androgene [2]. È importante ricordare che i livelli di testosterone intratesticolare sono circa 50 volte più alti rispetto ai livelli di testosterone sierico, infatti i recettori per gli androgeni nel testicolo normale raggiungono la saturazione [5]. Nel plasma gli ormoni steroidei viaggiano in massima parte legati a proteine di trasporto specifiche, dotate di elevata affinità, in particolare la sex hormone-binding globulin (SHBG) trasporta il 60% del testosterone circolante totale, il 38% è legato all’albumina mentre solamente il 2% circola liberamente. Il testosterone libero rappresenta la forma biologicamente attiva dell’ormone in quanto solo questo è in grado di interagire con i 23 recettori, invece la forma legata alle proteine plasmatiche costituisce un’importante riserva ormonale [9]. Il testosterone prodotto dalle cellule di Leydig interagisce con il recettore per gli androgeni esposto sulle membrane delle cellule del Sertoli, entra nella cellula e si lega ad una proteina detta androgen-binding protein (ABP) agendo così per via paracrina. Nei tubuli seminiferi il testosterone svolge numerose funzioni [2]: Stimola la maturazione e la liberazione degli spermatozoi. Influenza lo sviluppo ed il mantenimento dei caratteri sessuali secondari, quali la crescita dei peli, l’ampliamento della laringe e lo sviluppo muscolare e scheletrico. Consente lo sviluppo ed il mantenimento della libido. Esercita un meccanismo di feedback verso l’ipotalamo e l’ipofisi per regolare la secrezione di GnRH e delle gonadotropine. In realtà, nel mantenimento della vitalità delle cellule germinali, il ruolo del testosterone e dell’FSH è operato in maniera sinergica, infatti nonostante la presenza di testosterone sia indispensabile per la maturazione degli spermatozoi, l’FSH svolge un ruolo attivo nella progressione degli spermatogoni di tipo A in spermatogoni di tipo B. L’asse ipotalamo-ipofisi-testicolo mantiene l’equilibrio dinamico mediante un controllo a feedback negativo poiché sono proprio i prodotti finali di questo meccanismo a regolare la produzione dei fattori stimolanti a monte. Infatti, il testosterone secreto dalle cellule di Leydig ha effetti soppressori sia sul rilascio di gonadotropine ipofisarie sia sulla secrezione di GnRH dall’ipotalamo poiché a questo livello interagisce con recettori specifici localizzati sui neuroni secernenti kisspeptina nel nucleo arcuato [5]. L'FSH invece, agendo sui recettori delle cellule del Sertoli, induce un meccanismo di trasduzione del segnale che porta alla produzione di inibina B, una glicoproteina costituita da due differenti subunità (α e β) unite da ponti disolfuro. L’inibina B, come il testosterone, sopprime la secrezione ipofisaria di FSH ed è a sua volta inibita da esso, si forma così un circuito chiuso nel quale concentrazioni elevate di FSH, legandosi ai propri recettori sulle cellule del Sertoli, stimolano la produzione di inibina B viceversa, ridotte concentrazioni della gonadotropina bloccano il rilascio di inibina B. 24 Figura 8. Regolazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-testicolo. Si pensa inoltre che la funzione testicolare sia regolata anche da altri fattori [5]: 1. Molecole secrete dalle stesse cellule germinali che agiscono sulle cellule del Sertoli; 2. Estrogeni che possono legarsi ai recettori specifici scoperti nei dotti efferenti, nelle cellule del Sertoli e nella maggior parte delle cellule germinali; 3. Gli ormoni tiroidei che intervengono nel sviluppo delle cellule del Sertoli. 25 Lo spermatozoo maturo e il liquido seminale A conclusione del processo di spermatogenesi si ottiene una cellula altamente specializzata, lo spermatozoo che è costituito da tre elementi: la testa, il collo e la coda. La testa, ovale e appiattita, è la porzione più grande (diametro: 3 µm, lunghezza: 5µm) e contiene il nucleo condensato e l’acrosoma; quest’ultimo occupa i due terzi anteriori della testa e contiene una grande quantità di enzimi, tra i quali ialuronidasi, collagenasi, neuraminidasi, fosfolipasi A e acrosina, la cui esocitosi a contatto con gli involucri ovulari, definita reazione acrosomiale, è indispensabile per garantire l’ingresso dello spermatozoo nella cellula uovo e quindi, l’efficienza della fecondazione [1]. Il collo è la regione di articolazione tra la testa e la coda del gamete maschile e contiene nove colonne proteiche in connessione con le nove fibre esterne del segmento intermedio della coda. Infine la coda dello spermatozoo, lunga circa 55 µm, si compone di tre regioni [1]: 1. Segmento intermedio. È la porzione flagellare più spessa e più vicina alla testa, al suo interno è presente l’assonema, costituita da una coppia di microtubuli centrali circondata da altre nove coppie periferiche: i microtubuli della coppia centrale sono circondati da una parete completa, mentre nelle coppie periferiche un microtubulo è completo e l’altro è incompleto e si inserisce a C sul microtubulo adiacente, inoltre le coppie microtubulari esterne sono collegati mediante dei bracci laterali di dineina, una proteina ad attività ATP-asica responsabile della conversione dell’energia chimica fornita dall’ATP in energia meccanica. A livello del segmento intermedio della coda l’assonema è circondata dalle fibre dense esterne e dalla guaina mitocondriale. Le prime si ritengono responsabili del mantenimento della struttura elastica passiva che rende possibile la curvatura del flagello e della protezione del gamete durante il suo transito nell’epididimo (Baltz et al. 1990) mentre la guaina mitocondriale risulta fondamentale per garantire il continuo apporto di ATP necessario al movimento. Il segmento intermedio termina in una struttura ad anello definita anello di Jensen, o disco terminale, il quale impedisce lo spostamento dei mitocondri 26 verso la regione più caudale; inoltre, è proprio a questo livello che si interrompono due delle nove fibre dense esterne. 2. Segmento principale. È il tratto intermedio della coda ed anche il più lungo (45 µm), è provvisto, oltre di sette fibre dense esterne, di una guaina fibrosa che conferisce stabilità alla struttura flagellare. 3. Segmento terminale. È l’ultima regione del flagello ed è costituito solamente dall’assonema circondato dal plasmalemma. Figura 9. Parti principali di uno spermatozoo umano maturo. Una volta maturi gli spermatozoi sono sospesi nelle secrezioni del testicolo e dell’epididimo, a cui si aggiunge al momento dell’eiaculazione, la secrezione della prostata, delle vescicole seminali e delle ghiandole bulbo-uretrali. Il prodotto finale è il liquido seminale, un fluido viscoso composto quindi dal plasma germinale, contenente sia componenti organici sia componenti inorganici e dai gameti che rappresentano la componente cellulare. Il plasma germinale consente la protezione e la nutrizione degli spermatozoi durante il trasporto alle vie genitali femminili, infatti è costituito da proteine, lipidi, 27 prostaglandine, ormoni, ioni, acido citrico, fruttosio, vitamina C, numerosi enzimi, zinco, carnitina e molte altre sostanze [2]. Ognuna di queste componenti svolge una specifica funzione: Il fruttosio e la carnitina sono coinvolti nel metabolismo e nella motilità degli spermatozoi, in particolare il primo è utilizzato come fonte di energia mentre l’altra viene impiegata per la produzione di energia. Diversi enzimi proteolitici, insieme con l’acido citrico, si occupano della liquefazione del liquido seminale. I lipidi proteggono le membrane degli spermatozoi dalle variazioni ambientali e possono anche rappresentare un’ulteriore fonte di energia. Lo zinco possiede funzione battericida diretta e indiretta e stabilizza la cromatina degli spermatozoi. I bicarbonati svolgono la funzione di tamponi neutralizzando l’acidità dell’ambiente vaginale. Il muco aumenta la mobilità degli spermatozoi lungo le vie genitali femminili. Le prostaglandine sono infine coinvolte nella soppressione della risposta immunitaria femminile contro gli spermatozoi. 28 La fecondazione La fecondazione rappresenta il momento fondamentale della riproduzione sessuale in quanto permette la sopravvivenza della specie mediante la fusione dei due diversi gameti, lo spermatozoo e la cellula-uovo; da questo processo casuale avrà origine lo zigote, cioè la cellula da cui si svilupperà il nuovo individuo [10]. Nella specie umana e nei Mammiferi in generale, la fecondazione è interna perché avviene all’interno dell’apparato genitale femminile in seguito ad una serie di meccanismi che permettono il contatto tra i due gameti. Per poter descrivere opportunamente questo processo è però necessario trattare brevemente il percorso del gamete femminile, l’oocita, dalla gonade fino alla sede di fecondazione. Il gamete femminile, a differenza dello spermatozoo, durante le fasi di maturazione si presenta avvolto da diversi strati cellulari di origine gonadica implicate non soltanto nel nutrimento dell’oocita ma anche nella secrezione di estrogeni. L’insieme di queste cellule costituisce il follicolo ovarico al cui interno, durante la fase follicolare del ciclo ovarico, l’oocita completa la prima divisione meiotica, cominciata durante il periodo embrionale e intraprende la seconda divisione meiotica che verrà interrotta alla metafase allo stadio di oocita secondario. L’oocita secondario viene espulso dall’ovaio durante la fase di ovulazione del ciclo ovarico in seguito alla stimolazione operata dal rilascio delle gonadotropine ipofisarie e follicolari. Poiché la meiosi non è stata ancora portata a termine e la citodieresi della prima divisione meiotica è asimmetrica, oltre all’oocita secondario che costituirà poi il gamete femminile viene espulsa anche un’altra piccola cellula definita corpuscolo polare, o polocita primario. L’emissione dell’oocita secondario e del corpuscolo polare consente anche la formazione degli involucri ovulari che derivano dalle cellule follicolari e rivestono ruoli molto importanti per la protezione e la maturazione del gamete; nei Mammiferi essi sono così costituiti: Zona pellucida. È una struttura di aspetto reticolare strettamente associata alla membrana plasmatica dell’oocita e costituita da tre componenti glicoproteici (ZP1, ZP2 e ZP3) organizzati diversamente per formare una zona superficiale, o strato esterno, con fibre più lasse per garantire il contatto con lo spermatozoo ed una zona profonda, o strato interno, con fibre più compatte e regolari coinvolta 29 nei processi molecolari che portano all’attivazione dell’oocita in seguito alla fecondazione. Cumulo ooforo. È formato da cellule ad azione steroidogenica immerse in un materiale mucoso ricco di acido ialuronico. Corona radiata. Pur presentando un’origine comune a quelle del cumulo ooforo le cellule della corona radiata svolgono azioni differenti, infatti esse mantengono un microambiente sano e favorevole alla fecondazione ed alle prime fasi dello sviluppo embrionale ed inoltre operano una fagocitosi nei confronti degli spermatozoi per limitare il numero di gameti maschili che giungono a contatto con l’oocita secondario. Figura 10. Meiosi per la formazione del gamete femminile. Maturazione del follicolo ovarico all’interno della gonade femminile. In seguito all’emissione dell’oocita secondario le cellule follicolari rimaste all’interno dell’ovaio costituiscono il corpo luteo che mantiene la funzione steroidogenica: se l’oocita viene fecondato il corpo luteo si accresce e prende il nome di corpo luteo gravidico aumentando la sua produzione di ormoni fino alla 20a settimana di gestazione, successivamente la sua funzione sarà sostituita dalla placenta; se invece la fecondazione non ha luogo il corpo luteo degenera formando il corpo luteo mestruale e viene riassorbito durante la mestruazione. L’oocita secondario espulso dall’ovaio durante l’ovulazione viene accolto dalle fimbrie digitiformi della tuba di Falloppio e condotto, mediante il movimento delle ciglia che ricoprono la mucosa tubarica e i movimenti peristaltici della sua muscolatura, alla parte più ampia della tuba, detta ampolla che costituisce la sede della fecondazione infatti è 30 proprio in questo punto delle vie genitali femminili che l’oocita incontrerà lo spermatozoo. Figura 11. Sezione frontale dell’apparato genitale femminile. 1. Cavità vaginale; 2. Canale cervicale del collo dell’utero; 3. Miometrio; 4. Endometrio; 5. Porzione intramurale della tuba uterina; 6. Istmo della tuba; 7. Porzione ampollare della tuba; 8. Padiglione (o infundibulum)con le fimbrie; 9. Sezione dell’ovaio. Al termine della loro maturazione all’interno del testicolo, gli spermatozoi subiscono una serie di modificazioni, prima all’interno delle vie genitali maschili poi anche durante il percorso nelle vie genitali femminili, che li rendono capaci di fecondare la cellula-uovo. Le prime trasformazioni necessarie per garantire la fecondazione da parte degli spermatozoi sono a carico dell’epididimo, infatti al termine del processo di spermioistogenesi gli spermatozoi vengono trasportati all’epididimo mediante movimenti peristaltici del tubulo perché sono ancora immobili. Nel giro di pochi giorni il sistema flagellare viene attivato e il gamete maschile diviene mobile. Inoltre, come già accennato precedentemente, la parete dell’epididimo è in grado di secernere diverse sostanze di natura proteica che, rimanendo legate alla membrana plasmatica del gamete fino al momento della fecondazione, in parte presentano un’azione decapacitante in quanto impediscono che la reazione acrosomiale si scateni troppo precocemente mentre altre permettono il riconoscimento con la zone pellucida o la membrana plasmatica dell’oocita. 31 Infine, le ghiandole sessuali accessorie (vescichette seminali, prostata e ghiandole bulbouretrali) secernono il liquido seminale che garantisce nutrimento e protezione agli spermatozoi assicurando così le condizioni ottimali per la loro sopravvivenza e facilitandone il trasferimento fino al fondo della vagina al momento dell’eiaculazione. Durante un rapporto sessuale circa 200 milioni di spermatozoi vengono depositati in vagina a contatto con il muco cervicale, una secrezione glicoproteica viscosa prodotta dal collo dell’utero che favorisce il movimento degli spermatozoi verso l’utero [3]. Fin da questo primo momento viene attuata una selezione dei gameti più mobili, quindi più idonei, mentre gli spermatozoi che non riescono a penetrare nell’utero sono rapidamente degradati dal pH acido dell’ambiente vaginale. Il movimento degli spermatozoi verso l’utero e da qui verso l’ampolla della tuba uterina, sede della fecondazione, è fortemente agevolato dalle contrazioni della parete muscolare delle vie genitali femminili e da diversi fattori presenti nel liquido seminale, quali [3]: Vescicolasi, prodotta dalle vescichette seminali, coagula una parte dell’eiaculato formando così un tappo che impedisce il reflusso degli spermatozoi in vagina. Prostaglandine stimolano la motilità uterina. Fruttosio rappresenta la fonte di energia degli spermatozoi. Durante la risalita lungo le vie genitali femminili gli spermatozoi, non ancora fecondanti, subiscono il processo di capacitazione. Questo importante evento comporta una serie di reazioni a carico delle strutture presenti nella membrana degli spermatozoi che non modificano l’aspetto morfologico dei gameti ma li rendono adatti a fecondare l’oocita. In realtà, gli eventi molecolari alla base della capacitazione non sono ancora stati chiariti completamente (Saling, 1989; Storey e Kopf, 1991), tuttavia si ritiene che tre azioni molecolari siano importanti: 1. Alterazione della fluidità della membrana plasmatica mediante variazioni nella composizione lipidica durante la capacitazione la concentrazione di colesterolo nella membrana plasmatica dello spermatozoo diminuisce (Davis, 1981), inoltre è stato scoperto che proprio l’albumina e la proteina 1 di trasporto dei lipidi, contenute nel siero delle vie genitali femminili, sono responsabili di questa rimozione (Langlais et al., 1988; Ravnik et al., 1992). 