Recenti acquisizioni nel campo del miglioramento genetico della qualità nutraceutica del latte ovino. Antonello Carta, Sara Casu, Sotero Salaris, Mario Graziano Usai, Stefania Sechi, Tiziana Sechi, Sabrina Miari Unità di Ricerca : Genetica e Biotecnologie AGRIS Sardegna. Introduzione. L’attività di miglioramento genetico delle specie di interesse zootecnico ha ottenuto nella seconda metà del secolo scorso formidabili risultati in termini di incremento di potenziale produttivo in particolare nei bovini e nei suini. Tali progressi sono stati realizzati nonostante la quota di differenze tra gli animali dovute alla componente genetica fosse relativamente bassa per la maggior parte dei caratteri produttivi. Ad esempio la porzione di variabilità genetica del latte è quantificabile attorno al 10% se si considerano la totalità delle cause di variazione delle produzioni: gestione, alimentazione etc. Il notevole incremento genetico per questo carattere è dovuto al fatto che la genetica produce incrementi cumulativi nel tempo. Per tale ragione i limitati progressi annuali diventano notevoli quando si accumulano nel tempo. L’approccio utilizzato è stato, ed è tuttora per la maggior parte dei caratteri e delle specie, quello quantitativo classico. Esso postula che i caratteri oggetto di selezione siano determinati per la loro componente genetica da un numero infinito di geni, diffusi casualmente in tutto il genoma e con effetto additivo infinitesimale. L’applicazione di tale modello genetico viene attualmente realizzata attraverso l’utilizzo di una metodologia per la valutazione dei riproduttori detta BLUP - animal model che consente di ottenere la miglior stima possibile del valore genetico additivo di un individuo attraverso la correzione del fenotipo per gli effetti ambientali e la considerazione di tutte le covarianze genetiche additive (derivate dalle parentele) tra animali. Dal punto di vista organizzativo l’applicazione di tale modello implica la realizzazione dei controlli funzionali e delle attività di Libro Genealogico per la raccolta delle informazioni necessarie: i) ii) iii) performance produttive individuali; anagrafiche individuali; altre informazioni utili per la stima degli effetti ambientali: allevamento, età, periodo di parto etc. Negli ovini in generale, ed in particolare in quelli da latte, l’applicazione degli strumenti suddetti ha riscontrato maggiori difficoltà che in altre specie per ragioni legate al sistema di allevamento, a particolarità anatomiche dell’ovino che rendono estremamente complicata la realizzazione dell’inseminazione strumentale e al valore economico dei singoli animali che rende onerosa la realizzazione dei controlli funzionali. In particolare, il prevalere di sistemi di allevamento estensivi rende onerosa l’applicazione dei controlli funzionali anche quando vengono realizzati con strumentazioni non particolarmente evolute. In ogni caso è infatti necessario che le aziende abbiano un certo livello strutturale e organizzativo che consenta alle operazioni di controllo di essere eseguite con la necessaria accuratezza e in tempi che, oltre a essere compatibili con l’attività di allevamento, non ne compromettano la precisione. Tale problematica appare ancora più evidente quando al controllo della quantità di latte si accompagna il prelievo per il controllo della composizione chimica. In questo contesto, le possibilità offerte dalla genetica molecolare appaiono particolarmente attraenti per un possibile rilancio del miglioramento genetico negli ovini anche in considerazione del fatto che i recenti progressi tecnici e il continuo ridursi dei costi rendono sempre più applicabili le tecnologie molecolari. Al contrario i costi di misurazione dei fenotipi che sono sempre legati a un elevato impiego di manodopera aumentano e si rafforza contestualmente la tendenza ad una riduzione del supporto pubblico per la realizzazione dei controlli funzionali. Tali considerazioni appaiono ancora più evidenti se riferite ai caratteri di più recente interesse selettivo quali quelli di resistenza alle