CAPITOLO 30
Terapia farmacologica, 713
Considerazioni generali sui farmaci
antiaritmici, 713
Farmaci antiaritmici di classe IA,
717
Terapia delle aritmie cardiache
John M. Miller • Douglas P. Zipes
Chinidina, 717
Procainamide, 721
Disopiramide, 722
Farmaci antiaritmici di classe IB,
722
Lidocaina, 722
Mexiletina, 724
Fenitoina, 724
Farmaci antiaritmici di classe IC,
725
Flecainide, 725
Propafenone, 726
Moricizina, 727
Farmaci antiaritmici di classe II,
727
Farmaci bloccanti
i beta-adrenorecettori, 727
Farmaci antiaritmici di classe III,
729
Amiodarone, 729
Tosilato di bretilio, 731
Sotalolo, 732
Ibutilide, 733
Dofetilide, 733
Azimilide, 734
Farmaci antiaritmici di classe IV,
734
Calcioantagonisti: verapamil
e diltiazem, 734
Altri antiaritmici, 736
Adenosina, 736
Digossina, 737
Elettroterapia delle aritmie
cardiache, 737
Cardioversione elettrica diretta, 737
Dispositivi elettrici impiantabili
per il trattamento delle aritmie
cardiache, 740
Terapia ablativa delle aritmie
cardiache, 740
Il trattamento dei pazienti con aritmie cardiache ha avuto una notevole evoluzione in questi ultimi 40 anni. Nella metà degli anni ’60,
i pazienti con bradiaritmie erano trattati con
voluminosi pacemaker impiantabili dotati di
una batteria di durata inferiore a 5 anni e
pacing a frequenza fissa; per i pazienti con
tachiaritmie esisteva un numero limitato di
farmaci come unica opzione di trattamento.
Alla fine degli anni ’60, la terapia chirurgica
– e la prospettiva di guarigione, non solo la
soppressione delle tachiaritmie – è diventata
una realtà. Fu applicata per la prima volta
nella sindrome di Wolff-Parkinson-White e
quindi estesa ad altre forme di tachicardia
sopraventricolare (TSV) e di tachicardia ventricolare (TV). Negli anni ’80, fu eseguita per
la prima volta l’ablazione con catetere per il
trattamento delle tachiaritmie (inizialmente
con corrente diretta erogata da un defibrillatore esterno, poi con corrente a radiofrequenza) e fu poi perfezionata nei decenni
successivi. Questa forma di terapia ha largamente sostituito quella chirurgica e farmacologica nei pazienti che richiedono un trattamento per TSV e TV in assenza di cardiopatie strutturali e sono state utilizzate anche
altre forme di energia. Infine, all’inizio degli
anni ’80 sono stati prodotti cardiovertitoridefibrillatori impiantabili (Implantable Cardioverter-Defibrillator, ICD), diventati la terapia standard per i pazienti con gravi aritmie
ventricolari in presenza di una cardiopatia
strutturale. Alcuni pazienti richiedono un’associazione di queste forme di trattamento
(terapia “ibrida”, come un ICD e antiaritmici
o chirurgia e ICD).1 La terapia farmacologica
delle aritmie, un tempo l’unica alternativa,
attualmente ha un ruolo di supporto nella
maggior parte dei casi.
Terapia chirurgica
delle tachiaritmie, 754
Tachicardie sopraventricolari, 754
Tachicardia ventricolare, 754
Tecniche chirurgiche, 755
Studi elettrofisiologici, 755
Bibliografia, 756
Linee guida: Elettrocardiogramma
ambulatoriale ed esami
elettrofisiologici, 757
Terapia farmacologica
I principi di farmacocinetica clinica e farmacodinamica sono trattati nel Capitolo 5.
Considerazioni generali
sui farmaci antiaritmici
La maggior parte dei farmaci antiaritmici disponibili (Tab. 30-1) può essere classificata
in base al fatto che la loro azione di blocco
si esercita prevalentemente sui canali del sodio, del potassio o del calcio o sul blocco dei
beta adrenorecettori. La classificazione più
comune di Vaughan Williams è di utilità limitata in quanto basata sugli effetti elettrofisiologici esercitati da un’arbitraria concentrazione del farmaco, in genere sul tessuto
cardiaco normale. In realtà, le azioni di questi farmaci sono piuttosto complesse e dipendono dal tipo di tessuto, dalle specie, dal
grado di malattia acuta o cronica, dalla frequenza cardiaca, dal potenziale di membrana, dalla composizione ionica dell’ambiente
extracellulare, dall’età (Cap. 72) e da altri fattori (Tab. 30-1). Molti farmaci hanno proprietà comuni a diverse categorie o determinano
effetti indiretti, tramite alterazioni dell’emodinamica, del metabolismo miocardico o della trasmissione neurovegetativa. Alcuni farmaci sviluppano metaboliti attivi con effetti
diversi da quelli del composto d’origine. Non
tutti i farmaci della stessa classe hanno azioni uguali (p.es., bretilio, sotalolo e amiodarone). Mentre tutti i farmaci di classe III sono
profondamente differenti, alcuni farmaci di
classi diverse hanno effetti che si sovrappongono (p.es., farmaci di classe IA e IC). Studi
in vitro su fibre sane stabiliscono spesso le
proprietà dei farmaci antiaritmici più che la
loro effettiva proprietà antiaritmica.
Nonostante le limitazioni, la classificazione di Vaughan Williams2 è molto conosciuta
ed è un utile strumento di comunicazione.
Per questo è riportata in questa sede, ma il
lettore deve essere consapevole che l’azione
dei farmaci è molto più complessa di quanto
indicato dalla classificazione. Un panorama
più realistico dei farmaci antiaritmici è offerto dal “Sicilian gambit”.3 Questo approccio mirato alla classificazione dei farmaci è
un tentativo di identificare i meccanismi di
una certa aritmia, di determinare il parametro vulnerabile dell’aritmia più spesso suscettibile di modificazione, nonché di definire il bersaglio che più probabilmente influenza il parametro vulnerabile, allo scopo
di scegliere il farmaco che lo modificherà.
Questo concetto fornisce un supporto che
guida l’utilizzo dei farmaci antiaritmici (Tab.
30-2; vedi Tab. 30-1).4
CLASSIFICAZIONE DEI FARMACI (Tab.
30-3). Secondo la classificazione di Vaughan
Williams, i farmaci di classe I bloccano principalmente il canale rapido del sodio (possono anche bloccare i canali del potassio).
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714
Tabella 30–1
Azioni dei farmaci usati nel trattamento delle aritmie
Canali
Recettori
Na*
Interazioni
Rapida Media Lenta
Ca
Kr
Chinidina
䊉A
䉺
Procainamide
䊉A
䉺
Disopiramide
䊉A
䉺
Ks
a
b
䊊
M2
P
Pompe
Na+,
K+-ATPasi
䊊
䊊
Effetto clinico
VS
Funzione
Seno
Frequenza
Extracardiaco
—
≠
䉺
Ø
—
䉺
Ø
—
䊉
Lidocaina
䊊
—
—Ø
䊊
Mexiletina
䊊
—
—
䊊
Fenitoina
䊊
—
—
䉺
Ø
—
䊊
Ø
Ø
䊊
Ø
—
䊊
䊉
Ø
Ø
䊊
䊉
Ø
Ø
䊊
䊉A
Flecainide
䊊
䊉A
Propafenone
Capitolo 30
Moricizina
䊉I
Propranololo
䊊
䊊
䉺
Nadololo
Amiodarone
䊊
䉺
䊉
Bretilio
䊉
Sotalolo
䊉
䉺
䉺
䉺
—
Ø
䊉
ⱓ
ⱓ
—
Ø
䊊
䊉
Ø
Ø
䊊
Ibutilide
䊊
—
Ø
䊊
Dofetilide
䊉
—
—
䊊
Azimilide
䉺
—
—
䊊
Verapamil
䊊
Diltiazem
䊉
䉺
䊊
䉺
䉺
䊐
Adenosina
Digossina
䊊
Atropina
䊉
䊉
Ø
Ø
䊊
Ø
Ø
䊊
—
Ø
䉺
≠
Ø
䉺
—
≠
䉺
Potenza relativa del blocco o effetti collaterali extracardiaci: 䊊 = bassa; 䉺 = media; 䊉 = alta; 䊐 = agonista; ⱓ = agonista-antagonista; A = Bloccante dello stato di
attivazione; I = Bloccante dello stato di inattivazione; — = minimi effetti; ≠ = aumento; Ø = diminuzione; Kr = componente rapida della K+ corrente di rettifica
ritardata; Ks = componente lenta della K+ corrente di rettifica ritardata; M2 = sottotipo 2 del recettore muscarinico; P = A1 recettore purinergico.
Adattato da Schwartz PJ, Zaza A: Eur Heart J 13:26, 1992. Copyright © 1992, riprodotto con l’autorizzazione di Elsevier.
*Rapida, media, lenta si riferiscono alla cinetica di recupero dal blocco dei canali del sodio.
Sono divisi in tre sottogruppi:
·
Classe IA. Farmaci che riducono Vmax (la velocità di innalzamento del tratto ascendente del potenziale d’azione [fase 0])
e prolungano la durata del potenziale di azione (Cap. 77): chinidina, procainamide, disopiramide; le cinetiche di esordio e
di scomparsa del blocco del canale del Na+ sono di rapidità
intermedia (<5 sec).
·
Classe IB. Farmaci che non riducono Vmax e che accorciano
la durata del potenziale di azione: mexiletina, fenitoina e lidocaina; rapide cinetiche di esordio e di scomparsa dell’azione
(<500 millisecondi).
·
Classe IC. Farmaci che riducono Vmax, che principalmente
deprimono la conduzione, e che possono prolungare in modo
trascurabile la refrattarietà: flecainide, propafenone e moricizina; lente cinetiche di esordio e scomparsa (10-20 sec).
Classe II. Farmaci che bloccano i recettori beta-adrenergici,
quali propranololo, timololo, metoprololo e altri.
Classe III. Farmaci che bloccano soprattutto i canali del
potassio (come IKr) e prolungano la ripolarizzazione. Questi
comprendono sotalolo, amiodarone, e bretilio.
Classe IV. Farmaci che bloccano soprattutto il canale lento
del calcio (ICa-L) e includono verapamil, diltiazem, nifedipina
e altri (la felodipina blocca ICa-T).
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Un modello più recente suggerisce che i farmaci antiaritmici attraversino la membrana cellulare e interagiscano con i recettori nei canali di
membrana quando questi ultimi sono in stato di riposo o di inattivazione
(Tab. 30-1) e ciascuna di queste interazioni è caratterizzata da diverse
costanti di velocità di associazione e dissociazione. Queste interazioni sono
voltaggio e tempo dipendenti. Le transizioni tra stati di riposo, di attivazione
e inattivazione sono governate dall’equazione standard di Hodgkin-Huxley.
Quando il farmaco è legato (associato) a un sito del recettore o è molto
vicino al canale ionico (il farmaco probabilmente non è realmente “inserito” nel canale), quest’ultimo non può condurre, perfino in condizione
di attivazione.
USO-DIPENDENZA. Alcuni farmaci esercitano effetti inibitori maggiori sulla salita del potenziale d’azione per frequenze di stimolazione
più rapide e dopo periodi prolungati di stimolazione, una caratteristica
·
detta uso-dipendenza. Uso-dipendenza significa che la depressione di Vmax,
è più grande dopo che il canale è stato “utilizzato” (cioè, dopo un potenziale
di azione di depolarizzazione piuttosto che dopo un periodo di riposo).
È possibile che questa uso-dipendenza risulti da interazioni preferenziali
dei farmaci antiaritmici con il canale sia aperto sia inattivo mentre c’è una
scarsa interazione con i canali a riposo della cellula non stimolata. Farmaci
della classe IB hanno una rapida cinetica di esordio e di scomparsa o un
blocco uso-dipendente dei canali rapidi; ovvero essi si legano e si dissociano rapidamente dai recettori. I farmaci di classe IC hanno una cinetica
lenta e quelli di classe IA sono intermedi. Quando la diastole si allunga (frequenza inferiore), una maggiore quantità di recettori si libera dal farmaco
che risulta così meno efficace. Cellule con potenziali di membrana ridotti
recuperano più lentamente in seguito all’azione del farmaco la loro condizione rispetto alle cellule con potenziali di membrana più negativi.
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Tabella 30–2
715
Classificazione dell’azione dei farmaci sull’aritmia basata sulla modificazione dei parametri sensibili
Meccanismo
Automatismo
Normale aumentato
Anormale
Aritmia
Parametro sensibile (effetto)
Farmaci (effetto)
Tachicardia sinusale
inappropriata
Alcune TV idiopatiche
Depolarizzazione di fase 4
(diminuzione)
Farmaci bloccanti i recettori betaadrenergici
Farmaci bloccanti i canali del Na+
Tachicardia atriale
Massimo potenziale diastolico
(iperpolarizzazione)
Depolarizzazione di fase 4
(diminuzione)
Depolarizzazione di fase 4
(diminuzione)
M2 agonista
Ritmo idioventricolare accelerato
Farmaci bloccanti i canali Ca2+ o Na+
M2 agonista
Farmaci bloccanti i canali Ca2+ o Na+
Torsioni di punta
Durata del potenziale d’azione
(abbreviata)
EAD (soppressione)
Agonisti beta-adrenergici; farmaci
vagolitici (aumento frequenza)
farmaci bloccanti i canali Ca2+; Mg2+;
farmaci bloccanti beta-adrenergici
DAD
Aritmie indotte dalla digitale
Sovraccarico di calcio (libero)
DAD (soppressione)
Sovraccarico di calcio (riduzione
del carico)
DAD (soppressione)
Farmaci bloccanti i canali Ca2+
Farmaci bloccanti i canali Na+
Farmaci bloccanti beta-adrenergici
Conduzione ed eccitabilità (depressione)
Conduzione ed eccitabilità (depressione)
Farmaci bloccanti i canali Na+ tipo IA, IC
Farmaci bloccanti i canali Na+ tipo IA, IC
Conduzione ed eccitabilità (depressione)
Farmaci bloccanti i canali Na+
Flutter atriale atipico
Fibrillazione atriale
Tachicardia da movimento
circolare nella WPW
TV polimorfa e uniforme
Rientro a livello della branca
Fibrillazione ventricolare
Periodo refrattario (prolungamento)
Periodo refrattario (prolungamento)
Periodo refrattario (prolungamento)
Farmaci bloccanti i canali del K+
Farmaci bloccanti i canali del K+
Amiodarone, sotalolo
Periodo refrattario (prolungamento)
Farmaci bloccanti i canali Na+ tipo IA
Periodo refrattario (prolungamento)
Periodo refrattario (prolungamento)
Farmaci bloccanti i canali Na+ tipo IA;
bretilio
Tachicardia da rientro del nodo AV
Tachicardia da movimento
circolare nella WPW
TV sensibile al verapamil
Conduzione ed eccitabilità (depressione)
Conduzione ed eccitabilità (depressione)
Farmaci bloccanti i canali Ca2+
Farmaci bloccanti i canali Ca2+
Conduzione ed eccitabilità (depressione)
Farmaci bloccanti i canali Ca2+
Tachicardia del tratto di efflusso
del VD
Rientro dipendente
dal canale Na+
Lungo gap di
eccitabilità
Breve periodo di
refrattarietà
Rientro dipendente
dal canale Ca2+
Flutter atriale tipico
Tachicardia da movimento
circolare nella WPW
TV sostenuta uniforme
Farmaci bloccanti i canali Ca2+;
adenosina
Terapia delle aritmie cardiache
Attività trigger
EAD
AV = atrioventricolare; DAD = Delayed AfterDepolarization, post-depolarizzazione ritardata; EAD = Early AfterDepolarization, post-depolarizzazione precoce; VD
= ventricolo destro; WPW = Wolff-Parkinson-White.
Dati da Task Force of the Working Group on Arrhythmias of the European Society of Cardiology: The Sicilian gambit: A new approach to the classification of
antiarrhythmic drugs based on their actions on arrhythmogenic mechanisms. Circulation 84:1831, 1991. Copyright 1991, American Heart Association.
USO-DIPENDENZA INVERSO. Alcuni farmaci hanno effetti più marcati
alle basse frequenze che alle alte, una proprietà nota come uso-dipendenza
inverso. Ciò è particolarmente vero per quei farmaci che prolungano la
ripolarizzazione. L’intervallo QT si prolunga maggiormente alle basse
piuttosto che alle alte frequenze. Questo effetto è il contrario di ciò che
un farmaco antiaritmico ideale dovrebbe fare perché il prolungamento
della refrattarietà deve essere aumentato alle alte frequenze in modo da
interrompere o prevenire una tachicardia e deve essere minimo alle basse
frequenze per evitare la comparsa di torsioni di punta.
MECCANISMI DI SOPPRESSIONE DELL’ARITMIA (Tab.
30-2). Dato che l’esaltata automaticità, l’attività triggerata o il
rientro possono indurre aritmie cardiache (Capp. 27 e 32), si
possono ipotizzare i meccanismi attraverso i quali i farmaci
antiaritmici sopprimono le aritmie. I farmaci antiaritmici possono rallentare la frequenza di scarica spontanea di un pacemaker automatico riducendo la pendenza della depolarizzazione
diastolica, spostando il potenziale soglia verso lo zero o iperpolarizzando il potenziale di membrana a riposo. I meccanismi
con cui differenti farmaci sopprimono un automatismo nor-
Braun cap 30ok.indd 715
male o anormale possono non essere uguali. In generale, tuttavia, la maggior parte dei farmaci antiaritmici nei dosaggi
terapeutici deprime la frequenza automatica innescata spontaneamente da foci ectopici mentre influenza in modo trascurabile la frequenza di scarica del nodo del seno normale. I
farmaci bloccanti i canali lenti come il verapamil, i beta-bloccanti come il propranololo e alcuni antiaritmici come l’amiodarone deprimono anche la frequenza di scarica spontanea del
nodo del seno, mentre i farmaci con azione vagolitica, quali
disopiramide o chinidina, possono aumentare la frequenza
sinusale. I farmaci possono anche sopprimere le postdepolarizzazioni precoci o tardive ed eliminare le aritmie dovute a
questi meccanismi.
Come ricordato in precedenzaa, il rientro dipende specificatamente dalle relazioni temporali tra refrattarietà e velocità di
conduzione, dalla presenza di un blocco unidirezionale in una
delle vie e da altri fattori che influenzano la refrattarietà e la
conduzione come l’eccitabilità. Un farmaco antiaritmico può
bloccare un rientro già presente o ne può prevenire l’inizio se
migliora o deprime la conduzione. Ad esempio, la migliore
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716
Tabella 30–3
Caratteristiche elettrofisiologiche dei farmaci antiaritmici in vitro
Capitolo 30
Farmaco
APA
APD
dV/dt
MPD
ERP
VC
FP
fase 4
NS
auto
Memb
Res
SE
SFV
Contr
SI
Curr
Sistema nervoso
autonomo
Anest.
locale
Chinidina
Ø
≠
Ø
0
≠
Ø
Ø
0
Ø
≠
≠
0
0
Antivagale; alfa
bloccante
Sì
Procainamide
Ø
≠
Ø
0
≠
Ø
Ø
0
Ø
≠
≠
0
0
Lievemente antivagale
Sì
Disopiramide
Ø
≠
Ø
0
≠
Ø
Ø
Ø0≠
Ø
≠
≠
Ø
0
Centrale: antivagale,
antagonista del
sistema simpatico
Sì
Lidocaina
0Ø
Ø
0Ø
0
Ø
0Ø
Ø
0
0Ø
0≠
≠
0
0
0
Sì
Mexiletina
0
Ø
0Ø
0
Ø
Ø
Ø
0
Ø
≠
≠
Ø
0
0
Sì
Fenitoina
0
Ø
Ø0≠
0
Ø
0
Ø
0
0≠
0
0
0
No
Flecainide
Ø
0≠
Ø
0
≠
ØØ
Ø
0
Ø
Ø
0
0
Sì
Propafenone
Ø
0≠
Ø
0
≠
ØØ
Ø
0
Ø
≠
≠
Ø
0Ø
Antagonista del
sistema simpatico
Sì
≠
0
0
0
No
Ø
0Ø
Antagonista del
sistema simpatico
No
Moricizina
Ø
Ø
Ø
0
Ø
Ø
0
0
Ø
Propranololo
0Ø
0Ø
0Ø
0
Ø
0
Ø*
Ø
Ø
Amiodarone
0
≠
0Ø
0
≠
Ø
Ø
Ø
0
0
≠
0≠
0
Antagonista del
sistema simpatico
Sì
Bretilio
0
≠
0
0
≠
0
0 Ø*
0Ø
0≠
0
0≠
Ø
0
Antagonista del
sistema simpatico
Sì
Sotalolo
0Ø
≠
0Ø
0
≠
0
0Ø
Ø
0Ø
0
0
Ø
0Ø
Antagonista del
sistema simpatico
No
Ibutilide
0
≠
0
0
≠
0
0
Ø
0
0
0
0
0
No
Dofetilide
0
≠
0
0
≠
0
0
0
0
0
0
0
0
No
Azimilide
0
≠
0
0
≠
0
0
0
0
0
0
0
0
No
Verapamil
0
Ø
0
0
0
0
Ø*
Ø
0
0
0
Ø
ØØ
? Recettori blocco
alfa; rinforzo vagale
Sì
Adenosina
0
≠
0Ø
0
≠
0
0Ø
Ø
0
0
0
0
Ø
Vagomimetico
No
APA = ampiezza del potenziale d’azione; APD = Action Potential Duration, durata del potenziale d’azione; dV/dt = velocità di salita del potenziale d’azione; MPD
= massimo potenziale diastolico; ERP = periodo refrattario effettivo (il più lungo S1-S2 Intervallo in cui S2 non riesce a produrre una risposta); VC = velocità di
conduzione; FP = Fibra di Purkinje; NS auto = automatismo del nodo del seno; Memb Res = responsività di membrana; SE = soglia di eccitabilità; SFV = soglia
di fibrillazione ventricolare; Contr = Contrattilità; SI Curr = slow inward current, corrente lenta d’entrata; Anest. locale = effetto anestetico locale.
*Con attività di fondo sul sistema simpatico.
conduzione può (1) eliminare il blocco unidirezionale cosicché
il rientro non può attivarsi o (2) facilitare la conduzione nel
circuito di rientro in modo tale che il fronte dell’onda di rientro arriva troppo rapidamente, incontra fibre ancora refrattarie
e si estingue. Un farmaco che deprime la conduzione può trasformare il blocco unidirezionale in un blocco bidirezionale e
così interrompere il rientro o prevenire la sua comparsa creando
un’area di blocco completo nel circuito di rientro. Viceversa,
un farmaco che rallenti la conduzione senza produrre un blocco
o un allungamento della refrattarietà, può favorire il rientro in
modo significativo. Infine la maggior parte dei farmaci antiaritmici condivide la capacità di prolungare la refrattarietà relativa
al loro effetto sulla durata del potenziale d’azione (Action
Potential Duration, APD), ovvero, il rapporto tra periodo refrattario effettivo (Effective Refractory Period, ERP) e APD supera
1,0. Se un farmaco prolunga la refrattarietà delle fibre nel circuito di rientro, la via può non riacquistare l’eccitabilità in
tempo utile per essere depolarizzata dall’impulso rientrante e
la propagazione cessa. I diversi tipi di rientro (Cap. 27) influenzano gli effetti e l’efficacia di un farmaco.
Quando si considerano le proprietà di un farmaco, è importante definire la situazione o il modello, o entrambi, dal quale
le conclusioni sono tratte. Gli effetti elettrofisiologici, emodinamici, autonomici, farmacocinetici e quelli indesiderati possono differire nei soggetti sani rispetto ai pazienti, nel tessuto
normale rispetto a quello anormale, nel muscolo cardiaco
rispetto alle fibre specializzate di conduzione, nell’atrio rispetto
al muscolo ventricolare e tra specie differenti (Tab. 30-4).
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STEREOSELETTIVITÀ. Le interazioni farmacologiche con un canale,
un recettore o un enzima dipendono dalla geometria tridimensionale del
farmaco. Molti farmaci posseggono stereoisomeri (molecole di uguale composizione atomica ma differente orientamento spaziale) che influiscono
su effetti, metabolismo, legame, clearance ed escrezione del farmaco. La
maggior parte dei farmaci di questo tipo è prescritta come miscela 50:50
delle loro due forme (racemati), che può rendere il 50% del dosaggio inefficace per alcuni farmaci. Tranne che per il timololo tutti i beta-bloccanti
sono di fatto racemati. Il d-propranololo esercita azioni antiaritmiche non
correlate al blocco del recettore beta-adrenergico, mentre il l-propranololo
blocca il beta recettore. Entrambi gli enantiomeri (immagini speculari) del
sotalolo bloccano il canale del potassio per prolungare l’APD e sopprimere
ugualmente le aritmie, ma il d-sotalolo non blocca il beta adrenorecettore e da solo può essere aritmogeno. Il propafenone racemico presenta
azione beta-bloccante dovuta all’enantiomero S.Altri farmaci con notevoli
differenze stereoselettive comprendono la disopiramide, con una forma
(S [+]) che prolunga la ripolarizzazione con effetti antiaritmici superiori
a quelli della R (-), che accorcia la ripolarizzazione. Quest’ultima forma
ha effetti anticolinergici minori. L’enantiomero (-) del verapamil esercita
maggiori effetti inotropi e dromotropi negativi rispetto alla forma (+) e
può avere un’azione antiaritmica più potente. La stereoselettività influisce
meno sui farmaci che bloccano i canali del sodio che sul blocco dei beta
adrenorecettori e i recettori del potassio e del calcio.
METABOLITI DEI FARMACI. I metaboliti dei farmaci possono aumentare o modificare gli effetti del principio attivo del farmaco esercitando
azioni simili, competendo con i composti d’origine o riflettendo la tossicità farmacologica. La chinidina ha almeno quattro metaboliti attivi ma
nessuno con una potenza superiore a quella del composto d’origine e
nessuno implicato in maniera preminente nel causare torsioni di punta.
Circa il 50% della procainamide è metabolizzato a N-acetilprocainamide
(NAPA). Soltanto il composto d’origine blocca i canali cardiaci del sodio
e rallenta l’impulso di propagazione nel sistema di His-Purkinje. Il NAPA
prolunga la ripolarizzazione ed è un farmaco antiaritmico meno efficace
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EFFETTI INDESIDERATI. I farmaci antiaritmici producono
un gruppo di effetti indesiderati relativi alla dose eccessiva e
alle concentrazioni plasmatiche, che causano sia tossicità non
cardiaca (p.es., alterazioni neurologiche) che cardiaca (p.es.,
insufficienza cardiaca, certe aritmie) e un altro gruppo di effetti
indesiderati non correlati alle concentrazioni plasmatiche che
è stato denominato idiosincrasico. Esempi di questi ultimi sono
la sindrome lupica indotta da procainamide e alcune aritmie
quali le torsioni di punta indotte dalla chinidina. Quest’ultimo
fenomeno può verificarsi in soggetti con una “forma frusta”
della sindrome del QT lungo (cioè, normale intervallo QT a
riposo, ma intervallo marcatamente prolungato in presenza di
alcuni farmaci).5 In futuro, è probabile che differenze genetiche
potranno spiegare molte reazioni “idiosincrasiche”.6-11
Proaritmia. Le aritmie cardiache indotte o aggravate dai
farmaci (proaritmia) sono un problema clinico importante.12
Tali eventi possono manifestarsi con un aumento della frequenza di un’aritmia preesistente, con la trasformazione in
sostenuta di un’aritmia precedentemente non sostenuta (talora
rendendola addirittura incessante) o inducendo aritmie in
pazienti che non le avevano in precedenza. I meccanismi elettrofisiologici sono probabilmente correlati al prolungamento
della ripolarizzazione, allo sviluppo di una post-depolarizzazione precoce tale da determinare torsioni di punta e ad alterazioni nei circuiti di rientro in grado di provocare o sostenere
tachiaritmie ventricolari. Eventi proaritmici possono verificarsi
nel 5-10% dei pazienti a cui vengono somministrati farmaci
antiaritmici. Il rischio proaritmico aumenta nello scompenso
cardiaco. Pazienti con fibrillazione atriale trattati con antiaritmici avevano un rischio relativo di morte cardiaca di 4,7 in
caso di anamnesi d’insufficienza cardiaca rispetto a pazienti
Braun cap 30ok.indd 717
non trattati, che avevano un rischio relativo di morte per aritmie 717
di 3,7. Pazienti senza storia di insufficienza cardiaca congestizia non avevano un aumento di rischio di morte cardiaca
durante il trattamento antiaritmico.13 Una funzione ventricolare
ridotta, un trattamento con digitale e diuretici e un intervallo
QT più lungo prima del trattamento caratterizzano i pazienti
che sviluppano una fibrillazione ventricolare (FV) farmacoindotta. La maggior parte degli eventi proaritmici conosciuti
compaiono di solito a distanza di alcuni giorni dall’inizio del
trattamento o dalla modificazione del dosaggio e sono caratterizzati dalla comparsa di TV incessante, sindrome del QT lungo
e torsione di punta. Tuttavia, nel Cardiac Arrhythmia Suppression Trial (CAST),14 i ricercatori hanno riscontrato che encainide e flecainide riducevano le aritmie ventricolari spontanee,
ma erano associate a una mortalità totale del 7,7% rispetto al
3% del gruppo trattato con placebo. Le morti risultavano uniformemente distribuite lungo tutto il periodo di trattamento,
portando all’importante conclusione che un altro genere di
risposta proaritmica si può verificare qualche tempo dopo l’inizio della terapia farmacologica. Questi effetti proaritmici tardivi
possono essere correlati all’esacerbazione farmaco-indotta del
ritardo di conduzione miocardica distrettuale dovuto all’ischemia e alle concentrazioni eterogenee di farmaco che possono
favorire il rientro. Anche la moricizina aumentava la mortalità,
causando l’interruzione del CAST II.
Fino agli anni ’70, quando sono stati ideati trattamenti chirurgici distinti per la sindrome di Wolff-Parkinson-White e la
TV (vedi oltre), gli antiaritmici erano l’unico trattamento per
i pazienti con tachiaritmia. La disponibilità dell’ablazione
transcatetere (vedi oltre) e degli ICD (Cap. 31) per trattare una
grande varietà di aritmie ha relegato la terapia farmacologica
in un ruolo secondario. I farmaci sono tuttora utili per prevenire o ridurre la frequenza delle recidive in pazienti con episodi relativamente rari di tachicardie benigne, in quelli che
hanno avuto un successo incompleto con i metodi di ablazione
transcatetere e nei pazienti con ICD che hanno frequenti episodi di aritmia ventricolare che esita in shock.
Terapia delle aritmie cardiache
ma compete con la procainamide per i siti secretori renotubulari e può
aumentare l’emivita di eliminazione del principio attivo del farmaco. Il
metabolita della lidocaina compete con la stessa nel blocco dei canali del
sodio e contrasta parzialmente con il blocco indotto.
FARMACOGENETICA (Cap. 5). Le vie metaboliche determinate geneticamente spiegano molte delle differenze nella risposta dei pazienti ad
alcuni farmaci. L’attività della N-acetiltransferasi epatica determinata geneticamente regola lo sviluppo di anticorpi antinucleo e lo sviluppo di una
sindrome lupoide come risposta alla procainamide. I fenotipi acetilatori
lenti sembrano più inclini a sviluppare il lupus rispetto agli acetilatori
rapidi. In circa il 7% dei soggetti manca la debrisochina 4-idrossilasi. Questo
enzima (chiamato P450dbl) è necessario al metabolismo della debrisochina
(un farmaco antipertensivo) e del propafenone, per idrossilare molti betabloccanti e per biotrasformare la flecainide. La mancanza di questo enzima
riduce il metabolismo del composto d’origine, portando a un aumento
delle concentrazioni plasmatiche del principio attivo e riduzione delle
concentrazioni dei metaboliti. Il propafenone è metabolizzato da questo
enzima in un composto con effetti antiaritmici e beta-bloccanti leggermente inferiori e minori effetti indesiderati sul SNC. Pertanto, i soggetti con
metabolismo debole possono manifestare un rallentamento maggiore della
frequenza cardiaca e neurotossicità rispetto a quelli con metabolismo più
esteso. La chinidina a basso dosaggio può inibire questo enzima e quindi
alterare la concentrazione dei farmaci e dei metaboliti somministrati in
associazione che sono influenzati dell’enzima P450dbl quali il propafenone
o la flecainide.
Conoscere la stereoselettività e la farmacogenetica può fornire maggiori indicazioni per capire le differenze di efficacia e tossicità dei farmaci
tra i pazienti.Anche la cimetidina e la ranitidina influenzano il metabolismo
farmacologico, probabilmente per inibizione degli enzimi di metabolizzazione epatica P450. Altri farmaci non cardiovascolari di uso comune
alterano questa importante via metabolica. Farmaci quali rifampicina, fenobarbital e fenitoina inducono la sintesi di maggiori quantità di citocromo
P450dbl, riducendo le concentrazioni dei farmaci d’origine che vengono
ampiamente metabolizzati, mentre eritromicina, claritromicina, fluoxetina
e succo di pompelmo inibiscono l’attività enzimatica, determinando l’accumulo del farmaco di riferimento. Si ritiene che questo effetto spieghi
perché la cisapride, un farmaco usato per aumentare la motilità gastrica,
possa causare in casi isolati prolungamento dell’intervallo QT e torsioni
di punta. La cisapride blocca la corrente di ripolarizzazione ritardata IKr
ma non prolunga significativamente l’intervallo QT nella maggioranza dei
pazienti, verosimilmente per l’ampio metabolismo. Nei pazienti che assumono un inibitore del citocromo P450 (come l’eritromicina) insieme alla
cisapride, quest’ultimo farmaco può accumularsi portando a un prolungamento del QT e a torsioni di punta.
Farmaci antiaritmici di classe IA
Chinidina
Chinidina e chinino sono alcaloidi isomeri isolati dalla corteccia di china. Sebbene la chinidina condivida gli effetti antimalarici, antipiretici e azioni vagolitiche del chinino, quest’ultimo non ha le significative caratteristiche elettrofisiologiche
e gli effetti antiaritmici della chinidina.
AZIONI ELETTROFISIOLOGICHE (Tab. 30-5; vedi Tabb. 30-1, 30-2
e 30-3). La chinidina ha uno scarso effetto sull’automatismo del nodo del
seno normale isolato o denervato, ma sopprime l’automatismo nelle fibre
di Purkinje normali, specialmente nei pacemaker ectopici, diminuendo
la pendenza della fase 4 della depolarizzazione diastolica e spostando il
voltaggio di soglia verso lo zero. Nei pazienti con malattia del nodo del
seno, la chinidina può deprimere l’automatismo del nodo sinusale. Essa
non condiziona l’automatismo anormale nelle fibre di Purkinje parzialmente depolarizzate. La chinidina provoca post-depolarizzazioni precoci
in preparati sperimentali e nell’uomo che possono essere responsabili di
torsione di punta.15 A causa di un significativo effetto anticolinergico e della
stimolazione riflessa risultante dal blocco alfa-adrenergico che provoca
vasodilatazione periferica, la chinidina può aumentare la frequenza del
nodo del seno e migliorare la conduzione del nodo AV. Effetti miocardici
diretti possono prolungare i tempi di conduzione del nodo AV e del fascio
di His-Purkinje e la refrattarietà in una via AV accessoria. La chinidina prolunga lievemente l’APD dei muscoli atriale e ventricolare e delle fibre di
Purkinje, mentre prolunga l’ERP senza modificare significativamente il
potenziale di membrana a riposo. Il prolungamento della ripolarizzazione
è più evidente alle basse frequenze cardiache (uso-dipendenza inverso)
a causa del blocco di IKr. ·L’ampiezza del potenziale d’azione, l’entità
della depolarizzazione e la Vmax di fase 0 sono ridotti, soprattutto in corso
di ischemia, ipossia e, nelle fibre parzialmente depolarizzate, specialmente
12-02-2007 12:08:54
718
Tabella 30–4
Indicazioni di uso clinico per i farmaci antiaritmici*
Limiti abituali di dosaggio
Endovenoso (mg)
Orale (mg)
Farmaci
Carico
Mantenimento
Carico
Mantenimento
Chinidina
da 6-10 mg/kg a 0,3-0,5 mg/kg/min
—
800-1000
300-600 q6hr
Procainamide
da 6-13 mg/kg a 0,2-0,5 mg/kg/min
2-6 mg/min
500-1000
250-1000 q4-6hr
‡
Disopiramide
1-2 mg/kg in 15-45 min
Lidocaina
da 1-3 mg/kg a 20-50 mg/min
1-4 mg/min
N/A
N/A
Mexiletina
500 mg‡
0,5-1,0 gm/24 hr
400-600
150-300 q8-12hr
Fenitoina
100 mg q5min per £1000 mg
1000
100-400 q12-24hr
Flecainide
2 mg/kg
‡
1 mg/kg/hr
100-300 q6-8hr
100-200 q12hr
‡
50-200 q12hr
Capitolo 30
Propafenone
1-2 mg/kg
Moricizina
N/A
Propranololo
0,25-0,5 mg q5min a £0,20 mg/kg
Amiodarone
15 mg/min per 10 min, 1 mg/min per
3 hr, 0,5 mg/min a seguito
1 mg/min
800-1600 qd
per 7-14 giorni
Bretilio
da 5-10 mg/kg a 1-2 mg/kg/min
0,5-2 mg/min
N/A
Sotalolo
10 mg in 1-2 min‡
Ibutilide
1 mg in 10 min
N/A
600-900
150-300 q8-12hr
300
100-400 q8hr
10-200 q6-8hr
200-600 qd
4 mg/kg/d
80-320 q12hr
‡
N/A
N/A
N/A
Dofetilide
2-5 mg/kg in infusione
N/A
N/A
0,125-0,5 q12hr
Azimilide
N/A
N/A
N/A
100-200 qd
Verapamil
5-10 mg in 1-2 min
0,005 mg/kg/min
80-120 q 6-8hr
Adenosina
6-18 mg (rapidamente)
N/A
N/A
N/A
Digossina
0,5-1,0 mg
0,125-0,25 qd
0,5-1,0
0,125-0,25 qd
N/A = non applicabile.
*I risultati riportati possono variare in rapporto alla dose, allo stato della malattia, alla somministrazione per via endovenosa od orale.
†
Classe di gravidanza: A, studi controllati non mostrano rischi fetali; B, nessuno studio controllato, ma nessuna evidenza di rischio fetale; danno fetale improbabile;
C, non si può escludere rischio fetale; il farmaco dovrebbe essere usato soltanto se i potenziali benefici superano il rischio potenziale; D, rischio fetale certo;
il farmaco deve essere evitato tranne che in casi potenzialmente letali o quando non esistono alternative più sicure; X, controindicato in gravidanza.
‡
Uso endovenoso solo sperimentale.
§
Solo sperimentale.
alle frequenze elevate. Il canale veloce ha un’alta affinità per la chinidina,
determinando il blocco di una parte dei canali del sodio e del tratto ascendente del potenziale d’azione. Il tempo di dissociazione dei farmaci di
classe IA (circa 4 secondi) è più lungo di quelli di classe IB ma più breve
dei farmaci della classe IC. Per la durata del plateau del potenziale d’azione
(stato inattivato) o nelle fibre depolarizzate, la velocità di sblocco è lenta,
mentre è molto più veloce nelle fibre polarizzate. Quindi, frequenze più
veloci determinano un blocco maggiore dei canali del sodio e uno sblocco
minore a causa di una minore percentuale di tempo trascorso in uno stato
polarizzato (uso-dipendenza). L’isoproterenolo può modulare gli effetti
della chinidina sui circuiti di rientro nell’uomo. Gli effetti della chinidina
sul Ia (ma non Ik) varia in relazione all’età del paziente e può spiegare la
sua minore efficacia nei bambini rispetto agli adulti.
EFFETTI EMODINAMICI. La chinidina riduce le resistenze
vascolari periferiche e può indurre un’ipotensione significativa
a causa del suo effetto bloccante sui recettori alfa-adrenergici.
La contemporanea somministrazione di vasodilatatori può
aumentare gli effetti ipotensivi. In alcuni pazienti, la chinidina
può aumentare la gittata cardiaca, probabilmente riducendo il
postcarico e il precarico. Con la somministrazione orale di
chinidina non si verifica alcun effetto diretto depressivo miocardico significativo.
FARMACOCINETICA (Tab. 30-4). Sebbene chinidina solfato e chinidina gluconato somministrate per via orale presentino gradi di disponibilità sistemica simili, la concentrazione
plasmatica della chinidina è massima circa 90 minuti dopo
somministrazione orale di chinidina solfato e 3-4 ore dopo
Braun cap 30ok.indd 718
somministrazione orale di chinidina gluconato. La somministrazione per via intramuscolare deve essere evitata per l’incompleto assorbimento e la necrosi tissutale. La chinidina può
essere somministrata per via endovenosa se infusa lentamente.
Circa l’80% della chinidina plasmatica è legata alle proteine,
specialmente alla alfa1-glicoproteina acida che aumenta nello
scompenso cardiaco. Sia il fegato che i reni eliminano la chinidina e aggiustamenti del dosaggio possono essere fatti in
base alla clearance della creatinina. Il metabolismo avviene
ad opera del sistema del citocromo P450. Circa il 20% è escreto
immodificato nelle urine. Poiché l’insufficienza cardiaca congestizia, l’epatopatia o l’insufficienza renale possono ridurre
l’eliminazione della chinidina e aumentare le concentrazioni
plasmatiche, il dosaggio deve essere probabilmente ridotto e
il farmaco somministrato con cautela nei pazienti con queste
patologie, controllando i livelli sierici di chinidina. L’emivita
di eliminazione è di 5-8 ore dopo somministrazione orale.
L’effetto della chinidina sulla ripolarizzazione e l’efficacia
complessiva è direttamente proporzionale alla funzione ventricolare sinistra; per una stessa concentrazione sierica, l’intervallo QT è più lungo nelle donne e con maggiori gradi di
tono simpatico.16,17
DOSI E VIE DI SOMMINISTRAZIONE (Tab. 30-4). La dose
orale abituale di chinidina solfato per un adulto è da 300 a
600 mg quattro volte al giorno, il che determina un livello di
stato di equilibrio entro 24 ore circa. Una dose di carico da
600 a 1000 mg determina una concentrazione efficace più
12-02-2007 12:08:54
719
Tempo di picco
Concentrazione efficace
Concentrazione plasmatica sierica o plasmatica
(orale) (h)
(mg/ml)
Emivita (h)
Biodisponibilità (%)
Via principale
di eliminazione
1,5-3,0
3-6
5-9
60-80
Fegato
C
1
4-10
3-5
70-85
Reni
C
da 1 a 2
2-5
8-9
80-90
Reni
C
N/A
1-5
1-2
N/A
Fegato
B
da 2 a 4
0,75-2
10-17
90
Fegato
C
da 8 a 12
10-20
18-36
50-70
Fegato
D
da 3 a 4
0,2-1,0
20
95
Fegato
C
da 1 a 3
0,2-3,0
5-8
25-75
Fegato
C
da 1 a 3
0,1
2
40
Fegato
B
4
1-2,5
3-6
35-65
Fegato
C
0,5-1,5
56 giorni
25
Reni
D
da 2 a 4
0,04-0,90
8-14
20-50
Fegato
C
da 2,5 a 4
2,5
12
90-100
Reni
B
N/A
N/A
6
Reni
C
90
Reni
C
90-100
Reni
—
C
da 1 a 2
0,10-0,15
3-8
10-35
Fegato
0,0008-0,002
36-48
60-80
Reni
N/A
da 2 a 6
C
precoce. Dosi simili di chinidina gluconato sono somministrate per via intramuscolare, mentre il dosaggio endovenoso
(EV) di chinidina gluconato è di circa 10 mg/kg alla velocità
di circa 0,5 mg/kg/min controllando spesso i parametri pressori ed elettrocardiografici (ECG). I dosaggi orali della forma
gluconato sono superiori del 30% circa rispetto a quelli della
forma solfato. Si verificano importanti interazioni con altri
farmaci.
INDICAZIONI. La chinidina è un farmaco antiaritmico versatile, utile nel trattare i complessi prematuri ventricolari e
sopra-ventricolari e le tachiaritmie sostenute. Può prevenire
le recidive spontanee di tachicardia nodale AV da rientro
(TRNAV) prolungando la refrattarietà atriale e ventricolare e
deprimendo la conduzione nella via retrograda veloce. Nei
pazienti con sindrome di Wolff-Parkinson-White la chinidina
prolunga l’ERP della via accessoria e, così facendo, può prevenire le tachicardie reciprocanti e rallentare la risposta ventricolare dovuta alla conduzione attraverso la via accessoria
durante il flutter o la fibrillazione atriale. La chinidina e altri
farmaci antiaritmici possono anche prevenire le recidive di
tachicardia sopprimendo il “trigger” (cioè, ad esempio il complesso prematuro atriale [Premature Atrial Complex, PAC] o il
complesso prematuro ventricolare [Premature Ventricular
Complex, PVC] che provocano una tachicardia sostenuta).6
La chinidina interrompe con successo il flutter e la fibrillazione atriale nel 20-60% dei pazienti, con maggiore possibilità
di successo se l’aritmia è di più recente insorgenza e se gli atri
non sono ingranditi. Prima di somministrare la chinidina in
questi pazienti, si deve rallentare sufficientemente la risposta
ventricolare con digitale, propranololo o verapamil, poiché il
rallentamento chinidina-indotto del flutter atriale (p.es., da
300 a 230 batt/min) e il suo effetto vagolitico sulla conduzione
Braun cap 30ok.indd 719
C
Terapia delle aritmie cardiache
7-13
200-1000
Gravidanza
classe†
del nodo AV possono convertire una risposta AV 2:1 (frequenza
ventricolare di 150 batt/min) a una risposta AV 1:1, con un
incremento della frequenza ventricolare (a 230 batt/min).18 Se
si intende utilizzare la chinidina per tentare di mantenere il
ritmo sinusale dopo cardioversione elettiva dei pazienti con
fibrillazione atriale, questa probabilmente deve essere somministrata 1-2 giorni prima della cardioversione programmata,
poiché questo trattamento ripristina in alcuni pazienti il ritmo
sinusale (rendendo così superfluo il ricorso alla cardioversione
elettrica) ed aiuta a mantenerlo quando è stato ristabilito. Inoltre, si può osservare una tossicità precoce o un’intolleranza
del paziente al farmaco ed è necessario modificare le dosi
prima di tentare la cardioversione. Tuttavia, una metanalisi di
6 studi che hanno valutato gli effetti della chinidina rispetto
ai controlli nel mantenimento del ritmo sinusale in pazienti
con fibrillazione atriale, ha mostrato che i pazienti trattati con
chinidina conservavano il ritmo sinusale più a lungo rispetto
al gruppo controllo, ma con un aumento della mortalità totale
nello stesso periodo.