32 2. Eliminazione di particolari proteine o carboidrati dalla superficie spermatica ad essere rimosse sono le proteine che bloccano l’interazione dello spermatozoo con le componenti glicoproteiche della zona pellucida (Poirier e Jackson, 1981; Lopez et al., 1985; Wilson e Oliphant, 1987). 3. Fosforilazione delle proteine coinvolte nel legame con la zona pellucida e nella reazione acrosomiale questa reazione consente l’attivazione di queste proteine (Leyton e Saling, 1989). In ogni caso, non è ancora certo in quale misura ognuno di questi meccanismi contribuisca al processo di capacitazione, è certo però che gli spermatozoi che non sono stati capacitati vengono fagocitati dalle cellule della corona radiata e perciò non possono raggiungere l’oocita. La reazione di capacitazione consente anche l’esposizione sulla membrana cellulare dello spermatozoo di molecole capaci di interagire con sostanze, secrete dalle mucose delle vie genitali femminili, che operano un fenomeno di iperattivazione aumentando enormemente la motilità del gamete maschile verso la sede di fecondazione. Oltre ad aumentare la velocità degli spermatozoi è possibile anche che, quando sono pronte per la fecondazione, le componenti follicolari o l’oocita stesso siano in grado di secernere sostanze chemiotattiche capaci di conferire direzionalità al movimento del gamete maschile e di attrarlo verso l’uovo (Hunter, 1989). È chiaro comunque che il percorso degli spermatozoi dall’ingresso dell’apparato genitale femminile, cioè dalla vagina, fino alla sede della fecondazione, nell’ampolla tubarica, è lungo e difficile anche perché consente già di effettuare una prima selezione dei gameti più adatti; infatti solo 200 spermatozoi circa raggiungono il luogo della fecondazione mentre la maggior parte degenera e viene assorbita dalla mucosa delle vie genitali femminili [3]. Sebbene la fecondazione avvenga solitamente nell’ampolla tubarica, possono verificarsi dei casi in cui i due gameti si incontrino in altre regioni della tuba tuttavia ciò non ha mai luogo nel corpo dell’utero; infatti, se l’oocita non viene fecondato nella tuba passa lentamente fino all’utero, dove degenera e viene riassorbito. Solamente gli spermatozoi capacitati possono andare incontro a reazione acrosomiale, il processo attraverso il quale l’acrosoma rilascia gli enzimi responsabili della 33 degradazione di piccole porzioni degli involucri ovulari al fine di permettere l’ingresso dello spermatozoo fecondante nel citoplasma ovulare. È interessante notare che nell’uomo pare che lo spermatozoo che penetra nell’oocita sia quello che sviluppa la reazione acrosomiale proprio a contatto con la zona pellucida, molti spermatozoi infatti possono andare incontro a questo processo già in prossimità degli involucri ovulari cellularizzati, il cumulo ooforo e la corona radiata, ed è in particolare questo evento a permettere allo spermatozoo fecondante l’avvicinamento e il legame alla zona pellucida. Difatti il rilascio di ialuronidasi consente la degradazione dell’acido ialuronico che mantiene adese tra loro le cellule del cumulo ooforo mentre altri componenti, definiti enzimi della corona radiata, disperdono le cellule del secondo involucro ovulare. Sembra che anche gli enzimi secreti dalla mucosa tubarica favoriscano tale dispersione e che i movimenti della coda dello spermatozoo risultino pure importanti per la penetrazione della corona radiata. Il legame tra la membrana plasmatica dello spermatozoo e le glicoproteine costituenti la zona pellucida rappresenta il momento più importante per l’avvio della fecondazione in quanto il riconoscimento tra queste due strutture innesca la reazione acrosomiale e permette di conseguenza l’ingresso del gamete maschile all’interno dell’oocita; spermatozoi che hanno già rilasciato gli enzimi acrosomiali non sono capaci di penetrare la zona pellucida. L’importanza dell’interazione tra lo spermatozoo e la zona pellucida è provata dalla presenza di due livelli di riconoscimento operati da due componenti diverse della zona pellucida e precedenti il legame finale con la membrana plasmatica dell’oocita, l’oolemma. La specificità di questo riconoscimento è dovuto anche alla struttura fibrillare della zona pellucida: i filamenti principali sono composti da unità ripetute di ZP2 e ZP3 e sono legati tra loro da monomeri di ZP1, formando così una struttura reticolare. 34 Figura 7. Disegno della struttura fibrillare della zona pellucida. Immagine della zona pellucida al MES. Gli spermatozoi si avvicinano parallelamente alla superficie ovulare e vengono poi trattenuti a livello della zona pellucida dal legame di una serie di proteine dello spermatozoo capaci di riconoscere la regione oligosaccaridica della glicoproteina ZP3 (Florman e Wassarman, 1985). Sembra che i carboidrati della glicoproteina ZP3 si leghino ad almeno tre proteine specifiche presenti sulla membrana cellulare dello spermatozoo, infatti se anche una sola di queste proteine viene sperimentalmente inattivata, lo spermatozoo non può aderire alla zona pellucida. La prima di queste proteine lega specificamente i residui di galattosio di ZP3, tanto che Bleil e Wassarman (1980) hanno dimostrato che se questo residuo viene alterato, la capacità di legare lo spermatozoo viene persa. L’enzima N-acetilglucosamina-galattosiltransferasi, esposto subito al di sopra dell’acrosoma, riconosce poi lo zucchero N-acetilglucosamina su ZP3 e catalizza su esso l’aggiunta di un residuo di galattosio da una molecola di UDP-galattosio. Agendo proprio su questo meccanismo il legame tra gli spermatozoi e la zona pellucida può essere bloccato da: 35 1. Aggiunta di UDP-galattosio; 2. Rimozione dei residui di N-acetilglucosamina da ZP3; 3. Aggiunta di anticorpi che bloccano l’attività della glicosiltransferasi; 4. Aggiunta di un eccesso di glicosiltranferasi nel terreno di coltura. Una terza proteina dello spermatozoo che si lega alla zona pellucida è una proteina transmembrana con un residuo extracellulare specifico per ZP3 ed un sito intracellulare ad attività tirosinchinasica che viene attivato in seguito all’interazione con ZP3. Infine, altre proteine dello spermatozoo che potrebbero legare la ZP3 sono le zonadesine (Herlyn e Zischelr, 2008). Il legame dello spermatozoo con la ZP3 innesca la reazione acrosomiale attivando una proteina G che, mediante una via di trasduzione dipendente da una fosfolipasi C, stimola in minima parte la liberazione di Ca2+ dall’acrosoma; questo lieve aumento di Ca2+ citoplasmatico agisce attivando i canali al Ca2+ Ca2+-dipendenti presenti sulla membrana plasmatica dello spermatozoo che portano ad un enorme aumento di Ca2+ nella cellula. È proprio questa abbondante presenza di ioni Ca2+ a garantire il corretto adempimento della reazione acrosomiale; tuttavia, è stato dimostrato che essa può dipendere anche dalla presenza di prostaglandine e di differenti molecole che si trovano nelle tube, come il progesterone [10]. Nei Mammiferi la reazione acrosomiale avviene per deiscenza: la membrana acrosomiale esterna si fonde in più punti con la membrana plasmatica contenente i siti di legame per ZP3 e nei punti di fusione si formano dei pori attraverso cui gli enzimi acrosomiali possono essere rilasciati, contemporaneamente la membrana acrosomiale esterna e la membrana plasmatica, formando delle vescicole ibride, si staccano e nella regione posteriore dell’acrosoma la membrana esterna rimasta si fonde con la membrana plasmatica dello speramatozoo [10]. Gli enzimi acrosomiali rilasciati, in parte ancora sconosciuti, sono diversi e agiscono a optimum di pH differenti. Oltre alla ialuronidasi e agli enzimi della corona radiata, si distinguono: Acrosina. È Ca2+-dipendente e deriva dalla forma inattiva proacrosina, svolge la sua azione proteolitica sulla zona pellucida. Spermina. È la forma attiva dello sperminogeno ed ha azione simile all’acrosina. Fosfatasi acida e fosfatasi alcalina. 36 Fosfolipasi A2 e fosfolipasi C. Collagenasi. Figura 13. Reazione acrosomiale. Figura 8. Contatto tra lo spermatozoo e la zona pellucida nell’uomo. Al termine della reazione acrosomiale la parte anteriore della membrana plasmatica dello spermatozoo, contenente la glicoproteina ZP3, si è distaccata attraverso il meccanismo di deiscenza quindi lo spermatozoo rimane adeso alla zona pellucida instaurando un legame secondario tra le proteine della membrana acrosomiale interna e la glicoproteina ZP2 della zona pellucida; questo legame risulta più specifico del precedente tanto che spermatozoi che non hanno sviluppato la reazione acrosomiale, e quindi presentano ancora l’acrosoma intatto, non possono legarsi alla ZP2. È necessario 37 precisare che non sono del tutto note le proteine dello spermatozoo che legano ZP2, nel maiale il legame secondario è mediato dall’acrosina mentre nelle cavie si pensa che questo legame dipenda dalla proteina PH-20; nell’uomo l’analogo della proteina PH-20 non è stato ancora individuato anche se è stato notato che alcuni antigeni dello spermatozoo mostrano una distribuzione simile. Il riconoscimento dello spermatozoo da parte della ZP2 è seguito dalla lisi della regione della zona pellucida in cui si trova la testa dello spermatozoo e permette alla fine il contatto tra le membrane cellulari dei due gameti. La fusione è un processo attivo mediato da proteine specifiche presenti in una regione precisa della membrana dello spermatozoo, detta segmento equatoriale, posto ai lati della membrana posteriore dell’acrosoma; il contatto tra i recettori presenti nel segmento equatoriale ed i recettori presenti a livello dei microvilli dell’oolemma, tra cui è stato identificata la proteina CD9, è perciò tangenziale e determina l’estroflessione di un braccio citoplasmatico da parte dell’oocita che avvolge lo spermatozoo e lo trascina al suo interno. L’ingresso dello spermatozoo nel citoplasma ovulare provoca la liberazione degli ioni Ca2+ immagazzinati all’interno del reticolo endoplasmatico liscio dell’oocita. Questo evento è responsabile dell’attivazione dell’uovo che si realizza in meno di un’ora dall’ingresso dello spermatozoo mediante differenti processi. Il primo meccanismo ad essere portato a termine è definito reazione della zona pellucida e consiste nell’esocitosi di differenti molecole da parte dei granuli corticali, delle vescicole localizzate proprio nella regione corticale dell’oocita. Il meccanismo alla base di questa reazione è Ca2+-dipendente ed è simile a quello che porta alla reazione acrosomiale: l’attivazione di una fosfolipasi C induce la liberazione di Ca2+ dalle riserve citoplasmatiche e l’ingente aumento di questo ione all’interno della cellula innesca la fusione dei granuli corticali con la membrana plasmatica dell’uovo portando alla liberazione del loro contenuto. La liberazione di Ca2+ dai siti di immagazzinamento e la conseguente esocitosi dei granuli corticali comincia nel punto di penetrazione dello spermatozoo e si propaga poi come un’onda per tutta la superficie ovulare fino al polo opposto [10]. Lo scopo principale di questa reazione è quello di impedire l’ingresso di altri spermatozoi nell’oocita, cioè di prevenire la polispermia attraverso la modificazione e la 38 scissione dei legami tra i componenti glicoproteici della zona pellucida e i microvilli dell’oolemma, in particolare: L’enzima N-acetilglucosaminidasi rimuove i residui glicidici terminali di ZP3 portando così al distacco degli spermatozoi ancora legati ad essi e impedendo il legame di altri. Una proteasi elimina ZP2 dalla zona pellucida garantendone l’impossibilità a legare altri spermatozoi. L’aumento di Ca2+ intracellulare porta in un secondo momento all’attivazione dell’enzima NAD+ chinasi il quale innesca tutta una serie di reazioni tardive, quali: Biosintesi dei fosfolipidi necessari alla sintesi delle membrane cellulari. Aumento del metabolismo cellulare. Immediata attivazione del genoma per la produzione degli mRNA necessari alla sintesi proteica dell’embrione. La penetrazione dello spermatozoo nell’oocita induce il completamento della meiosi di quest’ultimo con l’espulsione del secondo corpuscolo polare, infatti al momento dell’ovulazione il gamete femminile è bloccato allo stadio di oocita secondario perché fermo alla metafase II; ciò consente all’uovo di dimezzare il suo corredo cromosomico e di ottenere quindi un nucleo aploide, mantenendo però il suo contenuto citoplasmatico. Al termine del processo meiotico i cromosomi ovulari vanno incontro a decondensazione originando così il pronucleo femminile. Anche lo spermatozoo subisce delle modificazioni, infatti nel citoplasma ovulare esso stacca la testa liberando il centriolo prossimale che poi servirà per la prima divisione mitotica dello zigote. Mentre la coda permane nella regione corticale della cellula-uovo ed è in seguito degradata, il nucleo viene invece trasportato verso il centro della cellulauovo e la cromatina al suo interno viene decondensata in quanto le protamine, che legano fortemente il DNA spermatico, vengono sostituite nuovamente dagli istoni; si forma così il pronucleo maschile. Successivamente i pronuclei si avvicinano e ognuno di loro replica il proprio DNA prima di entrare nella profase della prima divisione mitotica. Tuttavia, quando entrano in contatto i due involucri nucleari non si fondono per formare un unico nucleo diploide bensì si frammentano mentre i cromosomi di entrambi i pronuclei si condensano e si 39 dispongono nella regione equatoriale sulla piastra metafasica; avviene così il mescolamento dei cromosomi materni e paterni e la segregazione casuale di questi nelle prime due cellule del nuovo organismo. Nell’uomo, infatti il primo nucleo diploide dell’embrione si individua non nello zigote ma allo stadio di due cellule. Figura 16. Fecondazione. Eventi che portano alla fusione del materiale genetico paterno e materno nella prima metafase mitotica del nuovo organismo. Per molto tempo si è pensato che i due pronuclei, maschile e femminile, fossero equivalenti, in realtà però si è scoperto che i genomi derivanti dallo spermatozoo e dalla cellula-uovo sono funzionalmente differenti e ricoprono ruoli complementari durante alcune fasi dello sviluppo. Tali differenze funzionali dipendono dalla diversa metilazione degli alleli sui residui di citosina che comporta l’attivazione e/o l’inattivazione di alleli diversi nei due genomi durante il differenziamento delle cellule germinali. Questo processo prende il nome di imprinting e permane fino all’inizio dello 40 sviluppo embrionale, si interrompe nel corso dello sviluppo e viene riattivato nuovamente durante il differenziamento dei nuovi gameti, alla pubertà. Poiché in seguito al processo di imprinting alcuni geni importanti per lo sviluppo sono attivi solo se provengono dallo spermatozoo mentre altri geni simili sono attivi soltanto se provengono dalla cellula-uovo, si può concludere che per un corretto sviluppo dell’embrione e degli annessi embrionali sono necessari entrambi i pronuclei in quanto ognuno dei due presenta uno specifico ruolo durante la fecondazione che non può essere sostituito dall’altro pronucleo [10]. A questo punto ha inizio la prima fase dello sviluppo embrionale, la segmentazione, che dà origine all’organismo pluricellulare e precede l’organogenesi. La segmentazione continua lungo la tuba, l’embrione raggiunge la mucosa uterina, allo stadio di blastocisti, e qui si libera della zona pellucida. A partire dal settimo giorno di sviluppo comincia ad annidarsi nello spessore della mucosa uterina. 