Strumenti per la valutazione categoriale: DSM IV e ICD 10 • Il DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorder) si rifà ad una tradizione psichiatrica statunitense • L’ICD (International Classification of Deseas) affonda le sue radici nella tradizioni psichiatrica europea. Non è una classificazione dei disturbi mentali, ma di tutte le malattie riconosciute come empiricamente fondate dall’OMS Nelle istituzioni pubbliche tutti gli strumenti di rilevazione statistica sono basati sulla codificazione dell’ICD 10, mentre a livello della pratica clinica il livello che si è imposto è quello del DSM. DSM e ICD, giunti rispettivamente alla quarta edizione nel 1994 e alla decima nel 1992, hanno l’obiettivo di permettere tra i diversi operatori, una comunicazione consensuale. • L’ICD presenta una maggiore difficoltà di impiego, contemplando un maggior numero di categorie diagnostiche ed è maggiormente flessibile rispetto alla valutazione delle malattie (critica: ampio margine di soggettività nella diagnosi da parte del clinico) • Il DSM elenca una serie di criteri rigidi per la diagnosi di un disturbo ed ha tentato di convergere sull’ICD per molte categorie al fine di ottenere un’omogeneità diagnostica, mentre altre sono rimaste esclusivamente in quest’ultimo (ex disturbi puerperali) In questa sede affronteremo più in dettaglio il DSM perché più diffuso e di più facile utilizzo. Il DSM non parla di malattia (disease) ma di disturbo intendendo con tale termine una sindrome comportamentale o psicologica clinicamente significativa ricondotta ad una presupposta disfunzione psicologica o biologica. Sindrome: insieme di sintomi caratteristici e ricorrenti, associati in maniera costante e tipica. Da non confondere col termine malattia: alterazione del funzionamento dell’organismo di cui conosciamo la causa, il modo in cui questa agisce sull’organismo, la sua evoluzione tipica ed eventualmente la possibilità di una terapia. Parliamo di sindrome invece quando siamo di fronte ad un caso clinico di cui non conosciamo la causa e come ha agito sull’organismo: questo è il caso dei disturbi mentali. Infatti oggi come oggi noi non siamo in grado di affermare con certezza quale possa essere la causa di un disturbo mentale, se totalmente organica, totalmente psicologica o psico-socio-ambientale. Una sindrome poi presenta sintomi non prettamente di tipo fisico ma comportamentale o psicologico che implicano la sfera affettiva, cognitiva e le funzioni cerebrali superiori (memoria, apprendimento, ecc…). Clinicamente significativa: per poter parlare di disturbo mentale bisogna essere in presenza di qualcosa di un certo peso, di una certa importanza. Ex: una certa tensione emotiva prima di un esame è fisiologicamente normale, non si può parlare di disturbo mentale. La dicitura “clinicamente significativa” fa riferimento proprio all’intensità della variazione rispetto ad un’ipotetica norma. Il disturbo mentale è importante oggetto di attenzione e di cura, non perché semplicemente la persona con un disturbo mentale è diversa rispetto ad una presunta normalità, ma perché la persona con un disturbo mentale soffre situazioni di stress, di disabilità, cioè difficoltà di inserimento sociale e di auto-realizzazione o in certi casi rischio di danno fisico e materiale. DSM IV • Il DSM è uno strumento symptom-behavior-oriented, nosografico-descrittivo che evidenzia i comportamenti concreti messi in atto dalle persone e le manifestazioni sintomatologiche • Nel DSM IV vengono descritti circa 300 disturbi mentali • È deliberatamente ateoretico, ovvero non fa riferimento a nessuna scuola o paradigma, presenta la sintomatologia mentale in una maniera utile ai clinici di qualunque orientamento • Cerca di fornire dati descrittivi, informazioni sul “cosa” e sul “come”, soffermandosi meno sull’aspetto eziopatogenetico del disturbo • Non dà informazioni rispetto al tipo di strategia per affrontare i disturbi descritti, ma si rivela uno strumento