La chinidina ha prevenuto la morte improvvisa in alcuni
pazienti rianimati dopo arresto cardiaco extraospedaliero e
può essere utilizzata con altri farmaci antiaritmici per aumentare l’efficacia nel sopprimere le gravi tachiaritmie ventricolari;
tuttavia, la maggior parte di questi pazienti ha un ICD e il trattamento farmacologico è prettamente addizionale (cioè, usato
per ridurre la frequenza degli episodi aritmici). È importante
sottolineare che nessun dato pubblicato da studi randomizzati
controllati indica un miglioramento della sopravvivenza nei
pazienti trattati con chinidina dopo infarto miocardico e un
arresto cardiaco si può verificare malgrado la terapia con chinidina. Poiché attraversa la placenta, la chinidina si può usare
nel trattamento delle aritmie fetali.
12-02-2007 12:08:55
720
Tabella 30–5
Caratteristiche elettrofisiologiche dei farmaci antiaritmici in vivo*
Misure elettrocardiografiche
Intervalli elettrofisiologici
Farmaci
Ritmo sinusale PR
Qrs
QT
JT
ERP-NAV
ERP-SHP
ERP-A
ERP-V
AH
HV
Chinidina
0≠
Ø 0≠
≠
≠
≠
0≠
≠
≠
≠
0Ø
≠
Procainamide
0
0≠
≠
≠
≠
0≠
≠
≠
≠
0≠
≠
Disopiramide
0≠
Ø0≠
≠
≠
≠
≠0
≠
≠
≠
Ø0≠
≠
Lidocaina
0
0
0
0Ø
Ø
0Ø
0≠
0
0
0Ø
0≠
Mexiletina
0
0
0
0Ø
Ø
0≠
0≠
0
0
0≠
0≠
Fenitoina
0
0
0
0
0
0Ø
Ø
0
0
0≠
0
Flecainide
0Ø
≠
≠
0≠
0
≠
≠
≠
≠
≠
≠
Capitolo 30
Propafenone
0Ø
≠
≠
0≠
0
0≠
0≠
0≠
≠
≠
≠
Moricizina
0Ø
0≠
0≠
0
Ø
0
0
0≠
0≠
≠
≠
Propranololo
Ø
0≠
0
0Ø
0
≠
0
0
0
0
0
Amiodarone
Ø
0≠
≠
≠
≠
≠
≠
≠
≠
≠
≠
Bretilio
Ø0≠
0
0
0≠
≠
0
≠
≠
≠
Ø0≠
0
Sotalolo
Ø
0≠
0
≠
≠
≠
≠
≠
≠
≠
0
Ibutilide
Ø
0Ø
0
≠
≠
0
0
≠
≠
0
0
Dofetilide
0
0
0
≠
≠
0
0
≠
≠
0
0
Azimilide
0
0
0
≠
≠
0
0
≠
≠
0
0
Verapamil
0Ø
≠
0
0
0
≠
0
0
0
≠
0
Adenosina
Ø quindi ≠
≠
0
0
0
≠
0
Ø
0
≠
0
Digossina
Ø
≠
0
0
Ø
≠
0
Ø
0
≠
0
≠ = aumento; Ø = diminuzione; 0 = nessun cambiamento; 0 ≠ o 0 Ø = aumento o diminuzione lieve o trascurabile; A = atrio; AH = intervallo atrio-His (un indice
della conduzione nel nodo atrioventricolare); NAV = nodo atrioventricolare; ERP = periodo refrattario effettivo (il più lungo S1-S2 intervallo al quale S2 non riesce
a produrre una risposta); SHP = sistema di His-Purkinje; HV = intervallo His-ventricolare (un indice di conduzione His-Purkinje); V = ventricolo.
*I risultati riportati possono variare in rapporto al tipo di tessuto, alla concentrazione del farmaco e al tono autonomico.
EFFETTI INDESIDERATI. La maggior parte degli effetti
indesiderati più comuni del trattamento cronico con chinidina orale sono quelli gastrointestinali e comprendono nausea, vomito, diarrea, dolore addominale e anoressia. Gli
effetti indesiderati gastrointestinali sono più lievi con la
forma gluconato. La tossicità sul sistema nervoso centrale
comprende tinnito, perdita dell’udito, disturbi visivi, confusione, delirio e psicosi. Cinconismo è il termine solitamente applicato a questi effetti indesiderati. Reazioni
allergiche si possono manifestare sotto forma di rash, febbre,
trombocitopenia immunomediata, anemia emolitica e, raramente, anafilassi. La trombocitopenia è secondaria alla presenza di anticorpi contro il complesso chinidina-piastrine
che causano agglutinazione piastrinica e lisi. Nei pazienti in
trattamento con anticoagulanti orali, la chinidina può indurre
sanguinamento. Gli effetti indesiderati possono precludere
la somministrazione a lungo termine di chinidina nel 30-40%
dei pazienti.
La chinidina può rallentare la conduzione cardiaca, talvolta
fino al blocco, che si manifesta come prolungamento della
durata del QRS o sotto forma di turbe della conduzione del
nodo senoatriale (SA) o AV. La tossicità cardiaca chinidinoindotta può essere trattata con sodio lattato. La chinidina può
causare sincope nello 0,5-2,0% dei pazienti, nella maggior
parte dei casi come conseguenza di un episodio autolimitante
di torsione di punta. Come detto precedentemente, queste possono essere secondarie allo sviluppo di una post-depolarizzazione precoce.
La chinidina prolunga l’intervallo QT nella maggior parte
dei pazienti, sia che compaiano o meno aritmie ventricolari,
ma un significativo allungamento del QT (intervallo QT di
Braun cap 30ok.indd 720
500-600 millisec) è spesso caratteristico dei pazienti con sincope da chinidina. Molti di questi pazienti assumono anche
digitale o diuretici o hanno un’ipokaliemia; le donne sono più
soggette degli uomini.17,18 La sincope non è correlata alla concentrazione plasmatica di chinidina o alla durata della terapia,
sebbene la maggior parte degli episodi si verifichi entro i primi
2-4 giorni di terapia (spesso dopo conversione della fibrillazione atriale al ritmo sinusale) (Tab. 72-3).
La terapia della sincope da chinidina richiede l’interruzione
immediata della chinidina e di altri farmaci con effetti farmacologici simili, come la disopiramide, a causa della sensibilità
crociata che esiste in alcuni pazienti. Il magnesio EV (2 gm in
1-2 minuti, seguito da un’infusione di 3-20 mg/min) è il trattamento farmacologico iniziale di scelta. Il pacing atriale o
ventricolare può essere utilizzato per sopprimere la tachiaritmia ventricolare e può agire sopprimendo le postdepolarizzazioni precoci. In alcuni pazienti possono essere provati farmaci
che non prolungano l’intervallo QT, quali la lidocaina o la
fenitoina. Quando il pacing non è disponibile, si può somministrare con cautela l’isoproterenolo. L’aritmia termina gradualmente con l’eliminazione della chinidina e il ritorno dell’intervallo QT al livello di base.
Farmaci che inducono la produzione di enzimi epatici, quali
il fenobarbital o la fenitoina, possono abbreviare la durata
d’azione della chinidina aumentando la velocità di eliminazione. La chinidina può aumentare le concentrazioni plasmatiche della flecainide inibendo il sistema enzimatico P450 e le
concentrazioni sieriche della digossina e della digitossina
diminuendo la clearance corporea totale della digitossina e la
clearance, il volume di distribuzione e l’affinità dei recettori
tissutali alla digossina.
12-02-2007 12:08:55
Procainamide
EFFETTI EMODINAMICI. La procainamide può deprimere
la contrattilità miocardica a dosaggi elevati. Non produce
blocco dei recettori alfa, ma può causare vasodilatazione periferica, forse attraverso effetti simpatico-antagonisti sul cervello
o sul midollo spinale che possono alterare i riflessi cardiovascolari.
FARMACOCINETICA (Tab. 30-4). La somministrazione
orale produce un picco di concentrazione plasmatica in circa
1 ora. Circa l’80% della procainamide per via orale è biodisponibile, e il 20% si lega alle proteine plasmatiche. L’emivita
totale di eliminazione della procainamide è 3-5 ore, con un
50-60% del farmaco eliminato dal rene e il 10-30% eliminato
dal metabolismo epatico. Forme di procainamide a rilascio
prolungato somministrate ogni 6 ore portano a livelli plasmatici di equilibrio del farmaco equivalenti a quelli raggiunti con
una eguale dose giornaliera totale di procainamide a rilascio
veloce somministrata ogni 4 ore.
Il farmaco viene acetilato a NAPA, che viene escreto quasi
esclusivamente dai reni. Quando la funzionalità renale è alterata e nell’insufficienza cardiaca, i livelli di procainamide –
specialmente i livelli di NAPA – aumentano e, a causa del
rischio di cardiotossicità grave, richiedono un attento monitoraggio. Il NAPA ha un’emivita di eliminazione di 7-8 ore, ma
supera le 10 ore se si usano alti dosaggi di procainamide. Piccole quantità di NAPA sono riconvertite a procainamide
mediante deacetilazione. L’età avanzata, l’insufficienza cardiaca congestizia e la riduzione della clearance della creatinina
diminuiscono la clearance della procainamide e richiedono
un dosaggio ridotto.
DOSI E VIE DI SOMMINISTRAZIONE (Tab. 30-4). La
procainamide può essere somministrata per via orale, EV o
intramuscolare per raggiungere le concentrazioni plasmatiche nel range di 4-10 mg/ml che determinano un effetto
antiaritmico. Talvolta, sono state necessarie concentrazioni
plasmatiche superiori a 10 mg/ml, ma la possibilità di comparsa di effetti indesiderati a queste concentrazioni plasmatiche più alte generalmente impedisce la somministrazione
a lungo termine. Per somministrare la procainamide sono
stati utilizzati diversi regimi EV. Si possono somministrare
25-50 mg in 1 minuto, ripetuti poi ogni 5 minuti finché
l’aritmia non è controllata, compare ipotensione o il complesso QRS è prolungato di più del 50%. Si possono anche
utilizzare dosi da 10-15 mg/kg a 50 mg/min. Con questo
metodo, la concentrazione plasmatica cade rapidamente nei
primi 15 minuti dopo la dose di carico, con effetti paralleli
sulla refrattarietà e sulla conduzione. Un’infusione di procainamide EV a velocità costante può essere somministrata
a una dose di 2-6 mg/min. I limiti superiori della dose totale
Braun cap 30ok.indd 721
Terapia delle aritmie cardiache
AZIONI ELETTROFISIOLOGICHE (Tabb. 30-1, 30-2, 30-3 e 30-5).
Gli effetti cardiaci della procainamide su automatismo, conduzione, eccitabilità e risposta di membrana sono simili a quelli della chinidina. La
procainamide blocca soprattutto lo stato inattivato di INa. Inoltre blocca
IKr e IKATP. Come la chinidina, la procainamide di solito prolunga l’ERP più
di quanto prolunghi l’APD e quindi può prevenire il rientro. Rispetto alla
chinidina e alla disopiramide, la procainamide esercita effetti anticolinergici meno rilevanti. Essa non modifica il normale automatismo del nodo
del seno. In vitro la procainamide riduce un automatismo anormale, con
minore effetto sull’attività triggerata o sull’automatismo normale aumentato dalle catecolamine.
Gli effetti elettrofisiologici del NAPA, il principale metabolita della procainamide, differiscono da quelli del farmaco d’origine. Il NAPA (da 10 a 40
mg/l) non sopprime la velocità della fase 4 di depolarizzazione diastolica
delle fibre di Purkinje e non modifica· il potenziale di membrana a riposo,
l’ampiezza del potenziale d’azione o Vmax di fase 0 del potenziale d’azione
delle fibre di Purkinje o del muscolo ventricolare.Tuttavia il NAPA, un bloccante dei canali del K+(IKr), esercita un’azione di classe III e prolunga l’APD
del muscolo ventricolare e delle fibre di Purkinje in modo dose-dipendente.
Dosi tossiche determinano postdepolarizzazioni precoci, attività triggerate
e tachiaritmie ventricolari, comprese le torsioni di punta. La procainamide
possiede effetti elettrofisiologici superiori a quelli del NAPA.
EV sono flessibili, compresi tra 1000 e 2000 mg, in base alla 721
risposta del paziente.
La somministrazione orale di procainamide richiede un
intervallo di 3-4 ore tra le dosi per una dose totale giornaliera
di 2-6 g, con condizioni di equilibrio raggiunte in 1 giorno. Se
si usa una dose di carico, deve essere il doppio di quella di
mantenimento. Le somministrazioni devono essere ripetute a
causa della breve emivita di eliminazione nei soggetti normali.
Per le formulazioni a rilascio prolungato, le dosi sono somministrate a intervalli di 6-12 ore. Sebbene in alcuni pazienti
cardiopatici possa essere osservata un’emivita più lunga, permettendo intervalli più lunghi tra le somministrazioni, ciò
deve essere confermato per ogni singolo paziente. La procainamide è ben assorbita per via intramuscolare, ottenendo in
pratica il 100% della dose biodisponibile.
INDICAZIONI. La procainamide è utilizzata per trattare
aritmie sia sopraventricolari sia ventricolari come la chinidina.
Sebbene i due farmaci abbiano effetti elettrofisiologici simili,
ciascun farmaco può in realtà sopprimere un’aritmia sopraventricolare o ventricolare che è resistente all’altro.7
La procainamide può essere utilizzata per convertire a ritmo
sinusale una fibrillazione atriale di recente insorgenza. Come
per la chinidina, è consigliato un trattamento precedente con
digitale, propranololo o verapamil allo scopo di prevenire l’accelerazione della risposta ventricolare nella fibrillazione atriale
dopo terapia con procainamide. Gli effetti della procainamide
su conduzione e refrattarietà nell’“istmo del flutter” della
parete libera atriale destra (vedi oltre) varia secondo la direzione della propagazione del fronte dell’onda nell’istmo.19 La
procainamide può bloccare la conduzione nella via accessoria
nei pazienti con sindrome di Wolff-Parkinson-White e può
essere usata in pazienti con fibrillazione atriale e rapida risposta ventricolare dovuta alla conduzione nella via accessoria.
Può produrre un blocco a livello dell’His-Purkinje (Fig. 29-10)
e a volte viene somministrata durante studi elettrofisiologici
(SEF) per “stressare” il sistema di His-Purkinje e valutare così
la necessità di un pacemaker. Tuttavia, deve essere usata con
cautela nei pazienti con patologia di His-Purkinje accertata
(blocco di branca) per i quali non sia rapidamente disponibile
un pacemaker ventricolare.
La procainamide è più efficace della lidocaina nell’interrompere acutamente una TV sostenuta. Allo stesso modo, la procainamide rallenta la frequenza della TV, una modificazione
correlata all’aumento della durata del QRS.20 La risposta elettrofisiologica alla procainamide somministrata per via endovenosa sembra essere in grado di prevedere la risposta al farmaco somministrato per via orale. La procainamide sembra
agire soprattutto sul circuito di rientro della TV rispetto alle
altre aree del miocardio. La risposta antiaritmica alla procainamide non predice la risposta al NAPA.
EFFETTI INDESIDERATI. Con la somministrazione della
procainamide sono stati descritti molti effetti indesiderati non
cardiaci, quali rash, mialgie, vasculiti digitali e fenomeno di
Raynaud. Febbre e agranulocitosi possono essere dovute a reazioni da ipersensibilità e si deve effettuare la conta dei globuli
bianchi con formula leucocitaria a intervalli regolari. Gli effetti
gastrointestinali sono meno frequenti di quelli indotti dalla
chinidina e gli effetti indesiderati sul sistema nervoso centrale
sono meno frequenti che con la lidocaina (anche se può indurre
vertigini, psicosi, allucinazioni e depressione). Concentrazioni
tossiche possono ridurre la contrattilità cardiaca e determinare
ipotensione. Diversi disturbi di conduzione o tachiaritmie ventricolari possono verificarsi in modo analogo alle alterazioni
indotte dalla chinidina, tra cui la sindrome del QT lungo e TV
polimorfe. Anche il NAPA può indurre allungamento del QT
e torsioni di punta (Tab. 72-3). In assenza di patologia sinusale,
la procainamide non ha effetti negativi sul nodo del seno. Nei
pazienti con disfunzione del nodo del seno, la procainamide
tende a prolungare il tempo di ripristino corretto del nodo del
seno e può peggiorare i sintomi nei pazienti con sindrome
12-02-2007 12:08:56
722 bradi-tachicardia. Il farmaco non aumenta la concentrazione
Capitolo 30
plasmatica di digossina.
Artralgia, febbre, pleuropericardite, epatomegalia e pericardite emorragica con tamponamento sono state descritte in una
sindrome simil-lupus eritematoso sistemico (LES), correlata
alla somministrazione di procainamide. La sindrome compare
più frequentemente e più precocemente in pazienti che sono
acetilatori lenti della procainamide ed è influenzata da fattori
genetici. L’acetilazione di un gruppo amino-aromatico della
procainamide a formare NAPA sembra bloccare gli effetti che
inducono il LES. Il 60-70% dei pazienti che assumono procainamide in forma cronica sviluppa anticorpi antinucleo, con
sintomi clinici nel 20-30% dei casi, ma ciò è reversibile sospendendo il farmaco. Quando compaiono i sintomi, i preparati
cellulari dei pazienti con LES sono spesso positivi. Esami sierologici positivi non necessariamente comportano l’interruzione della terapia, mentre la comparsa di sintomi o una positività agli anticorpi anti-DNA è indicazione alla sospensione,
a meno che non sia l’unica terapia efficace di una aritmia
potenzialmente letale (cosa molto rara). In questi pazienti, la
somministrazione di corticosteroidi può eliminare i sintomi.
Al contrario del LES che compare spontaneamente, in questa
sindrome cervello e reni sono risparmiati e non vi è predilezione per il sesso femminile.
Disopiramide
Negli Stati Uniti, la disopiramide è stata approvata per il trattamento di pazienti con aritmie ventricolari nella sua forma
per via orale e non per via EV.
AZIONI ELETTROFISIOLOGICHE (Tabb. 30-1, 30-2, 30-3 e 30-5).
Sebbene strutturalmente diversa dalla chinidina e dalla procainamide, la
disopiramide produce effetti elettrofisiologici simili in vitro. Essa causa
blocco uso-dipendente di INa e blocco non uso-dipendente di IKr. Come
per la chinidina, basse concentrazioni del farmaco tendono a prolungare
l’APD e inducono postdepolarizzazioni precoci come a concentrazioni
più elevate.9 La disopiramide inibisce anche IKATP. Diminuisce la pendenza
della fase 4 di depolarizzazione diastolica· nelle fibre di Purkinje, produce
una riduzione frequenza-dipendente di Vmax di fase 0, prolunga l’ERP più
di quanto prolunghi l’APD e allunga il tempo di conduzione nelle fibre
di Purkinje normali e depolarizzate; non influisce sui potenziali d’azione
calcio-dipendenti, eccetto probabilmente a concentrazioni molto alte. La
disopiramide, come la procainamide, riduce le differenze nell’APD tra il
tessuto normale e quello infartuato tramite il prolungamento del potenziale
d’azione delle cellule normali in misura maggiore rispetto a quello delle
cellule di regioni infartuate.
La disopiramide è un bloccante muscarinico e può accelerare la frequenza di scarica del nodo del seno e accorciare il tempo di conduzione
del nodo AV e la refrattarietà quando i nodi sono rallentati da influenze
colinergiche (vagali). La disopiramide può anche rallentare la frequenza
di scarica del nodo del seno con un’azione diretta quando somministrata
ad alta concentrazione e può significativamente deprimere l’attività del
nodo del seno in pazienti con disfunzione del nodo del seno. La disopiramide esercita effetti anticolinergici maggiori della chinidina e non sembra
influenzare gli adrenorecettori alfa o beta.
La disopiramide prolunga i periodi refrattari atriale e ventricolare, ma
il suo effetto sulla conduzione e sulla refrattarietà del nodo AV non è
significativo. La disopiramide prolunga il tempo di conduzione del sistema
His-Purkinje, ma raramente compare blocco infra-His; può essere somministrata con sicurezza in pazienti con ritardo AV di primo grado e complessi
QRS stretti.
EFFETTI EMODINAMICI. La disopiramide deprime la performance sistolica ventricolare ed è un modesto vasodilatatore
arterioso. I pazienti con una funzione ventricolare anormale
tollerano molto poco gli effetti inotropi negativi della disopiramide. In questi pazienti, il farmaco deve essere generalmente
evitato.
FARMACOCINETICA (Tab. 30-4). La disopiramide è assorbita all’80-90%, con un’emivita media di eliminazione di 8-9
ore in volontari sani, ma di quasi 10 ore nei pazienti con insufficienza cardiaca e anche più lunga nei pazienti con aritmie
Braun cap 30ok.indd 722
ventricolari. In questi pazienti la clearance corporea totale e il
volume di distribuzione sono inferiori e la concentrazione sierica media è più alta rispetto ai soggetti normali. L’insufficienza
renale allunga il tempo di eliminazione. Pertanto, nei pazienti
con insufficienza renale, epatica o cardiaca, le dosi di carico e
quelle di mantenimento vanno ridotte. I livelli ematici di picco
dopo somministrazione orale sono raggiunti in 1-2 ore e la
biodisponibilità supera l’80%. La frazione di disopiramide
legata alle proteine sieriche è inversamente proporzionale alla
concentrazione plasmatica totale del farmaco ma può essere
più stabile (30-40%) in concentrazioni clinicamente rilevanti
di 3 mg/ml. Si lega all’alfa1-glicoproteina acida e attraversa la
placenta. All’incirca metà della dose orale si ritrova immodificata nelle urine e il 30% circa come metabolita mono-N-dealchilato. I metaboliti esercitano un effetto minore rispetto al
principio attivo del farmaco. L’eritromicina inibisce il suo
metabolismo.
DOSI E VIE DI SOMMINISTRAZIONE (Tab. 30-4). Le dosi
sono generalmente di 100-200 mg per via orale ogni 6 ore, con
un range di 400-1200 mg/die. Un preparato a rilascio controllato può essere somministrato alla dose di 200-300 mg ogni 12
ore. La dose EV (per ricerca) è di 1-2 mg/kg come bolo iniziale
somministrato in 5-10 minuti, che può essere seguito da un’infusione di 1 mg/kg/ora.
INDICAZIONI. La disopiramide sembra paragonabile alla
chinidina e alla procainamide nel ridurre la frequenza di PVC
e nel prevenire in modo efficace recidive di TV in pazienti
selezionati. La disopiramide è stata associata ad altri farmaci
quali la mexiletina per trattare i pazienti che non rispondono
o rispondono soltanto in parte a un singolo farmaco.
La disopiramide aiuta a prevenire le recidive di fibrillazione
atriale dopo una cardioversione efficace con la stessa efficacia
della chinidina e può interrompere un flutter atriale. Nel trattamento di pazienti con fibrillazione atriale, in particolare con
flutter atriale, deve essere controllata la frequenza ventricolare
prima di somministrare disopiramide oppure la combinazione
di una diminuzione della frequenza atriale con l’effetto vagolitico sul nodo AV può indurre una conduzione AV 1:1 durante
il flutter atriale. La disopiramide si è dimostrata efficace nel
prevenire gli episodi di sincope neurologicamente mediata.
È stata usata in pazienti con miocardiopatia ipertrofica (Cap.
59).
EFFETTI INDESIDERATI. Con la somministrazione di disopiramide si verificano tre categorie di effetti indesiderati. L’effetto più frequente è correlato alle potenti proprietà vagolitiche
del farmaco e comprende tenesmo o ritenzione urinaria, stipsi,
offuscamento visivo, glaucoma ad angolo chiuso e ridotta salivazione. I sintomi sono meno intensi con le forme a rilascio
controllato. In secondo luogo, la disopiramide può provocare
tachiaritmie ventricolari comunemente associate all’allungamento del QT e alla torsione di punta8 (Tab. 72-3). Alcuni
pazienti possono avere una “sensibilità crociata” sia alla chinidina sia alla disopiramide e sviluppano torsioni di punta
con l’uno o l’altro farmaco. Se si verifica una torsione di punta
farmaco-indotta, i farmaci che prolungano l’intervallo QT
devono essere usati con cautela o non essere utilizzati. Infine,
la disopiramide può ridurre la contrattilità del ventricolo normale, ma la depressione della funzione ventricolare è molto
più pronunciata in pazienti con insufficienza ventricolare
preesistente. Può verificarsi uno shock cardiogeno.
Farmaci antiaritmici di classe IB
Lidocaina
AZIONI ELETTROFISIOLOGICHE (Tabb. 30-1, 30-2, 30-3 e 30-5).
La lidocaina blocca INa, soprattutto in stato aperto o anche inattivato. Ha
una rapida cinetica di esordio e di scomparsa e non modifica il normale
automatismo del nodo del seno alle dosi abituali, ma deprime altre forme
12-02-2007 12:08:56
EFFETTI EMODINAMICI. Effetti indesiderati di tipo emodinamico clinicamente significativi sono raramente osservabili
alle concentrazioni abituali del farmaco, a meno di una grave
compromissione della funzione ventricolare sinistra.
FARMACOCINETICA (Tab. 30-4). La lidocaina viene utilizzata esclusivamente per via parenterale poiché la somministrazione orale provoca un esteso metabolismo di primo
passaggio epatico e livelli plasmatici bassi e imprevedibili con
una produzione eccessiva di metaboliti che possono determinare tossicità. Il metabolismo epatico della lidocaina dipende
soprattutto dal flusso ematico epatico, cosicché la clearance di
questo farmaco corrisponde (e può essere approssimata da)
alle misurazioni di questo flusso. Gravi patologie epatiche o
riduzione del flusso epatico, come nell’insufficienza cardiaca
o nello shock, possono diminuire in modo marcato la velocità
del metabolismo della lidocaina. I bloccanti beta-adrenergici
possono ridurre il flusso epatico e aumentare la concentrazione
sierica di lidocaina. Infusioni prolungate possono ridurre la
clearance della lidocaina. La sua emivita di eliminazione è in
media di 1-2 ore nei soggetti normali, più di 4 ore nei pazienti
dopo un infarto miocardico relativamente non complicato, più
di 10 ore in pazienti dopo un infarto miocardico complicato
da insufficienza cardiaca e ha tempi ancora più lunghi in presenza di shock cardiogeno. Il dosaggio di mantenimento deve
essere ridotto di un terzo o della metà in pazienti con portata
cardiaca ridotta. La lidocaina è legata alle proteine al 50-80%
e si lega alla alfa1-glicoproteina acida, che può aumentare nell’insufficienza cardiaca e nell’infarto miocardico. Il modello a
due compartimenti predice accuratamente le concentrazioni
sieriche.
DOSI E VIE DI SOMMINISTRAZIONE (Tab. 30-4). Sebbene
la lidocaina possa essere somministrata per via intramuscolare,
la via EV è quella comunemente utilizzata. La lidocaina intramuscolare è somministrata a dosi di 4-5 mg/kg (250-350 mg),
che danno livelli sierici efficaci in circa 15 minuti per una durata
di circa 90 minuti. Per via endovenosa, la lidocaina viene somministrata con un bolo iniziale di 1-2 mg/kg di peso corporeo a
una velocità di 20-50 mg/min, con una seconda iniezione di
Braun cap 30ok.indd 723
metà della dose iniziale 20-40 minuti più tardi. I pazienti trattati 723
con un bolo iniziale seguito da un’infusione di mantenimento
possono andare incontro a una transitoria concentrazione plasmatica subterapeutica 30-120 minuti dopo l’inizio della terapia. Un secondo bolo di circa 0,5 mg/kg senza aumentare la
velocità dell’infusione di mantenimento ristabilisce le concentrazioni sieriche terapeutiche.9
Se compare una recidiva dell’aritmia dopo aver raggiunto
uno stato di equilibrio (p.es., 6-10 ore dopo l’inizio della terapia), si deve somministrare un altro bolo simile e deve essere
aumentata la velocità di infusione. L’incremento della sola
velocità di infusione della terapia di mantenimento senza un
nuovo bolo determina un aumento molto lento della concentrazione plasmatica della lidocaina, raggiungendo un nuovo
plateau in più di 6 ore (4 volte l’emivita di eliminazione), pertanto non è consigliato. Un altro regime EV raccomandato è di
1,5 mg/kg all’inizio e 0,8 mg/kg a intervalli di 8 minuti per tre
dosi. Le dosi vengono ridotte del 50% circa nei pazienti con
insufficienza cardiaca.
Se il bolo iniziale di lidocaina risulta inefficace, possono
essere somministrati fino a due o più boli di 1 mg/kg a intervalli di 5 minuti. Pazienti che necessitano di più di un bolo
per ottenere un effetto terapeutico sono affetti da aritmie che
rispondono soltanto a concentrazioni plasmatiche più elevate
di lidocaina e può essere necessario un dosaggio di mantenimento più alto per mantenere concentrazioni ematiche adeguate. I pazienti che necessitano di un solo bolo iniziale di
lidocaina devono avere un’infusione di mantenimento di 30
mg/kg/min, mentre quelli che richiedono 2 o 3 boli necessitano
di infusioni di 40-50 mg/kg/min.
Le dosi di carico possono anche essere somministrate con
un’infusione rapida e si può usare un’infusione EV a velocità
costante per mantenere una concentrazione efficace. Una velocità di infusione di mantenimento compresa tra 1 e 4 mg/min
produce livelli plasmatici di equilibrio di 1-5 μg/ml nei pazienti
con infarto miocardico non complicato, ma questa velocità
deve essere ridotta nello scompenso cardiaco o nello shock a
causa della concomitante riduzione del flusso epatico. È stata
anche consigliata una dose di attacco di circa 75 mg seguita
da un’infusione iniziale a velocità di 5,33 mg/min che diminuisce esponenzialmente a 2 mg/min con un’emivita di 25
minuti.
INDICAZIONI. La lidocaina dimostra un’efficacia contro le
aritmie ventricolari di diversa eziologia, la capacità di ottenere
rapidamente delle concentrazioni plasmatiche efficaci e un
indice tossico-terapeutico abbastanza ampio con una bassa
incidenza di complicanze emodinamiche e di altri effetti indesiderati. Tuttavia il suo effetto di primo passaggio epatico preclude l’uso per via orale ed inoltre è solitamente inefficace nei
confronti delle aritmie sopraventricolari. Nei pazienti con la
sindrome di Wolff-Parkinson-White, nei quali l’ERP della via
accessoria è relativamente breve, la lidocaina generalmente
non determina effetti significativi e può anche accelerare la
risposta ventricolare in corso di fibrillazione atriale.
La lidocaina è utilizzata principalmente nei pazienti con
tachiaritmie ventricolari ricorrenti; sebbene una volta fosse di
uso frequente, attualmente la profilassi con lidocaina nei
pazienti con infarto miocardico acuto non è raccomandata, in
quanto la sua capacità di ridurre l’incidenza di FV nei pazienti
ospedalizzati con infarto acuto del miocardio non è stata chiaramente stabilita e può provocare effetti collaterali, nonché un
possibile aumento del rischio di sviluppare asistolia. Si è
dimostrata efficace nei pazienti dopo rivascolarizzazione coronarica e nei pazienti rianimati da FV extraospedaliera, sebbene
l’amiodarone abbia mostrato tassi maggiori di sopravvivenza
fino al momento del ricovero.22
EFFETTI INDESIDERATI. La maggior parte degli effetti
indesiderati più comuni indotti dalla lidocaina è costituita da
manifestazioni dose-correlate della tossicità sul sistema nervoso centrale: vertigini, parestesie, confusione, delirio, stupor,
Terapia delle aritmie cardiache
di automatismo sia normale che anomale, così come le post-depolarizzazione precoci e tardive nelle fibre di Purkinje
in vitro. La lidocaina ha un
·
effetto soltanto modesto di riduzione su Vmax e non ha effetto sul potenziale diastolico massimo del muscolo normale e del tessuto specializzato
a concentrazioni di circa 1,5 mg/ml. Tuttavia, frequenze più veloci di stimolazione, pH ridotto,21 aumento della concentrazione extracellulare di
K+ e il potenziale di membrana ridotto – tutti cambiamenti che possono
verificarsi nell’ischemia – aumentano la capacità della lidocaina di bloccare INa. La lidocaina riduce l’ampiezza della corrente transitoria interna
responsabile di alcune forme di post-depolarizzazione. L’attività del calcio
intracellulare può essere ridotta a causa del meccanismo di scambio sodiocalcio. La lidocaina può convertire aree di blocco unidirezionale in blocco
bidirezionale durante l’ischemia e prevenire lo sviluppo di FV impedendo
la frammentazione di ampi fronti d’onda organizzati in onde eterogenee
più piccole. La lidocaina può essere aritmogena se deprime la conduzione
ma non fino al punto di creare un blocco bidirezionale, ma questo non
sembra un problema clinico importante.
Tranne che in concentrazioni molto elevate, la lidocaina non ha effetto
sui potenziali d’azione canali lenti-dipendenti nonostante la sua moderata
azione di soppressione sulla corrente lenta interna. Infatti, la sua azione di
depressione sui potenziali elettrici del miocardio ischemico conferma la
tesi che questi potenziali ischemici siano risposte rapide ridotte anziché
risposte lente. La lidocaina riduce significativamente l’APD e l’ERP delle
fibre di Purkinje e del muscolo ventricolare a causa del blocco dei canali
del sodio e alla riduzione dell’ingresso del sodio nella cellula. Possiede un
modesto effetto sulle fibre atriali e non influisce sulla conduzione delle
vie accessorie. In alcuni preparati in vitro, la lidocaina può migliorare la
conduzione iperpolarizzando tessuti depolarizzati come conseguenza di
una concentrazione esterna di potassio indotta o ridotta.
In vivo, la lidocaina ha un effetto minimo sull’automatismo e sulla
conduzione tranne che in circostanze particolari. Pazienti con preesistente
disfunzione del nodo del seno, alterazioni di conduzione del sistema di
His-Purkinje o ritmi di scappamento giunzionali o ventricolari possono
sviluppare una depressione dell’automatismo o della conduzione. Parte dei
suoi effetti possono essere inibiti dall’attività simpatica cardiaca.
12-02-2007 12:08:57
724 coma e convulsioni. Talora sono stati riportati depressione del
nodo sinusale e blocco del sistema di His-Purkinje. Nei pazienti
con tachiaritmie atriali è stato osservato un aumento della frequenza ventricolare. Raramente la lidocaina può causare ipertermia maligna. Sia la lidocaina che la procainamide possono
elevare la soglia di defibrillazione.
Mexiletina
La mexiletina, un anestetico locale della stessa famiglia della
lidocaina con proprietà anticonvulsivanti, è usata per il trattamento orale di pazienti con aritmie ventricolari sintomatiche.
Capitolo 30
AZIONI ELETTROFISIOLOGICHE (Tabb. 30-1, 30-2, 30-3 e 30-5). La
mexiletina è simile alla lidocaina in molte delle sue azioni elettrofisiologiche. In vitro, la mexiletina accorcia l’APD e l’ERP delle
fibre di Purkinje e,
·
in minor grado, del muscolo ventricolare. Deprime Vmax di fase 0 bloccando
INa, soprattutto alle frequenze più alte, e deprime l’automatismo delle fibre
di Purkinje ma non del normale nodo del seno. Le sue cinetiche di esordio
e di scomparsa·sono rapide. L’ipossia o l’ischemia ne possono aumentare
gli effetti sulla Vmax.
La mexiletina può indurre grave bradicardia e tempi di recupero del
nodo del seno anormali nei pazienti con malattia del nodo del seno ma non
in pazienti con un nodo del seno normale. Non influisce sulla conduzione
del nodo AV e può deprimere la conduzione del fascio di His-Purkinje,
ma non notevolmente, a meno che la conduzione non sia inizialmente
anormale. La mexiletina non sembra influenzare l’ERP del muscolo atriale
e ventricolare nell’uomo. La durata dell’intervallo QT non aumenta. Per i
suoi effetti frequenza-dipendente, in teoria, la mexiletina potrebbe essere
utilizzata per sopprimere le extrasistoli con accoppiamento precoce piuttosto che quelle tardive o le tachicardie più veloci.
EFFETTI EMODINAMICI. La mexiletina non esercita effetti
emodinamici importanti. Essa non deprime la funzione miocardica quando somministrata oralmente, sebbene la somministrazione EV possa produrre ipotensione.
FARMACOCINETICA (Tab. 30-4). È stato osservato nei
volontari che la mexiletina è assorbita rapidamente e quasi
completamente dopo ingestione orale, con concentrazioni di
picco nel plasma ottenute in 2-4 ore. L’emivita di eliminazione
nei soggetti sani è di circa 10 ore mentre nei pazienti dopo IM
è di 17 ore. I livelli plasmatici terapeutici di 0,5-2 mg/ml sono
mantenuti con somministrazioni orali di 200-300 mg ogni 6-8
ore. L’assorbimento con meno del 10% di effetto del primo
passaggio epatico avviene nel tratto superiore del piccolo intestino e risulta ritardato e incompleto nei pazienti con infarto
miocardico e nei pazienti trattati con analgesici, narcotici,
antiacidi o farmaci atropina-simili che ritardano lo svuotamento gastrico. La biodisponibilità dopo somministrazione
orale di mexiletina è approssimativamente del 90% e circa il
70% del farmaco è legato alle proteine. Il volume apparente di
distribuzione è grande e riflette una captazione tissutale intensa.
Normalmente, la mexiletina è eliminata metabolicamente dal
fegato, con meno del 10% escreto immodificato nelle urine. Le
dosi devono essere ridotte nei pazienti con cirrosi e in quelli
con insufficienza ventricolare sinistra. La clearance renale della
mexiletina diminuisce con l’aumentare del pH urinario. I metaboliti conosciuti non esercitano azioni elettrofisiologiche. Il
metabolismo può essere accelerato dalla fenitoina, dal fenobarbital e dalla rifampicina e depresso dalla cimetidina. Esso è
inoltre influenzato dal genotipo per il gene CYP206.
DOSI E VIE DI SOMMINISTRAZIONE (Tab. 30-4). La dose
iniziale consigliata è di 200 mg per via orale ogni 8 ore quando
il controllo rapido dell’aritmia non è essenziale. Le dosi possono essere aumentate oppure ridotte di 50-100 mg ogni 2-3
giorni e sono meglio tollerate quando vengono somministrate
con il cibo. La dose totale giornaliera non deve superare i 1200
mg. In alcuni pazienti, può essere efficace la somministrazione
ogni 12 ore. Per un carico veloce, si suggerisce una dose di 400
mg seguita in 8 ore da una dose di 200 mg.
INDICAZIONI. La mexiletina è un farmaco antiaritmico
efficace nel trattamento di pazienti con tachiaritmie sia acute
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sia croniche, ma non con TSV. Il tasso di successo varia dal
6% al 60% e può anche aumentare in alcuni pazienti se la
mexiletina è associata ad altri farmaci come procainamide,
beta-bloccanti, chinidina, disopiramide o amiodarone. La maggior parte degli studi non mostra una chiara superiorità della
mexiletina sugli altri farmaci di classe I. La mexiletina potrebbe
essere molto utile nei bambini con patologie cardiache congenite e gravi aritmie ventricolari. Nel trattamento di pazienti
con intervallo QT lungo, la mexiletina può essere più sicura
di farmaci come la chinidina che aumentano ulteriormente
l’intervallo QT. L’esperienza limitata nel trattare sottogruppi
di pazienti con sindrome del QT lungo (LQT3, che è correlata
al gene SCN5A per il canale cardiaco del sodio) suggerisce un
ruolo benefico (Cap. 28). Non sembra modificare la prognosi
di pazienti con tachiaritmie ventricolari insorte dopo un infarto
miocardico. Può essere associata in maniera efficace al propafenone o all’amiodarone.23
EFFETTI INDESIDERATI. Il 30-40% dei pazienti deve
modificare il dosaggio o interrompere la terapia con mexiletina
a causa di effetti indesiderati come tremori, disartria, vertigini,
parestesia, diplopia, nistagmo, confusione mentale, ansia, nausea, vomito e dispepsia. Effetti indesiderati cardiovascolari
sono osservati specialmente dopo somministrazione EV e
includono ipotensione, bradicardia e aggravamento dell’aritmia. Gli effetti indesiderati della mexiletina sembrano correlati
alla dose e gli effetti tossici si verificano a concentrazioni plasmatiche solo leggermente più elevate dei livelli terapeutici.
Quindi l’uso efficace di questo farmaco antiaritmico richiede
un’attenta titolazione del dosaggio e il monitoraggio della concentrazione plasmatica. Si deve evitare la lidocaina, o ridurre
il dosaggio, nei pazienti che assumono altri farmaci lidocainasimili come la mexiletina.
Fenitoina
La fenitoina, in origine usata per trattare disturbi convulsivi,
ha tuttora un limitato valore come farmaco antiaritmico.
AZIONI ELETTROFISIOLOGICHE (Tabb. 30-1, 30-2, 30-3 e 30-5). La
fenitoina è efficace nell’abolire un automatismo anomalo causato da una
postdepolarizzazione tardiva indotta dalla digitale nelle fibre cardiache di
Purkinje e nel sopprimere alcune aritmie digitale-indotte nell’uomo. La
velocità di salita del potenziale d’azione iniziato precocemente nel periodo
refrattario relativo è aumentata, come la reattività di membrana, eventualmente riducendo la probabilità di una conduzione rallentata e di un blocco.
La fenitoina ha effetti minimi sulla frequenza sinusale e sulla conduzione
AV nell’uomo.
· Analogamente ai farmaci di classe IB, la fenitoina ha scarso
effetto su Vmax nelle fibre normalmente polarizzate a basse frequenze e i
suoi effetti sono uso-dipendenti e con rapida cinetica di esordio e arresto.
Alcuni effetti antiaritmici della fenitoina possono essere neuromediati
perché può modulare l’attività efferente sia simpatica sia vagale. Non ha
azioni bloccanti periferiche colinergiche o beta-adrenergiche. Gli effetti
emodinamici della fenitoina sono irrilevanti.
FARMACOCINETICA (Tab. 30-4). La farmacocinetica della
fenitoina è molto inferiore a quella ideale. L’assorbimento dopo
somministrazione orale è incompleto e varia in base alla marca
del farmaco. Il picco di concentrazione plasmatica è raggiunto
dopo 8-12 ore dalla somministrazione di una dose orale. Il 90%
del farmaco si lega alle proteine. La solubilità della fenitoina
è limitata al pH fisiologico e la somministrazione IM è associata
a dolore, necrosi muscolare, ascessi asettici e assorbimento
variabile. Le concentrazioni sieriche terapeutiche della fenitoina (da 10 a 20 mg/ml) sono simili per il trattamento delle
aritmie cardiache e per quello dell’epilessia. Concentrazioni
inferiori possono sopprimere alcune aritmie indotte dalla digitale o altre aritmie quando si verifica una riduzione del legame
con le proteine plasmatiche (come nell’uremia), poiché si
libera ed è farmacologicamente attiva una frazione maggiore
del farmaco.
METABOLISMO. Più del 90% di una dose somministrata
viene idrossilato nel fegato in composti verosimilmente inat-
12-02-2007 12:08:57
Farmaci antiaritmici di classe IC
Flecainide
La flecainide è approvata dalla FDA per il trattamento di
pazienti affetti da aritmie ventricolari potenzialmente letali,
come pure per varie aritmie sopraventricolari.
AZIONI ELETTROFISIOLOGICHE (Tabb. 30-1, 30-2, 30-3 e 30-5). La
flecainide determina una significativa
inibizione uso-dipendente del canale
·
rapido del sodio, diminuendo Vmax con una lenta cinetica di esordio e di
scomparsa. La dissociazione del farmaco dal canale del sodio è molto lenta,
con costante di tempo di 10-30 secondi (in confronto ai 4-8 secondi della
chinidina e a quella inferiore a 1 secondo della lidocaina). In questo modo,
un marcato effetto farmacologico può verificarsi già a frequenze cardiache fisiologiche. La flecainide abbrevia la durata del potenziale d’azione
della fibra di Purkinje ma lo prolunga a livello del muscolo ventricolare,
azioni che, a seconda delle circostanze, potrebbero aumentare o ridurre
l’eterogeneità elettrica e quindi indurre o sopprimere aritmie. La flecainide rallenta significativamente la conduzione in tutte le fibre cardiache
e, a concentrazioni elevate, inibisce il canale lento del Ca2+. Il tempo di
conduzione è prolungato a livello degli atri, dei ventricoli, del nodo AV
Braun cap 30ok.indd 725
e del sistema di His-Purkinje. Può arrestare il rientro atriale indotto sperimentalmente attraverso il blocco della via di rientro e sopprimere la
tachicardia atriale (TA) mediante blocco in uscita dal focus. La flecainide
può anche promuovere il rientro. Risulta un minimo aumento della refrattarietà atriale o ventricolare o dell’intervallo QT. La refrattarietà anterograda
e retrograda delle vie accessorie può aumentare in modo significativo e
con una modalità uso-dipendente. La funzione del nodo del seno rimane
invariata nei soggetti normali ma è ridotta nei pazienti con disfunzioni del
nodo del seno. Le soglie di stimolazione e defibrillazione sono lievemente
aumentate in modo caratteristico.
EFFETTI EMODINAMICI. La flecainide riduce la contrattilità cardiaca, soprattutto nei pazienti con funzione ventricolare sistolica compromessa. La frazione di eiezione ventricolare
sinistra (FEVS) diminuisce dopo somministrazione orale (singola dose di 200-250 mg) o EV (1 mg). La flecainide deve essere
usata con molta cautela o non deve essere usata, nei pazienti
con disfunzione sistolica ventricolare moderata o grave.
FARMACOCINETICA (Tab. 30-4). La flecainide è assorbita
almeno al 90%, con un picco di concentrazione plasmatica
raggiunto in 3-4 ore. L’emivita di eliminazione nei pazienti
con aritmie ventricolari è di 20 ore, l’85% del farmaco viene
escreto nelle urine immodificato o sotto forma di metaboliti
inattivi. Due principali metaboliti esercitano effetti minori
rispetto alla componente d’origine. L’eliminazione è più lenta
nei pazienti con patologia renale e insufficienza cardiaca e in
queste condizioni le dosi devono essere ridotte. Le concentrazioni terapeutiche nel plasma variano da 0,2 a 1,0 μg/ml. Circa
il 40% del farmaco è legato alle proteine. Nella somministrazione combinata alla flecainide si verificano incrementi nella
concentrazione sierica della digossina (15-25%) e del propranololo (30%). Il propranololo, la chinidina e l’amiodarone
possono aumentare la concentrazione sierica di flecainide. In
alcuni pazienti possono essere necessari 5-7 giorni per raggiungere uno stato di equilibrio.