41 Infertilità L’infertilità è definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come l’incapacità di concepire dopo 12/24 mesi di rapporti mirati e non protetti. Si distingue un’infertilità primaria quando la coppia non ha mai avuto gravidanze ed un’infertilità secondaria se già sono presenti dei figli; con il termine subfertilità ci si riferisce invece ad un indice di fecondità ridotta di 3 o 4 volte rispetto alla norma, in questo caso le coppie dovranno attendere più tempo prima di concepire. È necessario inoltre definire con precisione i termini di infertilità e sterilità anche se essi vengono comunemente utilizzati come sinonimi. Si parla di infertilità quando la gravidanza non viene portata a termine, in questo caso si può intervenire con diagnosi precoce, cure farmacologiche e terapie adeguate oppure può essere necessario ricorrere alla procreazione medicalmente assistita (PMA). La sterilità invece, è una condizione fisica permanente dovuta, ad una patologia irreversibile; in questo caso l’unica terapia possibile è l’applicazione di tecniche di PMA più sofisticate [11]. L’infertilità è una condizione che coinvolge il 15-20% delle coppie in Europa; a livello mondiale si stima la presenza di 60-80 milioni di coppie sterili. In Italia, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) stima che circa il 30% delle coppie ha problemi di infertilità. Valutando questi dati bisogna però tenere presente che il tasso di infertilità di una popolazione può essere calcolato in modo diretto o indiretto. Il tasso indiretto di infertilità tiene conto di tutte le coppie in età fertile che non hanno avuto figli, in questo caso tuttavia si rischia di sovrastimare i dati perché l’assenza di un figlio può derivare dalla scelta di una coppia e non necessariamente da un problema di infertilità. Il tasso diretto di infertilità è certamente più affidabile in quanto si riferisce ai dati raccolti durante indagini demografiche specifiche condotte sull’intera popolazione o più spesso, sulle coppie che si rivolgono ai centri per la cura della sterilità [12]. L’infertilità può riguardare sia l’uomo sia la donna sia la coppia. I dati forniti dal Registro Nazionale sulla Procreazione Medicalmente Assistita suggeriscono che, negli ultimi anni, le percentuali di infertilità maschile e femminile sono quasi sovrapponibili, infatti l’infertilità maschile si attesta al 35,4%, l’infertilità femminile raggiunge il 35,5% e l’infertilità di coppia è pari al 15%. Bisogna comunque ricordare che il 13,2% dei casi di infertilità è definita idiopatica, cioè inspiegabile. 42 Vari fattori influenzano la condizione di fertilità sia nell’uomo sia nella donna: Frequenza coitale. Avere dei rapporti due/tre volte la settimana con un’astinenza di due/quattro giorni tra i due rapporti può garantire una migliore qualità del liquido seminale e consente di coprire il periodo fertile della donna, infatti l’oocita può essere fecondato solamente nelle 24 ore successive all’ovulazione anche se lo spermatozoo riesce a sopravvivere nella vie genitali femminili fino a sei giorni circa [11]. Età. La fertilità diminuisce con l’età in entrambi i sessi e tale riduzione è più significativa dopo i 35 anni; soprattutto per la donna l’età può essere considerata un marker indipendente della riserva ovarica e della qualità degli ovociti [11]. Uso di farmaci e droghe. Alcuni farmaci possono influenzare il numero degli spermatozoi mentre altri possono presentare azione teratogena [12]. Alcol. L’assunzione di alcol (da uno a cinque drink a settimana) può ridurre la percentuale di concepimento agendo attraverso il blocco dell’ovulazione e la diminuzione del numero e della motilità degli spermatozoi [12]. Peso. Il sovrappeso e il sottopeso possono influire negativamente sulla fertilità di entrambi i sessi, infatti dati epidemiologici suggeriscono che l’obesità e l’eccessiva magrezza sono causa entrambe di circa il 6% dell’infertilità primaria e del 12% dell’infertilità totale [12]. Ciò indica che nella maggior parte dei casi (il 70%) è sufficiente recuperare il proprio peso-forma per risolvere i problemi di infertilità. La scorretta alimentazione può comportare un’ovulazione insufficiente ad assicurare una gravidanza e può influenzare anche la gestazione, contribuendo all’insorgenza di gestosi e diabete gestazionale. Inoltre, le donne in sovrappeso incorrono anche in un maggiore rischio di aborti spontanei o malformazioni. D’altra parte, l’obesità maschile causa l’aumento della produzione di estrogeni e di conseguenza, una riduzione della produzione e della motilità degli spermatozoi. Fumo. Il fumo, sia attivo che passivo, riduce fortemente la fertilità perché induce nel sangue l’aumento di cadmio, metallo che ostacola l’assorbimento dello zinco, necessario per la corretta produzione del liquido seminale [12]. 43 Infertilità maschile Circa il 35,4% dei casi di infertilità è dovuta a cause maschili [12]. L’infertilità maschile è una condizione multifattoriale che, in base all’origine eziologica, può essere suddivisa in due categorie principali [11]: 1. Sterilità secretoria. Dipende da alterazioni nella produzione degli spermatozoi; può presentare differenti cause: Anomalie cromosomiche/geniche. I difetti genetici che possono causare infertilità comprendono sia le aneuploidie, cioè le alterazioni del numero dei cromosomi, sia i difetti strutturali, come traslocazioni, inversioni, duplicazioni e delezioni; esempi molto significativi sono la mutazione a carico del gene regolatore della fibrosi cistica (Cystic Fibrosis Transmembrane Conductance, CFTR) e le microdelezioni nel locus DAZ del cromosoma Y che possono provocare un’agenesia congenita bilaterale dei dotti deferenti e della vescicole seminali [1]. Tra le aneuploidie la sindrome di Klinefelter rappresenta la causa più frequente di ipogonadismo maschile, infatti si presenta in una percentuale di 0,15-0,2% di soggetti, equivalente a circa uno su 700 nati vivi. Si tratta della trisomia XXY dovuta, nella maggior parte dei casi, alla non disgiunzione di uno dei cromosomi X dell’oocita e comporta, come principali conseguenze, la riduzione della produzione di testosterone e l’azoospermia. La patologia può presentarsi, comunque, in diverse forme mosaicistiche, perciò le sue manifestazioni variano proporzionalmente al danno testicolare; i sintomi più comuni sono rappresentati da disarmonie scheletriche, riduzione di peli pubici e corporei, rallentamento della crescita della barba e della forza muscolare, ginecomastia e riduzione della libido e della potenza sessuale. La sindrome di Klinefelter è una disgenesia, cioè rappresenta una condizione di intersessualità in cui esiste sempre un conflitto tra sesso cromosomico, gonadico e fenotipico, a livello dell’apparato genitale interno o esterno o di ambedue. Si distinguono, infine, anomalie minori che emergono solitamente quando i sistemi di riparazione del DNA delle cellule germinali non sono in grado di correggere le alterazioni [14] e ciò può verificarsi in seguito a danni ossidativi, dovuti a loro 44 volta a diversi fattori legati al testicolo, al tratto genitale o alle condizioni ambientali. Criptorchidismo. Rappresenta una delle anomalie più frequenti dell’apparato urogenitale maschile e viene definito come la mancata discesa di uno (criptorchidismo monolaterale, lievemente più frequente sul lato destro) o di entrambi i testicoli (criptorchidismo bilaterale) nella borsa scrotale. Il testicolo colpito dalla disfunzione è trattenuto in un punto qualsiasi del tragitto che normalmente esso compie durante lo sviluppo embrionale, attraverso il canale inguinale, dalla parte inferiore del rene allo scroto ma in circa la metà dei bambini criptorchidi esso discende spontaneamente nello scroto entro il primo anno di vita. I testicoli colpiti da criptorchidismo si distinguono in base alla loro posizione nella via inguinale (addominale alta e bassa, inguinale, soprascrotale e scrotale alta), perciò si riconoscono testicoli retrattili, ritenuti ed ectopici. La presenza di criptorchidismo aumenta il rischio di sviluppare un tumore del testicolo di circa 10-20 volte. Ciò dipende principalmente dall’aumento della temperatura del testicolo, la quale causa la differenziazione di cellule germinali anomale e l’alterazione della sintesi endocrina [15]. Il criptorchidismo è presente nella manifestazione clinica di numerose patologie con anomalie cromosomiche ma anche in altre con eziologia non cromosomica. In genere si tratta di sindromi rare e piuttosto gravi tra le quali si ascrivono le uropatie malformative, le sindromi malformative complesse conseguenti a deficit ormonali per alterazioni dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonade e l’alterata sintesi di androgeni [16]; frequente è infine l’associazione tra il criptorchidismo e le anomalie dei cromosomi sessuali come le sindromi di Klinefelter, di Noonan e di Kallmann, oppure degli autosomi come la sindrome di Prader-Willy e le trisomie dei cromosomi 13, 18 e 21 [17]. Varicocele. Tra le principali cause di infertilità maschile, colpisce circa il 1720% degli italiani soprattutto nella fascia d’età tra i 25 e i 35 anni [18], il varicocele è la dilatazione varicosa delle vene testicolari e si presenta prevalentemente a sinistra a causa del percorso delle vene stesse. La fisiopatologia del processo è ancora incerta, infatti è difficile identificare il 45 fattore dominante e si pensa che molte cause diverse contribuiscano a causare il fenotipo infertile tipico di questa patologia: Ipertermia. La temperatura scrotale è solitamente mantenuta pochi gradi al di sotto della temperatura corporea in modo tale da ottimizzare l’ambiente idoneo alle normali funzioni testicolari. L’aumento della pressione venosa testicolare potrebbe comportare l’inefficienza del sistema e alterare la funzione del testicolo controlaterale poiché esiste un drenaggio collaterale fra i due testicoli [19]; Pressione venosa. L’aumento della pressione venosa influenza i capillari testicolari provocando lo squilibrio della pressione intracapillare e, di conseguenza, il danneggiamento del metabolismo testicolare [20]; Squilibrio ormonale. Studi di laboratorio effettuati dall’O.M.S. nel 1992 hanno dimostrato che soggetti di età superiore ai trent’anni con varicocele presentano livelli di testosterone serico più bassi rispetto ai soggetti under trenta [21]; questa differenza non è stata però riscontrata nei soggetti non affetti da varicocele. Tali osservazioni hanno permesso all’O.M.S. di concludere che la presenza di varicocele comporta la progressiva alterazione della funzione delle cellule di Leydig. Ulteriori studi si stanno ora concentrando sulle conseguenze che potrebbe avere la presenza di varicocele sulla funzione delle cellule del Sertoli; sembra, infatti che l’attività di queste componenti subisca una riduzione a causa delle variazioni dei livelli di inibina B serica [22]. Sostanze tossiche. Parecchi studi hanno rivelato che diverse sostanze endogene ed esogene sono responsabili della fisiopatologia del varicocele. L’accumulo di metaboliti endogeni nella circolazione renale e surrenale, provocato dall’aumento del reflusso venoso in uomini affetti da varicocele, può compromettere la qualità del seme [23]; a questo riguardo alcuni ricercatori hanno postulato che l’aumento della concentrazione di catecolamine nel circolo surrenale potrebbe causare la vasocostrizione testicolare e danneggiare il flusso testicolare di sangue [24]. Tra le sostanze esogene il fumo di sigaretta influenza negativamente i parametri seminali [25] mentre l’esposizione e 46 l’accumulo di cadmio nell’organismo compromette la spermatogenesi, la funzione spermatica e di conseguenza, il potenziale riproduttivo. È stata riscontrata tuttavia una suscettibilità genetica al danno testicolare derivante dall’esposizione al cadmio, infatti alcuni esperimenti suggeriscono che la differente espressione della proteina trasportatrice del zinco ZIP 8 nel topo potrebbe fornire la spiegazione biologica del perché il varicocele colpisce gli uomini differentemente [26]. Specie reattive dell’ ossigeno (ROS). Sono necessarie per la normale funzione spermatica in quanto rappresentano un segnale di trasduzione intracellulare per facilitare la capacitazione degli spermatozoi [27]. In condizioni fisiologiche esiste un equilibrio fra la produzione e l’eliminazione di queste molecole, tuttavia alcune condizioni patologiche possono produrre un eccesso di ROS, i quali causano la perossidazione dei lipidi di membrana alterando la morfologia e la vitalità degli spermatozoi. Prove sperimentali mostrano, però, che la somministrazione di antiossidanti, come il glutatione e la carnitina, riesce a migliorare i parametri seminali in soggetti che presentano varicocele suggerendo così l’importanza dei ROS nella fisiopatologia di questo disturbo [28]. Infezioni genito-urinarie e malattie virali che possono provocare l’orchite. Il 1015% dei casi di infertilità è dovuto a diversi agenti infettivi, batteri principalmente ma anche virus e miceti, e alle infezioni delle ghiandole accessorie maschili, le cosiddette M.A.G.I. (Male Accessory Gland Infections). Gli agenti infettivi riescono a raggiungere gli organi riproduttivi attraverso il sangue o le lesioni che possono essere presenti nell’uretra e alterano le funzioni riproduttive in diversi modi: ad esempio essi possono portare ad una attività anomala delle cellule germinali, delle cellule del Sertoli, delle cellule di Leydig oppure stimolare l’infiltrazione di leucociti nell’apparato riproduttivo, portando così ad un’infertilità di tipo autoimmune, nei casi più gravi, inoltre, possono causare l’ostruzione parziale o totale dei dotti escretori. In base alla sede dell’infezione, alla porzione di tessuto che viene distrutto e all’alterazione di funzione subita dall’organo si distinguono infezioni asintomatiche e 47 sintomatiche. Tra le infezioni sintomatiche sono molto diffuse le uretriti e le epididimiti; le prime provocano i sintomi caratteristici dell’infiammazione ma anche perdite e disuria, cioè difficoltà nell’emissione delle urine mentre nel secondo caso si può avere dolore, arrossamento della cute e tumefazione dell’epididimo e del testicolo. Tra i batteri gram-negativi maggiormente responsabili delle infezioni genitourinarie maschili si annoverano Escherichia coli, che causa epididimiti acute e prostato-vesciculiti croniche, ma anche Ureaplasma Urealiticum e Chlamydia Trachomatis, responsabili maggiormente di infezioni croniche. Oltre ai batteri anche i virus possono causare infertilità attraverso diversi meccanismi. Il virus dell’immunodeficienza umana (HIV) induce fibrosi interstiziale, infiltrazione linfocitaria che porta a infertilità autoimmune, alterazione del numero delle cellule di Leydig, diminuzione del numero delle cellule germinali, alterazioni della spermatogenesi che portano alla produzione di un liquido seminale con azoospermia e oligozoospermia, cioè di un liquido seminale con una concentrazione di spermatozoi scarsa o nulla [1]. Anche il virus herpes simplex di tipo 2 (HSV 2) induce infertilità perché può determinare azoospermia e oligozoospermia. Alcune malattie infettive sono