malattie o legati alla qualità nutrizionale e igienico-sanitaria del latte Tutti questi caratteri hanno in comune l’elevato costo di misurazione del fenotipo e dunque una scarsa possibilità di essere migliorati con l’approccio selettivo classico, tanto più nella specie ovina. Tra le sostanze di efficacia nutraceutica del latte, il profilo acidico del grasso del latte è sicuramente uno dei più investigati. La composizione in acid grassi (AG) del latte influenza le proprietà tecnologiche ed il valore nutrizionale dei prodotti caseari. Il formaggio ovino è altamente apprezzato per il suo gusto e aroma ma è comunemente considerato potenzialmente negativo per la salute umana a causa del suo elevato contenuto in grasso. In generale, l’intero profilo in AG dovrebbe essere considerato per i suoi effetti sulla salute umana. I dati dal latte di pecora mostrano che il livello di AG saturi nel grasso del latte è abbastanza elevato (più del 60%) mentre i livelli degli AG monoinsaturi e polinsaturi sono approssimativamente 28 e 6%, rispettivamente. Un profilo di AG più favorevole alla salute umana dovrebbe presentare meno AG saturi e più AG monoinsaturi e polinsaturi sebbene non tutti gli AG di una classe specifica abbiano lo stesso effetto sulla salute umana. In questa condizione, al fine di soddisfare le nuove esigenze dei consumatori, sarebbe interessante modificare la composizione in AG del latte ovino per migliorare il valore dietetico e nutrizionale del formaggio senza influire negativamente sul tipico gusto ed aroma dei prodotti. Recentemente, l’interesse maggiore è ricaduto sul contenuto in acido linoleico coniugato (CLA) a causa dei suoi vari effetti benefici sulla salute umana. Con la generica definizione di CLA si indicano tutti gli acidi octadecanoici (18:2) con un doppio legame coniugato. E’ noto che la maggior parte del CLA nel latte ovino corrisponde al cis-9 trans-11 (il cui nome comune è acido rumenico), che rappresenta più del 75% del CLA totale. Una porzione di CLA, formata nel rumine attraverso una bioidrogenazione dell’acido linoleico, sfugge ad un’ulteriore bioidrogenzione e viene assorbita nel tratto digestivo. L’entità di tale processo è minima mentre si accumula il composto intermedio [trans 11-C18:1; acido vaccenico (VA)] della bioidrogenzaione del CLA. L’altra importante fonte di VA nel rumine è la bioidrogenazione dell’acido linolenico (C18:3). Questo processo non ha CLA come composto intermedio. Il VA prodotto nel rumine è desaturato a CLA nei tessuti della ghiandola mammaria dall’enzima Stearoil-CoA desaturasi (SCD). Lo Stearoil-CoA desaturasi può utilizzare differenti AG come substrato ed influenza la quantità di diversi AG insaturi. In generale, è evidente che il CLA nel latte proviene essenzialmente dalla sintesi mammaria attraverso l’azione del SCD sul VA di origine ruminale. Con questa relazione ci si propone di valutare le possibilità di migliorare la composizione acidica del grasso del latte ovino attraverso la genetica sia con l’approccio quantitativo classico che con le nuove metodologie proposte dalla genetica molecolare. In particolare verranno riassunte le sperimentazioni del gruppo di genetica animale di AGRIS Sardegna. Approccio quantitativo. Diversi studi mostrano ampie variazioni nel contenuto in CLA del grasso del latte e evidenziano l’importanza della nutrizione nel modificare il profilo in AG sia nei bovini che negli ovini e caprini. Inoltre, sono disponibili molte pubblicazioni sugli effetti di differenti essenze foraggere sul profilo in AG nel latte ovino. Al contrario, fino ad ora esistono pochi lavori sul determinismo genetico di questi caratteri. Questo è principalmente dovuto al fatto che la realizzazione di accurati studi genetici comporta la misura di un elevato numero di fenotipi e, fino a poco tempo fa, la sola tecnica disponibile era la costosa e laboriosa gas-cromatografia. Recentemente, utilizzando una tecnica più semplice basata sulla spettrometria ad infrarossi si è dimostrato che esiste variazione genetica sia entro che tra razze del profilo in AG del latte