DOSI E VIE DI SOMMINISTRAZIONE (Tab. 30-4). La dose
iniziale è di 100 mg ogni 12 ore, con incrementi di 50 mg due
volte al giorno, non prima di ogni 3-4 giorni, fino al raggiungimento dell’efficacia, al manifestarsi di un effetto collaterale
o fino a un massimo di 400 mg/d. Il ritmo cardiaco e la durata
del QRS devono essere monitorati.
INDICAZIONI. La flecainide è indicata per il trattamento
di tachiaritmie ventricolari potenzialmente letali, tachiaritmie
sopraventricolari e fibrillazione atriale parossistica. Alcuni
esperti suggeriscono di iniziare la terapia in ambiente ospedaliero sotto monitoraggio ECG data la possibilità di eventi proaritmici (vedi oltre). La concentrazione sierica non deve superare
1,0 μg/ml. La flecainide è particolarmente efficace nel sopprimere quasi completamente i PVC e nelle brevi salve di TV non
sostenuta, anche se l’importanza di tale risposta sulla successiva prognosi del paziente non è stata ancora stabilita. Come
con altri farmaci antiaritmici di classe I, non vi sono dati da
studi controllati che il farmaco influisca favorevolmente sulla
sopravvivenza o la morte cardiaca improvvisa e i dati del CAST
(vedi oltre) indicano un aumento della mortalità nei pazienti
con malattia coronarica. La flecainide provoca un prolungamento uso-dipendente del ciclo della TV che migliora la tolleranza emodinamica.
La flecainide è anche utile in una varietà di TSV quali il
flutter e la fibrillazione atriale,10 nella sindrome di WolffParkinson-White e nella TA. L’isoproterenolo può invertire
alcuni di questi effetti. La flecainide può essere più efficace
della procainamide nel trattamento acuto della fibrillazione
atriale. È importante rallentare la frequenza ventricolare prima
di somministrare la flecainide per evitare una conduzione AV
1:1. La flecainide è stata impiegata per trattare aritmie fetali e
quelle dei bambini.25 Essa può innalzare la soglia di defibrillazione. La somministrazione di flecainide può produrre un
innalzamento ST nella derivazione V1 caratteristico della sindrome di Brugada (Cap. 32) ed è stata usata come strumento
diagnostico in pazienti sospettati di avere questa malattia.
725
Terapia delle aritmie cardiache
tivi; possono esservi variazioni significative geneticamente
determinate. L’emivita di eliminazione è di circa 24 ore e può
rallentare in presenza di malattie epatiche o quando la fenitoina è somministrata in concomitanza ad altri farmaci quali
fenilbutazone, warfarin, isoniazide, cloramfenicolo e fenotiazine che competono con la fenitoina per gli enzimi epatici.
Dato l’elevato numero di farmaci che possono aumentare o
diminuire i livelli di fenitoina durante la terapia cronica, le
concentrazioni plasmatiche di fenitoina devono essere determinate frequentemente quando si modificano gli altri farmaci.
La fenitoina ha una cinetica di eliminazione concentrazionedipendente che può causare una tossicità inaspettata, in
quanto ad aumenti della dose possono far seguito variazioni
sproporzionate della concentrazione plasmatica.
DOSI E VIE DI SOMMINISTRAZIONE (Tab. 30-4). Per raggiungere rapidamente una concentrazione plasmatica terapeutica, devono essere somministrati 100 mg di fenitoina EV ogni
5 minuti fino al controllo dell’aritmia, fino a che non sia stato
somministrato circa 1 g o fino alla comparsa di effetti indesiderati. Generalmente, una dose da 700 a 1000 mg controlla
l’aritmia. Si deve utilizzare una grossa vena centrale per evitare
il dolore e lo sviluppo di flebite prodotti dal veicolo fortemente
alcalino (pH 11,0) in cui la fenitoina viene solubilizzata. Oralmente, la fenitoina è somministrata come dose di carico di
circa 1000 mg il primo giorno, 500 mg il secondo e il terzo
giorno e 300-400 mg al giorno successivamente. Tutte le dosi
di mantenimento possono essere somministrate una o due
volte al giorno, in rapporto alla marca, a causa della lunga
emivita di eliminazione.
INDICAZIONI. La fenitoina è stata utilizzata con successo
per trattare le aritmie atriali e ventricolari causate da intossicazione digitalica, ma è molto meno efficace nel trattare le
aritmie ventricolari in pazienti con cardiopatia ischemica o
con aritmie atriali non secondarie alla tossicità digitalica. Può
essere utilizzata in pazienti con la sindrome del QT lungo.
EFFETTI INDESIDERATI. Le manifestazioni più comuni
di tossicità della fenitoina sono effetti sul SNC con nistagmo,
atassia, vertigini, stupor e coma. La progressione dei sintomi
può essere correlata all’aumento della concentrazione plasmatica del farmaco. Anche nausea, dolore epigastrico e anoressia
sono effetti indesiderati abbastanza comuni della fenitoina.
Una somministrazione a lungo termine può indurre iperglicemia, ipocalcemia, eruzioni, anemia megaloblastica, ipertrofia
gengivale, iperplasia linfonodale, neuropatia periferica, polmonite e LES farmaco-indotto. Possono verificarsi anche malformazioni congenite fetali.24
12-02-2007 12:08:58
726
Capitolo 30
EFFETTI INDESIDERATI. Quelli proaritmici sono tra gli
effetti più importanti della flecainide. Il suo marcato rallentamento della conduzione ne preclude l’uso nei pazienti con
blocco AV di secondo grado senza pacemaker e richiede una
cauta somministrazione nei pazienti con disturbi della conduzione intraventricolare. Nel 5-30% dei pazienti si può verificare un peggioramento di aritmie ventricolari preesistenti o
l’insorgenza di nuove aritmie, con una maggiore percentuale
nei pazienti con preesistente TV sostenuta, scompenso cardiaco o con dosaggi del farmaco più elevati. Il fallimento della
risposta alla terapia sulle aritmie flecainide-indotte, compresa
la cardioversione-defibrillazione elettrica, può determinare
una mortalità fino al 10% nei pazienti che sviluppano eventi
proaritmici. Gli effetti inotropi negativi possono provocare o
aggravare l’insufficienza cardiaca. I pazienti con disfunzione
del nodo del seno possono andare incontro a blocchi sinusali
e in quelli con pacemaker si può sviluppare un incremento
della soglia di stimolazione. Nel CAST, i pazienti trattati con
flecainide hanno avuto il 5,1% di mortalità o di arresto cardiaco non fatale in confronto al 2,3% nel gruppo placebo nel
corso di 10 mesi.14 La mortalità è risultata più elevata in
pazienti con infarto non-Q, frequenti PVC e frequenze cardiache più elevate, sollevando l’ipotesi di un’interazione del farmaco con l’ischemia e l’instabilità elettrica. Lo sforzo può
accentuare il rallentamento della conduzione intraventricolare
prodotta dalla flecainide e, in certi casi, può scatenare una
risposta proaritmica. Quindi, la prova da sforzo è stata raccomandata come screening per eventi proaritmici. I disturbi del
SNC, tra cui obnubilamento e irritabilità, sono gli effetti indesiderati extra-cardiaci più frequenti. La sicurezza della flecainide in gravidanza non è stata accertata anche se, come in
precedenza evidenziato, talvolta è impiegata anche per trattare
le aritmie fetali. Essa si concentra nel latte materno con livelli
2,5-4 volte più alti che nel plasma.
Propafenone
Il propafenone è stato approvato dalla FDA per il trattamento
delle tachiaritmie ventricolari potenzialmente letali.
AZIONI ELETTROFISIOLOGICHE (Tabb. 30-1, 30-2, 30-3 e 30-5).
Il propafenone blocca la corrente rapida del sodio con una modalità sia
uso-dipendente, sia a riposo, nelle fibre di Purkinje e in grado minore nel
muscolo ventricolare. Gli effetti uso-dipendenti contribuiscono alla sua
capacità di interrompere la fibrillazione atriale sperimentale. La costante
di dissociazione dal recettore è lenta, simile a quella della flecainide. Gli
effetti sono maggiori nel tessuto ischemico che non in quello normale e
per ridotti potenziali di membrana. Il propafenone diminuisce l’eccitabilità
e sopprime l’automatismo spontaneo e l’attività triggerata. Interrompe
una TV indotta, provocando un blocco di conduzione o per collisione
dell’impulso con un’onda eco. Il propafenone è un debole antagonista dell’IKr26 e dei recettori beta-adrenergici. Malgrado la refrattarietà ventricolare
aumenti, il rallentamento della conduzione rappresenta l’effetto maggiore.
I· metaboliti attivi del propafenone esercitano azioni importanti, riducendo
Vmax, l’ampiezza del potenziale d’azione e la sua durata nelle fibre di Purkinje
nel cane. Il propafenone deprime l’automatismo del nodo del seno. Nei
pazienti, gli intervalli AH, HV, PR e QRS aumentano, così come il periodo
di refrattarietà degli atri, dei ventricoli, del nodo AV e delle vie accessorie.
L’intervallo QT corretto aumenta soltanto in funzione dell’incremento di
durata del QRS.
EFFETTI EMODINAMICI. Il propafenone e il 5-idrossipropafenone presentano proprietà inotrope negative ad alte concentrazioni in vitro e a dosi elevate deprimono in vivo la
funzione ventricolare sinistra. Nei pazienti con FE superiore
al 40%, gli effetti inotropi negativi sono ben tollerati, ma i
pazienti con preesistente disfunzione ventricolare sinistra e
con insufficienza cardiaca congestizia possono subire un peggioramento sintomatico del loro stato emodinamico.
FARMACOCINETICA (Tab. 30-4). Con più del 95% del farmaco assorbito, la concentrazione plasmatica massima del
Braun cap 30ok.indd 726
propafenone si ottiene in 2-3 ore. La biodisponibilità sistemica
è dose-dipendente e varia dal 3% al 40% a causa della variabilità della clearance presistemica. La biodisponibilità aumenta
parallelamente alla dose e la concentrazione plasmatica,
quindi, non è lineare. Un aumento di 3 volte del dosaggio (da
300 a 900 mg/die) causa un incremento di 10 volte nella concentrazione plasmatica, probabilmente per la saturazione dei
meccanismi di metabolismo epatico. Il propafenone è legato
per il 97% alla alfa1-glicoproteina acida, con un’emivita di
eliminazione di 5-8 ore. Gli effetti terapeutici massimi si osservano con concentrazioni sieriche da 0,2 a 1,5 μg/ml. La marcata
variabilità della farmacocinetica e della farmacodinamica
osservata tra pazienti può essere dovuta a differenze metaboliche geneticamente determinate. Circa il 93% della popolazione consiste in potenti metabolizzatori e ha un’emivita di
eliminazione più rapida (5-6 ore), concentrazioni plasmatiche
più basse dei principi attivi e più elevate dei metaboliti. I metabolizzatori deboli, a causa della diminuita capacità della funzione microsomiale del citocromo P450 del fegato, hanno
un’emivita di eliminazione di 15-20 ore per il composto d’origine e in pratica assente per il 5-idrossipropafenone. L’enantiomero (+) fornisce blocchi aspecifici dei recettori
beta-adrenergici con il 2,5-5% della potenza del propranololo.
Poiché le concentrazioni plasmatiche del propafenone possono
essere più di 50 volte superiori ai livelli del propranololo,
queste proprietà beta-bloccanti possono essere rilevanti. I
metabolizzatori deboli hanno un effetto di blocco beta-adrenergico maggiore rispetto ai metabolizzatori forti. Il propafenone blocca anche il canale lento del calcio a un valore dell’1%
circa rispetto al verapamil.
DOSI E VIE DI SOMMINISTRAZIONE (Tab. 30-4). La maggior parte dei pazienti risponde a una dose orale di 150-300
mg ogni 8 ore, non superando i 1200 mg/die. Le dosi sono
simili per entrambi i fenotipi di metabolismo. La contemporanea assunzione di alimenti, così come una disfunzione epatica,
aumentano la biodisponibilità del farmaco. Non è stata dimostrata una buona correlazione tra la concentrazione plasmatica
del propafenone e la soppressione delle aritmie. Le dosi non
devono essere aumentate più spesso di ogni 3-4 giorni. Il propafenone aumenta le concentrazioni plasmatiche del warfarin,
della digossina e del metoprololo.
INDICAZIONI. Il propafenone è indicato per il trattamento
delle TSV,11 della fibrillazione atriale parossistica e delle
tachiaritmie ventricolari potenzialmente letali e sopprime efficacemente i PVC spontanei e le TV sostenute e non sostenute.
Il propafenone è stato inoltre approvato per l’uso in pazienti
con TA, rientro del nodo AV, rientro AV e flutter o fibrillazione
atriali. Si è ottenuta la soppressione acuta di episodi di fibrillazione atriale con una dose orale di propafenone di 600 mg
nel 76% dei pazienti che assumevano il farmaco (il doppio di
quelli che assumevano il placebo).27 Il propafenone è stato
utilizzato con efficacia in pazienti pediatrici. Il propafenone
aumenta la soglia di stimolazione, ma influenza solo minimamente la soglia di defibrillazione. La frequenza sinusale sotto
sforzo è ridotta. L’uso del propafenone è associato a una maggiore mortalità nei pazienti sopravvissuti a un arresto cardiaco
rispetto a quelli trattati con un defibrillatore impiantabile. Il
sotalolo è stato più efficace del propafenone nel trial Electrophysiology Study Versus Electrocardiographic Monitoring
(ESVEM). Il propafenone è stato impiegato efficacemente in
associazione con la mexiletina.
EFFETTI INDESIDERATI. Effetti extra-cardiaci minori si
verificano nel 15% circa dei pazienti e i più frequenti sono
vertigini, disturbi del gusto e della visione, seguiti da disturbi
gastrointestinali. Dati i moderati effetti beta-bloccanti, si può
verificare un’esacerbazione della malattia polmonare con broncospasmo. Gli effetti indesiderati cardiovascolari si verificano
nel 10-15% dei pazienti e comprendono alterazioni della conduzione quali blocco AV, depressione del nodo del seno e peggioramento dello scompenso cardiaco. Le risposte proaritmiche,
12-02-2007 12:08:58
che si verificano più frequentemente in pazienti con storia di
TV sostenuta e ridotta frazione d’eiezione, sembrano meno
comuni che con la flecainide e si osservano nel 5% dei casi.
L’applicabilità al propafenone dei dati del CAST sulla flecainide non è chiara, ma la limitazione nell’impiego del propafenone così come degli altri farmaci di classe IC sembra
prudente, al momento, finché non si avranno maggiori informazioni. Le sue azioni beta-bloccanti possono tuttavia renderlo
diverso. La sicurezza della somministrazione del propafenone
in gravidanza non è stata accertata.
Moricizina
AZIONI ELETTROFISIOLOGICHE. La moricizina riduce· INa soprattutto
nello stato di inattività, con una conseguente riduzione in Vmax di fase 0 e
ampiezza del potenziale di azione (Tabb. 30-1, 30-2, 30-3 e 30-5). Il potenziale
diastolico massimo non risulta modificato. La moricizina blocca ICa-L e IK e
prolunga i tempi di conduzione del nodo AV e del sistema di His-Purkinje e
la durata del QRS. Si osserva una lieve riduzione dell’intervallo JT, mentre il
QTc è prolungato del 5% a causa del prolungamento del QRS. La refrattarietà
ventricolare è lievemente prolungata, senza alcun cambiamento atriale. Non
vi sono alterazioni dell’automatismo del nodo del seno. La moricizina innalza
minimamente la soglia di defibrillazione.
EFFETTI EMODINAMICI. La moricizina esercita minimi
effetti sulla contrattilità cardiaca in pazienti con funzione ventricolare sinistra compromessa; talora, pazienti con significativa disfunzione ventricolare sinistra possono andare incontro
a un peggioramento dello scompenso cardiaco.
FARMACOCINETICA (Tab. 30-4). Dopo somministrazione
orale, la moricizina subisce un significativo metabolismo di
primo passaggio, da cui risulta una biodisponibilità assoluta
del 35-40%. I picchi di concentrazione plasmatica vengono
raggiunti in 0,5-2 ore o più tardivamente se il farmaco è assunto
dopo i pasti. Per il 95% si lega all’alfa1-glicoproteina acida e
all’albumina. Le azioni antiaritmiche ed elettrofisiologiche non
sono correlate alle concentrazioni nel plasma o a quelle dei 20
metaboliti circa del farmaco. L’emivita plasmatica è di 1,5-3,5
ore; poco più della metà del farmaco è escreto nelle feci e poco
meno della metà per via urinaria.
DOSI E VIE DI SOMMINISTRAZIONE (Tab. 30-4). La dose
abituale per gli adulti è 600-900 mg/die, somministrati ogni 8
ore in dosi frazionate, con incrementi di 150 mg/die a intervalli
di 3 giorni. Alcuni pazienti possono essere trattati ogni 12 ore.
Si deve ridurre il dosaggio nei pazienti con disfunzioni epatiche o del sistema nervoso, turbe della conduzione AV o malattia del nodo del seno senza pacemaker e con significativa
insufficienza cardiaca congestizia.
INDICAZIONI. La moricizina è indicata per la prevenzione
di aritmie ventricolari potenzialmente letali e mostra un’efficacia quasi comparabile alla chinidina e alla disopiramide. La
moricizina può avere effetti proaritmici; nel CAST, ha causato
un aumento di mortalità rispetto al placebo nel trattamento
iniziale di pazienti che avevano aritmie ventricolari sintomatiche o paucisintomatiche dopo IM.29 Il rischio è stato maggiore
in quelli che assumevano diuretici.
EFFETTI INDESIDERATI. In genere questo farmaco è ben
tollerato. Gli effetti indesiderati non cardiaci riguardano il
sistema nervoso e comprendono tremori, alterazioni dell’umore,
cefalea, nistagmo e vertigini. Gli effetti indesiderati gastrointestinali comprendono nausea, vomito e diarrea. Raramente si
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Farmaci antiaritmici di classe II
Farmaci bloccanti i beta–adrenorecettori
Sebbene molti farmaci bloccanti i beta-adrenorecettori siano
stati approvati negli Stati Uniti, l’acebutololo (PVC), l’esmololo
(TSV), il metoprololo (post-IMA), l’atenololo (post-IMA), il
propranololo (post-IMA, TSV, TV) e il timololo (post-infarto
miocardico) sono stati approvati per il trattamento delle aritmie o la prevenzione della morte improvvisa dopo IM.30 Si
ritiene in generale che nessun farmaco beta-bloccante presenti
vantaggi significativi sugli altri e che, somministrati al dosaggio opportuno, tutti possano essere efficacemente utilizzati nel
trattamento delle aritmie cardiache, dell’ipertensione e di altre
patologie. Tuttavia, le differenti proprietà farmacocinetiche o
farmacodinamiche che conferiscono sicurezza al farmaco,
riducono gli effetti indesiderati o determinano i tempi di somministrazione e le interazioni con altre sostanze, influenzano
la scelta del farmaco più opportuno. Inoltre, alcuni beta-bloccanti come sotalolo, pindololo e carvedilolo possiedono azioni
particolari.
I beta-recettori possono essere suddivisi in quelli ad azione
prevalente sul cuore (beta1) e quelli che agiscono soprattutto
sui vasi sanguigni e sui bronchi (beta2). A basse dosi, i betabloccanti selettivi possono agire sui recettori beta1 più di
quanto agiscono sui recettori beta2 e sono pertanto da preferire
nel trattamento di pazienti con malattie polmonari o vascolari
periferiche. Per alti dosaggi, i bloccanti “beta1-selettivi” bloccano anche i recettori beta2. Il carvedilolo esercita anche effetti
alfa bloccanti e si usa principalmente nei pazienti con insufficienza cardiaca (Cap. 23).
Alcuni beta-bloccanti presentano un’attività simpaticomimetica intrinseca; ovvero attivano lievemente i recettori beta.
Questi farmaci sono altrettanto efficaci rispetto ai beta-bloccanti senza attività intrinseca simpaticomimetica e possono
indurre un rallentamento minore della frequenza cardiaca a
riposo e un prolungamento minore del tempo di conduzione
del nodo AV. Sembrano produrre una depressione minore della
funzione ventricolare sinistra rispetto ai beta-bloccanti senza
attività intrinseca simpaticomimetica. Solo i beta-bloccanti
non selettivi senza attività intrinseca simpaticomimetica si
sono dimostrati utili nel ridurre la mortalità nei pazienti colpiti
da infarto miocardico (Fig. 30-1).
La seguente discussione si concentra sull’uso del propranololo come prototipo di farmaco antiaritmico, generalmente
applicabile ad altri beta-bloccanti.
Terapia delle aritmie cardiache
La moricizina è un derivato della fenotiazina indicata nel trattamento di pazienti con tachiaritmie ventricolari; è stato anche
usato per la fibrillazione atriale.28 In passato veniva considerato
come farmaco antiaritmico di classe IB poiché determina un
accorciamento del potenziale d’azione della fibra di Purkinje.
Tuttavia, per l’intensità della sua azione sul canale del Na+, è
più simile a un farmaco antiaritmico di classe IA, mentre le
costanti di tempo per l’inizio e la scomparsa ricordano quelli
della classe IC.
può verificare un peggioramento dell’insufficienza cardiaca 727
congestizia. Effetti proaritmici sono stati riportati nel 3-15%
dei pazienti, più spesso in quelli con gravi aritmie ventricolari.
L’età avanzata aumenta la predisposizione agli effetti indesiderati. La moricizina sembra relativamente sicura in gravidanza
(classe B) ed è presente in piccole quantità nel latte materno.
AZIONI ELETTROFISIOLOGICHE. I beta-bloccanti esercitano
un’azione elettrofisiologica attraverso un’inibizione competitiva del
legame delle catecolamine con i siti dei betarecettori, effetto che è dovuto
in massima parte allo stereoisomero (-)-levogiro oppure alla loro azione
chinidino-simile o all’azione diretta di stabilizzazione di membrana (Tabb.
30-1, 30-2, 30-3 e 30-5). Quest’ultima è un effetto anestetico locale che
deprime INa e la reattività di membrana nelle fibre di Purkinje, insorge
generalmente a concentrazioni 10 volte quelle necessarie per produrre
il beta-blocco e con molta probabilità ha un effetto antiaritmico poco
significativo. In questo modo, gli effetti maggiori dei beta-bloccanti sono
esercitati sulle cellule più attivamente stimolate dall’attività adrenergica.
A concentrazioni beta-bloccanti, il propranololo rallenta l’automatismo
spontaneo nel nodo del seno e nelle fibre di Purkinje che sono stimolate
dal tono adrenergico, producendo il blocco di If (Cap. 27). I beta-bloccanti
bloccano anche ICa-L stimolata dai beta agonisti. In assenza di stimolazione
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Poiché la somministrazione di beta-bloccanti che non hanno un’azione
diretta di membrana previene l’insorgenza di molte aritmie che derivano
dall’attivazione del sistema nervoso autonomo, si pensa che l’azione betabloccante sia responsabile dei loro effetti antiaritmici. Nonostante ciò,
l’eventuale importanza dell’effetto diretto di membrana di alcuni di questi
farmaci non può essere scartata completamente poiché i beta-bloccanti
con questa proprietà possono agire sui potenziali transmembrana delle
cellule cardiache patologiche a concentrazioni molto più basse di quelle
necessarie per agire direttamente sulle fibre normali. Tuttavia, le azioni
indirette sugli effetti aritmogeni dell’ischemia sono probabilmente molto
più importanti. I beta-bloccanti riducono il danno miocardico durante la
rianimazione cardiopolmonare sperimentale.
2,4
Rischio relativo
2,2
2,0
1,8
1,4
1,2
1,0
0,8
0,6
0,4
Classe
IA
(3693)
I
IB
II
IC
(13.808) (19.532) (53.224)
III
Amio Sota
IV
(5864) (3121) (19.532)
Capitolo 30
FIGURA 30–1 Dati metanalitici ottenuti da trial clinici randomizzati su
farmaci antiaritmici nei sopravvissuti a infarto acuto del miocardio. Il rischio
relativo di morte è paragonato al placebo (media e intervallo di confidenza 95%)
durante la terapia con diverse classi elettrofisiologiche di preparati. Farmaci
di classe I, soprattutto IC, e il sotalolo aumentano la mortalità, mentre i betabloccanti e l’amiodarone la riducono. I numeri sotto ogni classe di farmaco si
riferiscono al numero di pazienti studiati nel trial. Amio = amiodarone; Sota =
sotalolo. (Modificato da Teo KK, Yusuf S: In Singh BN, Dzau VJ, Vanhoutte PM,
Woosley RL [eds]: Cardiovascular Pharmacology and Therapeutics. New York,
Churchill Livingstone, 1994, pp 631-643; e Waldo AL, Camm AJ, deRuyter H, et al:
Effect of d-sotalol on mortality in patients with left ventricular dysfunction after
recent and remote myocardial infarction: The SWORD Investigators. Survival
With Oral d-Sotalol. Lancet 348:7, 1996.)
adrenergica, il propranololo rallenta il normale automatismo nelle fibre di
Purkinje solo ad alte concentrazioni, probabilmente per un’azione diretta
sulla membrana.
Le concentrazioni che causano un beta-blocco ma non un effetto anestetico locale non alterano il normale potenziale
· di membrana a riposo,
l’ampiezza del massimo potenziale diastolico, Vmax, la ripolarizzazione o la
refrattarietà delle cellule muscolari atriali, delle fibre di Purkinje o ventricolari, in assenza di stimolo catecolaminico.Tuttavia, in presenza di isoproterenolo, uno stimolatore puro dei beta-recettori, i beta-bloccanti invertono gli effetti di accelerazione sulla ripolarizzazione dell’isoproterenolo;
in presenza di noradrenalina, il beta-blocco permette una stimolazione
incontrastata del recettore alfa che prolunga l’APD nelle fibre di Purkinje.
Il propranololo (2 ¥ 10-6 M) riduce l’ampiezza delle post-depolarizzazioni
tardive indotte dalla digitale e sopprime l’attività triggerata nelle fibre
di Purkinje. Il propanololo potenzia i recettori beta-adrenergici, in parte
attraverso l’esternalizzazione di recettori da una piccola vescicola, verso
il sarcolemma.
Sono necessarie concentrazioni· superiori a 3 mg/ml per deprimere
l’ampiezza del potenziale d’azione,Vmax, la reattività di membrana e la conduzione nelle normali fibre atriali, ventricolari e di Purkinje senza alterare
il potenziale di membrana a riposo. Questi effetti sono probabilmente
secondari alla depressione di INa. Il propranololo accorcia l’APD delle fibre
di Purkinje e, in minor grado, delle fibre muscolari atriali e ventricolari.
La somministrazione a lungo termine di propranololo potrebbe allungare
l’APD. Come per gli effetti della lidocaina, l’accelerazione della ripolarizzazione delle fibre di Purkinje è più marcata in aree del sistema di conduzione
ventricolare nel quale l’APD è maggiore. Solo un beta-bloccante, il sotalolo,
aumenta notevolmente il tempo di ripolarizzazione delle fibre di Purkinje
e del muscolo ventricolare. Per prevenire l’accorciamento del periodo di
refrattarietà ventricolare simpatico-indotta sono richiesti dosaggi di propranololo minori rispetto a quelli richiesti per prevenire l’accelerazione
sinusale simpatico-indotta.
Il propranololo rallenta la frequenza di scarica del nodo del seno nell’uomo del 10-20%, anche se a volte ne può risultare una bradicardia grave
se il cuore è particolarmente dipendente dal tono del simpatico o se è
presente una disfunzione del nodo del seno. La durata dell’intervallo PR
si allunga, così come il tempo di conduzione del nodo AV e il periodo
refrattario sia effettivo che funzionale (se la frequenza cardiaca viene mantenuta costante); tuttavia, la refrattarietà e la conduzione del sistema di
His-Purkinje normale rimangono immodificate anche dopo elevati dosaggi
di propranololo. Quindi, dosi terapeutiche di propranololo nell’uomo non
esercitano un effetto diretto depressivo o “chinidino-simile” ma influenzano l’elettrofisiologia cardiaca tramite un beta-blocco. I beta-bloccanti
non influenzano la conduzione nel muscolo ventricolare normale, come
evidenziato dall’assenza di effetti sul complesso QRS e prolungano l’intervallo QT non corretto in modo trascurabile.
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EFFETTI EMODINAMICI. I beta-bloccanti esercitano effetti
inotropi negativi e possono precipitare o peggiorare uno scompenso cardiaco. Tuttavia, i beta-bloccanti migliorano sicuramente la sopravvivenza nei pazienti con insufficienza cardiaca
(Cap. 23). A causa del blocco dei recettori beta, questi farmaci
possono indurre effetti alfa-adrenergici non contrastati causando vasocostrizione periferica ed, in alcuni pazienti, esacerbare uno spasmo arterioso o un dolore da malattia vascolare
periferica.
FARMACOCINETICA (Tab. 30-4). Benché numerosi tipi di
beta-bloccanti esercitino effetti farmacologici simili, la loro
farmacocinetica differisce in modo sostanziale. Il propranololo
è assorbito quasi al 100%, ma gli effetti di primo passaggio
epatico riducono la biodisponibilità a circa il 30% e provocano
una significativa variabilità tra pazienti delle concentrazioni
plasmatiche di una data dose. La diminuzione del flusso epatico, come nei pazienti con insufficienza cardiaca, riduce
l’estrazione epatica del propranololo; in questi pazienti, il propranololo può ridurre ulteriormente la propria velocità di eliminazione riducendo la portata cardiaca e il flusso epatico. I
beta-bloccanti eliminati per via renale tendono ad avere
un’emivita maggiore e presentano una minore variabilità interpaziente della concentrazione del farmaco rispetto a quelli
metabolizzati a livello epatico.
DOSI E VIE DI SOMMINISTRAZIONE (Tab. 30-4). Il
dosaggio appropriato del propranololo viene meglio determinato misurando le risposte fisiologiche del paziente, quali
variazioni della frequenza cardiaca a riposo o la prevenzione
della tachicardia indotta dall’esercizio, dato che esistono
ampie differenze individuali tra le concentrazioni plasmatiche del farmaco e l’effetto fisiologico osservato. Ad esempio,
il dosaggio per via endovenosa si può valutare meglio titolando la dose all’effetto clinico, iniziando con dosi di 0,25-0,5
mg, aumentando fino a 1 mg, se necessario, e somministrando
dosi ogni 5 minuti finché non si ottiene l’effetto desiderato o
fino a che non sia raggiunta una tossicità o fino a una dose
totale di 0,15-0,2 mg/kg. In alcuni casi, sono da preferirsi le
azioni a rapido effetto dell’esmololo. Per via orale, il propranololo deve essere frazionato in quattro dosi, che di solito
vanno da 40-160 mg/die a più di 1 gm/die. È disponibile una
preparazione mono-somministrazione di propanololo a lunga
durata d’azione, alla quale i pazienti possono essere convertiti dopo titolazione della dose con la forma a breve durata
d’azione se necessario. Generalmente, se un farmaco a dosi
adeguate risulta inefficace, anche gli altri beta-bloccanti
saranno inefficaci.
INDICAZIONI. In genere rispondono alla terapia con betabloccanti le aritmie associate a tireotossicosi, feocromocitoma,
anestesia con ciclopropano o alotano, le aritmie secondarie a
una eccessiva stimolazione cardiaca adrenergica, come quelle
scatenate da sforzo, emozioni oppure cocaina. I beta-bloccanti
generalmente non convertono un flutter o una fibrillazione
atriale cronica in ritmo sinusale, ma possono farlo se l’aritmia
è di recente insorgenza e in pazienti recentemente sottoposti
a interventi di cardiochirurgia.31-34 La frequenza atriale durante
il flutter o la fibrillazione non si modifica, ma la risposta ventricolare diminuisce dato che il beta-blocco prolunga il tempo
di conduzione del nodo AV e la refrattarietà. L’esmololo in
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729
Farmaci antiaritmici di classe III
Amiodarone
L’amiodarone è un derivato del benzofurano approvato dalla
FDA per il trattamento dei pazienti con tachiaritmie ventricolari potenzialmente letali qualora gli altri farmaci disponibili
siano inefficaci o non tollerati dal paziente. Il dronedarone, un
derivato non iodato dell’amiodarone, è stato studiato come
farmaco alternativo all’amiodarone potenzialmente meno tossico. Al momento attuale, non è stato approvato negli Stati
Uniti.32-34
AZIONI ELETTROFISIOLOGICHE (Tabb. 30-1, 30-2, 30-3 e 30-5).
Quando somministrato cronicamente per via orale, l’amiodarone prolunga
l’APD e la refrattarietà di tutte le fibre cardiache senza influire sul potenziale
di membrana a riposo. Quando vengono valutati gli effetti acuti, l’amiodarone e il suo metabolita, desetilamiodarone, prolungano l’APD del muscolo
ventricolare ma abbreviano quella delle fibre di Purkinje. Iniettato nelle
arterie del nodo del seno e del nodo AV, l’amiodarone riduce la frequenza di
scarica sinusale e giunzionale e prolunga il tempo di conduzione del nodo
AV. Diminuisce la pendenza della depolarizzazione
diastolica del nodo del
·
seno e deprime notevolmente la Vmax dei muscoli papillari nel porcellino
d’India
in maniera dipendente dalla frequenza o dall’uso.Tale depressione
·
di Vmax è provocata dal blocco dei canali del sodio inattivi, effetto che è
accentuato dai potenziali di membrana depolarizzati e ridotto da quelli
iperpolarizzati. L’amiodarone inibisce inoltre l’automatismo indotto dalla
depolarizzazione. L’amiodarone deprime la conduzione più· alle alte che
alle basse frequenze (uso-dipendenza), non solo deprimendo Vmax ma anche
aumentando la resistenza al flusso delle correnti passive. Non prolunga la
ripolarizzazione più alle basse che alle alte frequenze (cioè, non mostra
una uso-dipendenza inversa) ma esercita effetti tempo-dipendenti sulla
refrattarietà, che in parte spiegano la bassa incidenza di torsioni di punta
e l’alta efficacia.
Il desetilamiodarone ha effetti relativamente più accentuati sul tessuto
a canali veloci e probabilmente contribuisce in modo rilevante all’efficacia antiaritmica. Il ritardo nella produzione di adeguate concentrazioni di
questo metabolita può spiegare in parte il ritardo nell’azione antiaritmica
dell’amiodarone.
In vivo, l’amiodarone antagonizza in modo non competitivo i recettori
alfa e beta e blocca la conversione di tiroxina (T4) in triiodotironina (T3),
che rende conto di alcuni dei suoi effetti elettrofisiologici. L’amiodarone
presenta un’inibizione dei canali lenti e nella terapia orale cronica rallenta
la frequenza di scarica spontanea del nodo sinusale nei cani anestetizzati
anche dopo un pretrattamento con propranololo e atropina. Con la somministrazione orale rallenta la frequenza sinusale del 20-30% e prolunga
l’intervallo QT, a volte modificando il profilo dell’onda T e producendo
onde U.
Gli ERP di tutti i tessuti miocardici vengono prolungati. I tempi di conduzione del sistema di His-Purkinje sono prolungati così come la durata del
QRS, specialmente alle frequenze elevate. L’amiodarone somministrato per
via endovenosa prolunga modestamente il periodo refrattario dei muscoli
atriale e ventricolare. L’intervallo PR e il tempo di conduzione del nodo
AV si prolungano. La durata del complesso QRS si prolunga a frequenze
crescenti ma meno che dopo somministrazione orale. Perciò, in confronto
alla somministrazione per via orale, dopo somministrazione EV si verifica
un incremento di gran lunga minore del tempo di conduzione (eccetto
che per il nodo AV), della durata della ripolarizzazione e della refrattarietà.
Considerando queste azioni, è chiaro che l’amiodarone ha effetti di classe I
(blocchi INa), classe II (antiadrenergici), e classe IV (blocchi ICa-L) oltre agli
effetti di classe III (blocchi IK). Le azioni dell’amiodarone si avvicinano a
quelle di un farmaco ideale teorico che mostri blocco dei canali del Na+
uso-dipendente con un rapido recupero diastolico dal blocco e un prolungamento dell’APD uso-dipendente. Esso non fa aumentare e può ridurre
la dispersione QT. Le catecolamine possono invertire parzialmente alcuni
effetti dell’amiodarone.
Terapia delle aritmie cardiache
combinazione con la digossina è risultato utile. In assenza di
insufficienza cardiaca, i beta-bloccanti possono essere più efficaci della digossina nel controllo della frequenza cardiaca.
Per le TSV da rientro che utilizzano il nodo AV come parte
del circuito di rientro quali la TRNAV e la tachicardia ortodromica reciprocante nella sindrome di Wolff-ParkinsonWhite, o nella tachicardia sinusale inappropriata, oppure
nelle TA, i beta-bloccanti possono rallentare o interrompere
la tachicardia e possono essere usati come profilassi per prevenire le recidive. L’associazione dei beta-bloccanti alla digitale, alla chinidina o a una varietà di altri farmaci può essere
efficace quando il beta-bloccante fallisce come farmaco singolo. Il metoprololo e l’esmololo possono essere utili nei
pazienti con TA multifocale. Tuttavia, tali farmaci devono
essere usati con cautela in questa aritmia, che si presenta nel
quadro di una patologia polmonare avanzata, spesso con componente broncospastica.
I beta-bloccanti possono essere efficaci nelle aritmie indotte
dalla digitale, quali la TA, la tachicardia giunzionale AV non
parossistica, i PVC o la TV. Se è presente un blocco AV di
grado significativo durante un’aritmia digitale-indotta, la lidocaina o la fenitoina sono da preferire al propranololo. I betabloccanti possono essere utili anche nel trattamento di aritmie
ventricolari associate alla sindrome da intervallo QT lungo e
con prolasso della valvola mitrale. Nei pazienti con cardiopatia ischemica, i beta-bloccanti di solito non prevengono gli
episodi di TV ricorrente monomorfa che si verificano in
assenza d’ischemia acuta, ma possono essere efficaci in alcuni
pazienti, di solito a concentrazioni beta-bloccanti. È noto che
il propranololo, il timololo e il metoprololo riducono l’incidenza della mortalità globale e della morte cardiaca improvvisa successive a un infarto miocardico. Il meccanismo non è
del tutto chiaro e può essere riferito alla riduzione dell’estensione del danno ischemico, a effetti autonomici, a un effetto
antiaritmico diretto oppure a una combinazione di questi fattori. Nello studio CAST i beta-bloccanti potrebbero aver avuto
effetti protettivi contro le risposte proaritmiche e possono
essere più efficaci, in alcuni pazienti, della terapia farmacologica antiaritmica elettrofisiologicamente guidata nelle
tachiaritmie ventricolari.
Il labetololo, una sostanza alfa1- e beta-bloccante, è stato
usato nelle aritmie ventricolari da eclampsia. È stato dimostrato che il carvedilolo, un altro agente alfa- e beta-bloccante,
migliora la sopravvivenza nell’insufficienza cardiaca moderata
o grave. L’esmololo, un beta-bloccante ad azione ultrarapida
(emivita di eliminazione, 9 minuti), cardioselettiva, si è rivelato utile per il controllo rapido della frequenza ventricolare
in pazienti con flutter o fibrillazione atriale.
EFFETTI INDESIDERATI. Gli effetti indesiderati cardiovascolari dei beta-bloccanti comprendono ipotensione grave,
bradicardia e insufficienza cardiaca congestizia. La bradicardia
può essere secondaria a rallentamento del seno o blocco AV.
L’improvvisa sospensione del propranololo in pazienti con
angina pectoris può scatenare o peggiorare l’angina e le aritmie
cardiache e causare un infarto miocardico acuto, probabilmente per la innalzata sensibilità ai beta-agonisti determinata
dal precedente blocco dei recettori beta (upregulation recettoriale). Un aumento della sensibilità può iniziare molti giorni
dopo la cessazione della terapia con beta-bloccanti e può
durare per 5-6 giorni. Altri effetti indesiderati dei beta-bloccanti includono un peggioramento dell’asma o di una broncopneumopatia cronica ostruttiva, claudicatio intermittens,
fenomeno di Raynaud, depressione mentale, aumentato rischio
di ipoglicemia nei pazienti diabetici insulino-dipendenti,
facile affaticabilità, sogni particolarmente vivaci o insonnia e
alterazioni della funzione sessuale. Molti di questi effetti indesiderati si osservano meno frequentemente quando si usano
beta1-bloccanti selettivi, ma anche i cosiddetti beta-bloccanti
cardioselettivi possono esacerbare l’asma o alterare il controllo
della glicemia nei pazienti diabetici.
EFFETTI EMODINAMICI. L’amiodarone è un vasodilatatore periferico e coronarico. Quando somministrato per via
endovenosa (150 mg in 10 min, poi infusione di 1 mg/min)
l’amiodarone diminuisce la frequenza cardiaca, le resistenze
vascolari sistemiche, la forza contrattile e il rapporto dP/dt del
ventricolo sinistro. Le dosi orali di amiodarone sufficienti a
controllare le aritmie cardiache non deprimono la funzione
sistolica ventricolare sinistra, anche in pazienti con frazione
d’eiezione ridotta, e la frazione d’eiezione e la gittata cardiaca
possono aumentare debolmente. Tuttavia, a causa dei suoi
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730 effetti antiadrenergici e di una certa azione inotropa negativa,
Capitolo 30
l’amiodarone deve essere somministrato con cautela, soprattutto EV, nei pazienti con compenso cardiaco labile.
FARMACOCINETICA (Tab. 30-4). L’amiodarone viene
assorbito lentamente, in modo variabile e incompletamente,
con una biodisponibilità sistemica del 35-65%. Il picco della
concentrazione plasmatica è raggiunto in 3-7 ore dopo una
singola dose orale. Vi è un minimo effetto di primo passaggio,
a indicare una piccola estrazione epatica. L’eliminazione
avviene per escrezione epatica attraverso la bile con ricircolo
enteroepatico. Un rilevante metabolismo epatico avviene con
la produzione di desetilamiodarone che è il maggiore metabolita. Il rapporto di concentrazione nel plasma del composto d’origine rispetto al metabolita è 3:2. Entrambi si
accumulano largamente nel fegato, nel polmone, nel grasso,
nella cute “blu” e in altri tessuti. Nel miocardio si trovano
concentrazioni da 10 a 50 volte superiori a quelle del plasma.
L’eliminazione plasmatica dell’amiodarone è scarsa e l’escrezione renale è trascurabile. Le dosi non devono quindi essere
ridotte in pazienti con disfunzione renale. L’amiodarone e il
desetilamiodarone non sono dializzabili. Il volume di distribuzione è ampio ma variabile, con una media di 60 l/kg.
L’amiodarone è altamente legato alle proteine del plasma
(96%), attraversa la placenta (10-50%) e viene escreto nel
latte materno.
L’inizio dell’azione dopo iniezione EV si osserva generalmente entro 1-2 ore. Dopo somministrazione orale, l’inizio
dell’azione può richiedere 2-3 giorni, spesso 1-3 settimane e,
talora, perfino tempi più lunghi. Un dosaggio di carico riduce
questo intervallo di tempo. Le concentrazioni plasmatiche si
correlano bene alle dosi orali durante il trattamento cronico,
in media circa 0,5 μg/ml per ogni 100 mg/die a dosi comprese
tra 100 e 600 mg/die. L’emivita di eliminazione è multifase con
una iniziale riduzione del 50% della concentrazione plasmatica in 3-10 giorni dopo la sospensione del farmaco (che rappresenta probabilmente l’eliminazione da tessuti ben perfusi)
seguita da un’emivita terminale di 26-107 giorni (media di 53
giorni), nella maggior parte dei casi in un range da 40 a 55
giorni. Raggiungere la condizione di equilibrio senza una dose
di carico richiede circa 265 giorni. La variabilità interpaziente
di questi parametri farmacocinetici impone uno stretto monitoraggio del paziente. Le concentrazioni sieriche terapeutiche
sono comprese tra 1 e 2,5 μg/ml. Una maggiore soppressione
delle aritmie si ottiene per dosi fino a 3,5 μg/ml, ma il rischio
di effetti indesiderati aumenta.
DOSI E VIE DI SOMMINISTRAZIONE (Tab. 30-4). Uno
schema ottimale di dosaggio per tutti i pazienti non è stato
ancora definito. Un approccio raccomandato è quello di trattare
con 800-1600 mg/die per 1-3 settimane, ridotti a 800 mg/die
nelle successive 2-4 settimane, poi 600 mg/die per 4-8 settimane e infine dopo 2-3 mesi di trattamento, una dose di mantenimento uguale o inferiore a 300 mg al giorno. La dose di
mantenimento può essere somministrata una o due volte al
giorno e deve essere regolata alla dose più bassa efficace allo
scopo di minimizzare l’insorgenza di effetti indesiderati. Bassi
dosaggi come 100 mg/die possono già essere efficaci in alcuni
pazienti. I regimi terapeutici debbono essere personalizzati per
ogni singolo paziente e per la sua situazione clinica. L’amiodarone può essere somministrato endovena per ottenere un
carico più rapido e un effetto in emergenza alle dosi iniziali
di 15 mg/min per 10 minuti, seguito da 1 mg/min per 6 ore e
poi 0,5 mg/min per le restanti 18 ore e nei giorni successivi,
se necessario. Infusioni supplementari di 150 mg in 10 minuti
possono essere usate per interrompere una TV o una FV. L’infusione EV può essere proseguita in modo sicuro per 2-3 settimane. L’amiodarone EV è generalmente ben tollerato anche
in pazienti con disfunzione ventricolare sinistra. In pazienti
con una frazione d’eiezione ridotta, l’amiodarone EV deve
essere somministrato con grande cautela per la possibile ipotensione. Un carico orale ad alte dosi (da 800 a 2000 mg due
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o tre volte al giorno per mantenere concentrazioni sieriche di
2-3 mg/ml) può sopprimere le aritmie ventricolari in 1-2
giorni.
INDICAZIONI. L’amiodarone è stato usato per trattare
un’ampia varietà di tachiaritmie sopraventricolari e ventricolari in utero, negli adulti e nei bambini, compresi il rientro AV
e del nodo AV, tachicardia giunzionale, flutter e fibrillazione
atriale, la TV e la FV associate a patologia coronarica e alla
miocardiopatia ipertrofica. La possibilità di successo varia
ampiamente a seconda della popolazione di pazienti, del tipo
di aritmie, delle sottostanti patologie cardiache, della durata
del follow-up, della definizione e determinazione di successo
e di altri fattori. In generale, tuttavia, l’efficacia dell’amiodarone eguaglia o supera quella di tutti gli altri farmaci antiaritmici e varia nel range del 60-80% per la maggior parte delle
tachiaritmie sopraventricolari e del 40-60% per le tachiaritmie
ventricolari. L’amiodarone è utile nel migliorare la sopravvivenza nei pazienti con miocardiopatia ipertrofica, miocardiopatia dilatativa non ischemica,35 aritmie ventricolari
asintomatiche dopo infarto miocardico e con tachiaritmie ventricolari dopo rianimazione per arresto cardiaco. L’amiodarone
somministrato prima della chirurgia cardiaca a cielo aperto,36
così come nel postoperatorio, ha dimostrato di ridurre l’incidenza della fibrillazione atriale postoperatoria. L’amiodarone
è superiore ai farmaci antiaritmici della classe I e al sotalolo
nel mantenere il ritmo sinusale in pazienti con fibrillazioni
atriali ricorrenti.
