CAPITOLO 30 Terapia farmacologica, 713 Considerazioni generali sui farmaci antiaritmici, 713 Farmaci antiaritmici di classe IA, 717 Terapia delle aritmie cardiache John M. Miller • Douglas P. Zipes Chinidina, 717 Procainamide, 721 Disopiramide, 722 Farmaci antiaritmici di classe IB, 722 Lidocaina, 722 Mexiletina, 724 Fenitoina, 724 Farmaci antiaritmici di classe IC, 725 Flecainide, 725 Propafenone, 726 Moricizina, 727 Farmaci antiaritmici di classe II, 727 Farmaci bloccanti i beta-adrenorecettori, 727 Farmaci antiaritmici di classe III, 729 Amiodarone, 729 Tosilato di bretilio, 731 Sotalolo, 732 Ibutilide, 733 Dofetilide, 733 Azimilide, 734 Farmaci antiaritmici di classe IV, 734 Calcioantagonisti: verapamil e diltiazem, 734 Altri antiaritmici, 736 Adenosina, 736 Digossina, 737 Elettroterapia delle aritmie cardiache, 737 Cardioversione elettrica diretta, 737 Dispositivi elettrici impiantabili per il trattamento delle aritmie cardiache, 740 Terapia ablativa delle aritmie cardiache, 740 Il trattamento dei pazienti con aritmie cardiache ha avuto una notevole evoluzione in questi ultimi 40 anni. Nella metà degli anni ’60, i pazienti con bradiaritmie erano trattati con voluminosi pacemaker impiantabili dotati di una batteria di durata inferiore a 5 anni e pacing a frequenza fissa; per i pazienti con tachiaritmie esisteva un numero limitato di farmaci come unica opzione di trattamento. Alla fine degli anni ’60, la terapia chirurgica – e la prospettiva di guarigione, non solo la soppressione delle tachiaritmie – è diventata una realtà. Fu applicata per la prima volta nella sindrome di Wolff-Parkinson-White e quindi estesa ad altre forme di tachicardia sopraventricolare (TSV) e di tachicardia ventricolare (TV). Negli anni ’80, fu eseguita per la prima volta l’ablazione con catetere per il trattamento delle tachiaritmie (inizialmente con corrente diretta erogata da un defibrillatore esterno, poi con corrente a radiofrequenza) e fu poi perfezionata nei decenni successivi. Questa forma di terapia ha largamente sostituito quella chirurgica e farmacologica nei pazienti che richiedono un trattamento per TSV e TV in assenza di cardiopatie strutturali e sono state utilizzate anche altre forme di energia. Infine, all’inizio degli anni ’80 sono stati prodotti cardiovertitoridefibrillatori impiantabili (Implantable Cardioverter-Defibrillator, ICD), diventati la terapia standard per i pazienti con gravi aritmie ventricolari in presenza di una cardiopatia strutturale. Alcuni pazienti richiedono un’associazione di queste forme di trattamento (terapia “ibrida”, come un ICD e antiaritmici o chirurgia e ICD).1 La terapia farmacologica delle aritmie, un tempo l’unica alternativa, attualmente ha un ruolo di supporto nella maggior parte dei casi. Terapia chirurgica delle tachiaritmie, 754 Tachicardie sopraventricolari, 754 Tachicardia ventricolare, 754 Tecniche chirurgiche, 755 Studi elettrofisiologici, 755 Bibliografia, 756 Linee guida: Elettrocardiogramma ambulatoriale ed esami elettrofisiologici, 757 Terapia farmacologica I principi di farmacocinetica clinica e farmacodinamica sono trattati nel Capitolo 5. Considerazioni generali sui farmaci antiaritmici La maggior parte dei farmaci antiaritmici disponibili (Tab. 30-1) può essere classificata in base al fatto che la loro azione di blocco si esercita prevalentemente sui canali del sodio, del potassio o del calcio o sul blocco dei beta adrenorecettori. La classificazione più comune di Vaughan Williams è di utilità limitata in quanto basata sugli effetti elettrofisiologici esercitati da un’arbitraria concentrazione del farmaco, in genere sul tessuto cardiaco normale. In realtà, le azioni di questi farmaci sono piuttosto complesse e dipendono dal tipo di tessuto, dalle specie, dal grado di malattia acuta o cronica, dalla frequenza cardiaca, dal potenziale di membrana, dalla composizione ionica dell’ambiente extracellulare, dall’età (Cap. 72) e da altri fattori (Tab. 30-1). Molti farmaci hanno proprietà comuni a diverse categorie o determinano effetti indiretti, tramite alterazioni dell’emodinamica, del metabolismo miocardico o della trasmissione neurovegetativa. Alcuni farmaci sviluppano metaboliti attivi con effetti diversi da quelli del composto d’origine. Non tutti i farmaci della stessa classe hanno azioni uguali (p.es., bretilio, sotalolo e amiodarone). Mentre tutti i farmaci di classe III sono profondamente differenti, alcuni farmaci di classi diverse hanno effetti che si sovrappongono (p.es., farmaci di classe IA e IC). Studi in vitro su fibre sane stabiliscono spesso le proprietà dei farmaci antiaritmici più che la loro effettiva proprietà antiaritmica. Nonostante le limitazioni, la classificazione di Vaughan Williams2 è molto conosciuta ed è un utile strumento di comunicazione. Per questo è riportata in questa sede, ma il lettore deve essere consapevole che l’azione dei farmaci è molto più complessa di quanto indicato dalla classificazione. Un panorama più realistico dei farmaci antiaritmici è offerto dal “Sicilian gambit”.3 Questo approccio mirato alla classificazione dei farmaci è un tentativo di identificare i meccanismi di una certa aritmia, di determinare il parametro vulnerabile dell’aritmia più spesso suscettibile di modificazione, nonché di definire il bersaglio che più probabilmente influenza il parametro vulnerabile, allo scopo di scegliere il farmaco che lo modificherà. Questo concetto fornisce un supporto che guida l’utilizzo dei farmaci antiaritmici (Tab. 30-2; vedi Tab. 30-1).4 CLASSIFICAZIONE DEI FARMACI (Tab. 30-3). Secondo la classificazione di Vaughan Williams, i farmaci di classe I bloccano principalmente il canale rapido del sodio (possono anche bloccare i canali del potassio). 713 Braun cap 30ok.indd 713 12-02-2007 12:08:50 714 Tabella 30–1 Azioni dei farmaci usati nel trattamento delle aritmie Canali Recettori Na* Interazioni Rapida Media Lenta Ca Kr Chinidina 䊉A 䉺 Procainamide 䊉A 䉺 Disopiramide 䊉A 䉺 Ks a b 䊊 M2 P Pompe Na+, K+-ATPasi 䊊 䊊 Effetto clinico VS Funzione Seno Frequenza Extracardiaco — ≠ 䉺 Ø — 䉺 Ø — 䊉 Lidocaina 䊊 — —Ø 䊊 Mexiletina 䊊 — — 䊊 Fenitoina 䊊 — — 䉺 Ø — 䊊 Ø Ø 䊊 Ø — 䊊 䊉 Ø Ø 䊊 䊉 Ø Ø 䊊 䊉A Flecainide 䊊 䊉A Propafenone Capitolo 30 Moricizina 䊉I Propranololo 䊊 䊊 䉺 Nadololo Amiodarone 䊊 䉺 䊉 Bretilio 䊉 Sotalolo 䊉 䉺 䉺 䉺 — Ø 䊉 ⱓ ⱓ — Ø 䊊 䊉 Ø Ø 䊊 Ibutilide 䊊 — Ø 䊊 Dofetilide 䊉 — — 䊊 Azimilide 䉺 — — 䊊 Verapamil 䊊 Diltiazem 䊉 䉺 䊊 䉺 䉺 䊐 Adenosina Digossina 䊊 Atropina 䊉 䊉 Ø Ø 䊊 Ø Ø 䊊 — Ø 䉺 ≠ Ø 䉺 — ≠ 䉺 Potenza relativa del blocco o effetti collaterali extracardiaci: 䊊 = bassa; 䉺 = media; 䊉 = alta; 䊐 = agonista; ⱓ = agonista-antagonista; A = Bloccante dello stato di attivazione; I = Bloccante dello stato di inattivazione; — = minimi effetti; ≠ = aumento; Ø = diminuzione; Kr = componente rapida della K+ corrente di rettifica ritardata; Ks = componente lenta della K+ corrente di rettifica ritardata; M2 = sottotipo 2 del recettore muscarinico; P = A1 recettore purinergico. Adattato da Schwartz PJ, Zaza A: Eur Heart J 13:26, 1992. Copyright © 1992, riprodotto con l’autorizzazione di Elsevier. *Rapida, media, lenta si riferiscono alla cinetica di recupero dal blocco dei canali del sodio. Sono divisi in tre sottogruppi: · Classe IA. Farmaci che riducono Vmax (la velocità di innalzamento del tratto ascendente del potenziale d’azione [fase 0]) e prolungano la durata del potenziale di azione (Cap. 77): chinidina, procainamide, disopiramide; le cinetiche di esordio e di scomparsa del blocco del canale del Na+ sono di rapidità intermedia (<5 sec). · Classe IB. Farmaci che non riducono Vmax e che accorciano la durata del potenziale di azione: mexiletina, fenitoina e lidocaina; rapide cinetiche di esordio e di scomparsa dell’azione (<500 millisecondi). · Classe IC. Farmaci che riducono Vmax, che principalmente deprimono la conduzione, e che possono prolungare in modo trascurabile la refrattarietà: flecainide, propafenone e moricizina; lente cinetiche di esordio e scomparsa (10-20 sec). Classe II. Farmaci che bloccano i recettori beta-adrenergici, quali propranololo, timololo, metoprololo e altri. Classe III. Farmaci che bloccano soprattutto i canali del potassio (come IKr) e prolungano la ripolarizzazione. Questi comprendono sotalolo, amiodarone, e bretilio. Classe IV. Farmaci che bloccano soprattutto il canale lento del calcio (ICa-L) e includono verapamil, diltiazem, nifedipina e altri (la felodipina blocca ICa-T). Braun cap 30ok.indd 714 Un modello più recente suggerisce che i farmaci antiaritmici attraversino la membrana cellulare e interagiscano con i recettori nei canali di membrana quando questi ultimi sono in stato di riposo o di inattivazione (Tab. 30-1) e ciascuna di queste interazioni è caratterizzata da diverse costanti di velocità di associazione e dissociazione. Queste interazioni sono voltaggio e tempo dipendenti. Le transizioni tra stati di riposo, di attivazione e inattivazione sono governate dall’equazione standard di Hodgkin-Huxley. Quando il farmaco è legato (associato) a un sito del recettore o è molto vicino al canale ionico (il farmaco probabilmente non è realmente “inserito” nel canale), quest’ultimo non può condurre, perfino in condizione di attivazione. USO-DIPENDENZA. Alcuni farmaci esercitano effetti inibitori maggiori sulla salita del potenziale d’azione per frequenze di stimolazione più rapide e dopo periodi prolungati di stimolazione, una caratteristica · detta uso-dipendenza. Uso-dipendenza significa che la depressione di Vmax, è più grande dopo che il canale è stato “utilizzato” (cioè, dopo un potenziale di azione di depolarizzazione piuttosto che dopo un periodo di riposo). È possibile che questa uso-dipendenza risulti da interazioni preferenziali dei farmaci antiaritmici con il canale sia aperto sia inattivo mentre c’è una scarsa interazione con i canali a riposo della cellula non stimolata. Farmaci della classe IB hanno una rapida cinetica di esordio e di scomparsa o un blocco uso-dipendente dei canali rapidi; ovvero essi si legano e si dissociano rapidamente dai recettori. I farmaci di classe IC hanno una cinetica lenta e quelli di classe IA sono intermedi. Quando la diastole si allunga (frequenza inferiore), una maggiore quantità di recettori si libera dal farmaco che risulta così meno efficace. Cellule con potenziali di membrana ridotti recuperano più lentamente in seguito all’azione del farmaco la loro condizione rispetto alle cellule con potenziali di membrana più negativi. 12-02-2007 12:08:52 Tabella 30–2 715 Classificazione dell’azione dei farmaci sull’aritmia basata sulla modificazione dei parametri sensibili Meccanismo Automatismo Normale aumentato Anormale Aritmia Parametro sensibile (effetto) Farmaci (effetto) Tachicardia sinusale inappropriata Alcune TV idiopatiche Depolarizzazione di fase 4 (diminuzione) Farmaci bloccanti i recettori betaadrenergici Farmaci bloccanti i canali del Na+ Tachicardia atriale Massimo potenziale diastolico (iperpolarizzazione) Depolarizzazione di fase 4 (diminuzione) Depolarizzazione di fase 4 (diminuzione) M2 agonista Ritmo idioventricolare accelerato Farmaci bloccanti i canali Ca2+ o Na+ M2 agonista Farmaci bloccanti i canali Ca2+ o Na+ Torsioni di punta Durata del potenziale d’azione (abbreviata) EAD (soppressione) Agonisti beta-adrenergici; farmaci vagolitici (aumento frequenza) farmaci bloccanti i canali Ca2+; Mg2+; farmaci bloccanti beta-adrenergici DAD Aritmie indotte dalla digitale Sovraccarico di calcio (libero) DAD (soppressione) Sovraccarico di calcio (riduzione del carico) DAD (soppressione) Farmaci bloccanti i canali Ca2+ Farmaci bloccanti i canali Na+ Farmaci bloccanti beta-adrenergici Conduzione ed eccitabilità (depressione) Conduzione ed eccitabilità (depressione) Farmaci bloccanti i canali Na+ tipo IA, IC Farmaci bloccanti i canali Na+ tipo IA, IC Conduzione ed eccitabilità (depressione) Farmaci bloccanti i canali Na+ Flutter atriale atipico Fibrillazione atriale Tachicardia da movimento circolare nella WPW TV polimorfa e uniforme Rientro a livello della branca Fibrillazione ventricolare Periodo refrattario (prolungamento) Periodo refrattario (prolungamento) Periodo refrattario (prolungamento) Farmaci bloccanti i canali del K+ Farmaci bloccanti i canali del K+ Amiodarone, sotalolo Periodo refrattario (prolungamento) Farmaci bloccanti i canali Na+ tipo IA Periodo refrattario (prolungamento) Periodo refrattario (prolungamento) Farmaci bloccanti i canali Na+ tipo IA; bretilio Tachicardia da rientro del nodo AV Tachicardia da movimento circolare nella WPW TV sensibile al verapamil Conduzione ed eccitabilità (depressione) Conduzione ed eccitabilità (depressione) Farmaci bloccanti i canali Ca2+ Farmaci bloccanti i canali Ca2+ Conduzione ed eccitabilità (depressione) Farmaci bloccanti i canali Ca2+ Tachicardia del tratto di efflusso del VD Rientro dipendente dal canale Na+ Lungo gap di eccitabilità Breve periodo di refrattarietà Rientro dipendente dal canale Ca2+ Flutter atriale tipico Tachicardia da movimento circolare nella WPW TV sostenuta uniforme Farmaci bloccanti i canali Ca2+; adenosina Terapia delle aritmie cardiache Attività trigger EAD AV = atrioventricolare; DAD = Delayed AfterDepolarization, post-depolarizzazione ritardata; EAD = Early AfterDepolarization, post-depolarizzazione precoce; VD = ventricolo destro; WPW = Wolff-Parkinson-White. Dati da Task Force of the Working Group on Arrhythmias of the European Society of Cardiology: The Sicilian gambit: A new approach to the classification of antiarrhythmic drugs based on their actions on arrhythmogenic mechanisms. Circulation 84:1831, 1991. Copyright 1991, American Heart Association. USO-DIPENDENZA INVERSO. Alcuni farmaci hanno effetti più marcati alle basse frequenze che alle alte, una proprietà nota come uso-dipendenza inverso. Ciò è particolarmente vero per quei farmaci che prolungano la ripolarizzazione. L’intervallo QT si prolunga maggiormente alle basse piuttosto che alle alte frequenze. Questo effetto è il contrario di ciò che un farmaco antiaritmico ideale dovrebbe fare perché il prolungamento della refrattarietà deve essere aumentato alle alte frequenze in modo da interrompere o prevenire una tachicardia e deve essere minimo alle basse frequenze per evitare la comparsa di torsioni di punta. MECCANISMI DI SOPPRESSIONE DELL’ARITMIA (Tab. 30-2). Dato che l’esaltata automaticità, l’attività triggerata o il rientro possono indurre aritmie cardiache (Capp. 27 e 32), si possono ipotizzare i meccanismi attraverso i quali i farmaci antiaritmici sopprimono le aritmie. I farmaci antiaritmici possono rallentare la frequenza di scarica spontanea di un pacemaker automatico riducendo la pendenza della depolarizzazione diastolica, spostando il potenziale soglia verso lo zero o iperpolarizzando il potenziale di membrana a riposo. I meccanismi con cui differenti farmaci sopprimono un automatismo nor- Braun cap 30ok.indd 715 male o anormale possono non essere uguali. In generale, tuttavia, la maggior parte dei farmaci antiaritmici nei dosaggi terapeutici deprime la frequenza automatica innescata spontaneamente da foci ectopici mentre influenza in modo trascurabile la frequenza di scarica del nodo del seno normale. I farmaci bloccanti i canali lenti come il verapamil, i beta-bloccanti come il propranololo e alcuni antiaritmici come l’amiodarone deprimono anche la frequenza di scarica spontanea del nodo del seno, mentre i farmaci con azione vagolitica, quali disopiramide o chinidina, possono aumentare la frequenza sinusale. I farmaci possono anche sopprimere le postdepolarizzazioni precoci o tardive ed eliminare le aritmie dovute a questi meccanismi. Come ricordato in precedenzaa, il rientro dipende specificatamente dalle relazioni temporali tra refrattarietà e velocità di conduzione, dalla presenza di un blocco unidirezionale in una delle vie e da altri fattori che influenzano la refrattarietà e la conduzione come l’eccitabilità. Un farmaco antiaritmico può bloccare un rientro già presente o ne può prevenire l’inizio se migliora o deprime la conduzione. Ad esempio, la migliore 12-02-2007 12:08:52 716 Tabella 30–3 Caratteristiche elettrofisiologiche dei farmaci antiaritmici in vitro Capitolo 30 Farmaco APA APD dV/dt MPD ERP VC FP fase 4 NS auto Memb Res SE SFV Contr SI Curr Sistema nervoso autonomo Anest. locale Chinidina Ø ≠ Ø 0 ≠ Ø Ø 0 Ø ≠ ≠ 0 0 Antivagale; alfa bloccante Sì Procainamide Ø ≠ Ø 0 ≠ Ø Ø 0 Ø ≠ ≠ 0 0 Lievemente antivagale Sì Disopiramide Ø ≠ Ø 0 ≠ Ø Ø Ø0≠ Ø ≠ ≠ Ø 0 Centrale: antivagale, antagonista del sistema simpatico Sì Lidocaina 0Ø Ø 0Ø 0 Ø 0Ø Ø 0 0Ø 0≠ ≠ 0 0 0 Sì Mexiletina 0 Ø 0Ø 0 Ø Ø Ø 0 Ø ≠ ≠ Ø 0 0 Sì Fenitoina 0 Ø Ø0≠ 0 Ø 0 Ø 0 0≠ 0 0 0 No Flecainide Ø 0≠ Ø 0 ≠ ØØ Ø 0 Ø Ø 0 0 Sì Propafenone Ø 0≠ Ø 0 ≠ ØØ Ø 0 Ø ≠ ≠ Ø 0Ø Antagonista del sistema simpatico Sì ≠ 0 0 0 No Ø 0Ø Antagonista del sistema simpatico No Moricizina Ø Ø Ø 0 Ø Ø 0 0 Ø Propranololo 0Ø 0Ø 0Ø 0 Ø 0 Ø* Ø Ø Amiodarone 0 ≠ 0Ø 0 ≠ Ø Ø Ø 0 0 ≠ 0≠ 0 Antagonista del sistema simpatico Sì Bretilio 0 ≠ 0 0 ≠ 0 0 Ø* 0Ø 0≠ 0 0≠ Ø 0 Antagonista del sistema simpatico Sì Sotalolo 0Ø ≠ 0Ø 0 ≠ 0 0Ø Ø 0Ø 0 0 Ø 0Ø Antagonista del sistema simpatico No Ibutilide 0 ≠ 0 0 ≠ 0 0 Ø 0 0 0 0 0 No Dofetilide 0 ≠ 0 0 ≠ 0 0 0 0 0 0 0 0 No Azimilide 0 ≠ 0 0 ≠ 0 0 0 0 0 0 0 0 No Verapamil 0 Ø 0 0 0 0 Ø* Ø 0 0 0 Ø ØØ ? Recettori blocco alfa; rinforzo vagale Sì Adenosina 0 ≠ 0Ø 0 ≠ 0 0Ø Ø 0 0 0 0 Ø Vagomimetico No APA = ampiezza del potenziale d’azione; APD = Action Potential Duration, durata del potenziale d’azione; dV/dt = velocità di salita del potenziale d’azione; MPD = massimo potenziale diastolico; ERP = periodo refrattario effettivo (il più lungo S1-S2 Intervallo in cui S2 non riesce a produrre una risposta); VC = velocità di conduzione; FP = Fibra di Purkinje; NS auto = automatismo del nodo del seno; Memb Res = responsività di membrana; SE = soglia di eccitabilità; SFV = soglia di fibrillazione ventricolare; Contr = Contrattilità; SI Curr = slow inward current, corrente lenta d’entrata; Anest. locale = effetto anestetico locale. *Con attività di fondo sul sistema simpatico. conduzione può (1) eliminare il blocco unidirezionale cosicché il rientro non può attivarsi o (2) facilitare la conduzione nel circuito di rientro in modo tale che il fronte dell’onda di rientro arriva troppo rapidamente, incontra fibre ancora refrattarie e si estingue. Un farmaco che deprime la conduzione può trasformare il blocco unidirezionale in un blocco bidirezionale e così interrompere il rientro o prevenire la sua comparsa creando un’area di blocco completo nel circuito di rientro. Viceversa, un farmaco che rallenti la conduzione senza produrre un blocco o un allungamento della refrattarietà, può favorire il rientro in modo significativo. Infine la maggior parte dei farmaci antiaritmici condivide la capacità di prolungare la refrattarietà relativa al loro effetto sulla durata del potenziale d’azione (Action Potential Duration, APD), ovvero, il rapporto tra periodo refrattario effettivo (Effective Refractory Period, ERP) e APD supera 1,0. Se un farmaco prolunga la refrattarietà delle fibre nel circuito di rientro, la via può non riacquistare l’eccitabilità in tempo utile per essere depolarizzata dall’impulso rientrante e la propagazione cessa. I diversi tipi di rientro (Cap. 27) influenzano gli effetti e l’efficacia di un farmaco. Quando si considerano le proprietà di un farmaco, è importante definire la situazione o il modello, o entrambi, dal quale le conclusioni sono tratte. Gli effetti elettrofisiologici, emodinamici, autonomici, farmacocinetici e quelli indesiderati possono differire nei soggetti sani rispetto ai pazienti, nel tessuto normale rispetto a quello anormale, nel muscolo cardiaco rispetto alle fibre specializzate di conduzione, nell’atrio rispetto al muscolo ventricolare e tra specie differenti (Tab. 30-4). Braun cap 30ok.indd 716 STEREOSELETTIVITÀ. Le interazioni farmacologiche con un canale, un recettore o un enzima dipendono dalla geometria tridimensionale del farmaco. Molti farmaci posseggono stereoisomeri (molecole di uguale composizione atomica ma differente orientamento spaziale) che influiscono su effetti, metabolismo, legame, clearance ed escrezione del farmaco. La maggior parte dei farmaci di questo tipo è prescritta come miscela 50:50 delle loro due forme (racemati), che può rendere il 50% del dosaggio inefficace per alcuni farmaci. Tranne che per il timololo tutti i beta-bloccanti sono di fatto racemati. Il d-propranololo esercita azioni antiaritmiche non correlate al blocco del recettore beta-adrenergico, mentre il l-propranololo blocca il beta recettore. Entrambi gli enantiomeri (immagini speculari) del sotalolo bloccano il canale del potassio per prolungare l’APD e sopprimere ugualmente le aritmie, ma il d-sotalolo non blocca il beta adrenorecettore e da solo può essere aritmogeno. Il propafenone racemico presenta azione beta-bloccante dovuta all’enantiomero S.Altri farmaci con notevoli differenze stereoselettive comprendono la disopiramide, con una forma (S [+]) che prolunga la ripolarizzazione con effetti antiaritmici superiori a quelli della R (-), che accorcia la ripolarizzazione. Quest’ultima forma ha effetti anticolinergici minori. L’enantiomero (-) del verapamil esercita maggiori effetti inotropi e dromotropi negativi rispetto alla forma (+) e può avere un’azione antiaritmica più potente. La stereoselettività influisce meno sui farmaci che bloccano i canali del sodio che sul blocco dei beta adrenorecettori e i recettori del potassio e del calcio. METABOLITI DEI FARMACI. I metaboliti dei farmaci possono aumentare o modificare gli effetti del principio attivo del farmaco esercitando azioni simili, competendo con i composti d’origine o riflettendo la tossicità farmacologica. La chinidina ha almeno quattro metaboliti attivi ma nessuno con una potenza superiore a quella del composto d’origine e nessuno implicato in maniera preminente nel causare torsioni di punta. Circa il 50% della procainamide è metabolizzato a N-acetilprocainamide (NAPA). Soltanto il composto d’origine blocca i canali cardiaci del sodio e rallenta l’impulso di propagazione nel sistema di His-Purkinje. Il NAPA prolunga la ripolarizzazione ed è un farmaco antiaritmico meno efficace 12-02-2007 12:08:53 EFFETTI INDESIDERATI. I farmaci antiaritmici producono un gruppo di effetti indesiderati relativi alla dose eccessiva e alle concentrazioni plasmatiche, che causano sia tossicità non cardiaca (p.es., alterazioni neurologiche) che cardiaca (p.es., insufficienza cardiaca, certe aritmie) e un altro gruppo di effetti indesiderati non correlati alle concentrazioni plasmatiche che è stato denominato idiosincrasico. Esempi di questi ultimi sono la sindrome lupica indotta da procainamide e alcune aritmie quali le torsioni di punta indotte dalla chinidina. Quest’ultimo fenomeno può verificarsi in soggetti con una “forma frusta” della sindrome del QT lungo (cioè, normale intervallo QT a riposo, ma intervallo marcatamente prolungato in presenza di alcuni farmaci).5 In futuro, è probabile che differenze genetiche potranno spiegare molte reazioni “idiosincrasiche”.6-11 Proaritmia. Le aritmie cardiache indotte o aggravate dai farmaci (proaritmia) sono un problema clinico importante.12 Tali eventi possono manifestarsi con un aumento della frequenza di un’aritmia preesistente, con la trasformazione in sostenuta di un’aritmia precedentemente non sostenuta (talora rendendola addirittura incessante) o inducendo aritmie in pazienti che non le avevano in precedenza. I meccanismi elettrofisiologici sono probabilmente correlati al prolungamento della ripolarizzazione, allo sviluppo di una post-depolarizzazione precoce tale da determinare torsioni di punta e ad alterazioni nei circuiti di rientro in grado di provocare o sostenere tachiaritmie ventricolari. Eventi proaritmici possono verificarsi nel 5-10% dei pazienti a cui vengono somministrati farmaci antiaritmici. Il rischio proaritmico aumenta nello scompenso cardiaco. Pazienti con fibrillazione atriale trattati con antiaritmici avevano un rischio relativo di morte cardiaca di 4,7 in caso di anamnesi d’insufficienza cardiaca rispetto a pazienti Braun cap 30ok.indd 717 non trattati, che avevano un rischio relativo di morte per aritmie 717 di 3,7. Pazienti senza storia di insufficienza cardiaca congestizia non avevano un aumento di rischio di morte cardiaca durante il trattamento antiaritmico.13 Una funzione ventricolare ridotta, un trattamento con digitale e diuretici e un intervallo QT più lungo prima del trattamento caratterizzano i pazienti che sviluppano una fibrillazione ventricolare (FV) farmacoindotta. La maggior parte degli eventi proaritmici conosciuti compaiono di solito a distanza di alcuni giorni dall’inizio del trattamento o dalla modificazione del dosaggio e sono caratterizzati dalla comparsa di TV incessante, sindrome del QT lungo e torsione di punta. Tuttavia, nel Cardiac Arrhythmia Suppression Trial (CAST),14 i ricercatori hanno riscontrato che encainide e flecainide riducevano le aritmie ventricolari spontanee, ma erano associate a una mortalità totale del 7,7% rispetto al 3% del gruppo trattato con placebo. Le morti risultavano uniformemente distribuite lungo tutto il periodo di trattamento, portando all’importante conclusione che un altro genere di risposta proaritmica si può verificare qualche tempo dopo l’inizio della terapia farmacologica. Questi effetti proaritmici tardivi possono essere correlati all’esacerbazione farmaco-indotta del ritardo di conduzione miocardica distrettuale dovuto all’ischemia e alle concentrazioni eterogenee di farmaco che possono favorire il rientro. Anche la moricizina aumentava la mortalità, causando l’interruzione del CAST II. Fino agli anni ’70, quando sono stati ideati trattamenti chirurgici distinti per la sindrome di Wolff-Parkinson-White e la TV (vedi oltre), gli antiaritmici erano l’unico trattamento per i pazienti con tachiaritmia. La disponibilità dell’ablazione transcatetere (vedi oltre) e degli ICD (Cap. 31) per trattare una grande varietà di aritmie ha relegato la terapia farmacologica in un ruolo secondario. I farmaci sono tuttora utili per prevenire o ridurre la frequenza delle recidive in pazienti con episodi relativamente rari di tachicardie benigne, in quelli che hanno avuto un successo incompleto con i metodi di ablazione transcatetere e nei pazienti con ICD che hanno frequenti episodi di aritmia ventricolare che esita in shock. Terapia delle aritmie cardiache ma compete con la procainamide per i siti secretori renotubulari e può aumentare l’emivita di eliminazione del principio attivo del farmaco. Il metabolita della lidocaina compete con la stessa nel blocco dei canali del sodio e contrasta parzialmente con il blocco indotto. FARMACOGENETICA (Cap. 5). Le vie metaboliche determinate geneticamente spiegano molte delle differenze nella risposta dei pazienti ad alcuni farmaci. L’attività della N-acetiltransferasi epatica determinata geneticamente regola lo sviluppo di anticorpi antinucleo e lo sviluppo di una sindrome lupoide come risposta alla procainamide. I fenotipi acetilatori lenti sembrano più inclini a sviluppare il lupus rispetto agli acetilatori rapidi. In circa il 7% dei soggetti manca la debrisochina 4-idrossilasi. Questo enzima (chiamato P450dbl) è necessario al metabolismo della debrisochina (un farmaco antipertensivo) e del propafenone, per idrossilare molti betabloccanti e per biotrasformare la flecainide. La mancanza di questo enzima riduce il metabolismo del composto d’origine, portando a un aumento delle concentrazioni plasmatiche del principio attivo e riduzione delle concentrazioni dei metaboliti. Il propafenone è metabolizzato da questo enzima in un composto con effetti antiaritmici e beta-bloccanti leggermente inferiori e minori effetti indesiderati sul SNC. Pertanto, i soggetti con metabolismo debole possono manifestare un rallentamento maggiore della frequenza cardiaca e neurotossicità rispetto a quelli con metabolismo più esteso. La chinidina a basso dosaggio può inibire questo enzima e quindi alterare la concentrazione dei farmaci e dei metaboliti somministrati in associazione che sono influenzati dell’enzima P450dbl quali il propafenone o la flecainide. Conoscere la stereoselettività e la farmacogenetica può fornire maggiori indicazioni per capire le differenze di efficacia e tossicità dei farmaci tra i pazienti.Anche la cimetidina e la ranitidina influenzano il metabolismo farmacologico, probabilmente per inibizione degli enzimi di metabolizzazione epatica P450. Altri farmaci non cardiovascolari di uso comune alterano questa importante via metabolica. Farmaci quali rifampicina, fenobarbital e fenitoina inducono la sintesi di maggiori quantità di citocromo P450dbl, riducendo le concentrazioni dei farmaci d’origine che vengono ampiamente metabolizzati, mentre eritromicina, claritromicina, fluoxetina e succo di pompelmo inibiscono l’attività enzimatica, determinando l’accumulo del farmaco di riferimento. Si ritiene che questo effetto spieghi perché la cisapride, un farmaco usato per aumentare la motilità gastrica, possa causare in casi isolati prolungamento dell’intervallo QT e torsioni di punta. La cisapride blocca la corrente di ripolarizzazione ritardata IKr ma non prolunga significativamente l’intervallo QT nella maggioranza dei pazienti, verosimilmente per l’ampio metabolismo. Nei pazienti che assumono un inibitore del citocromo P450 (come l’eritromicina) insieme alla cisapride, quest’ultimo farmaco può accumularsi portando a un prolungamento del QT e a torsioni di punta. Farmaci antiaritmici di classe IA Chinidina Chinidina e chinino sono alcaloidi isomeri isolati dalla corteccia di china. Sebbene la chinidina condivida gli effetti antimalarici, antipiretici e azioni vagolitiche del chinino, quest’ultimo non ha le significative caratteristiche elettrofisiologiche e gli effetti antiaritmici della chinidina. AZIONI ELETTROFISIOLOGICHE (Tab. 30-5; vedi Tabb. 30-1, 30-2 e 30-3). La chinidina ha uno scarso effetto sull’automatismo del nodo del seno normale isolato o denervato, ma sopprime l’automatismo nelle fibre di Purkinje normali, specialmente nei pacemaker ectopici, diminuendo la pendenza della fase 4 della depolarizzazione diastolica e spostando il voltaggio di soglia verso lo zero. Nei pazienti con malattia del nodo del seno, la chinidina può deprimere l’automatismo del nodo sinusale. Essa non condiziona l’automatismo anormale nelle fibre di Purkinje parzialmente depolarizzate. La chinidina provoca post-depolarizzazioni precoci in preparati sperimentali e nell’uomo che possono essere responsabili di torsione di punta.15 A causa di un significativo effetto anticolinergico e della stimolazione riflessa risultante dal blocco alfa-adrenergico che provoca vasodilatazione periferica, la chinidina può aumentare la frequenza del nodo del seno e migliorare la conduzione del nodo AV. Effetti miocardici diretti possono prolungare i tempi di conduzione del nodo AV e del fascio di His-Purkinje e la refrattarietà in una via AV accessoria. La chinidina prolunga lievemente l’APD dei muscoli atriale e ventricolare e delle fibre di Purkinje, mentre prolunga l’ERP senza modificare significativamente il potenziale di membrana a riposo. Il prolungamento della ripolarizzazione è più evidente alle basse frequenze cardiache (uso-dipendenza inverso) a causa del blocco di IKr. ·L’ampiezza del potenziale d’azione, l’entità della depolarizzazione e la Vmax di fase 0 sono ridotti, soprattutto in corso di ischemia, ipossia e, nelle fibre parzialmente depolarizzate, specialmente 12-02-2007 12:08:54 718 Tabella 30–4 Indicazioni di uso clinico per i farmaci antiaritmici* Limiti abituali di dosaggio Endovenoso (mg) Orale (mg) Farmaci Carico Mantenimento Carico Mantenimento Chinidina da 6-10 mg/kg a 0,3-0,5 mg/kg/min — 800-1000 300-600 q6hr Procainamide da 6-13 mg/kg a 0,2-0,5 mg/kg/min 2-6 mg/min 500-1000 250-1000 q4-6hr ‡ Disopiramide 1-2 mg/kg in 15-45 min Lidocaina da 1-3 mg/kg a 20-50 mg/min 1-4 mg/min N/A N/A Mexiletina 500 mg‡ 0,5-1,0 gm/24 hr 400-600 150-300 q8-12hr Fenitoina 100 mg q5min per £1000 mg 1000 100-400 q12-24hr Flecainide 2 mg/kg ‡ 1 mg/kg/hr 100-300 q6-8hr 100-200 q12hr ‡ 50-200 q12hr Capitolo 30 Propafenone 1-2 mg/kg Moricizina N/A Propranololo 0,25-0,5 mg q5min a £0,20 mg/kg Amiodarone 15 mg/min per 10 min, 1 mg/min per 3 hr, 0,5 mg/min a seguito 1 mg/min 800-1600 qd per 7-14 giorni Bretilio da 5-10 mg/kg a 1-2 mg/kg/min 0,5-2 mg/min N/A Sotalolo 10 mg in 1-2 min‡ Ibutilide 1 mg in 10 min N/A 600-900 150-300 q8-12hr 300 100-400 q8hr 10-200 q6-8hr 200-600 qd 4 mg/kg/d 80-320 q12hr ‡ N/A N/A N/A Dofetilide 2-5 mg/kg in infusione N/A N/A 0,125-0,5 q12hr Azimilide N/A N/A N/A 100-200 qd Verapamil 5-10 mg in 1-2 min 0,005 mg/kg/min 80-120 q 6-8hr Adenosina 6-18 mg (rapidamente) N/A N/A N/A Digossina 0,5-1,0 mg 0,125-0,25 qd 0,5-1,0 0,125-0,25 qd N/A = non applicabile. *I risultati riportati possono variare in rapporto alla dose, allo stato della malattia, alla somministrazione per via endovenosa od orale. † Classe di gravidanza: A, studi controllati non mostrano rischi fetali; B, nessuno studio controllato, ma nessuna evidenza di rischio fetale; danno fetale improbabile; C, non si può escludere rischio fetale; il farmaco dovrebbe essere usato soltanto se i potenziali benefici superano il rischio potenziale; D, rischio fetale certo; il farmaco deve essere evitato tranne che in casi potenzialmente letali o quando non esistono alternative più sicure; X, controindicato in gravidanza. ‡ Uso endovenoso solo sperimentale. § Solo sperimentale. alle frequenze elevate. Il canale veloce ha un’alta affinità per la chinidina, determinando il blocco di una parte dei canali del sodio e del tratto ascendente del potenziale d’azione. Il tempo di dissociazione dei farmaci di classe IA (circa 4 secondi) è più lungo di quelli di classe IB ma più breve dei farmaci della classe IC. Per la durata del plateau del potenziale d’azione (stato inattivato) o nelle fibre depolarizzate, la velocità di sblocco è lenta, mentre è molto più veloce nelle fibre polarizzate. Quindi, frequenze più veloci determinano un blocco maggiore dei canali del sodio e uno sblocco minore a causa di una minore percentuale di tempo trascorso in uno stato polarizzato (uso-dipendenza). L’isoproterenolo può modulare gli effetti della chinidina sui circuiti di rientro nell’uomo. Gli effetti della chinidina sul Ia (ma non Ik) varia in relazione all’età del paziente e può spiegare la sua minore efficacia nei bambini rispetto agli adulti. EFFETTI EMODINAMICI. La chinidina riduce le resistenze vascolari periferiche e può indurre un’ipotensione significativa a causa del suo effetto bloccante sui recettori alfa-adrenergici. La contemporanea somministrazione di vasodilatatori può aumentare gli effetti ipotensivi. In alcuni pazienti, la chinidina può aumentare la gittata cardiaca, probabilmente riducendo il postcarico e il precarico. Con la somministrazione orale di chinidina non si verifica alcun effetto diretto depressivo miocardico significativo. FARMACOCINETICA (Tab. 30-4). Sebbene chinidina solfato e chinidina gluconato somministrate per via orale presentino gradi di disponibilità sistemica simili, la concentrazione plasmatica della chinidina è massima circa 90 minuti dopo somministrazione orale di chinidina solfato e 3-4 ore dopo Braun cap 30ok.indd 718 somministrazione orale di chinidina gluconato. La somministrazione per via intramuscolare deve essere evitata per l’incompleto assorbimento e la necrosi tissutale. La chinidina può essere somministrata per via endovenosa se infusa lentamente. Circa l’80% della chinidina plasmatica è legata alle proteine, specialmente alla alfa1-glicoproteina acida che aumenta nello scompenso cardiaco. Sia il fegato che i reni eliminano la chinidina e aggiustamenti del dosaggio possono essere fatti in base alla clearance della creatinina. Il metabolismo avviene ad opera del sistema del citocromo P450. Circa il 20% è escreto immodificato nelle urine. Poiché l’insufficienza cardiaca congestizia, l’epatopatia o l’insufficienza renale possono ridurre l’eliminazione della chinidina e aumentare le concentrazioni plasmatiche, il dosaggio deve essere probabilmente ridotto e il farmaco somministrato con cautela nei pazienti con queste patologie, controllando i livelli sierici di chinidina. L’emivita di eliminazione è di 5-8 ore dopo somministrazione orale. L’effetto della chinidina sulla ripolarizzazione e l’efficacia complessiva è direttamente proporzionale alla funzione ventricolare sinistra; per una stessa concentrazione sierica, l’intervallo QT è più lungo nelle donne e con maggiori gradi di tono simpatico.16,17 DOSI E VIE DI SOMMINISTRAZIONE (Tab. 30-4). La dose orale abituale di chinidina solfato per un adulto è da 300 a 600 mg quattro volte al giorno, il che determina un livello di stato di equilibrio entro 24 ore circa. Una dose di carico da 600 a 1000 mg determina una concentrazione efficace più 12-02-2007 12:08:54 719 Tempo di picco Concentrazione efficace Concentrazione plasmatica sierica o plasmatica (orale) (h) (mg/ml) Emivita (h) Biodisponibilità (%) Via principale di eliminazione 1,5-3,0 3-6 5-9 60-80 Fegato C 1 4-10 3-5 70-85 Reni C da 1 a 2 2-5 8-9 80-90 Reni C N/A 1-5 1-2 N/A Fegato B da 2 a 4 0,75-2 10-17 90 Fegato C da 8 a 12 10-20 18-36 50-70 Fegato D da 3 a 4 0,2-1,0 20 95 Fegato C da 1 a 3 0,2-3,0 5-8 25-75 Fegato C da 1 a 3 0,1 2 40 Fegato B 4 1-2,5 3-6 35-65 Fegato C 0,5-1,5 56 giorni 25 Reni D da 2 a 4 0,04-0,90 8-14 20-50 Fegato C da 2,5 a 4 2,5 12 90-100 Reni B N/A N/A 6 Reni C 90 Reni C 90-100 Reni — C da 1 a 2 0,10-0,15 3-8 10-35 Fegato 0,0008-0,002 36-48 60-80 Reni N/A da 2 a 6 C precoce. Dosi simili di chinidina gluconato sono somministrate per via intramuscolare, mentre il dosaggio endovenoso (EV) di chinidina gluconato è di circa 10 mg/kg alla velocità di circa 0,5 mg/kg/min controllando spesso i parametri pressori ed elettrocardiografici (ECG). I dosaggi orali della forma gluconato sono superiori del 30% circa rispetto a quelli della forma solfato. Si verificano importanti interazioni con altri farmaci. INDICAZIONI. La chinidina è un farmaco antiaritmico versatile, utile nel trattare i complessi prematuri ventricolari e sopra-ventricolari e le tachiaritmie sostenute. Può prevenire le recidive spontanee di tachicardia nodale AV da rientro (TRNAV) prolungando la refrattarietà atriale e ventricolare e deprimendo la conduzione nella via retrograda veloce. Nei pazienti con sindrome di Wolff-Parkinson-White la chinidina prolunga l’ERP della via accessoria e, così facendo, può prevenire le tachicardie reciprocanti e rallentare la risposta ventricolare dovuta alla conduzione attraverso la via accessoria durante il flutter o la fibrillazione atriale. La chinidina e altri farmaci antiaritmici possono anche prevenire le recidive di tachicardia sopprimendo il “trigger” (cioè, ad esempio il complesso prematuro atriale [Premature Atrial Complex, PAC] o il complesso prematuro ventricolare [Premature Ventricular Complex, PVC] che provocano una tachicardia sostenuta).6 La chinidina interrompe con successo il flutter e la fibrillazione atriale nel 20-60% dei pazienti, con maggiore possibilità di successo se l’aritmia è di più recente insorgenza e se gli atri non sono ingranditi. Prima di somministrare la chinidina in questi pazienti, si deve rallentare sufficientemente la risposta ventricolare con digitale, propranololo o verapamil, poiché il rallentamento chinidina-indotto del flutter atriale (p.es., da 300 a 230 batt/min) e il suo effetto vagolitico sulla conduzione Braun cap 30ok.indd 719 C Terapia delle aritmie cardiache 7-13 200-1000 Gravidanza classe† del nodo AV possono convertire una risposta AV 2:1 (frequenza ventricolare di 150 batt/min) a una risposta AV 1:1, con un incremento della frequenza ventricolare (a 230 batt/min).18 Se si intende utilizzare la chinidina per tentare di mantenere il ritmo sinusale dopo cardioversione elettiva dei pazienti con fibrillazione atriale, questa probabilmente deve essere somministrata 1-2 giorni prima della cardioversione programmata, poiché questo trattamento ripristina in alcuni pazienti il ritmo sinusale (rendendo così superfluo il ricorso alla cardioversione elettrica) ed aiuta a mantenerlo quando è stato ristabilito. Inoltre, si può osservare una tossicità precoce o un’intolleranza del paziente al farmaco ed è necessario modificare le dosi prima di tentare la cardioversione. Tuttavia, una metanalisi di 6 studi che hanno valutato gli effetti della chinidina rispetto ai controlli nel mantenimento del ritmo sinusale in pazienti con fibrillazione atriale, ha mostrato che i pazienti trattati con chinidina conservavano il ritmo sinusale più a lungo rispetto al gruppo controllo, ma con un aumento della mortalità totale nello stesso periodo. La chinidina ha prevenuto la morte improvvisa in alcuni pazienti rianimati dopo arresto cardiaco extraospedaliero e può essere utilizzata con altri farmaci antiaritmici per aumentare l’efficacia nel sopprimere le gravi tachiaritmie ventricolari; tuttavia, la maggior parte di questi pazienti ha un ICD e il trattamento farmacologico è prettamente addizionale (cioè, usato per ridurre la frequenza degli episodi aritmici). È importante sottolineare che nessun dato pubblicato da studi randomizzati controllati indica un miglioramento della sopravvivenza nei pazienti trattati con chinidina dopo infarto miocardico e un arresto cardiaco si può verificare malgrado la terapia con chinidina. Poiché attraversa la placenta, la chinidina si può usare nel trattamento delle aritmie fetali. 12-02-2007 12:08:55 720 Tabella 30–5 Caratteristiche elettrofisiologiche dei farmaci antiaritmici in vivo* Misure elettrocardiografiche Intervalli elettrofisiologici Farmaci Ritmo sinusale PR Qrs QT JT ERP-NAV ERP-SHP ERP-A ERP-V AH HV Chinidina 0≠ Ø 0≠ ≠ ≠ ≠ 0≠ ≠ ≠ ≠ 0Ø ≠ Procainamide 0 0≠ ≠ ≠ ≠ 0≠ ≠ ≠ ≠ 0≠ ≠ Disopiramide 0≠ Ø0≠ ≠ ≠ ≠ ≠0 ≠ ≠ ≠ Ø0≠ ≠ Lidocaina 0 0 0 0Ø Ø 0Ø 0≠ 0 0 0Ø 0≠ Mexiletina 0 0 0 0Ø Ø 0≠ 0≠ 0 0 0≠ 0≠ Fenitoina 0 0 0 0 0 0Ø Ø 0 0 0≠ 0 Flecainide 0Ø ≠ ≠ 0≠ 0 ≠ ≠ ≠ ≠ ≠ ≠ Capitolo 30 Propafenone 0Ø ≠ ≠ 0≠ 0 0≠ 0≠ 0≠ ≠ ≠ ≠ Moricizina 0Ø 0≠ 0≠ 0 Ø 0 0 0≠ 0≠ ≠ ≠ Propranololo Ø 0≠ 0 0Ø 0 ≠ 0 0 0 0 0 Amiodarone Ø 0≠ ≠ ≠ ≠ ≠ ≠ ≠ ≠ ≠ ≠ Bretilio Ø0≠ 0 0 0≠ ≠ 0 ≠ ≠ ≠ Ø0≠ 0 Sotalolo Ø 0≠ 0 ≠ ≠ ≠ ≠ ≠ ≠ ≠ 0 Ibutilide Ø 0Ø 0 ≠ ≠ 0 0 ≠ ≠ 0 0 Dofetilide 0 0 0 ≠ ≠ 0 0 ≠ ≠ 0 0 Azimilide 0 0 0 ≠ ≠ 0 0 ≠ ≠ 0 0 Verapamil 0Ø ≠ 0 0 0 ≠ 0 0 0 ≠ 0 Adenosina Ø quindi ≠ ≠ 0 0 0 ≠ 0 Ø 0 ≠ 0 Digossina Ø ≠ 0 0 Ø ≠ 0 Ø 0 ≠ 0 ≠ = aumento; Ø = diminuzione; 0 = nessun cambiamento; 0 ≠ o 0 Ø = aumento o diminuzione lieve o trascurabile; A = atrio; AH = intervallo atrio-His (un indice della conduzione nel nodo atrioventricolare); NAV = nodo atrioventricolare; ERP = periodo refrattario effettivo (il più lungo S1-S2 intervallo al quale S2 non riesce a produrre una risposta); SHP = sistema di His-Purkinje; HV = intervallo His-ventricolare (un indice di conduzione His-Purkinje); V = ventricolo. *I risultati riportati possono variare in rapporto al tipo di tessuto, alla concentrazione del farmaco e al tono autonomico. EFFETTI INDESIDERATI. La maggior parte degli effetti indesiderati più comuni del trattamento cronico con chinidina orale sono quelli gastrointestinali e comprendono nausea, vomito, diarrea, dolore addominale e anoressia. Gli effetti indesiderati gastrointestinali sono più lievi con la forma gluconato. La tossicità sul sistema nervoso centrale comprende tinnito, perdita dell’udito, disturbi visivi, confusione, delirio e psicosi. Cinconismo è il termine solitamente applicato a questi effetti indesiderati. Reazioni allergiche si possono manifestare sotto forma di rash, febbre, trombocitopenia immunomediata, anemia emolitica e, raramente, anafilassi. La trombocitopenia è secondaria alla presenza di anticorpi contro il complesso chinidina-piastrine che causano agglutinazione piastrinica e lisi. Nei pazienti in trattamento con anticoagulanti orali, la chinidina può indurre sanguinamento. Gli effetti indesiderati possono precludere la somministrazione a lungo termine di chinidina nel 30-40% dei pazienti. La chinidina può rallentare la conduzione cardiaca, talvolta fino al blocco, che si manifesta come prolungamento della durata del QRS o sotto forma di turbe della conduzione del nodo senoatriale (SA) o AV. La tossicità cardiaca chinidinoindotta può essere trattata con sodio lattato. La chinidina può causare sincope nello 0,5-2,0% dei pazienti, nella maggior parte dei casi come conseguenza di un episodio autolimitante di torsione di punta. Come detto precedentemente, queste possono essere secondarie allo sviluppo di una post-depolarizzazione precoce. La chinidina prolunga l’intervallo QT nella maggior parte dei pazienti, sia che compaiano o meno aritmie ventricolari, ma un significativo allungamento del QT (intervallo QT di Braun cap 30ok.indd 720 500-600 millisec) è spesso caratteristico dei pazienti con sincope da chinidina. Molti di questi pazienti assumono anche digitale o diuretici o hanno un’ipokaliemia; le donne sono più soggette degli uomini.17,18 La sincope non è correlata alla concentrazione plasmatica di chinidina o alla durata della terapia, sebbene la maggior parte degli episodi si verifichi entro i primi 2-4 giorni di terapia (spesso dopo conversione della fibrillazione atriale al ritmo sinusale) (Tab. 72-3). La terapia della sincope da chinidina richiede l’interruzione immediata della chinidina e di altri farmaci con effetti farmacologici simili, come la disopiramide, a causa della sensibilità crociata che esiste in alcuni pazienti. Il magnesio EV (2 gm in 1-2 minuti, seguito da un’infusione di 3-20 mg/min) è il trattamento farmacologico iniziale di scelta. Il pacing atriale o ventricolare può essere utilizzato per sopprimere la tachiaritmia ventricolare e può agire sopprimendo le postdepolarizzazioni precoci. In alcuni pazienti possono essere provati farmaci che non prolungano l’intervallo QT, quali la lidocaina o la fenitoina. Quando il pacing non è disponibile, si può somministrare con cautela l’isoproterenolo. L’aritmia termina gradualmente con l’eliminazione della chinidina e il ritorno dell’intervallo QT al livello di base. Farmaci che inducono la produzione di enzimi epatici, quali il fenobarbital o la fenitoina, possono abbreviare la durata d’azione della chinidina aumentando la velocità di eliminazione. La chinidina può aumentare le concentrazioni plasmatiche della flecainide inibendo il sistema enzimatico P450 e le concentrazioni sieriche della digossina e della digitossina diminuendo la clearance corporea totale della digitossina e la clearance, il volume di distribuzione e l’affinità dei recettori tissutali alla digossina. 