indispensabile per delineare il trattamento • Fare una valutazione con il DSM rappresenta il passo iniziale di un’ampia valutazione che conduce alla formulazione di un piano di trattamento Il presupposto su cui si basa è che i disturbi psichici si manifestino con un set caratteristico di segni, sintomi e comportamenti, che abbiano un andamento prevedibile e talvolta una familiarità. L’obiettivo è quello di classificare i disturbi del paziente e le sue disfunzioni in base a categorie diagnostiche definite. Nel DSM troviamo per ogni disturbo una doppia cornice: • breve descrizione del disturbo • una serie di item che rappresentano i criteri per diagnosticare il disturbo stesso E’ presente una soglia di “cut off”, per cui se sono presenti, per esempio, 5 degli item elencati allora siamo in presenza del disturbo in questione. Gli item non sono in ordine gerarchico, quindi quelli che seguono la linea di soglia hanno la stessa valenza di quelli che la precedono. Conta la quantità dei criteri, non la qualità perché tutti si equivalgono. Per ogni disturbo il DSM fornisce: 1) criteri diagnostici per la classe del disturbo e per tutti i disturbi che esso coinvolge; 2) sottotipi e rilevanti specifiche del disturbo; 3) procedure di registrazione con l'utilizzo dei codici; 4) caratteristiche e disturbi associati; 5) età specifica, cultura, caratteristiche familiari e collegate al sesso; 6) prevalenza; 7) evoluzione tipica, ovvero decorso, del disturbo; 8) informazioni sulla diagnosi differenziale e sulle differenze tra quel disturbo e quelli simili; 9) familiarità Esempio F50.0 (codice ICD10) Anoressia Nervosa [307.1] Criteri diagnostici • Rifiuto di mantenere il peso corporeo ad un livello pari o superiore a quello considerato sufficiente in rapporto all’età e all’altezza del soggetto • Intensa paura di ingrassare o di aumentare di peso, anche quando si è in sottopeso • Alterazione del modo in cui il soggetto vive il peso o la forma del proprio corpo, o eccessiva influenza del peso e della forma del corpo sulla propria autostima, o rifiuto o incapacità a riconoscere la gravità della condizione di sottopeso • Nelle femmine dopo il menarca, amenorrea, cioè assenza di almeno tre cicli mestruali consecutivi SOTTOTIPI • Con restrizioni • Con abbuffate condotte di eliminazione I criteri diagnostici specifici di ciascun disturbo sono forniti come schema orientativo per fare diagnosi. L’uso appropriato di questi criteri richiede una preparazione clinica specialistica che fornisca una base di conoscenze e di capacità cliniche. Tali criteri diagnostici e la classificazione del DSM IV dei disturbi mentali riflettono un accordo su definizioni attuali (tra clinici e ricercatori) derivate dalla evoluzione costante delle conoscenze nel nostro campo, non includono comunque tutte le condizioni per le quali gli individui possono essere trattati. Lo scopo del DSM IV è quello di fornire descrizioni chiare delle categorie diagnostiche, allo scopo di consentire ai clinici ed ai ricercatori di diagnosticare, di comunicare, di studiare e di curare le persone affette dai diversi disturbi mentali. Le critiche che vengono mosse alle varie edizioni del DSM sono rispetto all’epistemologia che abbraccia: il modello medico di malattia mentale; il riduzionismo e l’ipersemplificazione, enfatizzando esclusivamente l’aspetto medico della sofferenza psicologica; una visione dei disturbi in categorie discrete, senza punti di contatto; una visione oggettivante della malattia psichiatrica, trascurando sia la persona che la relazione. Per la diversità delle presentazioni cliniche è impossibile che la classificazione diagnostica preveda qualsiasi situazione possibile, per tale motivo vi è almeno una categoria NAS (Non Altrimenti Specificata) per ogni classe diagnostica Il termine comorbilità si riferisce usualmente alla co-occorrenza di due differenti sindromi nello stesso individuo: diagnosi simultanea di quelle che il DSM cita come due patologie distinte (ex