I pazienti portatori di ICD ricevono minori shock elettrici
quando sono trattati con amiodarone rispetto ai farmaci antiaritmici convenzionali.37 L’amiodarone ha un modesto effetto
sulla soglia di stimolazione, ma generalmente aumenta leggermente la soglia elettrica di defibrillazione.
Numerosi studi prospettici randomizzati caso-controllo
hanno dimostrato un miglioramento della sopravvivenza con
l’amiodarone in confronto al placebo o al metoprololo nei
pazienti colpiti da infarto del miocardio (IM). Con l’uso dell’amiodarone è stato riscontrato un miglioramento della sopravvivenza in pazienti rianimati dopo FV rispetto ai farmaci antiaritmici convenzionali. Nei pazienti con insufficienza cardiaca
congestizia, la terapia con amiodarone ha aumentato la sopravvivenza in uno studio (in cui l’insufficienza cardiaca era dovuta
soprattutto a miocardiopatia non ischemica), mentre in un altro
non è stato osservato alcun beneficio (soprattutto pazienti con
miocardiopatia ischemica). Il trial Antiarrhythmics Versus
Implantable Defibrillators (AVID) è stato realizzato per confrontare la mortalità tra i pazienti trattati con farmaci antiaritmici (amiodarone empirico o sotalolo sotto guida SEF o Holter)
rispetto a un ICD in pazienti con FE minore di 0,40 colpiti da
una TV spontanea ipotensiva o da arresto cardiaco. Questo
studio è stato interrotto anticipatamente quando un’analisi in
itinere ha mostrato che i pazienti trattati con ICD mostravano
una migliore sopravvivenza dopo 1 anno di trattamento.38
Esistono alcune controversie sulla capacità di predire l’efficacia dell’amiodarone in pazienti con tachiaritmie ventricolari.
La valutazione clinica, la soppressione di aritmie ventricolari
spontanee come documentato dalle registrazioni ECG 24 ore
e la risposta allo SEF sono servite da endpoint per giudicare
la terapia. Nel paziente con storia di TV o FV sostenute e con
minime aritmie ventricolari spontanee inapprezzabili interposte a episodi sintomatici, uno SEF invasivo è indicato per giudicare l’efficacia del trattamento. Non è stato ancora chiarito
quando un tale studio debba essere effettuato dopo che la terapia amiodarone è stata iniziata, ma probabilmente l’intervallo
deve essere di una settimana o anche più. Nel 10-20% dei
pazienti in cui la tachiaritmia ventricolare clinica elettricamente indotta non è più inducibile in corso di terapia con
amiodarone, la possibilità di recidive spontanee di aritmia in
corso di terapia è bassa, probabilmente inferiore al 5-10% a 1
anno. Nei pazienti in cui le tachiaritmie ventricolari sono
ancora inducibili, il tasso di ricorrenza è del 40-50% a 1 anno.
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mono il farmaco da più di 6 mesi. Sono state riferite reazioni 731
oculari più gravi, come la neurite ottica o l’atrofia con perdita
della vista, o entrambe, ma sono rare e la relazione con l’amiodarone non è stata stabilita.42
Gli effetti indesiderati cardiaci comprendono brachicardie
sintomatiche in circa il 2% dei casi; l’aggravamento di tachiaritmie ventricolari (con occasionale sviluppo di torsioni di
punta)40 si osserva nell’1-2%, forse in percentuale più elevata
nelle donne (Tab. 72-3); e l’aggravamento dell’insufficienza
cardiaca congestizia si verifica nel 2%. Forse a causa dell’interazione con gli anestetici, le complicanze dopo chirurgia
cardiaca a cielo aperto, come disfunzione polmonare, ipotensione, disfunzione epatica e bassa portata cardiaca, sono state
notate da alcuni ricercatori, ma non da tutti.
Come regola generale, devono essere usate le più basse dosi
di mantenimento possibili tali da essere ancora efficaci per
evitare effetti indesiderati importanti. Molte aritmie sopraventricolari possono essere adeguatamente gestite con una dose
giornaliera uguale o inferiore a 200 mg, mentre le aritmie ventricolari generalmente richiedono dosi maggiori. Gli effetti
indesiderati sono rari a dosi uguali o inferiori a 200 mg/die,
ma possono comunque verificarsi. A causa della sua potenziale
tossicità in una varietà di organi, un approccio multidisciplinare nell’impiego dell’amiodarone è stato utilizzato da alcuni
nel tentativo di prevenire effetti sfavorevoli.
Esistono importanti interazioni con altri farmaci e le dosi di
warfarin, digossina e altri farmaci antiaritmici, quando somministrati contemporaneamente con l’amiodarone, devono
essere ridotte di un terzo o della metà controllando attentamente il paziente. I farmaci con azioni sinergiche, quali i betabloccanti o i calcioantagonisti, devono essere somministrati
con cautela. La sicurezza dell’amiodarone in gravidanza non
è stata accertata e deve essere utilizzato nella paziente gravida
solo se non esistono altre alternative.
Terapia delle aritmie cardiache
La risposta emodinamica dei pazienti all’aritmia indotta può
anche far prevedere come potrebbero tollerare una recidiva
spontanea. L’amiodarone rallenta la frequenza della TV, ma è
importante ricordare che il paziente in posizione supina nell’ambulatorio di elettrofisiologia può tollerare la stessa tachicardia meglio del paziente in posizione eretta. Una FE maggiore di 0,4 è predittiva di una buona risposta all’amiodarone
nei pazienti con TV o FV.
Date la gravità delle aritmie trattate e l’insolita farmacocinetica della sostanza e dei suoi effetti indesiderati, la terapia con
amiodarone deve essere iniziata con il paziente ospedalizzato
e monitorato per almeno diversi giorni. Associando altri agenti
antiaritmici con l’amiodarone si può migliorare l’efficacia della
terapia in alcuni casi.
EFFETTI INDESIDERATI. Effetti indesiderati sono riportati
in circa il 75% dei pazienti trattati con amiodarone per 5 anni,
ma costringono alla sospensione del farmaco solo nel 18-37%
dei casi. Gli effetti indesiderati più frequenti che richiedono la
sospensione del farmaco sono quelli polmonari e del tratto
gastrointestinale. La maggior parte degli effetti indesiderati è
reversibile con la riduzione della dose o la sospensione del
trattamento. Gli effetti indesiderati sono più frequenti quando
la terapia è continuata nel lungo termine ed è ad alte dosi. Tra
gli effetti indesiderati non cardiaci, la tossicità polmonare è la
più seria; in uno studio si è verificata tra 6 giorni e 60 mesi di
trattamento in 33 pazienti su 573, con 3 decessi. Il meccanismo
non è chiaro, ma può implicare una reazione di ipersensibilità
o una diffusa fosfolipidosi o entrambe. I sintomi comuni sono
dispnea, tosse non produttiva, febbre, rantoli all’esame obiettivo, ipossiemia, scintigrafia al gallio positiva, ridotta capacità
di diffusione ed evidenza radiografica di infiltrati polmonari.39,40
L’amiodarone deve essere sospeso in presenza di questi eventi
infiammatori polmonari. Si può tentare l’uso di corticosteroidi,
ma non sono stati eseguiti studi controllati che ne sostengano
l’uso. Un 10% di mortalità è stato osservato in pazienti con
alterazioni infiammatorie polmonari, spesso in pazienti con
compromissione polmonare misconosciuta di cui è stata consentita l’evoluzione progressiva. Si raccomanda l’esecuzione
di radiografie del torace e dei test di funzionalità polmonare,
inclusa la capacità di diffusione del monossido di carbonio
(DLCO), a intervalli di 3 mesi per il primo anno di trattamento
e successivamente due volte all’anno per diversi anni. A dosi
di mantenimento inferiori a 300 mg/die, la tossicità polmonare
è rara. L’età avanzata, alte dosi di mantenimento e la ridotta
capacità di diffusione polmonare pretrattamento rappresentano
i fattori di rischio allo sviluppo di tossicità polmonare. Un DLCO
immodificato nella terapia può essere un indicatore predittivo
negativo di tossicità polmonare.
Malgrado innalzamenti asintomatici degli enzimi epatici
vengano riscontrati nella maggior parte dei pazienti, il trattamento non deve essere sospeso a meno che i valori eccedano
di due o tre volte i valori normali in un paziente con valori di
funzionalità epatica lievemente alterati. La cirrosi epatica si
presenta raramente, ma può essere fatale. Si possono verificare
disturbi neurologici, fotosensibilità (forse minimizzata da
schermi solari), colorazione bluastra della cute, disturbi
gastroenterici e ipertiroidismo41 (1-2%) o ipotiroidismo (24%). L’amiodarone sembra inibire la conversione periferica
di T4 a T3 così che ne risultano modificazioni chimiche caratterizzate da un leggero incremento del T4, del T3 inverso e
dell’ormone stimolante la tiroide (Thyroid-Stimulating Hormone, TSH) e un leggero decremento del T3. La concentrazione
del T3 inverso è stata usata come indice di efficacia del medicamento. In corso d’ipotiroidismo, il TSH aumenta grandemente, mentre il T3 aumenta nel caso dell’ipertiroidismo. I
test per la funzione tiroidea dovrebbero essere eseguiti all’incirca ogni 3 mesi per il primo anno di trattamento con amiodarone e quindi una volta o due l’anno, prima se si sviluppano
sintomi compatibili con disfunzione tiroidea. Microdepositi
corneali si verificano in quasi il 100% degli adulti che assu-
Tosilato di bretilio
Il bretilio è un composto quaternario dell’ammonio approvato
dalla FDA per l’uso parenterale solo nei pazienti con tachiaritmie ventricolari potenzialmente letali.
AZIONI ELETTROFISIOLOGICHE (Tabb. 30-1, 30-2, 30-3 e 30-5).
Il bretilio si concentra selettivamente nei gangli simpatici e nelle loro
terminazioni nervose adrenergiche postgangliari. Dopo aver inizialmente
provocato il rilascio di noradrenalina, il bretilio previene la liberazione
della noradrenalina deprimendo l’eccitabilità delle terminazioni nervose
simpatiche senza deprimere la conduzione pregangliare o postgangliare
delle terminazioni simpatiche, alterare la conduzione attraverso i gangli
simpatici, depauperare la noradrenalina dai neuroni adrenergici o diminuendo la responsività dei recettori adrenergici. Induce una condizione
simile a una simpaticectomia chimica. Nel corso del trattamento cronico
con bretilio, la risposta beta-adrenergica alle catecolamine circolanti risulta
aumentata. Il rilascio iniziale di catecolamine determina varie risposte elettrofisiologiche transitorie, quali un incremento della frequenza di scarica
del nodo del seno isolato perfuso e delle fibre di Purkinje in vitro, spesso
rendendo quiescenti fibre dotate di automatismo spontaneo.
Inizialmente il bretilio aumenta la velocità di conduzione e l’eccitabilità
e diminuisce la refrattarietà dell’atrio di coniglio e può iperpolarizzare fibre
parzialmente depolarizzate. Il pretrattamento con propranololo previene
queste alterazioni precoci. L’iniziale rilascio di catecolamine può aggravare alcune aritmie, quali quelle indotte da eccesso di digitale o da un IM.
Una sua somministrazione prolungata incrementa la durata del potenziale
d’azione e la refrattarietà dei muscoli atriali e ventricolari e delle fibre di
Purkinje, probabilmente bloccando una o più correnti di ripolarizzazione
del potassio. Il rapporto ERP/APD non subisce modificazioni, come pure
la responsività di membrana e la velocità di conduzione. Il bretilio ha
uno scarso effetto sulla eccitabilità diastolica. Ha un effetto trascurabile
se non nullo sulla TV sostenuta ma può prevenire le recidive di FV. Non è
chiaro se la condizione simil-simpaticectomia chimica determini da sola
gli effetti antifibrillatori o se siano necessarie associazioni con altre azioni.
La riduzione delle disparità tra l’APD e l’ERP in aree di miocardio normale
o infartuato potrebbe spiegare alcuni degli effetti antifibrillatori. Il bretilio non agisce sui riflessi vagali e non modifica la risposta dei recettori
colinergici cardiaci.
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Capitolo 30
EFFETTI EMODINAMICI. Il bretilio non deprime la contrattilità miocardica. Dopo un iniziale incremento della pressione, può indurre una significativa ipotensione bloccando
l’estremità efferente del riflesso barorecettoriale. L’ipotensione
si verifica più frequentemente quando i pazienti sono seduti
o in posizione eretta, ma può verificarsi anche nella posizione
supina in pazienti gravi. Il bretilio riduce l’intensità della vasocostrizione e della tachicardia riflessa nella posizione eretta.
L’ipotensione ortostatica può persistere per molti giorni dopo
la sospensione del farmaco.
FARMACOCINETICA (Tab. 30-4). Il bretilio è efficace sia
per via orale che parenterale, tuttavia nel tratto gastrointestinale viene assorbito parzialmente e in modo variabile e quindi
è in pratica utile solo per via endovenosa. La biodisponibilità
può essere inferiore al 50% e l’eliminazione è quasi esclusivamente per escrezione renale senza significativo metabolismo
o metaboliti attivi riconoscibili. L’emivita di eliminazione è
5-10 ore, ma con una variabilità discretamente ampia. In
pazienti affetti da insufficienza renale i dosaggi devono essere
ridotti. Nei pazienti sopravvissuti a TV o FV, il bretilio presenta
un’emivita di eliminazione di 13,5 ore dopo singola somministrazione EV, simile a quella dei soggetti normali. L’eliminazione avviene quasi totalmente per via renale. L’inizio
dell’azione dopo somministrazione EV avviene entro pochi
minuti, ma un completo effetto antiaritmico può non essere
osservato prima di 30 minuti-2 ore.
DOSI E VIE DI SOMMINISTRAZIONE (Tab. 30-4). Il bretilio può essere somministrato endovena in dosi di 5-10 mg/kg
di peso corporeo diluito in 50-100 ml di destrosio al 5% e
somministrato in 10-20 minuti o più rapidamente in caso di
pericolo per la vita. La stessa dose può essere ripetuta in 1-2
ore se l’aritmia persiste. Il dosaggio giornaliero totale non deve
superare i 30 mg/kg. Una dose iniziale simile, non diluita, può
essere somministrata per via intramuscolare. La dose di mantenimento EV è di 0,5-2,0 mg/min. La somministrazione per
via intramuscolare deve essere evitata durante la rianimazione
cardiopolmonare per arresto cardiaco e negli stati di shock data
l’inaffidabilità dell’assorbimento dovuta a una ridotta perfusione tissutale. In questo caso, il bretilio deve essere somministrato per via endovenosa.
INDICAZIONI. Il bretilio è utilizzato nei pazienti in terapia
intensiva, con tachiaritmie ventricolari potenzialmente letali
ricorrenti che non rispondono ad altri antiaritmici. Il bretilio
è risultato efficace in alcuni pazienti con tachiaritmie farmacoresistenti e nel trattamento extraospedaliero di FV.
EFFETTI INDESIDERATI. L’ipotensione, più evidente in
posizione ortostatica ma anche supina, sembra essere l’effetto
collaterale più significativo del bretilio e può essere prevenuta
con l’impiego di farmaci triciclici come la protriptilina.
Un’ipertensione transitoria, un’aumentata frequenza sinusale
e un peggioramento dell’aritmia, spesso quelle dovute a intossicazione digitalica o a ischemia, possono far seguito alla somministrazione iniziale del farmaco e sembrano dovuti al rilascio
iniziale di catecolamine. Il bretilio deve essere usato con cautela o affatto, in pazienti che abbiano una portata cardiaca
relativamente fissa, come quelli affetti da una grave stenosi
aortica. I vasodilatatori e i diuretici possono potenziare questi
effetti ipotensivi. La nausea e il vomito possono verificarsi
dopo somministrazione parenterale.
Sotalolo
Il sotalolo è un bloccante beta-adrenergico non selettivo senza
attività simpaticomimetica intrinseca, che prolunga la ripolarizzazione.43 Nel 1992 è stato approvato dalla FDA per il trattamento di pazienti con tachiaritmie ventricolari potenzialmente letali e nel 1998 per la fibrillazione atriale.
AZIONI ELETTROFISIOLOGICHE (Tabb. 30-1, 30-2, 30-3 e 30-5).
Entrambi gli isomeri d e l hanno effetti simili sul prolungamento della ripo-
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larizzazione, mentre l’l isomero è responsabile in pratica di tutta l’attività
beta-bloccante. Il solatolo non blocca i recettori alfa e il canale del sodio
(nessun effetto di stabilizzazione di membrana) ma prolunga i tempi di
ripolarizzazione atriali e ventricolari riducendo l’IKr, prolungando quindi
la fase di plateau del potenziale d’azione. Il prolungamento del potenziale
di azione è maggiore alle basse frequenze (uso-dipendenza inversa). Il
potenziale
di membrana a riposo, l’ampiezza del potenziale d’azione e la
·
Vmax non sono significativamente alterati. Il sotalolo prolunga la refrattarietà
atriale e ventricolare, gli intervalli AH e QT e la durata del ciclo sinusale.
Riduce il gap eccitabile nelle TV da rientro.
EMODINAMICA. Il sotalolo esercita un effetto inotropo
negativo solo attraverso la sua azione beta-bloccante. Può
aumentare la forza di contrazione prolungando la ripolarizzazione, effetto che è massimo alle basse frequenze cardiache.
Nei pazienti con funzione cardiaca compromessa, il sotalolo
può ridurre l’indice cardiaco, aumentare la pressione di riempimento e precipitare lo scompenso cardiaco. Quindi, deve
essere usato con prudenza in pazienti con compenso labile,
ma sembra essere ben tollerato in quelli con funzione cardiaca
normale.
FARMACOCINETICA (Tab. 30-4). Il sotalolo è assorbito
completamente e non viene metabolizzato ed è quindi biodisponibile per il 90-100%. Non si lega alle proteine plasmatiche,
viene eliminato immodificato principalmente per via renale e
ha un’emivita di eliminazione di 10-15 ore. Il picco di concentrazione plasmatica si ha dopo 2,5-4,0 ore dopo somministrazione orale, con una condizione di equilibrio raggiunta dopo
cinque o sei dosi. La concentrazione plasmatica antiaritmica
efficace è nel range di 2,5 μg/ml. Esiste una piccola variabilità
interpaziente nei livelli plasmatici. Al di là del range di dosaggio di 160-640 mg, il sotalolo mostra una relazione diretta tra
dosaggio e concentrazioni plasmatiche. Il dosaggio deve essere
ridotto in pazienti con nefropatia. L’effetto beta-bloccante è a
metà del massimo per una dose di 80 mg/die ed è massimo a
320 mg/die. Un effetto beta-bloccante significativo si osserva
a 160 mg/die.
DOSAGGIO (Tab. 30-4). La dose orale tipica è 80-160 mg
ogni 12 ore, lasciando 2-3 giorni tra gli aggiustamenti dei
dosaggi per ottenere condizioni di equilibrio e monitorando
l’ECG per aritmie o allungamenti del QT. Dosi superiori a 320
mg/die possono essere usate se il potenziale beneficio supera
il rischio proaritmico.
INDICAZIONI. Approvato dalla FDA per il trattamento di
pazienti con tachiaritmie ventricolari e fibrillazione atriale, il
sotalolo è altresì utile per prevenire le recidive di una grande
varietà di TSV, compresi flutter atriale, AT, rientro del nodo
AV e rientro AV. Esso rallenta anche la risposta ventricolare
alle tachiaritmie atriali. Nel trattamento delle tachiaritmie ventricolari sembra più efficace degli antiaritmici convenzionali
e potrebbe essere paragonabile all’amiodarone. Il sotalolo si è
dimostrato superiore alla lidocaina nel bloccare le TV sostenute ed è utile in pazienti con displasia aritmogena del ventricolo destro. Il sotalolo può essere efficace nei pazienti di età
pediatrica. A differenza della maggior parte degli altri antiaritmici, può ridurre la frequenza di scarica dell’ICD44 e ridurre
la soglia di defibrillazione.
EFFETTI INDESIDERATI. La proaritmia è l’effetto collaterale più serio. Nel complesso, si verifica un’insorgenza di
nuove tachiaritmie ventricolari o l’aggravamento delle stesse
in circa il 4% e questo fenomeno è dovuto a torsioni di punta
nel 2,5% circa dei casi. L’incidenza della torsione di punta
aumenta fino al 4% nei pazienti con anamnesi di TV sostenuta,
ed è dose-correlata, essendo stata riportata solo nell’ 1,6% per
una dose di 320 mg/die ma nel 4,4% per una dose di 480 mg/
die (Tab. 72-3). Questo effetto proaritmico è stato probabilmente la causa dell’eccessiva mortalità nei pazienti trattati con
d-sotalolo (l’enantiomero che non ha un effetto beta-bloccante)
dopo un IMA, che è stata osservata nel trial Survival With Oral
d-Sotalol (SWORD). Gli altri effetti indesiderati più comuni
che si osservano con altri beta-bloccanti sono stati osservati
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anche con il sotalolo. Il sotalolo deve essere usato con prudenza o non essere usato affatto in associazione con altri farmaci che prolungano l’intervallo QT. Peraltro, tali associazioni
sono state usate in modo efficace.
Ibutilide
L’ibutilide è un farmaco approvato per sbloccare episodi acuti
di flutter o fibrillazione atriale.
AZIONI ELETTROFISIOLOGICHE (Tabb. 30-1, 30-2, 30-3 e 30-5).
Come gli altri farmaci di classe III, l’ibutilide prolunga la ripolarizzazione.
Benché sia come gli altri farmaci di classe III che bloccano le correnti
del potassio in uscita così come l’IKr, l’ibutilide è unico in quanto sembra
attivare una corrente lenta in entrata del sodio. Somministrato endovena,
l’ibutilide provoca un lieve rallentamento della frequenza sinusale e ha
effetti minimi sulla conduzione AV o sulla durata del QRS, ma l’intervallo
QT è caratteristicamente prolungato. L’ibutilide non ha alcun effetto significativo sulla emodinamica.
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Dofetilide
La dofetilide è stata approvata dalla FDA per la conversione
acuta della fibrillazione atriale in ritmo sinusale e per la profilassi cronica delle recidive di fibrillazione atriale.47
AZIONI ELETTROFISIOLOGICHE (Tabb. 30-1, 30-2, 30-3 e 30-5).
L’unico effetto elettrofisiologico della dofetilide sembra essere il blocco
della componente rapida della corrente ritardata correttrice del potassio
(IKr), importante per la ripolarizzazione (Cap. 27). Questo effetto è più
spiccato negli atri rispetto ai ventricoli (30% di aumento del periodo
refrattario nell’atrio contro il 20% nel ventricolo). L’effetto della dofetilide
sull’IKr consiste nel prolungare la refrattarietà senza rallentare la conduzione, cosa che si ritiene essere largamente responsabile del suo effetto
antiaritmico. È anche responsabile dell’allungamento dell’intervallo QT
sull’ECG, che è in media del 11%, ma può essere anche maggiore. Questo
effetto sull’intervallo QT è dose-dipendente e lineare. Non si osservano
altre importanti variazioni dell’ECG determinate dal farmaco. La dofetilide non ha significativi effetti emodinamici. La dofetilide si è dimostrata
più efficace della chinidina nel convertire la fibrillazione atriale in ritmo
sinusale.
FARMACOCINETICA (Tab. 30-4). Somministrata per via
orale, la dofetilide si assorbe bene, con oltre il 90% di biodisponibilità. Il 50-60% del farmaco è secreto immodificato nelle
urine, con un’emivita media di eliminazione di 7-13 ore. Il
resto del farmaco è sottoposto a metabolismo epatico che lo
trasforma in sostanze inerti. Sono state descritte significative
interazioni tra farmaci nei pazienti trattati con dofetilide; cimetidina, verapamil, chetoconazolo e trimetoprim (solo o in combinazione con sulfametossazolo) provocano un significativo
aumento della concentrazione sierica della dofetilide e non
dovrebbero essere usati con questo farmaco.
DOSI E VIE DI SOMMINISTRAZIONE (Tab. 30-4). La dofetilide è disponibile solo come preparazione orale. Il dosaggio
è da 0,125 a 0,5 mg due volte al giorno e deve essere iniziato
in ambiente ospedaliero con il continuo monitoraggio ECG per
assicurarsi che non compaiano inopportuni prolungamenti del
QT o torsioni di punta. Il farmaco deve essere prescritto da
medici specialisti. La dose deve essere ridotta in presenza di
alterata funzione renale o di aumento dell’intervallo QT superiore al 50%. Il farmaco non dovrebbe essere somministrato a
pazienti con una clearance della creatinina minore di 20 ml/
min o un intervallo QT corretto di base maggiore di 440 millisecondi.
INDICAZIONI. La dofetilide per via endovenosa è stata
impiegata in via sperimentale per l’interruzione di episodi
documentati di flutter atriale, fibrillazione o altri tipi di TSV.
La dofetilide per via orale è indicata per la prevenzione di
episodi di tachiaritmie sopraventricolari, soprattutto del flutter
e della fibrillazione atriale. Il ruolo della dofetilide nella terapia delle aritmie ventricolari è meno chiaro. È stato dimostrato
che la dofetilide non modifica la mortalità quando somministrata a pazienti dopo IM.48
EFFETTI INDESIDERATI. L’effetto indesiderato più significativo della dofetilide è il prolungamento dell’intervallo QT
associato a torsione di punta, che si presenta nel 2-4% dei
pazienti che assumono il farmaco. Il rischio è massimo nei
pazienti con un prolungato intervallo QT di base, in quelli
ipokaliemici, in quelli che assumono altre sostanze che prolungano la ripolarizzazione e dopo la conversione della fibrillazione atriale al ritmo sinusale (Tab. 72-3). Il farmaco è
peraltro ben tollerato con scarsi effetti collaterali. Il suo uso in
gravidanza (classe C) non è stato studiato in modo approfondito e deve probabilmente essere evitato in questo contesto se
possibile.
Terapia delle aritmie cardiache
FARMACOCINETICA (Tab. 30-4). L’ibutilide è somministrato EV e ha un ampio volume di distribuzione. La clearance
è prevalentemente renale, con un’emivita farmacologica in
media di 6 ore (ma con notevole variabilità interpaziente). Il
legame alle proteine plasmatiche è del 40% circa. Uno dei
metaboliti del farmaco mostra deboli effetti di classe III.
DOSI E VIE DI SOMMINISTRAZIONE (Tab. 30-4). L’ibutilide è somministrato con infusione EV rapida di 1 mg in 10
minuti. Non deve essere somministrato in presenza di un intervallo QTc maggiore di 440 millisecondi o in concomitanza ad
altri farmaci che prolungano l’intervallo QT o nel caso di ipopotassiemia o bradicardia non corrette. Se l’aritmia persiste si
può somministrare una seconda dose di 1 mg, dopo aver terminato la prima. I pazienti devono essere sotto monitoraggio
ECG durante tutto il periodo di somministrazione e per le successive 6-8 ore, a causa del rischio di aritmie ventricolari. Fino
al 60% dei pazienti con fibrillazione atriale e il 70% di quelli
con flutter atriale vengono riportati al ritmo sinusale dopo la
somministrazione di 2 mg di ibutilide.45
INDICAZIONI. L’ibutilide è indicato per l’interruzione di
un episodio documentato di fibrillazione o flutter atriale. Non
deve essere usato nei pazienti con frequenti, brevi parossismi
di fibrillazione atriale poiché esso agisce semplicemente concludendo il singolo episodio ma non è utile per la prevenzione
di nuovi episodi. I pazienti con una condizione emodinamicamente instabile devono essere sottoposti a cardioversione
elettrica diretta. L’ibutilide è stato somministrato contemporaneamente alla cardioversione elettrica transtoracica per aumentare la probabilità di interruzione della fibrillazione atriale. In
uno studio, tutti i 50 pazienti trattati con l’ibutilide prima di
tentare la cardioversione elettrica sono tornati al ritmo sinusale, rispetto ai soli 34 dei 50 a cui non era stato somministrato.46 È da notare che tutti i 16 pazienti che non hanno
risposto alla cardioversione elettrica senza ibutilide, sono stati
cardiovertiti elettricamente con successo al ritmo sinusale
quando è stato fatto un secondo tentativo dopo pretrattamento
con ibutilide.
L’ibutilide prolunga la refrattarietà della via accessoria e
può temporaneamente rallentare la frequenza ventricolare
durante la fibrillazione atriale preeccitata. Il farmaco può anche
far cessare episodi di TV sostenuta monomorfa.
EFFETTI INDESIDERATI. Gli effetti indesiderati più
significativi dell’ibutilide sono il prolungamento del QT e
le torsioni di punta, che si manifestano nel 2% circa dei
pazienti trattati con il farmaco. Questo avviene nelle prime
4-6 ore dopo la somministrazione, dopo di che il rischio
diventa trascurabile. Pertanto, i pazienti in cui viene utilizzato il farmaco devono essere sottoposti a monitoraggio ECG
fino a 8 ore dopo l’assunzione. Questo può rendere problematico l’uso dell’ibutilide nei dipartimenti di emergenza o
in ambulatorio. La sicurezza dell’ibutilide durante la gravi- 733
danza non è stata ben studiata. Il suo impiego deve essere
ristretto a quei casi in cui non esiste un’alternativa più sicura
(Tab. 72-3).
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Azimilide
L’azimilide è un nuovo farmaco (non ancora approvato dalla
FDA al momento della stesura del libro), utile nel trattamento
del flutter e della fibrillazione atriale.49
AZIONI ELETTROFISIOLOGICHE (Tabb. 30-1, 30-2, 30-3 e 30-5). A
differenza della dofetilide, che blocca la componente della corrente ritardata correttrice del potassio, l’azimilide provoca un blocco più bilanciato di
entrambe le componenti, rapida e lenta, dell’IK. Si ritiene che questo effetto
sia responsabile del minor tasso di proaritmia così come di una migliore
persistenza dell’efficacia del farmaco a frequenze cardiache maggiori in
confronto ai puri IKr bloccanti. L’azimilide provoca un lieve allungamento
dell’intervallo QT ma nessun’altra modificazione significativa all’ECG. A
differenza della dofetilide e del sotalolo, che hanno effetti sulla refrattarietà
atriale maggiori che su quella ventricolare, l’azimilide esercita un effetto
simile su entrambe.50
Capitolo 30
FARMACOCINETICA (Tab. 30-4). Il profilo farmacocinetico
dell’azimilide è relativamente semplice e prevedibile. Può
essere assunto per via orale una volta al giorno e il suo assorbimento è pressoché completo e non influenzato dalla ingestione di cibo. Sono state riportate poche interazioni
farmacologiche. L’azimilide è eliminato per via renale; una
parte del metabolismo avviene attraverso la trasformazione in
composti inattivi. Il farmaco non mostra significativi effetti
emodinamici negativi.
DOSI E VIE DI SOMMINISTRAZIONE (Tab. 30-4). L’azimilide può essere assunto per via orale una volta al giorno a una
dose di 100-200 mg. Il farmaco è ben tollerato e il dosaggio
non richiede un aggiustamento in presenza di malattie renali
o epatiche.
INDICAZIONI. L’azimilide EV è indicato per interrompere
un episodio documentato di fibrillazione o flutter atriale, mentre per via orale è indicato per la prevenzione a lungo termine
di queste aritmie. Sono in corso studi per la valutazione dell’efficacia dell’azimilide nelle aritmie ventricolari.
EFFETTI INDESIDERATI. Il farmaco viene in genere ben
tollerato. Come con altri farmaci della classe III, l’effetto collaterale più significativo dell’azimilide è la torsione di punta,
sebbene questa aritmia sembri essere meno frequente con questo rispetto agli altri farmaci di classe III (compare nell’1%
circa dei pazienti che assumono il farmaco) (Tab. 72-3). Non è
nota la sicurezza dell’azimilide in gravidanza; il suo uso deve
probabilmente essere evitato se possibile.
Farmaci antiaritmici di classe IV
Calcioantagonisti:
verapamil e diltiazem
Il verapamil, un derivato sintetico della papaverina, è il prototipo di una classe di farmaci che bloccano i canali lenti del
calcio e che riducono l’ICa-L nel muscolo cardiaco. Il diltiazem
ha azioni elettrofisiologiche simili a quelle del verapamil. La
nifedipina mostra scarsi effetti elettrofisiologici nelle dosi utilizzate nella clinica; la felodipina blocca la corrente del calcio
di tipo T (Cap. 27), e la sua applicazione clinica non è stata
ancora definita. Nessuno di questi farmaci verrà descritto in
questa sede.
AZIONI ELETTROFISIOLOGICHE (Tabb. 30-1, 30-2, 30-3 e 30-5).
Bloccando l’ICa-L in tutte le fibre cardiache, il verapamil riduce l’altezza
del plateau del potenziale d’azione, accorcia leggermente il potenziale
d’azione muscolare e prolunga lievemente il potenziale d’azione totale
delle fibre di Purkinje. Non
· agisce significativamente sull’ampiezza del
potenziale d’azione, sulla Vmax della fase 0 o sul voltaggio di membrana a
riposo nelle cellule che hanno caratteristiche di risposta rapida dovuta
all’INa (muscoli atriale e ventricolare, sistema His-Purkinje). Il verapamil
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sopprime le risposte lente provocate da diversi metodi sperimentali e sopprime anche l’attività ritmica sostenuta triggerata e le post-depolarizzazioni
precoci e tardive.Verapamil e diltiazem sopprimono l’attività elettrica del
nodo del seno e del nodo AV normali a concentrazioni che non sopprimono
i potenziali d’azione delle cellule dipendenti dai canali veloci. Il verapamil
riduce la pendenza
della depolarizzazione diastolica delle cellule del nodo
·
del seno, la Vmax della fase 0, il potenziale diastolico massimo, l’ampiezza
del potenziale d’azione nelle cellule del nodo del seno e del nodo AV e
prolunga il tempo di conduzione e i periodi refrattari funzionali ed effettivi
del nodo AV. Gli effetti del verapamil e del diltiazem sul blocco del nodo AV
diventano più evidenti ad alte frequenze di stimolazione (uso-dipendenza)
e nelle fibre depolarizzate (voltaggio-dipendenza). Il verapamil rallenta
l’attivazione e ritarda il recupero dopo l’inattivazione del canale lento. La
perdita del legame del farmaco dal suo recettore avviene più rapidamente
nei tessuti iperpolarizzati.
Il verapamil esercita una certa azione anestetica locale perché lo stereoisomero destrogiro presente nella miscela racemica utilizzata in terapia
determina lievi effetti di blocco sull’INa. Lo stereoisomero levogiro blocca
la corrente lenta d’entrata del calcio, come di altri ioni che viaggiano attraverso il canale lento. Il verapamil non influenza la captazione, il legame o
lo scambio da parte dei microsomi cardiaci, né agisce sull’adenosin-trifosfatasi calcio-attivata. Il verapamil non blocca i beta-recettori ma sembra
poter bloccare gli alfa-recettori e potenziare gli effetti vagali sul nodo AV.
Il verapamil può avere inoltre delle azioni che alterano indirettamente
l’elettrofisiologia cardiaca, quali la riduzione dell’adesività piastrinica o la
limitazione dell’estensione dell’ischemia miocardica.
Nell’uomo, il verapamil prolunga il tempo di conduzione nel nodo AV
(intervallo AH) senza influenzare l’onda P o la durata del QRS o l’intervallo
HV e allunga i periodi refrattari funzionali anterogrado e retrogrado e gli
ERP del nodo AV. La frequenza spontanea del nodo del seno può ridursi
leggermente, effetto che può essere solo parzialmente invertito dall’atropina. Più comunemente, la frequenza del nodo del seno non subisce modificazioni significative dato che il verapamil provoca una vasodilatazione
periferica, un’ipotensione transitoria e una stimolazione simpatica riflessa
che modula qualsiasi effetto diretto che il verapamil esercita sul nodo del
seno. Se il verapamil viene somministrato a un paziente trattato anche
con un beta-bloccante, la frequenza di scarica del nodo del seno può
rallentare in quanto la stimolazione del riflesso simpatico è bloccata. Il
verapamil non esercita un significativo effetto diretto sulla refrattarietà
atriale o ventricolare o sulle proprietà anterograde e retrograde delle vie
accessorie. Tuttavia, la stimolazione del riflesso simpatico successiva alla
somministrazione di verapamil può aumentare la risposta ventricolare
lungo le vie accessorie nella fibrillazione atriale in pazienti con sindrome
di Wolff-Parkinson-White.
EFFETTI EMODINAMICI. Interferendo con l’accoppiamento eccitazione-contrazione, il verapamil inibisce la contrazione delle cellule muscolari lisce vascolari determinando
una marcata dilatazione nel distretto coronarico e in altri
distretti periferici. Il propranololo non blocca la vasodilatazione indotta dal verapamil. I riflessi simpatici possono ridurre
in vivo il suo marcato effetto inotropo negativo sulle cellule
cardiache muscolari isolate, ma gli effetti inibitori diretti del
verapamil possono predominare quando il farmaco è somministrato ad alti dosaggi. Nei pazienti con una funzione ventricolare sinistra ben conservata, la terapia combinata con
verapamil e propranololo è ben tollerata, ma il beta-blocco
può accentuare gli effetti emodinamici negativi indotti dal
verapamil per via orale. I pazienti con funzione ventricolare
sinistra ridotta possono non tollerare il blocco associato dei
recettori beta e dei canali lenti e quindi la somministrazione
combinata di verapamil e propranololo in questi pazienti deve
essere istituita con cautela o addirittura evitata. Nei preparati
sperimentali, il verapamil riduce la richiesta miocardica di
ossigeno mentre diminuisce la resistenza vascolare coronarica
e riduce l’estensione del danno ischemico. Queste modificazioni possono determinare un effetto antiaritmico. Anche il
diltiazem riduce le aritmie ventricolari in corso di occlusione
coronarica nel cane, verosimilmente prevenendo il sovraccarico di calcio.
Le alterazioni acute nelle variabili emodinamiche si verificano 3-5 minuti dopo il completamento dell’iniezione di verapamil e gli effetti principali si annullano entro 10 minuti. La
resistenza sistemica e la pressione arteriosa media diminuiscono, così come il dP/dtmax ventricolare sinistro mentre la
pressione telediastolica del ventricolo sinistro aumenta. La
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in ritmo sinusale, soprattutto se il flutter o la fibrillazione 735
atriale sono di recente insorgenza. Inoltre, il verapamil può
prevenire la recidiva precoce della fibrillazione atriale dopo
cardioversione.51 Alcuni pazienti con flutter atriale possono
sviluppare una fibrillazione atriale dopo somministrazione
di verapamil. Come detto precedentemente, nei pazienti con
complessi ventricolari preeccitati in corso di fibrillazione
atriale associata con la sindrome di Wolff-Parkinson-White,
il verapamil EV può accelerare la risposta ventricolare; quindi,
la somministrazione EV in questa situazione è controindicata.
Il verapamil può interrompere alcune tachicardie atriali.
Anche se il verapamil può bloccare una TV fascicolare sinistra, si può verificare un collasso emodinamico se il verapamil
EV viene somministrato in pazienti con le forme più comuni
di TV, perché queste di solito compaiono nel quadro di una
ridotta funzione sistolica ventricolare sinistra. Una delle
regole basilari per evitare complicanze è, comunque, quella
di non somministrare il verapamil EV a pazienti con tachicardia con QRS largo a meno che non si sia assolutamente
certi della natura della tachicardia stessa e della sua risposta
al verapamil.
Per via orale, il verapamil o il diltiazem possono prevenire
le recidive di tachicardie da rientro del nodo AV o delle tachicardie reciprocanti ortodromiche AV associate alla sindrome
di Wolff-Parkinson-White, così come aiutano a mantenere
una risposta ventricolare ridotta durante il flutter o la fibrillazione atriale in pazienti senza vie accessorie. A questo proposito, l’efficacia del verapamil sembra essere esaltata se somministrato contemporaneamente alla chinidina e quella del
diltiazem è amplificata se somministrato con la digossina.
Generalmente il verapamil non si è dimostrato efficace nel
trattamento di pazienti con tachiaritmie ventricolari ricorrenti, benché possa sopprimere alcune forme di TV come una
TV settale sinistra, come già osservato. Può essere anche utile
nei due terzi circa dei pazienti con TV idiopatiche con una
morfologia da blocco di branca sinistra, nei pazienti con miocardiopatia ipertrofica che sono andati incontro ad arresto
cardiaco, nei pazienti con la variante di torsione di punta a
corto accoppiamento, nei pazienti con displasia del ventricolo destro e in quelli con aritmie ventricolari da spasmo
coronarico. Mentre i dati derivanti dai modelli animali suggeriscono che il verapamil può essere utile nel ridurre o prevenire aritmie ventricolari correlate a ischemia miocardica
acuta, i calcioantagonisti non si sono dimostrati in grado di
ridurre la mortalità o di prevenire le morti cardiache improvvise nei pazienti dopo IM, tranne il diltiazem nei pazienti
con infarto non-Q. Il verapamil abolisce le alterazioni della
cinesi parietale riscontrate nei pazienti con sindrome del QT
lungo.
EFFETTI INDESIDERATI. Il verapamil deve essere utilizzato con cautela in pazienti con segni di insufficienza cardiaca evidenti o in quelli già in terapia con beta-bloccanti.
Ipotensione, bradicardia, blocco AV e asistolia sono di più
frequente riscontro quando il farmaco viene somministrato
in pazienti che già assumevano beta-bloccanti. Il collasso
emodinamico è stato descritto nei bambini, perciò il verapamil deve essere usato con cautela in pazienti di età inferiore
a 1 anno. Il verapamil deve essere utilizzato con cautela anche
nei pazienti con disfunzione del nodo del seno, per la marcata
depressione della funzione del nodo del seno o la asistolia
che può verificarsi in alcuni di questi pazienti. Per contrastare
alcuni degli effetti indesiderati del verapamil possono essere
necessari isoproterenolo, calcio, infusione di glucagone,
dopamina o atropina (che è solo parzialmente efficace) o il
pacing temporaneo. L’isoproterenolo può essere più efficace
nel trattare le bradiaritmie e il calcio può essere usato per
trattare le disfunzioni emodinamiche indotte dal farmaco. La
depressione del nodo AV è frequente nel sovradosaggio. Le
controindicazioni all’uso del verapamil e del diltiazem includono la presenza di un’insufficienza cardiaca avanzata, il
Terapia delle aritmie cardiache
frequenza cardiaca, l’indice cardiaco, il lavoro ventricolare
sinistro al minuto e la pressione polmonare media non si modificano in maniera significativa. In questo modo, la riduzione
del postcarico indotta dal verapamil minimizza significativamente le sue attività inotrope negative impedendo la riduzione
dell’indice cardiaco. Inoltre, quando il verapamil rallenta la
frequenza ventricolare in un paziente con tachicardia, il rallentamento cardiaco può anche migliorare l’emodinamica.
Ciononostante, la somministrazione di verapamil in pazienti
con insufficienza cardiaca marcata o in terapia con beta-bloccanti o disopiramide deve essere intrapresa con cautela, dato
che in alcuni pazienti il deterioramento emodinamico può progredire.
FARMACOCINETICA (Tab. 30-4). Dopo una singola dose
orale di verapamil, si verifica in 30 minuti un significativo
prolungamento del tempo di conduzione del nodo AV che
permane per 4-6 ore. Dopo iniezione EV, il ritardo di conduzione del nodo AV avviene entro 1-2 minuti e il prolungamento
dell’intervallo AH è ancora osservabile dopo 6 ore. Le concentrazioni plasmatiche efficaci necessarie per interrompere le
TSV sono nel range di 125 ng/ml dopo dosi di 0,075-0,150
mg/kg. Dopo somministrazione orale, l’assorbimento è pressoché completo, ma una biodisponibilità globale del 20-35%
suggerisce un sostanziale metabolismo di primo-passaggio epatico, soprattutto per l’isomero levogiro. L’emivita di eliminazione del verapamil è di 3-7 ore e fino al 70% del farmaco è
escreto per via renale. Il norverapamil è uno dei metaboliti
principali che può contribuire alle azioni elettrofisiologiche
del verapamil. Il legame alle proteine sieriche è del 90% circa.
Con il diltiazem, la percentuale di riduzione della frequenza
cardiaca nella fibrillazione atriale è correlata alla concentrazione plasmatica.
DOSI E VIE DI SOMMINISTRAZIONE (Tab. 30-4). Il dosaggio EV più comunemente usato del verapamil è di 10 mg infuso
in 1-2 minuti, sotto monitoraggio del ritmo cardiaco e della
pressione arteriosa. Una seconda iniezione della stessa dose
può essere somministrata dopo 30 minuti. L’effetto iniziale
ottenuto con il primo bolo, quale il rallentamento della risposta ventricolare in corso di fibrillazione atriale, può essere
mantenuto con un’infusione continua del farmaco a una velocità di 0,005 mg/kg/min. La dose orale è 240-480 mg/die in
dosi frazionate. Il diltiazem viene somministrato endovena a
una dose di 0,25 mg/kg in bolo in 2 minuti, con una seconda
dose somministrata in 15 minuti se necessario; poiché è generalmente meglio tollerato (minore ipotensione) per la somministrazione a lungo termine, come per il controllo della
frequenza ventricolare nella fibrillazione atriale, si preferisce
il diltiazem al verapamil in questa situazione. Per via orale, la
dose deve essere adattata al singolo paziente, in un range di
120-360 mg. Per il verapamil e per il diltiazem esistono diverse
preparazioni a lunga durata.
INDICAZIONI. Dopo avere praticato alcune semplici manovre vagali e aver somministrato adenosina, il verapamil o il
diltiazem EV è il successivo trattamento di scelta per interrompere un rientro sostenuto del nodo del seno, un rientro del
nodo AV o una tachicardia alternante ortodromica AV associata
a una via accessoria. Il verapamil è efficace quanto l’adenosina
nell’interrompere queste aritmie. Il verapamil deve essere
obbligatoriamente provato prima di tentare l’interruzione
mediante somministrazione di digitale, stimolazione, diretta,
cardioversione elettrica o aumento improvviso della pressione
arteriosa con vasocostrittori. Il verapamil e il diltiazem bloccano il 60-90% o più degli episodi di TSV parossistiche entro
pochi minuti. Il verapamil può essere anche utilizzato in
alcune TSV fetali. Anche se il verapamil EV è stato somministrato insieme al propranololo EV, questa combinazione deve
essere usata con grande cautela.