12-02-2007 12:08:55 Procainamide EFFETTI EMODINAMICI. La procainamide può deprimere la contrattilità miocardica a dosaggi elevati. Non produce blocco dei recettori alfa, ma può causare vasodilatazione periferica, forse attraverso effetti simpatico-antagonisti sul cervello o sul midollo spinale che possono alterare i riflessi cardiovascolari. FARMACOCINETICA (Tab. 30-4). La somministrazione orale produce un picco di concentrazione plasmatica in circa 1 ora. Circa l’80% della procainamide per via orale è biodisponibile, e il 20% si lega alle proteine plasmatiche. L’emivita totale di eliminazione della procainamide è 3-5 ore, con un 50-60% del farmaco eliminato dal rene e il 10-30% eliminato dal metabolismo epatico. Forme di procainamide a rilascio prolungato somministrate ogni 6 ore portano a livelli plasmatici di equilibrio del farmaco equivalenti a quelli raggiunti con una eguale dose giornaliera totale di procainamide a rilascio veloce somministrata ogni 4 ore. Il farmaco viene acetilato a NAPA, che viene escreto quasi esclusivamente dai reni. Quando la funzionalità renale è alterata e nell’insufficienza cardiaca, i livelli di procainamide – specialmente i livelli di NAPA – aumentano e, a causa del rischio di cardiotossicità grave, richiedono un attento monitoraggio. Il NAPA ha un’emivita di eliminazione di 7-8 ore, ma supera le 10 ore se si usano alti dosaggi di procainamide. Piccole quantità di NAPA sono riconvertite a procainamide mediante deacetilazione. L’età avanzata, l’insufficienza cardiaca congestizia e la riduzione della clearance della creatinina diminuiscono la clearance della procainamide e richiedono un dosaggio ridotto. DOSI E VIE DI SOMMINISTRAZIONE (Tab. 30-4). La procainamide può essere somministrata per via orale, EV o intramuscolare per raggiungere le concentrazioni plasmatiche nel range di 4-10 mg/ml che determinano un effetto antiaritmico. Talvolta, sono state necessarie concentrazioni plasmatiche superiori a 10 mg/ml, ma la possibilità di comparsa di effetti indesiderati a queste concentrazioni plasmatiche più alte generalmente impedisce la somministrazione a lungo termine. Per somministrare la procainamide sono stati utilizzati diversi regimi EV. Si possono somministrare 25-50 mg in 1 minuto, ripetuti poi ogni 5 minuti finché l’aritmia non è controllata, compare ipotensione o il complesso QRS è prolungato di più del 50%. Si possono anche utilizzare dosi da 10-15 mg/kg a 50 mg/min. Con questo metodo, la concentrazione plasmatica cade rapidamente nei primi 15 minuti dopo la dose di carico, con effetti paralleli sulla refrattarietà e sulla conduzione. Un’infusione di procainamide EV a velocità costante può essere somministrata a una dose di 2-6 mg/min. I limiti superiori della dose totale Braun cap 30ok.indd 721 Terapia delle aritmie cardiache AZIONI ELETTROFISIOLOGICHE (Tabb. 30-1, 30-2, 30-3 e 30-5). Gli effetti cardiaci della procainamide su automatismo, conduzione, eccitabilità e risposta di membrana sono simili a quelli della chinidina. La procainamide blocca soprattutto lo stato inattivato di INa. Inoltre blocca IKr e IKATP. Come la chinidina, la procainamide di solito prolunga l’ERP più di quanto prolunghi l’APD e quindi può prevenire il rientro. Rispetto alla chinidina e alla disopiramide, la procainamide esercita effetti anticolinergici meno rilevanti. Essa non modifica il normale automatismo del nodo del seno. In vitro la procainamide riduce un automatismo anormale, con minore effetto sull’attività triggerata o sull’automatismo normale aumentato dalle catecolamine. Gli effetti elettrofisiologici del NAPA, il principale metabolita della procainamide, differiscono da quelli del farmaco d’origine. Il NAPA (da 10 a 40 mg/l) non sopprime la velocità della fase 4 di depolarizzazione diastolica delle fibre di Purkinje e non modifica· il potenziale di membrana a riposo, l’ampiezza del potenziale d’azione o Vmax di fase 0 del potenziale d’azione delle fibre di Purkinje o del muscolo ventricolare.Tuttavia il NAPA, un bloccante dei canali del K+(IKr), esercita un’azione di classe III e prolunga l’APD del muscolo ventricolare e delle fibre di Purkinje in modo dose-dipendente. Dosi tossiche determinano postdepolarizzazioni precoci, attività triggerate e tachiaritmie ventricolari, comprese le torsioni di punta. La procainamide possiede effetti elettrofisiologici superiori a quelli del NAPA. EV sono flessibili, compresi tra 1000 e 2000 mg, in base alla 721 risposta del paziente. La somministrazione orale di procainamide richiede un intervallo di 3-4 ore tra le dosi per una dose totale giornaliera di 2-6 g, con condizioni di equilibrio raggiunte in 1 giorno. Se si usa una dose di carico, deve essere il doppio di quella di mantenimento. Le somministrazioni devono essere ripetute a causa della breve emivita di eliminazione nei soggetti normali. Per le formulazioni a rilascio prolungato, le dosi sono somministrate a intervalli di 6-12 ore. Sebbene in alcuni pazienti cardiopatici possa essere osservata un’emivita più lunga, permettendo intervalli più lunghi tra le somministrazioni, ciò deve essere confermato per ogni singolo paziente. La procainamide è ben assorbita per via intramuscolare, ottenendo in pratica il 100% della dose biodisponibile. INDICAZIONI. La procainamide è utilizzata per trattare aritmie sia sopraventricolari sia ventricolari come la chinidina. Sebbene i due farmaci abbiano effetti elettrofisiologici simili, ciascun farmaco può in realtà sopprimere un’aritmia sopraventricolare o ventricolare che è resistente all’altro.7 La procainamide può essere utilizzata per convertire a ritmo sinusale una fibrillazione atriale di recente insorgenza. Come per la chinidina, è consigliato un trattamento precedente con digitale, propranololo o verapamil allo scopo di prevenire l’accelerazione della risposta ventricolare nella fibrillazione atriale dopo terapia con procainamide. Gli effetti della procainamide su conduzione e refrattarietà nell’“istmo del flutter” della parete libera atriale destra (vedi oltre) varia secondo la direzione della propagazione del fronte dell’onda nell’istmo.19 La procainamide può bloccare la conduzione nella via accessoria nei pazienti con sindrome di Wolff-Parkinson-White e può essere usata in pazienti con fibrillazione atriale e rapida risposta ventricolare dovuta alla conduzione nella via accessoria. Può produrre un blocco a livello dell’His-Purkinje (Fig. 29-10) e a volte viene somministrata durante studi elettrofisiologici (SEF) per “stressare” il sistema di His-Purkinje e valutare così la necessità di un pacemaker. Tuttavia, deve essere usata con cautela nei pazienti con patologia di His-Purkinje accertata (blocco di branca) per i quali non sia rapidamente disponibile un pacemaker ventricolare. La procainamide è più efficace della lidocaina nell’interrompere acutamente una TV sostenuta. Allo stesso modo, la procainamide rallenta la frequenza della TV, una modificazione correlata all’aumento della durata del QRS.20 La risposta elettrofisiologica alla procainamide somministrata per via endovenosa sembra essere in grado di prevedere la risposta al farmaco somministrato per via orale. La procainamide sembra agire soprattutto sul circuito di rientro della TV rispetto alle altre aree del miocardio. La risposta antiaritmica alla procainamide non predice la risposta al NAPA. EFFETTI INDESIDERATI. Con la somministrazione della procainamide sono stati descritti molti effetti indesiderati non cardiaci, quali rash, mialgie, vasculiti digitali e fenomeno di Raynaud. Febbre e agranulocitosi possono essere dovute a reazioni da ipersensibilità e si deve effettuare la conta dei globuli bianchi con formula leucocitaria a intervalli regolari. Gli effetti gastrointestinali sono meno frequenti di quelli indotti dalla chinidina e gli effetti indesiderati sul sistema nervoso centrale sono meno frequenti che con la lidocaina (anche se può indurre vertigini, psicosi, allucinazioni e depressione). Concentrazioni tossiche possono ridurre la contrattilità cardiaca e determinare ipotensione. Diversi disturbi di conduzione o tachiaritmie ventricolari possono verificarsi in modo analogo alle alterazioni indotte dalla chinidina, tra cui la sindrome del QT lungo e TV polimorfe. Anche il NAPA può indurre allungamento del QT e torsioni di punta (Tab. 72-3). In assenza di patologia sinusale, la procainamide non ha effetti negativi sul nodo del seno. Nei pazienti con disfunzione del nodo del seno, la procainamide tende a prolungare il tempo di ripristino corretto del nodo del seno e può peggiorare i sintomi nei pazienti con sindrome 12-02-2007 12:08:56 722 bradi-tachicardia. Il farmaco non aumenta la concentrazione Capitolo 30 plasmatica di digossina. Artralgia, febbre, pleuropericardite, epatomegalia e pericardite emorragica con tamponamento sono state descritte in una sindrome simil-lupus eritematoso sistemico (LES), correlata alla somministrazione di procainamide. La sindrome compare più frequentemente e più precocemente in pazienti che sono acetilatori lenti della procainamide ed è influenzata da fattori genetici. L’acetilazione di un gruppo amino-aromatico della procainamide a formare NAPA sembra bloccare gli effetti che inducono il LES. Il 60-70% dei pazienti che assumono procainamide in forma cronica sviluppa anticorpi antinucleo, con sintomi clinici nel 20-30% dei casi, ma ciò è reversibile sospendendo il farmaco. Quando compaiono i sintomi, i preparati cellulari dei pazienti con LES sono spesso positivi. Esami sierologici positivi non necessariamente comportano l’interruzione della terapia, mentre la comparsa di sintomi o una positività agli anticorpi anti-DNA è indicazione alla sospensione, a meno che non sia l’unica terapia efficace di una aritmia potenzialmente letale (cosa molto rara). In questi pazienti, la somministrazione di corticosteroidi può eliminare i sintomi. Al contrario del LES che compare spontaneamente, in questa sindrome cervello e reni sono risparmiati e non vi è predilezione per il sesso femminile. Disopiramide Negli Stati Uniti, la disopiramide è stata approvata per il trattamento di pazienti con aritmie ventricolari nella sua forma per via orale e non per via EV. AZIONI ELETTROFISIOLOGICHE (Tabb. 30-1, 30-2, 30-3 e 30-5). Sebbene strutturalmente diversa dalla chinidina e dalla procainamide, la disopiramide produce effetti elettrofisiologici simili in vitro. Essa causa blocco uso-dipendente di INa e blocco non uso-dipendente di IKr. Come per la chinidina, basse concentrazioni del farmaco tendono a prolungare l’APD e inducono postdepolarizzazioni precoci come a concentrazioni più elevate.9 La disopiramide inibisce anche IKATP. Diminuisce la pendenza della fase 4 di depolarizzazione diastolica· nelle fibre di Purkinje, produce una riduzione frequenza-dipendente di Vmax di fase 0, prolunga l’ERP più di quanto prolunghi l’APD e allunga il tempo di conduzione nelle fibre di Purkinje normali e depolarizzate; non influisce sui potenziali d’azione calcio-dipendenti, eccetto probabilmente a concentrazioni molto alte. La disopiramide, come la procainamide, riduce le differenze nell’APD tra il tessuto normale e quello infartuato tramite il prolungamento del potenziale d’azione delle cellule normali in misura maggiore rispetto a quello delle cellule di regioni infartuate. La disopiramide è un bloccante muscarinico e può accelerare la frequenza di scarica del nodo del seno e accorciare il tempo di conduzione del nodo AV e la refrattarietà quando i nodi sono rallentati da influenze colinergiche (vagali). La disopiramide può anche rallentare la frequenza di scarica del nodo del seno con un’azione diretta quando somministrata ad alta concentrazione e può significativamente deprimere l’attività del nodo del seno in pazienti con disfunzione del nodo del seno. La disopiramide esercita effetti anticolinergici maggiori della chinidina e non sembra influenzare gli adrenorecettori alfa o beta. La disopiramide prolunga i periodi refrattari atriale e ventricolare, ma il suo effetto sulla conduzione e sulla refrattarietà del nodo AV non è significativo. La disopiramide prolunga il tempo di conduzione del sistema His-Purkinje, ma raramente compare blocco infra-His; può essere somministrata con sicurezza in pazienti con ritardo AV di primo grado e complessi QRS stretti. EFFETTI EMODINAMICI. La disopiramide deprime la performance sistolica ventricolare ed è un modesto vasodilatatore arterioso. I pazienti con una funzione ventricolare anormale tollerano molto poco gli effetti inotropi negativi della disopiramide. In questi pazienti, il farmaco deve essere generalmente evitato. FARMACOCINETICA (Tab. 30-4). La disopiramide è assorbita all’80-90%, con un’emivita media di eliminazione di 8-9 ore in volontari sani, ma di quasi 10 ore nei pazienti con insufficienza cardiaca e anche più lunga nei pazienti con aritmie Braun cap 30ok.indd 722 ventricolari. In questi pazienti la clearance corporea totale e il volume di distribuzione sono inferiori e la concentrazione sierica media è più alta rispetto ai soggetti normali. L’insufficienza renale allunga il tempo di eliminazione. Pertanto, nei pazienti con insufficienza renale, epatica o cardiaca, le dosi di carico e quelle di mantenimento vanno ridotte. I livelli ematici di picco dopo somministrazione orale sono raggiunti in 1-2 ore e la biodisponibilità supera l’80%. La frazione di disopiramide legata alle proteine sieriche è inversamente proporzionale alla concentrazione plasmatica totale del farmaco ma può essere più stabile (30-40%) in concentrazioni clinicamente rilevanti di 3 mg/ml. Si lega all’alfa1-glicoproteina acida e attraversa la placenta. All’incirca metà della dose orale si ritrova immodificata nelle urine e il 30% circa come metabolita mono-N-dealchilato. I metaboliti esercitano un effetto minore rispetto al principio attivo del farmaco. L’eritromicina inibisce il suo metabolismo. DOSI E VIE DI SOMMINISTRAZIONE (Tab. 30-4). Le dosi sono generalmente di 100-200 mg per via orale ogni 6 ore, con un range di 400-1200 mg/die. Un preparato a rilascio controllato può essere somministrato alla dose di 200-300 mg ogni 12 ore. La dose EV (per ricerca) è di 1-2 mg/kg come bolo iniziale somministrato in 5-10 minuti, che può essere seguito da un’infusione di 1 mg/kg/ora. INDICAZIONI. La disopiramide sembra paragonabile alla chinidina e alla procainamide nel ridurre la frequenza di PVC e nel prevenire in modo efficace recidive di TV in pazienti selezionati. La disopiramide è stata associata ad altri farmaci quali la mexiletina per trattare i pazienti che non rispondono o rispondono soltanto in parte a un singolo farmaco. La disopiramide aiuta a prevenire le recidive di fibrillazione atriale dopo una cardioversione efficace con la stessa efficacia della chinidina e può interrompere un flutter atriale. Nel trattamento di pazienti con fibrillazione atriale, in particolare con flutter atriale, deve essere controllata la frequenza ventricolare prima di somministrare disopiramide oppure la combinazione di una diminuzione della frequenza atriale con l’effetto vagolitico sul nodo AV può indurre una conduzione AV 1:1 durante il flutter atriale. La disopiramide si è dimostrata efficace nel prevenire gli episodi di sincope neurologicamente mediata. È stata usata in pazienti con miocardiopatia ipertrofica (Cap. 59). EFFETTI INDESIDERATI. Con la somministrazione di disopiramide si verificano tre categorie di effetti indesiderati. L’effetto più frequente è correlato alle potenti proprietà vagolitiche del farmaco e comprende tenesmo o ritenzione urinaria, stipsi, offuscamento visivo, glaucoma ad angolo chiuso e ridotta salivazione. I sintomi sono meno intensi con le forme a rilascio controllato. In secondo luogo, la disopiramide può provocare tachiaritmie ventricolari comunemente associate all’allungamento del QT e alla torsione di punta8 (Tab. 72-3). Alcuni pazienti possono avere una “sensibilità crociata” sia alla chinidina sia alla disopiramide e sviluppano torsioni di punta con l’uno o l’altro farmaco. Se si verifica una torsione di punta farmaco-indotta, i farmaci che prolungano l’intervallo QT devono essere usati con cautela o non essere utilizzati. Infine, la disopiramide può ridurre la contrattilità del ventricolo normale, ma la depressione della funzione ventricolare è molto più pronunciata in pazienti con insufficienza ventricolare preesistente. Può verificarsi uno shock cardiogeno. Farmaci antiaritmici di classe IB Lidocaina AZIONI ELETTROFISIOLOGICHE (Tabb. 30-1, 30-2, 30-3 e 30-5). La lidocaina blocca INa, soprattutto in stato aperto o anche inattivato. Ha una rapida cinetica di esordio e di scomparsa e non modifica il normale automatismo del nodo del seno alle dosi abituali, ma deprime altre forme 12-02-2007 12:08:56 EFFETTI EMODINAMICI. Effetti indesiderati di tipo emodinamico clinicamente significativi sono raramente osservabili alle concentrazioni abituali del farmaco, a meno di una grave compromissione della funzione ventricolare sinistra. FARMACOCINETICA (Tab. 30-4). La lidocaina viene utilizzata esclusivamente per via parenterale poiché la somministrazione orale provoca un esteso metabolismo di primo passaggio epatico e livelli plasmatici bassi e imprevedibili con una produzione eccessiva di metaboliti che possono determinare tossicità. Il metabolismo epatico della lidocaina dipende soprattutto dal flusso ematico epatico, cosicché la clearance di questo farmaco corrisponde (e può essere approssimata da) alle misurazioni di questo flusso. Gravi patologie epatiche o riduzione del flusso epatico, come nell’insufficienza cardiaca o nello shock, possono diminuire in modo marcato la velocità del metabolismo della lidocaina. I bloccanti beta-adrenergici possono ridurre il flusso epatico e aumentare la concentrazione sierica di lidocaina. Infusioni prolungate possono ridurre la clearance della lidocaina. La sua emivita di eliminazione è in media di 1-2 ore nei soggetti normali, più di 4 ore nei pazienti dopo un infarto miocardico relativamente non complicato, più di 10 ore in pazienti dopo un infarto miocardico complicato da insufficienza cardiaca e ha tempi ancora più lunghi in presenza di shock cardiogeno. Il dosaggio di mantenimento deve essere ridotto di un terzo o della metà in pazienti con portata cardiaca ridotta. La lidocaina è legata alle proteine al 50-80% e si lega alla alfa1-glicoproteina acida, che può aumentare nell’insufficienza cardiaca e nell’infarto miocardico. Il modello a due compartimenti predice accuratamente le concentrazioni sieriche. DOSI E VIE DI SOMMINISTRAZIONE (Tab. 30-4). Sebbene la lidocaina possa essere somministrata per via intramuscolare, la via EV è quella comunemente utilizzata. La lidocaina intramuscolare è somministrata a dosi di 4-5 mg/kg (250-350 mg), che danno livelli sierici efficaci in circa 15 minuti per una durata di circa 90 minuti. Per via endovenosa, la lidocaina viene somministrata con un bolo iniziale di 1-2 mg/kg di peso corporeo a una velocità di 20-50 mg/min, con una seconda iniezione di Braun cap 30ok.indd 723 metà della dose iniziale 20-40 minuti più tardi. I pazienti trattati 723 con un bolo iniziale seguito da un’infusione di mantenimento possono andare incontro a una transitoria concentrazione plasmatica subterapeutica 30-120 minuti dopo l’inizio della terapia. Un secondo bolo di circa 0,5 mg/kg senza aumentare la velocità dell’infusione di mantenimento ristabilisce le concentrazioni sieriche terapeutiche.9 Se compare una recidiva dell’aritmia dopo aver raggiunto uno stato di equilibrio (p.es., 6-10 ore dopo l’inizio della terapia), si deve somministrare un altro bolo simile e deve essere aumentata la velocità di infusione. L’incremento della sola velocità di infusione della terapia di mantenimento senza un nuovo bolo determina un aumento molto lento della concentrazione plasmatica della lidocaina, raggiungendo un nuovo plateau in più di 6 ore (4 volte l’emivita di eliminazione), pertanto non è consigliato. Un altro regime EV raccomandato è di 1,5 mg/kg all’inizio e 0,8 mg/kg a intervalli di 8 minuti per tre dosi. Le dosi vengono ridotte del 50% circa nei pazienti con insufficienza cardiaca. Se il bolo iniziale di lidocaina risulta inefficace, possono essere somministrati fino a due o più boli di 1 mg/kg a intervalli di 5 minuti. Pazienti che necessitano di più di un bolo per ottenere un effetto terapeutico sono affetti da aritmie che rispondono soltanto a concentrazioni plasmatiche più elevate di lidocaina e può essere necessario un dosaggio di mantenimento più alto per mantenere concentrazioni ematiche adeguate. I pazienti che necessitano di un solo bolo iniziale di lidocaina devono avere un’infusione di mantenimento di 30 mg/kg/min, mentre quelli che richiedono 2 o 3 boli necessitano di infusioni di 40-50 mg/kg/min. Le dosi di carico possono anche essere somministrate con un’infusione rapida e si può usare un’infusione EV a velocità costante per mantenere una concentrazione efficace. Una velocità di infusione di mantenimento compresa tra 1 e 4 mg/min produce livelli plasmatici di equilibrio di 1-5 μg/ml nei pazienti con infarto miocardico non complicato, ma questa velocità deve essere ridotta nello scompenso cardiaco o nello shock a causa della concomitante riduzione del flusso epatico. È stata anche consigliata una dose di attacco di circa 75 mg seguita da un’infusione iniziale a velocità di 5,33 mg/min che diminuisce esponenzialmente a 2 mg/min con un’emivita di 25 minuti. INDICAZIONI. La lidocaina dimostra un’efficacia contro le aritmie ventricolari di diversa eziologia, la capacità di ottenere rapidamente delle concentrazioni plasmatiche efficaci e un indice tossico-terapeutico abbastanza ampio con una bassa incidenza di complicanze emodinamiche e di altri effetti indesiderati. Tuttavia il suo effetto di primo passaggio epatico preclude l’uso per via orale ed inoltre è solitamente inefficace nei confronti delle aritmie sopraventricolari. Nei pazienti con la sindrome di Wolff-Parkinson-White, nei quali l’ERP della via accessoria è relativamente breve, la lidocaina generalmente non determina effetti significativi e può anche accelerare la risposta ventricolare in corso di fibrillazione atriale. La lidocaina è utilizzata principalmente nei pazienti con tachiaritmie ventricolari ricorrenti; sebbene una volta fosse di uso frequente, attualmente la profilassi con lidocaina nei pazienti con infarto miocardico acuto non è raccomandata, in quanto la sua capacità di ridurre l’incidenza di FV nei pazienti ospedalizzati con infarto acuto del miocardio non è stata chiaramente stabilita e può provocare effetti collaterali, nonché un possibile aumento del rischio di sviluppare asistolia. Si è dimostrata efficace nei pazienti dopo rivascolarizzazione coronarica e nei pazienti rianimati da FV extraospedaliera, sebbene l’amiodarone abbia mostrato tassi maggiori di sopravvivenza fino al momento del ricovero.22 EFFETTI INDESIDERATI. La maggior parte degli effetti indesiderati più comuni indotti dalla lidocaina è costituita da manifestazioni dose-correlate della tossicità sul sistema nervoso centrale: vertigini, parestesie, confusione, delirio, stupor, Terapia delle aritmie cardiache di automatismo sia normale che anomale, così come le post-depolarizzazione precoci e tardive nelle fibre di Purkinje in vitro. La lidocaina ha un · effetto soltanto modesto di riduzione su Vmax e non ha effetto sul potenziale diastolico massimo del muscolo normale e del tessuto specializzato a concentrazioni di circa 1,5 mg/ml. Tuttavia, frequenze più veloci di stimolazione, pH ridotto,21 aumento della concentrazione extracellulare di K+ e il potenziale di membrana ridotto – tutti cambiamenti che possono verificarsi nell’ischemia – aumentano la capacità della lidocaina di bloccare INa. La lidocaina riduce l’ampiezza della corrente transitoria interna responsabile di alcune forme di post-depolarizzazione. L’attività del calcio intracellulare può essere ridotta a causa del meccanismo di scambio sodiocalcio. La lidocaina può convertire aree di blocco unidirezionale in blocco bidirezionale durante l’ischemia e prevenire lo sviluppo di FV impedendo la frammentazione di ampi fronti d’onda organizzati in onde eterogenee più piccole. La lidocaina può essere aritmogena se deprime la conduzione ma non fino al punto di creare un blocco bidirezionale, ma questo non sembra un problema clinico importante. Tranne che in concentrazioni molto elevate, la lidocaina non ha effetto sui potenziali d’azione canali lenti-dipendenti nonostante la sua moderata azione di soppressione sulla corrente lenta interna. Infatti, la sua azione di depressione sui potenziali elettrici del miocardio ischemico conferma la tesi che questi potenziali ischemici siano risposte rapide ridotte anziché risposte lente. La lidocaina riduce significativamente l’APD e l’ERP delle fibre di Purkinje e del muscolo ventricolare a causa del blocco dei canali del sodio e alla riduzione dell’ingresso del sodio nella cellula. Possiede un modesto effetto sulle fibre atriali e non influisce sulla conduzione delle vie accessorie. In alcuni preparati in vitro, la lidocaina può migliorare la conduzione iperpolarizzando tessuti depolarizzati come conseguenza di una concentrazione esterna di potassio indotta o ridotta. In vivo, la lidocaina ha un effetto minimo sull’automatismo e sulla conduzione tranne che in circostanze particolari. Pazienti con preesistente disfunzione del nodo del seno, alterazioni di conduzione del sistema di His-Purkinje o ritmi di scappamento giunzionali o ventricolari possono sviluppare una depressione dell’automatismo o della conduzione. Parte dei suoi effetti possono essere inibiti dall’attività simpatica cardiaca. 12-02-2007 12:08:57 724 coma e convulsioni. Talora sono stati riportati depressione del nodo sinusale e blocco del sistema di His-Purkinje. Nei pazienti con tachiaritmie atriali è stato osservato un aumento della frequenza ventricolare. Raramente la lidocaina può causare ipertermia maligna. Sia la lidocaina che la procainamide possono elevare la soglia di defibrillazione. Mexiletina La mexiletina, un anestetico locale della stessa famiglia della lidocaina con proprietà anticonvulsivanti, è usata per il trattamento orale di pazienti con aritmie ventricolari sintomatiche. Capitolo 30 AZIONI ELETTROFISIOLOGICHE (Tabb. 30-1, 30-2, 30-3 e 30-5). La mexiletina è simile alla lidocaina in molte delle sue azioni elettrofisiologiche. In vitro, la mexiletina accorcia l’APD e l’ERP delle fibre di Purkinje e, · in minor grado, del muscolo ventricolare. Deprime Vmax di fase 0 bloccando INa, soprattutto alle frequenze più alte, e deprime l’automatismo delle fibre di Purkinje ma non del normale nodo del seno. Le sue cinetiche di esordio e di scomparsa·sono rapide. L’ipossia o l’ischemia ne possono aumentare gli effetti sulla Vmax. La mexiletina può indurre grave bradicardia e tempi di recupero del nodo del seno anormali nei pazienti con malattia del nodo del seno ma non in pazienti con un nodo del seno normale. Non influisce sulla conduzione del nodo AV e può deprimere la conduzione del fascio di His-Purkinje, ma non notevolmente, a meno che la conduzione non sia inizialmente anormale. La mexiletina non sembra influenzare l’ERP del muscolo atriale e ventricolare nell’uomo. La durata dell’intervallo QT non aumenta. Per i suoi effetti frequenza-dipendente, in teoria, la mexiletina potrebbe essere utilizzata per sopprimere le extrasistoli con accoppiamento precoce piuttosto che quelle tardive o le tachicardie più veloci. EFFETTI EMODINAMICI. La mexiletina non esercita effetti emodinamici importanti. Essa non deprime la funzione miocardica quando somministrata oralmente, sebbene la somministrazione EV possa produrre ipotensione. FARMACOCINETICA (Tab. 30-4). È stato osservato nei volontari che la mexiletina è assorbita rapidamente e quasi completamente dopo ingestione orale, con concentrazioni di picco nel plasma ottenute in 2-4 ore. L’emivita di eliminazione nei soggetti sani è di circa 10 ore mentre nei pazienti dopo IM è di 17 ore. I livelli plasmatici terapeutici di 0,5-2 mg/ml sono mantenuti con somministrazioni orali di 200-300 mg ogni 6-8 ore. L’assorbimento con meno del 10% di effetto del primo passaggio epatico avviene nel tratto superiore del piccolo intestino e risulta ritardato e incompleto nei pazienti con infarto miocardico e nei pazienti trattati con analgesici, narcotici, antiacidi o farmaci atropina-simili che ritardano lo svuotamento gastrico. La biodisponibilità dopo somministrazione orale di mexiletina è approssimativamente del 90% e circa il 70% del farmaco è legato alle proteine. Il volume apparente di distribuzione è grande e riflette una captazione tissutale intensa. Normalmente, la mexiletina è eliminata metabolicamente dal fegato, con meno del 10% escreto immodificato nelle urine. Le dosi devono essere ridotte nei pazienti con cirrosi e in quelli con insufficienza ventricolare sinistra. La clearance renale della mexiletina diminuisce con l’aumentare del pH urinario. I metaboliti conosciuti non esercitano azioni elettrofisiologiche. Il metabolismo può essere accelerato dalla fenitoina, dal fenobarbital e dalla rifampicina e depresso dalla cimetidina. Esso è inoltre influenzato dal genotipo per il gene CYP206. DOSI E VIE DI SOMMINISTRAZIONE (Tab. 30-4). La dose iniziale consigliata è di 200 mg per via orale ogni 8 ore quando il controllo rapido dell’aritmia non è essenziale. Le dosi possono essere aumentate oppure ridotte di 50-100 mg ogni 2-3 giorni e sono meglio tollerate quando vengono somministrate con il cibo. La dose totale giornaliera non deve superare i 1200 mg. In alcuni pazienti, può essere efficace la somministrazione ogni 12 ore. Per un carico veloce, si suggerisce una dose di 400 mg seguita in 8 ore da una dose di 200 mg. INDICAZIONI. La mexiletina è un farmaco antiaritmico efficace nel trattamento di pazienti con tachiaritmie sia acute Braun cap 30ok.indd 724 sia croniche, ma non con TSV. Il tasso di successo varia dal 6% al 60% e può anche aumentare in alcuni pazienti se la mexiletina è associata ad altri farmaci come procainamide, beta-bloccanti, chinidina, disopiramide o amiodarone. La maggior parte degli studi non mostra una chiara superiorità della mexiletina sugli altri farmaci di classe I. La mexiletina potrebbe essere molto utile nei bambini con patologie cardiache congenite e gravi aritmie ventricolari. Nel trattamento di pazienti con intervallo QT lungo, la mexiletina può essere più sicura di farmaci come la chinidina che aumentano ulteriormente l’intervallo QT. L’esperienza limitata nel trattare sottogruppi di pazienti con sindrome del QT lungo (LQT3, che è correlata al gene SCN5A per il canale cardiaco del sodio) suggerisce un ruolo benefico (Cap. 28). Non sembra modificare la prognosi di pazienti con tachiaritmie ventricolari insorte dopo un infarto miocardico. Può essere associata in maniera efficace al propafenone o all’amiodarone.23 EFFETTI INDESIDERATI. Il 30-40% dei pazienti deve modificare il dosaggio o interrompere la terapia con mexiletina a causa di effetti indesiderati come tremori, disartria, vertigini, parestesia, diplopia, nistagmo, confusione mentale, ansia, nausea, vomito e dispepsia. Effetti indesiderati cardiovascolari sono osservati specialmente dopo somministrazione EV e includono ipotensione, bradicardia e aggravamento dell’aritmia. Gli effetti indesiderati della mexiletina sembrano correlati alla dose e gli effetti tossici si verificano a concentrazioni plasmatiche solo leggermente più elevate dei livelli terapeutici. Quindi l’uso efficace di questo farmaco antiaritmico richiede un’attenta titolazione del dosaggio e il monitoraggio della concentrazione plasmatica. Si deve evitare la lidocaina, o ridurre il dosaggio, nei pazienti che assumono altri farmaci lidocainasimili come la mexiletina. Fenitoina La fenitoina, in origine usata per trattare disturbi convulsivi, ha tuttora un limitato valore come farmaco antiaritmico. AZIONI ELETTROFISIOLOGICHE (Tabb. 30-1, 30-2, 30-3 e 30-5). La fenitoina è efficace nell’abolire un automatismo anomalo causato da una postdepolarizzazione tardiva indotta dalla digitale nelle fibre cardiache di Purkinje e nel sopprimere alcune aritmie digitale-indotte nell’uomo. La velocità di salita del potenziale d’azione iniziato precocemente nel periodo refrattario relativo è aumentata, come la reattività di membrana, eventualmente riducendo la probabilità di una conduzione rallentata e di un blocco. La fenitoina ha effetti minimi sulla frequenza sinusale e sulla conduzione AV nell’uomo. · Analogamente ai farmaci di classe IB, la fenitoina ha scarso effetto su Vmax nelle fibre normalmente polarizzate a basse frequenze e i suoi effetti sono uso-dipendenti e con rapida cinetica di esordio e arresto. Alcuni effetti antiaritmici della fenitoina possono essere neuromediati perché può modulare l’attività efferente sia simpatica sia vagale. Non ha azioni bloccanti periferiche colinergiche o beta-adrenergiche. Gli effetti emodinamici della fenitoina sono irrilevanti. FARMACOCINETICA (Tab. 30-4). La farmacocinetica della fenitoina è molto inferiore a quella ideale. L’assorbimento dopo somministrazione orale è incompleto e varia in base alla marca del farmaco. Il picco di concentrazione plasmatica è raggiunto dopo 8-12 ore dalla somministrazione di una dose orale. Il 90% del farmaco si lega alle proteine. La solubilità della fenitoina è limitata al pH fisiologico e la somministrazione IM è associata a dolore, necrosi muscolare, ascessi asettici e assorbimento variabile. Le concentrazioni sieriche terapeutiche della fenitoina (da 10 a 20 mg/ml) sono simili per il trattamento delle aritmie cardiache e per quello dell’epilessia. Concentrazioni inferiori possono sopprimere alcune aritmie indotte dalla digitale o altre aritmie quando si verifica una riduzione del legame con le proteine plasmatiche (come nell’uremia), poiché si libera ed è farmacologicamente attiva una frazione maggiore del farmaco. METABOLISMO. Più del 90% di una dose somministrata viene idrossilato nel fegato in composti verosimilmente inat- 12-02-2007 12:08:57 Farmaci antiaritmici di classe IC Flecainide La flecainide è approvata dalla FDA per il trattamento di pazienti affetti da aritmie ventricolari potenzialmente letali, come pure per varie aritmie sopraventricolari. AZIONI ELETTROFISIOLOGICHE (Tabb. 30-1, 30-2, 30-3 e 30-5). La flecainide determina una significativa inibizione uso-dipendente del canale · rapido del sodio, diminuendo Vmax con una lenta cinetica di esordio e di scomparsa. La dissociazione del farmaco dal canale del sodio è molto lenta, con costante di tempo di 10-30 secondi (in confronto ai 4-8 secondi della chinidina e a quella inferiore a 1 secondo della lidocaina). In questo modo, un marcato effetto farmacologico può verificarsi già a frequenze cardiache fisiologiche. La flecainide abbrevia la durata del potenziale d’azione della fibra di Purkinje ma lo prolunga a livello del muscolo ventricolare, azioni che, a seconda delle circostanze, potrebbero aumentare o ridurre l’eterogeneità elettrica e quindi indurre o sopprimere aritmie. La flecainide rallenta significativamente la conduzione in tutte le fibre cardiache e, a concentrazioni elevate, inibisce il canale lento del Ca2+. Il tempo di conduzione è prolungato a livello degli atri, dei ventricoli, del nodo AV Braun cap 30ok.indd 725 e del sistema di His-Purkinje. Può arrestare il rientro atriale indotto sperimentalmente attraverso il blocco della via di rientro e sopprimere la tachicardia atriale (TA) mediante blocco in uscita dal focus. La flecainide può anche promuovere il rientro. Risulta un minimo aumento della refrattarietà atriale o ventricolare o dell’intervallo QT. La refrattarietà anterograda e retrograda delle vie accessorie può aumentare in modo significativo e con una modalità uso-dipendente. La funzione del nodo del seno rimane invariata nei soggetti normali ma è ridotta nei pazienti con disfunzioni del nodo del seno. Le soglie di stimolazione e defibrillazione sono lievemente aumentate in modo caratteristico. EFFETTI EMODINAMICI. La flecainide riduce la contrattilità cardiaca, soprattutto nei pazienti con funzione ventricolare sistolica compromessa. La frazione di eiezione ventricolare sinistra (FEVS) diminuisce dopo somministrazione orale (singola dose di 200-250 mg) o EV (1 mg). La flecainide deve essere usata con molta cautela o non deve essere usata, nei pazienti con disfunzione sistolica ventricolare moderata o grave. FARMACOCINETICA (Tab. 30-4). La flecainide è assorbita almeno al 90%, con un picco di concentrazione plasmatica raggiunto in 3-4 ore. L’emivita di eliminazione nei pazienti con aritmie ventricolari è di 20 ore, l’85% del farmaco viene escreto nelle urine immodificato o sotto forma di metaboliti inattivi. Due principali metaboliti esercitano effetti minori rispetto alla componente d’origine. L’eliminazione è più lenta nei pazienti con patologia renale e insufficienza cardiaca e in queste condizioni le dosi devono essere ridotte. Le concentrazioni terapeutiche nel plasma variano da 0,2 a 1,0 μg/ml. Circa il 40% del farmaco è legato alle proteine. Nella somministrazione combinata alla flecainide si verificano incrementi nella concentrazione sierica della digossina (15-25%) e del propranololo (30%). Il propranololo, la chinidina e l’amiodarone possono aumentare la concentrazione sierica di flecainide. In alcuni pazienti possono essere necessari 5-7 giorni per raggiungere uno stato di equilibrio. DOSI E VIE DI SOMMINISTRAZIONE (Tab. 30-4). La dose iniziale è di 100 mg ogni 12 ore, con incrementi di 50 mg due volte al giorno, non prima di ogni 3-4 giorni, fino al raggiungimento dell’efficacia, al manifestarsi di un effetto collaterale o fino a un massimo di 400 mg/d. Il ritmo cardiaco e la durata del QRS devono essere monitorati. INDICAZIONI. La flecainide è indicata per il trattamento di tachiaritmie ventricolari potenzialmente letali, tachiaritmie sopraventricolari e fibrillazione atriale parossistica. Alcuni esperti suggeriscono di iniziare la terapia in ambiente ospedaliero sotto monitoraggio ECG data la possibilità di eventi proaritmici (vedi oltre). La concentrazione sierica non deve superare 1,0 μg/ml. La flecainide è particolarmente efficace nel sopprimere quasi completamente i PVC e nelle brevi salve di TV non sostenuta, anche se l’importanza di tale risposta sulla successiva prognosi del paziente non è stata ancora stabilita. Come con altri farmaci antiaritmici di classe I, non vi sono dati da studi controllati che il farmaco influisca favorevolmente sulla sopravvivenza o la morte cardiaca improvvisa e i dati del CAST (vedi oltre) indicano un aumento della mortalità nei pazienti con malattia coronarica. La flecainide provoca un prolungamento uso-dipendente del ciclo della TV che migliora la tolleranza emodinamica. La flecainide è anche utile in una varietà di TSV quali il flutter e la fibrillazione atriale,10 nella sindrome di WolffParkinson-White e nella TA. L’isoproterenolo può invertire alcuni di questi effetti. La flecainide può essere più efficace della procainamide nel trattamento acuto della fibrillazione atriale. È importante rallentare la frequenza ventricolare prima di somministrare la flecainide per evitare una conduzione AV 1:1. La flecainide è stata impiegata per trattare aritmie fetali e quelle dei bambini.25 Essa può innalzare la soglia di defibrillazione. La somministrazione di flecainide può produrre un innalzamento ST nella derivazione V1 caratteristico della sindrome di Brugada (Cap. 32) ed è stata usata come strumento diagnostico in pazienti sospettati di avere questa malattia. 