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STORIA ROMANA
(ISTITUZIONALE)
PROF. GIUSEPPE ZECCHINI
A.A. 2013-14
Università Cattolica del Sacro Cuore - Facoltà di Lettere e Filosofia
Introduzione
Il corso di Storia romana, per la facoltà di Lettere e Filosofia al completo, in tutti i curricula
disponibili, è tenuto dal professor Giuseppe Zecchini. Nel primo semestre esso è istituzionale, ossia
spiega i fondamenti ed i contenuti della disciplina, essendo uguale di anno in anno e non variando,
per cui non c’è necessità di controllare l’anno accademico di appartenenza. Esso tratta la storia della
Roma antica dalle origini fino alla caduta dell’impero romano. A lezione il professore spiega eventi
e personaggi salienti della storia romana. La bibliografia da preparare per l’esame consiste negli
appunti delle lezioni, che in realtà sono molto importanti, poiché integrano e meglio spiegano
alcune cose che i libri da portare descrivono male o proprio non trattano; accanto ad essi vanno
tuttavia preparati il manuale M. Pani - E. Todisco, Storia romana, Roma, Carocci, 2008 ed, in
aggiunta, gli ultimi tre capitoli di Storia romana, a cura di M. Mazza, Il Prisma, Catania, 2013
oppure, in alternativa, l’intero libricino H. Brandt, L’epoca tardoantica, Bologna, Il Mulino, 2005.
Nella presente dispensa sono riprodotti in maniera molto esauriente e completa gli appunti delle
lezioni del professore, integrati minuziosamente dai tre testi sopra elencati. Il singolo file contiene
quindi tutto ciò che c'è da sapere per l’esame. L’esame è un colloquio orale diviso in due parti: nella
prima, gli assistenti interrogano sui libri e sulle lezioni del professore, con domande di ampio
respiro, ma che necessitano di risposte complete e dettagliate, solitamente una sull’età monarchica,
due sulla repubblica e due sull’impero, mentre nella seconda il professore in persona, molto preciso,
propone un’ulteriore domanda per confermare o meno il voto.
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Monarchia: un semplice cominciamento
La situazione italica
- L’Italia primitiva è un mosaico di popoli stanziali. Tra i più antichi, attorno al X aC si hanno: i
Villanoviani, di origine incerta, in Emilia; i Liguri, di origine non indoeuropea, tra LiguriaPiemonte-Lombardia; i popoli di origine illirica, quali i Veneti in Veneto e gli Iapigi in Puglia; i
popoli di origine indoeuropea, quali i Latini nel Lazio, gli Itali-Enotri in Calabria (chiamata Italia,
poi per estensione denominerà l’intera penisola) ed i Siculi-Sicani in Sicilia. Indipendente e molto
più antica, attorno al II millennio aC, è la civiltà nuragica in Sardegna. Attorno all’VIII secolo aC
arriva nel Sud Italia la colonizzazione greca, sino all’istituzione della Magna Graecia e della Sicilia,
colle loro poleis che offrono ottimi modelli politici aristocratici ed avanzati sistemi commerciali.
Infine, è fondamentale l’approccio dei popoli centro-meridionali di origine italica, più recenti,
attorno al VI aC, ossia Oschi, Umbri e Sanniti, molto arretrati sia economicamente, talvolta ancora
nomadi, sia politico-socialmente, ad impostazione vicanica e tribale.
Gli Etruschi
- A parte va trattata l’etnia più rilevante, gli Etruschi, tra l’odierna Toscana e l’Umbria. La loro
origine è incerta: “rasenna” nella loro lingua, “tyrreni” per i Greci, “etruri” o “tusci” per i Romani,
si pensa siano o esterni emigrati dall’Anatolia, o un popolo indigeno, strascico della cultura
villanoviana, ma comunque antichissimo e grecheggiante, circa XVI aC. Essi estraggono e lavorano
i metalli (ogni genere, per pensili, armi ed artigianato), hanno culture agrarie avanzate con tecniche
orientali (irrigazione, drenaggio, rotazione) e praticano il commercio su larga scala mediterranea.