Verapamil e diltiazem diminuiscono la risposta ventricolare al nodo AV durante la fibrillazione o il flutter atriale,
probabilmente convertendo un piccolo numero di tali episodi
12-02-2007 12:09:04
736 blocco AV di secondo o terzo grado in assenza di pacemaker,
la fibrillazione atriale con conduzione anterograda lungo una
via accessoria, una disfunzione sinusale significativa, la maggior parte delle TV, lo shock cardiogeno e altri stati ipotensivi.
Anche se questi farmaci andrebbero evitati in pazienti con
insufficienza cardiaca conclamata, se questa è dovuta a una
tachiaritmia sopraventricolare discussa precedentemente, il
verapamil e il diltiazem possono ripristinare il ritmo sinusale
e ridurre significativamente la frequenza ventricolare, determinando quindi un miglioramento dell’emodinamica. Infine,
è importante notare che il verapamil può ridurre l’escrezione
della digossina di circa il 30%. Una epatotossicità si può
osservare occasionalmente. Il verapamil attraversa la barriera
placentare; il suo uso in gravidanza è stato associato a un’alterata contrattilità uterina, a bradicardia fetale e, forse, ad
anomalie fetali delle dita. Deve essere usato, pertanto, solo
se non esiste una valida alternativa.
Capitolo 30
Altri antiaritmici
Adenosina
L’adenosina è un nucleoside endogeno presente in tutto l’organismo; è stata approvata dalla FDA per trattare pazienti con
TSV.
AZIONI ELETTROFISIOLOGICHE (Tabb. 30-1, 30-2, 30-3 e 30-5).
L’adenosina interagisce con i recettori A1 presenti sulla superficie extracellulare delle cellule cardiache, attivando i canali del K+ (IK Ach, IK Ado) in
modo simile a quello dell’acetilcolina. L’aumento della conduttanza+ K
accorcia l’APD atriale, iperpolarizza il potenziale di membrana e diminuisce
la contrattilità atriale. Variazioni simili avvengono nel nodo del seno e nel
nodo AV. Contrariamente a questi effetti diretti mediati dalle proteine regolatrici del guanin-nucleotide Gi e Go, l’adenosina antagonizza l’adenilato
ciclasi stimolata dalle catecolamine per diminuire l’accumulo dell’adenosin
monofosfato ciclico e per diminuire l’ICa-L e la corrente If del pacemaker
·
nelle cellule del nodo del seno, insieme con una diminuzione di Vmax. Si
possono verificare spostamenti del pacemaker all’interno del nodo del
seno e un blocco in uscita. L’adenosina rallenta la frequenza sinusale nell’uomo, seguita da un incremento riflesso della frequenza del seno. Nella
regione N del nodo AV, la conduzione viene rallentata, insieme alla
· riduzione di ampiezza del potenziale d’azione, della sua durata e della Vmax. Ne
risulta un prolungamento transitorio dell’intervallo AH, spesso associato a
un blocco del nodo AV di primo, secondo o terzo grado. Il ritardo della conduzione del nodo AV è frequenza-dipendente. La conduzione del sistema
di His-Purkinje generalmente non è influenzata direttamente. L’adenosina
non influisce sulla conduzione delle normali vie accessorie. La conduzione
può essere bloccata nelle vie accessorie che hanno lunghi tempi di conduzione o proprietà di conduzione decrementale. I pazienti con trapianto
di cuore presentano ipersensibilità all’adenosina. L’adenosina può mediare
il fenomeno di precondizionamento ischemico.
FARMACOCINETICA (Tab. 30-4). L’adenosina viene rimossa dallo spazio extracellulare per washout, per degradazione
enzimatica a inosina, per fosforilazione ad adenosina monofosfato o per ricaptazione nelle cellule attraverso un sistema
di trasporto del nucleoside. L’endotelio vascolare e le cellule
del sangue contengono questi sistemi d’eliminazione, dai quali risulta una rapida eliminazione dell’adenosina dalla circolazione. L’emivita di eliminazione è di 1-6 secondi. La maggior
parte degli effetti dell’adenosina sono prodotti durante il suo
primo transito in circolo. Si verificano importanti interazioni
farmacologiche: le metilxantine sono antagonisti competitivi
e le concentrazioni terapeutiche di teofillina bloccano totalmente l’effetto dell’adenosina esogena. Il dipiridamolo è un
inibitore del trasporto del nucleoside e impedisce la ricaptazione cellulare dell’adenosina, ritardando la sua eliminazione
dalla circolazione o dallo spazio interstiziale e potenziandone
gli effetti. Si devono usare dosi inferiori di adenosina nei pazienti che assumono dipiradamolo.
Braun cap 30ok.indd 736
DOSI E VIE DI SOMMINISTRAZIONE (Tab. 30-4). Per
interrompere una tachicardia, si inietta endovena rapidamente
un bolo di adenosina a dosi di 6-12 mg seguito da un lavaggio.
Il dosaggio pediatrico è di 0,1-0,3 mg/kg. Quando somministrato in una vena centrale e in pazienti dopo trapianto cardiaco o in quelli che assumono dipiridamolo, la dose iniziale
deve essere ridotta a 3 mg. Ne risulta un transitorio rallentamento sinusale o un blocco del nodo AV, che dura meno di 5
secondi.
INDICAZIONI. L’adenosina è divenuta il farmaco di prima
scelta per bloccare acutamente una TSV come nel caso di rientro AV o del nodo AV. Si usa in pazienti in età pediatrica e per
valutare l’efficacia dell’ablazione di vie accessorie. L’adenosina
può causare blocco AV o interrompere tachicardie atriali e il
rientro del nodo del seno. Determina un blocco AV solo temporaneo durante un flutter o una fibrillazione atriale ed è pertanto utile soltanto nella loro diagnosi (non per la terapia).
L’adenosina blocca un gruppo di TV, il cui mantenimento
dipende dal tono adrenergico, che è più spesso localizzato nel
tratto di efflusso del ventricolo destro, ma può essere riscontrato anche in altre sedi. L’adenosina è potenzialmente meno
ipotensiva del verapamil nel caso in cui la tachicardia dovesse
persistere dopo l’iniezione.
Dosi basse come 2,5 mg interrompono alcune tachicardie;
dosi di 12 mg o meno interrompono il 92% delle TSV, in genere
entro 30 secondi. La percentuale di successi terapeutici con
adenosina è simile a quella ottenuta con il verapamil. Date la
sua efficacia e la sua brevissima durata d’azione, l’adenosina
deve essere preferita al verapamil nella maggior parte dei casi,
soprattutto nei pazienti in precedenza trattati con beta-bloccanti EV, in quelli con insufficienza cardiaca scarsamente compensata o con grave ipotensione e nei neonati. Il verapamil è
il farmaco di prima scelta nei pazienti che assumono farmaci
come la teofillina, che interferisce con le azioni o il metabolismo dell’adenosina; nei pazienti con broncocostrizione; e in
quelli con un accesso venoso inadeguato.
L’adenosina può essere utile per differenziare i tipi di
tachicardie ad ampio QRS poiché blocca molte TSV con conduzione aberrante o ne rivela il sottostante meccanismo
atriale, mentre non blocca la conduzione attraverso una via
accessoria e non interrompe la maggior parte delle TV. L’adenosina in rari casi interrompe alcune TV (soprattutto quelle
originanti dal tratto d’efflusso del ventricolo destro) e quindi
il blocco della tachicardia non è completamente diagnostico
per una TSV. Questo farmaco può predisporre allo sviluppo
di fibrillazione atriale e probabilmente può aumentare la
risposta ventricolare in pazienti con fibrillazione atriale in
presenza di vie accessorie. L’adenosina può essere anche
utile nel differenziare la conduzione del nodo AV da quella
di vie accessorie, durante procedure ablative per interrompere le vie accessorie stesse. Tuttavia, questa distinzione non
è assoluta poiché l’adenosina può bloccare le vie accessorie
a conduzione lenta e d’altra parte il suo uso non determina
sempre un blocco nel nodo AV. L’adenosina rilasciata dall’organismo può essere importante nel blocco AV indotto
dall’ischemia o dall’ipossia e nelle bradiaritmie postdefibrillazione.
EFFETTI INDESIDERATI. Effetti indesiderati transitori si
verificano in quasi il 40% dei pazienti con TSV trattati con
adenosina e i più comuni sono l’arrossamento, la dispnea e un
senso di oppressione toracica. Questi sintomi sono passeggeri,
di durata inferiore a 1 minuto e sono ben tollerati. I PVC, la
bradicardia sinusale transitoria, l’arresto sinusale e il blocco
AV sono comuni in caso di arresto improvviso di TSV. Talora
si osserva una fibrillazione atriale (12% in uno studio) con la
somministrazione di adenosina,52 forse a causa dell’azione del
farmaco sull’accorciamento del periodo refrattario atriale. La
comparsa di una fibrillazione atriale può essere rischiosa nei
pazienti con sindrome di Wolff-Parkinson-White ed una conduzione AV rapida su una via accessoria.
12-02-2007 12:09:04
Digossina
Le azioni cardiache dei glicosidi digitalici sono conosciute da
secoli. La digossina è utilizzata per il controllo delle aritmie
sopraventricolari, soprattutto per il controllo della frequenza
ventricolare nel corso di fibrillazione atriale. L’uso della digossina è diminuito a causa della disponibilità di sostanze dotate
di maggiore potenza e un più ampio range tra concentrazioni
terapeutiche e tossiche.
FARMACOCINETICA (Tab. 30-4). Dopo somministrazione
endovena, la digossina determina alcuni effetti elettrofisiologici entro pochi minuti, con un effetto picco dopo 1,5-3 ore.
Dopo somministrazione orale, l’effetto picco si verifica in 4-6
ore. L’entità dell’assorbimento della digossina dopo somministrazione orale varia secondo le diverse preparazioni del farmaco: le compresse sono assorbite al 60-75%, mentre le forme
in capsule di gel sono quasi completamente assorbite. L’ingestione di colestiramina o di antiacidi contemporaneamente
alla digossina ne riduce l’assorbimento. L’emivita sierica della
digossina è di 36-48 ore e il farmaco è secreto immodificato
per via renale.
DOSI E VIE DI SOMMINISTRAZIONE (Tab. 30-4). In dosi
acute di carico di 0,5-1,0 mg, la digossina può essere somministrata endovena oppure per via orale. Il dosaggio cronico
giornaliero per via orale deve essere aggiustato sulla base delle
indicazioni cliniche e il grado di disfunzione renale. La maggior parte dei pazienti richiede da 0,125 a 0,25 mg/die in dose
singola; tuttavia, in alcuni pazienti in dialisi renale è sufficiente una quantità minima pari a 0,125 mg a giorni alterni,
mentre nei pazienti giovani può essere necessaria una dose
fino a 0,5 mg/die. I livelli sierici di digossina possono essere
utilizzati per controllare la compliance della terapia come pure
per determinare se la tossicità digitalica è la causa di nuovi
sintomi compatibili con la diagnosi. Tuttavia, il monitoraggio
di routine dei livelli di digossina non è richiesto nei pazienti
in cui la frequenza ventricolare è sotto controllo durante la
fibrillazione atriale e che non mostrano sintomi di tossicità.
Sono state descritte numerose interazioni farmacocinetiche
per la digossina, la più importante delle quali è quella con la
chinidina (che aumenta le concentrazioni sieriche di digossina
rimuovendo il farmaco dai siti di legame nei tessuti e riducendone la clearance renale).
INDICAZIONI. La digossina può essere usata per via endovenosa allo scopo di ridurre la frequenza ventricolare durante
la fibrillazione e il flutter atriale; è stata usata in passato per
tentare di convertire le TSV a ritmo sinusale, ma l’inizio dell’azione è molto più lento e il tasso di successo è inferiore
Braun cap 30ok.indd 737
Terapia delle aritmie cardiache
AZIONI ELETTROFISIOLOGICHE (Tabb. 30-1, 30-2, 30-3 e 30-5).
La digossina agisce principalmente tramite il sistema nervoso autonomo,
in particolare aumentando il tono vagale centrale e periferico. Queste
azioni sono in gran misura limitate a un rallentamento della frequenza di
scarica del nodo del seno, a un accorciamento della refrattarietà atriale e
al prolungamento della refrattarietà del nodo AV. Gli effetti elettrofisiologici
sul sistema di His-Purkinje e sul muscolo ventricolare sono minimi, tranne
che a concentrazioni tossiche. In studi su cuori denervati, la digossina ha
un effetto relativamente modesto sul nodo AV e determina un incremento
moderato della refrattarietà atriale. La digossina ha un lieve effetto antiadrenergico a basse dosi, ma può aumentare il tono centrale simpatico ad
alte concentrazioni, il che è importante nello sviluppo delle aritmie da
intossicazione digitalica.
La frequenza del nodo del seno e la durata dell’onda P sono poco alterate nella maggior parte dei pazienti trattati con digossina. La frequenza
sinusale può diminuire nei pazienti con insufficienza cardiaca, la cui performance ventricolare sinistra migliora con il farmaco; soggetti con disfunzioni significative del nodo sinusale di base possono andare incontro a un
ulteriore rallentamento fino all’arresto sinusale. Similmente, l’intervallo PR
è generalmente immodificato, eccetto nei pazienti con sottostanti patologie del nodo AV. Il QRS e l’intervallo QT rimangono invariati. Le anomalie
caratteristiche del tratto ST e dell’onda T osservate nel trattamento con
digossina non indicano una tossicità del farmaco.
all’adenosina, al verapamil e ai beta-bloccanti; pertanto, oggi 737
è usata raramente per questo scopo. La digossina è più comunemente usata per via orale, per ottenere il controllo della
frequenza ventricolare nella fibrillazione atriale cronica.
Quando il paziente con fibrillazione atriale è a riposo e predomina il tono vagale, la frequenza ventricolare può essere mantenuta tra 60 e 100 batt/min nel 40-60% dei casi. Tuttavia,
quando il paziente inizia uno sforzo, la diminuzione del tono
vagale insieme all’aumento del tono adrenergico diminuiscono
gli effetti benefici della digossina sulla conduzione del nodo
AV. I pazienti possono mostrare uno spiccato aumento della
frequenza ventricolare anche per lievi attività. Per queste
ragioni, la digossina è raramente utilizzata come farmaco singolo per ottenere il controllo della frequenza ventricolare nella
fibrillazione atriale cronica. Il farmaco ha una scarsa capacità
di prevenire episodi di fibrillazione atriale parossistica oppure
nel controllare la frequenza ventricolare durante tali episodi.
Infine, la digossina non è più efficace del placebo nel bloccare
episodi di fibrillazione atriale acuti o di recente insorgenza.
EFFETTI INDESIDERATI. Una delle principali ragioni che
hanno determinato il minor uso della digossina è il suo potenziale di gravi effetti indesiderati e lo stretto intervallo tra concentrazioni terapeutiche e tossiche. La tossicità da digitale
provoca una varietà di sintomi e segni, inclusi cefalea, nausea
e vomito, alterata percezione dei colori, visione offuscata,
malessere generalizzato. Più gravi sono le aritmie digitale-correlate. Queste comprendono la bradicardia dovuta a un marcato aumento del tono vagale (bradicardia o arresto sinusale,
blocco del nodo AV) e le tachiaritmie che possono essere
dovute ad attività triggerata mediata da postdepolarizzazione
tardiva (tachicardia atriale, giunzionale e fascicolare o ventricolare). Il peggioramento della funzionalità renale, l’età avanzata, l’ipokaliemia, le malattie polmonari croniche,
l’ipotiroidismo e l’amiloidosi aumentano la sensibilità del
paziente alle aritmie digitale-correlate. La diagnosi può essere
confermata usando i livelli plasmatici di digossina. La terapia
per la maggior parte delle bradicardie consiste nella sospensione del farmaco; nei pazienti sintomatici può essere necessaria l’atropina o il pacing temporaneo. La fenitoina può essere
utilizzata per il controllo delle tachiaritmie atriali, mentre la
lidocaina è stata impiegata con successo nel trattamento delle
tachicardie infranodali. Le aritmie potenzialmente letali possono essere trattate con frammenti anticorpali specifici antidigossina. La cardioversione elettrica diretta deve essere
eseguita solo se assolutamente necessaria nei pazienti con tossicità digitalica, poiché possono insorgere TV o FV potenzialmente letali molto difficili da controllare.
Elettroterapia delle aritmie cardiache
Cardioversione elettrica diretta
La cardioversione elettrica presenta vantaggi evidenti, rispetto
alla terapia farmacologica, nel bloccare le tachicardie. In condizioni ottimali di stretta osservazione e monitoraggio, una
“dose” di elettricità regolata con attenzione può ripristinare il
ritmo sinusale immediatamente e in sicurezza. La distinzione
tra tachicardie sopraventricolari e ventricolari, fondamentale
per l’adeguata gestione medica nel trattamento delle aritmie,
è meno significativa e si evita la perdita di tempo per titolare
i farmaci con potenziali effetti indesiderati.
MECCANISMO. La cardioversione elettrica risulta essere
più efficace nell’interrompere le tachicardie da rientro, quali il
flutter e molti casi di fibrillazione atriale, il rientro del nodo
AV, la tachicardia reciprocante associata alla sindrome di WolffParkinson-White, la maggior parte delle forme di TV, il flutter
ventricolare e la FV. Lo shock elettrico, attraverso la depolarizzazione di tutte le cellule eccitabili del miocardio e verosimil-
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738
10 ws
120 ws
I
V1
1,5 sec
Capitolo 30
FIGURA 30–2 In alto, Uno shock sincronizzato (notare i segni di sincronizzazione all’apice del complesso QRS [freccia]) in una TV è seguito da una
singola risposta ventricolare ripetitiva e quindi dal normale ritmo sinusale. In
basso, Uno shock sincronizzato sulla porzione terminale del complesso QRS
(freccia) in un paziente con fibrillazione atriale e conduzione al ventricolo lungo
una via accessoria (sindrome di Wolff-Parkinson-White) che ha determinato
una fibrillazione ventricolare rapidamente interrotta da uno shock di 400 joule.
La registrazione è stata persa per 1,5 secondi (freccia) a causa dello spostamento dalla linea base dopo lo shock. ws = watt secondi.
mente prolungandone la refrattarietà, blocca i circuiti di rientro
e ripristina l’omogeneità elettrica che interrompe il rientro. Il
meccanismo con cui uno shock interrompe con successo una
FV non è stato del tutto spiegato. Se i fattori scatenanti non
sono più presenti, l’interruzione della tachicardia per il breve
periodo indotto dallo shock può impedirne la ricomparsa per
un lungo periodo, anche in presenza dei substrati anatomici ed
elettrofisiologici richiesti per la tachicardia.
Le tachicardie dovute a disturbi della formazione dell’impulso (automaticità) includono le parasistolie, alcune forme
di TA, le tachicardie giunzionali ectopiche (con o senza tossicità digitalica) il ritmo idioventricolare accelerato e rare forme
di TV. Tentare di cardiovertire elettricamente queste tachicardie non è indicato, poiché esse ricompaiono solitamente pochi
secondi dopo lo shock. Non è stato ancora stabilito se la cardioversione elettrica possa interrompere le tachicardie dovute
a un esaltato automatismo o a un’attività triggerata.
TECNICA. Prima della cardioversione elettiva, deve essere
eseguito un attento esame obiettivo, con la palpazione di tutti
i polsi. Un ECG a 12 derivazioni è ottenuto prima e dopo la
cardioversione, come pure un tracciato del ritmo durante lo
shock elettrico. Il paziente, che deve essere completamente
informato della procedura, deve essere a digiuno e “metabolicamente equilibrato”; vale a dire che i gas ematici, il pH e gli
elettroliti devono essere normali senza evidenza di tossicità di
alcun farmaco. La sospensione della digitale diversi giorni
prima della cardioversione elettiva nei pazienti senza evidenza
clinica di intossicazione digitalica non è necessaria, sebbene
i pazienti in cui si sospetti tossicità digitalica non debbano
essere sottoposti a cardioversione fino a quando la digitalemia
non venga corretta. La somministrazione di farmaci antiaritmici 1-2 giorni prima della cardioversione elettrica dei pazienti
con fibrillazione atriale può convertire alcuni pazienti al ritmo
sinusale, può aiutare a prevenire la ricorrenza di fibrillazione
atriale una volta ristabilito il ritmo sinusale e valutare la tolleranza del paziente al farmaco.
Le piastre auto-adesive nelle posizioni standard anteroapicale o posteroapicale mostrano impedenze transtoraciche
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simili alle piastre tradizionali e sono utili nelle cardioversioni
elettive o in situazioni in cui vi sia il tempo per la loro applicazione. Si possono usare piastre di 12-13 cm di diametro per
trasmettere al cuore una corrente massima, ma i vantaggi di
queste piastre rispetto a quelli di piastre di 8-9 cm di diametro
non sono stati chiaramente stabiliti. Le piastre più larghe possono distribuire la corrente intracardiaca in un’area più ampia
e ridurre la necrosi miocardica shock-indotta.
Si utilizza uno shock elettrico sincronizzato (cioè, quello
erogato durante il complesso QRS) per tutte le cardioversioni,
tranne che per le tachiaritmie ventricolari molto rapide, quali
il flutter ventricolare o la FV (Fig. 30-2). Anche se di solito è
minimo, il danno miocardico correlato allo shock aumenta
direttamente con l’incremento dell’energia applicata e quindi
si deve usare l’energia minima efficace. Quindi, gli shock
devono essere “regolati” se la situazione clinica lo permette.
Tranne che nella fibrillazione atriale, gli shock nell’ambito di
25-50 joule arrestano con successo la maggior parte delle TSV
e devono essere quindi provati inizialmente. Nel caso di insuccesso, può essere erogato un secondo shock ad energia più
elevata. L’energia iniziale per interrompere la fibrillazione
atriale con le macchine monofasiche più vecchie deve essere
non inferiore a 100 joule, mentre con i nuovi sistemi bifasici
sono efficaci anche piccole energie di 25 joule.53 L’energia erogata può essere aumentata in maniera graduale. Si possono
utilizzare con sicurezza fino a 360 joule. Le piastre anteroposteriori hanno una maggiore efficacia interponendo una massa
atriale maggiore nel vettore dello shock rispetto alle placche
anteroapicali. Se con una scarica di 360 joule non si riesce a
convertire al ritmo sinusale, shock ripetuti della stessa energia
possono essere efficaci riducendo l’impedenza della parete
toracica; allo stesso modo, può essere occasionalmente utile
l’inversione della polarità delle piastre. La somministrazione
di ibutilide si è dimostrata utile nel facilitare la cardioversione
elettrica della fibrillazione atriale al ritmo sinusale. Se tutti i
tentativi con cardioversione esterna non ottengono risultati, si
può adottare la defibrillazione intracardiaca. Nei pazienti con
TV stabile, possono essere impiegati livelli iniziali nel range
di 25-50 joule. Se la tachicardia deve essere trattata con urgenza,
si può iniziare con valori di energia più elevati. Per interrompere una FV, sono di solito utilizzati 100-200 joule (bifasici;
200-360 joule con i sistemi monofasici), benché energie molto
più basse (<50 joule) interrompano una FV se lo shock è erogato
all’esordio dell’aritmia, ad esempio usando piastre adesive nel
laboratorio di elettrofisiologia.
Durante la cardioversione in elezione, possono essere utilizzati un barbiturico a breve azione come il metoexitale, un
anestetico come il propofol o un sedativo come il diazepam o
il midazolam. Deve essere presente un medico esperto nella
gestione delle vie aeree, bisogna ottenere una via venosa e
devono essere monitorati l’ECG, la pulsossimetria e la pressione arteriosa. Tutto l’equipaggiamento per una rianimazione
d’emergenza deve essere prontamente accessibile. Prima della
cardioversione, si somministra ossigeno al 100% per 5-15
minuti mediante cannula nasale o maschera facciale, continuando poi durante tutta la procedura. Nei periodi di sedazione profonda, per evitare l’ipossia, è necessario ventilare
manualmente il paziente. Un’adeguata sedazione del paziente
sottoposto a cardioversione anche con criteri di urgenza è
essenziale; i pazienti che, senza necessità, sono stati convertiti
in stato di coscienza (per scarsa esperienza sul tipo di aritmia)
hanno rifiutato ulteriori cure mediche antiaritmiche per la
paura di essere di nuovo sottoposti a cardioversione senza
un’appropriata sedazione.
In più del 5% dei pazienti con fibrillazione atriale, il ritmo
sinusale non può essere ripristinato con defibrillazione esterna,
anche se vengono intraprese tutte le misure pretrattamento,
inclusi l’ibutilide e lo shock bifasico. È importante distinguere
tra l’incapacità a raggiungere un ritmo sinusale, che indica
l’inadeguata erogazione di energia agli atri, e l’incapacità a
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atriale meccanica dopo il ritorno della sistole atriale elettrica, 739
(8) fibrillazione atriale e blocco cardiaco avanzato, (9) chirurgia cardiaca programmata nel prossimo futuro e (10) intolleranza ai farmaci antiaritmici. Dopo la cardioversione, la ricomparsa della fibrillazione atriale è più probabile in pazienti con
BPCO significativa, insufficienza cardiaca congestizia, valvulopatia mitralica (in particolare insufficienza mitralica), fibrillazione atriale di durata superiore a 1 anno e atrio sinistro
ingrandito (>4,5 cm all’ecocardiogramma). Nei pazienti con
flutter atriale, può essere difficile rallentare la frequenza ventricolare somministrando digitale o interrompere il flutter con
un antiaritmico e la cardioversione elettrica è spesso il trattamento di scelta. In pazienti con altri tipi di TSV, la cardioversione elettrica può essere impiegata quando (1) le manovre
vagali o il solo trattamento medico (p.es., adenosina EV e verapamil) non sono riusciti a interrompere la tachicardia e (2) il
quadro clinico suggerisce che è necessario un rapido ripristino
del ritmo sinusale a causa dello scompenso emodinamico o
elettrofisiologico indotto dalla tachicardia. Similmente, nei
pazienti con TV, le conseguenze emodinamiche ed elettrofisiologiche dell’aritmia determinano la necessità e l’urgenza di
una cardioversione elettrica diretta. La defibrillazione elettrica
è il trattamento iniziale di scelta per il flutter o la fibrillazione
ventricolare. La tempestività è essenziale.
Se, dopo il primo shock, non si verifica il ripristino del ritmo
sinusale, deve essere utilizzata una maggiore energia. Se compare un’aritmia transitoria dopo uno shock inefficace, si deve
somministrare un bolo di lidocaina prima di erogare una scarica di energia maggiore. Se il ritmo sinusale ritorna solo temporaneamente ed è immediatamente sostituito dalla tachicardia, si può tentare di ripetere lo shock, secondo il tipo di tachiaritmia da trattare e le sue conseguenze. La somministrazione
di un antiaritmico endovena può essere utile prima di passare
a una successiva cardioversione elettrica (come l’ibutilide nei
casi resistenti di fibrillazione atriale). Dopo la cardioversione,
il paziente deve essere monitorato, almeno fino alla ripresa
completa dello stato di coscienza e preferibilmente per alcune
ore dopo, a seconda della durata di recupero dalla forma particolare di sedazione o di anestesia usata. Se è stata utilizzata
l’ibutilide, si deve monitorare l’ECG per almeno 8 ore per il
rischio di comparsa di torsioni di punta nelle prime ore dalla
somministrazione.
RISULTATI. La cardioversione ripristina il ritmo sinusale
nel 70-95% dei pazienti, a seconda del tipo di tachiaritmia.
Tuttavia, il ritmo sinusale è stabile dopo 12 mesi in meno di
un terzo o metà dei pazienti con fibrillazione atriale cronica.
Quindi, una volta ristabilito il ritmo sinusale, il problema più
difficile è mantenerlo e non interrompere immediatamente la
tachicardia. La probabilità di mantenere il ritmo sinusale si
basa sul tipo di aritmia, sulla presenza di una malattia cardiaca
sottostante e sulla risposta alla terapia farmacologica antiaritmica. Le dimensioni atriali diminuiscono dopo l’interruzione
della fibrillazione atriale e il ripristino del ritmo sinusale e
migliorano le capacità funzionali.
COMPLICANZE. Le aritmie ventricolari indotte dalla cardioversione elettrica sono generalmente provocate da un’inadeguata sincronizzazione, quando lo shock è somministrato
durante il tratto ST o l’onda T. Talvolta, anche uno shock propriamente sincronizzato può produrre una fibrillazione ventricolare (Fig. 30-2). Le aritmie postshock di solito sono
transitorie e non richiedono una terapia. Episodi embolici sono
descritti nell’1-3% dei pazienti convertiti da fibrillazione
atriale a ritmo sinusale. Un’anticoagulazione preventiva (International Normalized Ratio, INR, 2,0-3,0) per almeno 3 settimane deve essere utilizzata nei pazienti che non hanno
controindicazioni per tale terapia e che hanno avuto una fibrillazione atriale di durata superiore a 2-3 giorni oppure di durata
indeterminata. Ciò vale soprattutto per pazienti ad alto rischio
di embolia, come quelli con stenosi mitralica e fibrillazione
atriale di recente insorgenza, storia di embolia recente o reci-
Terapia delle aritmie cardiache
mantenere il ritmo sinusale dopo una transitoria interruzione
della fibrillazione; quest’ultima condizione (precoce reinizio
della fibrillazione atriale) non risponde a shock con energie
più elevate perché la fibrillazione è già stata interrotta (ma
recidiva rapidamente). Il pretrattamento con farmaci antiaritmici aiuta a mantenere il ritmo sinusale dopo shock successivi.
I pazienti in cui non si riesce a interrompere la fibrillazione
con uno shock esterno tendono a essere estremamente obesi o
hanno una grave malattia ostruttiva polmonare. In questi casi,
la cardioversione interna può essere eseguita utilizzando appositi cateteri muniti di grandi elettrodi multipli che ricoprono
diversi centimetri della parte distale del catetere, al fine di
distribuire l’energia dello shock. Impiegando un accesso percutaneo standard, questi cateteri possono essere localizzati
nella porzione laterale dell’atrio destro e nel seno coronarico,
per ottenere un vettore scarica che attraversi la maggior parte
della massa atriale. Con tali configurazioni, shock interni di
2-15 joule possono interrompere la fibrillazione atriale in più
del 90% dei pazienti con aritmia refrattaria allo shock per via
transtoracica. È stata anche descritta una cardioversione transesofagea.
INDICAZIONI. Di norma, ogni aritmia che determina ipotensione, insufficienza cardiaca congestizia o angina e non
risponde prontamente alla terapia medica deve essere interrotta con cardioversione elettrica. Frequenze ventricolari molto
rapide in pazienti con fibrillazione atriale e sindrome di WolffParkinson-White sono spesso trattate meglio con cardioversione elettrica. In quasi tutti i casi, lo stato emodinamico del
paziente migliora dopo la cardioversione. Solo raramente,
dopo lo shock il paziente può avere ipotensione, riduzione
della portata cardiaca o insufficienza cardiaca congestizia.
Questo problema è correlato alle complicanze della cardioversione, come eventi embolici, depressione miocardica secondaria agli anestetici o allo shock stesso, ipossia, mancanza del
ripristino della contrazione dell’atrio sinistro nonostante il
ritorno della sistole elettrica atriale o ad aritmie postshock. La
cardioversione elettrica diretta delle tachiaritmie indotte da
digitale è controindicata.
I candidati idonei alla cardioversione elettrica della fibrillazione atriale comprendono i pazienti che (1) presentano una
fibrillazione atriale sintomatica di durata inferiore a 12 mesi e
possono avere significativi benefici emodinamici con il ritorno
al ritmo sinusale, (2) persistenza di fibrillazione atriale dopo
che i fattori precipitanti sono stati rimossi (p.es., dopo il trattamento della tireotossicosi) e (3) una rapida frequenza ventricolare, difficile da controllare. Nei pazienti con indicazioni
a terapia cronica con warfarin come prevenzione dell’ictus, la
speranza di evitare l’anticoagulazione ripristinando il ritmo
sinusale non è un motivo per tentare la cardioversione poiché
restano ad alto rischio per eventi tromboembolici. Numerosi
e ampi studi54 hanno dimostrato che il mantenimento del ritmo
sinusale non conferisce alcun vantaggio di sopravvivenza
rispetto alla strategia di trattamento con solo controllo della
frequenza e anticoagulazione; quindi, non in tutti i pazienti
con fibrillazione atriale di recente diagnosi è giustificato un
tentativo di ripristino del ritmo sinusale. Il trattamento deve
essere determinato individualmente.
I candidati non idonei includono i pazienti con (1) tossicità
digitalica, (2) assenza di sintomi e una frequenza ventricolare
ben controllata senza terapia, (3) disfunzione del nodo del seno
e varie tachiaritmie sopraventricolari instabili o bradiaritmie
(spesso la sindrome bradicardia-tachicardia) che alla fine sviluppano e mantengono una fibrillazione atriale (che in pratica
rappresenta una “cura” per la malattia del nodo del seno), (4)
scarso o assente miglioramento della sintomatologia con ritmo
sinusale che rapidamente si riconverte a fibrillazione atriale
dopo cardioversione nonostante la terapia farmacologica, (5)
un atrio sinistro dilatato e una fibrillazione atriale di lunga
durata, (6) episodi sporadici di fibrillazione atriale che si converte spontaneamente in ritmo sinusale, (7) assenza di sistole
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740 divante, con protesi valvolari artificiali, un cuore di dimen-
Capitolo 30
sioni aumentate (ipertrofia atriale sinistra) o insufficienza
cardiaca congestizia. (È importante notare che 3 settimane di
anticoagulazione terapeutica non equivalgono a somministrare
semplicemente warfarin per 3 settimane.) Si raccomanda
un’anticoagulazione con warfarin per almeno 4 settimane successive, poiché il ripristino della funzione meccanica dell’atrio
può avvenire in ritardo rispetto al ripristino della sistole elettrica e si possono ancora formare trombi in atri in gran parte
acinetici, sebbene elettrocardiograficamente in ritmo sinusale.
Escludere la presenza di un trombo atriale sinistro mediante
ecocardiografia transesofagea, non sempre evita l’embolizzazione dopo cardioversione della fibrillazione atriale. Trombi
atriali possono essere presenti in tachiaritmie atriali diverse
dalla fibrillazione, quali flutter atriale e TA nei pazienti con
malattie cardiache congenite.55 Le stesse raccomandazioni
sulla anticoagulazione pre- e post-cardioversione si applicano
a questi pazienti così come in quelli con fibrillazione atriale.
Nonostante negli animali sia stato dimostrato che la cardioversione elettrica causa una lesione miocardica, gli studi compiuti
nell’uomo indicano che l’innalzamento degli enzimi miocardici dopo la cardioversione non è frequente. Il sopraslivellamento del segmento ST (a volte molto evidente) si può
verificare immediatamente dopo la cardioversione e può
restare per 1-2 minuti, anche se gli enzimi cardiaci e la scintigrafia miocardica sono negativi. Un sopraslivellamento ST che
duri più di 2 minuti di solito indica un danno miocardico non
correlato allo shock elettrico. Dopo cardioversione di una TV,
può comparire una diminuzione di K+ e Mg2+ nel siero.
La cardioversione di una TV può essere ottenuta anche con
un pugno sul torace. Il suo meccanismo di interruzione è probabilmente correlato a un PVC indotto meccanicamente che
interrompe una tachicardia ed è probabilmente correlato a una
commotio cordis (Cap. 75). Il pugno toracico non può essere
temporizzato molto bene e probabilmente è efficace solo se
dato durante un periodo non refrattario del ciclo cardiaco. Il
pugno toracico può modificare una TV e può probabilmente
indurre un flutter ventricolare o una FV, se questo si verifica
nel periodo vulnerabile dell’onda T. Poiché la probabilità di
convertire una TV stabile a una FV è lievemente maggiore di
quella di convertire una TV al ritmo sinusale, la percussione
del torace non va tentata se non è prontamente disponibile un
defibrillatore.
Dispositivi elettrici impiantabili
per il trattamento delle aritmie cardiache
a contatto con questo tessuto. Dopo aver raggiunto uno stabile
posizionamento del catetere e dopo aver effettuato registrazioni adeguate, la RF è erogata tra la punta del catetere e un
elettrodo indifferente, generalmente un dispositivo tipo piastra
da elettrobisturi posto sulla cute della coscia del paziente. Dato
che le energie nella porzione RF dello spettro elettromagnetico
sono scarsamente condotte dal tessuto cardiaco, l’energia a RF,
di fatto, causa un riscaldamento resistivo delle cellule nelle
strette vicinanze dell’estremità del catetere (cioè, queste cellule
trasducono l’energia elettrica in energia termica). Quando la
temperatura del tessuto supera i 50°C, si verifica un danno
cellulare irreversibile con la morte del tessuto miocardico. Un
fronte espansivo di calore si propaga dalla zona di riscaldamento resistivo mentre continua l’emissione di RF, determinando una lesione emisferica omogenea di necrosi coagulativa
per un raggio di 3-5 mm (Fig. 30-3). Il riscaldamento RF-indotto
di tessuto con caratteristiche di automatismo intrinseco (fascio
di His, focolai automatici di tachicardie), determina un’accelerazione del ritmo, mentre l’erogazione di RF durante un’aritmia da rientro causa solitamente un rallentamento e l’interruzione dell’aritmia stessa. Nella maggior parte dei casi, l’erogazione di RF è indolore, benché l’ablazione di tessuto atriale o
di tessuto ventricolare destro possa risultare fastidiosa per
alcuni pazienti.
ABLAZIONE CON RF CON CATETERE A PUNTA RAFFREDDATA. Vi sono situazioni in cui il catetere può essere
posizionato nella sede corretta, ma l’energia convenzionale
erogata con RF è incapace di eliminare la tachicardia. In alcuni
di questi casi, l’ammontare del danno (sia in profondità sia in
larghezza) causata dalle RF è inadeguato. Usando RF standard,
l’erogazione d’energia è di solito regolata per mantenere una
temperatura prestabilita dell’estremità del catetere (tipicamente 55°-70°C). Temperature dell’estremità maggiori di 90°C
sono associate a coagulazione di elementi del sangue sull’elettrodo, il che preclude la possibilità di erogare ulteriore energia
e potrebbe anche causare un distacco del coagulo e una embolia. Raffreddando l’estremità del catetere, sia mediante una
circolazione interna di liquido o con infusione continua di
liquido attraverso la punta dell’elettrodo, è possibile prevenire
un eccessivo riscaldamento della punta ed erogare una maggiore energia, creando così lesioni di maggiori dimensioni
aumentandone potenzialmente l’efficacia. L’ablazione tramite
cateteri con punta irrigata è stata usata con buon vantaggio
nei casi in cui il catetere da ablazione standard (estremità di
4 mm) ha fallito, e anche come terapia primaria nel flutter
atriale e alcuni casi di TV associata a patologia cardiaca strut-
I dispositivi impiantabili che monitorano il ritmo cardiaco e
possono erogare stimoli competitivi di pacing e shock elettrici
ad alta o bassa energia sono stati utilizzati efficacemente in casi
selezionati e sono discussi in dettaglio nel Capitolo 31.
Terapia ablativa delle aritmie cardiache
Lo scopo della terapia ablativa con catetere è quello di distruggere il tessuto miocardico erogando energia elettrica tramite
elettrodi posti su di un catetere posizionato vicino a un’area
dell’endocardio integralmente correlata all’insorgenza o al
mantenimento di un’aritmia o a entrambi. La prima procedura
di ablazione transcatetere è stata eseguita utilizzando uno
shock a corrente continua, ma questa fonte di energia è stata
quasi completamente soppiantata dall’energia a radiofrequenza
(RF), che è erogata da un generatore esterno e distrugge il tessuto per mezzo di una produzione controllata di calore.56 Sono
state usate, ma non frequentemente, fonti di energia laser e a
microonde; l’ablazione con catetere criotermico è stato approvato per l’uso nell’uomo.57 Una volta identificato il tessuto
bersaglio allo SEF, la punta del catetere ablatore viene portata
Braun cap 30ok.indd 740
FIGURA 30–3 Lesione da radiofrequenza nel miocardio ventricolare
umano (cuore espiantato al momento del trapianto). Era stata eseguita un’applicazione di 30 secondi di energia nella sede indicata dalle frecce usando la
punta del catetere mostrato. La lesione è di 5 mm di diametro e ha una bordo
chiaro. Una depressione centrale nella lesione deriva dalla parziale essiccazione del tessuto.
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turale, in cui un’ulteriore lesione su aree già danneggiate non
è pericolosa e può essere necessaria per raggiungere gli effetti
desiderati.58
La crioablazione con catetere causa un danno tissutale per
congelamento delle strutture cellulari. Il protossido di azoto
viene erogato alla punta del catetere, dove può gorgogliare,
raffreddando la punta dell’elettrodo, dopo di che il gas è convogliato indietro alla consolle di erogazione. La temperatura
della punta del catetere può essere regolata, raffreddando fino
a -70°C. Il raffreddamento a 0°C provoca una perdita funzionale reversibile e può essere usato come test diagnostico (cioè,
interruzione di una tachicardia quando il catetere è in contatto
con un gruppo di cellule critiche per la sua perpetuazione). La
punta del catetere può essere raffreddata più profondamente
per causare lesioni permanenti e quindi trattare l’aritmia. La
crioablazione sembra causare minori danni endocardiaci e può
quindi generare un minor rischio di tromboembolia successiva
all’ablazione.59
in una regione corrispondente, ma che possono essere ablate soltanto
attraverso un approccio sinistro, sono chiamate vie mediosettali sinistre.
Le vie posterosettali destre si inseriscono lungo l’anello tricuspidalico
nelle immediate vicinanze dell’ostio del seno coronarico, mentre le vie
posterosettali sinistre sono vicine alla parte terminale del seno coronarico
e possono essere localizzate in una sede subepicardica intorno al seno
741
1
3
V1
V6
ADA
Hisdist
SCprox
Terapia delle aritmie cardiache
ABLAZIONE CON CATETERE A RADIOFREQUENZA
DI VIE ACCESSORIE
LOCALIZZAZIONE DELLE VIE ANOMALE. La sicurezza, l’efficacia e
il rapporto costo-beneficio dell’ablazione con RF di una via accessoria AV
hanno reso l’ablazione il trattamento di scelta per la maggior parte dei
pazienti adulti e per molti pazienti pediatrici con tachicardie da rientro AV
(TRAV) o flutter/fibrillazione atriale associati a una risposta ventricolare
rapida attraverso la via accessoria.Tuttavia, il fatto che la dimensione della
lesione, se la RF è erogata in un cuore immaturo, può aumentare quando
questo cresce, rende incerta la valutazione a lungo termine dell’ablazione
con RF nei pazienti molto giovani. La RF ha sostituito lo shock elettrico
diretto come fonte di energia di scelta.
Un SEF è eseguito preventivamente per stabilire se la via accessoria è
parte del circuito della tachicardia o è capace di determinare una conduzione AV rapida nel corso della fibrillazione atriale e al fine di localizzare
la via accessoria (il sito ottimale per ablazione). Le vie accessorie possono
essere localizzate nella parte destra o sinistra della parete libera o del setto
del cuore (Fig. 30-4). Le vie accessorie settali sono ulteriormente classificate come anterosettali, mediosettali e posterosettali. Raramente le vie
parahissiane possono essere distinte da quelle anterosettali. Le localizzazioni mediosettali sono da considerare delle vere vie settali, mentre quelle
definite anterosettali generalmente non hanno alcuna connessione con il
setto ma sono situate anteriormente lungo il corpo fibroso centrale o il
trigono fibroso destro, a livello della parete libera anteriore destra. Le vie
classificate come posterosettali sono localizzate posteriormente al corpo
fibroso centrale entro il cosiddetto spazio piramidale, che è delimitato dal
processo posteriore-superiore del ventricolo sinistro e dal versante inferomediale di entrambi gli atri. Le vie anterosettali si trovano nelle vicinanze
del fascio di His e il potenziale d’attivazione di una via accessoria, così come
il potenziale del fascio di His possono essere registrati simultaneamente
attraverso un catetere posizionato nella regione del fascio di His. Le vie
mediosettali sono classificate come mediosettali destre se un potenziale
di una via accessoria è registrato attraverso un catetere situato nell’area
delimitata anteriormente dalla punta dell’elettrodo del catetere del fascio
di His e posteriormente dall’ostio del seno coronarico. Le vie localizzate
SCdist
AVD
Abluni
Ablbi
200 msec
Tempo
A
1
3
V1
V6
ADA
Hisdist
SCprox
SCdist
AVD
Ablbi
RFWatts
500 msec
Tempo
B
Anteriore
Anterolaterale
Anteriore
Anterosettale
His
Nodo AV
Laterale
Anterolaterale
Orifizio mitralico
Laterale
Orifizio tricuspidale
Mediosettale
Posterolaterale
Posteriore
Seno coronarico
Posterolaterale
Posteriore
Posterosettale
FIGURA 30–4 Localizzazioni di vie accessorie per regione anatomica. Gli
anelli valvolari tricuspidalico e mitralico sono disegnati in una proiezione anteriore obliqua sinistra. Sono mostrate le localizzazioni del seno coronarico, del
nodo AV e del fascio di His. Vie accessorie possono connettere il miocardio
atriale a quello ventricolare in ognuna delle regioni mostrate. AV = atrioventricolare.
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FIGURA 30–5 Sindrome di Wolff-Parkinson-White. Sono mostrate derivazioni di ECG di superficie 1, 3, V1 e V6 insieme a registrazioni intracardiache
dall’atrio destro alto (ADA), dalla regione distale del fascio di His (Hisdist ), dal
seno coronarico prossimale (SCprox ) e distale (SCdist ), dall’apice del ventricolo
destro (AVD) e gli elettrodi unipolare (AbIuni) e bipolare (AbIbi) del catetere ablatore. Sono anche mostrate le potenze di radiofrequenza in watt (RFWatt). A, Due
battiti di pacing atriale sono condotti lungo la via accessoria (frecce blu nella
registrazione da Ablbi, dalla sede della via accessoria) che provocano un’onda
delta sull’elettrocardiogramma; uno stimolo atriale prematuro (centro) incontra
la via accessoria in stato di refrattarietà (freccia rossa) conducendo quindi
lungo il nodo AV e il fascio di His, determinando un complesso QRS stretto e
dando inizio a un episodio di tachicardia AV da rientro. Dopo ogni complesso
QRS stretto vi è una deflessione atriale, la cui porzione più precoce è registrata
nel sito di ablazione (frecce verdi). B, L’ablazione di questa via è effettuata
erogando energia a radiofrequenza (RF) dalla punta del catetere ablatore. La
freccia blu indica l’inizio della erogazione di radiofrequenza; dopo due complessi QRS, l’onda delta viene bruscamente persa (freccia verde in derivazione
3) a causa dell’eliminazione della conduzione lungo la via accessoria. L’inversione dell’onda T nella derivazione 3 è dovuta alla “memoria” (Cap. 32).