causa di infertilità se contratte in età riproduttiva. In particolare, fonti dell’Istituto Superiore di Sanità (I.S.S.) attestano che nel 2030% dei maschi che contraggono la parotite dopo la pubertà si assiste all’ insorgenza di orchite, una malattia infiammatoria molto dolorosa caratterizzata dal gonfiore di uno o di entrambi i testicoli. In alcuni casi l’orchite può evolversi in complicazioni quali la sclerosi dei tubuli seminiferi e l’atrofia del testicolo. L’orchite rappresenta una complicazione anche di infezioni quali l’HIV, l’Adenovirus, il virus coxsackie, il virus Epstein-Barr (EBV); la varicella, invece, evolve in orchite solo raramente e anche quando si verifica ciò, l’infezione si risolve in un breve periodo di tempo [29]. Le M.A.G.I sono dovute maggiormente alla diffusione di agenti patogeni, quali Neisseria gonorrhoeae e Chlamydia trachomatis, nella prostata e nelle vescichette seminali e possono comportare prostatiti croniche che, causando modificazioni biochimiche del secreto prostatico come l’aumento del pH e la 48 riduzione di componenti importanti quali zinco, magnesio, acido citrico e fosfatasi acida, influenzano negativamente la fluidificazione e la viscosità del plasma seminale, e la motilità degli spermatozoi; un’ulteriore conseguenza di queste infezioni è l’aumento dei leucociti nel liquido prostatico, definito leucocitospermia, e la successiva riduzione della motilità e, quindi, della capacità fecondante del liquido seminale. Ipogonadismo endocrino. L’alterazione della precisa coordinazione tra gli elementi costituenti dell’asse ipotalamo-ipofisi-testicolare può portare all’infertilità a causa della ridotta produzione di spermatozoi, soprattutto nel caso in cui l’ipofisi non possa secernere le gonadotropine in quantità sufficiente. Questo deficit ormonale viene identificato con il termine ipogonadismo ed è distinto in tre tipologie: Nell’ipogonadismo primitivo, o ipergonadotropo, la funzionalità delle cellule di Leydig è compromessa e ciò può danneggiare la produzione di testosterone o alterare i tubuli seminiferi provocando oligospermia o azoospermia e aumento delle gonadotropine. Nell’ipogonadismo secondario, o ipogonadotropo, e terziario, rispettivamente i danni all’ipofisi e all’ipotalamo causano una minore secrezione di gonadotropine che non è sufficiente a stimolare adeguatamente i testicoli, di conseguenza la produzione di spermatozoi sarà scadente provocando così impotenza e sterilità. Nel caso in cui ci sia resistenza agli androgeni, la risposta alla stimolazione ormonale risulta inadeguata. L’indagine clinica si svolge a tre livelli: innanzitutto si deve considerare se i livelli di testosterone del paziente risultano alterati, poi bisogna ricercare l’eziologia dell’anormalità eventualmente presente e infine è necessario definire una terapia ormonale che possa modificare lo stato di infertilità [30]. Il dosaggio plasmatico di FSH (ormone follicolo-stimolante) è il parametro più importante e significativo per valutare la funzione tubulare, poiché proprio il rilascio di quest’ormone da parte dell’ipofisi stimola nell’ uomo la produzione di spermatozoi; tuttavia anche i dosaggi di altri ormoni, come LH (ormone luteinizzante), testosterone e prolattina possono essere utili nella diagnosi di 49 ipogonadismo, in particolare i livelli plasmatici di FSH e LH consentono di distinguere l’ipogonadismo ipergonadotropo da quello ipogonadotropo. Cancro testicolare. Secondo l’AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro) i tumori al testicolo rappresentano circa l’1% di tutti i tumori maschili e il 30% dei tumori dell’uomo giovane [31]. Questo, come altri tumori, può compromettere la qualità del liquido seminale anche prima dell’inizio di qualsiasi trattamento, ad esempio si stima che il 40% degli uomini con linfoma di Hodgkin e il 50% dei soggetti colpiti da cancro testicolare producono una quantità molto bassa di spermatozoi. I trattamenti, come la chemioterapia e la radioterapia, alterano la funzione riproduttiva direttamente causando dei danni ai testicoli oppure indirettamente danneggiando l’attività dell’asse ipotalamo-pituitario [32], infatti si stima che soggetti sottoposti a trattamenti per la cura del cancro presentino una probabilità dimezzata rispetto ai loro fratelli di ottenere una gravidanza e che meno del 20% di essi osservi un miglioramento a livello della spermatogenesi da 37 a 48 mesi dopo il trattamento [33]. L’infertilità permanente, dopo una terapia per il cancro, è dovuta alla perdita delle cellule staminali: l’epitelio germinale è molto sensibile alle radiazioni e alle sostanze chemioterapiche, soprattutto agli agenti alchilanti, come la procarbazina e la vinblastina, che causano un danno diretto al DNA e all’RNA inducendo l’apoptosi [34]. Anche le cellule di Leydig sembrano essere abbastanza sensibili alla maggior parte dei regimi chemioterapici [35]. In caso di radioterapia l’area del corpo sottoposta alle radiazioni viene stabilita in base alla tipologia e alla dimensione del cancro: il danno primario ai testicoli si ha quando la radioterapia è mirata ai testicoli o ad aree vicine poiché gli spermatogoni risultano essere molto sensibili agli effetti delle radiazioni e anche dosaggi bassi possono causare danni irreversibili, il danno secondario, detto fallimento testicolare, invece può sopraggiungere quando il bersaglio della radioterapia è il cervello, dato che ciò può determinare delle lesioni a livello ipofisario e, di conseguenza, compromettere il rilascio degli ormoni per la funzione riproduttiva. 50 Anomalie morfologiche degli spermatozoi. Nella maggior parte degli individui la spermatogenesi dà origine ad una certa percentuale di spermatozoi caratterizzati da diversi tipi di anomalie. Il range di percentuale di spermatozoi normali sia in uomini fertili sia in uomini infertili infatti, è probabilmente compreso tra 0 e 30% e solamente in pochi questa percentuale supera il 25% (Menkveld et al., 2001). Le anomalie dei gameti maschili possono essere complessivamente suddivise in tre principali categorie: Anomalie della testa. Tra queste sono importanti la sindrome dello spermatozoo decapitato, che ha origine genetica e provoca il distacco della testa dal collo ad un certo punto della maturazione spermatica, le patologie del nucleo, dovute ad anomalie chimiche che alterano il legame tra DNA spermatico e protamine causando l’incompleta condensazione della cromatina ma anche le alterazioni della membrana plasmatica, che portano alla frammentazione degli organuli cellulari originando un fenomeno conosciuto come “reazione acrosomiale falsa o degenerativa”. Infine, tra le anomalie della testa un posto di rilievo è occupato dalle patologie acrosomiali le quali comportano la mancanza della fase di capacitazione nelle vie genitali femminili e quindi rendono gli spermatozoi incapaci di fecondare l’oocita: ad esempio, l’ipoplasia dell’acrosoma causa lo sviluppo difettoso della vescicola, l’agenesia dell’acrosoma ne impedisce del tutto lo sviluppo mentre in altri casi l’acrosoma può presentare delle inclusioni polimorfe che lo rendono disomogeneo. Anomalie del collo. Coinvolgono tutte le alterazioni che colpiscono il tratto intermedio del flagello. Tra queste, la sindrome di Kartagen è una patologia genetica indotta da una mutazione a livello del gene codificante per la dineina che la rende non funzionante. La dineina è la proteina fondamentale per l’attività delle ciglia e dei flagelli in quanto, metabolizzando l’ATP, fornisce l’energia necessaria al movimento; negli uomini affetti da tale patologia gli spermatozoi risultano, perciò immobili e incapaci di raggiungere il gamete femmine. Altri difetti 51 possono riguardare i mitocondri organizzati a formare la spira mitocondriale dell’assonema e/o l’assenza dell’intero tratto intermedio. Anomalie della coda. Si possono osservare spermatozoi in cui la coda è spezzata o avvolta attorno alla testa, altri invece possono presentare più code. 2. Sterilità escretoria. È secondaria ad ostruzioni delle vie d’escrezione e non è associata ad anomalie testicolari o anomalie ormonali. Può avere origine differente e viene generalmente indicata con il termine disfunzione. La disfunzione comprende una serie di problemi fisici o psicologici che comportano alterazioni dell’erezione o della frequenza dei rapporti sessuali sufficiente a impedire il deposito del liquido seminale all’ interno della vagina e rappresentano circa l’1% delle cause di infertilità maschile (Fertility Problems clinics, Western General Hospital, Edimburgh). Essi dipendono dalla presenza di anomalie congenite, quali il micropene, l’ipospadia e l’epispadia; questi ultimi sono caratterizzati dallo sbocco dell’uretra rispettivamente sulla faccia inferiore e superiore del pene anziché all’estremità come di norma e comportano difficoltà nell’emissione degli spermatozoi. Le disfunzioni di emissione degli spermatozoi sono anche acquisite, come nel caso della cicatrizzazione del frenulo, di traumi o della fimosi, la quale comporta un’eccessiva ristrettezza dello sbocco del prepuzio. Inoltre, la presenza di disfunzioni può influenzare l’eiaculazione o l’erezione. Le anomalie legate all’eiaculazione comprendono l’aneiaculazione, l’eiaculazione retrograda e altri disturbi psicologici o fisici che possono portare alla liberazione degli spermatozoi fuori dalla vagina. L’aneiaculazione è un disturbo raro caratterizzato dall’impossibilità patologica di eiaculare talvolta associata a problemi a livello del midollo spinale. Più frequente è l’eiaculazione retrograda che può essere congenita oppure acquisita in seguito a una frattura del bacino o a un intervento di chirurgia urologica. I difetti erettivi possono dipendere, invece, da fattori anatomo-fisiologici, come un’insufficienza nello sviluppo del pene o nella rigidità di erezione oppure una deformità dell’erezione che potrebbe 52 impedire la penetrazione; in molti altri casi le disfunzioni erettili sono secondarie a problemi psicogeni, a patologie o a stili di vita errati [1,36]. Come l’infertilità femminile anche quella maschile è fortemente influenzata dallo stile di vita dell’individuo. Innanzitutto, l’alimentazione eccessiva aumenta il rischio di patologie infiammatorie prostatiche croniche, molto frequenti negli uomini infertili, inoltre l’obesità o il sovrappeso riducono notevolmente il numero di spermatozoi che giungono a maturazione e mostrano un effetto indiretto sulla funzione erettile di uomini con diabete o ipertensione (American Society for Reproductive Medicine). Il fumo di sigaretta (più di 10 sigarette al giorno, Mahmoud et al., 1998) induce un danno diretto e progressivo alla spermatogenesi, quindi riduce la concentrazione di gameti maschili nel liquido seminale, ma anche la loro motilità, vitalità e morfologia; tali alterazioni risultano direttamente proporzionali al numero di sigarette fumate fino a raggiungere il 22% nei forti fumatori [12]. In aggiunta il benzopirene contenuto nel fumo di sigaretta può provocare alterazioni a livello del genoma spermatico impedendo così il corretto sviluppo dello zigote; è stato dimostrato ampiamente infatti, che anche nelle coppie in cui solo il partner maschile è un fumatore, si osserva una forte riduzione del numero dei concepimenti ed un aumento degli aborti spontanei. Tuttavia, smettere di fumare può aiutare a recuperare la concentrazione e la motilità degli spermatozoi. Pure l’alcol (più di sei unità al giorno) può agire direttamente sulla qualità della spermatogenesi e/o sulla elevata produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS) ad azione mutagena [1]. L’assunzione di steroidi androgeni anabolizzanti (AAS), derivati del testosterone, può interagire con il processo di regolazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-testicolo inducendo l’inibizione della sintesi di testosterone che manifesta i suoi effetti sulla spermatogenesi, provocando azoospermia e sui caratteri sessuali secondari, causando crescita del seno, voce “bianca”, atrofia testicolare, ecc. Gli steroidi anabolizzanti sono pericolosi per la salute in generale, infatti possono determinare patologie a carico del fegato, dell’apparato cardiovascolare e di tipo psichiatrico tuttavia, sebbene i loro effetti siano persistenti, l’interruzione della loro assunzione può condurre in parte al recupero della fertilità. 53 Un altro fattore di rischio per l’infertilità maschile, negli ultimi anni in aumento, è l’esposizione a sostanze tossiche come i metalli pesanti, il disolfuro di carbonio o i benzeni ma anche l’esposizione a un ambiente ad alta temperatura e l’assunzione involontaria di sostanze ambientali in grado di influenzare l’equilibrio ormonale, come gli xeno-estrogeni e gli anti-androgeni, possono agire negativamente sulla spermatogenesi [1]. Infine, l’abitudine a fare bagni caldi, i vestiti stretti, lo stress elevato e l’uso di droghe illegali possono essere causa di infertilità maschile. In particolare, tra gli stupefacenti è molto pericolosa soprattutto l’assunzione di marijuana, oppioidi narcotici, cocaina e metamfetamine perché provoca effetti avversi sull’asse ipotalamo-pituitaria-testicolare, sull’attività spermatica e sulla struttura testicolare. In letteratura le prove che confermano un potenziale impatto negativo delle droghe illegali sulla fertilità maschile sono limitate, tuttavia diversi studi ben progettati sono tuttora in corso per chiarire meglio la relazione tra l’assunzione di queste sostanze e il loro effetto sulla fertilità maschile [37]. Negli uomini l’infertilità idiopatica, o inspiegata, si riscontra nel 25-30% dei casi e sembra essere in aumento. 54 Ipogonadismo ipo-normogonadotropo L’ipogonadismo è una condizione patologica caratterizzata dalla riduzione della funzionalità della gonade in seguito ad un’inadeguata stimolazione ipotalamo-ipofisaria oppure ad una alterazione della funzionalità dell’apparato genitale. Può colpire individui di qualsiasi età e induce sintomatologia differente in base all’alterazione patologica e al momento dell’insorgenza. L’ipogonadismo secondario, o ipo-normogonadotropo, può dipendere da una carenza delle gonadotropine ipofisarie, LH e FSH, in seguito ad alterazioni a carico della ghiandola pituitaria; di conseguenza esso è definito anche ipogonadotropo perché è caratterizzato da: Bassi livelli serici di FSH; Bassi livelli di LH; Bassi livelli serici di testosterone. L’ipogonadismo secondario è detto isolato se dipende da un deficit ipotalamico congenito del fattore di rilascio per le gonadotropine (GnRH) che coincide con la sindrome di Kallmann. In realtà la patogenesi di questa malattia risulta in gran parte ancora sconosciuta benché sia stato scoperto il gene responabile; si tratta di KAL-1, codificante per una proteina di adesione neuronale denominata anosmina. La funzione dell’anosmina è di consentire ai neuroni ipotalamici secernenti GnRH di aderire ai neuroni olfattivi a livello della loro comune origine embrionale e di migrare lungo di essi fino a raggiungere la loro sede definitiva; in presenza di una mutazione a carico del gene KAL-1, la migrazione dei neuroni neurosecernenti ed olfattivi non avviene e ciò provoca il duplice difetto di ipogonadismo centrale e di anosmia, cioè di un senso dell’olfatto assente. La trasmissione della sindrome di Kallmann può essere X-linked o autosomica, dominante o recessiva, per cui essa viene considerata una patologia genetica complessa e multifattoriale perché la sua espressione può risentire anche dell’espressione di altri geni e dell’influenza di fattori ambientali. Come l’ipogonadismo primario, anche l’ipogonadismo secondario può dipendere da disordini congeniti oppure da alterazioni acquisite. 