725 Terapia delle aritmie cardiache tivi; possono esservi variazioni significative geneticamente determinate. L’emivita di eliminazione è di circa 24 ore e può rallentare in presenza di malattie epatiche o quando la fenitoina è somministrata in concomitanza ad altri farmaci quali fenilbutazone, warfarin, isoniazide, cloramfenicolo e fenotiazine che competono con la fenitoina per gli enzimi epatici. Dato l’elevato numero di farmaci che possono aumentare o diminuire i livelli di fenitoina durante la terapia cronica, le concentrazioni plasmatiche di fenitoina devono essere determinate frequentemente quando si modificano gli altri farmaci. La fenitoina ha una cinetica di eliminazione concentrazionedipendente che può causare una tossicità inaspettata, in quanto ad aumenti della dose possono far seguito variazioni sproporzionate della concentrazione plasmatica. DOSI E VIE DI SOMMINISTRAZIONE (Tab. 30-4). Per raggiungere rapidamente una concentrazione plasmatica terapeutica, devono essere somministrati 100 mg di fenitoina EV ogni 5 minuti fino al controllo dell’aritmia, fino a che non sia stato somministrato circa 1 g o fino alla comparsa di effetti indesiderati. Generalmente, una dose da 700 a 1000 mg controlla l’aritmia. Si deve utilizzare una grossa vena centrale per evitare il dolore e lo sviluppo di flebite prodotti dal veicolo fortemente alcalino (pH 11,0) in cui la fenitoina viene solubilizzata. Oralmente, la fenitoina è somministrata come dose di carico di circa 1000 mg il primo giorno, 500 mg il secondo e il terzo giorno e 300-400 mg al giorno successivamente. Tutte le dosi di mantenimento possono essere somministrate una o due volte al giorno, in rapporto alla marca, a causa della lunga emivita di eliminazione. INDICAZIONI. La fenitoina è stata utilizzata con successo per trattare le aritmie atriali e ventricolari causate da intossicazione digitalica, ma è molto meno efficace nel trattare le aritmie ventricolari in pazienti con cardiopatia ischemica o con aritmie atriali non secondarie alla tossicità digitalica. Può essere utilizzata in pazienti con la sindrome del QT lungo. EFFETTI INDESIDERATI. Le manifestazioni più comuni di tossicità della fenitoina sono effetti sul SNC con nistagmo, atassia, vertigini, stupor e coma. La progressione dei sintomi può essere correlata all’aumento della concentrazione plasmatica del farmaco. Anche nausea, dolore epigastrico e anoressia sono effetti indesiderati abbastanza comuni della fenitoina. Una somministrazione a lungo termine può indurre iperglicemia, ipocalcemia, eruzioni, anemia megaloblastica, ipertrofia gengivale, iperplasia linfonodale, neuropatia periferica, polmonite e LES farmaco-indotto. Possono verificarsi anche malformazioni congenite fetali.24 12-02-2007 12:08:58 726 Capitolo 30 EFFETTI INDESIDERATI. Quelli proaritmici sono tra gli effetti più importanti della flecainide. Il suo marcato rallentamento della conduzione ne preclude l’uso nei pazienti con blocco AV di secondo grado senza pacemaker e richiede una cauta somministrazione nei pazienti con disturbi della conduzione intraventricolare. Nel 5-30% dei pazienti si può verificare un peggioramento di aritmie ventricolari preesistenti o l’insorgenza di nuove aritmie, con una maggiore percentuale nei pazienti con preesistente TV sostenuta, scompenso cardiaco o con dosaggi del farmaco più elevati. Il fallimento della risposta alla terapia sulle aritmie flecainide-indotte, compresa la cardioversione-defibrillazione elettrica, può determinare una mortalità fino al 10% nei pazienti che sviluppano eventi proaritmici. Gli effetti inotropi negativi possono provocare o aggravare l’insufficienza cardiaca. I pazienti con disfunzione del nodo del seno possono andare incontro a blocchi sinusali e in quelli con pacemaker si può sviluppare un incremento della soglia di stimolazione. Nel CAST, i pazienti trattati con flecainide hanno avuto il 5,1% di mortalità o di arresto cardiaco non fatale in confronto al 2,3% nel gruppo placebo nel corso di 10 mesi.14 La mortalità è risultata più elevata in pazienti con infarto non-Q, frequenti PVC e frequenze cardiache più elevate, sollevando l’ipotesi di un’interazione del farmaco con l’ischemia e l’instabilità elettrica. Lo sforzo può accentuare il rallentamento della conduzione intraventricolare prodotta dalla flecainide e, in certi casi, può scatenare una risposta proaritmica. Quindi, la prova da sforzo è stata raccomandata come screening per eventi proaritmici. I disturbi del SNC, tra cui obnubilamento e irritabilità, sono gli effetti indesiderati extra-cardiaci più frequenti. La sicurezza della flecainide in gravidanza non è stata accertata anche se, come in precedenza evidenziato, talvolta è impiegata anche per trattare le aritmie fetali. Essa si concentra nel latte materno con livelli 2,5-4 volte più alti che nel plasma. Propafenone Il propafenone è stato approvato dalla FDA per il trattamento delle tachiaritmie ventricolari potenzialmente letali. AZIONI ELETTROFISIOLOGICHE (Tabb. 30-1, 30-2, 30-3 e 30-5). Il propafenone blocca la corrente rapida del sodio con una modalità sia uso-dipendente, sia a riposo, nelle fibre di Purkinje e in grado minore nel muscolo ventricolare. Gli effetti uso-dipendenti contribuiscono alla sua capacità di interrompere la fibrillazione atriale sperimentale. La costante di dissociazione dal recettore è lenta, simile a quella della flecainide. Gli effetti sono maggiori nel tessuto ischemico che non in quello normale e per ridotti potenziali di membrana. Il propafenone diminuisce l’eccitabilità e sopprime l’automatismo spontaneo e l’attività triggerata. Interrompe una TV indotta, provocando un blocco di conduzione o per collisione dell’impulso con un’onda eco. Il propafenone è un debole antagonista dell’IKr26 e dei recettori beta-adrenergici. Malgrado la refrattarietà ventricolare aumenti, il rallentamento della conduzione rappresenta l’effetto maggiore. I· metaboliti attivi del propafenone esercitano azioni importanti, riducendo Vmax, l’ampiezza del potenziale d’azione e la sua durata nelle fibre di Purkinje nel cane. Il propafenone deprime l’automatismo del nodo del seno. Nei pazienti, gli intervalli AH, HV, PR e QRS aumentano, così come il periodo di refrattarietà degli atri, dei ventricoli, del nodo AV e delle vie accessorie. L’intervallo QT corretto aumenta soltanto in funzione dell’incremento di durata del QRS. EFFETTI EMODINAMICI. Il propafenone e il 5-idrossipropafenone presentano proprietà inotrope negative ad alte concentrazioni in vitro e a dosi elevate deprimono in vivo la funzione ventricolare sinistra. Nei pazienti con FE superiore al 40%, gli effetti inotropi negativi sono ben tollerati, ma i pazienti con preesistente disfunzione ventricolare sinistra e con insufficienza cardiaca congestizia possono subire un peggioramento sintomatico del loro stato emodinamico. FARMACOCINETICA (Tab. 30-4). Con più del 95% del farmaco assorbito, la concentrazione plasmatica massima del Braun cap 30ok.indd 726 propafenone si ottiene in 2-3 ore. La biodisponibilità sistemica è dose-dipendente e varia dal 3% al 40% a causa della variabilità della clearance presistemica. La biodisponibilità aumenta parallelamente alla dose e la concentrazione plasmatica, quindi, non è lineare. Un aumento di 3 volte del dosaggio (da 300 a 900 mg/die) causa un incremento di 10 volte nella concentrazione plasmatica, probabilmente per la saturazione dei meccanismi di metabolismo epatico. Il propafenone è legato per il 97% alla alfa1-glicoproteina acida, con un’emivita di eliminazione di 5-8 ore. Gli effetti terapeutici massimi si osservano con concentrazioni sieriche da 0,2 a 1,5 μg/ml. La marcata variabilità della farmacocinetica e della farmacodinamica osservata tra pazienti può essere dovuta a differenze metaboliche geneticamente determinate. Circa il 93% della popolazione consiste in potenti metabolizzatori e ha un’emivita di eliminazione più rapida (5-6 ore), concentrazioni plasmatiche più basse dei principi attivi e più elevate dei metaboliti. I metabolizzatori deboli, a causa della diminuita capacità della funzione microsomiale del citocromo P450 del fegato, hanno un’emivita di eliminazione di 15-20 ore per il composto d’origine e in pratica assente per il 5-idrossipropafenone. L’enantiomero (+) fornisce blocchi aspecifici dei recettori beta-adrenergici con il 2,5-5% della potenza del propranololo. Poiché le concentrazioni plasmatiche del propafenone possono essere più di 50 volte superiori ai livelli del propranololo, queste proprietà beta-bloccanti possono essere rilevanti. I metabolizzatori deboli hanno un effetto di blocco beta-adrenergico maggiore rispetto ai metabolizzatori forti. Il propafenone blocca anche il canale lento del calcio a un valore dell’1% circa rispetto al verapamil. DOSI E VIE DI SOMMINISTRAZIONE (Tab. 30-4). La maggior parte dei pazienti risponde a una dose orale di 150-300 mg ogni 8 ore, non superando i 1200 mg/die. Le dosi sono simili per entrambi i fenotipi di metabolismo. La contemporanea assunzione di alimenti, così come una disfunzione epatica, aumentano la biodisponibilità del farmaco. Non è stata dimostrata una buona correlazione tra la concentrazione plasmatica del propafenone e la soppressione delle aritmie. Le dosi non devono essere aumentate più spesso di ogni 3-4 giorni. Il propafenone aumenta le concentrazioni plasmatiche del warfarin, della digossina e del metoprololo. INDICAZIONI. Il propafenone è indicato per il trattamento delle TSV,11 della fibrillazione atriale parossistica e delle tachiaritmie ventricolari potenzialmente letali e sopprime efficacemente i PVC spontanei e le TV sostenute e non sostenute. Il propafenone è stato inoltre approvato per l’uso in pazienti con TA, rientro del nodo AV, rientro AV e flutter o fibrillazione atriali. Si è ottenuta la soppressione acuta di episodi di fibrillazione atriale con una dose orale di propafenone di 600 mg nel 76% dei pazienti che assumevano il farmaco (il doppio di quelli che assumevano il placebo).27 Il propafenone è stato utilizzato con efficacia in pazienti pediatrici. Il propafenone aumenta la soglia di stimolazione, ma influenza solo minimamente la soglia di defibrillazione. La frequenza sinusale sotto sforzo è ridotta. L’uso del propafenone è associato a una maggiore mortalità nei pazienti sopravvissuti a un arresto cardiaco rispetto a quelli trattati con un defibrillatore impiantabile. Il sotalolo è stato più efficace del propafenone nel trial Electrophysiology Study Versus Electrocardiographic Monitoring (ESVEM). Il propafenone è stato impiegato efficacemente in associazione con la mexiletina. EFFETTI INDESIDERATI. Effetti extra-cardiaci minori si verificano nel 15% circa dei pazienti e i più frequenti sono vertigini, disturbi del gusto e della visione, seguiti da disturbi gastrointestinali. Dati i moderati effetti beta-bloccanti, si può verificare un’esacerbazione della malattia polmonare con broncospasmo. Gli effetti indesiderati cardiovascolari si verificano nel 10-15% dei pazienti e comprendono alterazioni della conduzione quali blocco AV, depressione del nodo del seno e peggioramento dello scompenso cardiaco. Le risposte proaritmiche, 12-02-2007 12:08:58 che si verificano più frequentemente in pazienti con storia di TV sostenuta e ridotta frazione d’eiezione, sembrano meno comuni che con la flecainide e si osservano nel 5% dei casi. L’applicabilità al propafenone dei dati del CAST sulla flecainide non è chiara, ma la limitazione nell’impiego del propafenone così come degli altri farmaci di classe IC sembra prudente, al momento, finché non si avranno maggiori informazioni. Le sue azioni beta-bloccanti possono tuttavia renderlo diverso. La sicurezza della somministrazione del propafenone in gravidanza non è stata accertata. Moricizina AZIONI ELETTROFISIOLOGICHE. La moricizina riduce· INa soprattutto nello stato di inattività, con una conseguente riduzione in Vmax di fase 0 e ampiezza del potenziale di azione (Tabb. 30-1, 30-2, 30-3 e 30-5). Il potenziale diastolico massimo non risulta modificato. La moricizina blocca ICa-L e IK e prolunga i tempi di conduzione del nodo AV e del sistema di His-Purkinje e la durata del QRS. Si osserva una lieve riduzione dell’intervallo JT, mentre il QTc è prolungato del 5% a causa del prolungamento del QRS. La refrattarietà ventricolare è lievemente prolungata, senza alcun cambiamento atriale. Non vi sono alterazioni dell’automatismo del nodo del seno. La moricizina innalza minimamente la soglia di defibrillazione. EFFETTI EMODINAMICI. La moricizina esercita minimi effetti sulla contrattilità cardiaca in pazienti con funzione ventricolare sinistra compromessa; talora, pazienti con significativa disfunzione ventricolare sinistra possono andare incontro a un peggioramento dello scompenso cardiaco. FARMACOCINETICA (Tab. 30-4). Dopo somministrazione orale, la moricizina subisce un significativo metabolismo di primo passaggio, da cui risulta una biodisponibilità assoluta del 35-40%. I picchi di concentrazione plasmatica vengono raggiunti in 0,5-2 ore o più tardivamente se il farmaco è assunto dopo i pasti. Per il 95% si lega all’alfa1-glicoproteina acida e all’albumina. Le azioni antiaritmiche ed elettrofisiologiche non sono correlate alle concentrazioni nel plasma o a quelle dei 20 metaboliti circa del farmaco. L’emivita plasmatica è di 1,5-3,5 ore; poco più della metà del farmaco è escreto nelle feci e poco meno della metà per via urinaria. DOSI E VIE DI SOMMINISTRAZIONE (Tab. 30-4). La dose abituale per gli adulti è 600-900 mg/die, somministrati ogni 8 ore in dosi frazionate, con incrementi di 150 mg/die a intervalli di 3 giorni. Alcuni pazienti possono essere trattati ogni 12 ore. Si deve ridurre il dosaggio nei pazienti con disfunzioni epatiche o del sistema nervoso, turbe della conduzione AV o malattia del nodo del seno senza pacemaker e con significativa insufficienza cardiaca congestizia. INDICAZIONI. La moricizina è indicata per la prevenzione di aritmie ventricolari potenzialmente letali e mostra un’efficacia quasi comparabile alla chinidina e alla disopiramide. La moricizina può avere effetti proaritmici; nel CAST, ha causato un aumento di mortalità rispetto al placebo nel trattamento iniziale di pazienti che avevano aritmie ventricolari sintomatiche o paucisintomatiche dopo IM.29 Il rischio è stato maggiore in quelli che assumevano diuretici. EFFETTI INDESIDERATI. In genere questo farmaco è ben tollerato. Gli effetti indesiderati non cardiaci riguardano il sistema nervoso e comprendono tremori, alterazioni dell’umore, cefalea, nistagmo e vertigini. Gli effetti indesiderati gastrointestinali comprendono nausea, vomito e diarrea. Raramente si Braun cap 30ok.indd 727 Farmaci antiaritmici di classe II Farmaci bloccanti i beta–adrenorecettori Sebbene molti farmaci bloccanti i beta-adrenorecettori siano stati approvati negli Stati Uniti, l’acebutololo (PVC), l’esmololo (TSV), il metoprololo (post-IMA), l’atenololo (post-IMA), il propranololo (post-IMA, TSV, TV) e il timololo (post-infarto miocardico) sono stati approvati per il trattamento delle aritmie o la prevenzione della morte improvvisa dopo IM.30 Si ritiene in generale che nessun farmaco beta-bloccante presenti vantaggi significativi sugli altri e che, somministrati al dosaggio opportuno, tutti possano essere efficacemente utilizzati nel trattamento delle aritmie cardiache, dell’ipertensione e di altre patologie. Tuttavia, le differenti proprietà farmacocinetiche o farmacodinamiche che conferiscono sicurezza al farmaco, riducono gli effetti indesiderati o determinano i tempi di somministrazione e le interazioni con altre sostanze, influenzano la scelta del farmaco più opportuno. Inoltre, alcuni beta-bloccanti come sotalolo, pindololo e carvedilolo possiedono azioni particolari. I beta-recettori possono essere suddivisi in quelli ad azione prevalente sul cuore (beta1) e quelli che agiscono soprattutto sui vasi sanguigni e sui bronchi (beta2). A basse dosi, i betabloccanti selettivi possono agire sui recettori beta1 più di quanto agiscono sui recettori beta2 e sono pertanto da preferire nel trattamento di pazienti con malattie polmonari o vascolari periferiche. Per alti dosaggi, i bloccanti “beta1-selettivi” bloccano anche i recettori beta2. Il carvedilolo esercita anche effetti alfa bloccanti e si usa principalmente nei pazienti con insufficienza cardiaca (Cap. 23). Alcuni beta-bloccanti presentano un’attività simpaticomimetica intrinseca; ovvero attivano lievemente i recettori beta. Questi farmaci sono altrettanto efficaci rispetto ai beta-bloccanti senza attività intrinseca simpaticomimetica e possono indurre un rallentamento minore della frequenza cardiaca a riposo e un prolungamento minore del tempo di conduzione del nodo AV. Sembrano produrre una depressione minore della funzione ventricolare sinistra rispetto ai beta-bloccanti senza attività intrinseca simpaticomimetica. Solo i beta-bloccanti non selettivi senza attività intrinseca simpaticomimetica si sono dimostrati utili nel ridurre la mortalità nei pazienti colpiti da infarto miocardico (Fig. 30-1). La seguente discussione si concentra sull’uso del propranololo come prototipo di farmaco antiaritmico, generalmente applicabile ad altri beta-bloccanti. Terapia delle aritmie cardiache La moricizina è un derivato della fenotiazina indicata nel trattamento di pazienti con tachiaritmie ventricolari; è stato anche usato per la fibrillazione atriale.28 In passato veniva considerato come farmaco antiaritmico di classe IB poiché determina un accorciamento del potenziale d’azione della fibra di Purkinje. Tuttavia, per l’intensità della sua azione sul canale del Na+, è più simile a un farmaco antiaritmico di classe IA, mentre le costanti di tempo per l’inizio e la scomparsa ricordano quelli della classe IC. può verificare un peggioramento dell’insufficienza cardiaca 727 congestizia. Effetti proaritmici sono stati riportati nel 3-15% dei pazienti, più spesso in quelli con gravi aritmie ventricolari. L’età avanzata aumenta la predisposizione agli effetti indesiderati. La moricizina sembra relativamente sicura in gravidanza (classe B) ed è presente in piccole quantità nel latte materno. AZIONI ELETTROFISIOLOGICHE. I beta-bloccanti esercitano un’azione elettrofisiologica attraverso un’inibizione competitiva del legame delle catecolamine con i siti dei betarecettori, effetto che è dovuto in massima parte allo stereoisomero (-)-levogiro oppure alla loro azione chinidino-simile o all’azione diretta di stabilizzazione di membrana (Tabb. 30-1, 30-2, 30-3 e 30-5). Quest’ultima è un effetto anestetico locale che deprime INa e la reattività di membrana nelle fibre di Purkinje, insorge generalmente a concentrazioni 10 volte quelle necessarie per produrre il beta-blocco e con molta probabilità ha un effetto antiaritmico poco significativo. In questo modo, gli effetti maggiori dei beta-bloccanti sono esercitati sulle cellule più attivamente stimolate dall’attività adrenergica. A concentrazioni beta-bloccanti, il propranololo rallenta l’automatismo spontaneo nel nodo del seno e nelle fibre di Purkinje che sono stimolate dal tono adrenergico, producendo il blocco di If (Cap. 27). I beta-bloccanti bloccano anche ICa-L stimolata dai beta agonisti. In assenza di stimolazione 21-02-2007 19:10:20 728 Poiché la somministrazione di beta-bloccanti che non hanno un’azione diretta di membrana previene l’insorgenza di molte aritmie che derivano dall’attivazione del sistema nervoso autonomo, si pensa che l’azione betabloccante sia responsabile dei loro effetti antiaritmici. Nonostante ciò, l’eventuale importanza dell’effetto diretto di membrana di alcuni di questi farmaci non può essere scartata completamente poiché i beta-bloccanti con questa proprietà possono agire sui potenziali transmembrana delle cellule cardiache patologiche a concentrazioni molto più basse di quelle necessarie per agire direttamente sulle fibre normali. Tuttavia, le azioni indirette sugli effetti aritmogeni dell’ischemia sono probabilmente molto più importanti. I beta-bloccanti riducono il danno miocardico durante la rianimazione cardiopolmonare sperimentale. 2,4 Rischio relativo 2,2 2,0 1,8 1,4 1,2 1,0 0,8 0,6 0,4 Classe IA (3693) I IB II IC (13.808) (19.532) (53.224) III Amio Sota IV (5864) (3121) (19.532) Capitolo 30 FIGURA 30–1 Dati metanalitici ottenuti da trial clinici randomizzati su farmaci antiaritmici nei sopravvissuti a infarto acuto del miocardio. Il rischio relativo di morte è paragonato al placebo (media e intervallo di confidenza 95%) durante la terapia con diverse classi elettrofisiologiche di preparati. Farmaci di classe I, soprattutto IC, e il sotalolo aumentano la mortalità, mentre i betabloccanti e l’amiodarone la riducono. I numeri sotto ogni classe di farmaco si riferiscono al numero di pazienti studiati nel trial. Amio = amiodarone; Sota = sotalolo. (Modificato da Teo KK, Yusuf S: In Singh BN, Dzau VJ, Vanhoutte PM, Woosley RL [eds]: Cardiovascular Pharmacology and Therapeutics. New York, Churchill Livingstone, 1994, pp 631-643; e Waldo AL, Camm AJ, deRuyter H, et al: Effect of d-sotalol on mortality in patients with left ventricular dysfunction after recent and remote myocardial infarction: The SWORD Investigators. Survival With Oral d-Sotalol. Lancet 348:7, 1996.) adrenergica, il propranololo rallenta il normale automatismo nelle fibre di Purkinje solo ad alte concentrazioni, probabilmente per un’azione diretta sulla membrana. Le concentrazioni che causano un beta-blocco ma non un effetto anestetico locale non alterano il normale potenziale · di membrana a riposo, l’ampiezza del massimo potenziale diastolico, Vmax, la ripolarizzazione o la refrattarietà delle cellule muscolari atriali, delle fibre di Purkinje o ventricolari, in assenza di stimolo catecolaminico.Tuttavia, in presenza di isoproterenolo, uno stimolatore puro dei beta-recettori, i beta-bloccanti invertono gli effetti di accelerazione sulla ripolarizzazione dell’isoproterenolo; in presenza di noradrenalina, il beta-blocco permette una stimolazione incontrastata del recettore alfa che prolunga l’APD nelle fibre di Purkinje. Il propranololo (2 ¥ 10-6 M) riduce l’ampiezza delle post-depolarizzazioni tardive indotte dalla digitale e sopprime l’attività triggerata nelle fibre di Purkinje. Il propanololo potenzia i recettori beta-adrenergici, in parte attraverso l’esternalizzazione di recettori da una piccola vescicola, verso il sarcolemma. Sono necessarie concentrazioni· superiori a 3 mg/ml per deprimere l’ampiezza del potenziale d’azione,Vmax, la reattività di membrana e la conduzione nelle normali fibre atriali, ventricolari e di Purkinje senza alterare il potenziale di membrana a riposo. Questi effetti sono probabilmente secondari alla depressione di INa. Il propranololo accorcia l’APD delle fibre di Purkinje e, in minor grado, delle fibre muscolari atriali e ventricolari. La somministrazione a lungo termine di propranololo potrebbe allungare l’APD. Come per gli effetti della lidocaina, l’accelerazione della ripolarizzazione delle fibre di Purkinje è più marcata in aree del sistema di conduzione ventricolare nel quale l’APD è maggiore. Solo un beta-bloccante, il sotalolo, aumenta notevolmente il tempo di ripolarizzazione delle fibre di Purkinje e del muscolo ventricolare. Per prevenire l’accorciamento del periodo di refrattarietà ventricolare simpatico-indotta sono richiesti dosaggi di propranololo minori rispetto a quelli richiesti per prevenire l’accelerazione sinusale simpatico-indotta. Il propranololo rallenta la frequenza di scarica del nodo del seno nell’uomo del 10-20%, anche se a volte ne può risultare una bradicardia grave se il cuore è particolarmente dipendente dal tono del simpatico o se è presente una disfunzione del nodo del seno. La durata dell’intervallo PR si allunga, così come il tempo di conduzione del nodo AV e il periodo refrattario sia effettivo che funzionale (se la frequenza cardiaca viene mantenuta costante); tuttavia, la refrattarietà e la conduzione del sistema di His-Purkinje normale rimangono immodificate anche dopo elevati dosaggi di propranololo. Quindi, dosi terapeutiche di propranololo nell’uomo non esercitano un effetto diretto depressivo o “chinidino-simile” ma influenzano l’elettrofisiologia cardiaca tramite un beta-blocco. I beta-bloccanti non influenzano la conduzione nel muscolo ventricolare normale, come evidenziato dall’assenza di effetti sul complesso QRS e prolungano l’intervallo QT non corretto in modo trascurabile. Braun cap 30ok.indd 728 EFFETTI EMODINAMICI. I beta-bloccanti esercitano effetti inotropi negativi e possono precipitare o peggiorare uno scompenso cardiaco. Tuttavia, i beta-bloccanti migliorano sicuramente la sopravvivenza nei pazienti con insufficienza cardiaca (Cap. 23). A causa del blocco dei recettori beta, questi farmaci possono indurre effetti alfa-adrenergici non contrastati causando vasocostrizione periferica ed, in alcuni pazienti, esacerbare uno spasmo arterioso o un dolore da malattia vascolare periferica. FARMACOCINETICA (Tab. 30-4). Benché numerosi tipi di beta-bloccanti esercitino effetti farmacologici simili, la loro farmacocinetica differisce in modo sostanziale. Il propranololo è assorbito quasi al 100%, ma gli effetti di primo passaggio epatico riducono la biodisponibilità a circa il 30% e provocano una significativa variabilità tra pazienti delle concentrazioni plasmatiche di una data dose. La diminuzione del flusso epatico, come nei pazienti con insufficienza cardiaca, riduce l’estrazione epatica del propranololo; in questi pazienti, il propranololo può ridurre ulteriormente la propria velocità di eliminazione riducendo la portata cardiaca e il flusso epatico. I beta-bloccanti eliminati per via renale tendono ad avere un’emivita maggiore e presentano una minore variabilità interpaziente della concentrazione del farmaco rispetto a quelli metabolizzati a livello epatico. DOSI E VIE DI SOMMINISTRAZIONE (Tab. 30-4). Il dosaggio appropriato del propranololo viene meglio determinato misurando le risposte fisiologiche del paziente, quali variazioni della frequenza cardiaca a riposo o la prevenzione della tachicardia indotta dall’esercizio, dato che esistono ampie differenze individuali tra le concentrazioni plasmatiche del farmaco e l’effetto fisiologico osservato. Ad esempio, il dosaggio per via endovenosa si può valutare meglio titolando la dose all’effetto clinico, iniziando con dosi di 0,25-0,5 mg, aumentando fino a 1 mg, se necessario, e somministrando dosi ogni 5 minuti finché non si ottiene l’effetto desiderato o fino a che non sia raggiunta una tossicità o fino a una dose totale di 0,15-0,2 mg/kg. In alcuni casi, sono da preferirsi le azioni a rapido effetto dell’esmololo. Per via orale, il propranololo deve essere frazionato in quattro dosi, che di solito vanno da 40-160 mg/die a più di 1 gm/die. È disponibile una preparazione mono-somministrazione di propanololo a lunga durata d’azione, alla quale i pazienti possono essere convertiti dopo titolazione della dose con la forma a breve durata d’azione se necessario. Generalmente, se un farmaco a dosi adeguate risulta inefficace, anche gli altri beta-bloccanti saranno inefficaci. INDICAZIONI. In genere rispondono alla terapia con betabloccanti le aritmie associate a tireotossicosi, feocromocitoma, anestesia con ciclopropano o alotano, le aritmie secondarie a una eccessiva stimolazione cardiaca adrenergica, come quelle scatenate da sforzo, emozioni oppure cocaina. I beta-bloccanti generalmente non convertono un flutter o una fibrillazione atriale cronica in ritmo sinusale, ma possono farlo se l’aritmia è di recente insorgenza e in pazienti recentemente sottoposti a interventi di cardiochirurgia.31-34 La frequenza atriale durante il flutter o la fibrillazione non si modifica, ma la risposta ventricolare diminuisce dato che il beta-blocco prolunga il tempo di conduzione del nodo AV e la refrattarietà. L’esmololo in 12-02-2007 12:08:59 Braun cap 30ok.indd 729 729 Farmaci antiaritmici di classe III Amiodarone L’amiodarone è un derivato del benzofurano approvato dalla FDA per il trattamento dei pazienti con tachiaritmie ventricolari potenzialmente letali qualora gli altri farmaci disponibili siano inefficaci o non tollerati dal paziente. Il dronedarone, un derivato non iodato dell’amiodarone, è stato studiato come farmaco alternativo all’amiodarone potenzialmente meno tossico. Al momento attuale, non è stato approvato negli Stati Uniti.32-34 AZIONI ELETTROFISIOLOGICHE (Tabb. 30-1, 30-2, 30-3 e 30-5). Quando somministrato cronicamente per via orale, l’amiodarone prolunga l’APD e la refrattarietà di tutte le fibre cardiache senza influire sul potenziale di membrana a riposo. Quando vengono valutati gli effetti acuti, l’amiodarone e il suo metabolita, desetilamiodarone, prolungano l’APD del muscolo ventricolare ma abbreviano quella delle fibre di Purkinje. Iniettato nelle arterie del nodo del seno e del nodo AV, l’amiodarone riduce la frequenza di scarica sinusale e giunzionale e prolunga il tempo di conduzione del nodo AV. Diminuisce la pendenza della depolarizzazione diastolica del nodo del · seno e deprime notevolmente la Vmax dei muscoli papillari nel porcellino d’India in maniera dipendente dalla frequenza o dall’uso.Tale depressione · di Vmax è provocata dal blocco dei canali del sodio inattivi, effetto che è accentuato dai potenziali di membrana depolarizzati e ridotto da quelli iperpolarizzati. L’amiodarone inibisce inoltre l’automatismo indotto dalla depolarizzazione. L’amiodarone deprime la conduzione più· alle alte che alle basse frequenze (uso-dipendenza), non solo deprimendo Vmax ma anche aumentando la resistenza al flusso delle correnti passive. Non prolunga la ripolarizzazione più alle basse che alle alte frequenze (cioè, non mostra una uso-dipendenza inversa) ma esercita effetti tempo-dipendenti sulla refrattarietà, che in parte spiegano la bassa incidenza di torsioni di punta e l’alta efficacia. Il desetilamiodarone ha effetti relativamente più accentuati sul tessuto a canali veloci e probabilmente contribuisce in modo rilevante all’efficacia antiaritmica. Il ritardo nella produzione di adeguate concentrazioni di questo metabolita può spiegare in parte il ritardo nell’azione antiaritmica dell’amiodarone. In vivo, l’amiodarone antagonizza in modo non competitivo i recettori alfa e beta e blocca la conversione di tiroxina (T4) in triiodotironina (T3), che rende conto di alcuni dei suoi effetti elettrofisiologici. L’amiodarone presenta un’inibizione dei canali lenti e nella terapia orale cronica rallenta la frequenza di scarica spontanea del nodo sinusale nei cani anestetizzati anche dopo un pretrattamento con propranololo e atropina. Con la somministrazione orale rallenta la frequenza sinusale del 20-30% e prolunga l’intervallo QT, a volte modificando il profilo dell’onda T e producendo onde U. Gli ERP di tutti i tessuti miocardici vengono prolungati. I tempi di conduzione del sistema di His-Purkinje sono prolungati così come la durata del QRS, specialmente alle frequenze elevate. L’amiodarone somministrato per via endovenosa prolunga modestamente il periodo refrattario dei muscoli atriale e ventricolare. L’intervallo PR e il tempo di conduzione del nodo AV si prolungano. La durata del complesso QRS si prolunga a frequenze crescenti ma meno che dopo somministrazione orale. Perciò, in confronto alla somministrazione per via orale, dopo somministrazione EV si verifica un incremento di gran lunga minore del tempo di conduzione (eccetto che per il nodo AV), della durata della ripolarizzazione e della refrattarietà. Considerando queste azioni, è chiaro che l’amiodarone ha effetti di classe I (blocchi INa), classe II (antiadrenergici), e classe IV (blocchi ICa-L) oltre agli effetti di classe III (blocchi IK). Le azioni dell’amiodarone si avvicinano a quelle di un farmaco ideale teorico che mostri blocco dei canali del Na+ uso-dipendente con un rapido recupero diastolico dal blocco e un prolungamento dell’APD uso-dipendente. Esso non fa aumentare e può ridurre la dispersione QT. Le catecolamine possono invertire parzialmente alcuni effetti dell’amiodarone. Terapia delle aritmie cardiache combinazione con la digossina è risultato utile. In assenza di insufficienza cardiaca, i beta-bloccanti possono essere più efficaci della digossina nel controllo della frequenza cardiaca. Per le TSV da rientro che utilizzano il nodo AV come parte del circuito di rientro quali la TRNAV e la tachicardia ortodromica reciprocante nella sindrome di Wolff-ParkinsonWhite, o nella tachicardia sinusale inappropriata, oppure nelle TA, i beta-bloccanti possono rallentare o interrompere la tachicardia e possono essere usati come profilassi per prevenire le recidive. L’associazione dei beta-bloccanti alla digitale, alla chinidina o a una varietà di altri farmaci può essere efficace quando il beta-bloccante fallisce come farmaco singolo. Il metoprololo e l’esmololo possono essere utili nei pazienti con TA multifocale. Tuttavia, tali farmaci devono essere usati con cautela in questa aritmia, che si presenta nel quadro di una patologia polmonare avanzata, spesso con componente broncospastica. I beta-bloccanti possono essere efficaci nelle aritmie indotte dalla digitale, quali la TA, la tachicardia giunzionale AV non parossistica, i PVC o la TV. Se è presente un blocco AV di grado significativo durante un’aritmia digitale-indotta, la lidocaina o la fenitoina sono da preferire al propranololo. I betabloccanti possono essere utili anche nel trattamento di aritmie ventricolari associate alla sindrome da intervallo QT lungo e con prolasso della valvola mitrale. Nei pazienti con cardiopatia ischemica, i beta-bloccanti di solito non prevengono gli episodi di TV ricorrente monomorfa che si verificano in assenza d’ischemia acuta, ma possono essere efficaci in alcuni pazienti, di solito a concentrazioni beta-bloccanti. È noto che il propranololo, il timololo e il metoprololo riducono l’incidenza della mortalità globale e della morte cardiaca improvvisa successive a un infarto miocardico. Il meccanismo non è del tutto chiaro e può essere riferito alla riduzione dell’estensione del danno ischemico, a effetti autonomici, a un effetto antiaritmico diretto oppure a una combinazione di questi fattori. Nello studio CAST i beta-bloccanti potrebbero aver avuto effetti protettivi contro le risposte proaritmiche e possono essere più efficaci, in alcuni pazienti, della terapia farmacologica antiaritmica elettrofisiologicamente guidata nelle tachiaritmie ventricolari. Il labetololo, una sostanza alfa1- e beta-bloccante, è stato usato nelle aritmie ventricolari da eclampsia. È stato dimostrato che il carvedilolo, un altro agente alfa- e beta-bloccante, migliora la sopravvivenza nell’insufficienza cardiaca moderata o grave. L’esmololo, un beta-bloccante ad azione ultrarapida (emivita di eliminazione, 9 minuti), cardioselettiva, si è rivelato utile per il controllo rapido della frequenza ventricolare in pazienti con flutter o fibrillazione atriale. EFFETTI INDESIDERATI. Gli effetti indesiderati cardiovascolari dei beta-bloccanti comprendono ipotensione grave, bradicardia e insufficienza cardiaca congestizia. La bradicardia può essere secondaria a rallentamento del seno o blocco AV. L’improvvisa sospensione del propranololo in pazienti con angina pectoris può scatenare o peggiorare l’angina e le aritmie cardiache e causare un infarto miocardico acuto, probabilmente per la innalzata sensibilità ai beta-agonisti determinata dal precedente blocco dei recettori beta (upregulation recettoriale). Un aumento della sensibilità può iniziare molti giorni dopo la cessazione della terapia con beta-bloccanti e può durare per 5-6 giorni. Altri effetti indesiderati dei beta-bloccanti includono un peggioramento dell’asma o di una broncopneumopatia cronica ostruttiva, claudicatio intermittens, fenomeno di Raynaud, depressione mentale, aumentato rischio di ipoglicemia nei pazienti diabetici insulino-dipendenti, facile affaticabilità, sogni particolarmente vivaci o insonnia e alterazioni della funzione sessuale. Molti di questi effetti indesiderati si osservano meno frequentemente quando si usano beta1-bloccanti selettivi, ma anche i cosiddetti beta-bloccanti cardioselettivi possono esacerbare l’asma o alterare il controllo della glicemia nei pazienti diabetici. EFFETTI EMODINAMICI. L’amiodarone è un vasodilatatore periferico e coronarico. Quando somministrato per via endovenosa (150 mg in 10 min, poi infusione di 1 mg/min) l’amiodarone diminuisce la frequenza cardiaca, le resistenze vascolari sistemiche, la forza contrattile e il rapporto dP/dt del ventricolo sinistro. Le dosi orali di amiodarone sufficienti a controllare le aritmie cardiache non deprimono la funzione sistolica ventricolare sinistra, anche in pazienti con frazione d’eiezione ridotta, e la frazione d’eiezione e la gittata cardiaca possono aumentare debolmente. Tuttavia, a causa dei suoi 12-02-2007 12:09:00 730 effetti antiadrenergici e di una certa azione inotropa negativa, Capitolo 30 l’amiodarone deve essere somministrato con cautela, soprattutto EV, nei pazienti con compenso cardiaco labile. FARMACOCINETICA (Tab. 30-4). L’amiodarone viene assorbito lentamente, in modo variabile e incompletamente, con una biodisponibilità sistemica del 35-65%. Il picco della concentrazione plasmatica è raggiunto in 3-7 ore dopo una singola dose orale. Vi è un minimo effetto di primo passaggio, a indicare una piccola estrazione epatica. L’eliminazione avviene per escrezione epatica attraverso la bile con ricircolo enteroepatico. Un rilevante metabolismo epatico avviene con la produzione di desetilamiodarone che è il maggiore metabolita. Il rapporto di concentrazione nel plasma del composto d’origine rispetto al metabolita è 3:2. Entrambi si accumulano largamente nel fegato, nel polmone, nel grasso, nella cute “blu” e in altri tessuti. Nel miocardio si trovano concentrazioni da 10 a 50 volte superiori a quelle del plasma. L’eliminazione plasmatica dell’amiodarone è scarsa e l’escrezione renale è trascurabile. Le dosi non devono quindi essere ridotte in pazienti con disfunzione renale. L’amiodarone e il desetilamiodarone non sono dializzabili. Il volume di distribuzione è ampio ma variabile, con una media di 60 l/kg. L’amiodarone è altamente legato alle proteine del plasma (96%), attraversa la placenta (10-50%) e viene escreto nel latte materno. L’inizio dell’azione dopo iniezione EV si osserva generalmente entro 1-2 ore. Dopo somministrazione orale, l’inizio dell’azione può richiedere 2-3 giorni, spesso 1-3 settimane e, talora, perfino tempi più lunghi. Un dosaggio di carico riduce questo intervallo di tempo. Le concentrazioni plasmatiche si correlano bene alle dosi orali durante il trattamento cronico, in media circa 0,5 μg/ml per ogni 100 mg/die a dosi comprese tra 100 e 600 mg/die. L’emivita di eliminazione è multifase con una iniziale riduzione del 50% della concentrazione plasmatica in 3-10 giorni dopo la sospensione del farmaco (che rappresenta probabilmente l’eliminazione da tessuti ben perfusi) seguita da un’emivita terminale di 26-107 giorni (media di 53 giorni), nella maggior parte dei casi in un range da 40 a 55 giorni. Raggiungere la condizione di equilibrio senza una dose di carico richiede circa 265 giorni. La variabilità interpaziente di questi parametri farmacocinetici impone uno stretto monitoraggio del paziente. Le concentrazioni sieriche terapeutiche sono comprese tra 1 e 2,5 μg/ml. Una maggiore soppressione delle aritmie si ottiene per dosi fino a 3,5 μg/ml, ma il rischio di effetti indesiderati aumenta. DOSI E VIE DI SOMMINISTRAZIONE (Tab. 30-4). Uno schema ottimale di dosaggio per tutti i pazienti non è stato ancora definito. Un approccio raccomandato è quello di trattare con 800-1600 mg/die per 1-3 settimane, ridotti a 800 mg/die nelle successive 2-4 settimane, poi 600 mg/die per 4-8 settimane e infine dopo 2-3 mesi di trattamento, una dose di mantenimento uguale o inferiore a 300 mg al giorno. La dose di mantenimento può essere somministrata una o due volte al giorno e deve essere regolata alla dose più bassa efficace allo scopo di minimizzare l’insorgenza di effetti indesiderati. Bassi dosaggi come 100 mg/die possono già essere efficaci in alcuni pazienti. I regimi terapeutici debbono essere personalizzati per ogni singolo paziente e per la sua situazione clinica. L’amiodarone può essere somministrato endovena per ottenere un carico più rapido e un effetto in emergenza alle dosi iniziali di 15 mg/min per 10 minuti, seguito da 1 mg/min per 6 ore e poi 0,5 mg/min per le restanti 18 ore e nei giorni successivi, se necessario. Infusioni supplementari di 150 mg in 10 minuti possono essere usate per interrompere una TV o una FV. L’infusione EV può essere proseguita in modo sicuro per 2-3 settimane. L’amiodarone EV è generalmente ben tollerato anche in pazienti con disfunzione ventricolare sinistra. In pazienti con una frazione d’eiezione ridotta, l’amiodarone EV deve essere somministrato con grande cautela per la possibile ipotensione. Un carico orale ad alte dosi (da 800 a 2000 mg due Braun cap 30ok.indd 730 o tre volte al giorno per mantenere concentrazioni sieriche di 2-3 mg/ml) può sopprimere le aritmie ventricolari in 1-2 giorni. INDICAZIONI. L’amiodarone è stato usato per trattare un’ampia varietà di tachiaritmie sopraventricolari e ventricolari in utero, negli adulti e nei bambini, compresi il rientro AV e del nodo AV, tachicardia giunzionale, flutter e fibrillazione atriale, la TV e la FV associate a patologia coronarica e alla miocardiopatia ipertrofica. La possibilità di successo varia ampiamente a seconda della popolazione di pazienti, del tipo di aritmie, delle sottostanti patologie cardiache, della durata del follow-up, della definizione e determinazione di successo e di altri fattori. In generale, tuttavia, l’efficacia dell’amiodarone eguaglia o supera quella di tutti gli altri farmaci antiaritmici e varia nel range del 60-80% per la maggior parte delle tachiaritmie sopraventricolari e del 40-60% per le tachiaritmie ventricolari. L’amiodarone è utile nel migliorare la sopravvivenza nei pazienti con miocardiopatia ipertrofica, miocardiopatia dilatativa non ischemica,35 aritmie ventricolari asintomatiche dopo infarto miocardico e con tachiaritmie ventricolari dopo rianimazione per arresto cardiaco. L’amiodarone somministrato prima della chirurgia cardiaca a cielo aperto,36 così come nel postoperatorio, ha dimostrato di ridurre l’incidenza della fibrillazione atriale postoperatoria. L’amiodarone è superiore ai farmaci antiaritmici della classe I e al sotalolo nel mantenere il ritmo sinusale in pazienti con fibrillazioni atriali ricorrenti. I pazienti portatori di ICD ricevono minori shock elettrici quando sono trattati con amiodarone rispetto ai farmaci antiaritmici convenzionali.37 L’amiodarone ha un modesto effetto sulla soglia di stimolazione, ma generalmente aumenta leggermente la soglia elettrica di defibrillazione. Numerosi studi prospettici randomizzati caso-controllo hanno dimostrato un miglioramento della sopravvivenza con l’amiodarone in confronto al placebo o al metoprololo nei pazienti colpiti da infarto del miocardio (IM). Con l’uso dell’amiodarone è stato riscontrato un miglioramento della sopravvivenza in pazienti rianimati dopo FV rispetto ai farmaci antiaritmici convenzionali. Nei pazienti con insufficienza cardiaca congestizia, la terapia con amiodarone ha aumentato la sopravvivenza in uno studio (in cui l’insufficienza cardiaca era dovuta soprattutto a miocardiopatia non ischemica), mentre in un altro non è stato osservato alcun beneficio (soprattutto pazienti con miocardiopatia ischemica). Il trial Antiarrhythmics Versus Implantable Defibrillators (AVID) è stato realizzato per confrontare la mortalità tra i pazienti trattati con farmaci antiaritmici (amiodarone empirico o sotalolo sotto guida SEF o Holter) rispetto a un ICD in pazienti con FE minore di 0,40 colpiti da una TV spontanea ipotensiva o da arresto cardiaco. Questo studio è stato interrotto anticipatamente quando un’analisi in itinere ha mostrato che i pazienti trattati con ICD mostravano una migliore sopravvivenza dopo 1 anno di trattamento.38 Esistono alcune controversie sulla capacità di predire l’efficacia dell’amiodarone in pazienti con tachiaritmie ventricolari. La valutazione clinica, la soppressione di aritmie ventricolari spontanee come documentato dalle registrazioni ECG 24 ore e la risposta allo SEF sono servite da endpoint per giudicare la terapia. Nel paziente con storia di TV o FV sostenute e con minime aritmie ventricolari spontanee inapprezzabili interposte a episodi sintomatici, uno SEF invasivo è indicato per giudicare l’efficacia del trattamento. Non è stato ancora chiarito quando un tale studio debba essere effettuato dopo che la terapia amiodarone è stata iniziata, ma probabilmente l’intervallo deve essere di una settimana o anche più. Nel 10-20% dei pazienti in cui la tachiaritmia ventricolare clinica elettricamente indotta non è più inducibile in corso di terapia con amiodarone, la possibilità di recidive spontanee di aritmia in corso di terapia è bassa, probabilmente inferiore al 5-10% a 1 anno. Nei pazienti in cui le tachiaritmie ventricolari sono ancora inducibili, il tasso di ricorrenza è del 40-50% a 1 anno. 12-02-2007 12:09:01 Braun cap 30ok.indd 731 mono il farmaco da più di 6 mesi. Sono state riferite reazioni 731 oculari più gravi, come la neurite ottica o l’atrofia con perdita della vista, o entrambe, ma sono rare e la relazione con l’amiodarone non è stata stabilita.42 Gli effetti indesiderati cardiaci comprendono brachicardie sintomatiche in circa il 2% dei casi; l’aggravamento di tachiaritmie ventricolari (con occasionale sviluppo di torsioni di punta)40 si osserva nell’1-2%, forse in percentuale più elevata nelle donne (Tab. 72-3); e l’aggravamento dell’insufficienza cardiaca congestizia si verifica nel 2%. Forse a causa dell’interazione con gli anestetici, le complicanze dopo chirurgia cardiaca a cielo aperto, come disfunzione polmonare, ipotensione, disfunzione epatica e bassa portata cardiaca, sono state notate da alcuni ricercatori, ma non da tutti. Come regola generale, devono essere usate le più basse dosi di mantenimento possibili tali da essere ancora efficaci per evitare effetti indesiderati importanti. Molte aritmie sopraventricolari possono essere adeguatamente gestite con una dose giornaliera uguale o inferiore a 200 mg, mentre le aritmie ventricolari generalmente richiedono dosi maggiori. Gli effetti indesiderati sono rari a dosi uguali o inferiori a 200 mg/die, ma possono comunque verificarsi. A causa della sua potenziale tossicità in una varietà di organi, un approccio multidisciplinare nell’impiego dell’amiodarone è stato utilizzato da alcuni nel tentativo di prevenire effetti sfavorevoli. Esistono importanti interazioni con altri farmaci e le dosi di warfarin, digossina e altri farmaci antiaritmici, quando somministrati contemporaneamente con l’amiodarone, devono essere ridotte di un terzo o della metà controllando attentamente il paziente. I farmaci con azioni sinergiche, quali i betabloccanti o i calcioantagonisti, devono essere somministrati con cautela. La sicurezza dell’amiodarone in gravidanza non è stata accertata e deve essere utilizzato nella paziente gravida solo se non esistono altre alternative. Terapia delle aritmie cardiache La risposta emodinamica dei pazienti all’aritmia indotta può anche far prevedere come potrebbero tollerare una recidiva spontanea. L’amiodarone rallenta la frequenza della TV, ma è importante ricordare che il paziente in posizione supina nell’ambulatorio di elettrofisiologia può tollerare la stessa tachicardia meglio del paziente in posizione eretta. Una FE maggiore di 0,4 è predittiva di una buona risposta all’amiodarone nei pazienti con TV o FV. Date la gravità delle aritmie trattate e l’insolita farmacocinetica della sostanza e dei suoi effetti indesiderati, la terapia con amiodarone deve essere iniziata con il paziente ospedalizzato e monitorato per almeno diversi giorni. Associando altri agenti antiaritmici con l’amiodarone si può migliorare l’efficacia della terapia in alcuni casi. EFFETTI INDESIDERATI. Effetti indesiderati sono riportati in circa il 75% dei pazienti trattati con amiodarone per 5 anni, ma costringono alla sospensione del farmaco solo nel 18-37% dei casi. Gli effetti indesiderati più frequenti che richiedono la sospensione del farmaco sono quelli polmonari e del tratto gastrointestinale. La maggior parte degli effetti indesiderati è reversibile con la riduzione della dose o la sospensione del trattamento. Gli effetti indesiderati sono più frequenti quando la terapia è continuata nel lungo termine ed è ad alte dosi. Tra gli effetti indesiderati non cardiaci, la tossicità polmonare è la più seria; in uno studio si è verificata tra 6 giorni e 60 mesi di trattamento in 33 pazienti su 573, con 3 decessi. Il meccanismo non è chiaro, ma può implicare una reazione di ipersensibilità o una diffusa fosfolipidosi o entrambe. I sintomi comuni sono dispnea, tosse non produttiva, febbre, rantoli all’esame obiettivo, ipossiemia, scintigrafia al gallio positiva, ridotta capacità di diffusione ed evidenza radiografica di infiltrati polmonari.39,40 L’amiodarone deve essere sospeso in presenza di questi eventi infiammatori polmonari. Si può tentare l’uso di corticosteroidi, ma non sono stati eseguiti studi controllati che ne sostengano l’uso. Un 10% di mortalità è stato osservato in pazienti con alterazioni infiammatorie polmonari, spesso in pazienti con compromissione polmonare misconosciuta di cui è stata consentita l’evoluzione progressiva. Si raccomanda l’esecuzione di radiografie del torace e dei test di funzionalità polmonare, inclusa la capacità di diffusione del monossido di carbonio (DLCO), a intervalli di 3 mesi per il primo anno di trattamento e successivamente due volte all’anno per diversi anni. A dosi di mantenimento inferiori a 300 mg/die, la tossicità polmonare è rara. L’età avanzata, alte dosi di mantenimento e la ridotta capacità di diffusione polmonare pretrattamento rappresentano i fattori di rischio allo sviluppo di tossicità polmonare. Un DLCO immodificato nella terapia può essere un indicatore predittivo negativo di tossicità polmonare. Malgrado innalzamenti asintomatici degli enzimi epatici vengano riscontrati nella maggior parte dei pazienti, il trattamento non deve essere sospeso a meno che i valori eccedano di due o tre volte i valori normali in un paziente con valori di funzionalità epatica lievemente alterati. La cirrosi epatica si presenta raramente, ma può essere fatale. Si possono verificare disturbi neurologici, fotosensibilità (forse minimizzata da schermi solari), colorazione bluastra della cute, disturbi gastroenterici e ipertiroidismo41 (1-2%) o ipotiroidismo (24%). L’amiodarone sembra inibire la conversione periferica di T4 a T3 così che ne risultano modificazioni chimiche caratterizzate da un leggero incremento del T4, del T3 inverso e dell’ormone stimolante la tiroide (Thyroid-Stimulating Hormone, TSH) e un leggero decremento del T3. La concentrazione del T3 inverso è stata usata come indice di efficacia del medicamento. In corso d’ipotiroidismo, il TSH aumenta grandemente, mentre il T3 aumenta nel caso dell’ipertiroidismo. I test per la funzione tiroidea dovrebbero essere eseguiti all’incirca ogni 3 mesi per il primo anno di trattamento con amiodarone e quindi una volta o due l’anno, prima se si sviluppano sintomi compatibili con disfunzione tiroidea. Microdepositi corneali si verificano in quasi il 100% degli adulti che assu- Tosilato di bretilio Il bretilio è un composto quaternario dell’ammonio approvato dalla FDA per l’uso parenterale solo nei pazienti con tachiaritmie ventricolari potenzialmente letali. AZIONI ELETTROFISIOLOGICHE (Tabb. 30-1, 30-2, 30-3 e 30-5). Il bretilio si concentra selettivamente nei gangli simpatici e nelle loro terminazioni nervose adrenergiche postgangliari. Dopo aver inizialmente provocato il rilascio di noradrenalina, il bretilio previene la liberazione della noradrenalina deprimendo l’eccitabilità delle terminazioni nervose simpatiche senza deprimere la conduzione pregangliare o postgangliare delle terminazioni simpatiche, alterare la conduzione attraverso i gangli simpatici, depauperare la noradrenalina dai neuroni adrenergici o diminuendo la responsività dei recettori adrenergici. Induce una condizione simile a una simpaticectomia chimica. Nel corso del trattamento cronico con bretilio, la risposta beta-adrenergica alle catecolamine circolanti risulta aumentata. Il rilascio iniziale di catecolamine determina varie risposte elettrofisiologiche transitorie, quali un incremento della frequenza di scarica del nodo del seno isolato perfuso e delle fibre di Purkinje in vitro, spesso rendendo quiescenti fibre dotate di automatismo spontaneo. Inizialmente il bretilio aumenta la velocità di conduzione e l’eccitabilità e diminuisce la refrattarietà dell’atrio di coniglio e può iperpolarizzare fibre parzialmente depolarizzate. Il pretrattamento con propranololo previene queste alterazioni precoci. L’iniziale rilascio di catecolamine può aggravare alcune aritmie, quali quelle indotte da eccesso di digitale o da un IM. Una sua somministrazione prolungata incrementa la durata del potenziale d’azione e la refrattarietà dei muscoli atriali e ventricolari e delle fibre di Purkinje, probabilmente bloccando una o più correnti di ripolarizzazione del potassio. Il rapporto ERP/APD non subisce modificazioni, come pure la responsività di membrana e la velocità di conduzione. Il bretilio ha uno scarso effetto sulla eccitabilità diastolica. Ha un effetto trascurabile se non nullo sulla TV sostenuta ma può prevenire le recidive di FV. Non è chiaro se la condizione simil-simpaticectomia chimica determini da sola gli effetti antifibrillatori o se siano necessarie associazioni con altre azioni. La riduzione delle disparità tra l’APD e l’ERP in aree di miocardio normale o infartuato potrebbe spiegare alcuni degli effetti antifibrillatori. Il bretilio non agisce sui riflessi vagali e non modifica la risposta dei recettori colinergici cardiaci. 