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742
Capitolo 30
determinato individuando la sede
dell’inizio più precoce del ventricologramma in rapporto all’inizio
1
dell’onda delta. Altri utili elementi
sono le registrazioni unipolari non
2
filtrate che registrano un’onda QS
e il più breve tempo di conduzione durante una massima preV1
eccitazione. Un ampio potenziale
ventricolare, sincrono con l’inizio
dell’onda delta, può rappresentare
V6
un sito bersaglio nella pre-eccitazione sinistra, mentre si può
trovare un’eccitazione ventricolare
ADA
precoce in rapporto all’onda delta
A
A
A
V
V
per la pre-eccitazione destra. L’inV
serzione in sede atriale di vie maniH
H
H
feste o occulte (cioè, un’onda delta
Hisdist
rispettivamente presente o assente)
può essere identificata localizzando
AH 145 msec
il sito che mostra il più breve interSCdist
vallo ventricolo-atriale durante con260
msec
500 msec
s
s
s
duzione retrograda attraverso una
via accessoria. Per determinare la
AVD
sede ottimale, sono state inoltre
utilizzate l’interruzione meccanica
Tempo
riproducibile della conduzione di
300 msec
una via accessoria durante la manipolazione con catetere e la stimoA
lazione sottosoglia. In ogni caso, si
devono evitare i traumi accidentali
da catetere, poiché possono “far
scomparire” il reale obiettivo per
1
periodi prolungati. L’ecocardiografia intracardiaca può essere utile,
a volte, nel delineare un’anatomia
2
atipica, guidare una puntura transettale per un accesso sinistro e
V1
nel determinare l’adeguatezza del
contatto del catetere nella sede di
ablazione.
V6
Le vie accessorie sinistre sovente
attraversano obliquamente l’anulus
mitralico. Di conseguenza, il più
precoce sito di attivazione atriale
ADA
A
A
A
V
V
A
A
retrograda e quello di più precoce
A
attivazione ventricolare anteroV
grada non giacciono sullo stesso
V
V
H
H
H
H
H
piano del solco AV. L’identificazione
Hisdist
del sito dell’attivazione atriale più
precoce si fa generalmente in corso
AH 210 msec
di una TRAV ortodromica oppure
SCdist
250 msec
500 msec
nel corso della stimolazione vens
s
s
tricolare relativamente veloce, così
che la conduzione retrograda, che
AVD
passa attraverso il nodo AV, non
maschera la sede dell’attivazione
Tempo
atriale precoce.
B
I siti di un’ablazione efficace
devono mostrare caratteristiche
FIGURA 30–6 Rientro nel nodo atrioventricolare (AV). A, Due complessi atriali stimolati dal seno coronarico (SC) sono
fluoroscopiche ed elettriche staseguiti da uno stimolo atriale prematuro con intervallo d’accoppiamento 260 millisecondi, determinando un intervallo AH
bili. Durante il ritmo sinusale, l’atdi 145 millisecondi. B, La stessa stimolazione atriale è seguita da un extrastimolo atriale di 10 millisecondi più precoce
tivazione ventricolare locale nel
di prima (250 millisecondi). Ne risulta un marcato aumento dell’intervallo AH fino a 210 millisecondi, dopo il quale segue
sito di ablazione efficace precede
una tachicardia di rientro nel nodo AV, poiché l’extrastimolo incontra un blocco nella via “rapida” del nodo AV, conduce
l’inizio dell’onda delta dell’ECG di
sulla via “lenta” e quindi torna indietro lungo la via veloce in modo ripetitivo. Le frecce rosse indicano elettrogrammi
10-35 millisecondi; durante la TRAV
atriali coincidenti con i complessi QRS, caratteristici del più comune tipo di rientro del nodo AV. Sigle come nelle figure
ortodromica, l’intervallo tra l’inizio
precedenti.
dell’attivazione ventricolare in ogni
derivazione e l’attivazione atriale locale è di solito di 70-90 millisecondi
(Fig. 30-5). Quando sono impiegati cateteri con punte a controllo della
coronarico prossimale, in una vena cardiaca media o nel diverticolo del
temperatura o termistori, un rialzo stabile della temperatura della punta
seno coronarico o in sede subendocardica, lungo il versante ventricolare
del catetere è un utile indicatore della stabilità e dell’adeguato contatto
dell’anulus mitralico. Le vie accessorie di tutte le sedi e in tutti i gruppi
del catetere al tessuto.60 In queste condizioni, la temperatura supera gedi età possono essere ablate con successo.Vie anomale multiple si riscontrano nel 5% circa dei pazienti. Occasionalmente, le vie a localizzazione
neralmente i 50°C. Gli approcci retrogrado transaortico e transettale sono
epicardica sono più facili da raggiungere dall’interno del seno coronastati utilizzati con uguale successo per l’ablazione di vie accessorie situate
rico. Raramente, vie accessorie possono connettere un’auricola atriale con
lungo l’anulus mitralico. Uno SEF di routine eseguito diverse settimane
l’adiacente epicardio ventricolare, 2 cm o più dal solco AV (Cap. 32).
dopo la procedura non è generalmente indicato, ma va preso in consideSITO DELL’ABLAZIONE. Il sito ottimale per l’ablazione può essere
razione nei pazienti che presentano recidive di onde delta o sintomi di
localizzato per mezzo di registrazioni dirette della via anomala (Fig. 30-5),
tachicardia. La crioablazione transcatetere può essere utile in pazienti con
sebbene deflessioni che mimano i potenziali delle vie accessorie possano
le vie accessorie settali (localizzate vicino al sistema di conduzione AV).
essere registrate in altre sedi. Il sito d’inserzione ventricolare può essere
Con questo sistema, la punta del catetere e il tessuto vicino possono es-
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TSV “lenta-veloce”
TSV “veloce-lenta”
743
TSV “lenta-lenta”
1
3
V1
LC 430 msec
V6
LC 480 msec
A
LC 540 msec
A
A
ADA
V
Hisprox
H
AH 375 msec
AH 285 msec
AH 88 msec
HA 55 msec
H
Hisdist
V
HA 392 msec
V
H
HA 255 msec
CSmid
AVD
Tempo
300 msec
FIGURA 30–7 Tre varianti di tachicardia sopraventricolare (TSV) da rientro del nodo atrioventricolare (AV) nello stesso paziente. Registrazioni come in altre
figure. La metà di sinistra della figura mostra il tipo più comune di TSV del nodo AV (via anterograda lenta, retrograda rapida); l’attivazione atriale coincide con l’attivazione ventricolare. Il riquadro centrale mostra un rientro del nodo AV “atipico”, con conduzione attraverso una via anterograda rapida e conduzione retrograda
lungo una via lenta. Una varietà rara è mostrata nel riquadro di destra, caratterizzata da conduzione anterograda lungo una via lenta e retrograda lungo una seconda
via lenta. Notare la somiglianza delle sequenze di attivazione atriale nelle ultime due (seno coronarico prima dell’atrio destro), differenti da quella di rientro del nodo
AV lento-rapido (attivazione del seno coronarico e atrio destro quasi simultanea). Notare anche i differenti rapporti P-QRS, da attivazione simultanea (sinistra, breve
intervallo RP) con onda P davanti a QRS (in mezzo, lungo intervallo RP) e con onda P a metà strada nel ciclo cardiaco (destra). LC = lunghezza del ciclo.
sere reversibilmente raffreddati per
testare un sito potenziale. Se la conduzione attraverso una via accessoria non riesce mentre è conservata
la normale conduzione AV, si esegue
un maggior raffreddamento nel sito
per completare l’ablazione. Se, invece, la conduzione AV normale è danneggiata, permettere al catetere di
riscaldarsi consente di evitare danni
permanenti.
Pazienti con vie accessorie
atriofascicolari presentano connessioni costituite da una porzione
prossimale, responsabile del ritardo
di conduzione e della conduzione
decrementale, e un lungo segmento distale situato lungo la superficie
endocardica della parete libera del
ventricolo destro con proprietà elettrofisiologiche simili a quelle della
branca destra. La porzione distale
della via accessoria atriofascicolare
destra può inserirsi nella regione
apicale della parete libera del ventricolo destro a stretto contatto con
la parte distale della branca destra,
con la quale può essere in realtà fusa. Le vie accessorie atriofascicolari
destre possono rappresentare effettivamente una duplicazione del sistema di conduzione AV e possono
essere localizzate per l’ablazione tramite la registrazione dei potenziali
della componente distale rapida di
conduzione, che attraversa l’anulus
tricuspidale (analogo al fascio di
His) e che si estende fino alla regione apicale della parete libera
del ventricolo destro. I tentativi di
Braun cap 30ok.indd 743
Terapia delle aritmie cardiache
SCprox
1
3
V1
V6
ADA
A
Hisprox
Hisdist
H V
H V
A
H V
A
A
H V
H V
A
H V
A
CSprox
Abl1–2
Abl3–4
AVD
RFWatts
500 msec
Tempo
FIGURA 30–8 Modificazione della via lenta del nodo atrioventricolare (AV) per la terapia della tachicardia sopraventricolare da rientro del nodo AV. Registrazioni come nelle precedenti figure. La registrazione del catetere ablatore (freccia
in Abl1-2) mostra una deflessione frazionata tra componenti di elettrogrammi atriale e ventricolare; ciò può rappresentare
la deflessione della via lenta del nodo AV (ma non la deflessione del fascio di His, che è invece registrata da un catetere separato distante 15 mm). Poco dopo l’inizio dell’erogazione della radiofrequenza (freccia in RFWatts), parte un ritmo
giunzionale accelerato che gradualmente accelera ulteriormente. La conduzione retrograda è presente durante il ritmo
giunzionale. Abl3-4 = registrazione dall’elettrodo prossimale del catetere ablatore.
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744
ablazione devono essere fatti prossimalmente per evitare di ablare inavvertitamente la branca destra distale, evenienza che può essere in realtà
proaritmica e creare una tachicardia incessante per l’allungamento del
circuito di rientro.
Capitolo 30
Indicazioni. L’ablazione delle vie accessorie è indicata in
pazienti con TRAV sintomatiche resistenti ai farmaci antiaritmici o in caso di inefficacia o mancata compliance del paziente
alla terapia farmacologica a lungo termine. È altresì indicata
nei pazienti con FA (o altre tachiaritmie atriali) e una rapida
risposta ventricolare attraverso la via accessoria, quando la
tachicardia è farmaco-resistente o nel caso di scarsa tolleranza
o mancata compliance del paziente alla terapia farmacologica
a lungo termine. Altri candidati potenziali sono i pazienti con
TRAV o FA con rapida risposta ventricolare identificati durante
uno SEF fatto per un’altra aritmia; pazienti asintomatici con
pre-eccitazione ventricolare il cui stile di vita, la professione,
importanti attività lavorative, l’assicurabilità, lo stato mentale
o la sicurezza pubblica sono messi in pericolo da tachicardie
spontanee o dalla presenza di anomalie elettrocardiografiche;
pazienti con fibrillazione atriale e con risposta ventricolare
controllata dalla via anomala; pazienti con anamnesi familiare
di morte cardiaca improvvisa. Non tutti i pazienti con vie
accessorie hanno bisogno del trattamento; tuttavia, l’ablazione
mostra una percentuale talmente alta di successo e una bassa
incidenza di complicanze che in molti centri i pazienti che
necessitano di qualsiasi tipo di terapia sono stati reclutati per
l’ablazione transcatetere.
Risultati. Dai risultati di una prima indagine condotta dalla
North American Society of Pacing and Electrophysiology
(NASPE),61 si è ottenuta un’ablazione efficace delle vie accessorie della parete libera sinistra in 2312 su 2527 casi (91%),
delle vie accessorie settali in 1115 su 1279 (87%) e delle vie
accessorie della parete libera destra in 585 su 715 (82%). Complicanze significative si sono verificate in 94 su 4521 pazienti
(2,1%) e ci sono stati 13 decessi legati alla procedura su 4521
casi (0,2%). Un aggiornamento di questa indagine ha registrato
soltanto 651 casi di ablazione di una via accessoria, nei quali
l’ablazione è stata ottenuta nel 94% con un tasso di complicanze del 2% e nessun decesso.62 In Europa, il tasso di complicanze è stato del 4,4%, con tre decessi su 2222 casi.49 Un
ampio studio su pazienti in cui è stato utilizzato un sistema di
ablazione a temperatura controllata ha presentato un analogo
tasso di successo (successi totali, 398 su 465 [93%] con l’8%
di recidiva).60
MODIFICAZIONI CON CATETERE A RADIOFREQUENZA
DEL NODO AV PER LE TACHICARDIE DA RIENTRO NODALE.
Il rientro del nodo AV è una causa comune di episodi di TSV.
Nonostante le controversie ancora esistenti riguardo la natura
esatta del circuito della tachicardia, molte prove indicano che
sono coinvolte due vie nella regione del nodo AV, una con
conduzione relativamente veloce ma con lunga refrattarietà,
l’altra con refrattarietà più breve, ma conduzione più lenta.64
I PAC possono incontrare la refrattarietà nella via rapida, condurre lungo la via lenta e rientrare nella via rapida per via
retrograda, dando inizio a una TSV reciprocante nel nodo AV
(Fig. 30-6). Sebbene questa sia la presentazione più comune
del rientro nel nodo AV, alcuni pazienti presentano quella che
sembra essere una propagazione in questo circuito nella direzione opposta (rapida anterograda, lenta retrograda) e altri una
varietà “lenta-lenta”. Due o più di queste varianti possono coesistere nello stesso paziente (Fig. 30-7).
ABLAZIONE DELLA VIA RAPIDA. L’ablazione può essere eseguita per
annullare la conduzione nella via rapida o in quella lenta. Nell’ablazione
della via rapida, la punta dell’elettrodo è posizionata lungo l’asse nodo AVfascio di His nella parte anterosuperiore dell’anulus tricuspidale. Il catetere
viene ritirato gradualmente finché l’ampiezza dell’atriogramma divenga
uguale o superiore a quella del ventricologramma e la registrazione del
fascio hissiano sia assente o estremamente piccola (0,05 mV). Durante
l’erogazione dell’energia, l’ECG è monitorato per il prolungamento del PR
Braun cap 30ok.indd 744
e per il verificarsi del blocco AV o per entrambi. Se durante l’erogazione
di energia a RF si osserva la comparsa di un ritmo giunzionale accelerato,
è necessario stimolare l’atrio a frequenze più elevate per assicurare l’integrità della conduzione AV. L’impulso RF iniziale è erogato a 15-20 watt per
10-15 secondi e viene poi gradualmente incrementato. Gli obiettivi sono il
prolungamento del PR, l’eliminazione di una via di conduzione retrograda
rapida e la mancata inducibilità di TRNAV. Una tecnica alternativa consiste
nell’applicare la corrente RF nel punto di attivazione atriale retrograda
più precoce durante la tachicardia. La corrente RF deve essere sospesa se
l’intervallo PR si prolunga per più del 50% oppure se si verifica blocco AV.
Allo stato attuale, l’ablazione della via rapida è realizzata solo raramente
perché si associa a un prolungato intervallo PR, una più alta percentuale
di recidive (10-15%) e a un rischio di blocco AV completo lievemente
maggiore (2-5%) rispetto all’ablazione di una via lenta. Una rara circostanza
in cui si può preferire l’ablazione della via rapida è quella di pazienti che
hanno un intervallo PR fortemente prolungato a riposo e assenza di segni
di conduzione anterograda di una via rapida. In questi casi, l’ablazione
della via anterograda lenta può produrre un blocco AV completo, mentre
l’ablazione della via rapida retrograda può eliminare la TSV senza alterare
la conduzione AV.
ABLAZIONE DELLA VIA LENTA. La via lenta può essere individuata
mediante mappaggio della regione posteromediale dell’anello tricuspidale
vicino all’ostio del seno coronarico. Si ottengono registrazioni di elettrogrammi con un rapporto atriogramma/ventricologramma inferiore a 0,5
e con o un elettrogramma atriale frammentato o una registrazione di un
possibile potenziale della via lenta;65 Quando si usa un approccio anatomico, le sedi sono selezionate fluoroscopicamente. Una singola applicazione RF è sufficiente nella maggior parte dei casi, ma in altri possono
essere necessarie lesioni RF seriali, a cominciare dal sito più posteriore
(vicino all’ostio del seno coronarico) e procedendo verso i siti più anteriori
(più vicino al sito di registrazione del fascio di His). Un ritmo giunzionale
accelerato (Fig. 30-8) si manifesta generalmente quando l’energia della
RF è applicata a una sede che indurrà l’eliminazione efficace della TSV.
Le percentuali di successo con l’approccio anatomico o con mappaggio
elettrografico sono equivalenti e il più delle volte sono utilizzati entrambi,
comportando tassi di successo intorno al 100%, con meno dell’1% di possibilità di blocco cardiaco completo. Per la terapia della TRNAV è stata
usata con risultati eccellenti la crioablazione transcatetere.66 In teoria, la
possibilità di “criomappaggio” (testare potenziali siti per il blocco delle
vie lente con raffreddamento moderato e reversibile) dovrebbe eliminare
quasi del tutto il rischio di blocco AV con l’ablazione.
L’ablazione della via lenta provoca un incremento nella durata del
ciclo di blocco AV anterogrado e dell’ERP del nodo AV senza che si verifichi una modificazione dell’intervallo AH o delle proprietà di conduzione
retrograda del nodo AV. I pazienti in cui la conduzione della via lenta è
completamente eliminata non presentano quasi mai recidive di TSV; circa
il 40% dei pazienti può avere evidenze di una residua funzionalità della
via lenta dopo l’eliminazione efficace di una TRNAV sostenuta (in genere
manifestata come doppia fisiologia del nodo AV ed eco singolo del nodo
AV durante l’extrastimolazione atriale). L’obiettivo più sicuro nell’ablazione della via lenta è l’eliminazione della TRNAV sostenuta, con o senza
infusione di isoproterenolo.
Le recidive di TRNAV si verificano in circa il 5% dei pazienti dopo l’ablazione della via lenta. In alcuni pazienti, la ERP della via rapida diminuisce
dopo l’ablazione della via lenta, probabilmente a causa dell’interazione
elettrotonica tra le due vie. Forme atipiche di rientro possono manifestarsi
dopo l’ablazione, così come una denervazione parasimpatica apparente,
che determina una tachicardia sinusale inappropriata.
Allo stato attuale, l’approccio della via lenta è il metodo preferito per
l’ablazione della TRNAV tipica. L’ablazione della via lenta è un metodo
sicuro ed efficace anche per trattare le TRNAV atipiche. Nei pazienti con
TRNAV sottoposti ad ablazione della via lenta, la presenza di ectopie giunzionali durante l’applicazione dell’energia a RF è un indicatore sensibile
ma non specifico di ablazione efficace, che si verifica nelle lesioni più
lunghe nei siti bersaglio efficaci più che nei siti inefficaci. Una conduzione
ventricoloatriale è probabile durante l’ectopia giunzionale e una scarsa
conduzione ventricoloatriale o un vero blocco è predittivo di un blocco
AV anterogrado in pazienti sottoposti ad ablazione RF della via lenta. Il
ritmo giunzionale ectopico è dovuto a riscaldamento del nodo AV e non
si verifica con la crioablazione.
Indicazioni. L’ablazione con catetere RF per una TRNAV
può essere presa in considerazione in pazienti con TRNAV
sostenute recidivanti e sintomatiche, resistenti ai farmaci o in
caso di intolleranza o mancata compliance del paziente a una
terapia farmacologica a lungo termine. Tale procedura può
essere inoltre presa in considerazione nei pazienti in cui la
TRNAV sostenuta viene identificata durante lo SEF o durante
l’ablazione transcatetere di un’altra aritmia oppure quando si
rileva una doppia via accessoria fisiologica del nodo AV ed
12-02-2007 12:09:09
Tachicardia atriale automatica
1
1
2
2
(F)
3
3
V1
V1
–40 msec
VPISndist
ADA
–70 msec
ADPdist
A
A
A
H
H
Hisprox
V
A
H
V
A
ADA
A
V
A
A
H
H
Hisprox
V
Hisdist
Hisdist
SCprox
SCprox
A
V
A
A
SCmid
300 msec
A
Tempo
B
FIGURA 30–9 Tachicardie atriali. A, Tachicardia atriale automatica che nasce nella vena polmonare inferiore sinistra (VPISn). Un battito sinusale è mostrato
a sinistra, seguito da un battito di fusione (F) tra il nodo del seno e l’attivazione della tachicardia. Gli ultimi tre battiti nel riquadro sono di tachicardia atriale. Il
catetere ablatore è stato posto entro la VPISn ed è stato registrato un potenziale acuto (freccia) 40 millisecondi prima dell’esordio dell’onda P (linea tratteggiata).
L’ablazione in questa sede ha interrotto la tachicardia. B, Tachicardia da rientro intra-atriale in un paziente che è stato sottoposto a riparazione di un difetto del
setto interatriale anni prima. Il catetere ablatore è nella parte posteriore dell’atrio destro (ADP), dove si registra un segnale frammentato. Una parte di questo
elettrogramma (frecce) precede l’insorgenza dell’onda P durante la tachicardia (linea tratteggiata) di 70 millisecondi. L’ablazione in questa sede ha interrotto la
tachicardia. Registrazioni come nelle precedenti figure.
echi atriali in assenza di TRNAV durante lo SEF in pazienti
clinicamente sospetti per TRNAV.
Risultati. I risultati dell’indagine del NASPE indicano che
3052 pazienti sono stati sottoposti ad ablazione della via lenta
con un tasso di successo riportato del 96%, mentre 255 sono
stati sottoposti ad ablazione della via rapida, che è stata efficace
in 229 pazienti (90%). Complicanze significative si sono verificate nello 0,96%, ma non sono state segnalate morti indotte
dal trattamento.61 In Europa, il tasso di complicanze è stato
dell’8,0%, dovuto principalmente a blocco AV dopo ablazione
della via rapida e non si sono verificati decessi su 815 casi.61
La maggior parte dei centri attualmente pratica l’ablazione
della via lenta, con un tasso di successo della procedura del
98%, una frequenza di recidiva inferiore al 2% e un’incidenza
di blocco cardiaco che richiede elettrostimolazione permanente inferiore all’1%.
TACHICARDIA GIUNZIONALE ECTOPICA. La tachicardia
giunzionale ectopica è una rara forma di TSV in cui l’ECG
ricorda quello della TRNAV ma se ne differenzia per il fatto
che (1) il meccanismo è automatico, non di rientro, e (2) l’atrio
è chiaramente non coinvolto nella tachicardia. Questo disturbo
è di più comune riscontro nei soggetti giovani e sani, nelle
donne più spesso che negli uomini ed è abitualmente fortemente catecolamina-dipendente. L’ablazione transcatetere
deve essere effettuata molto vicino al fascio di His e il rischio
di blocco cardiaco che richiede l’impianto del pacemaker
supera il 5%.67
ABLAZIONE CON CATETERE A RADIOFREQUENZA DI
ARITMIE CORRELATE CON IL NODO SENOATRIALE. Il
rientro nel o intorno al nodo del seno è una aritmia rara, caratterizzata da episodi di tachicardia con un’onda P identica a
quella sinusale, solitamente con un intervallo PR più lungo
che nel seno (nelle tachicardie sinusali fisiologiche, l’intervallo
PR rimane normale o si accorcia per effetto delle catecolamine
sul nodo AV e sul nodo del seno). La RF è applicata nella
regione del nodo del seno nelle sedi di attivazione precoce
Braun cap 30ok.indd 745
(precedente all’inizio dell’onda P) finché la tachicardia non si
interrompe.
La tachicardia sinusale inappropriata è una sindrome caratterizzata da alte frequenze sinusali da sforzo e a riposo. I
pazienti lamentano palpitazioni durante tutto il giorno che
correlano con frequenze sinusali inappropriatamente alte. Possono non rispondere bene alla terapia con beta-bloccanti sia
per mancanza degli effetti desiderati sia per comparsa di effetti
collaterali. Quando l’area del nodo del seno deve essere ablata,
essa può essere identificata sia anatomicamente sia con metodica elettrofisiologica e le lesioni di ablazione sono di solito
poste tra la vena cava superiore e la cresta terminale nei siti di
attivazione atriale precoce. L’isoproterenolo può essere utile
nel “forzare” il sito di formazione dell’impulso alle cellule con
frequenza di scarica più rapida. Bisogna fare attenzione nell’applicare l’energia RF prima nelle sedi più cefaliche; l’ablazione iniziale effettuata più in là sulla cresta terminale non
altera la frequenza atriale, ma può danneggiare le regioni pacemaker supplementari che possono essere necessarie se il nodo
del seno viene eventualmente ablato.
Indicazioni. L’ablazione transcatetere per una tachicardia
da rientro del nodo senoatriale può essere eseguita in pazienti
con episodi sintomatici e ricorrenti di TSV sostenuta resistenti
ai farmaci o in caso di intolleranza o mancata compliance del
paziente a una terapia farmacologica a lungo termine. I pazienti
con tachicardia sinusale inappropriata dovrebbero essere considerati per l’ablazione soltanto dopo chiaro insuccesso della
terapia medica dato che i risultati dell’ablazione sono spesso
non completamente soddisfacenti. Quando si esegue l’ablazione nella regione del nodo del seno, il paziente deve essere
avvertito del rischio di dover installare un pacemaker dopo
l’intervento. È anche possibile un danno del nervo frenico.
Risultati. Le tachicardie da rientro del nodo del seno possono essere efficacemente ablate in più del 90% dei candidati.
I risultati non sono altrettanto buoni per la tachicardia sinusale
inappropriata; nonostante possa essere ottenuto un buon risul-
Terapia delle aritmie cardiache
SCmid
Tempo
745
Rientro intra-atriale
12-02-2007 12:09:10
746
Flutter “in senso orario”
Flutter “in senso antiorario”
1
2
3
V1
Hisprox
AT12:00
H
V
V
H
AFL
AFL
AFL
AFL
AFL
AFL
Capitolo 30
AT9:00
AFL
AFL
AFL
AFL
AFL
AFL
AT5:00
SCprox
SCmid
SCdist
200 msec
200 msec
Tempo
A
FIGURA 30–10 A, Sono mostrate due forme di flutter atriale nello stesso paziente. Un catetere “Halo” con 10 paia di elettrodi viene posto sul versante atriale
dell’anulus tricuspidale (AT), con siti di registrazione visualizzati dall’apice dell’anulus (“12:00”) al versante inferomediale (“5:00”), come mostrato nelle proiezioni
fluoroscopiche in B. A sinistra, il fronte d’onda d’attivazione atriale procede in “senso orario” (frecce) lungo l’anulus, mentre nel riquadro di destra la direzione di
propagazione è opposta.
tato tecnico al momento della procedura, spesso i sintomi persistono per la recidiva di frequenze sinusali rapide (alla
frequenza preablazione o quasi) oppure per motivi non aritmici. In alcuni pazienti sono necessarie multiple sessioni di
ablazione e il 20% circa alla fine è sottoposto a impianto di
pacemaker (tra cui non tutti hanno sollievo dalle palpitazioni
malgrado una normale frequenza cardiaca).
ABLAZIONE CON CATETERE A RADIOFREQUENZA
DELLA TACHICARDIA ATRIALE. Le TA sono un gruppo eterogeneo di disturbi le cui cause includono una scarica rapida
di un focus (tachicardia focale) e il rientro. La prima può verificarsi in qualsiasi soggetto, indipendentemente dalla presenza
di anomalie strutturali degli atri, mentre le TA da rientro quasi
sempre si verificano nel contesto di atri strutturalmente danneggiati. I sintomi variano da nessuno (nelle TA relativamente
rare o lente in pazienti senza malattia cardiaca) alla sincope
(TA rapida con funzione cardiaca compromessa) o allo scompenso cardiaco (TA incessante per un periodo di settimane o
mesi). Tutte le forme di TA sono trattabili con ablazione transcatetere.
TACHICARDIA ATRIALE FOCALE. Nella TA focale (da foci automatici
o triggerati o da microrientro), il mappaggio dell’attivazione è utilizzata
per determinare la sede della TA registrando il più precoce inizio dell’attivazione locale.68 Queste tachicardie si comportano in modo capriccioso
e sono in pratica non inducibili allo SEF nonostante il paziente lamenti
episodi giornalieri multipli nella settimana precedente lo SEF. Il 10-15% dei
Braun cap 30ok.indd 746
pazienti può avere focolai multipli atriali. Le sedi tendono a raggrupparsi
vicino alle vene polmonari nell’atrio sinistro, in corrispondenza dell’imbocco dell’auricola atriale o lungo la cresta terminale a destra (Fig. 30-9A;
vedi Fig. 29-14). I tempi di attivazione di questi siti sono caratteristicamente di soli 15-40 millisecondi prima dell’inizio dell’onda P all’ECG. Si
deve fare attenzione a evitare un involontario danno al nervo frenico; la
sua localizzazione può essere determinata stimolando a elevata corrente
nel potenziale sito dell’ablazione, valutando la presenza di contrazione
diaframmatica. L’ablazione non deve essere eseguita in un sito in cui si
osserva questo fenomeno, se possibile.
TACHICARDIA ATRIALE DA RIENTRO. Come notato, la tachicardia
atriale da rientro si riscontra più comunemente nel contesto di una cardiopatia organica, in particolare dopo una precedente chirurgia atriale.
La regione a lenta conduzione è correlata tipicamente alla fine di una
cicatrice atriotomica; questa non ha, tuttavia, una localizzazione anatomica
costante ma varia da paziente a paziente in rapporto all’intervento eseguito.
Quindi, sono essenziali un’attenta analisi della descrizione dell’intervento
e la mappatura elettrofisiologica. Poiché il rientro si verifica all’interno di
un circuito completo, l’attivazione può essere registrata in tutto l’intero
ciclo cardiaco. La strategia d’ablazione consiste nell’identificare le regioni
con attivazione atriale mesodiastolica durante la tachicardia che possono
essere dimostrate essere parte integrale della tachicardia con tecniche
di stimolazione (Figg. 29-15 e 30-9B). Tali siti sono attraenti bersagli di
ablazione perché questi sono composti da relativamente poche cellule
(quindi silenzio elettrico all’ECG di superficie in diastole) e sono quindi più
facilmente ablati con la classica energia RF rispetto ad altre aree. L’ablazione
focale di questi siti può quindi essere eseguita, ma in molti casi la tachicardia può ancora essere indotta (spesso a una frequenza più bassa) oppure
può recidivare dopo la procedura. Dato che queste sedi sono tipicamente
localizzate in una zona relativamente ristretta tra l’estremità di una cicatrice
12-02-2007 12:09:10
caso di intolleranza o man- 747
cata compliance del paziente
a una terapia farmacologica a
1
lungo termine.
aVF
Risultati. Le percentuali
di successo dell’ablazione di
V1
TA focali sono dell’80-95% e
A
A
A
A
V
V
V
V
dipendono molto dalla capaAT11:00
cità di indurre l’episodio
durante uno SEF; quando
l’episodio può essere instaurato con pacing, isoproterenolo o altri mezzi, la TA può
in genere essere ablata. Le TA
AT8:00
da rientro, sebbene indotte
più facilmente durante uno
SEF, sono spesso più difficili
da eliminare completamente;
i tassi iniziali di successo
sono elevati (90%) ma la
recidiva compare in più del
20% dei pazienti e richiede
AT6:00
una terapia farmacologica o
S
S
S
S
un’altra procedura di ablaSCdist
300 msec
zione. Le complicanze, preTempo
senti nell’1-2% dei casi, sono
la lesione del nervo frenico,
il tamponamento cardiaco e
il blocco cardiaco (con rare
TA perinodali).
ABLAZIONE CON CATETERE A RADIOFREQUENZA
DEL FLUTTER ATRIALE. Il
flutter atriale è definito elettrocardiograficamente (più
classicamente, onde a dente
di sega negative nelle derivazioni II, III e aVF a una frequenza di circa 300 batt/min)
o elettrofisiologicamente (una
Seno
Seno
TA rapida, organizzata macrocoronarico
coronarico
rientrante, il cui circuito è
anatomicamente
determiAblazione
Ablazione
nato). Comprendere le vie di
rientro per tutte le forme di
B
flutter atriale è essenziale per
FIGURA 30–10, continuazione B, Ablazione dell’istmo di tessuto atriale tra l’annulus della tricuspide e la vena cava sviluppare un metodo di
inferiore per l’eliminazione del flutter atriale. Sono illustrate le registrazioni dal catetere multipolare posto intorno a gran ablazione. Il rientro nell’atrio
parte della circonferenza dell’annulus tricuspidalico (guarda le immagini fluoroscopiche in proiezioni obliqua anteriore
destro, con l’atrio sinistro
sinistra). L’ablazione dell’istmo è eseguita durante stimolazione dal seno coronarico. Nei due battiti a sinistra la conduzione atriale procede in due direzioni intorno all’annulus tricuspidalico, come indicato dalle frecce e registrato attraverso attivato passivamente, costiil catetere Halo. Nei due battiti a destra l’ablazione ha interrotto la conduzione nel pavimento dell’atrio destro, eliminando tuisce il meccanismo della
una via per la propagazione dell’impulso attraverso l’annulus tricuspidalico. Il catetere Halo ora registra una conduzione variante ECG classica di flutche procede in un’unica direzione attraverso l’annulus. Questo riscontro dimostra blocco unidirezionale nell’istmo; il blocco ter atriale, con un’attivazione
nella direzione opposta può essere dimostrato stimolando da uno degli elettrodi del catetere Halo e osservando una simile caudocraniale lungo il setto
assenza di conduzione istmica. (La registrazione del fascio di His nel riquadro a destra si perde a causa del movimento dell’atrio destro e un’attivadel catetere.)
zione craniocaudale della
parete libera dell’atrio destro
(Fig. 30-10A). In alcuni casi, esiste una zona di conduzione
o di una pregressa incisione chirurgica e un’altra barriera non conducente
lenta nella parte bassa dell’atrio destro, delimitata tipicamente
(come un’altra cicatrice, l’orifizio cavale o un anello valvolare), un’altra
tecnica è di creare una linea di lesioni d’ablazione dalla fine della cicatrice
dall’anello tricuspidale, dalla vena cava inferiore e dal seno
alla barriera elettrica più vicina. Il rientro può essere pertanto prevenuto.
coronarico. In altri casi, la velocità di conduzione è più uniQuesta tecnica è analoga a quella usata nel trattamento del flutter atriale
forme attraverso il grande circuito. Il posizionamento di una
(vedi oltre). Poiché questi pazienti spesso hanno gravi patologie atriali con
lesione ablativa tra due barriere anatomiche che attraversano
isole di tessuto cicatriziale che serve da barriera per ulteriori TA, possono
una porzione del circuito necessaria per il mantenimento del
rendersi necessarie tecniche specializzate di mappaggio per localizzare
queste aree e connetterle preventivamente con le lesioni d’ablazione per
rientro, può essere curativo. Tipicamente, questa è a cavallo
evitare futuri episodi di TA.
dell’istmo atriale tra l’orifizio inferiore della vena cava e
l’anello della tricuspide (l’istmo cavotricuspidale), un punto
relativamente stretto del circuito. Un’ablazione efficace può
Indicazioni. L’ablazione transcatetere per una TA deve
essere realizzata laddove il fronte d’onda di flutter entra in
essere presa in considerazione in pazienti con episodi ricorquesta zona nella parte inferolaterale bassa dell’atrio destro,
renti e sintomatici di TA sostenuta, resistenti ai farmaci o in
Durante erogazione radiofrequenze
Terapia delle aritmie cardiache
Braun cap 30ok.indd 747
12-02-2007 12:09:11
748 vicino all’atrio destro inferomediale o tra le due sedi. Il sito di
Capitolo 30
erogazione della RF può essere guidato anatomicamente o elettrofisiologicamente. Meno comunemente, la direzione con cui
si propaga il fronte d’onda nell’atrio destro è invertita (flutter
“in senso orario”, che procede cranialmente fino alla parete
libera dell’atrio destro e caudalmente lungo il setto, con onde
di flutter positive nelle derivazioni inferiori [vedi Fig. 3010A]). Questa aritmia, chiamata “flutter atriale atipico,” può
essere ablata anche usando le tecniche del flutter atriale tipico.
Queste due aritmie costituiscono il flutter “istmo cavotricuspidale-dipendente” e sono distinte dalle altre aritmie a rapida
frequenza atriale che possono avere un aspetto simile all’ECG,
ma che utilizzano diversi (e spesso multipli) circuiti nelle altre
parti dell’atrio destro o sinistro. L’ablazione può essere più
difficile in questi casi, che spesso si verificano nel contesto di
una patologia polmonare avanzata oppure di una precedente
chirurgia cardiaca. Un tema comune in queste complesse aritmie da rientro è la presenza di una zona anatomicamente determinata di ineccitabilità attorno alla quale può circolare un
fronte di onda elettrica. In tali casi, sono necessarie specifiche
tecniche di mappaggio e abilità per effettuare un’ablazione con
successo.
Nei pazienti con fibrillazione atriale, un farmaco antiaritmico può rallentare talmente la conduzione intratriale da trasformarla in flutter, pertanto non si osserva più una fibrillazione. In alcuni di questi casi, l’ablazione del flutter atriale,
mantenendo il paziente sotto farmaci antiaritmici, previene le
recidive di queste aritmie atriali.
L’obiettivo delle procedure di ablazione del flutter atriale
consisteva inizialmente nell’interruzione del flutter con l’erogazione di RF seguita dalla non inducibilità dell’aritmia. Tuttavia, utilizzando questi criteri, fino al 30% dei pazienti presentava una recidiva di flutter per assenza di un blocco completo e permanente nell’istmo cavotricuspidale. Negli ultimi
anni, l’obiettivo dell’ablazione è diventato quello di determinare una linea di blocco bidirezionale in questa regione
mediante stimolazione da opposti lati dell’istmo (Fig. 30-10B)
o altre tecniche;69 utilizzando questa tecnica il tasso di recidive
è sceso a meno del 5%.
1
2
3
V1
AD
Lasso-1
Lasso-2
Lasso-3
Lasso-4
Lasso-5
Lasso-6
Lasso-7
*
Lasso-8
Lasso-9
Lasso-10
SC
VP superiore
sinistra
400 msec
Tempo
A
Strand
VP
1
2
3
V1
AD
Lesione da RF
Lasso-1
VP inferiore
sinistra
Lasso-2
Lasso-3
Lasso-4
Strand
VP
Lasso-5
Lasso-6
Lasso-7
Lasso-8
Lasso-9
Catetere per
mappaggio
circolare
Lasso-10
SC
400 msec
Tempo
Catetere
per ablazione
FIGURA 30–11 Rappresentazione dei cateteri per isolamento della vena
polmonare (VP). Entrambe le VP sinistre sono illustrate con fasci di muscolo
atriale che uniscono la VP all’atrio sinistro in punti definiti. Viene mostrato un
catetere circolare di mappaggio mentre è situato nell’ostio della VP inferiore
sinistra e un catetere ablatore con elettrodo a punta larga adiacente agli elettrodi del catetere circolare che registrano un potenziale di vena dal fascio
muscolare vicino. Esiste una lesione da radiofrequenza (RF) (tra i due orifizi
venosi) in corrispondenza del sito di un fascio precedentemente ablato.
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B
FIGURA 30–12 Potenziali acuti della vena polmonare (Pulmonary Vein
Potential, PVP). Derivazioni di elettrocardiogramma di superficie e registrazioni
intracardiache da atrio destro (AD), seno coronarico (SC) e da un catetere circolare a 10 elettrodi (Lasso) situato nell’ostio di una vena polmonare. A, Le registrazioni Lasso mostrano elettrogrammi dell’atrio sinistro seguiti da potenziali
acuti della vena polmonare da Lasso-4 a Lasso-10 durante un battito sinusale (la
freccia indica il PVP più precoce in Lasso-8 quando il fronte d’onda entra nella
vena); un asterisco segna un battito ectopico da questa vena che dà inizio a
un episodio molto breve di fibrillazione atriale. B, Registrato durante l’ablazione
con radiofrequenza in prossimità del sito di registrazione Lasso-8; gli stessi PVP
acuti sono osservati nei primi due battiti (freccia sinistra) ma sono assenti negli
ultimi due battiti (freccia destra), lasciando solo le registrazioni atriali sinistre.
Questa vena è stata quindi elettricamente isolata dall’atrio sinistro.
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749
1
2
3
V1
AD
His
Lasso1–2
Lasso2–3
Lasso3–4
Lasso4–5
Lasso5–6
Lasso6–7
Lasso7–8
Lasso9–10
SCprox
SCdist
200 msec
Tempo
FIGURA 30–13 Potenziali della vena polmonare (Pulmonary Vein Potential, PVP) frammentati di bassa ampiezza. Le registrazioni durante stimolazione del seno
coronarico sono simili a quelle nella Figura 30-12. Sinistra, Registrazioni preablazione da VP; notare le registrazioni frammentate da Lasso-3 a Lasso-9 (all’interno
del rettangolo); In mezzo, Registrazioni parziali attraverso l’ablazione; i PVP non sono più visibili da Lasso-5 a Lasso-9. Destra, l’ablazione continua elimina tutti i
PVP (freccia). Questa vena è ora elettricamente isolata dall’atrio sinistro.
Indicazioni. I candidati all’ablazione transcatetere con RF
sono i pazienti con episodi ricorrenti di flutter atriale farmacoresistenti, quelli intolleranti ai farmaci o che non desiderano
seguire una terapia farmacologica a lungo termine.
Risultati. A prescindere dalla sede del circuito, il flutter
atriale può essere ablato con successo in più del 90% dei casi,
sebbene i pazienti con flutter complessi dell’atrio destro o sinistro richiedano procedure più ampie e complesse. Il tasso di
recidive è inferiore al 5% tranne che nei pazienti con estesa
patologia dell’atrio, nei quali possono svilupparsi nel tempo
nuovi circuiti, come nuove aree di ritardo di conduzione e
forme di blocco. Le complicanze sono rare e comprendono
blocco cardiaco involontario e paralisi del nervo frenico.
ABLAZIONE E MODIFICAZIONE DELLA CONDUZIONE
AV PER IL TRATTAMENTO DELLE TACHIARITMIE
ATRIALI. In alcuni pazienti con tachiaritmie atriali ed elevate
frequenze ventricolari malgrado una terapia farmacologica
ottimale, può essere utilizzata l’ablazione con RF per eliminare o modificare la conduzione AV e controllare la frequenza
ventricolare. Per ottenere l’ablazione transcatetere con RF del
nodo AV, un catetere viene posizionato attraverso la valvola
tricuspide in modo da registrare il potenziale hissiano più
ampio insieme al segnale atriale più ampio. L’energia a RF è
applicata finché non compare il blocco AV completo e proseguita per ulteriori 30-60 secondi. Se la conduzione AV non si
modifica dopo 15 secondi di ablazione con RF, il catetere è
riposizionato e il tentativo si ripete. In qualche paziente, tentativi di ablazione con RF utilizzando questo approccio destro
non riescono a determinare un blocco cardiaco. Questi pazienti
possono sottoporsi a un approccio attraverso il ventricolo sinistro, con un catetere posizionato lungo la parte posteriore del
setto interventricolare subito al di sotto della valvola aortica,
per registrare un ampio potenziale hissiano. L’energia è applicata attraverso l’elettrodo del catetere e il patch cutaneo
oppure attraverso cateteri situati nel ventricolo sinistro e
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Terapia delle aritmie cardiache
Lasso8–9
destro. La percentuale di successo raggiunge quasi il 100%,
con ricorrenza della conduzione AV in meno del 5%. Un successivo miglioramento della funzione ventricolare sinistra può
derivare sia dal controllo della frequenza ventricolare durante
la fibrillazione atriale, sia dalla sospensione dei farmaci per
il controllo della frequenza con azione inotropa negativa.
Dopo l’ablazione è necessario un pacing AV o ventricolare
permanente.
In alcuni casi, la giunzione AV può essere modificata per
rallentare la frequenza ventricolare senza produrre un blocco
AV completo mediante ablazione effettuata nella regione della
via lenta, come descritto per le aritmie da rientro del nodo AV.
Con questa tecnica i risultati iniziali sono sufficientemente
buoni, mentre i risultati a lungo termine sono meno consistenti.70 Alcuni pazienti presentano un graduale incremento
della frequenza ventricolare quasi ai livelli preablazione, mentre in altri può verificarsi un tardivo blocco cardiaco completo.
Ciononostante, questa procedura può essere tentata prima di
produrre un blocco AV completo.
Indicazioni. L’ablazione e la modulazione della conduzione
AV possono essere prese in considerazione in (1) pazienti con
tachiaritmie atriali sintomatiche che presentino frequenze ventricolari non adeguatamente controllate, a meno che non sia
possibile un’ablazione primaria della tachiaritmia atriale; (2)
pazienti simili quando i farmaci non sono tollerati o il paziente
non vuole assumerli, anche se la frequenza ventricolare può
essere controllata; (3) pazienti con tachicardia giunzionale sintomatica, non parossistica, farmaco-resistente o nei quali la
terapia farmacologica è non tollerata o non voluta; (4) pazienti
rianimati da una morte cardiaca improvvisa correlata a flutter
o fibrillazione atriale con rapida risposta ventricolare in assenza
di una via accessoria; e (5) pazienti con un pacemaker bicamerale e tachicardia pacemaker-mediata che non può essere trattata efficacemente con farmaci o riprogrammando il pacemaker.
Le ultime tre condizioni sono eventi rari.
21-02-2007 19:11:04
750
Capitolo 30
atriale.Alla prima applicazione, sono stati
mappati i PAC e il sito da cui erano originati è stato ablato. Questa tecnica era
limitata per il fatto che pochi pazienti
hanno una adeguata frequenza di PAC o
Arteria polmonare
brevi salve di fibrillazione che possano
Superiore sinistro
servire sia come bersaglio ottimale per
Aorta
l’ablazione sia da utile indicatore di sucSuperiore destro
cesso (cioè, eliminazione dei PAC). Inoltre,
la sorgente del PAC o della fibrillazione era
in molti casi profonda fino a 3 cm dentro
una vena polmonare e l’ablazione in questi
siti può risultare in una stenosi della vena
polmonare. Con l’aumentare dell’esperienza, è diventato chiaro che la maggior
Medio destro
parte dei casi di FA parossistica originava
all’interno delle vene polmonari; i manicotti muscolari si estendono dall’atrio
sinistro per alcuni centimetri all’interno
della vena polmonare. Quindi gli sforzi si
Inferiore
sono spostati verso l’isolamento elettrico
sinistro
delle vene polmonari per impedire la diffusione dell’impulso dal sito d’origine al
resto dell’atrio. I vantaggi di questa strategia sull’ablazione focale sono che (1) vi
è una maggiore probabilità di eliminare la
Vena cava
fibrillazione perché molte vene possono
Inferiore destro
inferiore
essere aritmogene, (2) il paziente non
deve avere PAC per eseguire l’ablazione
Seno coronarico
e (3) il rischio di stenosi della vena polmonare può essere inferiore. Sebbene
Tronco comune
filamenti muscolari atriali avvolgano le
vene polmonari, solo in due o tre punti
definiti possono esistere reali connessioni
FIGURA 30–14 Tomografia computerizzata ad alta risoluzione dell’atrio sinistro, visto da dietro che illustra
elettriche. La strategia di isolamento della
l’anatomia delle vene polmonari (VP). Invece di due vene che entrano nell’atrio sinistro da ciascun polmone,
vena polmonare può essere eseguita sia
questo paziente aveva entrambe le vene sinistre che sfociavano in un tronco comune prima di entrare nell’atrio
con il mappaggio delle vene polmonari
e tre vene provenienti dal polmone destro. Queste informazioni sono state d’aiuto nel pianificare la procedura
per localizzare e ablare i punti precisi di
d’isolamento delle vene polmonari.
connessione elettrica tra vena e atrio sia
con un approccio puramente anatomico.