55 Le forme congenite si differenziano complessivamente in sindromi eredo-familiari con ipogonadismo ipogonadotropo costante e in sindromi eredo-familiari con ipogonadismo ipogonadotropo non costante. Nel primo caso i livelli di FSH e LH risultano costantemente ridotti; fanno parte di questo gruppo il deficit isolato di LH, o sindrome dell’eunuco fertile, caratterizzato dallo sviluppo sessuale imperfetto e anche da una modesta riduzione di FSH, e il panipopituarismo congenito in cui l’intera funzione adenoipofisaria risulta compromessa e ciò comporta un quadro clinico che, oltre alla mancata maturità sessuale, causa anche insufficienza surrenalica, ipotiroidismo e nanismo ipofisario. Anche mutazioni a carico del gene codificante per il recettore del GnRH o associate alla carenza degli ormoni ipofisari, ad esempio la mutazione a carico del gene PROP-1 la cui espressione porta alla genesi delle cellule gonadotrope dell'ipofisi così come le somatotrope, lattotrope e tireotrope, costituiscono cause importanti di ipogonadismo primario costante. Le sindromi eredo-familiari non costanti invece, sono meno gravi perché presentano una produzione di gonadotropine a momenti normale; tra queste le sindromi di Rud, Laurence-Moon-Biendl, caratterizzata da ritardo mentale, polidattilia e retinite pigmentosa, la sindrome di Prader-Willi, caratterizzata da bassa statura, ritardo mentale, ipotonia alla nascita e obesità e le sindromi di Mobius, Lowe, Leopard, Carpenter. Infine, tra le forme congenite di ipogonadismo secondario è compreso anche l’ipogonadismo ipogonadotropo con atassia cerebellare familiare che in genere esordisce tra la prima infanzia e la quarta decade di vita e si manifesta sia con sintomi cerebellari (alterazioni cortico-spinali, demenza, neuropatia assonale periferica, sordità) sia con i sintomi legati all’ipogonadismo. Le forme acquisite sono legate allo stile di vita e/o a patologie differenti che intervengono inibendo la produzione di gonadotropine o alterandone la struttura oppure arrecando danni all’apparato genitale: Farmaci. La somministrazione per lunghi periodi di farmaci, come oppioidi o corticosteroidi, può causare ipogonadismo secondario, come anche l’assunzione di analoghi di GnRH (Lupron), utilizzati per il trattamento del cancro alla prostata allo stadio avanzato; in questi casi l’ipogonadismo è temporaneo e la fertilità viene ripristinata al termine della terapia farmacologica. 56 Obesità e condizioni correlate. Il peso eccessivo, l’insulino-resistenza e il diabete mellito di tipo 2 sono associati a ipogonadismo secondario, infatti è sufficiente anche soltanto la modifica dello stile di vita, come la perdita di peso e l’esercizio fisico costante, al fine di ridimensionare questi disturbi e/o prevenirne l’insorgenza. In caso di obesità il livello totale di testosterone, la cui sintesi insieme alla spermatogenesi è l’obiettivo principale dell’azione di FSH e LH, può essere ridotto anche se il livello di ormone libero, quindi biodisponibile, può risultare nella norma. Ciò è dovuto principalmente all’effetto dell’iperinsulinemia sul fegato, che induce la riduzione nella sintesi delle globuline di trasporto degli ormoni sessuali. Inoltre, è stato osservato che i livelli serici di testosterone risultano maggiormente ridotti in individui obesi ed affetti da diabete mellito di tipo 2 piuttosto che in individui solamente obesi. Dati recenti (Dandona P, Dhindsa S, Chandel A, Chaudhuri A, 2009) mostrano che l’ipogonadismo ipogonadotropo non è associato con il diabete mellito di tipo 1 e che la bassa concentrazione di testosterone nei pazienti con diabete di tipo 2 è correlata spesso ad alte concentrazioni della proteina C-reattiva, ematocrito basso, aumento dell’adiposità regionale e totale, bassa densità ossea e disfunzione erettile. Età. Molti studi hanno mostrato una riduzione correlata all’età sia nei livelli di testosterone serico sia nei livelli di testosterone totale; ciò è generalmente definita andropausa ed risulta più frequente negli uomini over 60. Ematocromatosi. È una condizione legata all’eccesso di ferro e può comportare sia ipogonadismo primario sia ipogonadismo secondario, sebbene quest’ultimo sia molto più comune a causa proprio dell’accumulo di ferro a livello dell’ipotalamo, dell’ipofisi o dei testicoli. Iperprolattinemia. In genere cause comuni di iperprolattinemia negli uomini comprendono farmaci (antagonisti dopaminergici, antipsicotici, metoclopramide), adenomi ipofisari, ipotiroidismo, stress, insufficienza renale cronica, cirrosi epatica, traumi del torace e infezione attiva da Herpes zoster. In questo caso l’ipogonadismo è dovuto all’effetto diretto che l’eccesso di 57 prolattina svolge sulla secrezione pulsatile di GnRH ipotalamico necessaria per la corretta secrezione di FSH e LH. Anche altre endocrinopatie, come acromegalia, la sindrome di Addison (ipocorticosurrenalismo) e la sindrome di Cushing (ipercoticosurrenalismo), si trovano spesso all’origine di alterazioni a livello sessuale. Eccesso di estrogeni. Può essere sia di origine esogena, in seguito all’utilizzo di contraccettivi e creme contenenti estrogeni, sia di origine endogena, per la presenza di tumori testicolari. Abuso di steroidi anabolizzanti. Può provocare ipogonadismo secondario e atrofia testicolare che possono permanere per anni anche dopo l’interruzione dell’assunzione di steroidi. Anoressia nervosa. In questo caso risultano ridotte le concentrazioni seriche di testosterone e la risposta delle gonadotropine al GnRH, mentre i livelli di sex hormone binding protein (SHBG) aumentano perché la sua produzione viene modulata negativamente dall’insulina, ridotta in condizione di malnutrizione. È stato osservato che la soppressione della sintesi di GnRH è strettamente dipendente dall’ipoleptinemia, originata dall’anoressia nervosa; la leptina infatti, stimola la liberazione di GnRH dall’ipotalamo e di LH dall’ipofisi mediante un meccanismo mediato dall’ossido nitrico (NO). Infine, una recente indagine suggerisce che anche l’ipergrelinemia possa essere coinvolta nell’ipogonadismo ad opera dell’anoressia nervosa. HIV. L’infezione da virus dell’immunodeficienza umana causa ipogonadismo primario e secondario. Quest’ultimo è presente in pazienti con infezione attiva, in pazienti con terapia antiretrovirale in corso e persino nei pazienti che possiedono quantità di linfociti CD 4+ normale. L’ipogonadismo nei soggetti HIV-positivi è multifattoriale e può essere correlato a perdita di peso, infezioni opportunistiche dell’ipotalamo, dell’ipofisi o dei testicoli e farmaci. Malattie croniche. Patologie croniche, come cirrosi epatica, insufficienza renale e artrite reumatoide provocano comunemente ipogonadismo in seguito a disfunzioni a tutti i livelli dell’asse ipotalamo-ipofisi-testicolo. Anche in questo caso l’eziologia è multifattoriale perché dipende non solo dai disturbi metabolici 58 caratterizzanti queste patologie, ma pure le ricorrenti manifestazioni acute e l’ospedalizzazione necessaria per le infezioni frequenti di questi pazienti immunocompromessi. Alcol. L’alcol può avere effetti avversi a tutti i livelli dell’asse ipotalamo-ipofisitesticolo, risultando in bassi livelli di testosterone serico e spermatogenesi ridotta. Ipotiroidismo primario cronico. La condizione di ipogodismo primario può, a lungo termine, danneggiare l’ipotalamo e l’ipofisi e di conseguenza, alterarne la funzionalità. Radiazioni. Tra le cause iatrogene molto importante è l’irradiazione del cranio, della faringe o della regione oculare e cervicale alta; sembra infatti che irradiazioni superiori a 8 000-10 000 rad possano provocare danni permanenti all’ipofisi. In base all’epoca di comparsa l’ipogonadismo può essere distinto inoltre in ipogonadismo puberale, se si sviluppa prima della pubertà, e in ipogonadismo postpuberale, se le manifestazioni andrologiche si verificano in età matura; questa distinzione è dovuta alla presenza di quadri clinici molto diversi. Quando l’ipogonadismo compare prima della pubertà, le manifestazioni cliniche coincidono fondamentalmente con uno sviluppo sessuale incompleto o assente che si evidenziano con: Organi genitali infantili; Distribuzione pilifera non corrispondente a quella di un adulto; Proporzioni scheletriche eunucoidi; Mancato sviluppo muscolare; Debole o assente interesse sessuale; Assenza del cambio del tono di voce. In questo caso l’infertilità è di norma causata soprattutto dalla mancanza della spermatogenesi. 59 Figura 17. Manifestazioni cliniche di ipogonadismo ad insorgenza prepuberale. Se il deficit androgenico avviene in età post puberale, le manifestazioni cliniche sono più attenuate e consistono in particolare in: Progressiva riduzione della massa muscolare con astenia; Riduzione della libido; Disfunzione erettile; Riduzione della spermatogenesi; Difficoltà di concentrazione; Dimensioni testicolari e prostatiche ridotte; Aumentato rischio di osteoporosi. 60 Terapia per l’ipogonadismo È possibile trattare l’ipogonadismo farmacologicamente mediante l’utilizzo di diverse preparazioni. Nel caso di ipogonadismo primario, o ipergonadotropo la terapia sostitutiva a base di ormoni non è indicata e non ottiene una risposta adeguata da parte dell’organismo perché questa condizione dipende da un danno testicolare; tuttavia in alcuni casi si può ricorrere alla somministrazione di testosterone che permette di ripristinare i caratteri sessuali secondari e mantenerli, conservare il desiderio e migliorare l’attività sessuale, prevenire l’atrofia muscolare e l’osteoporosi, così come migliorare l’umore. Invece, in caso di ipogonadismo secondario, o ipo-normogonadotropo le cellule del Sertoli non ricevono lo stimolo necessario al mantenimento della spermatogenesi e la concentrazione di testosterone intratesticolare non è sufficiente alla conservazione dei caratteri sessuali. In questo caso il tipo di terapia applicato dipende dal desiderio del paziente di recuperare un discreto livello di fertilità. La terapia sostitutiva con testosterone rappresenta il trattamento classico per i maschi adulti affetti da ipogonadismo ipogonadotropo, soprattutto essa è indicata per gli uomini che sono già genitori e viene utilizzata principalmente per eliminare i sintomi ed i segni caratteristici di ipogonadismo ipogonadotropo; infatti, l’assunzione di testosterone, disponibile in diverse preparazioni farmacologiche (iniezioni per via intramuscolare, compresse, cerotti e gel), comporta l’aumento della massa e della forza muscolare nonché della densità ossea, il miglioramento della risposta agli stimoli di natura sessuale, la diminuzione della massa grassa e conferisce inoltre, un senso di benessere al paziente. Nonostante la terapia sostitutiva con testosterone influenzi positivamente gli stimoli di natura sessuale, essa non è sufficiente da sola a indurre un recupero soddisfacente della fertilità nell’uomo affetto da ipogonadismo secondario, o ipogonadotropo. Difatti, sono noti dei pazienti in cui il testosterone è controindicato, come nei soggetti affetti da cancro alla prostata, disturbi del tratto urinario inferiore o alti livelli di PSA, cancro alla mammella, sindrome da apnea ostruttiva del sonno (OSAS), insufficienza cardiaca congestizia e patologia coronarica. Inoltre la terapia continuata con testosterone può indurre differenti effetti collaterali; tra i disturbi più comuni si individuano l’eritrocitosi, 61 il peggioramento del carcinoma prostatico e delle metastasi, la ginecomastia, l’induzione o il peggioramento di OSAS, il peggioramento della spermatogenesi ed edema agli arti inferiori nei pazienti con insufficienza cardiaca. D’altro canto, per gli uomini che desiderano procreare è necessario ricorrere al trattamento con gonadotropine o GnRH. In questi casi, il recupero della spermatogenesi si può ottenere attraverso due percorsi: 1. Nei soggetti con alterazioni a livello ipotalamico è possibile effettuare una terapia con GnRH pulsatile mediante iniezione sottocutanea a livello della parete addominale ogni 2 ore, utilizzando una dose di 100-400 ng/Kg. La terapia con GnRH risulta tuttavia poco diffusa anche a causa dei costi elevati e della scarsa praticità. 2. In tutti gli altri casi di ipogonadismo secondario e obbligatoriamente nei casi in cui l’ipogonadismo dipende da lesioni a carico dell’ipofisi od a difetti strutturali dei recettori per GnRH, si ricorre invece alla somministrazione con gonadotropine sia urinarie sia ricombinanti. In genere il trattamento inizialmente prevede l’utilizzo di 1000-2500 Unita Internazionali (UI) di hCG (Human Chorionic Gonadotropin) sottocutaneo o intramuscolare 2-3 volte a settimana per 8-12 settimane. Questa fase iniziale è detta fase di induzione ed è fondamentale perché induce un primo aumento del livello di testosterone. Negli individui in cui la concentrazione di FSH endogeno è insufficiente è necessario proseguire la terapia combinando l’hCG con 75-150 UI di FSH tre volte alla settimana per lo stesso periodo di tempo. La possibilità di ricorrere alla somministrazione di gonadotropine al fine di recuperare la fertilità sia maschile sia femminile risale al 1910 quando è stato scoperto che l’ipofisi possedeva un ruolo fondamentale nella regolazione dello sviluppo gonadico, successivamente Zondek e Ascheim (1927) hanno dimostrato che le gonadotropine estratte dal sangue di cavalle gravide (PMSG) e di donne (post mortem dalla ghiandola pituitaria) induceva una risposta ovarica. Negli anni ’40 i ricercatori hanno iniziato ad estrarre le gonadotropine dall’urina. Gonadotropine estratte dall’ipofisi umana e PMSG sono state utilizzate in Europa e negli USA fino ai primi anni ’60, quando si è scoperto che tali sostanze inducevano la sintesi di anticorpi anti-ormone capaci di impedire la risposta ovarica con stimolazioni 62 ripetute. Negli anni ’80, in seguito alla comparsa in differenti Paesi di casi di demenza e morte dovute alla malattia di Creutzfeldt-Jacob iatrogena e legati all’uso di gonadotropine ipofisarie umane, esse sono state ritirate dal mercato. I progressi nella tecnologia del DNA hanno poi permesso lo sviluppo di FSH umano ricombinante, che è stato reso disponibile in commercio a partire dal 1995. Ciò ha consentito nei decenni successivi un enorme diffusione dei farmaci a base di gonadotropine: nel 2000 è stato commercializzato l’LH ricombinante e l’anno seguente anche hCG ricombinante era disponibile. I più recenti sviluppi includono FSH a lunga azione nel 2010 ed iniettori a penna che consentono di somministrare dosi precise di FSH, LH e hCG nel 2011. Figura 18. Tappe fondamentali nella produzione di farmaci contenenti gonadotropine. Per comprendere al meglio il meccanismo d’azione delle preparazioni a base di gonadotropine disponibili in commercio è indispensabile riassumere brevemente le caratteristiche strutturali e funzionali delle gonadotropine naturali. FSH, LH e hCG sono delle glicoproteine costituite da due subunità: α, uguale per tutte e β, specifica per ognuna della tre; a quest’ultima è legata la componente glucidica che riveste un ruolo molto importante per l’azione dei tre ormoni: La catena oligosaccaridica di FSH è associata a residui di N-asparagina sia sulla subunità α sia sulla subunità β. La quantità di oligosaccaridi legati alla 63 molecola, cioè il grado di glicosilazione dell’FSH, è il maggior determinante per le differenze nelle attività chimico-fisiche e biologiche di questa gonadotropina e influenza la sua emivita ed acidità. In particolare l’FSH maschile si presenta iperglicosilato e di conseguenza, possiede un’emivita significativamente lunga (da 3 a 4 ore) dovuta al ridotto catabolismo epatico, infatti l’acido sialico impedisce il legame dell’FSH con i recettori degli epatociti e quindi ne ritarda la degradazione. LH presenta un singolo sito di N-glicosilazione sulla subunità β e pochissimi residui di acido sialico, difatti ha una emivita breve (20-30 minuti). La subunità β di hCG è costituita da una sequenza aminoacidica del tutto simile a quella di LH ad eccezione della sua estremità C-terminale che contiene quattro siti di O-glicosilazione e due siti di N-glicosilazione. Proprio grazie all’elevato grado di glicosilazione e all’abbondanza di acido sialico, l’emivita di hCG è molto più lunga rispetto a LH (24 ore). Inoltre, poiché la struttura di LH e hCG è del tutto simile, essi interagiscono con lo stesso recettore. I recettori per FSH ed LH sono accoppiati a proteine G e si compongono di sette domini transmembrana. L’attivazione recettoriale si ha in seguito al legame dell’ormone con la regione N-terminale esposta sul versante extracellulare e permette la trasmissione del segnale di trasduzione dal complesso ligando-recettore ai domini trans membrana. I farmaci contenenti gonadotropine disponibili in commercio sono composti allosterici che presumibilmente interagiscono con i domini transmembrana anziché con la regione N-terminale; di conseguenza, il percorso di trasduzione del segnale potrebbe essere differente da quello indotto dai ligandi nativi. Le preparazioni utilizzate per il trattamento dell’ipogonadismo ipogonadotropo maschile oggi presenti sul mercato comprendono: Menotropina (hMG – human menopausal gonadotropin). La Menotropina è estratta dall’urina delle donne in menopausa e può essere impiegata sia in caso di infertilità maschile sia in caso di infertilità femminile. È un farmaco costituito da FSH ed LH in uguale concentrazione e per questo motivo viene utilizzato nell’uomo per il trattamento dell’oligozoospermia, cioè la scarsa quantità di spermatozoi nel liquido seminale, dovuto a ipogonadismo ipogonadotropo. 