La “disciplina” etrusca è l’insieme dei loro formalismi rituali religiosi: essa prevede l’aruspicina,
cioè l’ars divinatoria tramite l’interpretazione del volo degli uccelli o del fegato degli animali; un
pantheon di divinità antropomorfe di ascendenza greca (in specie la trinità padre Tinia, madre Uni,
figlia Membra); una religione rivelata, cioè portata al popolo dal sacro fanciullo Tages, uscito da un
solco d’aratro, trascritta nei libri tagenetici; un profondo culto dei morti, come testimoniano le
necropoli, i cui funerali s’accompagnano con banchetti e combattimenti gladiatori, ed il cui aldilà
testimonia una vita oltre la morte, per alcuni ricca di beni, per altri di demoni. Particolarmente
libera risulta la condizione femminile. Gli Etruschi sono organizzati in città-stato grecizzanti, tra cui
Veio, Tarquinia, Cere, Populonia, Chiusi, Arezzo. In età arcaica v’è stata una monarchia con
sovrano a carica vitalizia detto lucumone, dal potere militare ed assistito da un consiglio di anziani,
ossia i capi delle tribù. Attorno al VI aC s’è impostata una repubblica aristocratica, governata da
magistrati eletti annualmente, gli zilath ed i maru, affiancati al consiglio. Non temendo rivali sul
suolo italico, non si sono mai uniti politicamente, ma si hanno leghe economico-religiose come la
dodecapoli, confederazione di dodici città etrusche che si riuniscono in assemblea una volta l’anno
nel santuario del dio Voltumna, presso il lago di Bolsena. Il nucleo originario rimane tale sino al X
aC, poi si sono espansi verso il VI-V aC nella Pianura Padana e nel Lazio settentrionale (i re
etruschi di Roma), infine in Corsica orientale (strappata ai Greci nella battaglia navale di Alalia del
540 aC circa) e Campania (solo Napoli); nonostante l’alleanza con Cartagine contro i Greci, nel 474
aC la sconfitta inferta da parte dei Greci a Cuma vede cessare l’influenza etrusca al Sud, l’arrivo dei
Celti nel IV aC vede la perdita delle colonie settentrionali, e l’espansione di Roma del III aC
provoca la totale sottomissione del dominio etrusco alla città.
La fondazione
- La fondazione di Roma è mitica, e la riconduzione del sangue reale alla divinità Venere, madre di
Enea, è frutto delle opere di età augustea, in specie di Virgilio, anche se già la storiografia greca del
V secolo e l’Etruria del IV conoscono l’ascendenza eneadica e troiana di Roma: il mito si fissa a
Roma nella seconda metà del IV secolo. Se Enea, al termine delle disavventure dell’Eneide, sposa
Lavinia e con lei fonda la città di Lavinio nel Lazio, suo figlio Ascanio o Iulo fonda e regna su
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Albalonga, città vicina. Un suo discendente, il re Numitore, è però spodestato dal fratello Amulio,
che costringe la figlia di Numitore, Rea Silvia, a divenire vestale per non poter generare eredi al
trono. Ma Marte in persona ha rapporti con la vestale, che partorisce due gemelli, Romolo e Remo, i
quali in una cesta sono adagiati sul Tevere finché il sacro fico ruminale non blocca il percorso ed
una lupa li trova e li alleva. Cresciuti e conosciuta la loro identità, i gemelli uccidono il prozio e
rimettono sul trono il nonno, quindi fondano una loro città. Romolo vuole fondarla sul Palatino e
Remo sull’Aventino, ma il secondo viola il pomerium, cioè il solco sacro, del primo, che dunque lo
uccide, divenendo primo re della novella Roma, tradizionalmente fondata nel 754/53 aC. La
vicenda di Romolo e Remo è leggendaria sia perché è un topos, quello del bimbo illegittimo,
abbandonato alle acque che ritorna uomo a rivendicare qualcosa (Mosè, Gregorio Magno ecc...), sia
perché la morte di Remo è una sorta di sacro sacrificio purificatorio.
- L’anno mitico della fondazione è riportato nelle “Antiquitates” da Varrone, e risale tra la fine del
754 e l’inizio del 753 aC, ma dato che il natale di Roma è il 21 aprile, allora si considera il 753 aC.
La Roma primitiva
- Già dal IX secolo aC la zona è stata un villaggio di pastori-agricoltori, favorevole in quanto sulla
via del sale, vicina al mar Tirreno, con colli difensivi, e presentante il fiume Tevere con addirittura
l’isola Tiberina. Le risorse principali sono state la pastorizia, prima di suini ed ovini, poi bovini,
minormente anche la caccia, ma soprattutto l’agricoltura cerealicola, di farro ed orzo; hanno anche
dei commerci chiusi e mercantili, al massimo colle flotte greche, senza moneta, in specie di sale.
Alla metà dell’VIII aC si collocano resti di mura di difesa quadrate sul Palatino, forse quelle di
Romolo, che farebbero somigliare Roma ad una città-stato grecizzante. L’etnia dominante è quella
dei Latini, i cui abitanti sulle sommità delle colline romane sembrano uniti in una lega, detta
settimonio; in più subentrano Sabini ed Etruschi. Una delle prime cerimonie che celebrano è il
settimonzio, costituita da una serie di corse e sacrifici sui colli, i quali sono più circondati da
recinzioni (“saeptos”) che sette (“septem”).