bovino. Il gruppo di genetica animale di AGRIS ha stimato le quote di variabilità tra individui e tra famiglie di mezze sorelle paterne per i 17 AG più importanti nonchè per alcune somme e rapporti in una popolazione Sarda x Lacaune. Il contenuto in AG era stato determinato attraverso la gas-cromatografia su due campioni individuali raccolti alla mungitura della mattina nel mezzo della seconda e terza lattazione. L’andamento generale delle correlazioni grezze ha mostrato che il profilo in AG è un sistema molto complesso che risulta da molte interrelazioni tra AG di base. Questi risultati suggeriscono che le strategie per migliorare la composizione in AG devono considerare che la variazione in un AG implica variazioni correlate di altre variabili, cosicchè l’intero profilo in AG può risultare modificato. Per quanto riguarda le stime di ripetibilità, tutte le variabili analizzate hanno mostrato un’importante variabilità individuale (14,1 – 57,3%). La componente della varianza associata al fattore casuale famiglia paterna variava dal 3 al 23%. In particolare, le stime di ripetibilità di CLA e del rapporto tra CLA e VA sono state di 29,7 e 34,6%, rispettivamente. I corrispondenti componenti della varianza famiglia paterna sono stati 8,3 e 5,6%. Questi risultati suggeriscono che una certa quantità di varianza genetica additiva della maggior parte degli AG è disponibile per la selezione attraverso il classico approccio quantitativo. Tuttavia, questo approccio richiede la raccolta su larga scala dei fenotipi a costi ragionevoli. Al momento i costi per la raccolta dei campioni di latte e delle analisi gascromatografiche sono elevati. Tuttavia, la tecnica ad infrarossi utilizzata per la determinazione del contenuto in AG nel latte bovino potrebbe essere una strategia promettente anche negli ovini da latte. Prospettive della genetica molecolare. Il potenziale impatto della genetica molecolare può fondamentalmente realizzarsi sotto due punti di vista. Da un lato, essa può consentire una maggiore efficacia degli schemi di selezione classici incrementando l’accuratezza delle valutazioni genetiche o accorciando l’intervallo di generazione. Dall’altro, molte aspettative sono riposte nella possibilità di ridurre la necessità di misure individuali dei caratteri oggetto di selezione. Per quanto esposto in precedenza, questo secondo aspetto risulta estremamente interessante per gli ovini da latte e per i caratteri legati alla qualità nutrizionale del latte. I due approcci attualmente più studiati sono la selezione assistita da marcatori o geni e la selezione genomica. Nel primo caso si tratta di selezionare gli animali sulla base del genotipo in posizioni del genoma vicine o direttamente in geni di interesse. Le selezioni assistita da marcatori o da geni sono più o meno equivalenti con una maggiore efficacia della seconda che non implica alcun rischio di ricombinazione tra alleli favorevoli e marcatori. Evidentemente in entrambi i casi il vantaggio selettivo sarà direttamente proporzionale all’effetto del gene sul carattere e all’importanza economica del carattere oggetto di interesse. Per contro i costi analitici non dovrebbero essere estremamente elevati se si considera che si tratterebbe in ogni caso della determinazione di pochi polimorfismi. Inoltre, in entrambi i casi vi è il vantaggio di considerare geni di cui presumibilmente si conosce l’effetto sul carattere di interesse ed eventuali effetti pleiotropici su altri caratteri consentendo di fatto di predire esattamente gli effetti della selezione sul valore genetico globale della popolazione. L’applicazione di tali approcci è attualmente in atto nelle specie bovina e suina sebbene limitatamente a pochi loci. Nella specie ovina la selezione per la resistenza alla Scrapie è l’unica applicazione in atto. L’approccio più comunemente utilizzato negli ovini per l’identificazione di geni o regioni cromosomiche è stato fondamentalmente quello della creazione di popolazioni sperimentali ad hoc. Per la realizzazione di tali esperimenti è necessario avere la disponibilità