64 Urofollitropina (FSH urinario). Le preparazioni a base di FSH urinario vengono prodotte mediante rimozione della molecola di LH ad opera di anticorpi monoclonali in modo tale da ottenere delle molecole di FSH biologicamente pure alla fine del processo. Sebbene le prime preparazioni contenevano ancora elevate concentrazioni di altre proteine urinarie oltre a FSH, gli ultimi progressi tecnologici hanno favorito l’utilizzo di anticorpi monoclonali altamente specifici per estrarre e produrre FSH altamente purificato (HP-hFSH). Quest’ultimo è disponibile in commercio dal 1993 e contiene < 0,1 UI di LH e < 5% di proteine urinarie. La somministrazione sottocutanea di gonadotropine ha rappresentato un notevole vantaggio per i pazienti rispetto alla somministrazione intramuscolare convenzionale grazie alla migliore tollerabilità e alla possibilità di effettuare l’autosomministrazione. FSH ricombinante. Viene ottenuto mediante l’utilizzo di un plasmide costituito da tratti di DNA batterico e dal segmento di DNA contenente i geni che codificano per le subunità α e β dell’FSH. Sfruttando la replicazione di una cellula ospite è possibile poi ricavare grandi quantità di FSH: inizialmente la tecnologia ricombinante si serviva soprattutto di Escherichia coli ma successivamente, vista la complessa struttura delle gonadotropine umane e la necessità di glicosilazioni post-traduzionali, che definiscono l’emivita e la bioattività della molecola, si è preferito produrre tutte le gonadotropine ricombinanti mediante l’utilizzo di colture cellulari ovariche di criceto cinese (chinese hamster ovary -CHO-) . Queste cellule sono geneticamente stabili, totalmente caratterizzate e facilmente transfettabili con DNA esogeno. Tuttavia, le cellule CHO posseggono un pool di enzimi che differiscono da quelli di tipo umano in termini di efficienza nella capacità di glicosilazione proteica, pertanto rec-hFSH derivato da esse presenta un grado di ramificazioni oligosaccaridiche minore ed un ridotto contenuto di acido sialico. Sono disponibili due tipi di FSH ricombinante (rec-hFSH) per uso clinico: 1. Follitropina alfa. Viene ottenuta utilizzando due vettori separati, uno per ogni subunità. 2. Follitropina beta. Si ricava sfruttando un singolo vettore che contiene le sequenze codificanti per entrambe le subunità. 65 Poiché i processi di produzione e purificazione dei due farmaci sono diversi, essi differiscono per la quantità di acido sialico contenuto nella componente oligisaccaridica della molecola e per il coefficiente isoelettrico. Comunque la follitropina alfa e la follitropina beta possiedono una struttura intrinseca simile che rende la loro efficacia clinica del tutto uguale, entrambe infatti sono applicate, in caso di ipogonadismo ipogonadotropo maschile, per stimolare la sintesi di spermatozoi. Gonadotropine con attività luteinica. Oltre alla Menotropina, descritta precedentemente, sono disponibili in commercio due farmaci differenti a base di LH: 1. Lutropina alfa (rec-hLH). Si compone di LH puro ottenuto mediante tecnologia ricombinante. 2. Una combinazione di FSH ed LH in un rapporto fisso di 2:1 prodotto sempre con tecnologia ricombinante. Coriogonadotropina alfa (rec-hCG). È la gonadotropina corionica umana prodotta mediante tecnologia ricombinante e presenta struttura e attività biologica simili a quelle di rec-hLH, infatti si lega allo stesso recettore. Tuttavia, l’azione di rec-hCG è marcatamente maggiore rispetto a quella di rec-hLH perché esso ha un’emivita più lunga e una maggiore affinità con il recettore. Nell’uomo rec-hCG viene somministrato per il trattamento di oligozoospermia e azoospermia anche in associazione con rec-hFSH. Prodotto Origine Nome Produttore commerciale HMG Urinaria Menomo; Ferring Repronex Urinaria HP-hMG Urinaria HP-hFSH Menopur Ferring Merional IBSA Fostimon IBSA Bravelle Ferring 66 U-hCG Urinaria Choragon Ferring Brevactid Ferring Choriomon, IBSA Gonasi HP Wyeth-Ayarst APL Biomed-Lublin Biogonadyl Schering-Plough Primogonyl Win-Medicare Endocorion Wyeth-Ayerst Corion Rec-hFSH Follitropina beta Ricombinante Puregon;Follistim Merck Sharp & Dohme Follitropina alfa Ricombinante Gonal-f MerckSerono Ricombinante Luveris MerckSerono Ricombinante Pergoveris MerckSerono Rec-hLH Lutropina alfa Rec-hFSH + rec-hLH 2:1 Follitropina + lutropina alfa Rec-hCG Ricombinante Ovidrel;Ovitrelle; MerckSerono Ovidrelle Tabella 1. Le più comuni gonadotropine disponibili per uso clinico. Le gonadotropine urinarie vengono prodotte in forma liofilizzata e poi ricostituite utilizzando acqua sterile prima dell’iniezione; ciò consente di ottenere farmaci caratterizzati da una maggiore attività specifica che quindi riescono a raggiungere l’effetto desiderato anche essendo somministrati a dosi minori. Tuttavia, anche se ottenute con tecniche di purificazione estremamente sofisticate, esse possono contenere più del 30% di proteine urinarie. Tra queste impurità è possibile scoprire anche la presenza di prioni, associati all’encefalopatia spongiforme trasmissibile (TSE), la cui inattivazione causa però la denaturazione delle altre proteine presenti, incluso FSH. Per tale motivo, l’utilizzo di farmaci di origine urinaria è stato ultimamente fortemente limitato anche perché i farmaci a base di gonadotropine ricombinanti invece sono continuamente caratterizzati e controllati. Per quanto riguarda le gonadotropine ricombinanti, anch’esse sono dotate di alta attività specifica e di conseguenza, vengono iniettate per via sottocutanea in volumi minimi 67 mediante delle siringhe appositamente sviluppate: si tratta di penne pronte all’uso, compatte e monouso, contenenti dosi di farmaco prefissate che possono essere somministrate in frazioni per parecchi giorni consentendo così una distribuzione del farmaco più precisa e dotata di maggiore tollerabilità. Figura 9. Esempio di iniettore a penna per follitropina beta. È stato dimostrato che una terapia della durata media di 64 giorni (Misell et al., 2006) con gonadotropine risulta efficace negli uomini affetti da ipogonadismo iponormogonadotropo, tuttavia il risultato finale del trattamento ormonale varia fortemente nei diversi pazienti. In più del 10% dei casi, il paziente sviluppa una risposta spermatica e livelli di testosterone serici soddisfacenti alla fine del periodo di trattamento tanto che si può ottenere il concepimento spontaneo entro 6-9 mesi dall’inizio della terapia ma in alcuni casi ciò avviene anche dopo più di due anni. In genere, la mancanza di gravidanza spontanea dopo 20 mesi di terapia induce la scelta di una tecnica di PMA adeguata al caso. L’inseminazione intrauterina (IUI) può rappresentare una buona opzione per uomini che dopo la terapia presentano una concentrazione di spermatozoi maggiore di 5 mln/ml ma non riescono comunque ad ottenere la gravidanza mediante fecondazione naturale. L’iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo (ICSI) è invece la tecnica di PMA maggiormente raccomandata per i pazienti che, pur avendo effettuato fino ad un anno di terapia, esibiscono una concentrazione di spermatozoi inferiore a 1 mln/ml o per pazienti che, avendo raggiunto una concentrazione di spermatozoi maggiore di 5 68 mln/ml, non hanno ottenuto la gravidanza per via naturale dopo 20 mesi. Nei pazienti con ipogonadismo ipogonadotropo che presentano azoospermia persistente, nonostante lunghi periodi di terapia ormonale, l’estrazione testicolare di spermatozoi (TESE) potrebbe essere un eccellente alternativa per poter ricorrere ad una tecnica di PMA. Le tecniche di riproduzione assistita sono un importante strumento per ottenere una gravidanza in coppie in cui il partner maschile presenta ipogonadismo iponormogonadotropo. Recentemente, un nuovo agonista recettoriale di FSH (e LH), assunto per os, ha mostrato una certa bioattività in studi animali. Ciò può rivelarsi di grande importanza per la sintesi dei futuri farmaci a base di gonadotropine che potrebbero essere assunti per via orale, rimpiazzando così le forme iniettabili oggi disponibili. 69 Gonal-f Il Gonal-f è un farmaco costituito dall’ormone follicolo stimolante ricombinante umano, o follitropina α, prodotto da colture ovariche di criceto cinese (CHO) mediante tecniche di DNA ricombinante. Il gene codificante per l’ormone viene inserito in CHO geneticamente modificate, successivamente il prodotto di sintesi di queste cellule viene estratto e purificato mediante immunocromatografia, infine viene quantificata l’attività biologica del farmaco. Il trattamento farmacologico con follitropina α viene prescritto in caso di infertilità sia maschile sia femminile e in particolare: Nella donna con anovulazione, cioè mancata maturazione del gamete, che non risponde adeguatamente alla terapia con clomifene citrato, un altro farmaco che stimola l’ovulazione; Nella donna in attesa di sottoporsi ad una tecnica di PMA per indurre la maturazione di più follicoli ovarici; Nella donna con ipogonadismo ipogonadotropo; Nell’uomo con ipogonadismo ipogonadotropo congenito o acquisito e nell’infertilità maschile, anche in associazione con hCG, per l’induzione della spermatogenesi. Il Gonal-f è presente in commercio in due diverse preparazioni: 1. Soluzioni iniettabili in formulazioni da 75, 300, 450, 1050 UI; 2. Soluzioni iniettabili in penna preriempita per autosomministrazione da 300, 450 e 900 UI. Dose (UI) Volume da iniettare (ml) 75 0,13 150 0,25 225 0,38 300 0,50 375 0,63 450 0,75 Tabella 2. Corrispondenza tra volume di Gonal-f da iniettare e dose di rec-hFSH. 70 Il Gonal-f viene assunto alle dosi raccomandate anche per l’FSH urinario ma per una durata di tempo minore. Sebbene possa essere somministrato anche per via intramuscolare, il Gonal-f è più frequentemente assunto per via sottocutanea con l’utilizzo di penne preriempite che consentono di iniettare sempre la dose corretta di farmaco e di raggiungere la concentrazione plasmatica idonea in tempi più brevi. Negli uomini con ipogonadismo ipogonadotropo la dose somministrata è di 150 UI tre volte la settimana per almeno tre mesi. È fortemente raccomandata l’analisi del liquido seminale, o spermiogramma, dopo circa 4-6 mesi dall’inizio della terapia ma se il paziente non risponde è possibile continuare il trattamento fino a 18 mesi. Figura 20. Penna per l’autosomministrazione di Gonal-f La somministrazione sottocutanea consente alla follitropina α di raggiungere una biodisponibilità assoluta del 74%. La biodisponibilità rappresenta una caratteristica fondamentale per l’azione farmacologica, infatti il suo valore rappresenta la quantità di farmaco che sarà distribuito mediante la circolazione sanguigna; in genere, si distingue: 1. Biodisponibilità assoluta. Si riferisce alla concentrazione attiva di farmaco in circolo in seguito ad una modalità di somministrazione diversa da quella di tipo endovenoso e viene calcolata dal rapporto tra la biodisponibilità di un farmaco con somministrazione diversa da quella endovenosa, in questo caso la via sottocutanea, e la biodisponibilità dello stesso farmaco quando somministrato per via endovenosa; quest’ultimo parametro è per definizione, pari al 100% perché l’intera dose di farmaco viene immessa direttamente nel circolo sanguigno. 71 2. Biodisponibilità relativa. In questo caso la misura della biodisponibilità è data dal rapporto tra la via di somministrazione del farmaco utilizzata e un’altra via di somministrazione, differente da quella endovenosa. Trasportata a livello del sito d’azione, il testicolo, la follitropina α interagisce con lo stesso recettore per l’FSH fisiologico inducendo gli stessi meccanismi molecolari intracellulari. Il recettore per l’FSH si trova sulla membrana plasmatica delle cellule del Sertoli e delle cellule di Leydig ed è costituito da un esteso dominio extracellulare caratterizzato da una regione ricca in leucina e numerosi siti di glicosilazione. Il legame con la follitropina α induce un cambiamento nella conformazione recettoriale che può innescare l’attivazione di due proteine G differenti, Gs e Gq. Le proteine G sono degli eterotrimeri formate dalla subunità α, ad attività GTPasica e dal complesso β-γ; la formazione del complesso farmaco-recettore comporta la sostituzione del GDP legato alla subunità α con il GTP, la dissociazione della subunità α-GTP dal complesso β-γ ed infine l’interazione di questa con enzimi citoplasmatici responsabili di due possibili vie di trasduzione: 1. Via della proteinchinasi A (PKA). La subunità α-GTP della proteina Gs attiva l’enzima adenilato ciclasi in grado di sintetizzare l’adenosinmonofosfato ciclico (AMPc) a partire da molecole di adenosina trifosfato (ATP); ciò comporta l’aumento della concentrazione di AMPc all’interno della cellula, responsabile dell’attivazione della proteinchinasi A (PKA) che regola la funzionalità di differenti proteine citoplasmatiche mediante la fosforilazione di specifici residui di serina e treonina. 2. Via della proteinchinasi C (PKC). L’attivazione della proteina Gq induce la scissione dei fosfolipidi di membrana per produrre inositolo 1,4,5-trifosfato (IP3) e 1,2-diacilglicerolo (DAG) da parte di una fosfolipasi C. IP3 stimola il rilascio di Ca2+ dai depositi intracellulari aumentando così la concentrazione citosolica del catione mentre DAG attiva la proteinchinasi C che, attraverso la fosforilazione di diversi residui aminoacidici, media l’azione delle componenti citoplasmatiche. 