- Il nome della città può derivare dall’antico nome del Tevere, Rumon, che dal greco significa
“scorrere”; da rhume, che in greco vale “forza” o “arma”; o da ruma, che in etrusco significa
“mammella”, in riferimento alla lupa che allatta i gemelli. La teoria dei sette colli all’interno delle
mura romane (Aventino, Campidoglio, Celio, Esquilino, Palatino, Viminale, Quirinale) e la
tradizione dei sette re (Romolo, Numa Pompilio, Tullio Ostilio, Anco Marzio, Tarquinio Prisco,
Servio Tullio, Tarquinio il Superbo) sono tutti riferimenti simbolici al numero 7, sacro ai Romani,
numero di perfezione e pienezza per Pitagora. In realtà i colli ancestrali sono differenti, e ci sono
sicuramente stati più di sette re, per questioni di tempi generazionali e rivolte, come conquistatori
od usurpatori in periodi anarchici, di cui s’è perduta traccia, o anche periodi di presa di potere dei
senatori in mancanza del re (il cosiddetto interregnum, in cui “gli aruspici tornano ai senatori”), a
rotazione.
La monarchia ed il rex
- La monarchia romana è divisa in due fasi: la prima, nell’VIII-VI aC, è latino-sabina; la seconda,
nel VI aC, è etrusca, data l’espansione dell’Etruria verso Roma ed il Lazio settentrionale: il Pasquali
definisce tale periodo “la grande Roma dei Tarquinii” per il prestigio e lo splendore raggiunti. I re
latino-sabini sono più mitizzati, invece quelli etruschi sono più reali. Roma è impostata come una
città-stato monarchica, simile alle poleis greche, dove il popolo è titolare del potere sovrano e lo
delega ad un unico magistrato a carica vitalizia, il rex, capo politico (emana le leges regiae, che in
realtà sono leges sacrae, l’unica antica formula di leggi scritte romane), militare (possiede
l’imperium dunque comanda in guerra), giuridico (giudica nei processi) e religioso (è rex sacrorum,
rappresenta il popolo davanti agli dei e presiede i pontefici).
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Romolo
- È il primo mitico re fondatore di Roma, di nascita divina, originario di Alba Longa.
- A lui è legato il pomerium, poi identificato colle mura sacre della primogenia Roma quadrata,
inizialmente sul Palatino.
- Per aumentare la popolazione, istituisce l’asylum (dal nome dell’antica depressione nell’odierna
piazza del Campidoglio), cioè il diritto di asilo, in quanto chi viene a Roma può rifugiarsi in un
tempio, senza essere interrogato sul proprio passato, ma promettendo di non commettere altri reati:
dunque sotto Romolo molti che hanno problemi colla giustizia migrano a Roma. I Greci giudicano
però Roma la “città dei bastardi”, per le incertezze sulle proprie origini e l’accoglimento dei reietti,
cose che non hanno mai tentato di nascondere.
- Porta avanti delle scorribande nel Latium vetus, ossia contro i limitrofi popoli laziali, ed
addirittura contro l’etrusca Veio.
- Per aumentare la popolazione, si rivolge ai popoli vicini al fine di stringere alleanze ed ottenere
donne con cui accrescere la nuova città, tradizionalmente infatti Roma è basata su forza e presenza
maschile, e le donne sono viste solo come strumento procreativo. Al rifiuto dei vicini, risponde con
l’astuzia, organizzando un grande spettacolo per attirare gli abitanti della regione e rapendo le loro
donne. Le versioni variano da mito a mito, ma sembra che Romolo abbia offerto loro libera scelta e
promesso pieni diritti civili e di proprietà. Tuttavia i popoli aventi subito l’affronto chiedono la
liberazione delle fanciulle, ma non solo Romolo non le rilascia, al contrario chiede ai popoli di
accettare i legami di parentela coi Romani: scoppia così la guerra. I popoli minori sono sbaragliati,
tranne i Sabini, che temporeggiano. Il loro re, Tito Tazio di Cures, si fa aprire le porte della città
dalla giovane romana Tarpea, forse invaghita dall’amore o dai suoi gioielli (e da qui la tradizione
della rupe Tarpea, dalla quale si gettano i traditori), allora quando i Romani, colti di sorpresa,
affrontano questi, le loro donne si interpongono, impedendo la guerra. Così tra le due città si stipula
un atto di unificazione, sottoscritto dal romano Romolo e dal sabino Tito Tazio, che congoverna con
Romolo per, si dice, cinque anni. È l’episodio noto come il “ratto delle Sabine”.