12-02-2007 12:09:01 732 Capitolo 30 EFFETTI EMODINAMICI. Il bretilio non deprime la contrattilità miocardica. Dopo un iniziale incremento della pressione, può indurre una significativa ipotensione bloccando l’estremità efferente del riflesso barorecettoriale. L’ipotensione si verifica più frequentemente quando i pazienti sono seduti o in posizione eretta, ma può verificarsi anche nella posizione supina in pazienti gravi. Il bretilio riduce l’intensità della vasocostrizione e della tachicardia riflessa nella posizione eretta. L’ipotensione ortostatica può persistere per molti giorni dopo la sospensione del farmaco. FARMACOCINETICA (Tab. 30-4). Il bretilio è efficace sia per via orale che parenterale, tuttavia nel tratto gastrointestinale viene assorbito parzialmente e in modo variabile e quindi è in pratica utile solo per via endovenosa. La biodisponibilità può essere inferiore al 50% e l’eliminazione è quasi esclusivamente per escrezione renale senza significativo metabolismo o metaboliti attivi riconoscibili. L’emivita di eliminazione è 5-10 ore, ma con una variabilità discretamente ampia. In pazienti affetti da insufficienza renale i dosaggi devono essere ridotti. Nei pazienti sopravvissuti a TV o FV, il bretilio presenta un’emivita di eliminazione di 13,5 ore dopo singola somministrazione EV, simile a quella dei soggetti normali. L’eliminazione avviene quasi totalmente per via renale. L’inizio dell’azione dopo somministrazione EV avviene entro pochi minuti, ma un completo effetto antiaritmico può non essere osservato prima di 30 minuti-2 ore. DOSI E VIE DI SOMMINISTRAZIONE (Tab. 30-4). Il bretilio può essere somministrato endovena in dosi di 5-10 mg/kg di peso corporeo diluito in 50-100 ml di destrosio al 5% e somministrato in 10-20 minuti o più rapidamente in caso di pericolo per la vita. La stessa dose può essere ripetuta in 1-2 ore se l’aritmia persiste. Il dosaggio giornaliero totale non deve superare i 30 mg/kg. Una dose iniziale simile, non diluita, può essere somministrata per via intramuscolare. La dose di mantenimento EV è di 0,5-2,0 mg/min. La somministrazione per via intramuscolare deve essere evitata durante la rianimazione cardiopolmonare per arresto cardiaco e negli stati di shock data l’inaffidabilità dell’assorbimento dovuta a una ridotta perfusione tissutale. In questo caso, il bretilio deve essere somministrato per via endovenosa. INDICAZIONI. Il bretilio è utilizzato nei pazienti in terapia intensiva, con tachiaritmie ventricolari potenzialmente letali ricorrenti che non rispondono ad altri antiaritmici. Il bretilio è risultato efficace in alcuni pazienti con tachiaritmie farmacoresistenti e nel trattamento extraospedaliero di FV. EFFETTI INDESIDERATI. L’ipotensione, più evidente in posizione ortostatica ma anche supina, sembra essere l’effetto collaterale più significativo del bretilio e può essere prevenuta con l’impiego di farmaci triciclici come la protriptilina. Un’ipertensione transitoria, un’aumentata frequenza sinusale e un peggioramento dell’aritmia, spesso quelle dovute a intossicazione digitalica o a ischemia, possono far seguito alla somministrazione iniziale del farmaco e sembrano dovuti al rilascio iniziale di catecolamine. Il bretilio deve essere usato con cautela o affatto, in pazienti che abbiano una portata cardiaca relativamente fissa, come quelli affetti da una grave stenosi aortica. I vasodilatatori e i diuretici possono potenziare questi effetti ipotensivi. La nausea e il vomito possono verificarsi dopo somministrazione parenterale. Sotalolo Il sotalolo è un bloccante beta-adrenergico non selettivo senza attività simpaticomimetica intrinseca, che prolunga la ripolarizzazione.43 Nel 1992 è stato approvato dalla FDA per il trattamento di pazienti con tachiaritmie ventricolari potenzialmente letali e nel 1998 per la fibrillazione atriale. AZIONI ELETTROFISIOLOGICHE (Tabb. 30-1, 30-2, 30-3 e 30-5). Entrambi gli isomeri d e l hanno effetti simili sul prolungamento della ripo- Braun cap 30ok.indd 732 larizzazione, mentre l’l isomero è responsabile in pratica di tutta l’attività beta-bloccante. Il solatolo non blocca i recettori alfa e il canale del sodio (nessun effetto di stabilizzazione di membrana) ma prolunga i tempi di ripolarizzazione atriali e ventricolari riducendo l’IKr, prolungando quindi la fase di plateau del potenziale d’azione. Il prolungamento del potenziale di azione è maggiore alle basse frequenze (uso-dipendenza inversa). Il potenziale di membrana a riposo, l’ampiezza del potenziale d’azione e la · Vmax non sono significativamente alterati. Il sotalolo prolunga la refrattarietà atriale e ventricolare, gli intervalli AH e QT e la durata del ciclo sinusale. Riduce il gap eccitabile nelle TV da rientro. EMODINAMICA. Il sotalolo esercita un effetto inotropo negativo solo attraverso la sua azione beta-bloccante. Può aumentare la forza di contrazione prolungando la ripolarizzazione, effetto che è massimo alle basse frequenze cardiache. Nei pazienti con funzione cardiaca compromessa, il sotalolo può ridurre l’indice cardiaco, aumentare la pressione di riempimento e precipitare lo scompenso cardiaco. Quindi, deve essere usato con prudenza in pazienti con compenso labile, ma sembra essere ben tollerato in quelli con funzione cardiaca normale. FARMACOCINETICA (Tab. 30-4). Il sotalolo è assorbito completamente e non viene metabolizzato ed è quindi biodisponibile per il 90-100%. Non si lega alle proteine plasmatiche, viene eliminato immodificato principalmente per via renale e ha un’emivita di eliminazione di 10-15 ore. Il picco di concentrazione plasmatica si ha dopo 2,5-4,0 ore dopo somministrazione orale, con una condizione di equilibrio raggiunta dopo cinque o sei dosi. La concentrazione plasmatica antiaritmica efficace è nel range di 2,5 μg/ml. Esiste una piccola variabilità interpaziente nei livelli plasmatici. Al di là del range di dosaggio di 160-640 mg, il sotalolo mostra una relazione diretta tra dosaggio e concentrazioni plasmatiche. Il dosaggio deve essere ridotto in pazienti con nefropatia. L’effetto beta-bloccante è a metà del massimo per una dose di 80 mg/die ed è massimo a 320 mg/die. Un effetto beta-bloccante significativo si osserva a 160 mg/die. DOSAGGIO (Tab. 30-4). La dose orale tipica è 80-160 mg ogni 12 ore, lasciando 2-3 giorni tra gli aggiustamenti dei dosaggi per ottenere condizioni di equilibrio e monitorando l’ECG per aritmie o allungamenti del QT. Dosi superiori a 320 mg/die possono essere usate se il potenziale beneficio supera il rischio proaritmico. INDICAZIONI. Approvato dalla FDA per il trattamento di pazienti con tachiaritmie ventricolari e fibrillazione atriale, il sotalolo è altresì utile per prevenire le recidive di una grande varietà di TSV, compresi flutter atriale, AT, rientro del nodo AV e rientro AV. Esso rallenta anche la risposta ventricolare alle tachiaritmie atriali. Nel trattamento delle tachiaritmie ventricolari sembra più efficace degli antiaritmici convenzionali e potrebbe essere paragonabile all’amiodarone. Il sotalolo si è dimostrato superiore alla lidocaina nel bloccare le TV sostenute ed è utile in pazienti con displasia aritmogena del ventricolo destro. Il sotalolo può essere efficace nei pazienti di età pediatrica. A differenza della maggior parte degli altri antiaritmici, può ridurre la frequenza di scarica dell’ICD44 e ridurre la soglia di defibrillazione. EFFETTI INDESIDERATI. La proaritmia è l’effetto collaterale più serio. Nel complesso, si verifica un’insorgenza di nuove tachiaritmie ventricolari o l’aggravamento delle stesse in circa il 4% e questo fenomeno è dovuto a torsioni di punta nel 2,5% circa dei casi. L’incidenza della torsione di punta aumenta fino al 4% nei pazienti con anamnesi di TV sostenuta, ed è dose-correlata, essendo stata riportata solo nell’ 1,6% per una dose di 320 mg/die ma nel 4,4% per una dose di 480 mg/ die (Tab. 72-3). Questo effetto proaritmico è stato probabilmente la causa dell’eccessiva mortalità nei pazienti trattati con d-sotalolo (l’enantiomero che non ha un effetto beta-bloccante) dopo un IMA, che è stata osservata nel trial Survival With Oral d-Sotalol (SWORD). Gli altri effetti indesiderati più comuni che si osservano con altri beta-bloccanti sono stati osservati 12-02-2007 12:09:02 anche con il sotalolo. Il sotalolo deve essere usato con prudenza o non essere usato affatto in associazione con altri farmaci che prolungano l’intervallo QT. Peraltro, tali associazioni sono state usate in modo efficace. Ibutilide L’ibutilide è un farmaco approvato per sbloccare episodi acuti di flutter o fibrillazione atriale. AZIONI ELETTROFISIOLOGICHE (Tabb. 30-1, 30-2, 30-3 e 30-5). Come gli altri farmaci di classe III, l’ibutilide prolunga la ripolarizzazione. Benché sia come gli altri farmaci di classe III che bloccano le correnti del potassio in uscita così come l’IKr, l’ibutilide è unico in quanto sembra attivare una corrente lenta in entrata del sodio. Somministrato endovena, l’ibutilide provoca un lieve rallentamento della frequenza sinusale e ha effetti minimi sulla conduzione AV o sulla durata del QRS, ma l’intervallo QT è caratteristicamente prolungato. L’ibutilide non ha alcun effetto significativo sulla emodinamica. Braun cap 30ok.indd 733 Dofetilide La dofetilide è stata approvata dalla FDA per la conversione acuta della fibrillazione atriale in ritmo sinusale e per la profilassi cronica delle recidive di fibrillazione atriale.47 AZIONI ELETTROFISIOLOGICHE (Tabb. 30-1, 30-2, 30-3 e 30-5). L’unico effetto elettrofisiologico della dofetilide sembra essere il blocco della componente rapida della corrente ritardata correttrice del potassio (IKr), importante per la ripolarizzazione (Cap. 27). Questo effetto è più spiccato negli atri rispetto ai ventricoli (30% di aumento del periodo refrattario nell’atrio contro il 20% nel ventricolo). L’effetto della dofetilide sull’IKr consiste nel prolungare la refrattarietà senza rallentare la conduzione, cosa che si ritiene essere largamente responsabile del suo effetto antiaritmico. È anche responsabile dell’allungamento dell’intervallo QT sull’ECG, che è in media del 11%, ma può essere anche maggiore. Questo effetto sull’intervallo QT è dose-dipendente e lineare. Non si osservano altre importanti variazioni dell’ECG determinate dal farmaco. La dofetilide non ha significativi effetti emodinamici. La dofetilide si è dimostrata più efficace della chinidina nel convertire la fibrillazione atriale in ritmo sinusale. FARMACOCINETICA (Tab. 30-4). Somministrata per via orale, la dofetilide si assorbe bene, con oltre il 90% di biodisponibilità. Il 50-60% del farmaco è secreto immodificato nelle urine, con un’emivita media di eliminazione di 7-13 ore. Il resto del farmaco è sottoposto a metabolismo epatico che lo trasforma in sostanze inerti. Sono state descritte significative interazioni tra farmaci nei pazienti trattati con dofetilide; cimetidina, verapamil, chetoconazolo e trimetoprim (solo o in combinazione con sulfametossazolo) provocano un significativo aumento della concentrazione sierica della dofetilide e non dovrebbero essere usati con questo farmaco. DOSI E VIE DI SOMMINISTRAZIONE (Tab. 30-4). La dofetilide è disponibile solo come preparazione orale. Il dosaggio è da 0,125 a 0,5 mg due volte al giorno e deve essere iniziato in ambiente ospedaliero con il continuo monitoraggio ECG per assicurarsi che non compaiano inopportuni prolungamenti del QT o torsioni di punta. Il farmaco deve essere prescritto da medici specialisti. La dose deve essere ridotta in presenza di alterata funzione renale o di aumento dell’intervallo QT superiore al 50%. Il farmaco non dovrebbe essere somministrato a pazienti con una clearance della creatinina minore di 20 ml/ min o un intervallo QT corretto di base maggiore di 440 millisecondi. INDICAZIONI. La dofetilide per via endovenosa è stata impiegata in via sperimentale per l’interruzione di episodi documentati di flutter atriale, fibrillazione o altri tipi di TSV. La dofetilide per via orale è indicata per la prevenzione di episodi di tachiaritmie sopraventricolari, soprattutto del flutter e della fibrillazione atriale. Il ruolo della dofetilide nella terapia delle aritmie ventricolari è meno chiaro. È stato dimostrato che la dofetilide non modifica la mortalità quando somministrata a pazienti dopo IM.48 EFFETTI INDESIDERATI. L’effetto indesiderato più significativo della dofetilide è il prolungamento dell’intervallo QT associato a torsione di punta, che si presenta nel 2-4% dei pazienti che assumono il farmaco. Il rischio è massimo nei pazienti con un prolungato intervallo QT di base, in quelli ipokaliemici, in quelli che assumono altre sostanze che prolungano la ripolarizzazione e dopo la conversione della fibrillazione atriale al ritmo sinusale (Tab. 72-3). Il farmaco è peraltro ben tollerato con scarsi effetti collaterali. Il suo uso in gravidanza (classe C) non è stato studiato in modo approfondito e deve probabilmente essere evitato in questo contesto se possibile. Terapia delle aritmie cardiache FARMACOCINETICA (Tab. 30-4). L’ibutilide è somministrato EV e ha un ampio volume di distribuzione. La clearance è prevalentemente renale, con un’emivita farmacologica in media di 6 ore (ma con notevole variabilità interpaziente). Il legame alle proteine plasmatiche è del 40% circa. Uno dei metaboliti del farmaco mostra deboli effetti di classe III. DOSI E VIE DI SOMMINISTRAZIONE (Tab. 30-4). L’ibutilide è somministrato con infusione EV rapida di 1 mg in 10 minuti. Non deve essere somministrato in presenza di un intervallo QTc maggiore di 440 millisecondi o in concomitanza ad altri farmaci che prolungano l’intervallo QT o nel caso di ipopotassiemia o bradicardia non corrette. Se l’aritmia persiste si può somministrare una seconda dose di 1 mg, dopo aver terminato la prima. I pazienti devono essere sotto monitoraggio ECG durante tutto il periodo di somministrazione e per le successive 6-8 ore, a causa del rischio di aritmie ventricolari. Fino al 60% dei pazienti con fibrillazione atriale e il 70% di quelli con flutter atriale vengono riportati al ritmo sinusale dopo la somministrazione di 2 mg di ibutilide.45 INDICAZIONI. L’ibutilide è indicato per l’interruzione di un episodio documentato di fibrillazione o flutter atriale. Non deve essere usato nei pazienti con frequenti, brevi parossismi di fibrillazione atriale poiché esso agisce semplicemente concludendo il singolo episodio ma non è utile per la prevenzione di nuovi episodi. I pazienti con una condizione emodinamicamente instabile devono essere sottoposti a cardioversione elettrica diretta. L’ibutilide è stato somministrato contemporaneamente alla cardioversione elettrica transtoracica per aumentare la probabilità di interruzione della fibrillazione atriale. In uno studio, tutti i 50 pazienti trattati con l’ibutilide prima di tentare la cardioversione elettrica sono tornati al ritmo sinusale, rispetto ai soli 34 dei 50 a cui non era stato somministrato.46 È da notare che tutti i 16 pazienti che non hanno risposto alla cardioversione elettrica senza ibutilide, sono stati cardiovertiti elettricamente con successo al ritmo sinusale quando è stato fatto un secondo tentativo dopo pretrattamento con ibutilide. L’ibutilide prolunga la refrattarietà della via accessoria e può temporaneamente rallentare la frequenza ventricolare durante la fibrillazione atriale preeccitata. Il farmaco può anche far cessare episodi di TV sostenuta monomorfa. EFFETTI INDESIDERATI. Gli effetti indesiderati più significativi dell’ibutilide sono il prolungamento del QT e le torsioni di punta, che si manifestano nel 2% circa dei pazienti trattati con il farmaco. Questo avviene nelle prime 4-6 ore dopo la somministrazione, dopo di che il rischio diventa trascurabile. Pertanto, i pazienti in cui viene utilizzato il farmaco devono essere sottoposti a monitoraggio ECG fino a 8 ore dopo l’assunzione. Questo può rendere problematico l’uso dell’ibutilide nei dipartimenti di emergenza o in ambulatorio. La sicurezza dell’ibutilide durante la gravi- 733 danza non è stata ben studiata. Il suo impiego deve essere ristretto a quei casi in cui non esiste un’alternativa più sicura (Tab. 72-3). 12-02-2007 12:09:02 734 Azimilide L’azimilide è un nuovo farmaco (non ancora approvato dalla FDA al momento della stesura del libro), utile nel trattamento del flutter e della fibrillazione atriale.49 AZIONI ELETTROFISIOLOGICHE (Tabb. 30-1, 30-2, 30-3 e 30-5). A differenza della dofetilide, che blocca la componente della corrente ritardata correttrice del potassio, l’azimilide provoca un blocco più bilanciato di entrambe le componenti, rapida e lenta, dell’IK. Si ritiene che questo effetto sia responsabile del minor tasso di proaritmia così come di una migliore persistenza dell’efficacia del farmaco a frequenze cardiache maggiori in confronto ai puri IKr bloccanti. L’azimilide provoca un lieve allungamento dell’intervallo QT ma nessun’altra modificazione significativa all’ECG. A differenza della dofetilide e del sotalolo, che hanno effetti sulla refrattarietà atriale maggiori che su quella ventricolare, l’azimilide esercita un effetto simile su entrambe.50 Capitolo 30 FARMACOCINETICA (Tab. 30-4). Il profilo farmacocinetico dell’azimilide è relativamente semplice e prevedibile. Può essere assunto per via orale una volta al giorno e il suo assorbimento è pressoché completo e non influenzato dalla ingestione di cibo. Sono state riportate poche interazioni farmacologiche. L’azimilide è eliminato per via renale; una parte del metabolismo avviene attraverso la trasformazione in composti inattivi. Il farmaco non mostra significativi effetti emodinamici negativi. DOSI E VIE DI SOMMINISTRAZIONE (Tab. 30-4). L’azimilide può essere assunto per via orale una volta al giorno a una dose di 100-200 mg. Il farmaco è ben tollerato e il dosaggio non richiede un aggiustamento in presenza di malattie renali o epatiche. INDICAZIONI. L’azimilide EV è indicato per interrompere un episodio documentato di fibrillazione o flutter atriale, mentre per via orale è indicato per la prevenzione a lungo termine di queste aritmie. Sono in corso studi per la valutazione dell’efficacia dell’azimilide nelle aritmie ventricolari. EFFETTI INDESIDERATI. Il farmaco viene in genere ben tollerato. Come con altri farmaci della classe III, l’effetto collaterale più significativo dell’azimilide è la torsione di punta, sebbene questa aritmia sembri essere meno frequente con questo rispetto agli altri farmaci di classe III (compare nell’1% circa dei pazienti che assumono il farmaco) (Tab. 72-3). Non è nota la sicurezza dell’azimilide in gravidanza; il suo uso deve probabilmente essere evitato se possibile. Farmaci antiaritmici di classe IV Calcioantagonisti: verapamil e diltiazem Il verapamil, un derivato sintetico della papaverina, è il prototipo di una classe di farmaci che bloccano i canali lenti del calcio e che riducono l’ICa-L nel muscolo cardiaco. Il diltiazem ha azioni elettrofisiologiche simili a quelle del verapamil. La nifedipina mostra scarsi effetti elettrofisiologici nelle dosi utilizzate nella clinica; la felodipina blocca la corrente del calcio di tipo T (Cap. 27), e la sua applicazione clinica non è stata ancora definita. Nessuno di questi farmaci verrà descritto in questa sede. AZIONI ELETTROFISIOLOGICHE (Tabb. 30-1, 30-2, 30-3 e 30-5). Bloccando l’ICa-L in tutte le fibre cardiache, il verapamil riduce l’altezza del plateau del potenziale d’azione, accorcia leggermente il potenziale d’azione muscolare e prolunga lievemente il potenziale d’azione totale delle fibre di Purkinje. Non · agisce significativamente sull’ampiezza del potenziale d’azione, sulla Vmax della fase 0 o sul voltaggio di membrana a riposo nelle cellule che hanno caratteristiche di risposta rapida dovuta all’INa (muscoli atriale e ventricolare, sistema His-Purkinje). Il verapamil Braun cap 30ok.indd 734 sopprime le risposte lente provocate da diversi metodi sperimentali e sopprime anche l’attività ritmica sostenuta triggerata e le post-depolarizzazioni precoci e tardive.Verapamil e diltiazem sopprimono l’attività elettrica del nodo del seno e del nodo AV normali a concentrazioni che non sopprimono i potenziali d’azione delle cellule dipendenti dai canali veloci. Il verapamil riduce la pendenza della depolarizzazione diastolica delle cellule del nodo · del seno, la Vmax della fase 0, il potenziale diastolico massimo, l’ampiezza del potenziale d’azione nelle cellule del nodo del seno e del nodo AV e prolunga il tempo di conduzione e i periodi refrattari funzionali ed effettivi del nodo AV. Gli effetti del verapamil e del diltiazem sul blocco del nodo AV diventano più evidenti ad alte frequenze di stimolazione (uso-dipendenza) e nelle fibre depolarizzate (voltaggio-dipendenza). Il verapamil rallenta l’attivazione e ritarda il recupero dopo l’inattivazione del canale lento. La perdita del legame del farmaco dal suo recettore avviene più rapidamente nei tessuti iperpolarizzati. Il verapamil esercita una certa azione anestetica locale perché lo stereoisomero destrogiro presente nella miscela racemica utilizzata in terapia determina lievi effetti di blocco sull’INa. Lo stereoisomero levogiro blocca la corrente lenta d’entrata del calcio, come di altri ioni che viaggiano attraverso il canale lento. Il verapamil non influenza la captazione, il legame o lo scambio da parte dei microsomi cardiaci, né agisce sull’adenosin-trifosfatasi calcio-attivata. Il verapamil non blocca i beta-recettori ma sembra poter bloccare gli alfa-recettori e potenziare gli effetti vagali sul nodo AV. Il verapamil può avere inoltre delle azioni che alterano indirettamente l’elettrofisiologia cardiaca, quali la riduzione dell’adesività piastrinica o la limitazione dell’estensione dell’ischemia miocardica. Nell’uomo, il verapamil prolunga il tempo di conduzione nel nodo AV (intervallo AH) senza influenzare l’onda P o la durata del QRS o l’intervallo HV e allunga i periodi refrattari funzionali anterogrado e retrogrado e gli ERP del nodo AV. La frequenza spontanea del nodo del seno può ridursi leggermente, effetto che può essere solo parzialmente invertito dall’atropina. Più comunemente, la frequenza del nodo del seno non subisce modificazioni significative dato che il verapamil provoca una vasodilatazione periferica, un’ipotensione transitoria e una stimolazione simpatica riflessa che modula qualsiasi effetto diretto che il verapamil esercita sul nodo del seno. Se il verapamil viene somministrato a un paziente trattato anche con un beta-bloccante, la frequenza di scarica del nodo del seno può rallentare in quanto la stimolazione del riflesso simpatico è bloccata. Il verapamil non esercita un significativo effetto diretto sulla refrattarietà atriale o ventricolare o sulle proprietà anterograde e retrograde delle vie accessorie. Tuttavia, la stimolazione del riflesso simpatico successiva alla somministrazione di verapamil può aumentare la risposta ventricolare lungo le vie accessorie nella fibrillazione atriale in pazienti con sindrome di Wolff-Parkinson-White. EFFETTI EMODINAMICI. Interferendo con l’accoppiamento eccitazione-contrazione, il verapamil inibisce la contrazione delle cellule muscolari lisce vascolari determinando una marcata dilatazione nel distretto coronarico e in altri distretti periferici. Il propranololo non blocca la vasodilatazione indotta dal verapamil. I riflessi simpatici possono ridurre in vivo il suo marcato effetto inotropo negativo sulle cellule cardiache muscolari isolate, ma gli effetti inibitori diretti del verapamil possono predominare quando il farmaco è somministrato ad alti dosaggi. Nei pazienti con una funzione ventricolare sinistra ben conservata, la terapia combinata con verapamil e propranololo è ben tollerata, ma il beta-blocco può accentuare gli effetti emodinamici negativi indotti dal verapamil per via orale. I pazienti con funzione ventricolare sinistra ridotta possono non tollerare il blocco associato dei recettori beta e dei canali lenti e quindi la somministrazione combinata di verapamil e propranololo in questi pazienti deve essere istituita con cautela o addirittura evitata. Nei preparati sperimentali, il verapamil riduce la richiesta miocardica di ossigeno mentre diminuisce la resistenza vascolare coronarica e riduce l’estensione del danno ischemico. Queste modificazioni possono determinare un effetto antiaritmico. Anche il diltiazem riduce le aritmie ventricolari in corso di occlusione coronarica nel cane, verosimilmente prevenendo il sovraccarico di calcio. Le alterazioni acute nelle variabili emodinamiche si verificano 3-5 minuti dopo il completamento dell’iniezione di verapamil e gli effetti principali si annullano entro 10 minuti. La resistenza sistemica e la pressione arteriosa media diminuiscono, così come il dP/dtmax ventricolare sinistro mentre la pressione telediastolica del ventricolo sinistro aumenta. La 12-02-2007 12:09:03 Braun cap 30ok.indd 735 in ritmo sinusale, soprattutto se il flutter o la fibrillazione 735 atriale sono di recente insorgenza. Inoltre, il verapamil può prevenire la recidiva precoce della fibrillazione atriale dopo cardioversione.51 Alcuni pazienti con flutter atriale possono sviluppare una fibrillazione atriale dopo somministrazione di verapamil. Come detto precedentemente, nei pazienti con complessi ventricolari preeccitati in corso di fibrillazione atriale associata con la sindrome di Wolff-Parkinson-White, il verapamil EV può accelerare la risposta ventricolare; quindi, la somministrazione EV in questa situazione è controindicata. Il verapamil può interrompere alcune tachicardie atriali. Anche se il verapamil può bloccare una TV fascicolare sinistra, si può verificare un collasso emodinamico se il verapamil EV viene somministrato in pazienti con le forme più comuni di TV, perché queste di solito compaiono nel quadro di una ridotta funzione sistolica ventricolare sinistra. Una delle regole basilari per evitare complicanze è, comunque, quella di non somministrare il verapamil EV a pazienti con tachicardia con QRS largo a meno che non si sia assolutamente certi della natura della tachicardia stessa e della sua risposta al verapamil. Per via orale, il verapamil o il diltiazem possono prevenire le recidive di tachicardie da rientro del nodo AV o delle tachicardie reciprocanti ortodromiche AV associate alla sindrome di Wolff-Parkinson-White, così come aiutano a mantenere una risposta ventricolare ridotta durante il flutter o la fibrillazione atriale in pazienti senza vie accessorie. A questo proposito, l’efficacia del verapamil sembra essere esaltata se somministrato contemporaneamente alla chinidina e quella del diltiazem è amplificata se somministrato con la digossina. Generalmente il verapamil non si è dimostrato efficace nel trattamento di pazienti con tachiaritmie ventricolari ricorrenti, benché possa sopprimere alcune forme di TV come una TV settale sinistra, come già osservato. Può essere anche utile nei due terzi circa dei pazienti con TV idiopatiche con una morfologia da blocco di branca sinistra, nei pazienti con miocardiopatia ipertrofica che sono andati incontro ad arresto cardiaco, nei pazienti con la variante di torsione di punta a corto accoppiamento, nei pazienti con displasia del ventricolo destro e in quelli con aritmie ventricolari da spasmo coronarico. Mentre i dati derivanti dai modelli animali suggeriscono che il verapamil può essere utile nel ridurre o prevenire aritmie ventricolari correlate a ischemia miocardica acuta, i calcioantagonisti non si sono dimostrati in grado di ridurre la mortalità o di prevenire le morti cardiache improvvise nei pazienti dopo IM, tranne il diltiazem nei pazienti con infarto non-Q. Il verapamil abolisce le alterazioni della cinesi parietale riscontrate nei pazienti con sindrome del QT lungo. EFFETTI INDESIDERATI. Il verapamil deve essere utilizzato con cautela in pazienti con segni di insufficienza cardiaca evidenti o in quelli già in terapia con beta-bloccanti. Ipotensione, bradicardia, blocco AV e asistolia sono di più frequente riscontro quando il farmaco viene somministrato in pazienti che già assumevano beta-bloccanti. Il collasso emodinamico è stato descritto nei bambini, perciò il verapamil deve essere usato con cautela in pazienti di età inferiore a 1 anno. Il verapamil deve essere utilizzato con cautela anche nei pazienti con disfunzione del nodo del seno, per la marcata depressione della funzione del nodo del seno o la asistolia che può verificarsi in alcuni di questi pazienti. Per contrastare alcuni degli effetti indesiderati del verapamil possono essere necessari isoproterenolo, calcio, infusione di glucagone, dopamina o atropina (che è solo parzialmente efficace) o il pacing temporaneo. L’isoproterenolo può essere più efficace nel trattare le bradiaritmie e il calcio può essere usato per trattare le disfunzioni emodinamiche indotte dal farmaco. La depressione del nodo AV è frequente nel sovradosaggio. Le controindicazioni all’uso del verapamil e del diltiazem includono la presenza di un’insufficienza cardiaca avanzata, il Terapia delle aritmie cardiache frequenza cardiaca, l’indice cardiaco, il lavoro ventricolare sinistro al minuto e la pressione polmonare media non si modificano in maniera significativa. In questo modo, la riduzione del postcarico indotta dal verapamil minimizza significativamente le sue attività inotrope negative impedendo la riduzione dell’indice cardiaco. Inoltre, quando il verapamil rallenta la frequenza ventricolare in un paziente con tachicardia, il rallentamento cardiaco può anche migliorare l’emodinamica. Ciononostante, la somministrazione di verapamil in pazienti con insufficienza cardiaca marcata o in terapia con beta-bloccanti o disopiramide deve essere intrapresa con cautela, dato che in alcuni pazienti il deterioramento emodinamico può progredire. FARMACOCINETICA (Tab. 30-4). Dopo una singola dose orale di verapamil, si verifica in 30 minuti un significativo prolungamento del tempo di conduzione del nodo AV che permane per 4-6 ore. Dopo iniezione EV, il ritardo di conduzione del nodo AV avviene entro 1-2 minuti e il prolungamento dell’intervallo AH è ancora osservabile dopo 6 ore. Le concentrazioni plasmatiche efficaci necessarie per interrompere le TSV sono nel range di 125 ng/ml dopo dosi di 0,075-0,150 mg/kg. Dopo somministrazione orale, l’assorbimento è pressoché completo, ma una biodisponibilità globale del 20-35% suggerisce un sostanziale metabolismo di primo-passaggio epatico, soprattutto per l’isomero levogiro. L’emivita di eliminazione del verapamil è di 3-7 ore e fino al 70% del farmaco è escreto per via renale. Il norverapamil è uno dei metaboliti principali che può contribuire alle azioni elettrofisiologiche del verapamil. Il legame alle proteine sieriche è del 90% circa. Con il diltiazem, la percentuale di riduzione della frequenza cardiaca nella fibrillazione atriale è correlata alla concentrazione plasmatica. DOSI E VIE DI SOMMINISTRAZIONE (Tab. 30-4). Il dosaggio EV più comunemente usato del verapamil è di 10 mg infuso in 1-2 minuti, sotto monitoraggio del ritmo cardiaco e della pressione arteriosa. Una seconda iniezione della stessa dose può essere somministrata dopo 30 minuti. L’effetto iniziale ottenuto con il primo bolo, quale il rallentamento della risposta ventricolare in corso di fibrillazione atriale, può essere mantenuto con un’infusione continua del farmaco a una velocità di 0,005 mg/kg/min. La dose orale è 240-480 mg/die in dosi frazionate. Il diltiazem viene somministrato endovena a una dose di 0,25 mg/kg in bolo in 2 minuti, con una seconda dose somministrata in 15 minuti se necessario; poiché è generalmente meglio tollerato (minore ipotensione) per la somministrazione a lungo termine, come per il controllo della frequenza ventricolare nella fibrillazione atriale, si preferisce il diltiazem al verapamil in questa situazione. Per via orale, la dose deve essere adattata al singolo paziente, in un range di 120-360 mg. Per il verapamil e per il diltiazem esistono diverse preparazioni a lunga durata. INDICAZIONI. Dopo avere praticato alcune semplici manovre vagali e aver somministrato adenosina, il verapamil o il diltiazem EV è il successivo trattamento di scelta per interrompere un rientro sostenuto del nodo del seno, un rientro del nodo AV o una tachicardia alternante ortodromica AV associata a una via accessoria. Il verapamil è efficace quanto l’adenosina nell’interrompere queste aritmie. Il verapamil deve essere obbligatoriamente provato prima di tentare l’interruzione mediante somministrazione di digitale, stimolazione, diretta, cardioversione elettrica o aumento improvviso della pressione arteriosa con vasocostrittori. Il verapamil e il diltiazem bloccano il 60-90% o più degli episodi di TSV parossistiche entro pochi minuti. Il verapamil può essere anche utilizzato in alcune TSV fetali. Anche se il verapamil EV è stato somministrato insieme al propranololo EV, questa combinazione deve essere usata con grande cautela. Verapamil e diltiazem diminuiscono la risposta ventricolare al nodo AV durante la fibrillazione o il flutter atriale, probabilmente convertendo un piccolo numero di tali episodi 12-02-2007 12:09:04 736 blocco AV di secondo o terzo grado in assenza di pacemaker, la fibrillazione atriale con conduzione anterograda lungo una via accessoria, una disfunzione sinusale significativa, la maggior parte delle TV, lo shock cardiogeno e altri stati ipotensivi. Anche se questi farmaci andrebbero evitati in pazienti con insufficienza cardiaca conclamata, se questa è dovuta a una tachiaritmia sopraventricolare discussa precedentemente, il verapamil e il diltiazem possono ripristinare il ritmo sinusale e ridurre significativamente la frequenza ventricolare, determinando quindi un miglioramento dell’emodinamica. Infine, è importante notare che il verapamil può ridurre l’escrezione della digossina di circa il 30%. Una epatotossicità si può osservare occasionalmente. Il verapamil attraversa la barriera placentare; il suo uso in gravidanza è stato associato a un’alterata contrattilità uterina, a bradicardia fetale e, forse, ad anomalie fetali delle dita. Deve essere usato, pertanto, solo se non esiste una valida alternativa. Capitolo 30 Altri antiaritmici Adenosina L’adenosina è un nucleoside endogeno presente in tutto l’organismo; è stata approvata dalla FDA per trattare pazienti con TSV. AZIONI ELETTROFISIOLOGICHE (Tabb. 30-1, 30-2, 30-3 e 30-5). L’adenosina interagisce con i recettori A1 presenti sulla superficie extracellulare delle cellule cardiache, attivando i canali del K+ (IK Ach, IK Ado) in modo simile a quello dell’acetilcolina. L’aumento della conduttanza+ K accorcia l’APD atriale, iperpolarizza il potenziale di membrana e diminuisce la contrattilità atriale. Variazioni simili avvengono nel nodo del seno e nel nodo AV. Contrariamente a questi effetti diretti mediati dalle proteine regolatrici del guanin-nucleotide Gi e Go, l’adenosina antagonizza l’adenilato ciclasi stimolata dalle catecolamine per diminuire l’accumulo dell’adenosin monofosfato ciclico e per diminuire l’ICa-L e la corrente If del pacemaker · nelle cellule del nodo del seno, insieme con una diminuzione di Vmax. Si possono verificare spostamenti del pacemaker all’interno del nodo del seno e un blocco in uscita. L’adenosina rallenta la frequenza sinusale nell’uomo, seguita da un incremento riflesso della frequenza del seno. Nella regione N del nodo AV, la conduzione viene rallentata, insieme alla · riduzione di ampiezza del potenziale d’azione, della sua durata e della Vmax. Ne risulta un prolungamento transitorio dell’intervallo AH, spesso associato a un blocco del nodo AV di primo, secondo o terzo grado. Il ritardo della conduzione del nodo AV è frequenza-dipendente. La conduzione del sistema di His-Purkinje generalmente non è influenzata direttamente. L’adenosina non influisce sulla conduzione delle normali vie accessorie. La conduzione può essere bloccata nelle vie accessorie che hanno lunghi tempi di conduzione o proprietà di conduzione decrementale. I pazienti con trapianto di cuore presentano ipersensibilità all’adenosina. L’adenosina può mediare il fenomeno di precondizionamento ischemico. FARMACOCINETICA (Tab. 30-4). L’adenosina viene rimossa dallo spazio extracellulare per washout, per degradazione enzimatica a inosina, per fosforilazione ad adenosina monofosfato o per ricaptazione nelle cellule attraverso un sistema di trasporto del nucleoside. L’endotelio vascolare e le cellule del sangue contengono questi sistemi d’eliminazione, dai quali risulta una rapida eliminazione dell’adenosina dalla circolazione. L’emivita di eliminazione è di 1-6 secondi. La maggior parte degli effetti dell’adenosina sono prodotti durante il suo primo transito in circolo. Si verificano importanti interazioni farmacologiche: le metilxantine sono antagonisti competitivi e le concentrazioni terapeutiche di teofillina bloccano totalmente l’effetto dell’adenosina esogena. Il dipiridamolo è un inibitore del trasporto del nucleoside e impedisce la ricaptazione cellulare dell’adenosina, ritardando la sua eliminazione dalla circolazione o dallo spazio interstiziale e potenziandone gli effetti. Si devono usare dosi inferiori di adenosina nei pazienti che assumono dipiradamolo. Braun cap 30ok.indd 736 DOSI E VIE DI SOMMINISTRAZIONE (Tab. 30-4). Per interrompere una tachicardia, si inietta endovena rapidamente un bolo di adenosina a dosi di 6-12 mg seguito da un lavaggio. Il dosaggio pediatrico è di 0,1-0,3 mg/kg. Quando somministrato in una vena centrale e in pazienti dopo trapianto cardiaco o in quelli che assumono dipiridamolo, la dose iniziale deve essere ridotta a 3 mg. Ne risulta un transitorio rallentamento sinusale o un blocco del nodo AV, che dura meno di 5 secondi. INDICAZIONI. L’adenosina è divenuta il farmaco di prima scelta per bloccare acutamente una TSV come nel caso di rientro AV o del nodo AV. Si usa in pazienti in età pediatrica e per valutare l’efficacia dell’ablazione di vie accessorie. L’adenosina può causare blocco AV o interrompere tachicardie atriali e il rientro del nodo del seno. Determina un blocco AV solo temporaneo durante un flutter o una fibrillazione atriale ed è pertanto utile soltanto nella loro diagnosi (non per la terapia). L’adenosina blocca un gruppo di TV, il cui mantenimento dipende dal tono adrenergico, che è più spesso localizzato nel tratto di efflusso del ventricolo destro, ma può essere riscontrato anche in altre sedi. L’adenosina è potenzialmente meno ipotensiva del verapamil nel caso in cui la tachicardia dovesse persistere dopo l’iniezione. Dosi basse come 2,5 mg interrompono alcune tachicardie; dosi di 12 mg o meno interrompono il 92% delle TSV, in genere entro 30 secondi. La percentuale di successi terapeutici con adenosina è simile a quella ottenuta con il verapamil. Date la sua efficacia e la sua brevissima durata d’azione, l’adenosina deve essere preferita al verapamil nella maggior parte dei casi, soprattutto nei pazienti in precedenza trattati con beta-bloccanti EV, in quelli con insufficienza cardiaca scarsamente compensata o con grave ipotensione e nei neonati. Il verapamil è il farmaco di prima scelta nei pazienti che assumono farmaci come la teofillina, che interferisce con le azioni o il metabolismo dell’adenosina; nei pazienti con broncocostrizione; e in quelli con un accesso venoso inadeguato. L’adenosina può essere utile per differenziare i tipi di tachicardie ad ampio QRS poiché blocca molte TSV con conduzione aberrante o ne rivela il sottostante meccanismo atriale, mentre non blocca la conduzione attraverso una via accessoria e non interrompe la maggior parte delle TV. L’adenosina in rari casi interrompe alcune TV (soprattutto quelle originanti dal tratto d’efflusso del ventricolo destro) e quindi il blocco della tachicardia non è completamente diagnostico per una TSV. Questo farmaco può predisporre allo sviluppo di fibrillazione atriale e probabilmente può aumentare la risposta ventricolare in pazienti con fibrillazione atriale in presenza di vie accessorie. L’adenosina può essere anche utile nel differenziare la conduzione del nodo AV da quella di vie accessorie, durante procedure ablative per interrompere le vie accessorie stesse. Tuttavia, questa distinzione non è assoluta poiché l’adenosina può bloccare le vie accessorie a conduzione lenta e d’altra parte il suo uso non determina sempre un blocco nel nodo AV. L’adenosina rilasciata dall’organismo può essere importante nel blocco AV indotto dall’ischemia o dall’ipossia e nelle bradiaritmie postdefibrillazione. EFFETTI INDESIDERATI. Effetti indesiderati transitori si verificano in quasi il 40% dei pazienti con TSV trattati con adenosina e i più comuni sono l’arrossamento, la dispnea e un senso di oppressione toracica. Questi sintomi sono passeggeri, di durata inferiore a 1 minuto e sono ben tollerati. I PVC, la bradicardia sinusale transitoria, l’arresto sinusale e il blocco AV sono comuni in caso di arresto improvviso di TSV. Talora si osserva una fibrillazione atriale (12% in uno studio) con la somministrazione di adenosina,52 forse a causa dell’azione del farmaco sull’accorciamento del periodo refrattario atriale. La comparsa di una fibrillazione atriale può essere rischiosa nei pazienti con sindrome di Wolff-Parkinson-White ed una conduzione AV rapida su una via accessoria. 