Kovaliov _La leggenda di Romolo e Remo

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S.I. Kovaliov, Storia di Roma, Roma, Editori Riuniti, 1977, 1ªed. 1948.
LA LEGGENDA DELLA FONDAZIONE DI ROMA
La tradizione conservata dagli storici greci e romani, e che ispirò il poema di Virgilio, così ci racconta la
leggenda della fondazione di Roma. Il troiano Enea, figlio di Afrodite e di Anchise, sopravissuto alla
distruzione di Troia, cercò scampo nella fuga insieme al figlio suo Ascanio (o Iulo). Dopo molto errare giunse
infine sulle coste del Lazio, dove fu amichevolmente accolto da Latino, allora re dei locali tribù di aborigeni,
che gli diede in moglie la propria figlia Lavinia, dopo la morte di Enea, Ascanio fondò una nuova città,
Albalonga, e ne diventò il re. Secondo una variante della leggenda, lulo o Ascanio era figlio di Enea e
Lavinia. Comunque, le due varianti concordano sul fatto che egli sia stato il fondatore di Albalonga e il
capostipite della famiglia colà regnante. Dopo alcune generazioni, ad Albalogna divenne re Numitore. il
fratello Amulio lo cacciò dal trono e divenne il solo re. La figlia di Numitore, Rea Silvia, si fece vestale. Le
vestali erano sacerdotesse della dea Vesta ed erano obbligate a far voto di castità. Tuttavia Rea Silvia ebbe
dal dio Marte due gemelli e, in seguito a questo fatto, fu condannata a morte da Amulio per aver infranto il
voto, il re ordinò che i due gemelli fossero gettati nel Tevere, ma gli schiavi che dovevano eseguire l'ordine
abbandonarono il paniere presso la riva, in un posto poco profondo, poiché, data la piena, riusciva loro
difficile raggiungere il centro del fiume. Perciò, quando il livello dell'acqua diminuì, il paniere restò
all'asciutto. Ai pianti dei gemelli accorse una lupa, che dai monti vicini era scesa al fiume per abbeverarsi, e
li nutrì con il suo latte. In seguito il pastore Fàustolo, trovati i gemelli, impietosito, li raccolse e li diede ad
allevare alla moglie Larenzia. ai gemelli furono dati i nomi di Romolo e Remo, Essi crebbero, sì dedicarono
alla caccia e ad attaccare i ladroni per toglier loro il bottino e dividerlo con i pastori, scoperto il segreto della
loro discendenza, Romolo e Remo uccisero Amulio e rimisero sul trono il loro nonno Numitore, poi non
desiderando rimanere oltre ad Albalonga, decisero di fondare una nuova città proprio sul posto dove erano
stati trovati, ma a causa di divergenze sorte mentre tracciavano il solco che doveva delimitare i confini,
Romolo uccise il fratello e diede il proprio nome alla città. I Romani chiamarono la città Roma, appunto dal
nome di Romolo, secondo Varrone, ciò avveniva nel 754-3 a.C.
ROMOLO
Durante il regno di Romolo avvenne la fusione dei Romani con la comunità sabina, fusione che dalla
tradizione ci è tramandata con la famosa leggenda del ratto delle sabine. Avendo i Romani bisogno di donne
e dato che i loro vicini erano restii ad abbandonare le proprie figlie nel loro nido di predoni, Romolo decise
di ricorrere all'inganno. Organizzata una gran festa invitò i vicini tra c u i i Sabini, che senza alcun sospetto vi
si recarono con le loro donne ed i bambini. All'improvviso nel culmine della festa, la gioventù romana si
gettò sulle ragazze catturandole, mentre i genitori, spaventati ed offesi per la grave infrazione alla legge
della ospitalità, riparavano nei loro villaggi. Da ciò nacque una guerra molto dura con i Sabini, comandati dal
re Tito Tazio, guerra che si concluse felicemente poiché nel culmine della battaglia decisiva, le donne sabine
ormai abituate ed affezionate ai loro mariti romani, si interposero tra i combattenti e li rappacificarono, i
Sabini si trasferirono a Roma e formarono coi Romani un unico Stato, con Tito Tazio al potere assieme a
Romolo. Alla morte del re sabino, il potere passò nelle mani di Romolo. Sulla morte di Romolo esistono due
versioni. Secondo alcuni ascese vivo in cielo, secondo altri fu ucciso dai senatori. Abbiamo già visto che la
leggenda di Romolo è puramente etiologica. Un richiamo alla verità storica può essere solo l'unione dei
Romani coi Sabini, ma i dettagli sono anche quei inventati: il ratto delle sabine per da e una spiegazione agli
usi nuziali romani, la dualità di potere di Romolo e Tiro Tazio come parallelo della dualità dell'alta
magistratura repubblicana (Consolato).
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