di marcatori molecolari anonimi (microsatelliti, SNPs) localizzati in tutto genoma in quantità tale da costituire una mappa di densità intermedia. Per la copertura del genoma ovino sono stati utilizzati panel di circa 150 microsatelliti a una distanza media di 20 cM. Approcci di questo tipo consentono normalmente una localizzazione imprecisa dei geni di interesse che non ne consente l’utilizzo immediato in selezione. Usualmente si procede dunque saturando la mappa delle regioni cromosomiche di interesse sino a 1-3 cM di intervallo tra marcatori per consentire una localizzazione più precisa del gene. Con questo approccio è stato identificato il gene DGTA1 e la mutazione responsabile di un effetto molto importante sul tenore in grasso nel bovino da latte. Attualmente, la selezione per la mutazione favorevole viene realizzata per i bovini da latte in parecchie nazioni. AGRIS Sardegna ha creato una popolazione sperimentale sulla quale è stato applicato un approccio di tipo genome scan con microsatelliti. Questa prima fase della sperimentazione ha condotto all’identificazione di zone con effetti importanti ma non precisamente localizzate Attualmente è in corso la fase di saturazione della mappa per alcuni delle regioni identificate. In particolare sono stati identificate numerose regioni di interesse per la loro associazione con differenti AG o combinazioni degli stessi. In particolare, per il contenuto in CLA è stata identificata una regione nel cromosoma 22 nelle vicinanze del gene SCD. Il sequenziamento del gene ha condotto alla identificazione di una variante fortemente positiva. Con lo stesso approccio si sta attualmente studiando il gene FASN (Fatty Acid Synthase) che è localizzato in una regione associata al contenuto in acido miristico e palmitico nel cromosoma 11 e codifica per un complesso enzimatico multifunzionale che catalizza la sintesi de novo degli acidi grassi saturi nelle cellule. L’attenzione è stata inizialmente concentrata sul dominio tioesterasi (TE), compreso nel complesso enzimatico FASN. Il TE è responsabile del rilascio e della terminazione della sintesi degli acidi grassi saturi neosintetizzati, e gioca quindi un ruolo essenziale nella determinazione della lunghezza della catena degli acidi grassi di nuova sintesi. E’ localizzato in posizione 3’ del FASN ed è codificato da quattro esoni. Attualmente sono stati sequenziati quasi completamente 3 dei 4 esoni del dominio catalitico e sono stati individuati 3 SNP di cui uno silente e due non sinonimi. Parallelamente sono state sequenziate anche altre porzioni del gene, sia esoniche che introniche e, in totale, sono stati identificati 7 SNP, 5 negli introni e 2 negli esoni (uno SNP silente e uno SNP non sinonimo). E’ in corso il sequenziamento della parte restante del gene per identificare nuovi polimorfismi e ottenere la sequenza completa del FASN ovino. Nei prossimi anni le ricerche in atto saranno notevolmente accelerate dalla disponibilità di una tecnologia molecolare che consentirà l’analisi di circa 54.000 posizioni genomiche contemporaneamente. Il gruppo di genetica di AGRIS attraverso la partecipazione al progetto europeo 3SR e il suo ruolo nel costituito Centro di Competenza della Biodiversità Animale ha la disponibilità finanziaria per realizzare questa tipologia di analisi su i circa 3000 animali delle sue popolazioni sperimentali. L’elevata precisione di questa metodologia lascia intravvedere la possibilità nei prossimi anni di proporre per alcune delle sostanze di interesse nutraceutico del latte ovino modelli di selezione analoghi a quelli attualmente in atto per la resistenza alla Scrapie. La disponibilità di queste nuove applicazioni non deve tuttavia indurre a ritenere che gli schemi attualmente in atto possano essere smantellati o in qualche misura ridimensionati. L’esperienza della selezione per la resistenza alla Scrapie ha infatti dimostrato come la struttura selettiva costruita per il miglioramento dei caratteri produttivi costituisca ancora il pilastro fondamentale per l’applicazione delle nuove conoscenze genomiche.