12-02-2007 12:09:04 Digossina Le azioni cardiache dei glicosidi digitalici sono conosciute da secoli. La digossina è utilizzata per il controllo delle aritmie sopraventricolari, soprattutto per il controllo della frequenza ventricolare nel corso di fibrillazione atriale. L’uso della digossina è diminuito a causa della disponibilità di sostanze dotate di maggiore potenza e un più ampio range tra concentrazioni terapeutiche e tossiche. FARMACOCINETICA (Tab. 30-4). Dopo somministrazione endovena, la digossina determina alcuni effetti elettrofisiologici entro pochi minuti, con un effetto picco dopo 1,5-3 ore. Dopo somministrazione orale, l’effetto picco si verifica in 4-6 ore. L’entità dell’assorbimento della digossina dopo somministrazione orale varia secondo le diverse preparazioni del farmaco: le compresse sono assorbite al 60-75%, mentre le forme in capsule di gel sono quasi completamente assorbite. L’ingestione di colestiramina o di antiacidi contemporaneamente alla digossina ne riduce l’assorbimento. L’emivita sierica della digossina è di 36-48 ore e il farmaco è secreto immodificato per via renale. DOSI E VIE DI SOMMINISTRAZIONE (Tab. 30-4). In dosi acute di carico di 0,5-1,0 mg, la digossina può essere somministrata endovena oppure per via orale. Il dosaggio cronico giornaliero per via orale deve essere aggiustato sulla base delle indicazioni cliniche e il grado di disfunzione renale. La maggior parte dei pazienti richiede da 0,125 a 0,25 mg/die in dose singola; tuttavia, in alcuni pazienti in dialisi renale è sufficiente una quantità minima pari a 0,125 mg a giorni alterni, mentre nei pazienti giovani può essere necessaria una dose fino a 0,5 mg/die. I livelli sierici di digossina possono essere utilizzati per controllare la compliance della terapia come pure per determinare se la tossicità digitalica è la causa di nuovi sintomi compatibili con la diagnosi. Tuttavia, il monitoraggio di routine dei livelli di digossina non è richiesto nei pazienti in cui la frequenza ventricolare è sotto controllo durante la fibrillazione atriale e che non mostrano sintomi di tossicità. Sono state descritte numerose interazioni farmacocinetiche per la digossina, la più importante delle quali è quella con la chinidina (che aumenta le concentrazioni sieriche di digossina rimuovendo il farmaco dai siti di legame nei tessuti e riducendone la clearance renale). INDICAZIONI. La digossina può essere usata per via endovenosa allo scopo di ridurre la frequenza ventricolare durante la fibrillazione e il flutter atriale; è stata usata in passato per tentare di convertire le TSV a ritmo sinusale, ma l’inizio dell’azione è molto più lento e il tasso di successo è inferiore Braun cap 30ok.indd 737 Terapia delle aritmie cardiache AZIONI ELETTROFISIOLOGICHE (Tabb. 30-1, 30-2, 30-3 e 30-5). La digossina agisce principalmente tramite il sistema nervoso autonomo, in particolare aumentando il tono vagale centrale e periferico. Queste azioni sono in gran misura limitate a un rallentamento della frequenza di scarica del nodo del seno, a un accorciamento della refrattarietà atriale e al prolungamento della refrattarietà del nodo AV. Gli effetti elettrofisiologici sul sistema di His-Purkinje e sul muscolo ventricolare sono minimi, tranne che a concentrazioni tossiche. In studi su cuori denervati, la digossina ha un effetto relativamente modesto sul nodo AV e determina un incremento moderato della refrattarietà atriale. La digossina ha un lieve effetto antiadrenergico a basse dosi, ma può aumentare il tono centrale simpatico ad alte concentrazioni, il che è importante nello sviluppo delle aritmie da intossicazione digitalica. La frequenza del nodo del seno e la durata dell’onda P sono poco alterate nella maggior parte dei pazienti trattati con digossina. La frequenza sinusale può diminuire nei pazienti con insufficienza cardiaca, la cui performance ventricolare sinistra migliora con il farmaco; soggetti con disfunzioni significative del nodo sinusale di base possono andare incontro a un ulteriore rallentamento fino all’arresto sinusale. Similmente, l’intervallo PR è generalmente immodificato, eccetto nei pazienti con sottostanti patologie del nodo AV. Il QRS e l’intervallo QT rimangono invariati. Le anomalie caratteristiche del tratto ST e dell’onda T osservate nel trattamento con digossina non indicano una tossicità del farmaco. all’adenosina, al verapamil e ai beta-bloccanti; pertanto, oggi 737 è usata raramente per questo scopo. La digossina è più comunemente usata per via orale, per ottenere il controllo della frequenza ventricolare nella fibrillazione atriale cronica. Quando il paziente con fibrillazione atriale è a riposo e predomina il tono vagale, la frequenza ventricolare può essere mantenuta tra 60 e 100 batt/min nel 40-60% dei casi. Tuttavia, quando il paziente inizia uno sforzo, la diminuzione del tono vagale insieme all’aumento del tono adrenergico diminuiscono gli effetti benefici della digossina sulla conduzione del nodo AV. I pazienti possono mostrare uno spiccato aumento della frequenza ventricolare anche per lievi attività. Per queste ragioni, la digossina è raramente utilizzata come farmaco singolo per ottenere il controllo della frequenza ventricolare nella fibrillazione atriale cronica. Il farmaco ha una scarsa capacità di prevenire episodi di fibrillazione atriale parossistica oppure nel controllare la frequenza ventricolare durante tali episodi. Infine, la digossina non è più efficace del placebo nel bloccare episodi di fibrillazione atriale acuti o di recente insorgenza. EFFETTI INDESIDERATI. Una delle principali ragioni che hanno determinato il minor uso della digossina è il suo potenziale di gravi effetti indesiderati e lo stretto intervallo tra concentrazioni terapeutiche e tossiche. La tossicità da digitale provoca una varietà di sintomi e segni, inclusi cefalea, nausea e vomito, alterata percezione dei colori, visione offuscata, malessere generalizzato. Più gravi sono le aritmie digitale-correlate. Queste comprendono la bradicardia dovuta a un marcato aumento del tono vagale (bradicardia o arresto sinusale, blocco del nodo AV) e le tachiaritmie che possono essere dovute ad attività triggerata mediata da postdepolarizzazione tardiva (tachicardia atriale, giunzionale e fascicolare o ventricolare). Il peggioramento della funzionalità renale, l’età avanzata, l’ipokaliemia, le malattie polmonari croniche, l’ipotiroidismo e l’amiloidosi aumentano la sensibilità del paziente alle aritmie digitale-correlate. La diagnosi può essere confermata usando i livelli plasmatici di digossina. La terapia per la maggior parte delle bradicardie consiste nella sospensione del farmaco; nei pazienti sintomatici può essere necessaria l’atropina o il pacing temporaneo. La fenitoina può essere utilizzata per il controllo delle tachiaritmie atriali, mentre la lidocaina è stata impiegata con successo nel trattamento delle tachicardie infranodali. Le aritmie potenzialmente letali possono essere trattate con frammenti anticorpali specifici antidigossina. La cardioversione elettrica diretta deve essere eseguita solo se assolutamente necessaria nei pazienti con tossicità digitalica, poiché possono insorgere TV o FV potenzialmente letali molto difficili da controllare. Elettroterapia delle aritmie cardiache Cardioversione elettrica diretta La cardioversione elettrica presenta vantaggi evidenti, rispetto alla terapia farmacologica, nel bloccare le tachicardie. In condizioni ottimali di stretta osservazione e monitoraggio, una “dose” di elettricità regolata con attenzione può ripristinare il ritmo sinusale immediatamente e in sicurezza. La distinzione tra tachicardie sopraventricolari e ventricolari, fondamentale per l’adeguata gestione medica nel trattamento delle aritmie, è meno significativa e si evita la perdita di tempo per titolare i farmaci con potenziali effetti indesiderati. MECCANISMO. La cardioversione elettrica risulta essere più efficace nell’interrompere le tachicardie da rientro, quali il flutter e molti casi di fibrillazione atriale, il rientro del nodo AV, la tachicardia reciprocante associata alla sindrome di WolffParkinson-White, la maggior parte delle forme di TV, il flutter ventricolare e la FV. Lo shock elettrico, attraverso la depolarizzazione di tutte le cellule eccitabili del miocardio e verosimil- 12-02-2007 12:09:05 738 10 ws 120 ws I V1 1,5 sec Capitolo 30 FIGURA 30–2 In alto, Uno shock sincronizzato (notare i segni di sincronizzazione all’apice del complesso QRS [freccia]) in una TV è seguito da una singola risposta ventricolare ripetitiva e quindi dal normale ritmo sinusale. In basso, Uno shock sincronizzato sulla porzione terminale del complesso QRS (freccia) in un paziente con fibrillazione atriale e conduzione al ventricolo lungo una via accessoria (sindrome di Wolff-Parkinson-White) che ha determinato una fibrillazione ventricolare rapidamente interrotta da uno shock di 400 joule. La registrazione è stata persa per 1,5 secondi (freccia) a causa dello spostamento dalla linea base dopo lo shock. ws = watt secondi. mente prolungandone la refrattarietà, blocca i circuiti di rientro e ripristina l’omogeneità elettrica che interrompe il rientro. Il meccanismo con cui uno shock interrompe con successo una FV non è stato del tutto spiegato. Se i fattori scatenanti non sono più presenti, l’interruzione della tachicardia per il breve periodo indotto dallo shock può impedirne la ricomparsa per un lungo periodo, anche in presenza dei substrati anatomici ed elettrofisiologici richiesti per la tachicardia. Le tachicardie dovute a disturbi della formazione dell’impulso (automaticità) includono le parasistolie, alcune forme di TA, le tachicardie giunzionali ectopiche (con o senza tossicità digitalica) il ritmo idioventricolare accelerato e rare forme di TV. Tentare di cardiovertire elettricamente queste tachicardie non è indicato, poiché esse ricompaiono solitamente pochi secondi dopo lo shock. Non è stato ancora stabilito se la cardioversione elettrica possa interrompere le tachicardie dovute a un esaltato automatismo o a un’attività triggerata. TECNICA. Prima della cardioversione elettiva, deve essere eseguito un attento esame obiettivo, con la palpazione di tutti i polsi. Un ECG a 12 derivazioni è ottenuto prima e dopo la cardioversione, come pure un tracciato del ritmo durante lo shock elettrico. Il paziente, che deve essere completamente informato della procedura, deve essere a digiuno e “metabolicamente equilibrato”; vale a dire che i gas ematici, il pH e gli elettroliti devono essere normali senza evidenza di tossicità di alcun farmaco. La sospensione della digitale diversi giorni prima della cardioversione elettiva nei pazienti senza evidenza clinica di intossicazione digitalica non è necessaria, sebbene i pazienti in cui si sospetti tossicità digitalica non debbano essere sottoposti a cardioversione fino a quando la digitalemia non venga corretta. La somministrazione di farmaci antiaritmici 1-2 giorni prima della cardioversione elettrica dei pazienti con fibrillazione atriale può convertire alcuni pazienti al ritmo sinusale, può aiutare a prevenire la ricorrenza di fibrillazione atriale una volta ristabilito il ritmo sinusale e valutare la tolleranza del paziente al farmaco. Le piastre auto-adesive nelle posizioni standard anteroapicale o posteroapicale mostrano impedenze transtoraciche Braun cap 30ok.indd 738 simili alle piastre tradizionali e sono utili nelle cardioversioni elettive o in situazioni in cui vi sia il tempo per la loro applicazione. Si possono usare piastre di 12-13 cm di diametro per trasmettere al cuore una corrente massima, ma i vantaggi di queste piastre rispetto a quelli di piastre di 8-9 cm di diametro non sono stati chiaramente stabiliti. Le piastre più larghe possono distribuire la corrente intracardiaca in un’area più ampia e ridurre la necrosi miocardica shock-indotta. Si utilizza uno shock elettrico sincronizzato (cioè, quello erogato durante il complesso QRS) per tutte le cardioversioni, tranne che per le tachiaritmie ventricolari molto rapide, quali il flutter ventricolare o la FV (Fig. 30-2). Anche se di solito è minimo, il danno miocardico correlato allo shock aumenta direttamente con l’incremento dell’energia applicata e quindi si deve usare l’energia minima efficace. Quindi, gli shock devono essere “regolati” se la situazione clinica lo permette. Tranne che nella fibrillazione atriale, gli shock nell’ambito di 25-50 joule arrestano con successo la maggior parte delle TSV e devono essere quindi provati inizialmente. Nel caso di insuccesso, può essere erogato un secondo shock ad energia più elevata. L’energia iniziale per interrompere la fibrillazione atriale con le macchine monofasiche più vecchie deve essere non inferiore a 100 joule, mentre con i nuovi sistemi bifasici sono efficaci anche piccole energie di 25 joule.53 L’energia erogata può essere aumentata in maniera graduale. Si possono utilizzare con sicurezza fino a 360 joule. Le piastre anteroposteriori hanno una maggiore efficacia interponendo una massa atriale maggiore nel vettore dello shock rispetto alle placche anteroapicali. Se con una scarica di 360 joule non si riesce a convertire al ritmo sinusale, shock ripetuti della stessa energia possono essere efficaci riducendo l’impedenza della parete toracica; allo stesso modo, può essere occasionalmente utile l’inversione della polarità delle piastre. La somministrazione di ibutilide si è dimostrata utile nel facilitare la cardioversione elettrica della fibrillazione atriale al ritmo sinusale. Se tutti i tentativi con cardioversione esterna non ottengono risultati, si può adottare la defibrillazione intracardiaca. Nei pazienti con TV stabile, possono essere impiegati livelli iniziali nel range di 25-50 joule. Se la tachicardia deve essere trattata con urgenza, si può iniziare con valori di energia più elevati. Per interrompere una FV, sono di solito utilizzati 100-200 joule (bifasici; 200-360 joule con i sistemi monofasici), benché energie molto più basse (<50 joule) interrompano una FV se lo shock è erogato all’esordio dell’aritmia, ad esempio usando piastre adesive nel laboratorio di elettrofisiologia. Durante la cardioversione in elezione, possono essere utilizzati un barbiturico a breve azione come il metoexitale, un anestetico come il propofol o un sedativo come il diazepam o il midazolam. Deve essere presente un medico esperto nella gestione delle vie aeree, bisogna ottenere una via venosa e devono essere monitorati l’ECG, la pulsossimetria e la pressione arteriosa. Tutto l’equipaggiamento per una rianimazione d’emergenza deve essere prontamente accessibile. Prima della cardioversione, si somministra ossigeno al 100% per 5-15 minuti mediante cannula nasale o maschera facciale, continuando poi durante tutta la procedura. Nei periodi di sedazione profonda, per evitare l’ipossia, è necessario ventilare manualmente il paziente. Un’adeguata sedazione del paziente sottoposto a cardioversione anche con criteri di urgenza è essenziale; i pazienti che, senza necessità, sono stati convertiti in stato di coscienza (per scarsa esperienza sul tipo di aritmia) hanno rifiutato ulteriori cure mediche antiaritmiche per la paura di essere di nuovo sottoposti a cardioversione senza un’appropriata sedazione. In più del 5% dei pazienti con fibrillazione atriale, il ritmo sinusale non può essere ripristinato con defibrillazione esterna, anche se vengono intraprese tutte le misure pretrattamento, inclusi l’ibutilide e lo shock bifasico. È importante distinguere tra l’incapacità a raggiungere un ritmo sinusale, che indica l’inadeguata erogazione di energia agli atri, e l’incapacità a 12-02-2007 12:09:05 Braun cap 30ok.indd 739 atriale meccanica dopo il ritorno della sistole atriale elettrica, 739 (8) fibrillazione atriale e blocco cardiaco avanzato, (9) chirurgia cardiaca programmata nel prossimo futuro e (10) intolleranza ai farmaci antiaritmici. Dopo la cardioversione, la ricomparsa della fibrillazione atriale è più probabile in pazienti con BPCO significativa, insufficienza cardiaca congestizia, valvulopatia mitralica (in particolare insufficienza mitralica), fibrillazione atriale di durata superiore a 1 anno e atrio sinistro ingrandito (>4,5 cm all’ecocardiogramma). Nei pazienti con flutter atriale, può essere difficile rallentare la frequenza ventricolare somministrando digitale o interrompere il flutter con un antiaritmico e la cardioversione elettrica è spesso il trattamento di scelta. In pazienti con altri tipi di TSV, la cardioversione elettrica può essere impiegata quando (1) le manovre vagali o il solo trattamento medico (p.es., adenosina EV e verapamil) non sono riusciti a interrompere la tachicardia e (2) il quadro clinico suggerisce che è necessario un rapido ripristino del ritmo sinusale a causa dello scompenso emodinamico o elettrofisiologico indotto dalla tachicardia. Similmente, nei pazienti con TV, le conseguenze emodinamiche ed elettrofisiologiche dell’aritmia determinano la necessità e l’urgenza di una cardioversione elettrica diretta. La defibrillazione elettrica è il trattamento iniziale di scelta per il flutter o la fibrillazione ventricolare. La tempestività è essenziale. Se, dopo il primo shock, non si verifica il ripristino del ritmo sinusale, deve essere utilizzata una maggiore energia. Se compare un’aritmia transitoria dopo uno shock inefficace, si deve somministrare un bolo di lidocaina prima di erogare una scarica di energia maggiore. Se il ritmo sinusale ritorna solo temporaneamente ed è immediatamente sostituito dalla tachicardia, si può tentare di ripetere lo shock, secondo il tipo di tachiaritmia da trattare e le sue conseguenze. La somministrazione di un antiaritmico endovena può essere utile prima di passare a una successiva cardioversione elettrica (come l’ibutilide nei casi resistenti di fibrillazione atriale). Dopo la cardioversione, il paziente deve essere monitorato, almeno fino alla ripresa completa dello stato di coscienza e preferibilmente per alcune ore dopo, a seconda della durata di recupero dalla forma particolare di sedazione o di anestesia usata. Se è stata utilizzata l’ibutilide, si deve monitorare l’ECG per almeno 8 ore per il rischio di comparsa di torsioni di punta nelle prime ore dalla somministrazione. RISULTATI. La cardioversione ripristina il ritmo sinusale nel 70-95% dei pazienti, a seconda del tipo di tachiaritmia. Tuttavia, il ritmo sinusale è stabile dopo 12 mesi in meno di un terzo o metà dei pazienti con fibrillazione atriale cronica. Quindi, una volta ristabilito il ritmo sinusale, il problema più difficile è mantenerlo e non interrompere immediatamente la tachicardia. La probabilità di mantenere il ritmo sinusale si basa sul tipo di aritmia, sulla presenza di una malattia cardiaca sottostante e sulla risposta alla terapia farmacologica antiaritmica. Le dimensioni atriali diminuiscono dopo l’interruzione della fibrillazione atriale e il ripristino del ritmo sinusale e migliorano le capacità funzionali. COMPLICANZE. Le aritmie ventricolari indotte dalla cardioversione elettrica sono generalmente provocate da un’inadeguata sincronizzazione, quando lo shock è somministrato durante il tratto ST o l’onda T. Talvolta, anche uno shock propriamente sincronizzato può produrre una fibrillazione ventricolare (Fig. 30-2). Le aritmie postshock di solito sono transitorie e non richiedono una terapia. Episodi embolici sono descritti nell’1-3% dei pazienti convertiti da fibrillazione atriale a ritmo sinusale. Un’anticoagulazione preventiva (International Normalized Ratio, INR, 2,0-3,0) per almeno 3 settimane deve essere utilizzata nei pazienti che non hanno controindicazioni per tale terapia e che hanno avuto una fibrillazione atriale di durata superiore a 2-3 giorni oppure di durata indeterminata. Ciò vale soprattutto per pazienti ad alto rischio di embolia, come quelli con stenosi mitralica e fibrillazione atriale di recente insorgenza, storia di embolia recente o reci- Terapia delle aritmie cardiache mantenere il ritmo sinusale dopo una transitoria interruzione della fibrillazione; quest’ultima condizione (precoce reinizio della fibrillazione atriale) non risponde a shock con energie più elevate perché la fibrillazione è già stata interrotta (ma recidiva rapidamente). Il pretrattamento con farmaci antiaritmici aiuta a mantenere il ritmo sinusale dopo shock successivi. I pazienti in cui non si riesce a interrompere la fibrillazione con uno shock esterno tendono a essere estremamente obesi o hanno una grave malattia ostruttiva polmonare. In questi casi, la cardioversione interna può essere eseguita utilizzando appositi cateteri muniti di grandi elettrodi multipli che ricoprono diversi centimetri della parte distale del catetere, al fine di distribuire l’energia dello shock. Impiegando un accesso percutaneo standard, questi cateteri possono essere localizzati nella porzione laterale dell’atrio destro e nel seno coronarico, per ottenere un vettore scarica che attraversi la maggior parte della massa atriale. Con tali configurazioni, shock interni di 2-15 joule possono interrompere la fibrillazione atriale in più del 90% dei pazienti con aritmia refrattaria allo shock per via transtoracica. È stata anche descritta una cardioversione transesofagea. INDICAZIONI. Di norma, ogni aritmia che determina ipotensione, insufficienza cardiaca congestizia o angina e non risponde prontamente alla terapia medica deve essere interrotta con cardioversione elettrica. Frequenze ventricolari molto rapide in pazienti con fibrillazione atriale e sindrome di WolffParkinson-White sono spesso trattate meglio con cardioversione elettrica. In quasi tutti i casi, lo stato emodinamico del paziente migliora dopo la cardioversione. Solo raramente, dopo lo shock il paziente può avere ipotensione, riduzione della portata cardiaca o insufficienza cardiaca congestizia. Questo problema è correlato alle complicanze della cardioversione, come eventi embolici, depressione miocardica secondaria agli anestetici o allo shock stesso, ipossia, mancanza del ripristino della contrazione dell’atrio sinistro nonostante il ritorno della sistole elettrica atriale o ad aritmie postshock. La cardioversione elettrica diretta delle tachiaritmie indotte da digitale è controindicata. I candidati idonei alla cardioversione elettrica della fibrillazione atriale comprendono i pazienti che (1) presentano una fibrillazione atriale sintomatica di durata inferiore a 12 mesi e possono avere significativi benefici emodinamici con il ritorno al ritmo sinusale, (2) persistenza di fibrillazione atriale dopo che i fattori precipitanti sono stati rimossi (p.es., dopo il trattamento della tireotossicosi) e (3) una rapida frequenza ventricolare, difficile da controllare. Nei pazienti con indicazioni a terapia cronica con warfarin come prevenzione dell’ictus, la speranza di evitare l’anticoagulazione ripristinando il ritmo sinusale non è un motivo per tentare la cardioversione poiché restano ad alto rischio per eventi tromboembolici. Numerosi e ampi studi54 hanno dimostrato che il mantenimento del ritmo sinusale non conferisce alcun vantaggio di sopravvivenza rispetto alla strategia di trattamento con solo controllo della frequenza e anticoagulazione; quindi, non in tutti i pazienti con fibrillazione atriale di recente diagnosi è giustificato un tentativo di ripristino del ritmo sinusale. Il trattamento deve essere determinato individualmente. I candidati non idonei includono i pazienti con (1) tossicità digitalica, (2) assenza di sintomi e una frequenza ventricolare ben controllata senza terapia, (3) disfunzione del nodo del seno e varie tachiaritmie sopraventricolari instabili o bradiaritmie (spesso la sindrome bradicardia-tachicardia) che alla fine sviluppano e mantengono una fibrillazione atriale (che in pratica rappresenta una “cura” per la malattia del nodo del seno), (4) scarso o assente miglioramento della sintomatologia con ritmo sinusale che rapidamente si riconverte a fibrillazione atriale dopo cardioversione nonostante la terapia farmacologica, (5) un atrio sinistro dilatato e una fibrillazione atriale di lunga durata, (6) episodi sporadici di fibrillazione atriale che si converte spontaneamente in ritmo sinusale, (7) assenza di sistole 12-02-2007 12:09:06 740 divante, con protesi valvolari artificiali, un cuore di dimen- Capitolo 30 sioni aumentate (ipertrofia atriale sinistra) o insufficienza cardiaca congestizia. (È importante notare che 3 settimane di anticoagulazione terapeutica non equivalgono a somministrare semplicemente warfarin per 3 settimane.) Si raccomanda un’anticoagulazione con warfarin per almeno 4 settimane successive, poiché il ripristino della funzione meccanica dell’atrio può avvenire in ritardo rispetto al ripristino della sistole elettrica e si possono ancora formare trombi in atri in gran parte acinetici, sebbene elettrocardiograficamente in ritmo sinusale. Escludere la presenza di un trombo atriale sinistro mediante ecocardiografia transesofagea, non sempre evita l’embolizzazione dopo cardioversione della fibrillazione atriale. Trombi atriali possono essere presenti in tachiaritmie atriali diverse dalla fibrillazione, quali flutter atriale e TA nei pazienti con malattie cardiache congenite.55 Le stesse raccomandazioni sulla anticoagulazione pre- e post-cardioversione si applicano a questi pazienti così come in quelli con fibrillazione atriale. Nonostante negli animali sia stato dimostrato che la cardioversione elettrica causa una lesione miocardica, gli studi compiuti nell’uomo indicano che l’innalzamento degli enzimi miocardici dopo la cardioversione non è frequente. Il sopraslivellamento del segmento ST (a volte molto evidente) si può verificare immediatamente dopo la cardioversione e può restare per 1-2 minuti, anche se gli enzimi cardiaci e la scintigrafia miocardica sono negativi. Un sopraslivellamento ST che duri più di 2 minuti di solito indica un danno miocardico non correlato allo shock elettrico. Dopo cardioversione di una TV, può comparire una diminuzione di K+ e Mg2+ nel siero. La cardioversione di una TV può essere ottenuta anche con un pugno sul torace. Il suo meccanismo di interruzione è probabilmente correlato a un PVC indotto meccanicamente che interrompe una tachicardia ed è probabilmente correlato a una commotio cordis (Cap. 75). Il pugno toracico non può essere temporizzato molto bene e probabilmente è efficace solo se dato durante un periodo non refrattario del ciclo cardiaco. Il pugno toracico può modificare una TV e può probabilmente indurre un flutter ventricolare o una FV, se questo si verifica nel periodo vulnerabile dell’onda T. Poiché la probabilità di convertire una TV stabile a una FV è lievemente maggiore di quella di convertire una TV al ritmo sinusale, la percussione del torace non va tentata se non è prontamente disponibile un defibrillatore. Dispositivi elettrici impiantabili per il trattamento delle aritmie cardiache a contatto con questo tessuto. Dopo aver raggiunto uno stabile posizionamento del catetere e dopo aver effettuato registrazioni adeguate, la RF è erogata tra la punta del catetere e un elettrodo indifferente, generalmente un dispositivo tipo piastra da elettrobisturi posto sulla cute della coscia del paziente. Dato che le energie nella porzione RF dello spettro elettromagnetico sono scarsamente condotte dal tessuto cardiaco, l’energia a RF, di fatto, causa un riscaldamento resistivo delle cellule nelle strette vicinanze dell’estremità del catetere (cioè, queste cellule trasducono l’energia elettrica in energia termica). Quando la temperatura del tessuto supera i 50°C, si verifica un danno cellulare irreversibile con la morte del tessuto miocardico. Un fronte espansivo di calore si propaga dalla zona di riscaldamento resistivo mentre continua l’emissione di RF, determinando una lesione emisferica omogenea di necrosi coagulativa per un raggio di 3-5 mm (Fig. 30-3). Il riscaldamento RF-indotto di tessuto con caratteristiche di automatismo intrinseco (fascio di His, focolai automatici di tachicardie), determina un’accelerazione del ritmo, mentre l’erogazione di RF durante un’aritmia da rientro causa solitamente un rallentamento e l’interruzione dell’aritmia stessa. Nella maggior parte dei casi, l’erogazione di RF è indolore, benché l’ablazione di tessuto atriale o di tessuto ventricolare destro possa risultare fastidiosa per alcuni pazienti. ABLAZIONE CON RF CON CATETERE A PUNTA RAFFREDDATA. Vi sono situazioni in cui il catetere può essere posizionato nella sede corretta, ma l’energia convenzionale erogata con RF è incapace di eliminare la tachicardia. In alcuni di questi casi, l’ammontare del danno (sia in profondità sia in larghezza) causata dalle RF è inadeguato. Usando RF standard, l’erogazione d’energia è di solito regolata per mantenere una temperatura prestabilita dell’estremità del catetere (tipicamente 55°-70°C). Temperature dell’estremità maggiori di 90°C sono associate a coagulazione di elementi del sangue sull’elettrodo, il che preclude la possibilità di erogare ulteriore energia e potrebbe anche causare un distacco del coagulo e una embolia. Raffreddando l’estremità del catetere, sia mediante una circolazione interna di liquido o con infusione continua di liquido attraverso la punta dell’elettrodo, è possibile prevenire un eccessivo riscaldamento della punta ed erogare una maggiore energia, creando così lesioni di maggiori dimensioni aumentandone potenzialmente l’efficacia. L’ablazione tramite cateteri con punta irrigata è stata usata con buon vantaggio nei casi in cui il catetere da ablazione standard (estremità di 4 mm) ha fallito, e anche come terapia primaria nel flutter atriale e alcuni casi di TV associata a patologia cardiaca strut- I dispositivi impiantabili che monitorano il ritmo cardiaco e possono erogare stimoli competitivi di pacing e shock elettrici ad alta o bassa energia sono stati utilizzati efficacemente in casi selezionati e sono discussi in dettaglio nel Capitolo 31. Terapia ablativa delle aritmie cardiache Lo scopo della terapia ablativa con catetere è quello di distruggere il tessuto miocardico erogando energia elettrica tramite elettrodi posti su di un catetere posizionato vicino a un’area dell’endocardio integralmente correlata all’insorgenza o al mantenimento di un’aritmia o a entrambi. La prima procedura di ablazione transcatetere è stata eseguita utilizzando uno shock a corrente continua, ma questa fonte di energia è stata quasi completamente soppiantata dall’energia a radiofrequenza (RF), che è erogata da un generatore esterno e distrugge il tessuto per mezzo di una produzione controllata di calore.56 Sono state usate, ma non frequentemente, fonti di energia laser e a microonde; l’ablazione con catetere criotermico è stato approvato per l’uso nell’uomo.57 Una volta identificato il tessuto bersaglio allo SEF, la punta del catetere ablatore viene portata Braun cap 30ok.indd 740 FIGURA 30–3 Lesione da radiofrequenza nel miocardio ventricolare umano (cuore espiantato al momento del trapianto). Era stata eseguita un’applicazione di 30 secondi di energia nella sede indicata dalle frecce usando la punta del catetere mostrato. La lesione è di 5 mm di diametro e ha una bordo chiaro. Una depressione centrale nella lesione deriva dalla parziale essiccazione del tessuto. 12-02-2007 12:09:06 turale, in cui un’ulteriore lesione su aree già danneggiate non è pericolosa e può essere necessaria per raggiungere gli effetti desiderati.58 La crioablazione con catetere causa un danno tissutale per congelamento delle strutture cellulari. Il protossido di azoto viene erogato alla punta del catetere, dove può gorgogliare, raffreddando la punta dell’elettrodo, dopo di che il gas è convogliato indietro alla consolle di erogazione. La temperatura della punta del catetere può essere regolata, raffreddando fino a -70°C. Il raffreddamento a 0°C provoca una perdita funzionale reversibile e può essere usato come test diagnostico (cioè, interruzione di una tachicardia quando il catetere è in contatto con un gruppo di cellule critiche per la sua perpetuazione). La punta del catetere può essere raffreddata più profondamente per causare lesioni permanenti e quindi trattare l’aritmia. La crioablazione sembra causare minori danni endocardiaci e può quindi generare un minor rischio di tromboembolia successiva all’ablazione.59 in una regione corrispondente, ma che possono essere ablate soltanto attraverso un approccio sinistro, sono chiamate vie mediosettali sinistre. Le vie posterosettali destre si inseriscono lungo l’anello tricuspidalico nelle immediate vicinanze dell’ostio del seno coronarico, mentre le vie posterosettali sinistre sono vicine alla parte terminale del seno coronarico e possono essere localizzate in una sede subepicardica intorno al seno 741 1 3 V1 V6 ADA Hisdist SCprox Terapia delle aritmie cardiache ABLAZIONE CON CATETERE A RADIOFREQUENZA DI VIE ACCESSORIE LOCALIZZAZIONE DELLE VIE ANOMALE. La sicurezza, l’efficacia e il rapporto costo-beneficio dell’ablazione con RF di una via accessoria AV hanno reso l’ablazione il trattamento di scelta per la maggior parte dei pazienti adulti e per molti pazienti pediatrici con tachicardie da rientro AV (TRAV) o flutter/fibrillazione atriale associati a una risposta ventricolare rapida attraverso la via accessoria.Tuttavia, il fatto che la dimensione della lesione, se la RF è erogata in un cuore immaturo, può aumentare quando questo cresce, rende incerta la valutazione a lungo termine dell’ablazione con RF nei pazienti molto giovani. La RF ha sostituito lo shock elettrico diretto come fonte di energia di scelta. Un SEF è eseguito preventivamente per stabilire se la via accessoria è parte del circuito della tachicardia o è capace di determinare una conduzione AV rapida nel corso della fibrillazione atriale e al fine di localizzare la via accessoria (il sito ottimale per ablazione). Le vie accessorie possono essere localizzate nella parte destra o sinistra della parete libera o del setto del cuore (Fig. 30-4). Le vie accessorie settali sono ulteriormente classificate come anterosettali, mediosettali e posterosettali. Raramente le vie parahissiane possono essere distinte da quelle anterosettali. Le localizzazioni mediosettali sono da considerare delle vere vie settali, mentre quelle definite anterosettali generalmente non hanno alcuna connessione con il setto ma sono situate anteriormente lungo il corpo fibroso centrale o il trigono fibroso destro, a livello della parete libera anteriore destra. Le vie classificate come posterosettali sono localizzate posteriormente al corpo fibroso centrale entro il cosiddetto spazio piramidale, che è delimitato dal processo posteriore-superiore del ventricolo sinistro e dal versante inferomediale di entrambi gli atri. Le vie anterosettali si trovano nelle vicinanze del fascio di His e il potenziale d’attivazione di una via accessoria, così come il potenziale del fascio di His possono essere registrati simultaneamente attraverso un catetere posizionato nella regione del fascio di His. Le vie mediosettali sono classificate come mediosettali destre se un potenziale di una via accessoria è registrato attraverso un catetere situato nell’area delimitata anteriormente dalla punta dell’elettrodo del catetere del fascio di His e posteriormente dall’ostio del seno coronarico. Le vie localizzate SCdist AVD Abluni Ablbi 200 msec Tempo A 1 3 V1 V6 ADA Hisdist SCprox SCdist AVD Ablbi RFWatts 500 msec Tempo B Anteriore Anterolaterale Anteriore Anterosettale His Nodo AV Laterale Anterolaterale Orifizio mitralico Laterale Orifizio tricuspidale Mediosettale Posterolaterale Posteriore Seno coronarico Posterolaterale Posteriore Posterosettale FIGURA 30–4 Localizzazioni di vie accessorie per regione anatomica. Gli anelli valvolari tricuspidalico e mitralico sono disegnati in una proiezione anteriore obliqua sinistra. Sono mostrate le localizzazioni del seno coronarico, del nodo AV e del fascio di His. Vie accessorie possono connettere il miocardio atriale a quello ventricolare in ognuna delle regioni mostrate. AV = atrioventricolare. Braun cap 30ok.indd 741 FIGURA 30–5 Sindrome di Wolff-Parkinson-White. Sono mostrate derivazioni di ECG di superficie 1, 3, V1 e V6 insieme a registrazioni intracardiache dall’atrio destro alto (ADA), dalla regione distale del fascio di His (Hisdist ), dal seno coronarico prossimale (SCprox ) e distale (SCdist ), dall’apice del ventricolo destro (AVD) e gli elettrodi unipolare (AbIuni) e bipolare (AbIbi) del catetere ablatore. Sono anche mostrate le potenze di radiofrequenza in watt (RFWatt). A, Due battiti di pacing atriale sono condotti lungo la via accessoria (frecce blu nella registrazione da Ablbi, dalla sede della via accessoria) che provocano un’onda delta sull’elettrocardiogramma; uno stimolo atriale prematuro (centro) incontra la via accessoria in stato di refrattarietà (freccia rossa) conducendo quindi lungo il nodo AV e il fascio di His, determinando un complesso QRS stretto e dando inizio a un episodio di tachicardia AV da rientro. Dopo ogni complesso QRS stretto vi è una deflessione atriale, la cui porzione più precoce è registrata nel sito di ablazione (frecce verdi). B, L’ablazione di questa via è effettuata erogando energia a radiofrequenza (RF) dalla punta del catetere ablatore. La freccia blu indica l’inizio della erogazione di radiofrequenza; dopo due complessi QRS, l’onda delta viene bruscamente persa (freccia verde in derivazione 3) a causa dell’eliminazione della conduzione lungo la via accessoria. L’inversione dell’onda T nella derivazione 3 è dovuta alla “memoria” (Cap. 32). 12-02-2007 12:09:08 742 Capitolo 30 determinato individuando la sede dell’inizio più precoce del ventricologramma in rapporto all’inizio 1 dell’onda delta. Altri utili elementi sono le registrazioni unipolari non 2 filtrate che registrano un’onda QS e il più breve tempo di conduzione durante una massima preV1 eccitazione. Un ampio potenziale ventricolare, sincrono con l’inizio dell’onda delta, può rappresentare V6 un sito bersaglio nella pre-eccitazione sinistra, mentre si può trovare un’eccitazione ventricolare ADA precoce in rapporto all’onda delta A A A V V per la pre-eccitazione destra. L’inV serzione in sede atriale di vie maniH H H feste o occulte (cioè, un’onda delta Hisdist rispettivamente presente o assente) può essere identificata localizzando AH 145 msec il sito che mostra il più breve interSCdist vallo ventricolo-atriale durante con260 msec 500 msec s s s duzione retrograda attraverso una via accessoria. Per determinare la AVD sede ottimale, sono state inoltre utilizzate l’interruzione meccanica Tempo riproducibile della conduzione di 300 msec una via accessoria durante la manipolazione con catetere e la stimoA lazione sottosoglia. In ogni caso, si devono evitare i traumi accidentali da catetere, poiché possono “far scomparire” il reale obiettivo per 1 periodi prolungati. L’ecocardiografia intracardiaca può essere utile, a volte, nel delineare un’anatomia 2 atipica, guidare una puntura transettale per un accesso sinistro e V1 nel determinare l’adeguatezza del contatto del catetere nella sede di ablazione. V6 Le vie accessorie sinistre sovente attraversano obliquamente l’anulus mitralico. Di conseguenza, il più precoce sito di attivazione atriale ADA A A A V V A A retrograda e quello di più precoce A attivazione ventricolare anteroV grada non giacciono sullo stesso V V H H H H H piano del solco AV. L’identificazione Hisdist del sito dell’attivazione atriale più precoce si fa generalmente in corso AH 210 msec di una TRAV ortodromica oppure SCdist 250 msec 500 msec nel corso della stimolazione vens s s tricolare relativamente veloce, così che la conduzione retrograda, che AVD passa attraverso il nodo AV, non maschera la sede dell’attivazione Tempo atriale precoce. B I siti di un’ablazione efficace devono mostrare caratteristiche FIGURA 30–6 Rientro nel nodo atrioventricolare (AV). A, Due complessi atriali stimolati dal seno coronarico (SC) sono fluoroscopiche ed elettriche staseguiti da uno stimolo atriale prematuro con intervallo d’accoppiamento 260 millisecondi, determinando un intervallo AH bili. Durante il ritmo sinusale, l’atdi 145 millisecondi. B, La stessa stimolazione atriale è seguita da un extrastimolo atriale di 10 millisecondi più precoce tivazione ventricolare locale nel di prima (250 millisecondi). Ne risulta un marcato aumento dell’intervallo AH fino a 210 millisecondi, dopo il quale segue sito di ablazione efficace precede una tachicardia di rientro nel nodo AV, poiché l’extrastimolo incontra un blocco nella via “rapida” del nodo AV, conduce l’inizio dell’onda delta dell’ECG di sulla via “lenta” e quindi torna indietro lungo la via veloce in modo ripetitivo. Le frecce rosse indicano elettrogrammi 10-35 millisecondi; durante la TRAV atriali coincidenti con i complessi QRS, caratteristici del più comune tipo di rientro del nodo AV. Sigle come nelle figure ortodromica, l’intervallo tra l’inizio precedenti. dell’attivazione ventricolare in ogni derivazione e l’attivazione atriale locale è di solito di 70-90 millisecondi (Fig. 30-5). Quando sono impiegati cateteri con punte a controllo della coronarico prossimale, in una vena cardiaca media o nel diverticolo del temperatura o termistori, un rialzo stabile della temperatura della punta seno coronarico o in sede subendocardica, lungo il versante ventricolare del catetere è un utile indicatore della stabilità e dell’adeguato contatto dell’anulus mitralico. Le vie accessorie di tutte le sedi e in tutti i gruppi del catetere al tessuto.60 In queste condizioni, la temperatura supera gedi età possono essere ablate con successo.Vie anomale multiple si riscontrano nel 5% circa dei pazienti. Occasionalmente, le vie a localizzazione neralmente i 50°C. Gli approcci retrogrado transaortico e transettale sono epicardica sono più facili da raggiungere dall’interno del seno coronastati utilizzati con uguale successo per l’ablazione di vie accessorie situate rico. Raramente, vie accessorie possono connettere un’auricola atriale con lungo l’anulus mitralico. Uno SEF di routine eseguito diverse settimane l’adiacente epicardio ventricolare, 2 cm o più dal solco AV (Cap. 32). dopo la procedura non è generalmente indicato, ma va preso in consideSITO DELL’ABLAZIONE. Il sito ottimale per l’ablazione può essere razione nei pazienti che presentano recidive di onde delta o sintomi di localizzato per mezzo di registrazioni dirette della via anomala (Fig. 30-5), tachicardia. La crioablazione transcatetere può essere utile in pazienti con sebbene deflessioni che mimano i potenziali delle vie accessorie possano le vie accessorie settali (localizzate vicino al sistema di conduzione AV). essere registrate in altre sedi. Il sito d’inserzione ventricolare può essere Con questo sistema, la punta del catetere e il tessuto vicino possono es- Braun cap 30ok.indd 742 12-02-2007 12:09:08 TSV “lenta-veloce” TSV “veloce-lenta” 743 TSV “lenta-lenta” 1 3 V1 LC 430 msec V6 LC 480 msec A LC 540 msec A A ADA V Hisprox H AH 375 msec AH 285 msec AH 88 msec HA 55 msec H Hisdist V HA 392 msec V H HA 255 msec CSmid AVD Tempo 300 msec FIGURA 30–7 Tre varianti di tachicardia sopraventricolare (TSV) da rientro del nodo atrioventricolare (AV) nello stesso paziente. Registrazioni come in altre figure. La metà di sinistra della figura mostra il tipo più comune di TSV del nodo AV (via anterograda lenta, retrograda rapida); l’attivazione atriale coincide con l’attivazione ventricolare. Il riquadro centrale mostra un rientro del nodo AV “atipico”, con conduzione attraverso una via anterograda rapida e conduzione retrograda lungo una via lenta. Una varietà rara è mostrata nel riquadro di destra, caratterizzata da conduzione anterograda lungo una via lenta e retrograda lungo una seconda via lenta. Notare la somiglianza delle sequenze di attivazione atriale nelle ultime due (seno coronarico prima dell’atrio destro), differenti da quella di rientro del nodo AV lento-rapido (attivazione del seno coronarico e atrio destro quasi simultanea). Notare anche i differenti rapporti P-QRS, da attivazione simultanea (sinistra, breve intervallo RP) con onda P davanti a QRS (in mezzo, lungo intervallo RP) e con onda P a metà strada nel ciclo cardiaco (destra). LC = lunghezza del ciclo. sere reversibilmente raffreddati per testare un sito potenziale. Se la conduzione attraverso una via accessoria non riesce mentre è conservata la normale conduzione AV, si esegue un maggior raffreddamento nel sito per completare l’ablazione. Se, invece, la conduzione AV normale è danneggiata, permettere al catetere di riscaldarsi consente di evitare danni permanenti. Pazienti con vie accessorie atriofascicolari presentano connessioni costituite da una porzione prossimale, responsabile del ritardo di conduzione e della conduzione decrementale, e un lungo segmento distale situato lungo la superficie endocardica della parete libera del ventricolo destro con proprietà elettrofisiologiche simili a quelle della branca destra. La porzione distale della via accessoria atriofascicolare destra può inserirsi nella regione apicale della parete libera del ventricolo destro a stretto contatto con la parte distale della branca destra, con la quale può essere in realtà fusa. Le vie accessorie atriofascicolari destre possono rappresentare effettivamente una duplicazione del sistema di conduzione AV e possono essere localizzate per l’ablazione tramite la registrazione dei potenziali della componente distale rapida di conduzione, che attraversa l’anulus tricuspidale (analogo al fascio di His) e che si estende fino alla regione apicale della parete libera del ventricolo destro. I tentativi di Braun cap 30ok.indd 743 Terapia delle aritmie cardiache SCprox 1 3 V1 V6 ADA A Hisprox Hisdist H V H V A H V A A H V H V A H V A CSprox Abl1–2 Abl3–4 AVD RFWatts 500 msec Tempo FIGURA 30–8 Modificazione della via lenta del nodo atrioventricolare (AV) per la terapia della tachicardia sopraventricolare da rientro del nodo AV. Registrazioni come nelle precedenti figure. La registrazione del catetere ablatore (freccia in Abl1-2) mostra una deflessione frazionata tra componenti di elettrogrammi atriale e ventricolare; ciò può rappresentare la deflessione della via lenta del nodo AV (ma non la deflessione del fascio di His, che è invece registrata da un catetere separato distante 15 mm). Poco dopo l’inizio dell’erogazione della radiofrequenza (freccia in RFWatts), parte un ritmo giunzionale accelerato che gradualmente accelera ulteriormente. La conduzione retrograda è presente durante il ritmo giunzionale. Abl3-4 = registrazione dall’elettrodo prossimale del catetere ablatore. 