Didasfera - Ambiente didattico digitale Le origini di Roma - I parte I miti di fondazione Abbiamo già visto come le origini delle città mediterranee tra il X e l'VIII secolo a.C. presentino notevoli elementi in comune. Innanzitutto un ricco repertorio di miti, che tendevano naturalmente ad attribuire tali origini a divinità o a eroi semi-divini, ai quali soprattutto le famiglie dominanti facevano risalire la propria discendenza. Quello che colpisce nella tradizione leggendaria relativa alla fondazione di Roma è soprattutto il complicato intreccio di filoni narrativi dalle diverse origini, e che per semplicità gli storiografi raccolgono in due cicli epici distinti: uno "troiano-latino" e l'altro "sabino". Il "ciclo troiano-latino" (ovvero greco-latino) racconta le vicende di Enea in fuga da Troia con il padre Anchise, la moglie Creusa e il figlio Ascanio - o Iulo, da cui la gens Iulia faceva discendere il proprio nome. Sbarcati sulle coste dal Lazio (questo esito delle peregrinazioni dell'eroe era probabilmente l'eco di antiche frequentazioni tra le genti italiche e i mercanti greci, i quali avevano certamente diffuso anche le proprie tradizioni leggendarie), Ascanio fondò Alba Longa, di cui fu il primo re. All'inizio dell'VIII secolo i successori di Ascanio, Numitore - legittimo erede al trono - e Amulio si contesero la successione. Amulio rovesciò il fratello dal trono e ne costrinse la figlia, Rea Silvia, a farsi Vestale, per impedirle di vere figli. Ma il dio Marte, unendosi a lei, le permise di generare due gemelli, Romolo e Remo, che potevano quindi vantare una discendenza da Marte e Venere (di cui Enea era stato figlio). Amulio rinchiuse i due neonati in una cesta e la abbandonò lungo il corso del fiume Tevere, affinché in futuro essi non potessero avanzare le proprie pretese al trono (numerose leggende mediorientali contemplavano questo motivo narrativo dell'eroe salvato in fasce dal fiume, come quelle relative al re accadico Sargon o al biblico Mosè). Trovati alle pendici del colle Palatino da una lupa, che li allattò, furono poi salvati da un pastore, Faustolo. Raggiunta l'età adulta, alcune circostanze li resero edotti della loro vera origine; tornati ad Alba Longa, sconfissero Amulio e ristabilirono l'autorità di Numitore. Invece di attendere la naturale successione al trono della città, essi decisero di tornare con un manipolo di uomini al Palatino, per fondarvi una nuova città. Consultando gli aruspici (l'aruspicina , ovvero l'interrogazione della volontà degli dei attraverso l'osservazione del volo degli uccelli o del fegato degli animali, era una pratica tipicamente etrusca che i laziali assunsero per imitazione), Romolo fu designato a dare il nome alla città e a esserne re. Avendo egli tracciato il confine della città (Pomerium) con un aratro - anche questa una tipica consuetudine etrusca - Remo lo violò scavalcandolo, per invidia e scherno nei confronti del fratello. Romolo lo uccise e la tradizione degli storici romani fece risalire questo evento alla data del 21 aprile 753 - data ottenuta contando all'indietro dal 509, anno della caduta della monarchia, il totale degli anni di regno dei sette re, calcolati su una media di trentacinque per ciascuno; inoltre, il 21 aprile è sempre stato considerato il giorno di evento del segno zodiacale dell'ariete, primo nella successione dei 12 segni dell'anno e dominato dal pianeta Marte. Al "ciclo sabino" si fa invece risalire il racconto del Ratto delle Sabine, voluto da Romolo per popolare la città, composta da soli uomini. Trovatesi quindi nel mezzo della lotta tra padri e mariti, la Sabine promossero l'alleanza tra i due popoli, che certamente costituirono, alle origini della città, i due gruppi dominanti. Questi "cicli" risalgono all'opera dei primi storici romani (gli annalisti, e in particolare Nevio ed Ennio) i quali non fecero altro che prendere nota dei racconti tramandati all'interno delle famiglie aristocratiche per cui scrivevano, verificando poi queste affabulazioni alla luce degli innumerevoli monumenti, pitture riti e istituzioni arcaiche che ancora sopravvivevano nella Roma repubblicana. In realtà, i Romani avevano un'idea del loro passato caratterizzata da una netta spaccatura temporale, dalla distinzione cioè tra un periodo selvaggio e oscuro e un altro luminoso ed eroico. La memoria del primo periodo era condensata in un groviglio di credenze di origine latina e italica, di cui oggi poco si conosce; mentre quella del secondo aveva subito il chiaro e decisivo influsso della civiltà greca. A volere queste manipolazioni, dall'evidente significato auto-celebrativo, fu la dinastia dei Tarquini, legata da profondi motivi di interesse politico con le tirannidi e le aristocrazie elleniche dell'Italia meridionale. Pagina 1/3 Didasfera - Ambiente didattico digitale In altre parole, i miti di fondazione della città che oggi noi conosciamo vennero edificati da una nuova classe dirigente influenzata dai modelli politici e culturali della civiltà greca. Continua... Il nome di Roma potrebbe derivare dal termine arcaico "Rumon ", fiume, di probabile origine etrusca. Gneo Nevio (270 a.C.- Utica, Africa, 201 a.C.), fu uno scrittore latino. Nato in Campania, di cultura mista latina e greca, combatté nella prima guerra punica, come dice egli stesso nel Bellum Poenicum. Questo è un poema epico che narra della prima guerra punica. Dai frammenti rimasti si può vedere che già Nevio cantò il viaggio di Enea da Troia all'Italia. Quinto Ennio (239 a.C. - 169 a.C.) è considerato tra i padri della Letteratura latina. Scrisse opere teatrali, ma è soprattutto famoso per un poema epico (gli Annales), considerato la prima opera storiografica ufficiale della cultura romana. In breve, ecco il contenuto dei libri di cui possiamo, in base ai frammenti, ricostruire la trama: I libro: Romolo contro Remo per la fondazione di Roma; II: altri re di Roma; III: passaggio dalla monarchia alla repubblica e guerra contro Pirro; VII: un secondo proemio, con dichiarazioni di "poetica"; VIII: guerre puniche, contro la Macedonia, la Siria e gli Etoli. Pagina 2/3 Didasfera - Ambiente didattico digitale In questa unità Testo: Civiltà in rete autore: Maurizio Châtel curatore: Maurizio Châtel metaredazione: Donatella Piacentino redazione: Nicole Montanari editore: BBN Pagina 3/3