Il mappaggio utilizza sia un catetere a
Risultati. I risultati ottenuti da indagini statunitensi hanno
elettrodo circolare (Fig. 30-11) sia un catetere multipolare a “canestro”
indicato che la procedura si è rivelata efficace nel produrre un
situato dentro l’ostio della vena.72 I potenziali della vena polmonare, che
blocco AV completo nel 95% di 1600 pazienti, con complipotrebbero essere l’origine della fibrillazione, appaiono sia come potenziali acuti (Fig. 30-12) sia come segnali complessi, frammentati che seguono
canze significative in 21 (1,3%) e due decessi legati alla prole registrazioni del vicino atrio sinistro (Fig. 30-13).
cedura (0,1%).61 In Europa, il tasso di complicanze è stato del
L’ablazione è eseguita sul versante atriale della giunzione venoatriale
3,2%, con un solo decesso su 900 pazienti.63 Nei primi studi,
finché i potenziali della vena polmonare non sono eliminati (“blocco in
fino al 4% dei pazienti ha avuto un episodio di morte improventrata” dentro la vena). L’ablazione può essere eseguita durante il ritmo
visa dopo ablazione della giunzione AV nonostante un adesinusale, il pacing atriale o anche durante la fibrillazione atriale (che spesso
guato funzionamento del pacemaker, verosimilmente per
termina durante l’applicazione di RF).73 Alcuni sostengono l’opportunità
della stimolazione dall’interno della vena per dimostrare il più rilevante
bradicardia relativa dopo lunghi periodi di elevate frequenze
“blocco in uscita” dalla vena all’atrio. Quando si usa un approccio anatoventricolari.71 In uno studio, 6 pazienti su 100 sono deceduti
mico, si creano delle linee di ablazione continua che circondano gli orifizi
improvvisamente quando la frequenza di stimolazione iniziale
venosi.Tale metodo richiede sofisticati strumenti di mappaggio per essere
era settata su 60 batt/min, ma non c’è stata alcuna morte
in grado di registrare i siti che sono già stati ablati e le aree che rimangono.
improvvisa su 135 quando la frequenza era regolata su 90 batt/
In alcuni casi, gap lungo una linea di ablazione possono essere proaritmici,
fornendo un substrato capace di sostenere un macrorientro nell’atrio sinimin per 1-3 mesi dopo l’ablazione. Per questa procedura sono
stro. Alcuni elettrofisiologi fanno un’ulteriore linea d’ablazione tra vena
stati dimostrati miglioramenti degli indici di qualità di vita
polmonare inferiore sinistra e anulus mitralico per ridurre il rischio di
così come del rapporto costo-beneficio.
questa possibilità. In molti casi, viene creata anche una “lesione da flutter”
ABLAZIONE CON CATETERE A RADIOFREQUENZA
nel pavimento dell’atrio destro perché molti pazienti sottoposti a una
DELLA FIBRILLAZIONE ATRIALE. Negli ultimi anni, sono
procedura puramente atriale sinistra hanno episodi successivi di flutter.
stati fatti notevoli passi avanti nella comprensione della fisioCiascun metodo di isolamento richiede un accesso atriale o attraverso
un forame ovale pervio o mediante puntura transettale, dopo una piena
patologia della FA. L’impiego di queste informazioni si è traanticoagulazione. Questo approccio aumenta il rischio di complicanze da
dotto direttamente in progressi terapeutici. Ad esempio, viene
sanguinamento e inoltre non previene completamente le tromboembolie
oggi riconosciuto che una percentuale significativa di pazienti
correlate al trattamento. La tecnica di isolamento delle vene polmonari è
con FA parossistica in assenza di cardiopatie strutturali prestata usata principalmente nei pazienti più giovani con FA parossistica in
sentano un’origine focale dell’aritmia; ovvero, scariche rapide
assenza di cardiopatie organiche, sebbene l’esperienza con questa tecnica
da una sorgente focale (spesso in una vena polmonare) guidano
nei pazienti con FA cronica o in quelli con patologia cardiaca strutturale sia limitata, i risultati preliminari indicano percentuali di successo
l’atrio più rapidamente di quanto esso possa condurre uniforquasi equivalenti. Prima della procedura di ablazione, è utile sottoporre
memente, portando al quadro ECGgrafico di fibrillazione
il paziente a uno studio non invasivo per definire meglio l’anatomia delle
atriale. In altri casi, una sorgente focale può servire come “innevene polmonari, come una TC ad alta risoluzione o una RM (Fig. 30-14).
sco” che dà avvio a episodi di fibrillazione (Cap. 32). In
Questo studio aiuta l’operatore a pianificare la tecnica in modo che una
entrambi i casi, se questo focus può essere localizzato e ablato
anatomia anomala non interferisca con la riuscita dell’ablazione.
Come detto in precedenza, alcuni pazienti con FA mostrano una trao il suo diffondersi al resto dell’atrio eliminato, si prevengono
sformazione a flutter atriale stabile quando vengono somministrati farmaci
le recidive di FA.
antiaritmici, in particolare farmaci che bloccano i canali del sodio. In questi
LOCALIZZAZIONE E ABLAZIONE DELLE SORGENTI FOCALI. Sono
pazienti, eseguire un’ablazione di un flutter mentre il paziente continua ad
stati utilizzati diversi metodi per localizzare e ablare i foci di fibrillazione
assumere il farmaco può prevenire la recidiva di aritmia.74
Braun cap 30ok.indd 750
Vena cava superiore
12-02-2007 12:09:13
Tachicardia ventricolare
751
Mappaggio per stimolazione
1
2
3
aVR
aVL
aVF
V1
V2
V3
V4
V5
V6
Abl1–2
110 msec
s
s
s
Abl3–4
Indicazioni. I candidati
Hisprox
per l’ablazione della FA focaS-QRS 90 msec
Hisdist
le hanno fibrillazioni atriali
parossistiche in assenza di
cardiopatie strutturali e incluAVD
dono quelli la cui FA è refratTEVD
taria ai farmaci o che non vo300 msec
300 msec
gliono assumerli. I pazienti in
Tempo
cui l’ablazione lineare della
fibrillazione atriale potrebbe
essere presa in considerazioFIGURA 30–15 Tachicardia ventricolare e mappaggio di stimolazione. Sono mostrate tutte le 12 derivazioni dell’elettrocardiogramma di superficie insieme alle registrazioni intracardiache durante la tachicardia ventricolare (TV). La
ne, sono quelli con un certo
registrazione attraverso Abl1-2 mostra una piccola deflessione che si verifica precocemente durante la diastole elettrica
grado di cardiopatia struttura(freccia) 110 millisecondi prima dell’insorgenza del QRS (linea tratteggiata). Nel riquadro di destra, la stimolazione è
le e fibrillazione atriale persieseguita da questo sito. Ciò produce un complesso QRS identico alla tachicardia in ogni derivazione, con un intervallo
stente o permanente, nei quatra lo stimolo e l’inizio del QRS simile a quello tra l’elettrogramma e l’inizio del QRS durante TV. L’ablazione in questa sede
li il mantenimento del ritmo
eliminava la TV in 2 secondi. TEVD = tratto di efflusso del ventricolo destro.
sinusale è importante e in cui
la FA recidiva malgrado i comuni farmaci antiaritmici o
fatto che questa procedura rappresenta spesso l’ultima risorsa
nei quali la terapia farmacologica non è tollerata o accettata.
in pazienti con TV farmaco-resistenti, ma è correlato anche
Risultati. Le percentuali di successo dell’ablazione nella
alla maggior difficoltà del mappaggio nei ventricoli. Inoltre,
fibrillazione atriale focale vanno dal 70 all’85%. Allo stato
l’induzione della TV deve essere idealmente riproducibile, con
attuale, non sembra esistere una tecnica preferita (isolamento
QRS monomorfi, prolungata ed emodinamicamente stabile,
segmentario mapping-guidato dell’ostio della vena polmonare
così che il paziente sia in grado di tollerare la TV per un
versus ablazione puramente anatomica). I motivi d’insuccesso
periodo sufficientemente lungo durante la procedura per l’acdell’ablazione sono (1) incompleto isolamento di una vena aritcurato mappaggio necessario a localizzare i siti bersaglio delmogena, (2) ripristino della conduzione dopo un isolamento
l’ablazione ottimale. (Pazienti con più di una TV monomorfa,
apparentemente efficace e (3) sorgenti di fibrillazione diverse
elettrocardiograficamente distinte possono essere candidati
dalle vene polmonari. Il rischio di ictus correlato all’ablazione
all’ablazione, perché in molti casi una comune via di rientro
estensiva dell’atrio sinistro è approssimativamente pari al 2%
è condivisa da due o più morfologie di TV.) Inoltre, l’origine
anche con un rigoroso regime di anticoagulazione. La stenosi
della TV deve essere ben circoscritta e situata sul versante
della vena polmonare, più probabile se l’ablazione è eseguita
endocardico (sono stati riportati rari casi di ablazione efficace
dentro la vena stessa piuttosto che all’ostio, può causare dispnea
solo dal versante epicardico75). A tutt’oggi, TV molto rapide,
e ipertensione arteriosa polmonare. In alcuni casi, sono stati
TV polimorfe ed episodi infrequenti non sostenuti non sono
necessari un’angioplastica e uno stent.
di solito gestibili con questa forma di terapia (vedi oltre).
Altre modalità non farmacologiche per il trattamento della
fibrillazione atriale, quali il pacing preventivo, i defibrillatori
LOCALIZZAZIONE E ABLAZIONE. L’ablazione con RF di TV può essere
atriali impiantabili o i dispositivi di controllo del ritmo atriale,
distinta in TV idiopatiche, che si presentano in pazienti con cuore essensono trattati nel Capitolo 31.
zialmente normale, TV che si verificano in varie patologie ma in assenza
ABLAZIONE CON CATETERE A RADIOFREQUENZA
di coronaropatia e TV nei pazienti affetti da coronaropatia e pregresso IM.
DELLA TV. In generale, la percentuale di successo dell’ablaNel primo gruppo, le TV possono insorgere in entrambi i ventricoli. Le TV
zione delle TV è inferiore a quella riportata per il rientro nel
destre più comunemente originano nel tratto d’efflusso e hanno una caratteristica morfologia a blocco di branca sinistro con asse inferiore; meno frenodo AV o il rientro AV. Questo minor successo è correlato al
Braun cap 30ok.indd 751
Terapia delle aritmie cardiache
La tecnica chirurgica di Maze è
stata accettata come una metodica
efficace per il definitivo ripristino
del ritmo sinusale. Nel 1994, sono
apparsi i primi resoconti sulla possibilità di riprodurre le linee di blocco
atriale prodotte chirurgicamente,
utilizzando l’ablazione transcatetere nell’uomo. L’intento della procedura è di compartimentalizzare il
muscolo atriale in segmenti troppo
piccoli per permettere che il fronte
dell’onda di fibrillazione si propaghi
e nel contempo di avere i segmenti
sufficientemente connessi per partecipare alla contrazione. Numerose
tecniche sono state utilizzate, compresa la creazione di lunghe lesioni
lineari mediante RF, limitatamente
all’atrio destro, sinistro o a entrambi.
Questa metodica è stata ampiamente sostituita dall’isolamento
della vena polmonare, anche se è
stata d’aiuto in alcuni pazienti che
hanno avuto recidive di fibrillazioni
dopo una procedura d’isolamento
apparentemente efficace. Possono
essere procedure molto lunghe,
che durano da 5 a 8 ore e tempi di
fluoroscopia oltre i 90 minuti non
sono rari.
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752
Sito non efficace
Sito efficace
1
2
3
V1
V6
ADA
Capitolo 30
AVD
Abluni
–43 msec
–43 msec
Abl1–2
300 msec
Tempo
FIGURA 30–16 Registrazioni di siti di ablazione efficaci e inefficaci in un paziente con TV idiopatica a origine
nella parete ventricolare inferiore destra. Nelle registrazioni dal sito dell’ablazione inefficace, il segnale unipolare
(freccia) ha una piccola onda r, indicando che una porzione del fronte d’onda dal focus della tachicardia si avvicinava al sito da qualche altra punto. Nel sito efficace, la registrazione unipolare ha una conformazione QS, che
indica che tutta la depolarizzazione origina da questo punto. In ogni sito, la registrazione bipolare (Abl1-2) si verifica
sempre 43 millisecondi prima dell’inizio del QRS (linee tratteggiate).
1
2
3
V1
V6
Abl1–2
–131
msec
AVD
TEVD
RF on
RFWatts
RFTemp
500 msec
Tempo
FIGURA 30–17 Ablazione con radio frequenza (RF) di una tachicardia ventricolare (TV) postinfartuale. Le
registrazioni sono come nelle precedenti figure. L’elettrogramma nella registrazione dall’ablatore (Abl1-2, freccia)
precede l’inizio del QRS (linea tratteggiata) di 131 millisecondi. Qui l’ablazione (RF on) determina una lieve decelerazione della TV prima dell’interruzione in 1,3 secondi. La temperatura monitorata dalla punta del catetere ha appena
raggiunto il picco (approssimativamente 70°C) al momento dell’interruzione della TV.
Braun cap 30ok.indd 752
quentemente, le TV originano nel tratto di
afflusso o nella parete libera. L’induzione
della tachicardia può essere favorito dalle
catecolamine. La maggior parte delle TV
ventricolari sinistre sono d’origine settale
e hanno un caratteristico aspetto del QRS
(blocco di branca destra, asse superiore);
altre TV sono meno comuni e insorgono
da altre aree del ventricolo sinistro, compreso il tratto di efflusso, e hanno aspetto
ECG e comportamento clinico simili a
quelle che originano nel tratto di efflusso
del ventricolo destro (Fig. 29-13). In alcuni
pazienti possono essere presenti pattern
anomali di innervazione simpatica. TV
in cuori patologici senza coronaropatia
possono essere dovute a rientro tra le
branche, più tipicamente osservate in
pazienti con miocardiopatie dilatative. In
questi pazienti, l’ablazione della branca
destra è risolutiva.TV possono presentarsi
nella displasia del ventricolo destro, nella
sarcoidosi, nella malattia di Chagas, nella
miocardiopatia ipertrofica e in altre patologie non coronariche (Cap. 32).
Il mappaggio di attivazione e il
mappaggio tramite stimolazione (pace
mapping) sono efficaci in pazienti con TV
idiopatiche per localizzare il sito di origine
della TV. Nel mappaggio dell’attivazione, il
campionamento dei tempi di insorgenza
degli elettrogrammi endocardici mediante
catetere di mappaggio viene confrontato
con l’inizio del complesso QRS di superficie. Siti che sono attivati prima che inizi
il QRS di superficie sono vicini all’origine
della TV (Fig. 30-15; vedi Fig. 29-13). Nelle
forme idiopatiche di TV, l’ablazione in
un sito in cui l’elettrogramma unipolare
mostra un “complesso QS” può avere successo maggiore di quando si osserva un
potenziale “rS” (Fig. 30-16). Il mappaggio
tramite stimolazione implica una stimolazione di vari siti ventricolari per ottenere
una morfologia del QRS che riproduce
il QRS della TV ventricolare, stabilendo
quindi l’apparente sito di origine dell’aritmia (Fig. 30-15). Questa tecnica ha
numerose limitazioni metodologiche ma
può essere utile quando la tachicardia non
può essere indotta e quando un ECG a
12 derivazioni è stato ottenuto durante
la TV spontanea. Potenziali presistolici
di Purkinje come segnali mesodiastolici
ad ampiezza molto bassa possono essere
registrati durante la TV da siti in cui l’ablazione sarà curativa, nella maggior parte dei
pazienti con TV sinistre che hanno morfologia a blocco di branca destra/asse superiore. La localizzazione delle sedi ottimali
per l’ablazione di TV nei pazienti affetti
da coronaropatia e pregresso infarto è
più difficile che nei pazienti con cuore
strutturalmente normale a causa dell’alterazione dell’anatomia e dell’elettrofisiologia. Un mappaggio di stimolazione in
questi casi presenta più bassa sensibilità
e specificità rispetto alle TV idiopatiche.
Inoltre, circuiti di rientro possono talvolta
essere grandi e resistenti alle lesioni relativamente piccole prodotte dall’ablazione
con RF sulla cicatrice endocardica.
Il rilievo di una regione protetta di attivazione diastolica che si dimostri essere
una componente critica del circuito di
rientro è auspicabile, poiché un’ablazione
in questa sede ha buone probabilità di eliminare l’aritmia (Fig. 30-17). A causa dell’ampio danno elettrofisiologico causato
dall’infarto, molte aree del ventricolo
possono presentare un’attivazione diastolica, ma non essere rilevanti al fine di
12-02-2007 12:09:15
Indicazioni. I pazienti con TV considerati per l’ablazione
con RF in assenza di patologie cardiache strutturali sono quelli
con TV monomorfa sintomatica, sostenuta, quando la tachicardia è farmaco-resistente, nel caso in cui il paziente sia intollerante ai farmaci oppure quando non desideri una terapia a
lungo termine. I pazienti con cardiopatie strutturali candidati
all’ablazione sono quelli con TV caratterizzata da rientro nelle
branche e pazienti con TV monomorfa sostenuta e portatori di
ICD, sottoposti a shock multipli non gestibili con una riprogrammazione o una concomitante terapia farmacologica. Talvolta, TV non sostenute o anche PVC gravemente sintomatici
richiedono l’ablazione con RF.
Risultati. Nell’indagine statunitense del NASPE, sono stati
sottoposti ad ablazione 429 pazienti, con una percentuale globale di successo del 71%. In 224 pazienti con cuore strutturalmente normale, il tasso di successo è stato dell’85%. Il tasso
Braun cap 30ok.indd 753
di successo è stato del 54% in 115 pazienti con TV dovuta a 753
cardiopatia ischemica e 61% in 90 pazienti con miocardiopatia idiopatica. Ci sono stati 13 complicanze significative (3,0%)
e nessun decesso correlato alla procedura, fatto interessante
considerando la natura della malattia.61 Il tasso di complicanze
è stato del 7,5% nell’indagine europea, con un decesso su 320
pazienti.63 Casistiche più recenti suggeriscono una frequenza
del 30% di “guarigione” (aritmia ventricolare di qualunque
tipo non inducibile, senza recidive), mentre più del 70% dei
pazienti non ha più recidive di TV dopo la procedura, nonostante l’inducibilità di TV rapide o FV.
NUOVE TECNOLOGIE DI MAPPAGGIO E DI ABLAZIONE
Sistemi di mappaggio multipolari. Come detto precedentemente, molte delle limitazioni dell’ablazione sono correlate
all’inadeguatezza del mappaggio. Questi problemi comprendono il riscontro di: isolati complessi prematuri durante lo
SEF invece che l’induzione di tachicardie sostenute (nelle
tachicardie idiopatiche atriali e ventricolari), episodi di TV
non sostenuti, scarsa tolleranza emodinamica della TV e multiple morfologie di TV. Le tecniche standard di mappaggio
consistono nel campionamento sequenziale di singoli siti e
sono poco adatte per queste situazioni. Sono disponibili nuovi
sistemi di mappaggio che permettono il campionamento simultaneo di molti siti e comprendonon sofisticati algoritmi computerizzati per analizzare e mostrare le mappe globali. Questi
sistemi di mappaggio utilizzano varie tecnologie, che vanno
da elettrodi multipli situati su ciascuno dei diversi segmenti
di un catetere a cestello, all’uso di campi elettrici o magnetici
a bassa intensità per localizzare l’estremità del catetere nel
cuore e registrare e tracciare un diagramma con i tempi d’attivazione su una mappa della camera esplorata, all’uso di sistemi
matematici complessi per effettuare elettrocardiogrammi “virtuali” registrati da un elettrodo a maglia situato al centro di
una camera cardiaca.78 Alcuni di questi sistemi generano
mappe di attivazione di un’intera camera utilizzando solo un
battito, un ovvio vantaggio nei pazienti che presentano solo
complessi prematuri ventricolari, aritmie non sostenute oppure
scarsa tolleranza emodinamica. Sebbene questi sistemi di mappaggio siano di grande utilità in casi selezionati, essi sono
complicati e costosi.
Terapia delle aritmie cardiache
perpetuare la TV. Questi “siti spettatori” (bystander) possono rendere il
mappaggio dell’attivazione più difficile.Tecniche di stimolazione come il
trascinamento (“entrainment”) possono essere usate come test per verificare se un sito è veramente parte di un circuito oppure uno spettatore.
L’entrainment consiste nella stimolazione per alcuni secondi durante la
tachicardia ad una frequenza lievemente più rapida di quella della TV;
dopo che la stimolazione cessa e la tachicardia originaria ricomincia, il
tempo intercorso tra l’ultimo battito stimolato e il primo spontaneo è
indicativo di quanto vicino sia il sito di stimolazione al circuito della TV.
Durante l’entrainment, parte del ventricolo è attivato dal fronte d’onda
stimolato e parte dal fronte d’onda della TV obbligato a emergere più precocemente, risultando in un complesso di fusione sull’ECG di superficie. La
stimolazione all’interno di una parte critica del circuito provoca un’esatta
corrispondenza del QRS con la TV; la fusione si verifica soltanto all’interno
del circuito ed è “nascosta” sull’ECG di superficie. Siti con potenziale mesodiastolico isolato a bassa ampiezza che non possono essere dissociati dalla
tachicardia tramite le interferenze della stimolazione, in cui l’entrainment
con fusione occulta può essere dimostrato, sono con molta probabilità
siti di ablazione efficace.
In una significativa percentuale di pazienti con TV in presenza di cardiopatie strutturali, il mappaggio di attivazione e l’entrainment non possono
essere eseguiti a causa della scarsa tolleranza emodinamica dell’aritmia o
dell’impossibilità a indurre la tachicardia sostenuta allo SEF. Alcuni ricercatori hanno ideato tecniche per accertare la sede di regioni miocardiche
in cui l’ablazione dovrebbe diminuire o eliminare le recidive di TV. Tali
metodi in genere rientrano in una categoria che può essere definita di
mappaggio del substrato, in cui aree di basso voltaggio o quelle in cui
si registrano potenziali molto tardivi durante il ritmo sinusale o in cui la
stimolazione riproduce strettamente la morfologia della TV nota dell’ECG
a 12 derivazioni (mappaggio di stimolazione) sono bersagli dell’ablazione
senza effettuare nessun altro mappaggio durante la TV.76 L’esperienza con
questi metodi è limitata, ma ha risultati assai promettenti nel ridurre il
numero di recidive di TV.
Nei pazienti senza cardiopatia organica è solitamente presente un’unica
TV e l’ablazione di questa TV è curativa. In quelli con estesa cardiopatia
organica, specialmente quelli con un pregresso IM, sono di solito presenti
multiple TV. Un’ablazione transcatetere di una singola TV in tali pazienti
può essere soltanto palliativa e non elimina la necessità di una successiva
terapia antiaritmica. L’origine di morfologie multiple di tachicardia non è
chiara, sebbene in alcuni casi esse siano semplicemente manifestazioni
differenti di un unico circuito (p.es., diverse direzioni di propagazione del
fronte d’onda al ventricolo) e l’ablazione di una può prevenire la recidiva
delle altre. La presenza di molteplici morfologie di TV contribuisce alle
difficoltà nel mappaggio e nell’ablazione della TV in questi pazienti, poiché
le tecniche di stimolazione impiegate per convalidare le registrazioni ai
potenziali siti d’ablazione determinano un cambiamento a un’altra forma
di TV che non origina nella stessa regione.
Dopo l’ablazione di TV, viene effettuata una stimolazione ventricolare
ripetuta per valutare l’efficacia. In alcuni casi, si dà origine a rapide TV
polimorfe o a una fibrillazione. Il significato clinico di queste aritmie non è
chiaro, ma qualche prova suggerisce che esse abbiano una bassa probabilità
di recidive spontanee durante il follow-up.
Come precedentemente evidenziato, la maggior parte dei casi di TV
polimorfa e FV di solito non è gestibile con l’ablazione a causa della instabilità emodinamica e delle modificazioni battito per battito nella sequenza
di attivazione.Tuttavia, rare segnalazioni di un’ablazione riuscita di queste
aritmie in pazienti con evidente inizio focale hanno dimostrato che almeno
alcuni casi possono essere trattati con l’ablazione. In questi casi, ripetuti
episodi di aritmia hanno costanti caratteristiche ECG del battito o dei battiti
iniziali, suggerendo una sorgente costante, che può essere in uno dei ventricoli. L’elettrogramma nei siti di ablazione efficace spesso ha potenziali
presistolici molto acuti che ricordano i potenziali di Purkinje.77
MAPPAGGIO CON CATETERE EPICARDICO. Anche se la maggior
parte delle TV può essere ablata dall’endocardio, esistono rari casi resistenti
a questa terapia. In alcuni di questi casi, l’ablazione epicardica potrebbe
essere efficace.75 Molto del lavoro in questo campo è stato eseguito con
successo nei pazienti con TV correlata alla malattia di Chagas, in cui la
maggioranza richiede il mappaggio e l’ablazione epicardica; è meno frequentemente necessaria in pazienti postinfarto o con miocardiopatie e in
quelli senza cardiopatia organica. La procedura per acquisire un accesso
epicardico differisce lievemente da quella della pericardiocentesi. Un lungo
ago da anestesia spinale viene introdotto con approccio sottoxifoideo sotto
controllo fluoroscopico.Appena si raggiunge la superficie del pericardio, si
inietta una piccola quantità di contrasto radiografico. Se la punta dell’ago
è ancora esterna al pericardio, il contrasto rimane dove è stato iniettato.
Quando si è penetrato lo spazio pericardico, il contrasto si disperde sottolineando il profilo del cuore. Una guida metallica può essere introdotta
attraverso l’ago e si scambia con un comune introduttore vascolare sulla
guida. Lo spazio pericardico è quindi accessibile a un catetere standard di
mappaggio e ablazione. Si possono quindi applicare le tecniche standard
di mappaggio. Quando un sito è selezionato per la possibile ablazione,
può essere necessaria una coronarografia per evitare di erogare l’energia
RF vicino a una arteria coronarica. Questo è meno importante nella TV
postinfarto dato che il substrato della TV è in genere una regione di pregresso infarto transmurale. Questa tecnica può essere utilizzata in pazienti
che sono stati sottoposti ad una precedente chirurgia cardiaca, sebbene le
aderenze possano obliterare parte dello spazio pericardico.
ABLAZIONE CHIMICA. È stata utilizzata l’ablazione chimica con alcol
o fenolo di un’area di miocardio coinvolta in una tachicardia per creare
blocco AV nei pazienti che non rispondono all’ablazione transcatetere ed
eliminare tachicardie atriali e ventricolari. Recidive di tachicardia molti
giorni dopo un apparente successo dell’ablazione sono comuni. L’eccessiva necrosi miocardica è la principale complicanza, per cui l’ablazione
con alcol deve essere considerata solo quando altre procedure ablative
falliscono o non possono essere praticate.
12-02-2007 12:09:15
CONTROLLO
754
DISSEZIONE EPICARDICA
DISSEZIONE ENDOCARDICA
Epicardio
Epicardio
Endocardio
Endocardio
Tessuto
adiposo
Atrio
Cryoprobe –60°C 2 min
Atrio
Tessuto
adiposo
VA
SC
Anulus
della
valvola
mitrale
AC
Ventricolo
Tessuto
adiposo
Anulus
della
valvola
mitrale
SC
AC
Ventricolo
Capitolo 30
FIGURA 30–18 Rappresentazione schematica dei due approcci chirurgici per l’interruzione di una via accessoria. Il riquadro a sinistra mostra il solco atrioventricolare sinistro con il suo contenuto vascolare, il seno coronarico (SC) e l’arteria coronaria circonflessa (AC). Vie accessorie multiple (VA) decorrono nel tessuto
adiposo. Il riquadro al centro mostra l’approccio di dissezione epicardica, mentre il destro la dissezione endocardica. Entrambi gli approcci asportano il tessuto
adiposo e interrompono ogni via accessoria. (Da Zipes DP: Cardiac electrophysiology: Promises and contributions. J Am Coll Cardiol 13:1329, 1989. Reprinted by
permission of the American College of Cardiology.)
Terapia chirurgica delle tachiaritmie
Gli obiettivi di un approccio chirurgico nel trattamento di una
tachicardia sono l’escissione, l’isolamento o l’interruzione del
tessuto coinvolto nel determinarne l’inizio, il mantenimento
o la propagazione preservando o eventualmente migliorando
la funzione miocardica. Oltre a un approccio chirurgico diretto
all’aritmia, approcci indiretti quali la aneurismectomia, il
bypass coronarico e il trattamento di una insufficienza o stenosi valvolare possono essere utili in pazienti selezionati per
migliorare l’emodinamica cardiaca e il flusso sanguigno al miocardio. La simpaticectomia cardiaca modifica l’influenza adrenergica sul cuore ed è risultata efficace in alcuni pazienti, particolarmente quelli con TV ricorrenti nella sindrome del QT
lungo.
Tachicardie sopraventricolari
Esistono procedure chirurgiche per pazienti (sia adulti sia bambini) con tachicardie atriali, flutter atriale, rientro del nodo AV
e rientro AV (Fig. 30-18). L’ablazione con catetere a RF è terapeutica per la stragrande maggioranza di questi pazienti e ha
quindi sostituito un intervento chirurgico diretto eccetto che
nei rari pazienti in cui l’ablazione con catetere a RF fallisca o
che debbano sottoporsi a una chirurgia cardiovascolare in concomitanza. In alcuni casi, un precedente tentativo di ablazione
con RF complica la chirurgia occludendo i piani di tessuto
normale nel solco AV del cuore oppure rendendo troppo friabili i tessuti. Talvolta, i pazienti con TA hanno foci multipli
che richiedono l’intervento chirurgico.
La procedura Maze, sviluppata per il trattamento della fibrillazione atriale, elimina l’aritmia riducendo la massa di tessuto
atriale in regioni troppo piccole per mantenere l’attività dei
circuiti di rientro responsabili della fibrillazione atriale.79 Essa
forza l’attivazione atriale a procedere lungo una via chirurgicamente determinata, così da mantenere il ritmo sinusale con
la conduzione del nodo AV. La procedura Maze permette una
depolarizzazione degli atri organizzata, ripristina la funzione
di contrazione atriale e così facendo riduce il rischio di tromboembolia. Il mantenimento del ritmo sinusale per più di 3
mesi dopo la procedura si avvicina al 100%, sebbene più del
10% dei pazienti richieda un pacemaker a causa di un’incompetenza cronotropa del nodo del seno (dovuta sia alla chirurgia
Braun cap 30ok.indd 754
sia alla preesistente patologia atriale). L’avvento delle tecniche
endoscopiche ed endovascolari minimamente invasive potrà
rendere possibile in futuro eseguire l’equivalente della procedura Maze senza toracotomia. La procedura Maze o una sua
variante è oggi di solito eseguita in concomitanza con la chirurgia della valvola mitrale, più che come indicazione primaria. In molti centri, l’ablazione intraoperatoria con RF ha sostituito le incisioni chirurgiche per effettuare la procedura Maze,
anche se sono state riportate significative complicanze (come
erosioni esofagee).80
Tachicardia ventricolare
Al contrario dei pazienti con aritmie sopraventricolari, i candidati alla terapia chirurgica delle aritmie ventricolari spesso
hanno una grave disfunzione ventricolare sinistra, che è generalmente causata da una coronaropatia. La causa della cardiopatia di base influisce sul tipo di intervento. I candidati sono
pazienti con TV farmaco-resistenti, sintomatiche, recidivanti
che idealmente presentano un’anomalia segmentale della
cinesi parietale (cicatrice o aneurisma) con funzione ventricolare sinistra residua preservata, che non hanno avuto successo
da un precedente tentativo di ablazione transcatetere o che
non sono candidati all’ablazione transcatetere per instabilità
emodinamica durante la TV o per presenza di trombi nel ventricolo sinistro. Nei pazienti con miocardiopatia non ischemica
sono stati ottenuti risultati più scadenti.
CARDIOPATIA ISCHEMICA. Nella quasi totalità dei pazienti
che hanno TV associata a cardiopatia ischemica, l’aritmia, indipendentemente dalla sua configurazione all’ECG di superficie,
insorge nel ventricolo sinistro o sul lato ventricolare sinistro
del setto interventricolare. Il profilo dell’ECG della TV può cambiare da un pattern di blocco di branca destra a quello di blocco
di branca sinistra senza un cambiamento nel sito di attivazione
diastolica precoce, suggerendo che la posizione del circuito aritmogeno all’interno del ventricolo sinistro rimane lo stesso,
spesso vicino al setto, ma la via d’uscita varia.
Approcci chirurgici indiretti, come la simpaticectomia cardiotoracica, il bypass aortocoronarico e la resezione dell’aneurisma o dell’IM con o senza bypass coronarico, hanno avuto
successo nel 20-30% dei casi riportati. Il bypass coronarico
come primo approccio terapeutico generalmente è stato efficace soltanto nei pazienti che hanno una TV durante l’ischemia
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Tecniche chirurgiche
Circuito
TV
Aneurisma
Ventriculotomia endocardica
circolare
755
Aneurismectomia
Crioablazione circolare
Resezione subendocardica
Resezione e
crioablazione focale
FIGURA 30–19 Diagramma schematico che mostra le procedure chirurgiche per il trattamento della tachicardia
Di solito, si utilizzano due tipi
ventricolare (TV) postinfartuale con aneurisma del ventricolo sinistro. Un ventricolo sinistro danneggiato è presentato
di procedura chirurgica: reseaperto lungo la parete laterale mostrando il setto e i muscoli papillari. Il circuito della tachicardia (superiore sinistro)
zione e ablazione (Fig. 30-19).81
effettua un percorso serpiginoso vicino al punto in cui l’aneurisma viene a contatto con miocardio normale e a volte
Il primo approccio chirurgico
è superficiale, altre volte profondo (linea verde). L’aneurismectomia semplice che lascia una porzione dell’aneurisma
diretto alla TV è stato la ventriper la sutura spesso non comprende il circuito e così non cura l’aritmia. Con una resezione subendocardica, viene
colotomia endocardica circolare,
rimosso uno strato di endocardio e di tessuto sottostante, comprendendo almeno parte del circuito della tachicardia.
utilizzando una ventricolotomia
Questa resezione ottiene l’eliminazione della tachicardia. La ventricolotomia endocardica circolare tenta di isolare
elettricamente il circuito senza rimuovere tessuto, ma probabilmente in realtà funziona incidendo porzioni del circuito.
transmurale per isolare le aree di
La crioablazione può essere utilizzata per isolare la zona infartuata oppure in associazione con la resezione endocarfibrosi endocardica che sono
dica per isolare i tessuti danneggiati troppo profondi nella parete per essere resecati con sicurezza.
state riconosciute visivamente.
Attualmente questa procedura è
impiegata di rado. Il razionale
poche procedure chirurgiche curative, date la differenza nella
per la resezione subendocardica è basato su dati sperimentali
sopravvivenza operatoria e la più breve degenza ospedaliera
e clinici che indicano che le aritmie dopo un IM insorgono
con l’impianto di un ICD rispetto alla chirurgia diretta della
soprattutto nel subendocardio, al confine tra il tessuto normale
TV, e considerate le percentuali di successo dell’ablazione trane quello infartuato. La resezione subendocardica implica il
scatetere in pazienti con ICD e frequenti episodi di TV.
distacco di uno strato di endocardio di 1-3 mm di spessore,
spesso vicino al margine di un aneurisma, in cui sia dimostrato
con le procedure di mappaggio esserci la sede della più precoce
Studi elettrofisiologici
attivazione della TV. Alcune TV possono insorgere dall’epicardio. Le tachicardie che insorgono in prossimità della base
STUDIO ELETTROFISIOLOGICO PREOPERATORIO. In
dei muscoli papillari sono trattate con una criosonda raffredpazienti per i quali viene programmata la terapia chirurgica
data a -70°C. La crioablazione può anche essere usata per isodiretta della TV è di solito necessario uno SEF preoperatorio.
lare aree di ventricolo che non possono essere resecate ed è
Questo studio implica l’induzione della TV e il mappaggio
spesso combinata con la resezione. Sono state usate con buoni
elettrofisiologico per localizzare l’area da resecare, come
successi anche tecniche con laser al neodimio:ittrio-alluminioavviene con l’ablazione transcatetere. Si ottiene una risolugranato, ma l’attrezzatura è costosa e di difficile uso.
zione di 4-8 cm2 di endocardio ventricolare, sebbene siano
RISULTATI. Per le tachiaritmie ventricolari, la mortalità
possibili localizzazioni anatomiche più accurate della punta
intraoperatoria varia dal 6 al 23%, con tassi di successo definiti
dell’elettrodo di mappaggio nel ventricolo. Tachicardie troppo
come assenza di recidive di aritmie ventricolari spontanee che
rapide, di breve durata o polimorfe non possono essere mapvanno dal 59 al 98%. In centri esperti, la mortalità intraopepate accuratamente, a meno che non venga usato più di un
ratoria può essere pari al 5% nei pazienti stabili sottoposti a
catetere o un catetere con elettrodi multipli. La somministraprocedure elettive, con una percentuale dell’85-95% di sopravzione di un farmaco quale la procainamide può rallentare la
vissuti liberi da tachiaritmie ventricolari inducibili o spontaTV e trasformare una TV polimorfa non sostenuta in una TV
nee. Le percentuali di recidive a lungo termine variano dal 2%
sostenuta di aspetto uniforme che può essere mappata. Il mapal 28% e si correlano ai risultati dello studio di stimolazione
paggio preoperatorio con catetere è controindicato nei pazienti
elettrofisiologica postoperatoria del paziente. La sopravvicon trombi noti del ventricolo sinistro che potrebbero essere
venza operatoria è fortemente influenzata dal grado di disfundislocati dal catetere di mappaggio.
zione ventricolare sinistra.
MAPPAGGIO VENTRICOLARE INTRAOPERATORIO. Un
La mortalità operatoria per impianto non toracotomico di
mappaggio elettrofisiologico si esegue anche al momento delICD è inferiore all’1%, con un tasso annuale di morte cardiaca
l’intervento chirurgico, con l’uso da parte del chirurgo di una
improvvisa inferiore all’1%. Attualmente vengono eseguite
Braun cap 30ok.indd 755
Terapia delle aritmie cardiache
così come nei pazienti con FV
ischemia-relata, ma può talvolta
essere utile nei pazienti con coronaropatia rianimati da morte
improvvisa che hanno aritmie
non inducibili allo SEF. Questi
pazienti presentano di solito una
chiara correlazione tra gli episodi
di aritmia ventricolare e un’ischemia severa immediatamente precedente e non mostrano alcuna
evidenza di infarto o evidenziano
solo piccole anomalie di cinesi
parietale con una funzione del
ventricolo sinistro complessivamente conservata. Nei pazienti
con TV sostenuta monomorfa oppure solo TV polimorfa, raramente l’intervento di bypass coronarico influenza l’aritmia, sebbene
quest’ultimo possa ridurre la frequenza di episodi aritmici in alcuni pazienti e prevenire nuovi
eventi ischemici.
12-02-2007 12:09:17
756 sonda manuale o con elettrodo abbinato a tecniche compute-
Capitolo 30
rizzate che forniscono istantaneamente una mappa globale di
attivazione ciclo per ciclo. La sequenza di attivazione nella TV
può essere tracciata determinando l’area di attivazione precoce. La resezione o la crioablazione del tessuto dal quale provengono queste registrazioni di solito elimina le TV, indicando
che esse costituiscono una parte critica del circuito di rientro.
Tuttavia, è chiaro che tale attività elettrica può essere tardiva
seguendo il ciclo precedente o precoce anticipando il ciclo
successivo. Quando la più precoce attività elettrica endocardica registrabile si verifica meno di 30 millisecondi prima dell’inizio del complesso QRS, le parti critiche del circuito
possono trovarsi nel setto interventricolare o vicino all’epicardio della parete libera.
L’area della più precoce attività elettrica registrata durante
la TV può non rappresentare in realtà una parte critica del
circuito della tachicardia, poiché questo può essere vari centimetri più lontano (p.es., in una piccola area cicatriziale).
L’impulso può allora essere condotto lentamente finché non
raggiunge un tessuto normalmente eccitabile, dove esce e si
diffonde rapidamente al resto dell’endocardio per generare un
complesso QRS. Tuttavia, questa area di attivazione precoce è
probabilmente strettamente correlata all’origine della tachicardia il che, sulla base delle attuali conoscenze e dei risultati
chirurgici, giustifica l’intervento chirurgico in questa sede.
Riscontrare un’area dalla quale un’“attività elettrica continua”
viene registrata raramente indica che l’intero circuito è registrato. Tuttavia, è probabile che una parte critica del circuito
della tachicardia sia vicina all’area di attività elettrica continua. In alcuni pazienti, un mappaggio intramurale, utilizzando
un ago-elettrodo a immersione, può risultare utile, particolarmente se l’origine della tachicardia non è nel subendocardio.
La maggior parte dei centri pratica attualmente una strategia
di resezione subendocardica “sequenziale”, in cui la TV è
indotta, mappata e ablata (resecata o crioablata) e una stimolazione viene immediatamente ripetuta. Se può ancora essere
indotta una TV, allora si ripetono mappaggio e resezione finché
non è più possibile l’induzione di una TV.
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Thomas H. Lee
Elettrocardiogramma ambulatoriale ed esami elettrofisiologici
Le linee guida per l’uso appropriato dell’elettrocardiogramma ambulatoriale (ECG) sono state pubblicate per la prima volta da American
College of Cardiology/American Heart Association (ACC/AHA) nel
19891 e aggiornate nel 1999.2 Insieme ad altre società scientifiche,
l’ACC/AHA ha pubblicato una dichiarazione dei requisiti di competenza clinica nell’ECG ambulatoriale nel 2001.3 Linee guida per l’esecuzione delle indagini di elettrofisiologia sono state pubblicate per la
prima volta nel 19894 e aggiornate nel 1995.5 Una dichiarazione per la
competenza clinica è stata pubblicata dalla ACC/AHA per gli studi di
elettrofisiologia e l’ablazione transcatetere nel 2000.6 L’AHA e la North
American Society of Pacing and Electrophysiology (NASPE) hanno
realizzato alcune raccomandazioni sulle norme di sicurezza, quali le
restrizioni nella guida, nei pazienti con aritmie nel 1996.7 Da allora,
gli sforzi per aggiornare le linee guida si sono focalizzati sull’appropriatezza dell’uso di pacemaker e defibrillatori impiantabili,8 riflettendo
i rapidi progressi nelle conoscenze circa la capacità dei defibrillatori
impiantabili di migliorare la sopravvivenza dei pazienti con aritmie con
o senza uno SEF.9-11 Le linee guida per quest’ultimo argomento sono
trattate nell’appendice al Capitolo 31.
Braun cap 30ok.indd 757
ELETTROCARDIOGRAMMA AMBULATORIALE
L’evoluzione delle linee guida per l’uso dell’ECG ambulatoriale dal
1989 al 19992 riflette importanti variazioni in numerosi ambiti, quali:
La comprensione dell’utilità limitata della soppressione dell’attività
ectopica ventricolare con la terapia farmacologica
La validità della tecnologia digitale che facilita la trasmissione telefonica dei dati elettrocardiografici
Progressi tecnici dei registratori di eventi a lungo termine
Miglioramento della qualità del segnale e della sua interpretazione
Miglioramento della interpretazione computerizzata delle aritmie
Capacità di monitoraggio altamente sofisticata dei pacemaker e dei
defibrillatori impiantabili
Come risultato dei progressi raggiunti in queste aree, con l’aumentare delle conoscenze sulle aritmie, l’ECG ambulatoriale è attualmente
considerato di incerta appropriatezza in molte situazioni per le quali
prima era una strategia consolidata.
Come nelle altre linee guida dell’ACC/AHA, le indicazioni per l’uso
dell’ECG ambulatoriale vengono classificate in quattro classi:
12-02-2007 12:09:19
758 Tabella 30L–1 Linee guida dell’ACC/AHA per l’ECG ambulatoriale per la valutazione dei sintomi e delle aritmie
Indicazione
Classe I (indicato)
Valutazione dei sintomi
probabilmente correlati
a disturbi del ritmo
Pazienti con sincope
inspiegabile, lipotimia,
o vertigini episodiche la
cui causa non è evidente
Pazienti con palpitazioni
ricorrenti inspiegate
Classe IIa (buone
prove di supporto)
Classe IIb (deboli
prove di supporto)
Classe III (non indicato)
Capitolo 30
Pazienti con episodi di
respiro corto, dolore
toracico o affaticamento
non altrimenti spiegati
Pazienti con eventi neurologici se si sospetta fibrillazione atriale transitoria o
flutter atriale
Pazienti con sintomi come
sincope, lipotimia, vertigini
episodiche o palpitazioni
nei quali è stata identificata
una probabile causa diversa
da aritmia ma in cui i
sintomi persistono nonostante il trattamento
di questa altra causa
I pazienti con sintomi
come sincope, lipotimia,
vertigini episodiche
e palpitazioni in cui
sono state identificate
altre cause dall’anamnesi
e dall’esame obiettivo,
o da esami di laboratorio
Pazienti con accidenti
cerebrovascolari, senza
altre evidenze di aritmia
Identificazione
dell’aritmia per
valutare il rischio di
futuri eventi cardiaci in
pazienti senza sintomi
da aritmia
Pazienti post-IM con
disfunzione VS (FE <40%)
Pazienti affetti da CHF
Pazienti con miocardiopatia
ipertrofica idiopatica
Pazienti che hanno
contusione miocardica
sostenuta
Pazienti ipertesi con
ipertrofia VS
Pazienti post-IM con
funzione normale del VS
Aritmia preoperatoria
valutazione di pazienti
per chirurgia non
cardiaca
Pazienti con apnea
durante il sonno
Pazienti con cardiopatie
valvolari
Misurazione della
variabilità della
frequenza cardiaca per
valutare il rischio di
futuri eventi cardiaci in
pazienti senza sintomi
di aritmia
Pazienti post-IM con
disfunzione VS
Pazienti affetti da CHF
Pazienti con miocardiopatia
ipertrofica idiopatica
Pazienti post-IM con
funzione normale del VS
Soggetti diabetici per
valutare la neuropatia
diabetica
Pazienti con disturbi del
ritmo che precludono
analisi HRV (cioè,
fibrillazione atriale)
Valutazione della terapia
antiaritmica
Per valutare la risposta
al farmaco antiaritmico
negli individui in cui
la frequenza basale
dell’aritmia è stata
considerata riproducibile
e abbastanza frequente
per permettere l’analisi
Per evidenziare
risposte
proaritmiche
alla terapia
antiaritmica nei
pazienti ad alto
rischio
Per valutare il controllo
della frequenza durante
fibrillazione atriale
Per documentare aritmie
ricorrenti o non sostenute
asintomatiche in corso di
terapia ambulatoriale
ACC/AHA = American College of Cardiology/American Heart Association; CHF = insufficienza cardiaca congestizia; HRV = Heart Rhythm Variability, variabilità
di ritmo cardiaco; VS = ventricolare sinistra; IM = infarto del miocardio.