12-02-2007 12:09:09 744 ablazione devono essere fatti prossimalmente per evitare di ablare inavvertitamente la branca destra distale, evenienza che può essere in realtà proaritmica e creare una tachicardia incessante per l’allungamento del circuito di rientro. Capitolo 30 Indicazioni. L’ablazione delle vie accessorie è indicata in pazienti con TRAV sintomatiche resistenti ai farmaci antiaritmici o in caso di inefficacia o mancata compliance del paziente alla terapia farmacologica a lungo termine. È altresì indicata nei pazienti con FA (o altre tachiaritmie atriali) e una rapida risposta ventricolare attraverso la via accessoria, quando la tachicardia è farmaco-resistente o nel caso di scarsa tolleranza o mancata compliance del paziente alla terapia farmacologica a lungo termine. Altri candidati potenziali sono i pazienti con TRAV o FA con rapida risposta ventricolare identificati durante uno SEF fatto per un’altra aritmia; pazienti asintomatici con pre-eccitazione ventricolare il cui stile di vita, la professione, importanti attività lavorative, l’assicurabilità, lo stato mentale o la sicurezza pubblica sono messi in pericolo da tachicardie spontanee o dalla presenza di anomalie elettrocardiografiche; pazienti con fibrillazione atriale e con risposta ventricolare controllata dalla via anomala; pazienti con anamnesi familiare di morte cardiaca improvvisa. Non tutti i pazienti con vie accessorie hanno bisogno del trattamento; tuttavia, l’ablazione mostra una percentuale talmente alta di successo e una bassa incidenza di complicanze che in molti centri i pazienti che necessitano di qualsiasi tipo di terapia sono stati reclutati per l’ablazione transcatetere. Risultati. Dai risultati di una prima indagine condotta dalla North American Society of Pacing and Electrophysiology (NASPE),61 si è ottenuta un’ablazione efficace delle vie accessorie della parete libera sinistra in 2312 su 2527 casi (91%), delle vie accessorie settali in 1115 su 1279 (87%) e delle vie accessorie della parete libera destra in 585 su 715 (82%). Complicanze significative si sono verificate in 94 su 4521 pazienti (2,1%) e ci sono stati 13 decessi legati alla procedura su 4521 casi (0,2%). Un aggiornamento di questa indagine ha registrato soltanto 651 casi di ablazione di una via accessoria, nei quali l’ablazione è stata ottenuta nel 94% con un tasso di complicanze del 2% e nessun decesso.62 In Europa, il tasso di complicanze è stato del 4,4%, con tre decessi su 2222 casi.49 Un ampio studio su pazienti in cui è stato utilizzato un sistema di ablazione a temperatura controllata ha presentato un analogo tasso di successo (successi totali, 398 su 465 [93%] con l’8% di recidiva).60 MODIFICAZIONI CON CATETERE A RADIOFREQUENZA DEL NODO AV PER LE TACHICARDIE DA RIENTRO NODALE. Il rientro del nodo AV è una causa comune di episodi di TSV. Nonostante le controversie ancora esistenti riguardo la natura esatta del circuito della tachicardia, molte prove indicano che sono coinvolte due vie nella regione del nodo AV, una con conduzione relativamente veloce ma con lunga refrattarietà, l’altra con refrattarietà più breve, ma conduzione più lenta.64 I PAC possono incontrare la refrattarietà nella via rapida, condurre lungo la via lenta e rientrare nella via rapida per via retrograda, dando inizio a una TSV reciprocante nel nodo AV (Fig. 30-6). Sebbene questa sia la presentazione più comune del rientro nel nodo AV, alcuni pazienti presentano quella che sembra essere una propagazione in questo circuito nella direzione opposta (rapida anterograda, lenta retrograda) e altri una varietà “lenta-lenta”. Due o più di queste varianti possono coesistere nello stesso paziente (Fig. 30-7). ABLAZIONE DELLA VIA RAPIDA. L’ablazione può essere eseguita per annullare la conduzione nella via rapida o in quella lenta. Nell’ablazione della via rapida, la punta dell’elettrodo è posizionata lungo l’asse nodo AVfascio di His nella parte anterosuperiore dell’anulus tricuspidale. Il catetere viene ritirato gradualmente finché l’ampiezza dell’atriogramma divenga uguale o superiore a quella del ventricologramma e la registrazione del fascio hissiano sia assente o estremamente piccola (0,05 mV). Durante l’erogazione dell’energia, l’ECG è monitorato per il prolungamento del PR Braun cap 30ok.indd 744 e per il verificarsi del blocco AV o per entrambi. Se durante l’erogazione di energia a RF si osserva la comparsa di un ritmo giunzionale accelerato, è necessario stimolare l’atrio a frequenze più elevate per assicurare l’integrità della conduzione AV. L’impulso RF iniziale è erogato a 15-20 watt per 10-15 secondi e viene poi gradualmente incrementato. Gli obiettivi sono il prolungamento del PR, l’eliminazione di una via di conduzione retrograda rapida e la mancata inducibilità di TRNAV. Una tecnica alternativa consiste nell’applicare la corrente RF nel punto di attivazione atriale retrograda più precoce durante la tachicardia. La corrente RF deve essere sospesa se l’intervallo PR si prolunga per più del 50% oppure se si verifica blocco AV. Allo stato attuale, l’ablazione della via rapida è realizzata solo raramente perché si associa a un prolungato intervallo PR, una più alta percentuale di recidive (10-15%) e a un rischio di blocco AV completo lievemente maggiore (2-5%) rispetto all’ablazione di una via lenta. Una rara circostanza in cui si può preferire l’ablazione della via rapida è quella di pazienti che hanno un intervallo PR fortemente prolungato a riposo e assenza di segni di conduzione anterograda di una via rapida. In questi casi, l’ablazione della via anterograda lenta può produrre un blocco AV completo, mentre l’ablazione della via rapida retrograda può eliminare la TSV senza alterare la conduzione AV. ABLAZIONE DELLA VIA LENTA. La via lenta può essere individuata mediante mappaggio della regione posteromediale dell’anello tricuspidale vicino all’ostio del seno coronarico. Si ottengono registrazioni di elettrogrammi con un rapporto atriogramma/ventricologramma inferiore a 0,5 e con o un elettrogramma atriale frammentato o una registrazione di un possibile potenziale della via lenta;65 Quando si usa un approccio anatomico, le sedi sono selezionate fluoroscopicamente. Una singola applicazione RF è sufficiente nella maggior parte dei casi, ma in altri possono essere necessarie lesioni RF seriali, a cominciare dal sito più posteriore (vicino all’ostio del seno coronarico) e procedendo verso i siti più anteriori (più vicino al sito di registrazione del fascio di His). Un ritmo giunzionale accelerato (Fig. 30-8) si manifesta generalmente quando l’energia della RF è applicata a una sede che indurrà l’eliminazione efficace della TSV. Le percentuali di successo con l’approccio anatomico o con mappaggio elettrografico sono equivalenti e il più delle volte sono utilizzati entrambi, comportando tassi di successo intorno al 100%, con meno dell’1% di possibilità di blocco cardiaco completo. Per la terapia della TRNAV è stata usata con risultati eccellenti la crioablazione transcatetere.66 In teoria, la possibilità di “criomappaggio” (testare potenziali siti per il blocco delle vie lente con raffreddamento moderato e reversibile) dovrebbe eliminare quasi del tutto il rischio di blocco AV con l’ablazione. L’ablazione della via lenta provoca un incremento nella durata del ciclo di blocco AV anterogrado e dell’ERP del nodo AV senza che si verifichi una modificazione dell’intervallo AH o delle proprietà di conduzione retrograda del nodo AV. I pazienti in cui la conduzione della via lenta è completamente eliminata non presentano quasi mai recidive di TSV; circa il 40% dei pazienti può avere evidenze di una residua funzionalità della via lenta dopo l’eliminazione efficace di una TRNAV sostenuta (in genere manifestata come doppia fisiologia del nodo AV ed eco singolo del nodo AV durante l’extrastimolazione atriale). L’obiettivo più sicuro nell’ablazione della via lenta è l’eliminazione della TRNAV sostenuta, con o senza infusione di isoproterenolo. Le recidive di TRNAV si verificano in circa il 5% dei pazienti dopo l’ablazione della via lenta. In alcuni pazienti, la ERP della via rapida diminuisce dopo l’ablazione della via lenta, probabilmente a causa dell’interazione elettrotonica tra le due vie. Forme atipiche di rientro possono manifestarsi dopo l’ablazione, così come una denervazione parasimpatica apparente, che determina una tachicardia sinusale inappropriata. Allo stato attuale, l’approccio della via lenta è il metodo preferito per l’ablazione della TRNAV tipica. L’ablazione della via lenta è un metodo sicuro ed efficace anche per trattare le TRNAV atipiche. Nei pazienti con TRNAV sottoposti ad ablazione della via lenta, la presenza di ectopie giunzionali durante l’applicazione dell’energia a RF è un indicatore sensibile ma non specifico di ablazione efficace, che si verifica nelle lesioni più lunghe nei siti bersaglio efficaci più che nei siti inefficaci. Una conduzione ventricoloatriale è probabile durante l’ectopia giunzionale e una scarsa conduzione ventricoloatriale o un vero blocco è predittivo di un blocco AV anterogrado in pazienti sottoposti ad ablazione RF della via lenta. Il ritmo giunzionale ectopico è dovuto a riscaldamento del nodo AV e non si verifica con la crioablazione. Indicazioni. L’ablazione con catetere RF per una TRNAV può essere presa in considerazione in pazienti con TRNAV sostenute recidivanti e sintomatiche, resistenti ai farmaci o in caso di intolleranza o mancata compliance del paziente a una terapia farmacologica a lungo termine. Tale procedura può essere inoltre presa in considerazione nei pazienti in cui la TRNAV sostenuta viene identificata durante lo SEF o durante l’ablazione transcatetere di un’altra aritmia oppure quando si rileva una doppia via accessoria fisiologica del nodo AV ed 12-02-2007 12:09:09 Tachicardia atriale automatica 1 1 2 2 (F) 3 3 V1 V1 –40 msec VPISndist ADA –70 msec ADPdist A A A H H Hisprox V A H V A ADA A V A A H H Hisprox V Hisdist Hisdist SCprox SCprox A V A A SCmid 300 msec A Tempo B FIGURA 30–9 Tachicardie atriali. A, Tachicardia atriale automatica che nasce nella vena polmonare inferiore sinistra (VPISn). Un battito sinusale è mostrato a sinistra, seguito da un battito di fusione (F) tra il nodo del seno e l’attivazione della tachicardia. Gli ultimi tre battiti nel riquadro sono di tachicardia atriale. Il catetere ablatore è stato posto entro la VPISn ed è stato registrato un potenziale acuto (freccia) 40 millisecondi prima dell’esordio dell’onda P (linea tratteggiata). L’ablazione in questa sede ha interrotto la tachicardia. B, Tachicardia da rientro intra-atriale in un paziente che è stato sottoposto a riparazione di un difetto del setto interatriale anni prima. Il catetere ablatore è nella parte posteriore dell’atrio destro (ADP), dove si registra un segnale frammentato. Una parte di questo elettrogramma (frecce) precede l’insorgenza dell’onda P durante la tachicardia (linea tratteggiata) di 70 millisecondi. L’ablazione in questa sede ha interrotto la tachicardia. Registrazioni come nelle precedenti figure. echi atriali in assenza di TRNAV durante lo SEF in pazienti clinicamente sospetti per TRNAV. Risultati. I risultati dell’indagine del NASPE indicano che 3052 pazienti sono stati sottoposti ad ablazione della via lenta con un tasso di successo riportato del 96%, mentre 255 sono stati sottoposti ad ablazione della via rapida, che è stata efficace in 229 pazienti (90%). Complicanze significative si sono verificate nello 0,96%, ma non sono state segnalate morti indotte dal trattamento.61 In Europa, il tasso di complicanze è stato dell’8,0%, dovuto principalmente a blocco AV dopo ablazione della via rapida e non si sono verificati decessi su 815 casi.61 La maggior parte dei centri attualmente pratica l’ablazione della via lenta, con un tasso di successo della procedura del 98%, una frequenza di recidiva inferiore al 2% e un’incidenza di blocco cardiaco che richiede elettrostimolazione permanente inferiore all’1%. TACHICARDIA GIUNZIONALE ECTOPICA. La tachicardia giunzionale ectopica è una rara forma di TSV in cui l’ECG ricorda quello della TRNAV ma se ne differenzia per il fatto che (1) il meccanismo è automatico, non di rientro, e (2) l’atrio è chiaramente non coinvolto nella tachicardia. Questo disturbo è di più comune riscontro nei soggetti giovani e sani, nelle donne più spesso che negli uomini ed è abitualmente fortemente catecolamina-dipendente. L’ablazione transcatetere deve essere effettuata molto vicino al fascio di His e il rischio di blocco cardiaco che richiede l’impianto del pacemaker supera il 5%.67 ABLAZIONE CON CATETERE A RADIOFREQUENZA DI ARITMIE CORRELATE CON IL NODO SENOATRIALE. Il rientro nel o intorno al nodo del seno è una aritmia rara, caratterizzata da episodi di tachicardia con un’onda P identica a quella sinusale, solitamente con un intervallo PR più lungo che nel seno (nelle tachicardie sinusali fisiologiche, l’intervallo PR rimane normale o si accorcia per effetto delle catecolamine sul nodo AV e sul nodo del seno). La RF è applicata nella regione del nodo del seno nelle sedi di attivazione precoce Braun cap 30ok.indd 745 (precedente all’inizio dell’onda P) finché la tachicardia non si interrompe. La tachicardia sinusale inappropriata è una sindrome caratterizzata da alte frequenze sinusali da sforzo e a riposo. I pazienti lamentano palpitazioni durante tutto il giorno che correlano con frequenze sinusali inappropriatamente alte. Possono non rispondere bene alla terapia con beta-bloccanti sia per mancanza degli effetti desiderati sia per comparsa di effetti collaterali. Quando l’area del nodo del seno deve essere ablata, essa può essere identificata sia anatomicamente sia con metodica elettrofisiologica e le lesioni di ablazione sono di solito poste tra la vena cava superiore e la cresta terminale nei siti di attivazione atriale precoce. L’isoproterenolo può essere utile nel “forzare” il sito di formazione dell’impulso alle cellule con frequenza di scarica più rapida. Bisogna fare attenzione nell’applicare l’energia RF prima nelle sedi più cefaliche; l’ablazione iniziale effettuata più in là sulla cresta terminale non altera la frequenza atriale, ma può danneggiare le regioni pacemaker supplementari che possono essere necessarie se il nodo del seno viene eventualmente ablato. Indicazioni. L’ablazione transcatetere per una tachicardia da rientro del nodo senoatriale può essere eseguita in pazienti con episodi sintomatici e ricorrenti di TSV sostenuta resistenti ai farmaci o in caso di intolleranza o mancata compliance del paziente a una terapia farmacologica a lungo termine. I pazienti con tachicardia sinusale inappropriata dovrebbero essere considerati per l’ablazione soltanto dopo chiaro insuccesso della terapia medica dato che i risultati dell’ablazione sono spesso non completamente soddisfacenti. Quando si esegue l’ablazione nella regione del nodo del seno, il paziente deve essere avvertito del rischio di dover installare un pacemaker dopo l’intervento. È anche possibile un danno del nervo frenico. Risultati. Le tachicardie da rientro del nodo del seno possono essere efficacemente ablate in più del 90% dei candidati. I risultati non sono altrettanto buoni per la tachicardia sinusale inappropriata; nonostante possa essere ottenuto un buon risul- Terapia delle aritmie cardiache SCmid Tempo 745 Rientro intra-atriale 12-02-2007 12:09:10 746 Flutter “in senso orario” Flutter “in senso antiorario” 1 2 3 V1 Hisprox AT12:00 H V V H AFL AFL AFL AFL AFL AFL Capitolo 30 AT9:00 AFL AFL AFL AFL AFL AFL AT5:00 SCprox SCmid SCdist 200 msec 200 msec Tempo A FIGURA 30–10 A, Sono mostrate due forme di flutter atriale nello stesso paziente. Un catetere “Halo” con 10 paia di elettrodi viene posto sul versante atriale dell’anulus tricuspidale (AT), con siti di registrazione visualizzati dall’apice dell’anulus (“12:00”) al versante inferomediale (“5:00”), come mostrato nelle proiezioni fluoroscopiche in B. A sinistra, il fronte d’onda d’attivazione atriale procede in “senso orario” (frecce) lungo l’anulus, mentre nel riquadro di destra la direzione di propagazione è opposta. tato tecnico al momento della procedura, spesso i sintomi persistono per la recidiva di frequenze sinusali rapide (alla frequenza preablazione o quasi) oppure per motivi non aritmici. In alcuni pazienti sono necessarie multiple sessioni di ablazione e il 20% circa alla fine è sottoposto a impianto di pacemaker (tra cui non tutti hanno sollievo dalle palpitazioni malgrado una normale frequenza cardiaca). ABLAZIONE CON CATETERE A RADIOFREQUENZA DELLA TACHICARDIA ATRIALE. Le TA sono un gruppo eterogeneo di disturbi le cui cause includono una scarica rapida di un focus (tachicardia focale) e il rientro. La prima può verificarsi in qualsiasi soggetto, indipendentemente dalla presenza di anomalie strutturali degli atri, mentre le TA da rientro quasi sempre si verificano nel contesto di atri strutturalmente danneggiati. I sintomi variano da nessuno (nelle TA relativamente rare o lente in pazienti senza malattia cardiaca) alla sincope (TA rapida con funzione cardiaca compromessa) o allo scompenso cardiaco (TA incessante per un periodo di settimane o mesi). Tutte le forme di TA sono trattabili con ablazione transcatetere. TACHICARDIA ATRIALE FOCALE. Nella TA focale (da foci automatici o triggerati o da microrientro), il mappaggio dell’attivazione è utilizzata per determinare la sede della TA registrando il più precoce inizio dell’attivazione locale.68 Queste tachicardie si comportano in modo capriccioso e sono in pratica non inducibili allo SEF nonostante il paziente lamenti episodi giornalieri multipli nella settimana precedente lo SEF. Il 10-15% dei Braun cap 30ok.indd 746 pazienti può avere focolai multipli atriali. Le sedi tendono a raggrupparsi vicino alle vene polmonari nell’atrio sinistro, in corrispondenza dell’imbocco dell’auricola atriale o lungo la cresta terminale a destra (Fig. 30-9A; vedi Fig. 29-14). I tempi di attivazione di questi siti sono caratteristicamente di soli 15-40 millisecondi prima dell’inizio dell’onda P all’ECG. Si deve fare attenzione a evitare un involontario danno al nervo frenico; la sua localizzazione può essere determinata stimolando a elevata corrente nel potenziale sito dell’ablazione, valutando la presenza di contrazione diaframmatica. L’ablazione non deve essere eseguita in un sito in cui si osserva questo fenomeno, se possibile. TACHICARDIA ATRIALE DA RIENTRO. Come notato, la tachicardia atriale da rientro si riscontra più comunemente nel contesto di una cardiopatia organica, in particolare dopo una precedente chirurgia atriale. La regione a lenta conduzione è correlata tipicamente alla fine di una cicatrice atriotomica; questa non ha, tuttavia, una localizzazione anatomica costante ma varia da paziente a paziente in rapporto all’intervento eseguito. Quindi, sono essenziali un’attenta analisi della descrizione dell’intervento e la mappatura elettrofisiologica. Poiché il rientro si verifica all’interno di un circuito completo, l’attivazione può essere registrata in tutto l’intero ciclo cardiaco. La strategia d’ablazione consiste nell’identificare le regioni con attivazione atriale mesodiastolica durante la tachicardia che possono essere dimostrate essere parte integrale della tachicardia con tecniche di stimolazione (Figg. 29-15 e 30-9B). Tali siti sono attraenti bersagli di ablazione perché questi sono composti da relativamente poche cellule (quindi silenzio elettrico all’ECG di superficie in diastole) e sono quindi più facilmente ablati con la classica energia RF rispetto ad altre aree. L’ablazione focale di questi siti può quindi essere eseguita, ma in molti casi la tachicardia può ancora essere indotta (spesso a una frequenza più bassa) oppure può recidivare dopo la procedura. Dato che queste sedi sono tipicamente localizzate in una zona relativamente ristretta tra l’estremità di una cicatrice 12-02-2007 12:09:10 caso di intolleranza o man- 747 cata compliance del paziente a una terapia farmacologica a 1 lungo termine. aVF Risultati. Le percentuali di successo dell’ablazione di V1 TA focali sono dell’80-95% e A A A A V V V V dipendono molto dalla capaAT11:00 cità di indurre l’episodio durante uno SEF; quando l’episodio può essere instaurato con pacing, isoproterenolo o altri mezzi, la TA può in genere essere ablata. Le TA AT8:00 da rientro, sebbene indotte più facilmente durante uno SEF, sono spesso più difficili da eliminare completamente; i tassi iniziali di successo sono elevati (90%) ma la recidiva compare in più del 20% dei pazienti e richiede AT6:00 una terapia farmacologica o S S S S un’altra procedura di ablaSCdist 300 msec zione. Le complicanze, preTempo senti nell’1-2% dei casi, sono la lesione del nervo frenico, il tamponamento cardiaco e il blocco cardiaco (con rare TA perinodali). ABLAZIONE CON CATETERE A RADIOFREQUENZA DEL FLUTTER ATRIALE. Il flutter atriale è definito elettrocardiograficamente (più classicamente, onde a dente di sega negative nelle derivazioni II, III e aVF a una frequenza di circa 300 batt/min) o elettrofisiologicamente (una Seno Seno TA rapida, organizzata macrocoronarico coronarico rientrante, il cui circuito è anatomicamente determiAblazione Ablazione nato). Comprendere le vie di rientro per tutte le forme di B flutter atriale è essenziale per FIGURA 30–10, continuazione B, Ablazione dell’istmo di tessuto atriale tra l’annulus della tricuspide e la vena cava sviluppare un metodo di inferiore per l’eliminazione del flutter atriale. Sono illustrate le registrazioni dal catetere multipolare posto intorno a gran ablazione. Il rientro nell’atrio parte della circonferenza dell’annulus tricuspidalico (guarda le immagini fluoroscopiche in proiezioni obliqua anteriore destro, con l’atrio sinistro sinistra). L’ablazione dell’istmo è eseguita durante stimolazione dal seno coronarico. Nei due battiti a sinistra la conduzione atriale procede in due direzioni intorno all’annulus tricuspidalico, come indicato dalle frecce e registrato attraverso attivato passivamente, costiil catetere Halo. Nei due battiti a destra l’ablazione ha interrotto la conduzione nel pavimento dell’atrio destro, eliminando tuisce il meccanismo della una via per la propagazione dell’impulso attraverso l’annulus tricuspidalico. Il catetere Halo ora registra una conduzione variante ECG classica di flutche procede in un’unica direzione attraverso l’annulus. Questo riscontro dimostra blocco unidirezionale nell’istmo; il blocco ter atriale, con un’attivazione nella direzione opposta può essere dimostrato stimolando da uno degli elettrodi del catetere Halo e osservando una simile caudocraniale lungo il setto assenza di conduzione istmica. (La registrazione del fascio di His nel riquadro a destra si perde a causa del movimento dell’atrio destro e un’attivadel catetere.) zione craniocaudale della parete libera dell’atrio destro (Fig. 30-10A). In alcuni casi, esiste una zona di conduzione o di una pregressa incisione chirurgica e un’altra barriera non conducente lenta nella parte bassa dell’atrio destro, delimitata tipicamente (come un’altra cicatrice, l’orifizio cavale o un anello valvolare), un’altra tecnica è di creare una linea di lesioni d’ablazione dalla fine della cicatrice dall’anello tricuspidale, dalla vena cava inferiore e dal seno alla barriera elettrica più vicina. Il rientro può essere pertanto prevenuto. coronarico. In altri casi, la velocità di conduzione è più uniQuesta tecnica è analoga a quella usata nel trattamento del flutter atriale forme attraverso il grande circuito. Il posizionamento di una (vedi oltre). Poiché questi pazienti spesso hanno gravi patologie atriali con lesione ablativa tra due barriere anatomiche che attraversano isole di tessuto cicatriziale che serve da barriera per ulteriori TA, possono una porzione del circuito necessaria per il mantenimento del rendersi necessarie tecniche specializzate di mappaggio per localizzare queste aree e connetterle preventivamente con le lesioni d’ablazione per rientro, può essere curativo. Tipicamente, questa è a cavallo evitare futuri episodi di TA. dell’istmo atriale tra l’orifizio inferiore della vena cava e l’anello della tricuspide (l’istmo cavotricuspidale), un punto relativamente stretto del circuito. Un’ablazione efficace può Indicazioni. L’ablazione transcatetere per una TA deve essere realizzata laddove il fronte d’onda di flutter entra in essere presa in considerazione in pazienti con episodi ricorquesta zona nella parte inferolaterale bassa dell’atrio destro, renti e sintomatici di TA sostenuta, resistenti ai farmaci o in Durante erogazione radiofrequenze Terapia delle aritmie cardiache Braun cap 30ok.indd 747 12-02-2007 12:09:11 748 vicino all’atrio destro inferomediale o tra le due sedi. Il sito di Capitolo 30 erogazione della RF può essere guidato anatomicamente o elettrofisiologicamente. Meno comunemente, la direzione con cui si propaga il fronte d’onda nell’atrio destro è invertita (flutter “in senso orario”, che procede cranialmente fino alla parete libera dell’atrio destro e caudalmente lungo il setto, con onde di flutter positive nelle derivazioni inferiori [vedi Fig. 3010A]). Questa aritmia, chiamata “flutter atriale atipico,” può essere ablata anche usando le tecniche del flutter atriale tipico. Queste due aritmie costituiscono il flutter “istmo cavotricuspidale-dipendente” e sono distinte dalle altre aritmie a rapida frequenza atriale che possono avere un aspetto simile all’ECG, ma che utilizzano diversi (e spesso multipli) circuiti nelle altre parti dell’atrio destro o sinistro. L’ablazione può essere più difficile in questi casi, che spesso si verificano nel contesto di una patologia polmonare avanzata oppure di una precedente chirurgia cardiaca. Un tema comune in queste complesse aritmie da rientro è la presenza di una zona anatomicamente determinata di ineccitabilità attorno alla quale può circolare un fronte di onda elettrica. In tali casi, sono necessarie specifiche tecniche di mappaggio e abilità per effettuare un’ablazione con successo. Nei pazienti con fibrillazione atriale, un farmaco antiaritmico può rallentare talmente la conduzione intratriale da trasformarla in flutter, pertanto non si osserva più una fibrillazione. In alcuni di questi casi, l’ablazione del flutter atriale, mantenendo il paziente sotto farmaci antiaritmici, previene le recidive di queste aritmie atriali. L’obiettivo delle procedure di ablazione del flutter atriale consisteva inizialmente nell’interruzione del flutter con l’erogazione di RF seguita dalla non inducibilità dell’aritmia. Tuttavia, utilizzando questi criteri, fino al 30% dei pazienti presentava una recidiva di flutter per assenza di un blocco completo e permanente nell’istmo cavotricuspidale. Negli ultimi anni, l’obiettivo dell’ablazione è diventato quello di determinare una linea di blocco bidirezionale in questa regione mediante stimolazione da opposti lati dell’istmo (Fig. 30-10B) o altre tecniche;69 utilizzando questa tecnica il tasso di recidive è sceso a meno del 5%. 1 2 3 V1 AD Lasso-1 Lasso-2 Lasso-3 Lasso-4 Lasso-5 Lasso-6 Lasso-7 * Lasso-8 Lasso-9 Lasso-10 SC VP superiore sinistra 400 msec Tempo A Strand VP 1 2 3 V1 AD Lesione da RF Lasso-1 VP inferiore sinistra Lasso-2 Lasso-3 Lasso-4 Strand VP Lasso-5 Lasso-6 Lasso-7 Lasso-8 Lasso-9 Catetere per mappaggio circolare Lasso-10 SC 400 msec Tempo Catetere per ablazione FIGURA 30–11 Rappresentazione dei cateteri per isolamento della vena polmonare (VP). Entrambe le VP sinistre sono illustrate con fasci di muscolo atriale che uniscono la VP all’atrio sinistro in punti definiti. Viene mostrato un catetere circolare di mappaggio mentre è situato nell’ostio della VP inferiore sinistra e un catetere ablatore con elettrodo a punta larga adiacente agli elettrodi del catetere circolare che registrano un potenziale di vena dal fascio muscolare vicino. Esiste una lesione da radiofrequenza (RF) (tra i due orifizi venosi) in corrispondenza del sito di un fascio precedentemente ablato. Braun cap 30ok.indd 748 B FIGURA 30–12 Potenziali acuti della vena polmonare (Pulmonary Vein Potential, PVP). Derivazioni di elettrocardiogramma di superficie e registrazioni intracardiache da atrio destro (AD), seno coronarico (SC) e da un catetere circolare a 10 elettrodi (Lasso) situato nell’ostio di una vena polmonare. A, Le registrazioni Lasso mostrano elettrogrammi dell’atrio sinistro seguiti da potenziali acuti della vena polmonare da Lasso-4 a Lasso-10 durante un battito sinusale (la freccia indica il PVP più precoce in Lasso-8 quando il fronte d’onda entra nella vena); un asterisco segna un battito ectopico da questa vena che dà inizio a un episodio molto breve di fibrillazione atriale. B, Registrato durante l’ablazione con radiofrequenza in prossimità del sito di registrazione Lasso-8; gli stessi PVP acuti sono osservati nei primi due battiti (freccia sinistra) ma sono assenti negli ultimi due battiti (freccia destra), lasciando solo le registrazioni atriali sinistre. Questa vena è stata quindi elettricamente isolata dall’atrio sinistro. 12-02-2007 12:09:12 749 1 2 3 V1 AD His Lasso1–2 Lasso2–3 Lasso3–4 Lasso4–5 Lasso5–6 Lasso6–7 Lasso7–8 Lasso9–10 SCprox SCdist 200 msec Tempo FIGURA 30–13 Potenziali della vena polmonare (Pulmonary Vein Potential, PVP) frammentati di bassa ampiezza. Le registrazioni durante stimolazione del seno coronarico sono simili a quelle nella Figura 30-12. Sinistra, Registrazioni preablazione da VP; notare le registrazioni frammentate da Lasso-3 a Lasso-9 (all’interno del rettangolo); In mezzo, Registrazioni parziali attraverso l’ablazione; i PVP non sono più visibili da Lasso-5 a Lasso-9. Destra, l’ablazione continua elimina tutti i PVP (freccia). Questa vena è ora elettricamente isolata dall’atrio sinistro. Indicazioni. I candidati all’ablazione transcatetere con RF sono i pazienti con episodi ricorrenti di flutter atriale farmacoresistenti, quelli intolleranti ai farmaci o che non desiderano seguire una terapia farmacologica a lungo termine. Risultati. A prescindere dalla sede del circuito, il flutter atriale può essere ablato con successo in più del 90% dei casi, sebbene i pazienti con flutter complessi dell’atrio destro o sinistro richiedano procedure più ampie e complesse. Il tasso di recidive è inferiore al 5% tranne che nei pazienti con estesa patologia dell’atrio, nei quali possono svilupparsi nel tempo nuovi circuiti, come nuove aree di ritardo di conduzione e forme di blocco. Le complicanze sono rare e comprendono blocco cardiaco involontario e paralisi del nervo frenico. ABLAZIONE E MODIFICAZIONE DELLA CONDUZIONE AV PER IL TRATTAMENTO DELLE TACHIARITMIE ATRIALI. In alcuni pazienti con tachiaritmie atriali ed elevate frequenze ventricolari malgrado una terapia farmacologica ottimale, può essere utilizzata l’ablazione con RF per eliminare o modificare la conduzione AV e controllare la frequenza ventricolare. Per ottenere l’ablazione transcatetere con RF del nodo AV, un catetere viene posizionato attraverso la valvola tricuspide in modo da registrare il potenziale hissiano più ampio insieme al segnale atriale più ampio. L’energia a RF è applicata finché non compare il blocco AV completo e proseguita per ulteriori 30-60 secondi. Se la conduzione AV non si modifica dopo 15 secondi di ablazione con RF, il catetere è riposizionato e il tentativo si ripete. In qualche paziente, tentativi di ablazione con RF utilizzando questo approccio destro non riescono a determinare un blocco cardiaco. Questi pazienti possono sottoporsi a un approccio attraverso il ventricolo sinistro, con un catetere posizionato lungo la parte posteriore del setto interventricolare subito al di sotto della valvola aortica, per registrare un ampio potenziale hissiano. L’energia è applicata attraverso l’elettrodo del catetere e il patch cutaneo oppure attraverso cateteri situati nel ventricolo sinistro e Braun cap 30ok.indd 749 Terapia delle aritmie cardiache Lasso8–9 destro. La percentuale di successo raggiunge quasi il 100%, con ricorrenza della conduzione AV in meno del 5%. Un successivo miglioramento della funzione ventricolare sinistra può derivare sia dal controllo della frequenza ventricolare durante la fibrillazione atriale, sia dalla sospensione dei farmaci per il controllo della frequenza con azione inotropa negativa. Dopo l’ablazione è necessario un pacing AV o ventricolare permanente. In alcuni casi, la giunzione AV può essere modificata per rallentare la frequenza ventricolare senza produrre un blocco AV completo mediante ablazione effettuata nella regione della via lenta, come descritto per le aritmie da rientro del nodo AV. Con questa tecnica i risultati iniziali sono sufficientemente buoni, mentre i risultati a lungo termine sono meno consistenti.70 Alcuni pazienti presentano un graduale incremento della frequenza ventricolare quasi ai livelli preablazione, mentre in altri può verificarsi un tardivo blocco cardiaco completo. Ciononostante, questa procedura può essere tentata prima di produrre un blocco AV completo. Indicazioni. L’ablazione e la modulazione della conduzione AV possono essere prese in considerazione in (1) pazienti con tachiaritmie atriali sintomatiche che presentino frequenze ventricolari non adeguatamente controllate, a meno che non sia possibile un’ablazione primaria della tachiaritmia atriale; (2) pazienti simili quando i farmaci non sono tollerati o il paziente non vuole assumerli, anche se la frequenza ventricolare può essere controllata; (3) pazienti con tachicardia giunzionale sintomatica, non parossistica, farmaco-resistente o nei quali la terapia farmacologica è non tollerata o non voluta; (4) pazienti rianimati da una morte cardiaca improvvisa correlata a flutter o fibrillazione atriale con rapida risposta ventricolare in assenza di una via accessoria; e (5) pazienti con un pacemaker bicamerale e tachicardia pacemaker-mediata che non può essere trattata efficacemente con farmaci o riprogrammando il pacemaker. Le ultime tre condizioni sono eventi rari. 21-02-2007 19:11:04 750 Capitolo 30 atriale.Alla prima applicazione, sono stati mappati i PAC e il sito da cui erano originati è stato ablato. Questa tecnica era limitata per il fatto che pochi pazienti hanno una adeguata frequenza di PAC o Arteria polmonare brevi salve di fibrillazione che possano Superiore sinistro servire sia come bersaglio ottimale per Aorta l’ablazione sia da utile indicatore di sucSuperiore destro cesso (cioè, eliminazione dei PAC). Inoltre, la sorgente del PAC o della fibrillazione era in molti casi profonda fino a 3 cm dentro una vena polmonare e l’ablazione in questi siti può risultare in una stenosi della vena polmonare. Con l’aumentare dell’esperienza, è diventato chiaro che la maggior Medio destro parte dei casi di FA parossistica originava all’interno delle vene polmonari; i manicotti muscolari si estendono dall’atrio sinistro per alcuni centimetri all’interno della vena polmonare. Quindi gli sforzi si Inferiore sono spostati verso l’isolamento elettrico sinistro delle vene polmonari per impedire la diffusione dell’impulso dal sito d’origine al resto dell’atrio. I vantaggi di questa strategia sull’ablazione focale sono che (1) vi è una maggiore probabilità di eliminare la Vena cava fibrillazione perché molte vene possono Inferiore destro inferiore essere aritmogene, (2) il paziente non deve avere PAC per eseguire l’ablazione Seno coronarico e (3) il rischio di stenosi della vena polmonare può essere inferiore. Sebbene Tronco comune filamenti muscolari atriali avvolgano le vene polmonari, solo in due o tre punti definiti possono esistere reali connessioni FIGURA 30–14 Tomografia computerizzata ad alta risoluzione dell’atrio sinistro, visto da dietro che illustra elettriche. La strategia di isolamento della l’anatomia delle vene polmonari (VP). Invece di due vene che entrano nell’atrio sinistro da ciascun polmone, vena polmonare può essere eseguita sia questo paziente aveva entrambe le vene sinistre che sfociavano in un tronco comune prima di entrare nell’atrio con il mappaggio delle vene polmonari e tre vene provenienti dal polmone destro. Queste informazioni sono state d’aiuto nel pianificare la procedura per localizzare e ablare i punti precisi di d’isolamento delle vene polmonari. connessione elettrica tra vena e atrio sia con un approccio puramente anatomico. Il mappaggio utilizza sia un catetere a Risultati. I risultati ottenuti da indagini statunitensi hanno elettrodo circolare (Fig. 30-11) sia un catetere multipolare a “canestro” indicato che la procedura si è rivelata efficace nel produrre un situato dentro l’ostio della vena.72 I potenziali della vena polmonare, che blocco AV completo nel 95% di 1600 pazienti, con complipotrebbero essere l’origine della fibrillazione, appaiono sia come potenziali acuti (Fig. 30-12) sia come segnali complessi, frammentati che seguono canze significative in 21 (1,3%) e due decessi legati alla prole registrazioni del vicino atrio sinistro (Fig. 30-13). cedura (0,1%).61 In Europa, il tasso di complicanze è stato del L’ablazione è eseguita sul versante atriale della giunzione venoatriale 3,2%, con un solo decesso su 900 pazienti.63 Nei primi studi, finché i potenziali della vena polmonare non sono eliminati (“blocco in fino al 4% dei pazienti ha avuto un episodio di morte improventrata” dentro la vena). L’ablazione può essere eseguita durante il ritmo visa dopo ablazione della giunzione AV nonostante un adesinusale, il pacing atriale o anche durante la fibrillazione atriale (che spesso guato funzionamento del pacemaker, verosimilmente per termina durante l’applicazione di RF).73 Alcuni sostengono l’opportunità della stimolazione dall’interno della vena per dimostrare il più rilevante bradicardia relativa dopo lunghi periodi di elevate frequenze “blocco in uscita” dalla vena all’atrio. Quando si usa un approccio anatoventricolari.71 In uno studio, 6 pazienti su 100 sono deceduti mico, si creano delle linee di ablazione continua che circondano gli orifizi improvvisamente quando la frequenza di stimolazione iniziale venosi.Tale metodo richiede sofisticati strumenti di mappaggio per essere era settata su 60 batt/min, ma non c’è stata alcuna morte in grado di registrare i siti che sono già stati ablati e le aree che rimangono. improvvisa su 135 quando la frequenza era regolata su 90 batt/ In alcuni casi, gap lungo una linea di ablazione possono essere proaritmici, fornendo un substrato capace di sostenere un macrorientro nell’atrio sinimin per 1-3 mesi dopo l’ablazione. Per questa procedura sono stro. Alcuni elettrofisiologi fanno un’ulteriore linea d’ablazione tra vena stati dimostrati miglioramenti degli indici di qualità di vita polmonare inferiore sinistra e anulus mitralico per ridurre il rischio di così come del rapporto costo-beneficio. questa possibilità. In molti casi, viene creata anche una “lesione da flutter” ABLAZIONE CON CATETERE A RADIOFREQUENZA nel pavimento dell’atrio destro perché molti pazienti sottoposti a una DELLA FIBRILLAZIONE ATRIALE. Negli ultimi anni, sono procedura puramente atriale sinistra hanno episodi successivi di flutter. stati fatti notevoli passi avanti nella comprensione della fisioCiascun metodo di isolamento richiede un accesso atriale o attraverso un forame ovale pervio o mediante puntura transettale, dopo una piena patologia della FA. L’impiego di queste informazioni si è traanticoagulazione. Questo approccio aumenta il rischio di complicanze da dotto direttamente in progressi terapeutici. Ad esempio, viene sanguinamento e inoltre non previene completamente le tromboembolie oggi riconosciuto che una percentuale significativa di pazienti correlate al trattamento. La tecnica di isolamento delle vene polmonari è con FA parossistica in assenza di cardiopatie strutturali prestata usata principalmente nei pazienti più giovani con FA parossistica in sentano un’origine focale dell’aritmia; ovvero, scariche rapide assenza di cardiopatie organiche, sebbene l’esperienza con questa tecnica da una sorgente focale (spesso in una vena polmonare) guidano nei pazienti con FA cronica o in quelli con patologia cardiaca strutturale sia limitata, i risultati preliminari indicano percentuali di successo l’atrio più rapidamente di quanto esso possa condurre uniforquasi equivalenti. Prima della procedura di ablazione, è utile sottoporre memente, portando al quadro ECGgrafico di fibrillazione il paziente a uno studio non invasivo per definire meglio l’anatomia delle atriale. In altri casi, una sorgente focale può servire come “innevene polmonari, come una TC ad alta risoluzione o una RM (Fig. 30-14). sco” che dà avvio a episodi di fibrillazione (Cap. 32). In Questo studio aiuta l’operatore a pianificare la tecnica in modo che una entrambi i casi, se questo focus può essere localizzato e ablato anatomia anomala non interferisca con la riuscita dell’ablazione. Come detto in precedenza, alcuni pazienti con FA mostrano una trao il suo diffondersi al resto dell’atrio eliminato, si prevengono sformazione a flutter atriale stabile quando vengono somministrati farmaci le recidive di FA. antiaritmici, in particolare farmaci che bloccano i canali del sodio. In questi LOCALIZZAZIONE E ABLAZIONE DELLE SORGENTI FOCALI. Sono pazienti, eseguire un’ablazione di un flutter mentre il paziente continua ad stati utilizzati diversi metodi per localizzare e ablare i foci di fibrillazione assumere il farmaco può prevenire la recidiva di aritmia.74 Braun cap 30ok.indd 750 Vena cava superiore 12-02-2007 12:09:13 Tachicardia ventricolare 751 Mappaggio per stimolazione 1 2 3 aVR aVL aVF V1 V2 V3 V4 V5 V6 Abl1–2 110 msec s s s Abl3–4 Indicazioni. I candidati Hisprox per l’ablazione della FA focaS-QRS 90 msec Hisdist le hanno fibrillazioni atriali parossistiche in assenza di cardiopatie strutturali e incluAVD dono quelli la cui FA è refratTEVD taria ai farmaci o che non vo300 msec 300 msec gliono assumerli. I pazienti in Tempo cui l’ablazione lineare della fibrillazione atriale potrebbe essere presa in considerazioFIGURA 30–15 Tachicardia ventricolare e mappaggio di stimolazione. Sono mostrate tutte le 12 derivazioni dell’elettrocardiogramma di superficie insieme alle registrazioni intracardiache durante la tachicardia ventricolare (TV). La ne, sono quelli con un certo registrazione attraverso Abl1-2 mostra una piccola deflessione che si verifica precocemente durante la diastole elettrica grado di cardiopatia struttura(freccia) 110 millisecondi prima dell’insorgenza del QRS (linea tratteggiata). Nel riquadro di destra, la stimolazione è le e fibrillazione atriale persieseguita da questo sito. Ciò produce un complesso QRS identico alla tachicardia in ogni derivazione, con un intervallo stente o permanente, nei quatra lo stimolo e l’inizio del QRS simile a quello tra l’elettrogramma e l’inizio del QRS durante TV. L’ablazione in questa sede li il mantenimento del ritmo eliminava la TV in 2 secondi. TEVD = tratto di efflusso del ventricolo destro. sinusale è importante e in cui la FA recidiva malgrado i comuni farmaci antiaritmici o fatto che questa procedura rappresenta spesso l’ultima risorsa nei quali la terapia farmacologica non è tollerata o accettata. in pazienti con TV farmaco-resistenti, ma è correlato anche Risultati. Le percentuali di successo dell’ablazione nella alla maggior difficoltà del mappaggio nei ventricoli. Inoltre, fibrillazione atriale focale vanno dal 70 all’85%. Allo stato l’induzione della TV deve essere idealmente riproducibile, con attuale, non sembra esistere una tecnica preferita (isolamento QRS monomorfi, prolungata ed emodinamicamente stabile, segmentario mapping-guidato dell’ostio della vena polmonare così che il paziente sia in grado di tollerare la TV per un versus ablazione puramente anatomica). I motivi d’insuccesso periodo sufficientemente lungo durante la procedura per l’acdell’ablazione sono (1) incompleto isolamento di una vena aritcurato mappaggio necessario a localizzare i siti bersaglio delmogena, (2) ripristino della conduzione dopo un isolamento l’ablazione ottimale. (Pazienti con più di una TV monomorfa, apparentemente efficace e (3) sorgenti di fibrillazione diverse elettrocardiograficamente distinte possono essere candidati dalle vene polmonari. Il rischio di ictus correlato all’ablazione all’ablazione, perché in molti casi una comune via di rientro estensiva dell’atrio sinistro è approssimativamente pari al 2% è condivisa da due o più morfologie di TV.) Inoltre, l’origine anche con un rigoroso regime di anticoagulazione. La stenosi della TV deve essere ben circoscritta e situata sul versante della vena polmonare, più probabile se l’ablazione è eseguita endocardico (sono stati riportati rari casi di ablazione efficace dentro la vena stessa piuttosto che all’ostio, può causare dispnea solo dal versante epicardico75). A tutt’oggi, TV molto rapide, e ipertensione arteriosa polmonare. In alcuni casi, sono stati TV polimorfe ed episodi infrequenti non sostenuti non sono necessari un’angioplastica e uno stent. di solito gestibili con questa forma di terapia (vedi oltre). Altre modalità non farmacologiche per il trattamento della fibrillazione atriale, quali il pacing preventivo, i defibrillatori LOCALIZZAZIONE E ABLAZIONE. L’ablazione con RF di TV può essere atriali impiantabili o i dispositivi di controllo del ritmo atriale, distinta in TV idiopatiche, che si presentano in pazienti con cuore essensono trattati nel Capitolo 31. zialmente normale, TV che si verificano in varie patologie ma in assenza ABLAZIONE CON CATETERE A RADIOFREQUENZA di coronaropatia e TV nei pazienti affetti da coronaropatia e pregresso IM. DELLA TV. In generale, la percentuale di successo dell’ablaNel primo gruppo, le TV possono insorgere in entrambi i ventricoli. Le TV zione delle TV è inferiore a quella riportata per il rientro nel destre più comunemente originano nel tratto d’efflusso e hanno una caratteristica morfologia a blocco di branca sinistro con asse inferiore; meno frenodo AV o il rientro AV. Questo minor successo è correlato al Braun cap 30ok.indd 751 Terapia delle aritmie cardiache La tecnica chirurgica di Maze è stata accettata come una metodica efficace per il definitivo ripristino del ritmo sinusale. Nel 1994, sono apparsi i primi resoconti sulla possibilità di riprodurre le linee di blocco atriale prodotte chirurgicamente, utilizzando l’ablazione transcatetere nell’uomo. L’intento della procedura è di compartimentalizzare il muscolo atriale in segmenti troppo piccoli per permettere che il fronte dell’onda di fibrillazione si propaghi e nel contempo di avere i segmenti sufficientemente connessi per partecipare alla contrazione. Numerose tecniche sono state utilizzate, compresa la creazione di lunghe lesioni lineari mediante RF, limitatamente all’atrio destro, sinistro o a entrambi. Questa metodica è stata ampiamente sostituita dall’isolamento della vena polmonare, anche se è stata d’aiuto in alcuni pazienti che hanno avuto recidive di fibrillazioni dopo una procedura d’isolamento apparentemente efficace. Possono essere procedure molto lunghe, che durano da 5 a 8 ore e tempi di fluoroscopia oltre i 90 minuti non sono rari. 12-02-2007 12:09:14 752 Sito non efficace Sito efficace 1 2 3 V1 V6 ADA Capitolo 30 AVD Abluni –43 msec –43 msec Abl1–2 300 msec Tempo FIGURA 30–16 Registrazioni di siti di ablazione efficaci e inefficaci in un paziente con TV idiopatica a origine nella parete ventricolare inferiore destra. Nelle registrazioni dal sito dell’ablazione inefficace, il segnale unipolare (freccia) ha una piccola onda r, indicando che una porzione del fronte d’onda dal focus della tachicardia si avvicinava al sito da qualche altra punto. Nel sito efficace, la registrazione unipolare ha una conformazione QS, che indica che tutta la depolarizzazione origina da questo punto. In ogni sito, la registrazione bipolare (Abl1-2) si verifica sempre 43 millisecondi prima dell’inizio del QRS (linee tratteggiate). 