72 Figura 10. Possibili vie di trasduzione correlate al recettore per FSH. Entrambe le vie di trasduzione agiscono nella regolazione della gametogenesi e della steroidogenesi e sono indotte dalla follitropina α. Come la maggior parte dei farmaci, il Gonal-f viene eliminato principalmente dal fegato e dal rene. Una singola somministrazione sottocutanea da 150 UI di follitropina α presenta un’emivita, cioè il tempo necessario per dimezzare la concentrazione plasmatica di farmaco, di circa 37 ore, la concentrazione plasmatica massima è di 3 UI/l e viene raggiunta dopo 16 ore dalla somministrazione. In seguito a somministrazioni ripetute di follitropina α la fase di equilibrio, o steady state, in cui la concentrazione di farmaco che raggiunge il sito d’azione è pari alla concentrazione di farmaco eliminato, viene raggiunta dopo circa 3-4 giorni. Il Gonal-f non presenta interazioni significative con altri farmaci anche se l’uso concomitante con farmaci agonisti od antagonisti di GnRH potrebbe causare la desensibilizzazione ipofisaria portando alla necessità di dosi maggiori di follitropina α per stimolare una sufficiente risposta testicolare. 73 Il Gonal-f è controindicato nei casi di pubertà precoce, patologie neoplastiche ipotalamiche e ipofisarie, alterazioni prostatiche e testicolari; è importante considerare anche che il farmaco non può essere utilizzato in presenza di ipersensibilità al principio attivo e/o a qualcuno degli eccipienti e nei casi di insufficienza testicolare primaria che non consente di sviluppare una risposta adeguata alla terapia. Come tutti i farmaci, anche il Gonal-f può provocare nell’uomo reazioni avverse che in genere, vengono suddivise in: Molto comuni (più di 1 persona su 10) dolore, arrossamento, lividi, gonfiore e/o irritazione nella sede di iniezione. Comuni (circa 1 persona su 10) varicocele, ginecomastia, acne o aumento di peso. Molto rare (circa 1 persona su 10 000) gravi reazioni allergiche, come eruzioni cutanee, arrossamento della pelle, orticaria, gonfiore del viso e asma. 74 Scopo del lavoro Visto il ruolo sempre maggiore del fattore maschile nell’infertilità di coppia, il mondo scientifico, endocrinologi ed andrologi, si sta orientando sempre più allo studio di terapie farmacologiche associato ad un regime di vita più salubre. Durante lo stage, svolto nel laboratorio di Seminologia e Andrologia presso la Clinica del Mediterraneo di Ragusa, la mia attenzione è stata rivolta sullo studio di 18 pazienti di età compresa tra i 29 e i 45 anni affetti da ipogonadismo ipo-normogonadotropo in trattamento con terapie ormonali applicate ad un regime di vita più salubre allo scopo di migliorare lo stato di fertilità. Le terapie disponibili devono essere progettate in funzione del quadro clinico del paziente. I pazienti inclusi nello studio hanno adottato un protocollo di stimolazione ormonale con gonadotropine e precisamente follitropina alfa (Gonal-f). Lo schema terapeutico prevede tre somministrazioni settimanali (a giorni alterni) di 150 UI. La somministrazione di follitropina alfa rappresenta la terapia d’elezione per uomini affetti da ipogonadismo ipo-normogonadotropo. Infatti, numerosi studi riportano che la terapia per lunghi periodi con FSH ricombinante risulta più efficace e meglio tollerata rispetto alla terapia con FSH urinario ed in particolare in un recente studio, condotto dalla European Medicines Agency (EMA), la terapia con follitropina alfa è risultata efficace nella stimolazione della spermatogenesi nel 63% dei uomini che hanno assunto il farmaco. Abbiamo escluso dallo studio i pazienti che: hanno assunto nel trimestre precedente farmaci per terapie croniche; presentavano alterazioni tiroidee; presentavano iperprolattinemia; sono stati esposti a sostanze tossiche (vernici, anticrittogamici) e radiazioni; erano dediti al consumo di alcolici; affetti da criptorchidismo; presentavano MAGI in atto; dediti all’uso di stupefacenti ed anabolizzanti. 75 I pazienti inclusi nello studio hanno modificato il loro stile di vita nell’arco dei sei mesi precedenti l’inizio della terapia farmacologica: i fumatori hanno smesso di fumare o ridotto il consumo di sigarette giornaliero; i pazienti obesi e in sovrappeso sono stati inseriti in un programma alimentare controllato; è stata tollerata l’assunzione di mezzo bicchiere di vino a pasto; è stata consigliata attività fisica moderata per almeno 30 minuti al giorno. Ho iniziato il mio lavoro con la raccolta dei dati inerenti i parametri interessanti lo studio e la creazione di una tabella di lavoro. In laboratorio mi sono dedicata all’esame del liquido seminale soffermandomi sui seguenti parametri inerenti gli spermatozoi: motilità, concentrazione, morfologia degli spermatozoi e frammentazione del DNA spermatico prima del trattamento farmacologico e la successiva rivalutazione di tali parametri dopo tre mesi di terapia. È importante precisare che l’integrità del genoma spermatico ricopre un ruolo molto importante per ottenere il successo riproduttivo. L’oocita pur possedendo all’interno del suo citoplasma un pool enzimatico in grado di riparare eventuali danni al DNA spermatozoario, non riesce a ripristinare la corretta funzionalità se l’entità della frammentazione è superiore al 30%. 76 Materiali e metodi Inizialmente sono stati raccolti i dati anamnestici dei pazienti arruolati nello studio, quali l’età, il peso e l’altezza, l’abitudine al fumo ma anche la presenza di eventuali altre patologie e terapie con farmaci differenti. Questa prima fase dello studio ha rappresentato una fase decisiva del lavoro perché i fattori esaminati influenzano, da soli, i parametri seminali. Per ciascun paziente è stato eseguito il dosaggio di FSH, LH e testosterone libero, l'esame del liquido seminale ed il test di frammentazione del DNA spermatico. La concentrazione ematica di FSH, LH e testosterone è determinata mediante tecniche immunoenzimatiche. Per l'analisi del liquido seminale il campione viene ottenuto per masturbazione dopo aver avuto dai tre ai cinque giorni di astinenza e raccolto in un contenitore sterile con tappo a vite che riporta il nome del paziente e l’ora di raccolta; prima di cominciare l’esame è però necessario mantenerlo a 37 °C per circa 20 minuti così da permettere la fluidificazione dell’eiaculato. Completata la liquefazione, si può procedere con la valutazione dei parametri chimico-fisici: La viscosità e il volume vengono valutati mediante una pipetta monouso in plastica che consente di prelevare per intero il campione dal contenitore e di lasciarlo gocciolare per gravità in modo da verificare la lunghezza del filamento ottenuto: un liquido seminale normale fluisce goccia a goccia dalla pipetta ed ha un volume pari o maggiore a 1,5 ml mentre un seme anomalo forma un filamento lungo più di 2 cm. Il colore è avorio ma un liquido seminale alterato può apparire diversamente, ad esempio è rossastro se è presente emospermia, cioè se contiene emazie e giallastro in pazienti affetti da ittero o che assumono alcuni tipi di vitamine e farmaci. Il pH viene valutato tramite un indicatore con range da 7 a 8,4 tenendo presente che un pH pari a 7,2 è considerato come valore minimo soglia. A questo punto è utile effettuare una prima valutazione microscopica a fresco, su microscopio invertito ad ingrandimento 10x, che permette di valutare la presenza di spermioagglutinazione e di aggregazione nemaspermica, vale a dire la presenza di 77 adesione degli spermatozoi mobili o immobili tra di loro ma anche ai filamenti di muco, alle altre cellule o ai detriti, inoltre questa prima osservazione consente di stimare il numero di altre cellule presenti nel liquido seminale, cellule epiteliali del tratto genitourinario e cellule rotonde (leucociti e cellule germinali). Figura 11. Osservazione a fresco su vetrino La motilità spermatica è stata valutata con un’osservazione microscopica a fresco entro la prima ora dall’eiaculazione per limitare le alterazioni dovute alla disidratazione, al pH, ai cambiamenti di temperatura; collocando su un vetrino porta-oggetto 10 µl di campione, coprendo con vetrino copri-oggetto 22x22 mm ed effettuando l’osservazione su un microscopio invertito ad ingrandimento 40x si distinguono gli spermatozoi in quattro categorie in base al tipo di motilità: 1. Spermatozoi con motilità di tipo a (progressiva veloce), quelli che si muovono attivamente in modo lineare (> 25 µm/s a 37 °C); 2. Spermatozoi con motilità di tipo b (progressiva lenta o irregolare); 3. Spermatozoi con motilità di tipo c (non progressiva); 4. Spermatozoi con motilità di tipo d (immobili); 78 Gli spermatozoi con motilità di tipo a e quelli di tipo b, nel complesso, costituiscono la popolazione di spermatozoi progressivi (PR). Quando la percentuale totale di spermatozoi con motilità di tipo a, b e c è inferiore al 58% è necessario effettuare il test di vitalità per riuscire a distinguere quanti, tra gli spermatozoi immobili, sono comunque vitali. Il test di vitalità (eosin test) consente l’identificazione a fresco degli spermatozoi con membrana cellulare intatta, quindi vitali, mediante esclusione del colorante; infatti, le membrane cellulari danneggiate delle cellule morte permettono la penetrazione del colorante che normalmente non riesce a permeare la membrana. Per evitare effetti negativi dovuti alla disidratazione o al cambiamento di temperatura il test Eosina/Nigrosina deve essere effettuato entro la prima ora dalla fluidificazione del campione. Il test Eosina/Nigrosina si esegue utilizzando una soluzione contenente 0,1 g di eosina in 10 ml di soluzione allo 0,9% di NaCl e una contenente 1g di nigrosina in 10 ml di acqua distillata che, rendendo il fondo scuro, consente di distinguere più facilmente anche gli spermatozoi scarsamente colorati. La preparazione del vetrino prevede l’aggiunta di 50 µl di campione a 100 µl di soluzione contenente eosina, aggiungendo infine 150 µl di soluzione contenente nigrosina dopo aver atteso circa 30 secondi; sul vetrino porta-oggetto verranno infine collocati e strisciati con un vetrino copri-oggetto 10 µl della sospensione ottenuta. Il vetrino viene osservato su un microscopio ottico in campo chiaro ad ingrandimento 1000x ad immersione contando 100 spermatozoi e distinguendoli in vitali e non vitali. La vitalità degli spermatozoi viene determinata tenendo conto che le membrane plasmatiche delle cellule morte permettono la penetrazione di coloranti i quali invece non permeano le membrane delle cellule vitali. 79 Figura 12. Immagine al microspio ottico di un vetrino per il test Eosina/Nigrosina. Per determinare la conta spermatica, cioè il calcolo della concentrazione nemaspermica nel liquido seminale è necessario diluire un’aliquota del campione in acqua con rapporto 1:1 e utilizzare la camera di conta di Makler, costituita da due parti: una base metallica porta-oggetto su cui vengono posti 10 µl di campione e una parte superiore coprioggetto su cui è disegnata al laser una griglia quadrettata (100 quadretti di 0,1 x 0,1 mm ciascuno). Osservando la camera di conta al microscopio invertito ad ingrandimento 10x risulta che il numero di spermatozoi contati su ogni riga della griglia equivale alla concentrazione in milioni/ml. Figura 24. Griglia di conta. Camera di Makler. 80 Infine, per completare l’analisi del liquido seminale, è necessario effettuare la valutazione della morfologia spermatica. Dopo aver strisciato 10 µl di seme su un vetrino porta-oggetto, il campione viene fatto essiccare e successivamente si procede alla colorazione. Il processo prevede due diverse fasi: 1. Il primo colorante utilizzato è il May-Grunwald, costituito da eosinato di blu di metilene, che ci permette di evidenziare i nuclei in rosso-violaceo ed il citoplasma basofilo in blu. Il vetrino rimane a contatto con il colorante per quattro minuti e poi viene sciacquato con acqua distillata. 2. In un secondo momento viene applicato il colorante Giemsa, una miscela costituita da blu di metilene cloruro, blu di metilene eosinato, azurro II eosinato, che aumenta l’intensità della colorazione nucleare e la capacità di evidenziare selettivamente gli elementi cellulari. Tale colorante viene diluito 1:10 in acqua distillata, agisce per 18 minuti ed è poi rimosso tramite lavaggio del vetrino in abbondante acqua. Una volta asciugato il vetrino a temperatura ambiente, la valutazione della morfologia spermatica viene effettuata mediante l’osservazione di 200 spermatozoi in un microscopio ottico in campo chiaro con obiettivo 100x ad immersione ad olio. Viene osservato ogni spermatozoo esaminando la testa, il collo e la coda al fine di identificare se esso è normale o se presenta anomalie nelle sue diverse strutture; per considerare uno spermatozoo normale sia la testa che la coda devono essere normali e rispettare criteri precisi: La testa dovrebbe essere liscia, con contorni regolari e generalmente di forma ovale. La regione acrosomale al suo interno deve apparire ben definita e occupare il 40-70% dell’area della testa (Menkveld et al., 2001), deve essere priva di vacuoli, o comunque non dovrebbe contenere più di due piccoli vacuoli. Invece, la regione postaccrosomiale non deve contenere nessun vacuolo. Il tratto intermedio dovrebbe essere sottile, regolare e lungo come la testa, con l’asse maggiore allineato con l’asse maggiore della testa dello spermatozoo. Il residuo citoplasmatico rappresenta un’atipia solo quando eccede di un terzo la dimensione della testa dello spermatozoo (Mortimer, Menkveld, 2001). 81 La coda deve essere lunga circa 45 µm, con un calibro man mano più ridotto. In genere nel liquido seminale si possono individuare spermatozoi con differenti tipi di alterazioni che riflettono un basso potenziale di fecondazione e difetti del DNA. Figura 25. Alcune forme atipiche di spermatozoi. 82 1 2 Figura 26. Osservazione della marfologia dopo colorazione con May-Grunwald e Giemsa. 1: spermatozoo normoconformato. 2: spermatozoo con anomalia della testa. Infine, è stato eseguito un esame più approfondito che consente di analizzare l’integrità del DNA; infatti numerosi studi hanno dimostrato che, nonostante i parametri seminali siano nella norma, alcuni pazienti possono presentare il DNA spermatico altamente frammentato. La frammentazione del DNA spermatico viene valutata mediante il kit Halosperm il cui protocollo si basa sul test della dispersione della cromatina. Questo test induce la denaturazione del genoma e la rimozione della maggior parte delle proteine nucleari producendo così dei “nucleoidi” nei quali i loop di DNA si espandono formando degli aloni di cromatina dispersa; se il DNA risulta frammentato, gli aloni di dispersione non si formano o presentano dimensione ridotta. La metodica si esegue su campioni precedentemente congelati a - 20°C e portati a temperatura ambiente prima del test: 1. Dopo aver diluito il seme in terreno PBS ad una concentrazione di 5-10 mln/ml, si aggiungono 25μl di campione alla provetta di agarosio, precedentemente sciolto, fornita dal kit. 83 2. La sospensione della provetta è depositata su un vetrino pre-trattato, coperta con un vetrino copri-oggetto di 22x22 mm e lasciata solidificare per 5 minuti a + 4°C. 3. Si immerge il vetrino, privato del vetrino copri-oggetto, in una soluzione di denaturazione, preparata aggiungendo 80 μl della soluzione contenuta nel kit a 10 ml di acqua distillata, per 7 minuti a temperatura ambiente. 4. Si lascia il vetrino in incubazione in 10 ml di soluzione di lisi per 25 minuti a temperatura ambiente, poi si elimina questa soluzione lasciando il vetrino per 5 miuti in acqua distillata. 