- Suddivide la popolazione in tre tribù urbane, di tipo etnico, composte di dieci curiae ciascuna, cioè
insiemi di uomini (dal latino “co-viria”), per un totale di trenta. La prima tribù sono i Luceres (dal
latino lucus, gli “uomini del bosco”) di origine laziale e latina. La seconda sono i Tities o Titienses
(ossia i “guidati da Tito Tazio”) di origine rietina e sabina. La terza sono i Ramnes (ossia la
latinizzazione dell’etrusco “rasenna”, cioè uomini) di origine arcaicamente etrusca. Le trenta curiae
si riuniscono nei comizi curiati, assemblee popolari dove il voto è per curia (insieme di uomini) e le
persone vi partecipano per etnia, cioè perché gentiles (è improbabile che vi abbia partecipato la
plebe).
- Promuove, forse chiamando a consiglio delle autorità etrusche, le prime istituzioni politiche (un
consiglio di cento patres, la prassi del patronato e del clientelismo), giuridiche (matrimonio
monogamico, possibilità del marito di divorziare, punizione di adulterio, un rudimentale calendario
a 10 mesi) e militari (divisione della popolazione in arruolabile e non, con un’unica legione per un
totale di 300 equites e 3000 pedites, 10 e 100 da ogni curia).
- Istituisce l’heredium, la proprietà privata delle terre, assegnando a ciascun pater familias due
iugeri (2500 m2 a iugero, cioè un quarto di ettaro), ed il Comitium, il luogo di riunione delle
assemblee di cittadini.
- Muore, assunto in cielo su una nuvola durante una tempesta, e sembra sia stato deificato al dio
Quirino stesso. In realtà parrebbe essere stato ucciso dal consiglio dei patres, per il troppo potere
assoluto che è andato acquisendo.
- A Romolo è legato il lapis niger, sito archeologico romano, anticamente lastricato di marmo nero,
dov’è stato rinvenuto un frammento di un cippo, con un’iscrizione in caratteri arcaici greco-etruschi
ad andamento bustrofedico, che maledice chiunque violi il luogo sacro. Si pensa infatti sia la tomba
del primo rex.
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Numa Pompilio
- È un re di origine sabina, eletto dal consiglio dei patres per acclamazione popolare, che accetta
l’incarico solo dopo una consultazione divina. Ha sposato la figlia di Tito Tazio. Si dice che tutte le
sue azioni siano guidate dal consiglio della ninfa Egèria, e che sia stato discepolo di Pitagora in
persona.
- Promuove ulteriori istituzioni religiose (triade religiosa capitolina, sul Campidoglio, latino-sabina
di Giove, Marte e Quirino, culto di Giano, collegi sacerdotali dei Pontefices, degli Augures, degli
Aruspices, dei Flamini, dei Salii, dei Feciales e delle Vestales), giuridiche (riforma il calendario,
detto numano, a 12 mesi, coi fasti ed i nefasti).
- Non intraprende guerre o azioni di conquista, se mai è detto il “re sacerdote”, che riceve il magico
ancilium, uno scudo sacro (dalla sua integrità dipende il destino di Roma, è uno dei pignora
imperii), da Marte stesso; persino avrebbe raccolto le leges regiae sue e di Romolo in un non
pervenuto “Commentarius Numae”. Muore per cause naturali.
Tullio Ostilio
- È un re di origine latina, eletto dal consiglio dei patres perché suo nonno, il leggendario Osto
Ostilio, ha combattuto al fianco di Romolo.
- Porta avanti campagne militari: oltre una guerra contro i Sabini, celebri sono le campagne contro
le etrusche Fidene e Veio, e persino contro Alba Longa. A quest’ultima città è legato il mito dello
scontro tra “Orazi e Curiazi”: dato che le due città sono compagne, la supremazia dell’una sull’altra
è stabilita, dal re romano Tullo Ostilio e dal re albense Mezio Fufezio, non colla guerra ma con uno
scontro di spade tra i tre fratelli romani Orazi ed i tre gemelli albensi Curiazi; quando i primi due
Orazi sono uccisi, il terzo, per poter vincere, finge di fuggire a Roma e si fa inseguire dai tre Curiazi
che, dividendosi, sono affrontati uno per volta e sconfitti. Perso lo scontro, Mezio si rifiuta di
appoggiare la campagna romana contro Fidene e Veio e tradisce Tullio Ostilio, che decide di radere
al suolo Alba Longa e fare squartare il suo re; la sua popolazione è deportata in Roma.
- Istituisce la Curia Hostilia, il luogo per le riunioni del consiglio dei patres.
- È il “re guerriero”, che muore durante una tempesta colpito da un fulmine divino per l’eccessivo
orgoglio militare che gl’ha fatto trascurare l’attenzione verso gli dei.
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