1 2 3 V1 V6 Abl1–2 –131 msec AVD TEVD RF on RFWatts RFTemp 500 msec Tempo FIGURA 30–17 Ablazione con radio frequenza (RF) di una tachicardia ventricolare (TV) postinfartuale. Le registrazioni sono come nelle precedenti figure. L’elettrogramma nella registrazione dall’ablatore (Abl1-2, freccia) precede l’inizio del QRS (linea tratteggiata) di 131 millisecondi. Qui l’ablazione (RF on) determina una lieve decelerazione della TV prima dell’interruzione in 1,3 secondi. La temperatura monitorata dalla punta del catetere ha appena raggiunto il picco (approssimativamente 70°C) al momento dell’interruzione della TV. Braun cap 30ok.indd 752 quentemente, le TV originano nel tratto di afflusso o nella parete libera. L’induzione della tachicardia può essere favorito dalle catecolamine. La maggior parte delle TV ventricolari sinistre sono d’origine settale e hanno un caratteristico aspetto del QRS (blocco di branca destra, asse superiore); altre TV sono meno comuni e insorgono da altre aree del ventricolo sinistro, compreso il tratto di efflusso, e hanno aspetto ECG e comportamento clinico simili a quelle che originano nel tratto di efflusso del ventricolo destro (Fig. 29-13). In alcuni pazienti possono essere presenti pattern anomali di innervazione simpatica. TV in cuori patologici senza coronaropatia possono essere dovute a rientro tra le branche, più tipicamente osservate in pazienti con miocardiopatie dilatative. In questi pazienti, l’ablazione della branca destra è risolutiva.TV possono presentarsi nella displasia del ventricolo destro, nella sarcoidosi, nella malattia di Chagas, nella miocardiopatia ipertrofica e in altre patologie non coronariche (Cap. 32). Il mappaggio di attivazione e il mappaggio tramite stimolazione (pace mapping) sono efficaci in pazienti con TV idiopatiche per localizzare il sito di origine della TV. Nel mappaggio dell’attivazione, il campionamento dei tempi di insorgenza degli elettrogrammi endocardici mediante catetere di mappaggio viene confrontato con l’inizio del complesso QRS di superficie. Siti che sono attivati prima che inizi il QRS di superficie sono vicini all’origine della TV (Fig. 30-15; vedi Fig. 29-13). Nelle forme idiopatiche di TV, l’ablazione in un sito in cui l’elettrogramma unipolare mostra un “complesso QS” può avere successo maggiore di quando si osserva un potenziale “rS” (Fig. 30-16). Il mappaggio tramite stimolazione implica una stimolazione di vari siti ventricolari per ottenere una morfologia del QRS che riproduce il QRS della TV ventricolare, stabilendo quindi l’apparente sito di origine dell’aritmia (Fig. 30-15). Questa tecnica ha numerose limitazioni metodologiche ma può essere utile quando la tachicardia non può essere indotta e quando un ECG a 12 derivazioni è stato ottenuto durante la TV spontanea. Potenziali presistolici di Purkinje come segnali mesodiastolici ad ampiezza molto bassa possono essere registrati durante la TV da siti in cui l’ablazione sarà curativa, nella maggior parte dei pazienti con TV sinistre che hanno morfologia a blocco di branca destra/asse superiore. La localizzazione delle sedi ottimali per l’ablazione di TV nei pazienti affetti da coronaropatia e pregresso infarto è più difficile che nei pazienti con cuore strutturalmente normale a causa dell’alterazione dell’anatomia e dell’elettrofisiologia. Un mappaggio di stimolazione in questi casi presenta più bassa sensibilità e specificità rispetto alle TV idiopatiche. Inoltre, circuiti di rientro possono talvolta essere grandi e resistenti alle lesioni relativamente piccole prodotte dall’ablazione con RF sulla cicatrice endocardica. Il rilievo di una regione protetta di attivazione diastolica che si dimostri essere una componente critica del circuito di rientro è auspicabile, poiché un’ablazione in questa sede ha buone probabilità di eliminare l’aritmia (Fig. 30-17). A causa dell’ampio danno elettrofisiologico causato dall’infarto, molte aree del ventricolo possono presentare un’attivazione diastolica, ma non essere rilevanti al fine di 12-02-2007 12:09:15 Indicazioni. I pazienti con TV considerati per l’ablazione con RF in assenza di patologie cardiache strutturali sono quelli con TV monomorfa sintomatica, sostenuta, quando la tachicardia è farmaco-resistente, nel caso in cui il paziente sia intollerante ai farmaci oppure quando non desideri una terapia a lungo termine. I pazienti con cardiopatie strutturali candidati all’ablazione sono quelli con TV caratterizzata da rientro nelle branche e pazienti con TV monomorfa sostenuta e portatori di ICD, sottoposti a shock multipli non gestibili con una riprogrammazione o una concomitante terapia farmacologica. Talvolta, TV non sostenute o anche PVC gravemente sintomatici richiedono l’ablazione con RF. Risultati. Nell’indagine statunitense del NASPE, sono stati sottoposti ad ablazione 429 pazienti, con una percentuale globale di successo del 71%. In 224 pazienti con cuore strutturalmente normale, il tasso di successo è stato dell’85%. Il tasso Braun cap 30ok.indd 753 di successo è stato del 54% in 115 pazienti con TV dovuta a 753 cardiopatia ischemica e 61% in 90 pazienti con miocardiopatia idiopatica. Ci sono stati 13 complicanze significative (3,0%) e nessun decesso correlato alla procedura, fatto interessante considerando la natura della malattia.61 Il tasso di complicanze è stato del 7,5% nell’indagine europea, con un decesso su 320 pazienti.63 Casistiche più recenti suggeriscono una frequenza del 30% di “guarigione” (aritmia ventricolare di qualunque tipo non inducibile, senza recidive), mentre più del 70% dei pazienti non ha più recidive di TV dopo la procedura, nonostante l’inducibilità di TV rapide o FV. NUOVE TECNOLOGIE DI MAPPAGGIO E DI ABLAZIONE Sistemi di mappaggio multipolari. Come detto precedentemente, molte delle limitazioni dell’ablazione sono correlate all’inadeguatezza del mappaggio. Questi problemi comprendono il riscontro di: isolati complessi prematuri durante lo SEF invece che l’induzione di tachicardie sostenute (nelle tachicardie idiopatiche atriali e ventricolari), episodi di TV non sostenuti, scarsa tolleranza emodinamica della TV e multiple morfologie di TV. Le tecniche standard di mappaggio consistono nel campionamento sequenziale di singoli siti e sono poco adatte per queste situazioni. Sono disponibili nuovi sistemi di mappaggio che permettono il campionamento simultaneo di molti siti e comprendonon sofisticati algoritmi computerizzati per analizzare e mostrare le mappe globali. Questi sistemi di mappaggio utilizzano varie tecnologie, che vanno da elettrodi multipli situati su ciascuno dei diversi segmenti di un catetere a cestello, all’uso di campi elettrici o magnetici a bassa intensità per localizzare l’estremità del catetere nel cuore e registrare e tracciare un diagramma con i tempi d’attivazione su una mappa della camera esplorata, all’uso di sistemi matematici complessi per effettuare elettrocardiogrammi “virtuali” registrati da un elettrodo a maglia situato al centro di una camera cardiaca.78 Alcuni di questi sistemi generano mappe di attivazione di un’intera camera utilizzando solo un battito, un ovvio vantaggio nei pazienti che presentano solo complessi prematuri ventricolari, aritmie non sostenute oppure scarsa tolleranza emodinamica. Sebbene questi sistemi di mappaggio siano di grande utilità in casi selezionati, essi sono complicati e costosi. Terapia delle aritmie cardiache perpetuare la TV. Questi “siti spettatori” (bystander) possono rendere il mappaggio dell’attivazione più difficile.Tecniche di stimolazione come il trascinamento (“entrainment”) possono essere usate come test per verificare se un sito è veramente parte di un circuito oppure uno spettatore. L’entrainment consiste nella stimolazione per alcuni secondi durante la tachicardia ad una frequenza lievemente più rapida di quella della TV; dopo che la stimolazione cessa e la tachicardia originaria ricomincia, il tempo intercorso tra l’ultimo battito stimolato e il primo spontaneo è indicativo di quanto vicino sia il sito di stimolazione al circuito della TV. Durante l’entrainment, parte del ventricolo è attivato dal fronte d’onda stimolato e parte dal fronte d’onda della TV obbligato a emergere più precocemente, risultando in un complesso di fusione sull’ECG di superficie. La stimolazione all’interno di una parte critica del circuito provoca un’esatta corrispondenza del QRS con la TV; la fusione si verifica soltanto all’interno del circuito ed è “nascosta” sull’ECG di superficie. Siti con potenziale mesodiastolico isolato a bassa ampiezza che non possono essere dissociati dalla tachicardia tramite le interferenze della stimolazione, in cui l’entrainment con fusione occulta può essere dimostrato, sono con molta probabilità siti di ablazione efficace. In una significativa percentuale di pazienti con TV in presenza di cardiopatie strutturali, il mappaggio di attivazione e l’entrainment non possono essere eseguiti a causa della scarsa tolleranza emodinamica dell’aritmia o dell’impossibilità a indurre la tachicardia sostenuta allo SEF. Alcuni ricercatori hanno ideato tecniche per accertare la sede di regioni miocardiche in cui l’ablazione dovrebbe diminuire o eliminare le recidive di TV. Tali metodi in genere rientrano in una categoria che può essere definita di mappaggio del substrato, in cui aree di basso voltaggio o quelle in cui si registrano potenziali molto tardivi durante il ritmo sinusale o in cui la stimolazione riproduce strettamente la morfologia della TV nota dell’ECG a 12 derivazioni (mappaggio di stimolazione) sono bersagli dell’ablazione senza effettuare nessun altro mappaggio durante la TV.76 L’esperienza con questi metodi è limitata, ma ha risultati assai promettenti nel ridurre il numero di recidive di TV. Nei pazienti senza cardiopatia organica è solitamente presente un’unica TV e l’ablazione di questa TV è curativa. In quelli con estesa cardiopatia organica, specialmente quelli con un pregresso IM, sono di solito presenti multiple TV. Un’ablazione transcatetere di una singola TV in tali pazienti può essere soltanto palliativa e non elimina la necessità di una successiva terapia antiaritmica. L’origine di morfologie multiple di tachicardia non è chiara, sebbene in alcuni casi esse siano semplicemente manifestazioni differenti di un unico circuito (p.es., diverse direzioni di propagazione del fronte d’onda al ventricolo) e l’ablazione di una può prevenire la recidiva delle altre. La presenza di molteplici morfologie di TV contribuisce alle difficoltà nel mappaggio e nell’ablazione della TV in questi pazienti, poiché le tecniche di stimolazione impiegate per convalidare le registrazioni ai potenziali siti d’ablazione determinano un cambiamento a un’altra forma di TV che non origina nella stessa regione. Dopo l’ablazione di TV, viene effettuata una stimolazione ventricolare ripetuta per valutare l’efficacia. In alcuni casi, si dà origine a rapide TV polimorfe o a una fibrillazione. Il significato clinico di queste aritmie non è chiaro, ma qualche prova suggerisce che esse abbiano una bassa probabilità di recidive spontanee durante il follow-up. Come precedentemente evidenziato, la maggior parte dei casi di TV polimorfa e FV di solito non è gestibile con l’ablazione a causa della instabilità emodinamica e delle modificazioni battito per battito nella sequenza di attivazione.Tuttavia, rare segnalazioni di un’ablazione riuscita di queste aritmie in pazienti con evidente inizio focale hanno dimostrato che almeno alcuni casi possono essere trattati con l’ablazione. In questi casi, ripetuti episodi di aritmia hanno costanti caratteristiche ECG del battito o dei battiti iniziali, suggerendo una sorgente costante, che può essere in uno dei ventricoli. L’elettrogramma nei siti di ablazione efficace spesso ha potenziali presistolici molto acuti che ricordano i potenziali di Purkinje.77 MAPPAGGIO CON CATETERE EPICARDICO. Anche se la maggior parte delle TV può essere ablata dall’endocardio, esistono rari casi resistenti a questa terapia. In alcuni di questi casi, l’ablazione epicardica potrebbe essere efficace.75 Molto del lavoro in questo campo è stato eseguito con successo nei pazienti con TV correlata alla malattia di Chagas, in cui la maggioranza richiede il mappaggio e l’ablazione epicardica; è meno frequentemente necessaria in pazienti postinfarto o con miocardiopatie e in quelli senza cardiopatia organica. La procedura per acquisire un accesso epicardico differisce lievemente da quella della pericardiocentesi. Un lungo ago da anestesia spinale viene introdotto con approccio sottoxifoideo sotto controllo fluoroscopico.Appena si raggiunge la superficie del pericardio, si inietta una piccola quantità di contrasto radiografico. Se la punta dell’ago è ancora esterna al pericardio, il contrasto rimane dove è stato iniettato. Quando si è penetrato lo spazio pericardico, il contrasto si disperde sottolineando il profilo del cuore. Una guida metallica può essere introdotta attraverso l’ago e si scambia con un comune introduttore vascolare sulla guida. Lo spazio pericardico è quindi accessibile a un catetere standard di mappaggio e ablazione. Si possono quindi applicare le tecniche standard di mappaggio. Quando un sito è selezionato per la possibile ablazione, può essere necessaria una coronarografia per evitare di erogare l’energia RF vicino a una arteria coronarica. Questo è meno importante nella TV postinfarto dato che il substrato della TV è in genere una regione di pregresso infarto transmurale. Questa tecnica può essere utilizzata in pazienti che sono stati sottoposti ad una precedente chirurgia cardiaca, sebbene le aderenze possano obliterare parte dello spazio pericardico. ABLAZIONE CHIMICA. È stata utilizzata l’ablazione chimica con alcol o fenolo di un’area di miocardio coinvolta in una tachicardia per creare blocco AV nei pazienti che non rispondono all’ablazione transcatetere ed eliminare tachicardie atriali e ventricolari. Recidive di tachicardia molti giorni dopo un apparente successo dell’ablazione sono comuni. L’eccessiva necrosi miocardica è la principale complicanza, per cui l’ablazione con alcol deve essere considerata solo quando altre procedure ablative falliscono o non possono essere praticate. 12-02-2007 12:09:15 CONTROLLO 754 DISSEZIONE EPICARDICA DISSEZIONE ENDOCARDICA Epicardio Epicardio Endocardio Endocardio Tessuto adiposo Atrio Cryoprobe –60°C 2 min Atrio Tessuto adiposo VA SC Anulus della valvola mitrale AC Ventricolo Tessuto adiposo Anulus della valvola mitrale SC AC Ventricolo Capitolo 30 FIGURA 30–18 Rappresentazione schematica dei due approcci chirurgici per l’interruzione di una via accessoria. Il riquadro a sinistra mostra il solco atrioventricolare sinistro con il suo contenuto vascolare, il seno coronarico (SC) e l’arteria coronaria circonflessa (AC). Vie accessorie multiple (VA) decorrono nel tessuto adiposo. Il riquadro al centro mostra l’approccio di dissezione epicardica, mentre il destro la dissezione endocardica. Entrambi gli approcci asportano il tessuto adiposo e interrompono ogni via accessoria. (Da Zipes DP: Cardiac electrophysiology: Promises and contributions. J Am Coll Cardiol 13:1329, 1989. Reprinted by permission of the American College of Cardiology.) Terapia chirurgica delle tachiaritmie Gli obiettivi di un approccio chirurgico nel trattamento di una tachicardia sono l’escissione, l’isolamento o l’interruzione del tessuto coinvolto nel determinarne l’inizio, il mantenimento o la propagazione preservando o eventualmente migliorando la funzione miocardica. Oltre a un approccio chirurgico diretto all’aritmia, approcci indiretti quali la aneurismectomia, il bypass coronarico e il trattamento di una insufficienza o stenosi valvolare possono essere utili in pazienti selezionati per migliorare l’emodinamica cardiaca e il flusso sanguigno al miocardio. La simpaticectomia cardiaca modifica l’influenza adrenergica sul cuore ed è risultata efficace in alcuni pazienti, particolarmente quelli con TV ricorrenti nella sindrome del QT lungo. Tachicardie sopraventricolari Esistono procedure chirurgiche per pazienti (sia adulti sia bambini) con tachicardie atriali, flutter atriale, rientro del nodo AV e rientro AV (Fig. 30-18). L’ablazione con catetere a RF è terapeutica per la stragrande maggioranza di questi pazienti e ha quindi sostituito un intervento chirurgico diretto eccetto che nei rari pazienti in cui l’ablazione con catetere a RF fallisca o che debbano sottoporsi a una chirurgia cardiovascolare in concomitanza. In alcuni casi, un precedente tentativo di ablazione con RF complica la chirurgia occludendo i piani di tessuto normale nel solco AV del cuore oppure rendendo troppo friabili i tessuti. Talvolta, i pazienti con TA hanno foci multipli che richiedono l’intervento chirurgico. La procedura Maze, sviluppata per il trattamento della fibrillazione atriale, elimina l’aritmia riducendo la massa di tessuto atriale in regioni troppo piccole per mantenere l’attività dei circuiti di rientro responsabili della fibrillazione atriale.79 Essa forza l’attivazione atriale a procedere lungo una via chirurgicamente determinata, così da mantenere il ritmo sinusale con la conduzione del nodo AV. La procedura Maze permette una depolarizzazione degli atri organizzata, ripristina la funzione di contrazione atriale e così facendo riduce il rischio di tromboembolia. Il mantenimento del ritmo sinusale per più di 3 mesi dopo la procedura si avvicina al 100%, sebbene più del 10% dei pazienti richieda un pacemaker a causa di un’incompetenza cronotropa del nodo del seno (dovuta sia alla chirurgia Braun cap 30ok.indd 754 sia alla preesistente patologia atriale). L’avvento delle tecniche endoscopiche ed endovascolari minimamente invasive potrà rendere possibile in futuro eseguire l’equivalente della procedura Maze senza toracotomia. La procedura Maze o una sua variante è oggi di solito eseguita in concomitanza con la chirurgia della valvola mitrale, più che come indicazione primaria. In molti centri, l’ablazione intraoperatoria con RF ha sostituito le incisioni chirurgiche per effettuare la procedura Maze, anche se sono state riportate significative complicanze (come erosioni esofagee).80 Tachicardia ventricolare Al contrario dei pazienti con aritmie sopraventricolari, i candidati alla terapia chirurgica delle aritmie ventricolari spesso hanno una grave disfunzione ventricolare sinistra, che è generalmente causata da una coronaropatia. La causa della cardiopatia di base influisce sul tipo di intervento. I candidati sono pazienti con TV farmaco-resistenti, sintomatiche, recidivanti che idealmente presentano un’anomalia segmentale della cinesi parietale (cicatrice o aneurisma) con funzione ventricolare sinistra residua preservata, che non hanno avuto successo da un precedente tentativo di ablazione transcatetere o che non sono candidati all’ablazione transcatetere per instabilità emodinamica durante la TV o per presenza di trombi nel ventricolo sinistro. Nei pazienti con miocardiopatia non ischemica sono stati ottenuti risultati più scadenti. CARDIOPATIA ISCHEMICA. Nella quasi totalità dei pazienti che hanno TV associata a cardiopatia ischemica, l’aritmia, indipendentemente dalla sua configurazione all’ECG di superficie, insorge nel ventricolo sinistro o sul lato ventricolare sinistro del setto interventricolare. Il profilo dell’ECG della TV può cambiare da un pattern di blocco di branca destra a quello di blocco di branca sinistra senza un cambiamento nel sito di attivazione diastolica precoce, suggerendo che la posizione del circuito aritmogeno all’interno del ventricolo sinistro rimane lo stesso, spesso vicino al setto, ma la via d’uscita varia. Approcci chirurgici indiretti, come la simpaticectomia cardiotoracica, il bypass aortocoronarico e la resezione dell’aneurisma o dell’IM con o senza bypass coronarico, hanno avuto successo nel 20-30% dei casi riportati. Il bypass coronarico come primo approccio terapeutico generalmente è stato efficace soltanto nei pazienti che hanno una TV durante l’ischemia 12-02-2007 12:09:16 Tecniche chirurgiche Circuito TV Aneurisma Ventriculotomia endocardica circolare 755 Aneurismectomia Crioablazione circolare Resezione subendocardica Resezione e crioablazione focale FIGURA 30–19 Diagramma schematico che mostra le procedure chirurgiche per il trattamento della tachicardia Di solito, si utilizzano due tipi ventricolare (TV) postinfartuale con aneurisma del ventricolo sinistro. Un ventricolo sinistro danneggiato è presentato di procedura chirurgica: reseaperto lungo la parete laterale mostrando il setto e i muscoli papillari. Il circuito della tachicardia (superiore sinistro) zione e ablazione (Fig. 30-19).81 effettua un percorso serpiginoso vicino al punto in cui l’aneurisma viene a contatto con miocardio normale e a volte Il primo approccio chirurgico è superficiale, altre volte profondo (linea verde). L’aneurismectomia semplice che lascia una porzione dell’aneurisma diretto alla TV è stato la ventriper la sutura spesso non comprende il circuito e così non cura l’aritmia. Con una resezione subendocardica, viene colotomia endocardica circolare, rimosso uno strato di endocardio e di tessuto sottostante, comprendendo almeno parte del circuito della tachicardia. utilizzando una ventricolotomia Questa resezione ottiene l’eliminazione della tachicardia. La ventricolotomia endocardica circolare tenta di isolare elettricamente il circuito senza rimuovere tessuto, ma probabilmente in realtà funziona incidendo porzioni del circuito. transmurale per isolare le aree di La crioablazione può essere utilizzata per isolare la zona infartuata oppure in associazione con la resezione endocarfibrosi endocardica che sono dica per isolare i tessuti danneggiati troppo profondi nella parete per essere resecati con sicurezza. state riconosciute visivamente. Attualmente questa procedura è impiegata di rado. Il razionale poche procedure chirurgiche curative, date la differenza nella per la resezione subendocardica è basato su dati sperimentali sopravvivenza operatoria e la più breve degenza ospedaliera e clinici che indicano che le aritmie dopo un IM insorgono con l’impianto di un ICD rispetto alla chirurgia diretta della soprattutto nel subendocardio, al confine tra il tessuto normale TV, e considerate le percentuali di successo dell’ablazione trane quello infartuato. La resezione subendocardica implica il scatetere in pazienti con ICD e frequenti episodi di TV. distacco di uno strato di endocardio di 1-3 mm di spessore, spesso vicino al margine di un aneurisma, in cui sia dimostrato con le procedure di mappaggio esserci la sede della più precoce Studi elettrofisiologici attivazione della TV. Alcune TV possono insorgere dall’epicardio. Le tachicardie che insorgono in prossimità della base STUDIO ELETTROFISIOLOGICO PREOPERATORIO. In dei muscoli papillari sono trattate con una criosonda raffredpazienti per i quali viene programmata la terapia chirurgica data a -70°C. La crioablazione può anche essere usata per isodiretta della TV è di solito necessario uno SEF preoperatorio. lare aree di ventricolo che non possono essere resecate ed è Questo studio implica l’induzione della TV e il mappaggio spesso combinata con la resezione. Sono state usate con buoni elettrofisiologico per localizzare l’area da resecare, come successi anche tecniche con laser al neodimio:ittrio-alluminioavviene con l’ablazione transcatetere. Si ottiene una risolugranato, ma l’attrezzatura è costosa e di difficile uso. zione di 4-8 cm2 di endocardio ventricolare, sebbene siano RISULTATI. Per le tachiaritmie ventricolari, la mortalità possibili localizzazioni anatomiche più accurate della punta intraoperatoria varia dal 6 al 23%, con tassi di successo definiti dell’elettrodo di mappaggio nel ventricolo. Tachicardie troppo come assenza di recidive di aritmie ventricolari spontanee che rapide, di breve durata o polimorfe non possono essere mapvanno dal 59 al 98%. In centri esperti, la mortalità intraopepate accuratamente, a meno che non venga usato più di un ratoria può essere pari al 5% nei pazienti stabili sottoposti a catetere o un catetere con elettrodi multipli. La somministraprocedure elettive, con una percentuale dell’85-95% di sopravzione di un farmaco quale la procainamide può rallentare la vissuti liberi da tachiaritmie ventricolari inducibili o spontaTV e trasformare una TV polimorfa non sostenuta in una TV nee. Le percentuali di recidive a lungo termine variano dal 2% sostenuta di aspetto uniforme che può essere mappata. Il mapal 28% e si correlano ai risultati dello studio di stimolazione paggio preoperatorio con catetere è controindicato nei pazienti elettrofisiologica postoperatoria del paziente. La sopravvicon trombi noti del ventricolo sinistro che potrebbero essere venza operatoria è fortemente influenzata dal grado di disfundislocati dal catetere di mappaggio. zione ventricolare sinistra. MAPPAGGIO VENTRICOLARE INTRAOPERATORIO. Un La mortalità operatoria per impianto non toracotomico di mappaggio elettrofisiologico si esegue anche al momento delICD è inferiore all’1%, con un tasso annuale di morte cardiaca l’intervento chirurgico, con l’uso da parte del chirurgo di una improvvisa inferiore all’1%. Attualmente vengono eseguite Braun cap 30ok.indd 755 Terapia delle aritmie cardiache così come nei pazienti con FV ischemia-relata, ma può talvolta essere utile nei pazienti con coronaropatia rianimati da morte improvvisa che hanno aritmie non inducibili allo SEF. Questi pazienti presentano di solito una chiara correlazione tra gli episodi di aritmia ventricolare e un’ischemia severa immediatamente precedente e non mostrano alcuna evidenza di infarto o evidenziano solo piccole anomalie di cinesi parietale con una funzione del ventricolo sinistro complessivamente conservata. Nei pazienti con TV sostenuta monomorfa oppure solo TV polimorfa, raramente l’intervento di bypass coronarico influenza l’aritmia, sebbene quest’ultimo possa ridurre la frequenza di episodi aritmici in alcuni pazienti e prevenire nuovi eventi ischemici. 12-02-2007 12:09:17 756 sonda manuale o con elettrodo abbinato a tecniche compute- Capitolo 30 rizzate che forniscono istantaneamente una mappa globale di attivazione ciclo per ciclo. La sequenza di attivazione nella TV può essere tracciata determinando l’area di attivazione precoce. La resezione o la crioablazione del tessuto dal quale provengono queste registrazioni di solito elimina le TV, indicando che esse costituiscono una parte critica del circuito di rientro. Tuttavia, è chiaro che tale attività elettrica può essere tardiva seguendo il ciclo precedente o precoce anticipando il ciclo successivo. Quando la più precoce attività elettrica endocardica registrabile si verifica meno di 30 millisecondi prima dell’inizio del complesso QRS, le parti critiche del circuito possono trovarsi nel setto interventricolare o vicino all’epicardio della parete libera. L’area della più precoce attività elettrica registrata durante la TV può non rappresentare in realtà una parte critica del circuito della tachicardia, poiché questo può essere vari centimetri più lontano (p.es., in una piccola area cicatriziale). L’impulso può allora essere condotto lentamente finché non raggiunge un tessuto normalmente eccitabile, dove esce e si diffonde rapidamente al resto dell’endocardio per generare un complesso QRS. Tuttavia, questa area di attivazione precoce è probabilmente strettamente correlata all’origine della tachicardia il che, sulla base delle attuali conoscenze e dei risultati chirurgici, giustifica l’intervento chirurgico in questa sede. Riscontrare un’area dalla quale un’“attività elettrica continua” viene registrata raramente indica che l’intero circuito è registrato. Tuttavia, è probabile che una parte critica del circuito della tachicardia sia vicina all’area di attività elettrica continua. In alcuni pazienti, un mappaggio intramurale, utilizzando un ago-elettrodo a immersione, può risultare utile, particolarmente se l’origine della tachicardia non è nel subendocardio. La maggior parte dei centri pratica attualmente una strategia di resezione subendocardica “sequenziale”, in cui la TV è indotta, mappata e ablata (resecata o crioablata) e una stimolazione viene immediatamente ripetuta. Se può ancora essere indotta una TV, allora si ripetono mappaggio e resezione finché non è più possibile l’induzione di una TV. BIBLIOGRAFIA 1. Murgatroyd FD: “Pills and pulses”: Hybrid therapy for atrial fibrillation. J Cardiovasc Electrophysiol 13:S40, 2002. Terapia farmacologica 2. Vaughan Williams EM: The relevance of cellular to clinical electrophysiology in classifying antiarrhythmic actions. J Cardiovasc Pharmacol 20:S1, 1992. 3. Members of the Sicilian Gambit: Antiarrhythmic Therapy: A Pathophysiologic Approach. Armonk, NY, Futura Publishing Company, 1994. 4. Kowey PR, Marinchak RA, Rials SJ, Bharucha DB: Classification and pharmacology of antiarrhythmic drugs. Am Heart J 140:12, 2000. 5. Napolitano C, Schwartz PJ, Brown AM, et al: Evidence for a cardiac ion channel mutation underlying drug-induced QT prolongation and life-threatening arrhythmias. J Cardiovasc Electrophysiol 11:691, 2000. 6. Naccarelli GV, Wolbrette DL, Khan M, et al: Old and new antiarrhythmic drugs for converting and maintaining sinus rhythm in atrial fibrillation: Comparative efficacy and results of trials. Am J Cardiol 91:15D, 2003. 7. Sarkozy A, Dorian P: Advances in the acute pharmacologic management of cardiac arrhythmias. Curr Cardiol Rep 5:387, 2003. 8. Choudhury L, Grais IM, Passman RS: Torsades de pointes due to drug interaction between disopyramide and clarithromycin. Heart Dis 1:206, 1999. 9. Somberg JC, Bailin SJ, Haffajee CI, et al: Intravenous lidocaine vs intravenous amiodarone (in a new aqueous formulation) for incessant ventricular tachycardia. Am J Cardiol 90:853, 2002. 10. Aliot E, De Roy L, Capucci A, et al: Safety of a controlled-release flecainide acetate formulation in the prevention of paroxysmal atrial fibrillation in outpatients. Ann Cardiol Angeiol (Paris) 52:34, 2003. 11. Kowey PR, Yan GX, Winkel E, et al: Pharmacologic and nonpharmacologic options to maintain sinus rhythm: Guideline-based and new approaches. Am J Cardiol 91:33D, 2003. 12. Naccarelli GV, Wolbrette DL, Luck JC: Proarrhythmia. Med Clin North Am 85:503, 2001. 13. Flaker GC, Blackshear JL, McBride R, et al: Antiarrhythmic drug therapy and cardiac mortality in atrial fibrillation. The Stroke Prevention in Atrial Fibrillation Investigators. J Am Coll Cardiol 20:527, 1992. 14. The Cardiac Arrhythmia Suppression Trial Investigators: Preliminary report: Effect of encainide and flecainide on mortality in a randomized trial of arrhythmia suppression after myocardial infarction. N Engl J Med 321:406, 1989. Braun cap 30ok.indd 756 Farmaci antiaritmici di classe IA 15. Wyse KR, Ye V, Campbell TJ: Action potential prolongation exhibits simple dosedependence for sotalol, but reverse dose-dependence for quinidine and disopyramide: Implications for proarrhythmia due to triggered activity. J Cardiovasc Pharmacol 21:316, 1993. 16. Darbar D, Fromm MF, Dellorto S, Roden DM: Sympathetic activation enhances QT prolongation by quinidine. J Cardiovasc Electrophysiol 12:9, 2001. 17. Benton RE, Sale M, Flockhart DA, Woosley RL: Greater quinidine-induced QTc interval prolongation in women. Clin Pharmacol Ther 67:413, 2000. 18. Brembilla-Perrot B, Houriez P, Beurrier D, et al: Predictors of atrial flutter with 1:1 conduction in patients treated with class I antiarrhythmic drugs for atrial tachyarrhythmias. Int J Cardiol 80:7, 2001. 19. Morita N, Kobayashi Y, Iwasaki YK, et al: Pronounced effect of procainamide on clockwise right atrial isthmus conduction compared with counterclockwise conduction: Possible mechanism of the greater incidence of common atrial flutter during antiarrhythmic therapy. J Cardiovasc Electrophysiol 13:212, 2002. 20. Rials SJ, Britchkow D, Marinchak RA, Kowey PR: Electropharmacologic effect of a standard dose of intravenous procainamide in patients with sustained ventricular tachycardia. Clin Cardiol 23:171, 2000. Farmaci antiaritmici di classe IB 21. Ye VZ, Wyse KR, Campbell TJ: Lidocaine shows greater selective depression of depolarized and acidotic myocardium than propafenone: Possible implications for proarrhythmia. J Cardiovasc Pharmacol 21:47, 1993. 22. Dorian P, Cass D, Schwartz B, et al: Amiodarone as compared with lidocaine for shockresistant ventricular fibrillation. N Engl J Med 346:884, 2002. 23. Yonezawa E, Matsumoto K, Ueno K, et al: Lack of interaction between amiodarone and mexiletine in cardiac arrhythmia patients. J Clin Pharmacol 42:342, 2002. 24. Azarbayjani F, Danielsson BR: Phenytoin-induced cleft palate: Evidence for embryonic cardiac bradyarrhythmia due to inhibition of delayed rectifier K+ channels resulting in hypoxia-reoxygenation damage. Teratology 63:152, 2001. Farmaci antiaritmici di classe IC 25. Ebenroth ES, Cordes TM, Darragh RK: Second-line treatment of fetal supraventricular tachycardia using flecainide acetate. Pediatr Cardiol 22:483, 2001. 26. Arias C, Gonzalez T, Moreno I, et al: Effects of propafenone and its main metabolite, 5-hydroxypropafenone, on HERG channels. Cardiovasc Res 57:660, 2003. 27. Boriani G, Martignani C, Biffi M, et al: Oral loading with propafenone for conversion of recent-onset atrial fibrillation: A review on in-hospital treatment. Drugs 62:415, 2002. 28. Geller JC, Geller M, Carlson MD, Waldo AL: Efficacy and safety of moricizine in the maintenance of sinus rhythm in patients with recurrent atrial fibrillation. Am J Cardiol 87:172, 2001. 29. The Cardiac Arrhythmia Suppression Trial II Investigators: Effect of the antiarrhythmic agent moricizine on survival after myocardial infarction. N Engl J Med 327:227, 1992. Farmaci antiaritmici di classe II 30. Singh BN, Sarma JSM: Beta-blockers and calcium channel blockers as antiarrhythmic drugs. In Zipes DP, Jalife J (eds): Cardiac Electrophysiology: From Cell to Bedside. 3rd ed. Philadelphia, WB Saunders, 1999, pp 903-920. 31. Connolly SJ, Cybulsky I, Lamy A, et al: Double-blind, placebo-controlled, randomized trial of prophylactic metoprolol for reduction of hospital length of stay after heart surgery: The beta-Blocker Length Of Stay (BLOS) study. Am Heart J 145:226, 2003. 32. Sun W, Sarma JS, Singh BN: Chronic and acute effects of dronedarone on the action potential of rabbit atrial muscle preparations: Comparison with amiodarone. J Cardiovasc Pharmacol 39:677, 2002 33. Aimond F, Beck L, Gautier P, et al: Cellular and in vivo electrophysiological effects of dronedarone in normal and postmyocardial infarcted rats. J Pharmacol Exp Ther 292:415, 2000. 34. Camm AJ, Yap YG: What should we expect from the next generation of antiarrhythmic drugs? J Cardiovasc Electrophysiol 10:307, 1999. Farmaci antiaritmici di classe III 35. Doval HC, Nul DR, Grancelli HO, et al: Randomised trial of low-dose amiodarone in severe congestive heart failure. Grupo de Estudio de la Sobrevida en la Insuficiencia Cardiaca en Argentina (GESICA). Lancet 344:493, 1994. 36. Daoud EG, Strickberger SA, Man KC, et al: Preoperative amiodarone as prophylaxis against atrial fibrillation after heart surgery. N Engl J Med 337:1785, 1997. 37. Dorian P, Mangat I: Role of amiodarone in the era of the implantable cardioverter defibrillator. J Cardiovasc Electrophysiol 14(Suppl 9):S78, 2003. 38. The AVID Investigators: Antiarrhythmics Versus Implantable Defibril-lators (AVID)— Rationale, design, and methods. Am J Cardiol 75:470, 1995. 39. Ott MC, Khoor A, Leventhal JP, et al: Pulmonary toxicity in patients receiving low-dose amiodarone. Chest 123:646, 2003. 40. van Opstal JM, Schoenmakers M, Verduyn SC, et al: Chronic amiodarone evokes no torsades de pointes arrhythmias despite QT lengthening in an animal model of acquired long-QT syndrome. Circulation 104:2722, 2001. 41. Cardenas GA, Cabral JM, Leslie CA: Amiodarone induced thyrotoxicosis: Diagnostic and therapeutic strategies. Cleve Clin J Med 70:624, 628, 2003. 42. Sreih AG, Schoenfeld MH, Marieb MA: Optic neuropathy following amiodarone therapy. Pacing Clin Electrophysiol 22:1108, 1999. 43. Hohnloser SH, Woosley RL: Sotalol. N Engl J Med 331:31, 1994. 44. Pacifico A, Hohnloser SH, Williams JH, et al: Prevention of implantable-defibrillator shocks by treatment with sotalol. d,l-Sotalol Implantable Cardioverter-Defibrillator Study Group. N Engl J Med 340:1855, 1999. 45. Eversole A, Hancock W, Johns T, et al: Ibutilide: Efficacy and safety in atrial fibrillation and atrial flutter in a general cardiology practice. Clin Cardiol 24:521, 2001. 46. Oral H, Souza JJ, Michaud GF, et al: Facilitating transthoracic cardio-version of atrial fibrillation with ibutilide pretreatment. N Engl J Med 340:1849, 1999. 47. Kalus JS, Mauro VF: Dofetilide: A class III–specific antiarrhythmic agent. Ann Pharmacother 34:44, 2000. 48. Pedersen OD, Bagger H, Keller N, et al: Efficacy of dofetilide in the treatment of atrial 12-02-2007 12:09:18 fibrillation-flutter in patients with reduced left ventricular function: A Danish investigations of arrhythmia and mortality on dofetilide (diamond) substudy. Circulation 104:292, 2001. 49. Clemett D, Markham A: Azimilide. Drugs 59:271, discussion, 278, 2000. 50. Abrol R, Page RL: Azimilide dihydrochloride: A new class III anti-arrhythmic agent. Expert Opin Investig Drugs 9:2705, 2000. Farmaci antiaritmici di classe IV 51. De Simone A, De Pasquale M, De Matteis C, et al: Verapamil plus anti-arrhythmic drugs reduce atrial fibrillation recurrences after an electrical cardioversion (VEPARAF Study). Eur Heart J 24:1425, 2003. Altri antiaritmici 52. Strickberger SA, Man KC, Daoud EG, et al: Adenosine-induced atrial arrhythmia: A prospective analysis. Ann Intern Med 127:417, 1997. Elettroterapia delle aritmie cardiache LINEE GUIDA Terapia chirurgica delle tachiaritmie 79. Gillinov AM, McCarthy PM, Marrouche N, Natale A: Contemporary surgical treatment for atrial fibrillation. Pacing Clin Electrophysiol 26:1641, 2003. 80. Melo J, Adragao PR, Neves J, et al: Electrosurgical treatment of atrial fibrillation with a new intraoperative radiofrequency ablation catheter. Thorac Cardiovasc Surg 47(Suppl 3):370, 1999. 81. Miller JM, Rothman SA, Addonizio VP: Surgical techniques for ventricular tachycardia ablation. In Singer I (ed): Interventional Electrophysiology. New York, Williams & Wilkins, 1996, pp 641-684. 757 Terapia delle aritmie cardiache 53. Mittal S, Ayati S, Stein KM, et al: Transthoracic cardioversion of atrial fibrillation: Comparison of rectilinear biphasic versus damped sine wave monophasic shocks. Circulation 101:1282, 2000. 54. Wyse DG, Waldo AL, DiMarco JP, et al: Atrial Fibrillation Follow-up Investigation of Rhythm Management (AFFIRM) Investigators: A comparison of rate control and rhythm control in patients with atrial fibrillation. N Engl J Med 347:1825, 2002. 55. Klein AL, Grimm RA, Murray RD, et al: Use of transesophageal echo-cardiography to guide cardioversion in patients with atrial fibrillation. N Engl J Med 344:1411, 2001. 56. Morady F: Radio-frequency ablation as treatment for cardiac arrhythmias. N Engl J Med 340:534, 1999. 57. Kimman GJ, Szili-Torok T, Theuns DA, Jordaens LJ: Transvenous cryothermal catheter ablation of a right anteroseptal accessory pathway. J Cardiovasc Electrophysiol 12:1415, 2001. 58. Nabar A, Rodriguez LM, Timmermans C, Wellens HJ: Use of a saline-irrigated tip catheter for ablation of ventricular tachycardia resistant to conventional radiofrequency ablation: Early experience. J Cardiovasc Electrophysiol 12:153, 2001. 59. Rodriguez LM, Geller JC, Tse HF, et al: Acute results of transvenous cryoablation of supraventricular tachycardia (atrial fibrillation, atrial flutter, Wolff-Parkinson-White syndrome, atrioventricular nodal reentry tachycardia). J Cardiovasc Electrophysiol 13:1082, 2002. 60. Calkins H, Yong P, Miller JM, et al: Catheter ablation of accessory pathways, atrioventricular nodal reentrant tachycardia, and the atrioventricular junction: Final results of a prospective, multicenter clinical trial. The Atakr Multicenter Investigators Group. Circulation 99:262, 1999. 61. Scheinman MM: Patterns of catheter ablation practice in the United States: Results of the 1992 NASPE survey. North American Society of Pacing and Electrophysiology. Pacing Clin Electrophysiol 17:873, 1994. 62. Scheinman MM, Huang S: The 1998 NASPE prospective catheter ablation registry. Pacing Clin Electrophysiol 23:1020, 2000. 63. Hindricks G: The Multicentre European Radiofrequency Survey (MERFS): Complications of radiofrequency catheter ablation of arrhythmias. The Multicentre European Radiofrequency Survey (MERFS) investigators of the Working Group on Arrhythmias of the European Society of Cardiology. Eur Heart J 14:1644, 1993. 64. Wu J, Wu J, Olgin J, et al: Mechanisms underlying the reentrant circuit of atrioventricular nodal reentrant tachycardia in isolated canine atrioventricular nodal preparation using optical mapping. Circ Res 88:1189, 2001. 65. McGuire MA, de Bakker JM, Vermeulen JT, et al: Origin and significance of double potentials near the atrioventricular node. Correlation of extracellular potentials, intracellular potentials, and histology. Circulation 89:2351, 1994. 66. Skanes AC, Dubuc M, Klein GJ, et al: Cryothermal ablation of the slow pathway for the elimination of atrioventricular nodal reentrant tachycardia. Circulation 102:2856, 2000. 67. Scheinman MM, Gonzalez RP, Cooper MW, et al: Clinical and electrophysiologic features and role of catheter ablation techniques in adult patients with automatic atrioventricular junctional tachycardia. Am J Cardiol 74:565, 1994. 68. Chen SA, Tai CT, Chiang CE, et al: Focal atrial tachycardia: Reanalysis of the clinical and electrophysiologic characteristics and prediction of successful radiofrequency ablation. J Cardiovasc Electrophysiol 9:355, 1998. 69. Tada H, Oral H, Sticherling C, et al: Double potentials along the ablation line as a guide to radiofrequency ablation of typical atrial flutter. J Am Coll Cardiol 38:750, 2001. 70. Narasimhan C, Blanck Z, Akhtar M: Atrioventricular nodal modification and atrioventricular junctional ablation for control of ventricular rate in atrial fibrillation. J Cardiovasc Electrophysiol 9:S146, 1998. 71. Ozcan C, Jahangir A, Friedman PA, et al: Long-term survival after ablation of the atrioventricular node and implantation of a permanent pacemaker in patients with atrial fibrillation. N Engl J Med 344:1043, 2001. 72. Marrouche NF, Martin DO, Wazni O, et al: Phased-array intracardiac echocardiography monitoring during pulmonary vein isolation in patients with atrial fibrillation: Impact on outcome and complications. Circulation 107:2710, 2003. 73. Oral H, Knight BP, Ozaydin M, et al: Segmental ostial ablation to isolate the pulmonary veins during atrial fibrillation: Feasibility and mechanistic insights. Circulation 106:1256, 2002. 74. Nabar A, Rodriguez LM, Timmermans C, et al: Effect of right atrial isthmus ablation on the occurrence of atrial fibrillation: Observations in four patient groups having type I atrial flutter with or without associated atrial fibrillation. Circulation 99:1441, 1999. 75. Sosa E, Scanavacca M, d’Avila A: Transthoracic epicardial catheter ablation to treat recurrent ventricular tachycardia. Curr Cardiol Rep 3:451, 2001. 76. Marchlinski FE, Callans DJ, Gottlieb CD, Zado E: Linear ablation lesions for control of unmappable ventricular tachycardia in patients with ischemic and nonischemic cardiomyopathy. Circulation 101:1288, 2000. 77. Haïssaguerre M, Shoda M, Jaïs P, et al: Mapping and ablation of idiopathic ventricular fibrillation. Circulation 106:962, 2002. 