molti clienti con disturbi di panico sono anche spesso depressi: depressione e panico sono spesso comorbili) Per tale motivo si rende necessaria l’analisi differenziale, per essere sicuri di aver preso la categoria esatta e di non aver sbagliato con categorie simili. Per questo motivo, occorre porre tutta una serie di domande specifiche con lo scopo di escludere via via i possibili disturbi fino ad arrivare alla categoria giusta. Alcune semplici domande che il terapeuta può fare per formulare una diagnosi con maggior esattezza: 1) quali sono i sintomi primari (ansia, depressione, abuso di farmaci o droghe…)? 2) qual è la durata approssimativa del disturbo (giorni, settimane, mesi, ore, anni, indefinita)? 3) quanto gravi sono i sintomi (leggeri, moderati o gravi)? Valutazione multiassiale Il DSM comporta la valutazione su 5 assi, ognuno dei quali si riferisce ad un diverso campo di informazioni che possono aiutare il clinico nel pianificare il trattamento e prevederne l’esito. • Asse I: Disturbi clinici, altre condizioni che possono essere oggetto di attenzione clinica • Asse II: Disturbi di personalità e ritardo mentale • Asse III: Condizioni mediche generali • Asse IV: Problemi psicosociali ed ambientali • Asse V: Valutazione globale del funzionamento Per i counselor sono utili gli ultimi due assi, mentre i primi due assi sono utilizzati da psichiatri, psicologi e psicoterapeuti. Il terzo asse è utilizzato dai medici soprattutto. Asse I e Asse II L’asse I contiene tutti i disturbi tranne i disturbi di personalità e il ritardo mentale L’asse II contiene i disturbi della personalità e i disturbi specifici dello sviluppo (Ex. ritardo mentale) Il DSM (asse I e asse II) in tutto comprende 17 categorie di disturbi: 1) DISTURBI SOLITAMENTE DIAGNOSTICATI PER LA PRIMA VOLTA NELL'INFANZIA, NELLA FANCIULLEZZA O NELL'ADOLESCENZA (ritardo mentale, disturbi dell’apprendimento, disturbi della comunicazione, disturbi dell’evacuazione…) 2) DELIRIUM, DEMENZA, DISTURBI ANAMNESTICI E ALTRI DISTURBI COGNITIVI (delirium, demenza, disturbi amnestici…) 3) DISTURBI MENTALI DOVUTI A UNA CONDIZIONE MEDICA (presenza di sintomi mentali che sono ritenuti la conseguenza fisiologica diretta di una condizione medica generale. Ex modificazione della personalità dovuta ad epilessia del lobo temporale o un disturbo catatonico dovuto ad encefalopatia epatica) 4) DISTURBI CORRELATI A SOSTANZE ( disturbi da uso di sostanze – dipendenza; disturbi indotti da sostanze – astinenza; disturbi correlati alle anfetamine, all’alcool, alla cannabis, alla cocaina…disturbi correlati ad ansiolitici, sedativi…) 5) SCHIZOFRENIA E ALTRI DISTURBI PSICOTICI (schizofrenia e suoi sottotipi) 6) DISTURBI DELL'UMORE (episodi di alterazione dell’umore – episodio depressivo maggiore, maniacale, misto; disturbi dell’umore – disturbi depressivi, disturbi bipolari; specificazioni – che descrivono l’episodio di alterazione dell’umore più recente o il decorso degli episodi ricorrenti) 7) DISTURBI D'ANSIA (attacchi di panico, agorafobia, fobia specifica, fobia sociale, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbo post-traumatico da stress…) 8) DISTURBI SOMATOFORMI (disturbi di somatizzazione, ipocondria, disturbo di dismorfismo corporeo…) 9) DISTURBI FITTIZI (produzione o simulazioni intenzionali di segni o sintomi fisici o psichici, la motivazione di tale comportamento è di assumere il ruolo di malato, senza che vi siano incentivi esterni per tale comportamento (vantaggio economico, evitamento di responsabilità di tipo legale) 10) DISTURBI DISSOCIATIVI (disturbo di depersonalizzazione – sentirsi distaccato o sentirsi un osservatore esterno dei propri pensieri o del proprio corpo; disturbo dissociativo dell’identità – presenza di due o più identità o stati di personalità distinti) 11) DISTURBI SESSUALI E DELLA IDENTITÀ DI GENERE (disfunzioni sessuali, parafilie, disturbi dell’identità di genere) 12) DISTURBI DELL'ALIMENTAZIONE (anoressia, bulimia…) 13) DISTURBI DEL SONNO (insonnia, ipersonnia..) 