5. Il vetrino viene esposto ad una soluzione di etanolo al 70% per 2 minuti, seguito da etanolo al 90% per 2 minuti e alla fine, etanolo al 100% per altri 2 minuti. 6. Una volta asciugato a temperatura ambiente, il vetrino può essere colorato. La tecnica utilizzata è la colorazione di Wright nella quale il campione è posto a contatto con una soluzione di colorante di Wright e tampone fosfato 1:1 per 1015 minuti. Il vetrino viene infine lavato in acqua corrente ed asciugato a temperatura ambiente. A questo punto è possibile l’osservazione del vetrino in microscopio ottico in campo chiaro con obiettivo 100x ad immersione ad olio che permette la classificazione degli spermatozoi. Vengono analizzati 500 spermatozoi e suddivisi in: Spermatozoi privi di DNA frammentato. Possono essere osservati spermatozoi con alone molto marcato, in cui lo spessore dell’alone è simile o maggiore del diametro del corpo del nucleo (core) e spermatozoi con alone di media dimensione. Spermatozoi con DNA frammentato. In questo caso si possono distinguere spermatozoi con alone simile o minore di 1/3 del diametro del core, spermatozoi senza alone e spermatozoi che presentano un core irregolare o una colorazione molto debole. 84 1 4 2 3 Figura 27. Osservazione del grado di integrità del DNA con la metodica Halosperm. 1: spermatozoo con alone molto marcato. 2: spermatozoo con alone di media dimensione. 3: spermatozoo con alone minore di 1/3 del diametro del core. 4: spermatozoo senza alone. 85 Risultati Nei 18 pazienti esaminati sono stati valutati i seguenti parametri: FSH. Valori di riferimento: 1,5 UI/l - 8 UI/l Testosterone. Valori normali T libero > 72 pg/dl Intermedi Patologici 52 - 72 pg/dl < 52 pg/dl LH. Valori di riferimento: 4 UI/l - 20 UI/l Spermiogramma. Volume < 1,5 ml: ipoposia ≥ 1,5 ml: parametro nella norma in mln/ml osservati solo su centrifugato: criptozoospermia 0 - 5: severa oligozoospermia 6 - 10: moderata oligozoospermia 11 - 15: lieve oligozoospermia Conta ≥ 15: parametro nella norma in mil. sul totale dell'aiaculato 0 - 13: severa oligozospermia 14 - 26: moderata oligozoospermia 27 - 39: lieve oligozoospermia ≥ 39: parametro nella norma in % di PR Motilità 0 - 10: severa astenozoospermia 11 - 20: moderata astenozoospermia 21 - 32: lieve astenozoospermia 86 ≥ 32: parametro nella norma Morfologia < 4% di forme normali: teratozoospermia Lunghezza: 3,7 - 4,7 μm Testa Larghezza: 2,5 - 3,2 μm Lunghezza/larghezza: 1,30 - 1,80 Acrosoma 40 - 70% della testa Lunghezza: 1,5 volte la testa Tratto intermedio Larghezza: 1 μm Posizione assiale Residui citoplasmatici: < 33% della testa Lunghezza: 45 μm Coda Larghezza: inferiore al tratto intermedio Dritta, uniforme, non arrotolata Vitalità: < 58%: necrozoospermia si effettua solo se Mpr + Mnpr < 58% ≥ 58%: parametro nella norma Frammentazione del DNA. ≥ 30% non compatibile con uno stato di buona fertilità ≤ 15% compatibile con uno stato di buona fertilità 15% - 30% compatibile con uno stato di fertilità ridotta Al termine dei tre mesi di terapia sono stati ottenuti i seguenti dati: 87 Dati pre-terapia Chimico-fisiche N° Età 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 32 34 43 41 38 45 41 36 38 34 34 45 36 37 40 30 29 41 colore Volume (ml) pH viscosità Conta (mln/ml) Avo Avo Avo Giall Avo Avo Giall Avo Avo Avo Bianc Avo Avo Avo Bianc Giall Avo Avo 1,5 3 2,6 2,3 5,4 5 4 2,2 3 4,4 4 4 2,4 3 1,7 2,5 4 4 8,4 7,4 7,6 8 8,2 8,2 8 8 7,8 8 8 7,8 8,2 8 7,8 8 8 8,4 Aum-8cm Norm Norm Norm Aum-4cm Norm Aum-4cm Norm Norm Norm Aum-8cm Norm Norm Norm Norm Norm Norm Aum 2 4,5 2,3 2,5 2,5 6,4 10 10 1,5 1,3 2 1,8 51 70 20 15 49 14 Motilità Mpr (%) Mnpr (%) I (%) 0 7 10 13 2 45 44 73 0 2 0 0 42 7 48 48 61 11 20 4 7 18 30 20 8 7 40 26 15 24 16 4 13 10 10 24 80 89 83 69 68 35 48 20 60 72 85 76 42 89 39 42 29 65 Vit (%) 54 41 72 60 45 76 59 38 N.E. N.E. 43 77 Morfologia N (%) A (%) T (%) Col (%) Cod (%) 2 98 100 46 18 0 100 100 46 34 2 98 99 33 3 3 97 100 47 8 1 99 100 29 9 1 99 99 14 12 2 98 100 38 7 8 92 98 21 10 2 98 98 35 19 1 99 99 24 49 Non eseguita- campione esiguo Non eseguita- campione esiguo 2 98 99 33 3 2 98 99 57 16 2 98 96 36 16 6 94 93 25 20 2 98 99 30 25 0 100 100 52 16 Tabella 3. Dati inerenti l’analisi del liquido seminale prima della terapia. 88 N° Età 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 32 34 43 41 38 45 41 36 38 34 34 45 36 37 40 30 29 41 Fumo (sig/die) 30 30 7 20 BMI (kg/m2) 23,0 32,5 28,6 23,0 29,7 21,9 22,3 26,8 27,6 21,3 21,6 27,7 31,9 35,3 25,9 24,0 22,8 25,5 Pat. Var Var Var Motilità FSH (UI/l) LH (UI/l) T (pg/dl) Conta (mln/ml) Mpr (%) 3,5 4,2 5,1 3,3 6,0 4,1 7,8 7,1 3,4 3,5 3,9 2,8 5,6 7,9 1,4 2,9 5,7 4,6 2,5 4,2 4,4 3,1 4,3 2,6 2,9 3,7 3,5 2,9 3,1 4,1 4,5 5,2 3,4 4,0 3,5 2,6 18 51 45 40 45 38 65 72 30 47 16 22 62 55 42 50 65 48 2 4,5 2,3 2,5 2,5 6,4 10 10 1,5 1,3 2 1,8 51 70 20 15 49 14 0 7 10 13 2 45 44 73 0 2 0 0 42 7 48 48 61 11 Morf. Vit. N (%) 54 41 72 60 45 2 0 2 3 1 1 2 8 2 1 N.E. N.E. 2 2 2 6 2 0 76 59 38 43 77 Framm. (%) 32 81 67 52 72 11 51 12 26 12 33 41 71 72 49 20 23 50 Tabella 4. Dati inerenti i parametri considerati nello studio prima della terapia. 89 Dati post-terapia. Chimico-fisiche N° Età 1 32 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 34 43 41 38 45 41 36 38 34 34 45 36 37 40 30 29 41 pH viscosità Avo Volume (ml) 3 Conta (mln/ml) 7,8 Aum-6cm Avo Avo Avo Avo Avo Avo Avo Avo Avo Avo Giall Avo Avo Bianc Giall Avo Avo 1,8 3 3 4 4,6 4,6 2,5 1,9 4,5 5,2 4 2 2,7 2,1 2,5 3,2 2,5 7,8 7,8 8 8,2 8 8 7,8 7,8 8,2 8,4 7,8 7,8 8 7,8 8,2 7,8 8,2 Norm Norm Norm Aum-4cm Norm Norm Norm Norm Norm Norm Norm Norm Norm Aum-4cm Norm Norm Norm colore Motilità 2,8 Mpr (%) 5 Mnpr (%) 30 I (%) 65 4,5 3 60 4 12,5 8 105,6 2,5 6 4 6 40 16,2 19 17 31 17 13 7 52 12 79 43 59 12 16 6 10 60 6 46 83 70 29 16 15 20 40 11 20 11 48 40 24 30 20 5 18 4 7 11 71 78 28 48 10 37 30 40 44 70 60 20 89 36 13 22 60 Vit (%) 42 63 90 59 78 70 62 58 55 50 75 Morfologia N (%) 2 A (%) 98 T (%) 97 Col (%) 29 Cod (%) 20 0 1 5 1 2 6 7 2 1 1 0 2 4 5 6 3 0 100 99 95 99 98 94 93 98 99 99 100 98 96 95 94 97 100 100 100 99 100 96 97 98 98 98 98 100 100 98 99 94 99 100 55 34 20 25 16 32 15 41 26 21 20 33 19 32 29 36 49 25 8 10 10 10 6 20 20 47 13 12 8 8 11 28 29 20 Tabella 5. Dati inerenti l’analisi del liquido seminale al termine della terapia. 90 N° Età 1 32 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 34 43 41 38 45 41 36 38 34 34 45 36 37 40 30 29 41 Fumo (sig/die) 15 0 5 15 BMI (kg/m2) Motilità FSH (UI/l) LH (UI/l) T (pg/dl) Conta (mln/ml) Mpr (%) Vit (%) 24,0 3,9 3,8 70 2,8 5 42 30,1 30,0 23,8 24,7 22,1 22,8 24,7 24,4 21,8 22,2 24,6 27,1 31,7 23,5 24,3 21,9 23,7 4,0 4,8 3,9 6,5 3,9 7,6 7,5 3,0 3,8 3,7 2,4 5,0 7,3 2,0 2,2 5,4 5,0 5,2 4,7 6,8 9,7 7,4 9,2 5,8 7,0 3,5 6,7 9,7 6,6 4,8 8,1 6,3 7,7 4,9 91 50 100 48 90 68 95 55 66 86 77 84 70 45 47 66 72 4,5 3 60 4 12,5 8 105,6 2,5 6 4 6 40 16,2 19 17 31 17 13 7 52 12 79 43 59 12 16 6 10 60 6 46 83 70 29 63 90 Pat. Var Var Var 59 78 70 62 58 55 50 75 Morf. N (%) 2 0 1 5 1 2 6 7 2 1 1 0 2 4 5 6 3 0 Framm (%) 25 59 60 13 48 13 38 10 27 11 27 36 32 68 45 24 18 30 Tabella 6. Dati inerenti i parametri considerati nello studio al termine della terapia. 91 Dalla loro analisi i risultati osservati sono i seguenti: Pz. Conta Motilità 1 + + 2 = + 3 + = 4 + + 5 + + 6 + + 7 = 8 + 9 + + 10 + + 11 + + 12 + + 13 + 14 = 15 = = 16 + + 17 + 18 + + Framm = = = = = = = + - Testost Note + parametri migliorati + parametri migliorati-BMI diminuito-fumo ridotto = parametri non migliorati-BMI aumentato + parametri migliorati = parametri migliorati-BMI diminuito + parametri migliorati = parametri non migliorati + parametri migliorati-BMI diminuito + parametri migliorati-BMI diminuito + parametri migliorati + parametri migliorati + parametri migliorati-BMI diminuito + parametri migliorati-BMI diminuito-fumo ridotto + parametri non migliorati-BMI diminuito = parametri non migliorati-BMI diminuito = parametri migliorati = parametri migliorati + parametri migliorati-BMI diminuito Tabella 7 riassuntiva. Legenda: (+) parametro aumentato; (-) parametro diminuito; (=) parametro costante. Dei 18 pazienti presi in esame: 12 hanno avuto un miglioramento di tutti i parametri indagati. 1 ha avuto un miglioramento soltanto della conta spermatozoaria e del testosterone; la frammentazione è rimasta invariata poichè già nei limiti della norma. La motilità contrariamente alle aspettative si è ridotta, probabilmente a causa del notevole aumento di spermatozoi ritrovatisi in un volume di eiaculato rimasto costante, il che provoca un aumento della concentrazione dei cataboliti con effetto tossico. 1 ha avuto un miglioramento nei parametri di frammentazione, motilità e testosterone, invece la concentrazione di spermatozoi si è ridotta, ciò potrebbe essere imputabile alle normali fluttuazioni della produzione testicolare durante l'anno. 4 pazienti non hanno migliorato i parametri indagati: 92 uno non ha seguito il regime alimentare prescritto ed è passato dal la condizione di sovrappeso all'obesità; uno ha ridotto soltanto la frammentazione, motilità e testosterone si sono mantenuti costanti e la conta è diminuita, probabilmente a seguito delle normali fluttuazioni annuali della produzione testicolare; uno ha avuto soltanto aumento del testosterone, frammentazione e motilità si sono mantenute costanti, la conta è diminuita, ciò potrebbe essere imputabile alle normali fluttuazioni della produzione testicolare durante l'anno; un paziente non ha avuto nessun miglioramento. Dei 10 pazienti che presentavano un BMI fuori dal range di normalità, 3 erano obesi e di questi: uno è passato al sovrappeso; uno non ha cambiato la sua condizione; uno ha ridotto il suo BMI, da obesità di grado II ad obesità di grado I. Dei pazienti in sovrappeso: uno ha raggiunto l'obesità; sei sono rientrati nel peso forma. Per quanto riguarda la frammentazione, dei 12 pazienti che prima della terapia avevano una percentuale di frammentazione superiore al 30%: in uno si è ridotta a meno del 15%, quindi è tornato nella norma; in tre è diminuita fino a valori compresi tra 15 e 30%; negli altri 8, pur essendoci stata una notevole riduzione della frammentazione, il valore è rimasto superiore al 30%. Dei tre pazienti che inizialmente presentavano un livello di frammentazione compreso tra 15 e 30%: due hanno mantenuto il valore all'interno di questo range; in uno è aumentata, il paziente riferisce di aver intensificato l'attività fisica, ed in particolare di essersi dedicato al ciclismo. 93 Dei tre pazienti che presentavano un livello di frammentazione nella norma, questo si è mantenuto costante. Percentuali di miglioramento dei parametri seminali (conta e motilità), della frammentazione del DNA e dei livelli di testosterone. Conta. Range di riferimento (mln/ml) Pz. pre Pz. post I 0<x<5 9 6 II 6 < x < 10 3 3 III 11 < x < 15 1 1 IV X > 15 5 8 50% 45% 40% 35% 30% 0 <x<5 6 < x < 10 25% 11 < x < 15 20% x > 15 15% 10% 5% 0% pre post pre post pre post pre post Come da rappresentazione grafica possiamo notare che si è ottenuto un miglioramento del numero di spermatozoi nei gruppi I e IV, pressochè invariati i gruppi II e III. 94 Motilità. Range di riferimento (%) Pz. pre Pz. post I 0 < x < 10 9 5 II 11 < x < 20 2 4 III 21 < x < 32 0 1 IV x> 32 7 8 50% 45% 40% 35% 30% 0 < x < 10 11 < x < 20 25% 21 < x < 32 20% x > 32 15% 10% 5% 0% pre post pre post pre post pre post Come da rappresentazione grafica possiamo notare che si è ottenuto un miglioramento della motilità in tutti i gruppi, con maggiore variazione nel gruppo I. 95 Frammentazione. Range di riferimento (%) Pz. pre Pz. post x > 30 12 9 15 < x < 30 3 5 x < 15 3 4 70% 60% 50% 40% x > 30 15 < x < 30 30% x < 15 20% 10% 0% pre post pre post pre post Come da rappresentazione grafica possiamo notare che si è ottenuto un miglioramento dell'integrità spermatica in tutti i gruppi, con maggiore variazione nel gruppo I. 96 Testosterone. Range di riferimento (pg/dl) Pz. pre Pz. post I x < 52 13 3 II 52 < x < 72 5 8 III x > 72 0 7 80% 70% 60% 50% x < 52 40% 52 < x < 72 x > 72 30% 20% 10% 0% pre post pre post pre post Come da rappresentazione grafica possiamo notare che si è ottenuto un miglioramento del valore di testosterone. 97 Grafico riassuntivo 80% 70% 60% 50% Testostrone Frammentazione 40% 30% Motilità Conta 20% 10% 0% Nell’istogramma è chiaramente visibile che la terapia con Gonal-f e la modifica dello stile di vita sembra aver influito positivamente nel diminuire il livello di frammentazione del DNA, infatti il 56% dei pazienti ha ottenuto un miglioramento. Per quanto riguarda la concentrazione, si è ottenuto un miglioramento di tale parametro nel 66 % dei pazienti. Per quanto riguarda la motilità, si è ottenuto un miglioramento di tale parametro nel 72 % dei pazienti Per quanto riguarda il testosterone libero, si è ottenuto un miglioramento di tale parametro nel 66 % dei pazienti 98 Conclusioni Le condizioni iniziali dei pazienti inseriti nello studio erano tali da collocarli in uno status di ipogonadismo ipo-normogonadotropo tale da rendere molto improbabile la possibilità di fecondare. Al termine del ciclo di terapie farmacologiche e modifica dello stile di vita, nei 2/3 dei pazienti si è avuto un netto miglioramento di tutti i parametri indagati. Il trattamento con follitropina alfa garantisce il miglioramento dei parametri considerati nei pazienti trattati. Tuttavia l’associazione della terapia alla riduzione del consumo giornaliero di sigarette e alla perdita di peso, ha portato miglioramenti più marcati della qualità del liquido seminale, della frammentazione del DNA e del livello di testosterone. Ciò può essere riconducibile principalmente al fatto che la riduzione di peso induce l’aumento di testosterone libero e questo può intensificare l’azione della follitropina alfa a livello gonadico. In tal senso risulta importante la raccomandazione di un corretto regime alimentare in associazione alla terapia farmacologica convenzionale. In 4 coppie si è ottenuta la gravidanza con tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita. Due gravidanze sono state ottenute a seguito di tecniche di PMA di I livello (IUI), le altre due tramite tecniche di PMA di II livello (ICSI). Ciò implica che pazienti con liquido seminale gravemente alterato, candidati all’accesso a tecniche di II livello, grazie alla terapia, hanno potuto accedere a tecniche di I livello, quindi meno invasive. Questo, a sua volta, si riflette sia sull’aspetto psicologico della coppia che affronta un percorso più "soft" (minore dosaggio di farmaco, tecnica ambulatoriale e non chirurgica) sia sull'aspetto economico, con differenze notevoli che danno alla coppia, in caso di fallimento, la possibilità di riprovare più volte la tecnica. Bisogna tener presente che, poiché la dimensione campionaria esaminata è stata esigua per gli studi clinici, è stato imprudente applicare test di significatività statistica. Lo studio condotto, tuttavia, visto i risultati positivi ottenuti anche se limitati, invita alla prosecuzione dell’impiego del metodo di stimolazione ormonale associato ad un regime di vita più salubre. 99 Bibliografia [1] Wolf-Bernhard Schill, Frank H. Comhaire, Timothy B. Hargreave. Andrologia clinica. Springer. 2009; 3(I): 33-56; 1(II): 259-266, 272-280. [2] Sara Pinto Provenzano. Liquido seminale ed attività antiossidante. Narcissus. 2012; 1: 2-14. 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Ringrazio infine, tutti i miei amici e le persone che anche semplicemente con una parola mi hanno dimostrato il loro affetto. 106