78. Strickberger SA, Knight BP, Michaud GF, et al: Mapping and ablation of ventricular tachycardia guided by virtual electrograms using a noncontact, computerized mapping system. J Am Coll Cardiol 35:414, 2000. Thomas H. Lee Elettrocardiogramma ambulatoriale ed esami elettrofisiologici Le linee guida per l’uso appropriato dell’elettrocardiogramma ambulatoriale (ECG) sono state pubblicate per la prima volta da American College of Cardiology/American Heart Association (ACC/AHA) nel 19891 e aggiornate nel 1999.2 Insieme ad altre società scientifiche, l’ACC/AHA ha pubblicato una dichiarazione dei requisiti di competenza clinica nell’ECG ambulatoriale nel 2001.3 Linee guida per l’esecuzione delle indagini di elettrofisiologia sono state pubblicate per la prima volta nel 19894 e aggiornate nel 1995.5 Una dichiarazione per la competenza clinica è stata pubblicata dalla ACC/AHA per gli studi di elettrofisiologia e l’ablazione transcatetere nel 2000.6 L’AHA e la North American Society of Pacing and Electrophysiology (NASPE) hanno realizzato alcune raccomandazioni sulle norme di sicurezza, quali le restrizioni nella guida, nei pazienti con aritmie nel 1996.7 Da allora, gli sforzi per aggiornare le linee guida si sono focalizzati sull’appropriatezza dell’uso di pacemaker e defibrillatori impiantabili,8 riflettendo i rapidi progressi nelle conoscenze circa la capacità dei defibrillatori impiantabili di migliorare la sopravvivenza dei pazienti con aritmie con o senza uno SEF.9-11 Le linee guida per quest’ultimo argomento sono trattate nell’appendice al Capitolo 31. Braun cap 30ok.indd 757 ELETTROCARDIOGRAMMA AMBULATORIALE L’evoluzione delle linee guida per l’uso dell’ECG ambulatoriale dal 1989 al 19992 riflette importanti variazioni in numerosi ambiti, quali: La comprensione dell’utilità limitata della soppressione dell’attività ectopica ventricolare con la terapia farmacologica La validità della tecnologia digitale che facilita la trasmissione telefonica dei dati elettrocardiografici Progressi tecnici dei registratori di eventi a lungo termine Miglioramento della qualità del segnale e della sua interpretazione Miglioramento della interpretazione computerizzata delle aritmie Capacità di monitoraggio altamente sofisticata dei pacemaker e dei defibrillatori impiantabili Come risultato dei progressi raggiunti in queste aree, con l’aumentare delle conoscenze sulle aritmie, l’ECG ambulatoriale è attualmente considerato di incerta appropriatezza in molte situazioni per le quali prima era una strategia consolidata. Come nelle altre linee guida dell’ACC/AHA, le indicazioni per l’uso dell’ECG ambulatoriale vengono classificate in quattro classi: 12-02-2007 12:09:19 758 Tabella 30L–1 Linee guida dell’ACC/AHA per l’ECG ambulatoriale per la valutazione dei sintomi e delle aritmie Indicazione Classe I (indicato) Valutazione dei sintomi probabilmente correlati a disturbi del ritmo Pazienti con sincope inspiegabile, lipotimia, o vertigini episodiche la cui causa non è evidente Pazienti con palpitazioni ricorrenti inspiegate Classe IIa (buone prove di supporto) Classe IIb (deboli prove di supporto) Classe III (non indicato) Capitolo 30 Pazienti con episodi di respiro corto, dolore toracico o affaticamento non altrimenti spiegati Pazienti con eventi neurologici se si sospetta fibrillazione atriale transitoria o flutter atriale Pazienti con sintomi come sincope, lipotimia, vertigini episodiche o palpitazioni nei quali è stata identificata una probabile causa diversa da aritmia ma in cui i sintomi persistono nonostante il trattamento di questa altra causa I pazienti con sintomi come sincope, lipotimia, vertigini episodiche e palpitazioni in cui sono state identificate altre cause dall’anamnesi e dall’esame obiettivo, o da esami di laboratorio Pazienti con accidenti cerebrovascolari, senza altre evidenze di aritmia Identificazione dell’aritmia per valutare il rischio di futuri eventi cardiaci in pazienti senza sintomi da aritmia Pazienti post-IM con disfunzione VS (FE <40%) Pazienti affetti da CHF Pazienti con miocardiopatia ipertrofica idiopatica Pazienti che hanno contusione miocardica sostenuta Pazienti ipertesi con ipertrofia VS Pazienti post-IM con funzione normale del VS Aritmia preoperatoria valutazione di pazienti per chirurgia non cardiaca Pazienti con apnea durante il sonno Pazienti con cardiopatie valvolari Misurazione della variabilità della frequenza cardiaca per valutare il rischio di futuri eventi cardiaci in pazienti senza sintomi di aritmia Pazienti post-IM con disfunzione VS Pazienti affetti da CHF Pazienti con miocardiopatia ipertrofica idiopatica Pazienti post-IM con funzione normale del VS Soggetti diabetici per valutare la neuropatia diabetica Pazienti con disturbi del ritmo che precludono analisi HRV (cioè, fibrillazione atriale) Valutazione della terapia antiaritmica Per valutare la risposta al farmaco antiaritmico negli individui in cui la frequenza basale dell’aritmia è stata considerata riproducibile e abbastanza frequente per permettere l’analisi Per evidenziare risposte proaritmiche alla terapia antiaritmica nei pazienti ad alto rischio Per valutare il controllo della frequenza durante fibrillazione atriale Per documentare aritmie ricorrenti o non sostenute asintomatiche in corso di terapia ambulatoriale ACC/AHA = American College of Cardiology/American Heart Association; CHF = insufficienza cardiaca congestizia; HRV = Heart Rhythm Variability, variabilità di ritmo cardiaco; VS = ventricolare sinistra; IM = infarto del miocardio. Classe I: condizioni per cui esistono prove e/o accordo generale che la procedura è utile ed efficace. Classe II: Condizioni per le quali esistono evidenze conflittuali e/o divergenze di opinione sulla utilità/efficacia di eseguire un test. Classe IIa: Evidenze/pareri sono complessivamente a favore riguardo l’utilità/efficacia della procedura. Classe IIb: Utilità/efficacia non sono ben stabilite dalle evidenze/opinioni. Classe III: Condizioni per le quali vi sono evidenze e/o consenso unanime che il test non è utile/efficace e in alcuni casi è pericoloso. Diagnosi Nella valutazione dei sintomi che potrebbero essere correlati alle aritmie, l’ECG ambulatoriale è chiaramente considerato utile in caso di sincope (Tab. 30L-1). In caso la registrazione ambulatoriale dell’ECG Braun cap 30ok.indd 758 in continuo non sia diagnostica, possono essere utili registrazioni intermittenti. L’ECG ambulatoriale è anche supportato per la valutazione delle palpitazioni ricorrenti, particolarmente se la frequenza di questi sintomi rende ragionevolmente possibile metterli in relazione con i tracciati ottenuti durante un monitoraggio di 24 ore. Le linee guida sottolineano che i dati sull’impiego dell’ECG ambulatoriale per la valutazione della lipotimia o delle vertigini non sono sufficienti per descriverne l’efficacia diagnostica in pazienti che presentano questi sintomi. Le linee guida della ACC/AHA esplicitamente scoraggiano l’ECG ambulatoriale per i pazienti con sincope o palpitazioni se altre cause sono state identificate durante la valutazione clinica e per i pazienti con accidenti cerebrovascolari e nessuna altra evidenza di aritmia. Le linee guida cercano di ridurre gli ECG ambulatoriali eseguiti “per completezza” in questi casi. Scarso sostegno è fornito all’uso dell’ECG ambulatoriale nei casi in cui l’eziologia dei sintomi non è chiara ma 12-02-2007 12:09:19 Tabella 30L–2 Linee guida dell’ACC/AHA per l’ECG ambulatoriale per la valutazione del pacemaker e della funzione dell’ICD Classe Indicazione Classe I (indicato) Valutazione dei sintomi frequenti come palpitazioni, sincope o lipotimia per testare la funzione del dispositivo al fine di escludere inibizione miopotenziale e tachicardia pacemaker-mediata e per contribuire alla programmazione di ulteriori funzioni come la velocità di responsività e il passaggio a modalità automatica Valutazione di un sospetto deficit di componente o malfunzionamento quando l’interrogazione del dispositivo non è definitiva per porre una diagnosi Per valutare la risposta alla terapia farmacologica adiuvante nei pazienti che ricevono frequente terapia con ICD Classe IIb (deboli evidenze a supporto) Valutazione della funzionalità del pacemaker nell’immediato periodo postoperatorio dopo impianto di pacemaker o di ICD come alternativa o complemento al monitoraggio telemetrico Valutazione della frequenza di aritmie sopraventricolari in pazienti con defibrillatori impiantati Classe III (non indicato) Valutazione dell’ICD o del malfunzionamento del pacemaker quando l’interrogazione del dispositivo, ECG o altri dati disponibili (radiografia del torace e così via) sono sufficienti a stabilire una causa sottostante o la diagnosi Follow-up di routine in pazienti asintomatici ACC/AHA = American College of Cardiology/American Heart Association; ECG = elettrocardiogramma; ICD = Implantable Cardioverter-Defibrillator, cardiovertitore-defibrillatore impiantabile. Tabella 30L–3 Linee guida ACC/AHA per il monitoraggio dell’ischemia Classe Indicazione Classe I (indicato) Classe IIa (buone evidenze a supporto) Pazienti con sospetta angina variabile Classe IIb (deboli evidenze a supporto) Valutazione dei pazienti con dolore toracico che non possono eseguire lo sforzo Valutazione preoperatoria per chirurgia vascolare in pazienti che non possono effettuare sforzi Pazienti con CAD nota e dolore toracico atipico Classe III (non indicato) Valutazione iniziale dei pazienti con dolore toracico che sono in grado di effettuare sforzi Screening di routine in soggetti asintomatici ACC/AHA = American College of Cardiology/American Heart Association; CAD = Coronary Artery Disease, coronaropatia. Braun cap 30ok.indd 759 Valutazione del rischio Le linee guida dell’ACC/AHA non incoraggiano l’impiego dell’ECG ambulatoriale per l’individuazione di un’aritmia o per lo studio della variabilità del ritmo cardiaco se l’obiettivo è la valutazione del rischio di pazienti senza sintomi di aritmia, anche se essi hanno condizioni cardiovascolari come contusione miocardica, ipertrofia ventricolare sinistra o patologia valvolare (Tab. 30L-1). L’uso di routine nei pazienti in cui l’aritmia è una comune causa di morte (disfunzione ventricolare sinistra, miocardiopatia ipertrofica) è stato considerato un’indicazione classe IIb. Queste raccomandazioni hanno preceduto i dati che dimostrano l’impatto positivo dei cardiovertitori-defibrillatori impiantabili (Implantable Cardioverter-Defibrillator, ICD) nei pazienti con disfunzione ventricolare sinistra dopo infarto acuto del miocardio anche senza sintomi di aritmia.9 Questi dati più recenti possono portare a un’espansione del ruolo dell’ECG ambulatoriale nel determinare quali di questi pazienti asintomatici necessitano maggiormente di questo costoso apparecchio. Efficacia della terapia antiaritmica In mancanza di dati che dimostrano che la terapia antiaritmica orale può migliorare la sopravvivenza tramite il controllo delle aritmie ventricolari, l’ECG ambulatoriale è di scarso ausilio per valutare l’efficacia del trattamento (Tab. 30L-1). I farmaci antiaritmici orali sono importanti per il controllo delle aritmie sopraventricolari, ma la maggior parte dei pazienti con tale aritmia non ha episodi ogni giorno. I registratori di eventi possono essere utili per documentare la relazione tra sintomi e ricorrenza dell’aritmia e l’intervallo tra gli episodi, al fine di guidare il trattamento. Le linee guida dell’ACC/AHA forniscono alcuni supporti per l’uso dell’ECG ambulatoriale per il riscontro di proaritmie durante l’inizio del trattamento farmacologico, ma i pazienti ad alto rischio per tali complicanze tendono a iniziare tali farmaci da degenti. Terapia delle aritmie cardiache Classe IIa (buone evidenze a supporto) in cui la probabilità di evidenziare una aritmia insospettata è bassa 759 (indicazioni della classe IIb). Valutazione della funzione del pacemaker e dell’ICD L’ECG ambulatoriale è stato considerato appropriato per la valutazione della funzionalità di pacemaker e ICD, ma il ruolo dell’ECG ambulatoriale sta decadendo grazie alla presenza di funzioni di diagnosi e monitoraggio insite nei nuovi dispositivi. L’ECG ambulatoriale può fornire utili informazioni correlando la sintomatologia con l’attività del dispositivo ed evidenziando difetti di sensing e di cattura durante un follow-up cronico (Tab. 30L-2). Tuttavia, le linee guida dell’ACC/AHA sottolineano che l’ECG ambulatoriale non deve essere usato quando i dati disponibili interrogando il dispositivo sono sufficienti per guidare la gestione clinica. Monitoraggio dell’ischemia miocardica Le linee guida dell’ACC/AHA del 1999 non sostengono in maniera inequivocabile l’indicazione all’impiego routinario in clinica del monitoraggio ECG ambulatoriale per l’ischemia miocardica (Tab. 30L-3). La sola indicazione per cui la task force giudicava che c’era una buona evidenza a sostegno era nei pazienti con sospetta angina variante. Questo approccio non era considerato un’alternativa di prima scelta al test da sforzo per i pazienti incapaci di eseguire uno sforzo. Competenza clinica Le dichiarazioni dell’ACC/AHA sulla competenza clinica raccomandano che si debbano interpretare almeno 150 elettrocardiogrammi ambulatoriali sotto supervisione per acquisire la competenza minima con questa tecnologia.3 Un minimo di 25 interpretazioni di test per anno era raccomandata per mantenere la competenza. 21-02-2007 19:08:28 760 Tabella 30L–4 Linee guida dell’ACC/AHA per lo studio clinico elettrofisiologico intracardiaco per la valutazione di specifiche anomalie elettrocardiografiche Capitolo 30 Indicazioni Classe I (opportuno) Classe II (controverso) Classe III (inopportuno) Valutazione della funzione del nodo del seno Pazienti sintomatici in cui si sospetta una disfunzione del nodo del seno alla base della sintomatologia ma in cui il nesso di causalità tra l’aritmia e i sintomi non è stato stabilito dopo un’appropriata valutazione Pazienti con disfunzione del nodo del seno documentata nei quali la valutazione della conduzione atrioventricolare (AV) o ventricoloatriale (VA) o la predisposizione alle aritmie può aiutare nella scelta della modalità di stimolazione elettrica più appropriata Pazienti con bradiaritmie sinusali documentate elettrocardiograficamente per determinare se le anomalie sono dovute a malattia intrinseca, disfunzione del sistema nervoso autonomo o agli effetti dei farmaci in modo da facilitare la scelta terapeutica Pazienti sintomatici con bradiaritmie sinusali documentate per valutare l’eventuale presenza di altre aritmie alla base della sintomatologia Pazienti sintomatici in cui l’associazione tra sintomi e bradiaritmia documentata è stata stabilita e la scelta terapeutica non viene influenzata dai risultati dello SEF Pazienti asintomatici con bradiaritmie sinusali o pause sinusali osservate solo durante il sonno, compresa l’apnea durante il sonno Blocco AV acquisito Pazienti sintomatici con sospetto blocco del sistema His-Purkinje alla base della sintomatologia non ancora documentato Pazienti con blocco AV di secondo o terzo grado trattati con pacemaker ma ancora sintomatici e nei quali si sospetta un’altra aritmia alla base della sintomatologia Pazienti con blocco AV di secondo o terzo grado nei quali la conoscenza della sede del blocco o il suo meccanismo o la risposta alla terapia farmacologica o ad altri interventi temporanei può aiutare nella gestione terapeutica o a stabilire la prognosi Pazienti con sospetta depolarizzazione giunzionale prematura occulta come causa del blocco AV di secondo o terzo grado (cioè, pseudoblocco AV) Pazienti sintomatici nei quali i sintomi e la presenza del blocco AV sono correlati ai reperti ECG Pazienti asintomatici con blocco AV transitorio associato a bradicardia sinusale (p.es., blocco AV di II grado tipo I notturno) Ritardo cronico della conduzione intraventricolare Pazienti sintomatici in cui la causa dei sintomi è sconosciuta Pazienti asintomatici con blocco di branca nei quali si intende effettuare una terapia farmacologica che potrebbe incrementare il ritardo della conduzione o provocare un blocco cardiaco Pazienti asintomatici con ritardo di conduzione intraventricolare Pazienti sintomatici nei quali i sintomi possono essere correlati o esclusi attraverso un ECG Tachicardia con QRS stretti (complesso QRS <0,12 sec) Pazienti con episodi frequenti o scarsamente tollerati di tachicardia che non risponde adeguatamente alla terapia farmacologica e nei quali le informazioni sulla sede di origine, meccanismo e proprietà elettrofisiologiche delle vie di conduzione della tachicardia sono essenziali per la scelta della terapia appropriata (farmaci, ablazione transcatetere, stimolazione elettrica o chirurgia) Pazienti che preferiscono la terapia ablativa al trattamento farmacologico Pazienti con frequenti episodi di tachicardia che richiedono terapia farmacologica per i quali si temono effetti proaritmici o effetti dei farmaci antiaritmici sul nodo del seno o sulla conduzione AV Pazienti in cui la tachicardia è facilmente controllata da manovre vagali e/o che tollerano bene la terapia farmacologica e che non sono candidati a terapie alternative Tachicardie a complessi larghi Pazienti con tachicardia a QRS largo in cui la diagnosi corretta è poco chiara dopo l’analisi dei tracciati ECG disponibili e in cui conoscere la diagnosi corretta è necessario per il trattamento Nessuna Pazienti con TV o TSV con conduzione aberrante o sindrome da preeccitazione diagnosticate con certezza in base ai criteri ECG e nei quali i dati dello SEF invasivo non influenzerebbero la terapia. Tuttavia, i dati ottenuti dallo SEF di base in questi pazienti potrebbero essere utili come guida per la conseguente terapia Braun cap 30ok.indd 760 12-02-2007 12:09:20 761 Tabella 30L–4 Linee guida dell’ACC/AHA per lo studio clinico elettrofisiologico intracardiaco per la valutazione di specifiche anomalie elettrocardiografiche – continuazione Classe I (opportuno) Classe II (controverso) Classe III (inopportuno) Sindrome del QT lungo Nessuna Individuazione dell’effetto proaritmico di un farmaco in un paziente che ha avuto TV sostenuta o arresto cardiaco durante la somministrazione del farmaco Pazienti con anomalie dubbie della durata dell’intervallo QT o dell’aspetto dell’onda TU con sincope o aritmie sintomatiche, nei quali gli effetti delle catecolamine possono smascherare una specifica anomalia del QT Pazienti con allungamento congenito del QT clinicamente evidente, con o senza aritmie sintomatiche Pazienti con sindrome del QT lungo acquisita con sintomi strettamente correlati a una causa o a un meccanismo identificabili Sindrome di WolffParkinson-White Pazienti valutati per l’ablazione transcatetere o chirurgica di una via accessoria Pazienti con preeccitazione ventricolare sopravvissuti a un arresto cardiaco o che presentano sincope inspiegabile Pazienti sintomatici in cui la determinazione del meccanismo dell’aritmia o la conoscenza delle proprietà elettrofisiologiche della via accessoria e del sistema di conduzione normale sarebbe di aiuto nel determinare la terapia appropriata Pazienti asintomatici con storia familiare di morte cardiaca improvvisa o con preeccitazione ventricolare ma non aritmie spontanee che hanno occupazioni o attività ad alto rischio e in cui conoscere le proprietà elettrofisiologiche della via accessoria o della tachicardia inducibile è utile a stabilire le raccomandazioni per l’attività o la terapia futura Pazienti con preeccitazione ventricolare sottoposti a intervento cardiochirurgico per altre ragioni Pazienti asintomatici con preeccitazione ventricolare, eccetto quelli in classe II Complessi ventricolari prematuri, coppie e TV non sostenuta Nessuna Pazienti con altri fattori di rischio per eventi aritmici futuri, quali bassa frazione d’eiezione, ECG signal-averaged positivo e TV non sostenuta alla registrazione ECG ambulatoriale nei quali lo SEF verrà usato per un’ulteriore valutazione del rischio e per guidare la terapia nei pazienti con TV inducibile Pazienti gravemente sintomatici con complessi prematuri ventricolari di morfologia uniforme, coppie e TV non sostenuta che sono considerati potenziali candidati all’ablazione transcatetere Pazienti asintomatici o lievemente sintomatici con complessi ventricolari prematuri, coppie e TV non sostenuta senza altri fattori di rischio per un’aritmia sostenuta Terapia delle aritmie cardiache Indicazioni ACC/AHA = American College of Cardiology/American Heart Association; ECG = elettrocardiografia; TV = tachicardia ventricolare. STUDIO ELETTROFISIOLOGICO PER LA DIAGNOSI Le linee guida dell’ACC/AHA per l’uso di procedure elettrofisiologiche intracardiache del 19894 e 19956 riflettono il ruolo emergente della ablazione transcatetere come strategia terapeutica ma non completamente la ridotta importanza dei farmaci antiaritmici e il crescente ruolo degli ICD. Nonostante ciò, la maggior parte dei temi base di queste linee guida restano tuttora validi. Queste linee guida, che sono più vecchie della maggior parte delle linee guida dell’ACC/AHA, usano un sistema più semplice a tre categorie per valutare l’appropriatezza, in cui le indicazioni di classe II non sono divise in indicazioni con più o meno sostegni. Valutazione della funzione del nodo del seno La valutazione clinica della disfunzione del nodo del seno è spesso difficile a causa della natura episodica delle anomalie sintomatiche e dell’ampia variabilità della funzione del nodo del seno tra i soggetti asintomatici. Test invasivi sulla funzione sinusale possono valutare la capacità del nodo del seno di recuperare dopo soppressione mediante overdrive e calcolare la conduzione senoatriale applicando extrastimoli atriali o pacing atriale. Braun cap 30ok.indd 761 Le linee guida dell’ACC/AHA considerano lo studio elettrofisiologico del nodo del seno più appropriato per pazienti con disfunzione sospetta ma non dimostrata dopo una valutazione non invasiva (Tab. 30L-4). Viceversa, le linee guida considerano tale studio inappropriato quando una bradiaritmia documentata si correla con i sintomi del paziente ed è improbabile che il trattamento sia influenzato da uno SEF. Gli studi sono stati considerati inappropriati anche nei pazienti asintomatici e in quelli che hanno pause sinusali solo durante il sonno. Nel caso in cui le bradiaritmie siano riconosciute come causa dei sintomi del paziente, si riteneva che i dati dello SEF avessero una appropriatezza possibile ma dubbia (classe II) nel precisare il trattamento di scelta. Blocco atrioventricolare acquisito Le linee guida dell’ACC/AHA sottolineano che lo SEF è inappropriato (classe III) se i segni ECG correlano con i sintomi e i dati dello SEF non modificano la terapia (p.es., documentare la conduzione del fascio di His di rado migliora il trattamento per un paziente quando altri dati clinici indicano che il posizionamento di un pacemaker permanente è giustificato per un blocco AV avanzato sintomatico). Allo stesso modo, lo SEF non è appropriato nei pazienti asintomatici con blocco 12-02-2007 12:09:20 762 AV di grado lieve che probabilmente non richiedono l’impianto di un pacemaker. In base a queste linee guida, lo SEF della conduzione AV deve essere eseguito in caso non sia stata dimostrata una relazione tra la sintomatologia del paziente e il blocco AV; in tali pazienti, alla base dei sintomi potrebbe esservi un’altra aritmia. Ritardo cronico intraventricolare Capitolo 30 Secondo le linee guida dell’ACC/AHA, il ruolo principale dello SEF nei pazienti con HV prolungato non è di predire future complicanze ma di determinare se i sintomi dell’aritmia sono dovuti a ritardi di conduzione o blocco oppure ad altre aritmie. La sola indicazione di classe I (chiaramente appropriata) per lo SEF riguarda i pazienti sintomatici nei quali l’eziologia dei sintomi è sconosciuta. Le linee guida specificatamente scoraggiano questi test nei pazienti asintomatici e forniscono soltanto prove equivoche per pazienti asintomatici con blocco di branca nei quali è da considerare il trattamento con farmaci che potrebbero aumentare il ritardo di conduzione. Tachicardie con complessi QRS stretti e larghi. Le linee guida dell’ACC/AHA definiscono ruoli differenti per i test elettrofisiologici nei pazienti con tachicardia a complessi stretti e larghi. Nella tachicardia con complessi QRS stretti, il sito di formazione dell’impulso anomalo o il circuito di rientro possono essere spesso determinati con un ECG a 12 derivazioni. Quindi, lo SEF in questo contesto è considerato adeguato più come guida alla gestione terapeutica che come strumento diagnostico. Le indicazioni di classe I per i test elettrofisiologici includono pazienti con tachicardia ricorrente in cui i dati provenienti dallo studio possono aiutare il medico nella scelta tra terapia farmacologica, ablazione transcatetere, stimolazione elettrica o chirurgia. Tuttavia, lo SEF non è considerato utile nei pazienti con tachicardie ben controllate da manovre vagali o da farmaci e che quindi non sono candidati a terapie non farmacologiche. Nelle tachicardie a complessi larghi, l’identificazione del sito di origine è spesso impossibile con il solo tracciato ECG. Tuttavia, lo SEF consente una diagnosi accurata praticamente in tutti i pazienti. Dal momento che la conoscenza del meccanismo dell’aritmia è essenziale per la scelta della terapia ottimale, in queste linee guida lo SEF è stato ritenuto appropriato (classe I) per la diagnosi delle tachicardie con complessi QRS larghi. Tuttavia, quando la diagnosi è chiara grazie ad altri dati ed è improbabile che lo SEF influenzi la terapia, le linee guida lo considerano inappropriato. Sindrome del QT lungo. Le linee guida dell’ACC/AHA non considerano gli esami elettrofisiologici per nessuna indicazione per l’uso di routine in pazienti con sindrome del QT lungo. Non è chiaro se l’infusione di catecolamine durante lo studio possa individuare i pazienti ad alto rischio di complicanze o se lo SEF possa essere impiegato per valutare effetti proaritmici in questa popolazione. Sindrome di Wolff-Parkinson-White. Lo SEF è utile in pazienti con questa malattia sia per la diagnosi e sia per programmare la terapia. Le linee guida dell’ACC/AHA considerano lo SEF appropriato per i pazienti candidati all’ablazione chirurgica o transcatetere, per quelli che hanno presentato arresto cardiaco o sincope inspiegabile o per quei pazienti la cui gestione potrebbe essere modificata dalla conoscenza delle proprietà elettrofisiologiche della via accessoria e del normale sistema di conduzione. Nei pazienti asintomatici, tuttavia, lo SEF si ritiene inappropriato eccetto che in speciali condizioni, quali pazienti con occupazioni ad alto rischio o con un’anamnesi familiare positiva per morte cardiaca improvvisa. Alcune patologie riconosciute più recentemente come la sindrome di Brugada, la tachicardia catecolaminergica e la miocardiopatia ventricolare destra non sono considerate. Tachicardia ventricolare non sostenuta. Anche nei pazienti con complessi prematuri ventricolari, coppie e TV non sostenuta, l’utilità dello SEF è compromessa dalla mancanza di strategie terapeutiche che dimostrino un miglioramento della prognosi. Non vi sono indicazioni chiaramente appropriate per lo SEF in questi pazienti e le linee guida li hanno scoraggiati nei pazienti senza altri fattori di rischio per aritmie sostenute. Gli sudi pubblicati a partire da queste linee guida suggeriscono che le eccezioni potrebbero includere i pazienti che soddisfano i criteri degli studi Multicenter Automatic Defibrillator Implantation Trial (MADIT) o Multicenter Unsustained Tachycardia Trial (MUSTT). Per pazienti che presentano criteri suggestivi per una prognosi sfavorevole, gli studi elettrofisiologici sono ritenuti avere una appropriatezza probabile ma non provata (classe II). Tabella 30L–5 Linee guida dell’ACC/AHA per lo studio elettrofisiologico intracardiaco per la valutazione delle sindromi cliniche Indicazione Classe I (opportuno) Classe II (controverso) Classe III (inopportuno) Sincope inspiegabile Pazienti con sospetta malattia cardiaca strutturale e sincopi che rimangono non spiegate dopo un’appropriata valutazione Pazienti con sincope ricorrente inspiegabile senza cardiopatia strutturale e tilt test negativo Pazienti con cause note di sincope nei quali il trattamento non è guidato dai risultati dello SEF Pazienti sopravvissuti all’arresto cardiaco Pazienti sopravvissuti a un episodio di arresto cardiaco senza evidenza di infarto miocardico acuto con onda Q Pazienti sopravvissuti a un arresto cardiaco che si è verificato più di 48 ore dopo la fase acuta di IM in assenza di evento ischemico recidivo Pazienti sopravvissuti a un arresto cardiaco causato da bradiaritmia Pazienti sopravvissuti a un arresto cardiaco che si ritiene associato a un’anomalia congenita della ripolarizzazione (sindrome del QT lungo) nei quali i risultati degli esami non invasivi sono dubbi Pazienti sopravvissuti a un arresto cardiaco verificatosi durante la fase acuta (<48 ore) dell’IM Pazienti con arresto cardiaco conseguente a cause specifiche chiaramente individuabili come ischemia reversibile, stenosi valvolare aortica grave o sindrome del QT lungo congenita o acquisita documentata mediante esami non invasivi Palpitazioni inspiegabili Pazienti con palpitazioni in cui la frequenza del polso è stata documentata dal personale medico come inadeguatamente rapida e in cui le registrazioni ECG non riescono a documentare la causa delle palpitazioni Pazienti con palpitazioni che precedono un episodio sincopale Pazienti con palpitazioni clinicamente significative di sospetta origine cardiaca con sintomatologia sporadica e pertanto di difficile documentazione. Lo studio è eseguito per determinare i meccanismi delle aritmie, indirizzare o somministrare la terapia o stabilire la prognosi Pazienti con palpitazioni documentate come conseguenti a cause extracardiache (p.es., ipertiroidismo) ACC/AHA = American College of Cardiology/American Heart Association; ECG = elettrocardiografia; IM = infarto miocardico. Braun cap 30ok.indd 762 12-02-2007 12:09:20 763 Tabella 30L–6 Linee guida dell’ACC/AHA per lo studio elettrofisiologico intracardiaco per l’intervento terapeutico Indicazioni Classe I (appropriato) Classe II (controverso) Classe III (inappropriato) Guida alla terapia farmacologica Pazienti con TV sostenuta o arresto cardiaco, specialmente quelli con un pregresso IM Pazienti con TRNAV, tachicardia da rientro AV che utilizza una via accessoria o fibrillazione atriale associata con una via accessoria per i quali si prevede una terapia farmacologica cronica Pazienti con tachicardia da rientro del nodo del seno, tachicardia atriale, fibrillazione atriale o flutter atriale senza sindrome da preeccitazione ventricolare per i quali è programmata una terapia farmacologica cronica Pazienti con aritmie non inducibili durante uno SEF di controllo per i quali è programmata la terapia farmacologica Pazienti con complessi prematuri atriali o ventricolari isolati Pazienti con fibrillazione ventricolare con causa reversibile individuata chiaramente Pazienti candidati all’impianto o portatori di dispositivi elettrici impiantabili Pazienti con tachiaritmie, prima e durante l’impianto, e nel corso della programmazione finale (predimissione) di un dispositivo elettrico per confermare la capacità del sistema di funzionare come previsto Pazienti con dispositivo elettrico antitachiaritmia impiantato in cui le modificazioni dello stato o la terapia possono aver influenzato la sicurezza e l’efficacia del dispositivo stesso Pazienti portatori di pacemaker per bradiaritmia a cui viene impiantato un cardiovertitoredefibrillatore, per testare le interazioni tra i dispositivi Indicazioni alla procedura di ablazione transcatetere Pazienti con tachiaritmie atriali sintomatiche con frequenza ventricolare non adeguatamente controllata tranne nel caso in cui sia possibile un’ablazione primitiva della tachiaritmia atriale Pazienti con tachiaritmie atriali sintomatiche, come quelli citati sopra, ma quando i farmaci non sono tollerati o il paziente non desidera assumerli anche se la frequenza ventricolare potrebbe essere controllata Pazienti con tachicardia giunzionale non parossistica sintomatica che è farmacoresistente o nel caso il paziente sia intollerante al farmaco o non voglia assumerlo Pazienti rianimati da morte cardiaca improvvisa causata da flutter atriale o da fibrillazione atriale con risposta ventricolare rapida in assenza di una via accessoria Pazienti con pacemaker bicamerale e tachicardia mediata dal pacemaker non efficacemente trattata con terapia farmacologica o riprogrammazione del pacemaker stesso Ablazione transcatetere a radiofrequenza per TRNAV Pazienti sintomatici con TRNAV sostenuta in caso di farmacoresistenza o se il paziente è intollerante al farmaco o non desidera una terapia farmacologica a lungo termine Pazienti con TRNAV sostenuta individuata durante lo SEF o l’ablazione transcatetere di un’altra aritmia Riscontro di una doppia fisiologia della via nodale e di echi atriali senza TRNAV durante lo SEF in un paziente con sospetto clinico di TRNAV Pazienti non candidati all’impianto di dispositivi elettrici Pazienti con tachiaritmie atriali responsive a una terapia farmacologica accettabile per il paziente Terapia delle aritmie cardiache Pazienti con una precedente e documentata indicazione all’impianto di un pacemaker per testare la modalità più appropriata di stimolazione elettrica a lungo termine e la sede per migliorare la sintomatologia e l’emodinamica Pazienti con TRNAV responsiva alla terapia farmacologica che è ben tollerata e preferita dal paziente all’ablazione Riscontro di una doppia fisiologia della via nodale (con o senza echi complessi) durante lo SEF in pazienti in cui non si sospetta una TRNAV in base ai dati clinici Continua Braun cap 30ok.indd 763 12-02-2007 12:09:21 764 Tabella 30L–6 Linee guida dell’ACC/AHA per lo studio elettrofisiologico intracardiaco per l’intervento terapeutico – continuazione Capitolo 30 Indicazione Classe I (appropriato) Classe II (dubbio) Classe III (inappropriato) Ablazione di tachicardia atriale, flutter e fibrillazione: sedi atrio/ atriali Pazienti con tachicardia atriale in caso di farmacoresistenza o intolleranza del paziente ai farmaci o scarsa compliance del paziente alla terapia farmacologica a lungo termine Pazienti con flutter atriale farmacoresistente o per intolleranza del paziente al farmaco o il paziente non vuole una terapia farmacologica a lungo termine Flutter atriale o tachicardia atriale associata a fibrillazione atriale parossistica quando la tachicardia è farmacoresistente o il paziente è intollerante al farmaco o non vuole una terapia farmacologica a lungo termine Pazienti con fibrillazione atriale ed evidenza di un sito (siti) d’origine localizzato quando la tachicardia è farmacoresistente o il paziente è intollerante al farmaco o non vuole una terapia farmacologica a lungo termine Paziente con aritmia atriale che risponde a una terapia farmacologica, ben tollerata e preferita dal paziente all’ablazione Pazienti con tachicardia atriale polimorfa Ablazione di tachicardia atriale, flutter e fibrillazione: vie accessorie Paziente con tachicardia da rientro AV sintomatica quando è farmacoresistente o il paziente è intollerante al farmaco o non vuole una terapia farmacologica a lungo termine Pazienti con fibrillazione atriale (o altre tachiaritmie atriali) e risposta ventricolare rapida attraverso la via accessoria quando la tachicardia è farmacoresistente o il paziente è intollerante al farmaco o non vuole una terapia farmacologica a lungo termine Pazienti con tachicardia da rientro AV o fibrillazione atriale con risposta ventricolare rapida individuata durante lo SEF di un’altra aritmia Pazienti asintomatici con preeccitazione ventricolare le cui abitudini di vita, professione, attività importanti, stato assicurativo o stato mentale o sicurezza pubblica verrebbero influenzati da tachiaritmie spontanee o dalla presenza di anomalie ECG Pazienti con fibrillazione atriale e risposta ventricolare controllata attraverso la via accessoria Pazienti con familiarità positiva per morte cardiaca improvvisa Pazienti che hanno aritmie correlate alla via accessoria responsive a una terapia farmacologica ben tollerata e preferita dal paziente all’ablazione Ablazione di TV Pazienti con TV sintomatica sostenuta e monomorfa quando la tachicardia è farmacoresistente o il paziente è intollerante al farmaco o non vuole una terapia farmacologica a lungo termine Pazienti con TV da rientro di branca Pazienti con TV sostenuta monomorfa e ICD che ricevono numerose scariche elettriche non gestibili mediante riprogrammazione del dispositivo o concomitante terapia farmacologica TV non sostenuta sintomatica quando la tachicardia è farmacoresistente o il paziente è intollerante al farmaco o non vuole una terapia farmacologica a lungo termine Pazienti con TV responsiva ai farmaci, all’ICD o alla terapia chirurgica e nel caso in cui il trattamento sia ben tollerato e preferito dal paziente rispetto all’ablazione TV instabile, ad alta frequenza, multipla o polimorfa non adeguatamente localizzata attraverso le comuni tecniche di mappaggio TV non sostenuta asintomatica e clinicamente benigna ACC/AHA = American College of Cardiology/American Heart Association; AV = atrioventricolare; TRNAV = tachicardia da rientro del nodo AV; ECG = elettrocardiografiche; ICD = Implantable Cardioverter-Defibrillator, cardiovertitore-defibrillatore impiantabile; IM = infarto miocardico; SEF = studio elettrofisiologico; TV = tachicardia ventricolare. Sincope inspiegabile Le linee guida dell’ACC/AHA raccomandano una bassa soglia per l’impiego dello SEF nei pazienti con sincope inspiegabile se essi hanno anche una cardiopatia strutturale (Tab. 30L-5). Tuttavia, nei pazienti senza cardiopatia strutturale, l’apporto dello SEF è di scarsa utilità. Quindi, le linee guida dell’ACC/AHA raccomandano una soglia più alta per l’impiego dello SEF in tali pazienti e suggeriscono che il tilt test possa essere uno studio più utile. Sopravvissuti all’arresto cardiaco Le linee guida dell’ACC/AHA considerano i test elettrofisiologici appropriati per i pazienti che sono sopravvissuti a un arresto cardiaco in condizioni diverse dalla fase precoce di un IMA (Tab. 30L-5). Sin dalla Braun cap 30ok.indd 764 pubblicazione di queste linee guida, il consenso all’utilità dell’ICD è divenuto più diffuso e molti di questi pazienti hanno ricevuto tale dispositivo senza test elettrofisiologici oppure sono stati sottoposti a uno SEF limitato al momento dell’impianto. Le linee guida considerano gli SEF inappropriati quando l’arresto cardiaco si verifica entro le prime 48 ore da un infarto miocardico o quando l’arresto cardiaco è causato da cause specifiche chiaramente definibili. Palpitazioni inspiegabili La procedura di scelta per determinare la causa delle palpitazioni è l’ECG ambulatoriale, secondo le linee guida dell’ACC/AHA. Le linee guida suggeriscono di riservare lo SEF ai pazienti con palpitazioni associate a sincope o a quelli in cui l’ECG non ha documentato la causa delle palpitazioni ma in cui è stata riscontrata dal personale 12-02-2007 12:09:21 sanitario una rapida frequenza del polso (Tab. 30L-5). Lo SEF è di dubbio valore nei pazienti con sintomi così sporadici da non poter essere documentati durante la registrazione dell’ECG ambulatoriale. STUDI ELETTROFISIOLOGICI PER INTERVENTO TERAPEUTICO La linee guida ACC/AHA del 1995 per l’appropriatezza dello SEF nel guidare la terapia farmacologica e i dispositivi elettrici impiantabili non riflettono completamente il declino del ruolo dei farmaci antiaritmici e l’incremento dell’uso degli ICD per il trattamento di pazienti che hanno avuto un arresto cardiaco (Tab. 30L-6). Tuttavia, le linee guida che raccomandano l’ablazione transcatetere sono ancora in gran parte valide. Le caratteristiche comuni tra le indicazioni appropriate comprendono le aritmie sopraventricolari sintomatiche, quelle non controllate dai farmaci data la limitata efficacia, gli effetti collaterali, la scarsa tollerabilità e le aritmie che hanno causato morte cardiaca improvvisa. L’ablazione transcatetere è anche utile in alcuni pazienti 765 con TV, sebbene i pazienti con grave cardiopatia strutturale tendano ad avere molteplici sedi di origine dell’aritmia e siano pertanto candidati non ideali per questa metodica. L’ablazione è talvolta utile come aggiunta all’impianto dell’ICD per limitare gli episodi di TV che richiedono l’intervento dell’ICD. COMPETENZA CLINICA Le dichiarazioni dell’ACC/AHA sulla competenza clinica del 20006 consigliano che un medico specializzato in elettrofisiologia esegua un minimo di 1 anno di addestramento specialistico in test elettrofisiologici, durante il quale deve essere primo operatore e analizzare 100-150 studi diagnostici iniziali. Almeno 50 di questi studi devono riguardare pazienti con aritmie sopraventricolari. Poiché i dispositivi antiaritmici rappresentano la gran parte dell’attuale pratica elettrofisiologica, le linee guida suggeriscono che coloro che si addestrano devono essere Aritmia Privato Commerciale Tachicardia ventricolare non sostenuta B3 se sintomi di alterazioni di coscienza con aritmia prima del trattamento A se non alterazione di coscienza con aritmia B6 se sintomi di alterazioni di coscienza con aritmia prima del trattamento A se non alterazione di coscienza con aritmia Tachicardia ventricolare sostenuta B6 B3 se TV idiopatica (coronarie normali, normale funzione ventricolare) e nessuna alterazione di coscienza C B6 se TV idiopatica (coronarie normali, normale funzione ventricolare) e non alterazione della coscienza Fibrillazione ventricolare B6 C TSV asintomatica o lievemente sintomatica (inclusa sindrome di WPW) A A TSV sintomatica (evidenza di compromissione emodinamica) B fino a dopo l’inizio della terapia che elimina i sintomi B fino a dopo l’inizio della terapia che elimina i sintomi Fibrillazione atriale trattata con ablazione transcatetere del nodo AV B B TSV con sintomi non controllati C C Bradicardia senza un pacemaker – no sintomi A A Bradicardia senza un pacemaker – sincope e lipotimia C C Bradicardia con un pacemaker – non pacemaker-dipendente* A A Bradicardia con un pacemaker – pacemaker dipendente* B – 1 settimana B – 4 settimane Sincope vasovagale – lieve A B1 B3 B6 Terapia delle aritmie cardiache Tabella 30L–7 Linee guida dell’AHA/NASPE per una sicura ripresa delle attività (classi di restrizione) Sincope vasovagale – grave Sincope vasovagale trattata Sincope vasovagale non trattata C C Sincope da malattia del seno carotideo – lieve A A Sincope da malattia del seno carotideo – grave, trattata con controllo B1 B1 Sincope da malattia del seno carotideo – grave, trattata con incerto controllo B3 B6 Non trattata C C AHA/NASPE = American Heart Association/North American Society of Pacing and Electrophysiology; AV = atrioventricolare; TSV = tachicardia sopraventricolare; WPW = sindrome di Wolff-Parkinson-White. Classe A = nessuna restrizione; classe B = limitato per mesi (nel sottoscritto); classe C = restrizione totale. *I pazienti pacemaker-dipendenti sono definiti come quelli che hanno perso coscienza in passato a causa di bradiaritmie. Questo gruppo include anche i pazienti immediatamente dopo l’ablazione della giunzione AV o qualsiasi altro paziente in cui un improvviso deficit del pacemaker potrebbe provocare un’alterazione dello stato di coscienza. Da Epstein AE, Miles WM, Benditt DG, et al: Personal and public safety issues related to arrhythmias that may affect consciousness: Implications for regulation and physician recommendations. Circulation 94:1147, 1996. Braun cap 30ok.indd 765 12-02-2007 12:09:21 766 primi operatori in almeno 25 valutazioni elettrofisiologiche di dispositivi impiantabili antiaritmici. Per mantenere la competenza, è consigliato un minimo di 100 esami diagnostici elettrofisiologici all’anno. Le linee guida raccomandano anche che gli specialisti in elettrofisiologia abbiano almeno 30 ore di formale educazione medica continua ogni 2 anni per essere aggiornati sui cambiamenti delle conoscenze e della tecnologia. Per i medici che eseguono l’ablazione transcatetere, il NASPE Ad Hoc Committee on Catheter Ablation raccomanda che l’addestramento includa almeno 30 ablazioni, di cui almeno 15 devono essere ablazioni di una via accessoria;12 l’ACC/AHA raccomanda che tali medici debbano eseguire almeno 20-50 ablazioni all’anno. PROBLEMI DI SICUREZZA PERSONALE E PUBBLICA Capitolo 30 L’AHA e la NASPE hanno pubblicato un documento medico-scientifico nel 1996 sui problemi riguardanti la sicurezza personale e pubblica che insorgono nella cura dei pazienti con aritmie.7 Questa pubblicazione riassume le linee guida di altri organismi, come la U.S. Federal Aviation Administration e i pochi dati disponibili per valutare il rischio di danno al paziente e altri connessi alle aritmie; essa ha fornito raccomandazioni sulle attività accettabili nei pazienti con aritmie che possono compromettere coscienza. Le linee guida AHA/NASPE dividono i pazienti in tre classi. I pazienti di classe A non dovrebbero avere restrizioni. I pazienti di classe B hanno limitazioni per un tempo definito senza recidive aritmiche, di solito dopo un intervento terapeutico (Tab. 30L-7). Questo periodo è in genere espresso come una nota in pedice che indica il numero di mesi di restrizione (p.es., B3). I pazienti in classe C hanno una restrizione totale ad attività potenzialmente rischiose. Le restrizioni sono state divise in due categorie: guidare per motivi personali o non commerciali e guidare o volare per motivi commerciali. Tranne in casi altrimenti specificati, le raccomandazioni per il volo sono le stesse dei guidatori commerciali. Le linee guida sottolineano che le raccomandazioni per la restrizione alla guida commerciale possono anche essere di rilievo per persone con altre occupazioni potenzialmente pericolose, come operatori di attrezzature pesanti. Le limitazioni imposte dalle linee guida variano a seconda della gravità dell’aritmia e dei sintomi di accompagnamento (Tab. 30L-7). La durata della restrizione è più breve per pazienti che non hanno avuto un peggioramento della sintomatologia con la loro aritmia, mentre aumenta per pazienti che continuano ad avere la sintomatologia e che hanno avuto fibrillazione ventricolare o TV sostenuta. I pazienti che hanno presentato una di queste aritmie dovrebbero avere una restrizione completa alla guida o al volo commerciale in accordo con queste linee guida. Queste raccomandazioni sono per i pazienti trattati sia con farmaci antiaritmici sia con ICD. Le linee guida raccomandano di proibire la guida privata a tutti i guidatori per i primi 6 mesi dopo l’impianto dell’ICD; dopo questo periodo, si può riprendere la guida se non si è verificata alcuna scarica dell’ICD. Le linee guida raccomandano di proibire in permanenza la guida commerciale dopo impianto di ICD. Una speciale menzione è stata fatta sui pazienti con sindrome del QT lungo. Quando il prolungamento del QT è acquisito e dovuto interamente o in parte a fattori reversibili come gli squilibri elettrolitici, alla maggior parte dei pazienti è permessa la guida dopo correzione di tali fattori. I pazienti che hanno una sindrome del QT lungo sintomatica non hanno privilegi sulla guida; coloro che sono asintomatici con o senza trattamento possono riprendere a guidare dopo 6 mesi di intervallo libero da sintomi. Per i pazienti con TSV, le linee guida non impongono limitazioni più severe per la guida commerciale rispetto a quella privata. Nessuna restrizione è indicata per i pazienti con TSV con sintomi scarsi o assenti (Tab. 30L-7). Nei pazienti che hanno avuto sintomi suggestivi di compromissione emodinamica (p.es., sincope, presincope, dolore toracico o dispnea), le linee guida consigliano restrizioni sino a dopo l’inizio della terapia che elimina i sintomi. I pazienti con TSV che sembra efficacemente ablata possono guidare dopo la guarigione dalla procedura. I pazienti trattati con terapia farmacologica devono avere un periodo di almeno 1 mese libero da sintomi prima di ripren- Braun cap 30ok.indd 766 dere la guida, secondo la frequenza della tachicardia pre-terapia. Se i sintomi non possono essere controllati, si consiglia una restrizione piena permanente. Nessuna restrizione è indicata per i pazienti con bradiaritmie asintomatiche o che hanno un pacemaker ma non sono pacemakerdipendenti, cioè, i pazienti che in passato hanno perso conoscenza a causa della bradiaritmia. Sono anche “pacemaker-dipendenti” i pazienti immediatamente dopo l’ablazione del nodo AV o qualsiasi altro paziente in cui un improvviso deficit del pacemaker potrebbe causare un’alterazione della coscienza. I pazienti che sono stati pacemaker-dipendenti e che hanno ricevuto un pacemaker dovrebbero essere limitati per 1-4 settimane, a seconda che siano guidatori privati o commerciali. I pazienti che hanno avuto sincope o presincope correlate a bradiaritmie che non sono portatori di pacemaker devono avere restrizioni totali e permanenti. Nessuna o solo modeste restrizioni sono consigliate per i pazienti con lieve sincope vasovagale o sincope del seno carotideo. Le linee guida così scritte (Tab. 30L-7) consentono al clinico un ampio margine nel determinare la durata della restrizione. Bibliografia 1. Knoebel SB, Crawford MH, Dunn MI, et al: Guidelines for ambulatory electrocardiography. A report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Assessment of Diagnostic and Therapeutic Cardiovascular Procedures (Subcommittee on Ambulatory Electrocardiography). J Am Coll Cardiol 12:249, 1989. 2. Crawford MH, Bernstein SJ, Deedwania PC, et al: ACC/AHA guidelines for ambulatory electrocardiography. A report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines (Committee to Revise the Guidelines for Ambulatory Electrocardiography). J Am Coll Cardiol 34:866, 1999. 3. Kadish AH, Buxton AE, Kennedy HL, et al: ACC/AHA clinical competence statement on electrocardiography and ambulatory electrocardiography. A report of the ACC/AHA/ACP-ASIM Task Force on Clinical Competence (ACC/AHA Committee to Develop a Clinical Competence Statement on Electrocardiography and Ambulatory Electrocardiography). Circulation 104:3169, 2001. 4. Zipes DP, Akhtar M, Denes P, et al: Guidelines for clinical intracardiac electrophysiology studies. A report of the American College of Cardiology/ American Heart Association Task Force on Assessment of Diagnostic and Therapeutic Cardiovascular Procedures (Subcommittee to Assess Clinical Intracardiac Electrophysiologic Studies). J Am Coll Cardiol 14:1827, 1989. 5. Zipes DP, DiMarco JP, Gillette PC, et al: Guidelines for clinical intracardiac electrophysiology studies and catheter ablation procedures. A report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines (Subcommittee on Clinical Intracardiac Electrophysiologic and Catheter Ablation Procedures). J Am Coll Cardiol 26:555, 1995. 6. Tracy CM, Akhtar M, DiMarco JP, et al: American College of Cardiology/ American Heart Association Clinical Competence Statement on invasive electrophysiology studies, catheter ablation, and cardioversion. A report of the American College of Cardiology/American Heart Association/American College of Physicians-American Society of Internal Medicine Task Force on Clinical Competence. Circulation 102:2309, 2000. 7. Epstein AE, Miles WM, Benditt DG, et al: Personal and public safety issues related to arrhythmias that may affect consciousness: Implications for regulation and physician recommendations. Circulation 94:1147, 1996. 8. Gregoratos G, Abrams J, Epstein AE, et al: ACC/AHA/NASPE 2002 Guideline Update for Implantation of Cardiac Pacemakers and Antiarrhythmia Devices – summary article: A report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines (ACC/AHA/NASPE Committee to Update the 1998 Pacemaker Guidelines). J Am Coll Cardiol 40:1703, 2002. 9. Moss AJ, Zareba W, Hall WJ, et al: Prophylactic implantation of a defibrillator in patients with myocardial infarction and reduced ejection fraction. N Engl J Med 346:877, 2002. 10. Bansch D, Antz M, Boczor S, et al: Primary prevention of sudden death in idiopathic dilated cardiomyopathy: The Cardiomyopathy Trial (CAT). Circulation 105:1453, 2002. 11. Ezekowitz JA, Armstrong PW, McAlister FA: Implantable cardioverter defibrillators in primary and secondary prevention: A systematic review of randomized, controlled trials. Ann Intern Med 138:445, 2003. 12. Scheinman MM: Catheter ablation for cardiac arrhythmias, personnel, and facilities. North American Society of Pacing and Electrophysiology Ad Hoc Committee on Catheter Ablation. Pacing Clin Electrophysiol 15:715, 1992. 12-02-2007 12:09:22