14) DISTURBI DEL CONTROLLO DEGLI IMPULSI (cleptomania, piromania, gioco d’azzardo patologico, tricotillomania..) 15) DISTURBI DELL'ADATTAMENTO 16) DISTURBI DI PERSONALITÀ 17) ALTRE CONDIZIONI CHE POSSONO ESSERE OGGETTO DI ATTENZIONE CLINICA (problemi relazionali, problemi correlati a maltrattamento o abbandono, simulazione…) Disturbi di personalità Un modello abituale di esperienza interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto alle aspettative della cultura dell’individuo. Il modello abituale risulta inflessibile e pervasivo in una varietà di situazioni personali e sociali. Il modello abituale determina un disagio clinicamente significativo e compromissione del funzionamento sociale, lavorativo e di altre aree importanti. Il modello è stabile e di lunga durata e l’esordio può essere fatto risalire almeno all’adolescenza o alla prima età adulta. Il modello abituale non risulta meglio giustificato come manifestazione o conseguenza di un altro disturbo mentale. Il modello abituale non risulta collegato agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (droghe o farmaci) o di una condizione medica generale (trauma cranico). Sono elencati 10 tipi di disturbo inclusi in tre cluster • a) include i disturbi di personalità paranoide, schizoide, schizotipico, le persone che li manifestano appaiono bizzarre ed eccentriche; • b) riguarda le personalità istrioniche, narcisistiche, antisociali e borderline, sono individui emotivi ed impulsivi; • c) comprende gli evitanti, i dipendenti e gli ossessivo-compulsivi, le persone manifestano ansia e paura • NAS (Non Altrimenti Specificati) Disturbo di personalità Convinzioni/ atteggiamenti di base Comportamento manifesto DIPENDENTE EVITANTE Sono indifeso Potrebbero ferirmi PASSIVOAGGRESSIVO PARANOIDE Potrei essere schiacciato Attaccamento Ho bisogno di molto spazio Evitamento Resistenza/diffidenza NARCISISTICO Le persone sono potenziali nemici Sono speciale ISTRIONICO Devo fare impressione Teatralità OSSESSIVOCOMPULSIVO ANTISOCIALE Non devo sbagliare Perfezionismo La gente è lì per essere colpita Gli altri sono intrusivi Attacco SCHIZOIDE Autoesaltazione Isolamento Tabella 26 Profilo delle caratteristiche dei disturbi di personalità (da Beck e Freeman, 1993, p.54) Disturbo Schizotipico di personalità: una modalità pervasiva di relazioni sociali ed interpersonali deficitarie, evidenziate da disagio acuto e ridotta capacità riguardante le relazioni strette, e da distorsioni cognitive e percettive ed eccentricità del comportamento che compaiono nella prima età adulta (ex pensiero magico, nessun amico stretto o confidente (esclusi i parenti di primo grado), comportamento o aspetti strani…) Asse III Condizioni mediche generali che contribuiscono alla psicopatologia Si riportano la condizioni mediche generali in atto potenzialmente rilevanti per la comprensione o il trattamento del disturbo mentale dell’individuo Le condizioni mediche generali hanno lo scopo di incoraggiare la completezza della valutazione e di migliorare la comunicazione tra gli operatori sanitari Asse IV Si riportano i problemi psicosociali ed ambientali che possono influenzare la diagnosi il trattamento e la prognosi dei disturbi mentali (Asse I e Asse II). Si individuano e si soppesano gli eventi stressanti occorsi nell’ultimo anno. Problemi psicosociali o ambientali: • Evento di vita negativo • Stress familiare o interpersonale • Inadeguatezza del supporto sociale o delle risorse personali Anche eventi stressanti positivi, ex promozione sul lavoro, possono costituire un problema psicosociale o ambientale. Occorre annotare problemi psicosociali o ambientali che sono stati presenti durante l’anno precedente l’attuale valutazione. Si può comunque scegliere di annotare nella valutazione anche problemi psicosociali ed ambientali verificatesi prima dell’ultimo anno se è evidente che contribuiscono al disturbo mentale. Oltre a giocare un ruolo nello scatenare o