Classe I: condizioni per cui esistono prove e/o accordo generale che
la procedura è utile ed efficace.
Classe II: Condizioni per le quali esistono evidenze conflittuali e/o
divergenze di opinione sulla utilità/efficacia di eseguire un test.
Classe IIa: Evidenze/pareri sono complessivamente a favore riguardo
l’utilità/efficacia della procedura.
Classe IIb: Utilità/efficacia non sono ben stabilite dalle evidenze/opinioni.
Classe III: Condizioni per le quali vi sono evidenze e/o consenso
unanime che il test non è utile/efficace e in alcuni casi è pericoloso.
Diagnosi
Nella valutazione dei sintomi che potrebbero essere correlati alle
aritmie, l’ECG ambulatoriale è chiaramente considerato utile in caso
di sincope (Tab. 30L-1). In caso la registrazione ambulatoriale dell’ECG
Braun cap 30ok.indd 758
in continuo non sia diagnostica, possono essere utili registrazioni
intermittenti. L’ECG ambulatoriale è anche supportato per la valutazione delle palpitazioni ricorrenti, particolarmente se la frequenza di
questi sintomi rende ragionevolmente possibile metterli in relazione
con i tracciati ottenuti durante un monitoraggio di 24 ore. Le linee
guida sottolineano che i dati sull’impiego dell’ECG ambulatoriale per
la valutazione della lipotimia o delle vertigini non sono sufficienti per
descriverne l’efficacia diagnostica in pazienti che presentano questi
sintomi.
Le linee guida della ACC/AHA esplicitamente scoraggiano l’ECG
ambulatoriale per i pazienti con sincope o palpitazioni se altre cause
sono state identificate durante la valutazione clinica e per i pazienti
con accidenti cerebrovascolari e nessuna altra evidenza di aritmia.
Le linee guida cercano di ridurre gli ECG ambulatoriali eseguiti “per
completezza” in questi casi. Scarso sostegno è fornito all’uso dell’ECG
ambulatoriale nei casi in cui l’eziologia dei sintomi non è chiara ma
12-02-2007 12:09:19
Tabella 30L–2 Linee guida dell’ACC/AHA per l’ECG
ambulatoriale per la valutazione del
pacemaker e della funzione dell’ICD
Classe
Indicazione
Classe I (indicato)
Valutazione dei sintomi frequenti come
palpitazioni, sincope o lipotimia per
testare la funzione del dispositivo al fine
di escludere inibizione miopotenziale
e tachicardia pacemaker-mediata e per
contribuire alla programmazione di
ulteriori funzioni come la velocità di
responsività e il passaggio a modalità
automatica
Valutazione di un sospetto deficit di
componente o malfunzionamento quando
l’interrogazione del dispositivo non è
definitiva per porre una diagnosi
Per valutare la risposta alla terapia
farmacologica adiuvante nei pazienti che
ricevono frequente terapia con ICD
Classe IIb (deboli
evidenze a
supporto)
Valutazione della funzionalità del pacemaker
nell’immediato periodo postoperatorio
dopo impianto di pacemaker o di ICD
come alternativa o complemento al
monitoraggio telemetrico
Valutazione della frequenza di aritmie
sopraventricolari in pazienti con
defibrillatori impiantati
Classe III (non
indicato)
Valutazione dell’ICD o del
malfunzionamento del pacemaker quando
l’interrogazione del dispositivo, ECG o
altri dati disponibili (radiografia del torace
e così via) sono sufficienti a stabilire una
causa sottostante o la diagnosi
Follow-up di routine in pazienti asintomatici
ACC/AHA = American College of Cardiology/American Heart Association;
ECG = elettrocardiogramma; ICD = Implantable Cardioverter-Defibrillator,
cardiovertitore-defibrillatore impiantabile.
Tabella 30L–3 Linee guida ACC/AHA per il monitoraggio
dell’ischemia
Classe
Indicazione
Classe I (indicato)
Classe IIa (buone
evidenze a
supporto)
Pazienti con sospetta angina variabile
Classe IIb (deboli
evidenze a
supporto)
Valutazione dei pazienti con dolore toracico
che non possono eseguire lo sforzo
Valutazione preoperatoria per chirurgia
vascolare in pazienti che non possono
effettuare sforzi
Pazienti con CAD nota e dolore toracico
atipico
Classe III (non
indicato)
Valutazione iniziale dei pazienti
con dolore toracico che sono
in grado di effettuare sforzi
Screening di routine in soggetti
asintomatici
ACC/AHA = American College of Cardiology/American Heart Association;
CAD = Coronary Artery Disease, coronaropatia.
Braun cap 30ok.indd 759
Valutazione del rischio
Le linee guida dell’ACC/AHA non incoraggiano l’impiego dell’ECG
ambulatoriale per l’individuazione di un’aritmia o per lo studio della
variabilità del ritmo cardiaco se l’obiettivo è la valutazione del rischio
di pazienti senza sintomi di aritmia, anche se essi hanno condizioni
cardiovascolari come contusione miocardica, ipertrofia ventricolare
sinistra o patologia valvolare (Tab. 30L-1). L’uso di routine nei pazienti
in cui l’aritmia è una comune causa di morte (disfunzione ventricolare
sinistra, miocardiopatia ipertrofica) è stato considerato un’indicazione
classe IIb. Queste raccomandazioni hanno preceduto i dati che dimostrano l’impatto positivo dei cardiovertitori-defibrillatori impiantabili
(Implantable Cardioverter-Defibrillator, ICD) nei pazienti con disfunzione ventricolare sinistra dopo infarto acuto del miocardio anche
senza sintomi di aritmia.9 Questi dati più recenti possono portare a
un’espansione del ruolo dell’ECG ambulatoriale nel determinare quali
di questi pazienti asintomatici necessitano maggiormente di questo
costoso apparecchio.
Efficacia della terapia antiaritmica
In mancanza di dati che dimostrano che la terapia antiaritmica orale
può migliorare la sopravvivenza tramite il controllo delle aritmie ventricolari, l’ECG ambulatoriale è di scarso ausilio per valutare l’efficacia
del trattamento (Tab. 30L-1). I farmaci antiaritmici orali sono importanti per il controllo delle aritmie sopraventricolari, ma la maggior
parte dei pazienti con tale aritmia non ha episodi ogni giorno. I registratori di eventi possono essere utili per documentare la relazione
tra sintomi e ricorrenza dell’aritmia e l’intervallo tra gli episodi, al fine
di guidare il trattamento.
Le linee guida dell’ACC/AHA forniscono alcuni supporti per l’uso
dell’ECG ambulatoriale per il riscontro di proaritmie durante l’inizio
del trattamento farmacologico, ma i pazienti ad alto rischio per tali
complicanze tendono a iniziare tali farmaci da degenti.
Terapia delle aritmie cardiache
Classe IIa (buone
evidenze a
supporto)
in cui la probabilità di evidenziare una aritmia insospettata è bassa 759
(indicazioni della classe IIb).
Valutazione della funzione del pacemaker e dell’ICD
L’ECG ambulatoriale è stato considerato appropriato per la valutazione
della funzionalità di pacemaker e ICD, ma il ruolo dell’ECG ambulatoriale sta decadendo grazie alla presenza di funzioni di diagnosi e
monitoraggio insite nei nuovi dispositivi. L’ECG ambulatoriale può
fornire utili informazioni correlando la sintomatologia con l’attività del
dispositivo ed evidenziando difetti di sensing e di cattura durante un
follow-up cronico (Tab. 30L-2). Tuttavia, le linee guida dell’ACC/AHA
sottolineano che l’ECG ambulatoriale non deve essere usato quando i
dati disponibili interrogando il dispositivo sono sufficienti per guidare
la gestione clinica.
Monitoraggio dell’ischemia miocardica
Le linee guida dell’ACC/AHA del 1999 non sostengono in maniera
inequivocabile l’indicazione all’impiego routinario in clinica del monitoraggio ECG ambulatoriale per l’ischemia miocardica (Tab. 30L-3). La
sola indicazione per cui la task force giudicava che c’era una buona
evidenza a sostegno era nei pazienti con sospetta angina variante.
Questo approccio non era considerato un’alternativa di prima scelta
al test da sforzo per i pazienti incapaci di eseguire uno sforzo.
Competenza clinica
Le dichiarazioni dell’ACC/AHA sulla competenza clinica raccomandano che si debbano interpretare almeno 150 elettrocardiogrammi
ambulatoriali sotto supervisione per acquisire la competenza minima
con questa tecnologia.3 Un minimo di 25 interpretazioni di test per
anno era raccomandata per mantenere la competenza.
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760 Tabella 30L–4 Linee guida dell’ACC/AHA per lo studio clinico elettrofisiologico intracardiaco per la valutazione
di specifiche anomalie elettrocardiografiche
Capitolo 30
Indicazioni
Classe I (opportuno)
Classe II (controverso)
Classe III (inopportuno)
Valutazione della funzione del nodo del
seno
Pazienti sintomatici in cui si
sospetta una disfunzione del
nodo del seno alla base della
sintomatologia ma in cui il
nesso di causalità tra l’aritmia
e i sintomi non è stato stabilito
dopo un’appropriata valutazione
Pazienti con disfunzione del nodo
del seno documentata nei quali
la valutazione della conduzione
atrioventricolare (AV) o ventricoloatriale (VA) o la predisposizione
alle aritmie può aiutare nella
scelta della modalità di stimolazione elettrica più appropriata
Pazienti con bradiaritmie sinusali
documentate elettrocardiograficamente per determinare se le
anomalie sono dovute a malattia
intrinseca, disfunzione del sistema
nervoso autonomo o agli effetti
dei farmaci in modo da facilitare
la scelta terapeutica
Pazienti sintomatici con bradiaritmie sinusali documentate per
valutare l’eventuale presenza di
altre aritmie alla base della sintomatologia
Pazienti sintomatici in cui l’associazione tra sintomi e bradiaritmia documentata è stata stabilita
e la scelta terapeutica non viene
influenzata dai risultati dello
SEF
Pazienti asintomatici con bradiaritmie sinusali o pause sinusali
osservate solo durante il sonno,
compresa l’apnea durante il
sonno
Blocco AV acquisito
Pazienti sintomatici con sospetto
blocco del sistema His-Purkinje
alla base della sintomatologia
non ancora documentato
Pazienti con blocco AV di secondo
o terzo grado trattati con pacemaker ma ancora sintomatici
e nei quali si sospetta un’altra
aritmia alla base della sintomatologia
Pazienti con blocco AV di secondo
o terzo grado nei quali la
conoscenza della sede del blocco
o il suo meccanismo o la risposta
alla terapia farmacologica o ad
altri interventi temporanei può
aiutare nella gestione terapeutica
o a stabilire la prognosi
Pazienti con sospetta
depolarizzazione giunzionale
prematura occulta come causa
del blocco AV di secondo o terzo
grado (cioè, pseudoblocco AV)
Pazienti sintomatici nei quali i
sintomi e la presenza del blocco
AV sono correlati ai reperti ECG
Pazienti asintomatici con blocco
AV transitorio associato a
bradicardia sinusale
(p.es., blocco AV di II grado
tipo I notturno)
Ritardo cronico
della conduzione
intraventricolare
Pazienti sintomatici in cui la causa
dei sintomi è sconosciuta
Pazienti asintomatici con blocco
di branca nei quali si intende
effettuare una terapia farmacologica che potrebbe incrementare il
ritardo della conduzione o provocare un blocco cardiaco
Pazienti asintomatici con ritardo
di conduzione intraventricolare
Pazienti sintomatici nei quali i
sintomi possono essere correlati
o esclusi attraverso un ECG
Tachicardia con QRS
stretti (complesso QRS
<0,12 sec)
Pazienti con episodi frequenti
o scarsamente tollerati di
tachicardia che non risponde
adeguatamente alla terapia
farmacologica e nei quali le
informazioni sulla sede di
origine, meccanismo e proprietà
elettrofisiologiche delle vie di
conduzione della tachicardia
sono essenziali per la scelta
della terapia appropriata
(farmaci, ablazione transcatetere,
stimolazione elettrica o
chirurgia)
Pazienti che preferiscono la
terapia ablativa al trattamento
farmacologico
Pazienti con frequenti episodi
di tachicardia che richiedono
terapia farmacologica per i quali
si temono effetti proaritmici o
effetti dei farmaci antiaritmici
sul nodo del seno o sulla
conduzione AV
Pazienti in cui la tachicardia
è facilmente controllata da
manovre vagali e/o che tollerano
bene la terapia farmacologica e
che non sono candidati a terapie
alternative
Tachicardie a complessi
larghi
Pazienti con tachicardia a QRS
largo in cui la diagnosi corretta
è poco chiara dopo l’analisi dei
tracciati ECG disponibili e in cui
conoscere la diagnosi corretta è
necessario per il trattamento
Nessuna
Pazienti con TV o TSV con
conduzione aberrante o sindrome
da preeccitazione diagnosticate
con certezza in base ai criteri
ECG e nei quali i dati dello SEF
invasivo non influenzerebbero
la terapia. Tuttavia, i dati
ottenuti dallo SEF di base
in questi pazienti potrebbero
essere utili come guida
per la conseguente terapia
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761
Tabella 30L–4 Linee guida dell’ACC/AHA per lo studio clinico elettrofisiologico intracardiaco per la valutazione
di specifiche anomalie elettrocardiografiche – continuazione
Classe I (opportuno)
Classe II (controverso)
Classe III (inopportuno)
Sindrome del QT lungo
Nessuna
Individuazione dell’effetto proaritmico di un farmaco in un
paziente che ha avuto TV sostenuta o arresto cardiaco durante
la somministrazione del farmaco
Pazienti con anomalie dubbie
della durata dell’intervallo QT
o dell’aspetto dell’onda TU con
sincope o aritmie sintomatiche,
nei quali gli effetti delle catecolamine possono smascherare una
specifica anomalia del QT
Pazienti con allungamento congenito del QT clinicamente
evidente, con o senza aritmie
sintomatiche
Pazienti con sindrome del QT
lungo acquisita con sintomi
strettamente correlati a una
causa o a un meccanismo
identificabili
Sindrome di WolffParkinson-White
Pazienti valutati per l’ablazione
transcatetere o chirurgica di una
via accessoria
Pazienti con preeccitazione ventricolare sopravvissuti a un arresto
cardiaco o che presentano
sincope inspiegabile
Pazienti sintomatici in cui la determinazione del meccanismo dell’aritmia o la conoscenza delle
proprietà elettrofisiologiche della
via accessoria e del sistema di
conduzione normale sarebbe di
aiuto nel determinare la terapia
appropriata
Pazienti asintomatici con storia
familiare di morte cardiaca
improvvisa o con preeccitazione
ventricolare ma non aritmie
spontanee che hanno occupazioni o attività ad alto rischio
e in cui conoscere le proprietà
elettrofisiologiche della via
accessoria o della tachicardia
inducibile è utile a stabilire le
raccomandazioni per l’attività o
la terapia futura
Pazienti con preeccitazione ventricolare sottoposti a intervento
cardiochirurgico per altre ragioni
Pazienti asintomatici con
preeccitazione ventricolare,
eccetto quelli in classe II
Complessi ventricolari
prematuri, coppie
e TV non sostenuta
Nessuna
Pazienti con altri fattori di rischio
per eventi aritmici futuri, quali
bassa frazione d’eiezione, ECG
signal-averaged positivo e TV
non sostenuta alla registrazione
ECG ambulatoriale nei quali lo
SEF verrà usato per un’ulteriore
valutazione del rischio e per
guidare la terapia nei pazienti
con TV inducibile
Pazienti gravemente sintomatici
con complessi prematuri ventricolari di morfologia uniforme,
coppie e TV non sostenuta che
sono considerati potenziali candidati all’ablazione transcatetere
Pazienti asintomatici o lievemente
sintomatici con complessi
ventricolari prematuri, coppie
e TV non sostenuta senza altri
fattori di rischio per un’aritmia
sostenuta
Terapia delle aritmie cardiache
Indicazioni
ACC/AHA = American College of Cardiology/American Heart Association; ECG = elettrocardiografia; TV = tachicardia ventricolare.
STUDIO ELETTROFISIOLOGICO PER LA DIAGNOSI
Le linee guida dell’ACC/AHA per l’uso di procedure elettrofisiologiche
intracardiache del 19894 e 19956 riflettono il ruolo emergente della
ablazione transcatetere come strategia terapeutica ma non completamente la ridotta importanza dei farmaci antiaritmici e il crescente ruolo
degli ICD. Nonostante ciò, la maggior parte dei temi base di queste
linee guida restano tuttora validi.
Queste linee guida, che sono più vecchie della maggior parte delle
linee guida dell’ACC/AHA, usano un sistema più semplice a tre categorie per valutare l’appropriatezza, in cui le indicazioni di classe II non
sono divise in indicazioni con più o meno sostegni.
Valutazione della funzione del nodo del seno
La valutazione clinica della disfunzione del nodo del seno è spesso
difficile a causa della natura episodica delle anomalie sintomatiche e
dell’ampia variabilità della funzione del nodo del seno tra i soggetti
asintomatici. Test invasivi sulla funzione sinusale possono valutare la
capacità del nodo del seno di recuperare dopo soppressione mediante
overdrive e calcolare la conduzione senoatriale applicando extrastimoli atriali o pacing atriale.
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Le linee guida dell’ACC/AHA considerano lo studio elettrofisiologico del nodo del seno più appropriato per pazienti con disfunzione
sospetta ma non dimostrata dopo una valutazione non invasiva (Tab.
30L-4). Viceversa, le linee guida considerano tale studio inappropriato
quando una bradiaritmia documentata si correla con i sintomi del
paziente ed è improbabile che il trattamento sia influenzato da uno
SEF. Gli studi sono stati considerati inappropriati anche nei pazienti
asintomatici e in quelli che hanno pause sinusali solo durante il
sonno. Nel caso in cui le bradiaritmie siano riconosciute come causa
dei sintomi del paziente, si riteneva che i dati dello SEF avessero una
appropriatezza possibile ma dubbia (classe II) nel precisare il trattamento di scelta.
Blocco atrioventricolare acquisito
Le linee guida dell’ACC/AHA sottolineano che lo SEF è inappropriato
(classe III) se i segni ECG correlano con i sintomi e i dati dello SEF non
modificano la terapia (p.es., documentare la conduzione del fascio di
His di rado migliora il trattamento per un paziente quando altri dati
clinici indicano che il posizionamento di un pacemaker permanente
è giustificato per un blocco AV avanzato sintomatico). Allo stesso
modo, lo SEF non è appropriato nei pazienti asintomatici con blocco
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762 AV di grado lieve che probabilmente non richiedono l’impianto di un
pacemaker. In base a queste linee guida, lo SEF della conduzione AV
deve essere eseguito in caso non sia stata dimostrata una relazione
tra la sintomatologia del paziente e il blocco AV; in tali pazienti, alla
base dei sintomi potrebbe esservi un’altra aritmia.
Ritardo cronico intraventricolare
Capitolo 30
Secondo le linee guida dell’ACC/AHA, il ruolo principale dello SEF
nei pazienti con HV prolungato non è di predire future complicanze
ma di determinare se i sintomi dell’aritmia sono dovuti a ritardi di
conduzione o blocco oppure ad altre aritmie. La sola indicazione di
classe I (chiaramente appropriata) per lo SEF riguarda i pazienti sintomatici nei quali l’eziologia dei sintomi è sconosciuta. Le linee guida
specificatamente scoraggiano questi test nei pazienti asintomatici e
forniscono soltanto prove equivoche per pazienti asintomatici con
blocco di branca nei quali è da considerare il trattamento con farmaci
che potrebbero aumentare il ritardo di conduzione.
Tachicardie con complessi QRS stretti e larghi. Le linee guida
dell’ACC/AHA definiscono ruoli differenti per i test elettrofisiologici nei
pazienti con tachicardia a complessi stretti e larghi. Nella tachicardia
con complessi QRS stretti, il sito di formazione dell’impulso anomalo
o il circuito di rientro possono essere spesso determinati con un ECG
a 12 derivazioni. Quindi, lo SEF in questo contesto è considerato adeguato più come guida alla gestione terapeutica che come strumento
diagnostico. Le indicazioni di classe I per i test elettrofisiologici includono pazienti con tachicardia ricorrente in cui i dati provenienti dallo
studio possono aiutare il medico nella scelta tra terapia farmacologica,
ablazione transcatetere, stimolazione elettrica o chirurgia. Tuttavia, lo
SEF non è considerato utile nei pazienti con tachicardie ben controllate
da manovre vagali o da farmaci e che quindi non sono candidati a
terapie non farmacologiche.
Nelle tachicardie a complessi larghi, l’identificazione del sito di
origine è spesso impossibile con il solo tracciato ECG. Tuttavia, lo SEF
consente una diagnosi accurata praticamente in tutti i pazienti. Dal
momento che la conoscenza del meccanismo dell’aritmia è essenziale
per la scelta della terapia ottimale, in queste linee guida lo SEF è stato
ritenuto appropriato (classe I) per la diagnosi delle tachicardie con
complessi QRS larghi. Tuttavia, quando la diagnosi è chiara grazie ad
altri dati ed è improbabile che lo SEF influenzi la terapia, le linee guida
lo considerano inappropriato.
Sindrome del QT lungo. Le linee guida dell’ACC/AHA non considerano gli esami elettrofisiologici per nessuna indicazione per l’uso di
routine in pazienti con sindrome del QT lungo. Non è chiaro se l’infusione di catecolamine durante lo studio possa individuare i pazienti
ad alto rischio di complicanze o se lo SEF possa essere impiegato per
valutare effetti proaritmici in questa popolazione.
Sindrome di Wolff-Parkinson-White. Lo SEF è utile in pazienti
con questa malattia sia per la diagnosi e sia per programmare la
terapia. Le linee guida dell’ACC/AHA considerano lo SEF appropriato
per i pazienti candidati all’ablazione chirurgica o transcatetere, per
quelli che hanno presentato arresto cardiaco o sincope inspiegabile
o per quei pazienti la cui gestione potrebbe essere modificata dalla
conoscenza delle proprietà elettrofisiologiche della via accessoria e
del normale sistema di conduzione. Nei pazienti asintomatici, tuttavia, lo SEF si ritiene inappropriato eccetto che in speciali condizioni,
quali pazienti con occupazioni ad alto rischio o con un’anamnesi
familiare positiva per morte cardiaca improvvisa. Alcune patologie
riconosciute più recentemente come la sindrome di Brugada, la tachicardia catecolaminergica e la miocardiopatia ventricolare destra non
sono considerate.
Tachicardia ventricolare non sostenuta. Anche nei pazienti con
complessi prematuri ventricolari, coppie e TV non sostenuta, l’utilità
dello SEF è compromessa dalla mancanza di strategie terapeutiche che
dimostrino un miglioramento della prognosi. Non vi sono indicazioni
chiaramente appropriate per lo SEF in questi pazienti e le linee guida li
hanno scoraggiati nei pazienti senza altri fattori di rischio per aritmie
sostenute. Gli sudi pubblicati a partire da queste linee guida suggeriscono che le eccezioni potrebbero includere i pazienti che soddisfano i
criteri degli studi Multicenter Automatic Defibrillator Implantation Trial
(MADIT) o Multicenter Unsustained Tachycardia Trial (MUSTT). Per
pazienti che presentano criteri suggestivi per una prognosi sfavorevole, gli studi elettrofisiologici sono ritenuti avere una appropriatezza
probabile ma non provata (classe II).
Tabella 30L–5 Linee guida dell’ACC/AHA per lo studio elettrofisiologico intracardiaco per la valutazione delle sindromi
cliniche
Indicazione
Classe I (opportuno)
Classe II (controverso)
Classe III (inopportuno)
Sincope inspiegabile
Pazienti con sospetta malattia
cardiaca strutturale e sincopi che
rimangono non spiegate dopo
un’appropriata valutazione
Pazienti con sincope ricorrente
inspiegabile senza cardiopatia
strutturale e tilt test negativo
Pazienti con cause note di sincope
nei quali il trattamento non è
guidato dai risultati dello SEF
Pazienti sopravvissuti
all’arresto cardiaco
Pazienti sopravvissuti a un
episodio di arresto cardiaco
senza evidenza di infarto
miocardico acuto con onda Q
Pazienti sopravvissuti a un arresto
cardiaco che si è verificato più
di 48 ore dopo la fase acuta
di IM in assenza di evento
ischemico recidivo
Pazienti sopravvissuti a un arresto
cardiaco causato da bradiaritmia
Pazienti sopravvissuti a un arresto
cardiaco che si ritiene associato
a un’anomalia congenita della
ripolarizzazione (sindrome del
QT lungo) nei quali i risultati
degli esami non invasivi sono
dubbi
Pazienti sopravvissuti a un arresto
cardiaco verificatosi durante la
fase acuta (<48 ore) dell’IM
Pazienti con arresto cardiaco
conseguente a cause specifiche
chiaramente individuabili come
ischemia reversibile, stenosi valvolare aortica grave o sindrome
del QT lungo congenita o acquisita documentata mediante esami
non invasivi
Palpitazioni inspiegabili
Pazienti con palpitazioni in cui
la frequenza del polso è stata
documentata dal personale
medico come inadeguatamente
rapida e in cui le registrazioni
ECG non riescono a documentare
la causa delle palpitazioni
Pazienti con palpitazioni che
precedono un episodio sincopale
Pazienti con palpitazioni clinicamente significative di sospetta
origine cardiaca con sintomatologia sporadica e pertanto di difficile documentazione. Lo studio è
eseguito per determinare i meccanismi delle aritmie, indirizzare
o somministrare la terapia o stabilire la prognosi
Pazienti con palpitazioni
documentate come conseguenti
a cause extracardiache
(p.es., ipertiroidismo)
ACC/AHA = American College of Cardiology/American Heart Association; ECG = elettrocardiografia; IM = infarto miocardico.
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Tabella 30L–6 Linee guida dell’ACC/AHA per lo studio elettrofisiologico intracardiaco per l’intervento terapeutico
Indicazioni
Classe I (appropriato)
Classe II (controverso)
Classe III (inappropriato)
Guida alla terapia
farmacologica
Pazienti con TV sostenuta o arresto
cardiaco, specialmente quelli
con un pregresso IM
Pazienti con TRNAV, tachicardia
da rientro AV che utilizza una
via accessoria o fibrillazione
atriale associata con una via
accessoria per i quali si prevede
una terapia farmacologica
cronica
Pazienti con tachicardia da rientro
del nodo del seno, tachicardia
atriale, fibrillazione atriale o
flutter atriale senza sindrome da
preeccitazione ventricolare per i
quali è programmata una terapia
farmacologica cronica
Pazienti con aritmie non inducibili
durante uno SEF di controllo per
i quali è programmata la terapia
farmacologica
Pazienti con complessi prematuri
atriali o ventricolari isolati
Pazienti con fibrillazione
ventricolare con causa reversibile
individuata chiaramente
Pazienti candidati
all’impianto o portatori
di dispositivi elettrici
impiantabili
Pazienti con tachiaritmie, prima e
durante l’impianto, e nel corso
della programmazione finale
(predimissione) di un dispositivo
elettrico per confermare la capacità del sistema di funzionare
come previsto
Pazienti con dispositivo elettrico
antitachiaritmia impiantato in cui
le modificazioni dello stato o la
terapia possono aver influenzato
la sicurezza e l’efficacia del
dispositivo stesso
Pazienti portatori di pacemaker
per bradiaritmia a cui viene
impiantato un cardiovertitoredefibrillatore, per testare le
interazioni tra i dispositivi
Indicazioni alla
procedura di ablazione
transcatetere
Pazienti con tachiaritmie atriali
sintomatiche con frequenza ventricolare non adeguatamente controllata tranne nel caso in cui sia
possibile un’ablazione primitiva
della tachiaritmia atriale
Pazienti con tachiaritmie atriali
sintomatiche, come quelli citati
sopra, ma quando i farmaci non
sono tollerati o il paziente non
desidera assumerli anche se la
frequenza ventricolare potrebbe
essere controllata
Pazienti con tachicardia
giunzionale non parossistica
sintomatica che è
farmacoresistente o nel caso
il paziente sia intollerante al
farmaco o non voglia assumerlo
Pazienti rianimati da morte
cardiaca improvvisa causata da
flutter atriale o da fibrillazione
atriale con risposta ventricolare
rapida in assenza di una via
accessoria
Pazienti con pacemaker bicamerale
e tachicardia mediata dal
pacemaker non efficacemente
trattata con terapia farmacologica
o riprogrammazione del
pacemaker stesso
Ablazione transcatetere
a radiofrequenza per
TRNAV
Pazienti sintomatici con
TRNAV sostenuta in caso
di farmacoresistenza o se
il paziente è intollerante al
farmaco o non desidera una
terapia farmacologica a lungo
termine
Pazienti con TRNAV sostenuta
individuata durante lo SEF
o l’ablazione transcatetere di
un’altra aritmia
Riscontro di una doppia fisiologia
della via nodale e di echi atriali
senza TRNAV durante lo SEF in
un paziente con sospetto clinico
di TRNAV
Pazienti non candidati all’impianto
di dispositivi elettrici
Pazienti con tachiaritmie atriali
responsive a una terapia
farmacologica accettabile per
il paziente
Terapia delle aritmie cardiache
Pazienti con una precedente
e documentata indicazione
all’impianto di un pacemaker
per testare la modalità più
appropriata di stimolazione
elettrica a lungo termine
e la sede per migliorare la
sintomatologia e l’emodinamica
Pazienti con TRNAV responsiva
alla terapia farmacologica che
è ben tollerata e preferita dal
paziente all’ablazione
Riscontro di una doppia fisiologia
della via nodale (con o senza
echi complessi) durante lo SEF
in pazienti in cui non si sospetta
una TRNAV in base ai dati
clinici
Continua
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764 Tabella 30L–6 Linee guida dell’ACC/AHA per lo studio elettrofisiologico intracardiaco per l’intervento terapeutico
– continuazione
Capitolo 30
Indicazione
Classe I (appropriato)
Classe II (dubbio)
Classe III (inappropriato)
Ablazione di tachicardia
atriale, flutter e
fibrillazione: sedi atrio/
atriali
Pazienti con tachicardia atriale
in caso di farmacoresistenza
o intolleranza del paziente ai
farmaci o scarsa compliance
del paziente alla terapia
farmacologica a lungo termine
Pazienti con flutter atriale
farmacoresistente o per
intolleranza del paziente al
farmaco o il paziente non vuole
una terapia farmacologica a
lungo termine
Flutter atriale o tachicardia
atriale associata a fibrillazione
atriale parossistica quando la
tachicardia è farmacoresistente
o il paziente è intollerante al
farmaco o non vuole una terapia
farmacologica a lungo termine
Pazienti con fibrillazione atriale
ed evidenza di un sito (siti)
d’origine localizzato quando la
tachicardia è farmacoresistente
o il paziente è intollerante al
farmaco o non vuole una terapia
farmacologica a lungo termine
Paziente con aritmia atriale
che risponde a una terapia
farmacologica, ben tollerata
e preferita dal paziente
all’ablazione
Pazienti con tachicardia atriale
polimorfa
Ablazione di tachicardia
atriale, flutter e
fibrillazione: vie
accessorie
Paziente con tachicardia da
rientro AV sintomatica quando
è farmacoresistente o il paziente
è intollerante al farmaco o non
vuole una terapia farmacologica
a lungo termine
Pazienti con fibrillazione atriale
(o altre tachiaritmie atriali) e
risposta ventricolare rapida
attraverso la via accessoria
quando la tachicardia è
farmacoresistente o il paziente
è intollerante al farmaco o non
vuole una terapia farmacologica
a lungo termine
Pazienti con tachicardia da rientro
AV o fibrillazione atriale con
risposta ventricolare rapida
individuata durante lo SEF di
un’altra aritmia
Pazienti asintomatici con
preeccitazione ventricolare le cui
abitudini di vita, professione,
attività importanti, stato
assicurativo o stato mentale o
sicurezza pubblica verrebbero
influenzati da tachiaritmie
spontanee o dalla presenza di
anomalie ECG
Pazienti con fibrillazione atriale e
risposta ventricolare controllata
attraverso la via accessoria
Pazienti con familiarità positiva
per morte cardiaca improvvisa
Pazienti che hanno aritmie
correlate alla via accessoria
responsive a una terapia
farmacologica ben tollerata
e preferita dal paziente
all’ablazione
Ablazione di TV
Pazienti con TV sintomatica
sostenuta e monomorfa quando
la tachicardia è farmacoresistente
o il paziente è intollerante al
farmaco o non vuole una terapia
farmacologica a lungo termine
Pazienti con TV da rientro di
branca
Pazienti con TV sostenuta
monomorfa e ICD che
ricevono numerose scariche
elettriche non gestibili
mediante riprogrammazione
del dispositivo o concomitante
terapia farmacologica
TV non sostenuta sintomatica
quando la tachicardia è
farmacoresistente o il paziente
è intollerante al farmaco o non
vuole una terapia farmacologica
a lungo termine
Pazienti con TV responsiva ai
farmaci, all’ICD o alla terapia
chirurgica e nel caso in cui il
trattamento sia ben tollerato e
preferito dal paziente rispetto
all’ablazione
TV instabile, ad alta frequenza,
multipla o polimorfa non
adeguatamente localizzata
attraverso le comuni tecniche
di mappaggio
TV non sostenuta asintomatica
e clinicamente benigna
ACC/AHA = American College of Cardiology/American Heart Association; AV = atrioventricolare; TRNAV = tachicardia da rientro del nodo AV; ECG = elettrocardiografiche; ICD = Implantable Cardioverter-Defibrillator, cardiovertitore-defibrillatore impiantabile; IM = infarto miocardico; SEF = studio elettrofisiologico;
TV = tachicardia ventricolare.
Sincope inspiegabile
Le linee guida dell’ACC/AHA raccomandano una bassa soglia per
l’impiego dello SEF nei pazienti con sincope inspiegabile se essi hanno
anche una cardiopatia strutturale (Tab. 30L-5). Tuttavia, nei pazienti
senza cardiopatia strutturale, l’apporto dello SEF è di scarsa utilità.
Quindi, le linee guida dell’ACC/AHA raccomandano una soglia più
alta per l’impiego dello SEF in tali pazienti e suggeriscono che il tilt
test possa essere uno studio più utile.
Sopravvissuti all’arresto cardiaco
Le linee guida dell’ACC/AHA considerano i test elettrofisiologici appropriati per i pazienti che sono sopravvissuti a un arresto cardiaco in
condizioni diverse dalla fase precoce di un IMA (Tab. 30L-5). Sin dalla
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pubblicazione di queste linee guida, il consenso all’utilità dell’ICD è
divenuto più diffuso e molti di questi pazienti hanno ricevuto tale
dispositivo senza test elettrofisiologici oppure sono stati sottoposti a
uno SEF limitato al momento dell’impianto. Le linee guida considerano
gli SEF inappropriati quando l’arresto cardiaco si verifica entro le prime
48 ore da un infarto miocardico o quando l’arresto cardiaco è causato
da cause specifiche chiaramente definibili.
Palpitazioni inspiegabili
La procedura di scelta per determinare la causa delle palpitazioni è
l’ECG ambulatoriale, secondo le linee guida dell’ACC/AHA. Le linee
guida suggeriscono di riservare lo SEF ai pazienti con palpitazioni
associate a sincope o a quelli in cui l’ECG non ha documentato la
causa delle palpitazioni ma in cui è stata riscontrata dal personale
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sanitario una rapida frequenza del polso (Tab. 30L-5). Lo SEF è di
dubbio valore nei pazienti con sintomi così sporadici da non poter
essere documentati durante la registrazione dell’ECG ambulatoriale.
STUDI ELETTROFISIOLOGICI PER INTERVENTO
TERAPEUTICO
La linee guida ACC/AHA del 1995 per l’appropriatezza dello SEF nel
guidare la terapia farmacologica e i dispositivi elettrici impiantabili non
riflettono completamente il declino del ruolo dei farmaci antiaritmici
e l’incremento dell’uso degli ICD per il trattamento di pazienti che
hanno avuto un arresto cardiaco (Tab. 30L-6). Tuttavia, le linee guida
che raccomandano l’ablazione transcatetere sono ancora in gran
parte valide. Le caratteristiche comuni tra le indicazioni appropriate
comprendono le aritmie sopraventricolari sintomatiche, quelle non
controllate dai farmaci data la limitata efficacia, gli effetti collaterali,
la scarsa tollerabilità e le aritmie che hanno causato morte cardiaca
improvvisa. L’ablazione transcatetere è anche utile in alcuni pazienti 765
con TV, sebbene i pazienti con grave cardiopatia strutturale tendano
ad avere molteplici sedi di origine dell’aritmia e siano pertanto candidati non ideali per questa metodica. L’ablazione è talvolta utile come
aggiunta all’impianto dell’ICD per limitare gli episodi di TV che richiedono l’intervento dell’ICD.
COMPETENZA CLINICA
Le dichiarazioni dell’ACC/AHA sulla competenza clinica del 20006 consigliano che un medico specializzato in elettrofisiologia esegua un
minimo di 1 anno di addestramento specialistico in test elettrofisiologici, durante il quale deve essere primo operatore e analizzare 100-150
studi diagnostici iniziali. Almeno 50 di questi studi devono riguardare
pazienti con aritmie sopraventricolari. Poiché i dispositivi antiaritmici
rappresentano la gran parte dell’attuale pratica elettrofisiologica, le
linee guida suggeriscono che coloro che si addestrano devono essere
Aritmia
Privato
Commerciale
Tachicardia ventricolare non sostenuta
B3 se sintomi di alterazioni di coscienza con
aritmia prima del trattamento
A se non alterazione di coscienza con aritmia
B6 se sintomi di alterazioni di coscienza con
aritmia prima del trattamento
A se non alterazione di coscienza con aritmia
Tachicardia ventricolare sostenuta
B6
B3 se TV idiopatica (coronarie normali,
normale funzione ventricolare) e nessuna
alterazione di coscienza
C
B6 se TV idiopatica (coronarie normali,
normale funzione ventricolare) e non alterazione della coscienza
Fibrillazione ventricolare
B6
C
TSV asintomatica o lievemente
sintomatica (inclusa sindrome di WPW)
A
A
TSV sintomatica (evidenza di
compromissione emodinamica)
B fino a dopo l’inizio della terapia che
elimina i sintomi
B fino a dopo l’inizio della terapia che elimina
i sintomi
Fibrillazione atriale trattata con ablazione
transcatetere del nodo AV
B
B
TSV con sintomi non controllati
C
C
Bradicardia senza un pacemaker – no
sintomi
A
A
Bradicardia senza un pacemaker
– sincope e lipotimia
C
C
Bradicardia con un pacemaker – non
pacemaker-dipendente*
A
A
Bradicardia con un pacemaker –
pacemaker dipendente*
B – 1 settimana
B – 4 settimane
Sincope vasovagale – lieve
A
B1
B3
B6
Terapia delle aritmie cardiache
Tabella 30L–7 Linee guida dell’AHA/NASPE per una sicura ripresa delle attività (classi di restrizione)
Sincope vasovagale – grave
Sincope vasovagale trattata
Sincope vasovagale non trattata
C
C
Sincope da malattia del seno carotideo
– lieve
A
A
Sincope da malattia del seno carotideo
– grave, trattata con controllo
B1
B1
Sincope da malattia del seno carotideo
– grave, trattata con incerto controllo
B3
B6
Non trattata
C
C
AHA/NASPE = American Heart Association/North American Society of Pacing and Electrophysiology; AV = atrioventricolare; TSV = tachicardia sopraventricolare;
WPW = sindrome di Wolff-Parkinson-White.
Classe A = nessuna restrizione; classe B = limitato per mesi (nel sottoscritto); classe C = restrizione totale.
*I pazienti pacemaker-dipendenti sono definiti come quelli che hanno perso coscienza in passato a causa di bradiaritmie. Questo gruppo include anche i pazienti
immediatamente dopo l’ablazione della giunzione AV o qualsiasi altro paziente in cui un improvviso deficit del pacemaker potrebbe provocare un’alterazione
dello stato di coscienza.
Da Epstein AE, Miles WM, Benditt DG, et al: Personal and public safety issues related to arrhythmias that may affect consciousness: Implications for regulation
and physician recommendations. Circulation 94:1147, 1996.
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766 primi operatori in almeno 25 valutazioni elettrofisiologiche di dispositivi impiantabili antiaritmici. Per mantenere la competenza, è consigliato un minimo di 100 esami diagnostici elettrofisiologici all’anno. Le
linee guida raccomandano anche che gli specialisti in elettrofisiologia
abbiano almeno 30 ore di formale educazione medica continua ogni
2 anni per essere aggiornati sui cambiamenti delle conoscenze e della
tecnologia.
Per i medici che eseguono l’ablazione transcatetere, il NASPE Ad
Hoc Committee on Catheter Ablation raccomanda che l’addestramento includa almeno 30 ablazioni, di cui almeno 15 devono essere
ablazioni di una via accessoria;12 l’ACC/AHA raccomanda che tali
medici debbano eseguire almeno 20-50 ablazioni all’anno.
PROBLEMI DI SICUREZZA PERSONALE E PUBBLICA
Capitolo 30
L’AHA e la NASPE hanno pubblicato un documento medico-scientifico
nel 1996 sui problemi riguardanti la sicurezza personale e pubblica
che insorgono nella cura dei pazienti con aritmie.7 Questa pubblicazione riassume le linee guida di altri organismi, come la U.S. Federal
Aviation Administration e i pochi dati disponibili per valutare il rischio
di danno al paziente e altri connessi alle aritmie; essa ha fornito
raccomandazioni sulle attività accettabili nei pazienti con aritmie che
possono compromettere coscienza.
Le linee guida AHA/NASPE dividono i pazienti in tre classi. I
pazienti di classe A non dovrebbero avere restrizioni. I pazienti di
classe B hanno limitazioni per un tempo definito senza recidive aritmiche, di solito dopo un intervento terapeutico (Tab. 30L-7). Questo
periodo è in genere espresso come una nota in pedice che indica il
numero di mesi di restrizione (p.es., B3). I pazienti in classe C hanno
una restrizione totale ad attività potenzialmente rischiose. Le restrizioni sono state divise in due categorie: guidare per motivi personali
o non commerciali e guidare o volare per motivi commerciali. Tranne
in casi altrimenti specificati, le raccomandazioni per il volo sono le
stesse dei guidatori commerciali. Le linee guida sottolineano che le
raccomandazioni per la restrizione alla guida commerciale possono
anche essere di rilievo per persone con altre occupazioni potenzialmente pericolose, come operatori di attrezzature pesanti.
Le limitazioni imposte dalle linee guida variano a seconda della
gravità dell’aritmia e dei sintomi di accompagnamento (Tab. 30L-7). La
durata della restrizione è più breve per pazienti che non hanno avuto
un peggioramento della sintomatologia con la loro aritmia, mentre
aumenta per pazienti che continuano ad avere la sintomatologia e
che hanno avuto fibrillazione ventricolare o TV sostenuta. I pazienti
che hanno presentato una di queste aritmie dovrebbero avere una
restrizione completa alla guida o al volo commerciale in accordo con
queste linee guida.
Queste raccomandazioni sono per i pazienti trattati sia con farmaci
antiaritmici sia con ICD. Le linee guida raccomandano di proibire la
guida privata a tutti i guidatori per i primi 6 mesi dopo l’impianto
dell’ICD; dopo questo periodo, si può riprendere la guida se non si
è verificata alcuna scarica dell’ICD. Le linee guida raccomandano di
proibire in permanenza la guida commerciale dopo impianto di ICD.
Una speciale menzione è stata fatta sui pazienti con sindrome del
QT lungo. Quando il prolungamento del QT è acquisito e dovuto
interamente o in parte a fattori reversibili come gli squilibri elettrolitici,
alla maggior parte dei pazienti è permessa la guida dopo correzione
di tali fattori. I pazienti che hanno una sindrome del QT lungo sintomatica non hanno privilegi sulla guida; coloro che sono asintomatici
con o senza trattamento possono riprendere a guidare dopo 6 mesi
di intervallo libero da sintomi.
Per i pazienti con TSV, le linee guida non impongono limitazioni
più severe per la guida commerciale rispetto a quella privata. Nessuna
restrizione è indicata per i pazienti con TSV con sintomi scarsi o
assenti (Tab. 30L-7). Nei pazienti che hanno avuto sintomi suggestivi
di compromissione emodinamica (p.es., sincope, presincope, dolore
toracico o dispnea), le linee guida consigliano restrizioni sino a dopo
l’inizio della terapia che elimina i sintomi. I pazienti con TSV che
sembra efficacemente ablata possono guidare dopo la guarigione
dalla procedura. I pazienti trattati con terapia farmacologica devono
avere un periodo di almeno 1 mese libero da sintomi prima di ripren-
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dere la guida, secondo la frequenza della tachicardia pre-terapia. Se
i sintomi non possono essere controllati, si consiglia una restrizione
piena permanente.
Nessuna restrizione è indicata per i pazienti con bradiaritmie asintomatiche o che hanno un pacemaker ma non sono pacemakerdipendenti, cioè, i pazienti che in passato hanno perso conoscenza
a causa della bradiaritmia. Sono anche “pacemaker-dipendenti” i
pazienti immediatamente dopo l’ablazione del nodo AV o qualsiasi
altro paziente in cui un improvviso deficit del pacemaker potrebbe
causare un’alterazione della coscienza. I pazienti che sono stati pacemaker-dipendenti e che hanno ricevuto un pacemaker dovrebbero
essere limitati per 1-4 settimane, a seconda che siano guidatori privati
o commerciali. I pazienti che hanno avuto sincope o presincope correlate a bradiaritmie che non sono portatori di pacemaker devono avere
restrizioni totali e permanenti.
Nessuna o solo modeste restrizioni sono consigliate per i pazienti
con lieve sincope vasovagale o sincope del seno carotideo. Le linee
guida così scritte (Tab. 30L-7) consentono al clinico un ampio margine
nel determinare la durata della restrizione.
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