esacerbare un disturbo mentale i problemi psicosociali possono anche svilupparsi come conseguenza della psicopatologia. Tali problemi sono raggruppati nelle seguenti categorie: problemi con il gruppo di supporto principale, problemi legati all’ambiente sociale, problemi di istruzione, problemi lavorativi, problemi abitativi, problemi economici, problemi di accesso ai servizi sanitari, problemi legati all’interazione con il sistema legale/criminalità, altri problemi psicosociali ed ambientali. Problemi con il gruppo di supporto principale • Lutto in famiglia • Problemi di salute in famiglia • Separazioni e divorzi (disgregazione della famiglia) • Allontanamento da casa • Contrazione di nuovo matrimonio di un genitore • Abuso sessuale o fisico • Nascita di un fratello Problemi legati all’ambiente sociale • Morte o perdita di un amico • Inadeguato supporto sociale • Vivere da soli • Discriminazione • Adattamento ai cambiamenti di vita (ex. pensionamento) Problemi di istruzione • Analfabetismo • Problemi scolastici • Conflitto con insegnanti o compagni • Ambiente scolastico inadeguato Problemi lavorativi • Disoccupazione • Minaccia di perdere il lavoro • Orario di lavoro stressante • Condizioni di lavoro difficili • Insoddisfazione lavorativa • Cambiamento di lavoro • Conflitti con datore di lavoro e/o colleghi Problemi abitativi • Essere senza-tetto • Alloggio inadeguato • Quartiere pericoloso • Conflitti con i vicini e/o con il padrone di casa Problemi economici • Povertà estrema • Condizione finanziaria inadeguata • Supporto assistenziale inadeguato Problemi di accesso ai servizi sanitari • Indisponibilità di trasporti per le strutture sanitarie • Servizi sanitari inadeguati Prob. legati all’interazione con il sistema legale • Arresto • Incarcerazione • Cause legali • Essere vittima di un crimine Altri problemi psicosociali e ambientali • Esposizioni a catastrofi, guerre e ad altre ostilità • Disaccordi con medici, avvocati e assistenti sociali • Indisponibilità di agenzie di servizi sociali Asse V Sull’Asse V si riporta il giudizio del clinico sul livello di funzionamento globale. Si considera il livello di adattamento sociale raggiunto nell’ultimo anno e valutato tenendo conto delle relazioni sociali ed interpersonali, nonché dell’attività e adattamento professionale e dell’uso del tempo libero. Il funzionamento globale viene riportato tramite la scala per la Valutazione Globale del Funzionamento (VGF). La VGF deve essere utilizzata solo per quanto riguarda il funzionamento psicologico, sociale e lavorativo. Considera il funzionamento psicologico, sociale e lavorativo nell’ambito di un ipotetico continuum “salute-disturbo mentale”. La scala VGF è divisa in dieci ambiti di funzionamento. La descrizione dei dieci livelli ha due componenti: la prima parte riguarda la gravità del sintomo e la seconda il funzionamento. Fare una valutazione in base alla VGF implica la scelta di quel valore che meglio riflette il livello di funzionamento globale dell’individuo. Per determinare il punteggio VGF si può utilizzare un metodo che prevede 4 steps: 1. STEP iniziando dal livello più alto valutate ciascun ambito chiedendovi se “la gravità dei sintomi o il livello di funzionamento dell’individuo siano più gravi di quello indicato dalla descrizione di quell’ambito” 2. STEP: muovetevi verso il basso della scala fino all’ambito che meglio si adatta alla gravità dei sintomi o al livello di funzionamento dell’individuo, tenendo conto del peggiore 3. STEP: guardate il livello immediatamente più basso per controllare se vi siete fermati troppo presto. Quest’ambito dovrebbe essere troppo grave sia per gravità di sintomi che per livello di funzionamento. Se è così è stato raggiunto il livello adeguato, altrimenti tornare allo step 2 4. STEP: per determinare il punteggio specifico VGF, all’interno dell’ambito di dieci punti selezionato, valutare se il funzionamento dell’individuo è all’estremità più alta o più bassa dei dieci punti.