LA FILOSOFIA DEL POSITIVISMO 1. Positivismo e società borghese

6 - LA FILOSOFIA DEL POSITIVISMO
1. Positivismo e società borghese
2. Le tesi fondamentali del Positivismo
3. Positivismo, Romanticismo e Illuminismo
4. John Stuart Mill: Positivismo ed empirismo
5. Evoluzionismo e Positivismo
POSITIVISMO E SOCIETÀ
1. Positivismo e società borghese
L'età del Positivismo occupa gran parte del XIX secolo. Infatti Auguste Comte
(1798-1857) inaugura nel 1830 l’elaborazione teorica con la pubblicazione della
sua opera più importante, il Corso di filosofia positiva (1830-1842), destinata a
costituire in seguito un punto di riferimento fondamentale per tutti i filosofi e gli
scienziati di indirizzo positivista, ma la fase di egemonia intellettuale e sociale si
dispiega solo nella seconda metà del secolo. Infatti, mentre nella prima metà del
secolo il positivismo appare offuscato dalla preponderante influenza romanticoidealistica, successivamente diviene la filosofia egemone della cultura europea.
È un'età particolare per l'Europa poiché a partire dai decenni centrali del secolo si
assiste al definitivo affermarsi di quella classe che era stata protagonista della
Rivoluzione francese e dell'età napoleonica, la borghesia.
Il decollo della scienza, della tecnica, del sistema industriale e degli scambi
commerciali, e l'estensione della cultura su larga scala determinano in questo
periodo un clima generale di fiducia entusiastica nelle forze dell'uomo e nelle
potenzialità della scienza e della tecnica.
L'affermarsi della società borghese va di pari passo alla notevole espansione in
tutta Europa dell'industria moderna, basata sul lavoro degli operai, sull'impiego
delle macchine nel processo produttivo, e quindi interessata sempre più alle
applicazioni tecniche del sapere scientifico.
Cambiano anche molti altri aspetti della società: inizia il dominio coloniale
europeo, vengono intensificati i trasporti e migliorati i mezzi di comunicazione;
aumentano le grandi concentrazioni urbane; si forma il proletariato, cioè la massa
di popolazione impiegata nel processo di produzione industriale. Il positivismo
riflette questi cambiamenti e rappresenta la cultura e la filosofia della società
borghese e industriale
Nel complesso, il positivismo della seconda metà del secolo appare quindi come
la filosofia della moderna società industriale e tecnico-scientifica, e come
l'espressione culturale delle speranze, degli ideali e delle infatuazioni ottimistiche
che tutt'a un tratto caratterizzarono la storia moderna. Non a caso, esso si
sviluppò principalmente in quelle nazioni (come l'Inghilterra, la Francia e la
Germania) che all'epoca erano all'avanguardia per progresso industriale e tecnicoscientifico, mentre impiegò più tempo ad affermarsi nei paesi (come l'Italia) che
si trovavano invece in maggiore ritardo sotto questo aspetto. Dal punto di vista
socio-politico, il positivismo della seconda metà dell'Ottocento può essere
considerato come l'ideologia tipica della borghesia liberale dell'Occidente. A questo proposito, Ludovico Geymonat ha osservato che, sebbene non si possa
sostenere in modo rigido l'equazione "positivismo = borghesia", riducendo in tal
modo un movimento di pensiero così complesso a determinate matrici sociali
(tanto più che, da parte della borghesia, il positivismo trovò non solo
incoraggiamenti, ma anche opposizioni), indubbiamente, nel suo complesso, esso
BORGHESE
Il positivismo la filosofia ___________
_______ nella ____________________
_________________
La seconda metà dell’Ottocento: la
definitiva ______________________
_________________________
la fiducia nella ___________________
e nella ________________________
industria, lavoro ________________ e
_____________________
Il positivismo la filosofia della società
______________:
l’ottimistica _______________ nella
società _______________________
ctr
marxismo (critica della società _______
____________ e de suoi ____________
________________________
131
espresse anche, e in modo accentuato, gli ideali e i punti di vista della borghesia,
con la quale condivise la mentalità ottimistica circa la moderna società industriale
e la tendenza politica ostile al rivoluzionarismo marxista che proprio in quegli
anni andava elaborando una visione fortemente critica dell'esistente, anzi una vera
e propria fotografia in negativo dei "costi umani" collegati alle strutture socioeconomiche del capitalismo industriale.
La rilevanza del Positivismo nell'ambito della cultura ottocentesca è stata
notevole. Infatti, per la sua capacità di porsi come interprete dei dinamismi della
società industriale moderna e dello sviluppo tecnico scientifico, esso ha finito per
divenire un'autentica «moda culturale» e per rappresentare la forma mentis di
tutta un'età. Di conseguenza, come si è parlato di un'« epoca» o di una «civiltà»
rinascimentale o illuministica, così si può discorrere, a buon diritto, di un'epoca o
di una civiltà positivistica, il cui «spirito» si estende dalla letteratura alla politica,
dall'arte alla storiografia, dalla pedagogia all'antropologia criminale. Senza
riferimento all' «atmosfera» positivista non si comprenderebbero, ad esempio,
decisivi fenomeni letterari come il realismo ed il verismo (che rappresentano la
«concretizzazione artistica del richiamo positivista ai « fatti».
La ___________________ positivista :
letteratura: _______________________
________________________
arte: ___________________________
LE OPERE
A. COMTE, Corso di filosofia positiva (1830-42)
S. MILL, Sistema di logica deduttiva e induttiva (1843)
H. SPENCER, I primi principi (1862-93)
C. DARWIN, L'origine delle specie per mezzo della selezione naturale (1859)
C. DARWIN, L'origine dell'uomo e la selezione sessuale (1871)
2. Le tesi fondamentali del Positivismo
2.1 La fiducia nella scienza e il rifiuto della metafisica
2.2 La scienza come strumento per la soluzione dei problemi della società e
dell'uomo
LE TESI FONDAMENTALI DEL
POSITIVISMO
2.1 La fiducia nella scienza e il rifiuto della metafisica
Il movimento positivistico risente in particolare dei grandi progressi che
l'indagine scientifica e le sue applicazioni tecniche attuano, dalla matematica alla
fisica, dalla chimica alla medicina, dall'analisi della società all'analisi della mente.
Di questo processo di maturazione rende pienamente conto lo sforzo teorico di
Auguste Comte1, il quale, osservando la specializzazione crescente delle diverse
discipline scientifiche, rinuncia a elaborare in sede filosofica una visione
complessiva della realtà, per concentrarsi invece su un lavoro di sistemazione e
classificazione dei campi del sapere secondo i rispettivi oggetti e le rispettive
metodologie. Compito della filosofia non è più quello di accedere a una
conoscenza metafisica dei principi, ma piuttosto quello di indicare le linee di
sviluppo che hanno permesso ai diversi saperi dell'uomo di pervenire al loro
stadio «scientifico».
Il filosofo positivista, secondo Comte, deve quindi assecondare il progresso che a
partire dal Seicento, con la rivoluzione astronomica e con l'avvento della nuova
fisica, le singole scienze hanno avviato per proprio conto. Tale progresso non
1
Per la vita e le opere vedi pag. 148
Comte:
filosofia  no __________________
ma
capire come i saperi sono pervenuti ___
_______________________
132
coincide soltanto con una crescente accumulazione di dati e di conoscenze
specifiche, ma ha il suo momento culminante nell'adozione di una prospettiva
nuova, ossia di un nuovo metodo di indagine, fondato sulla sistematica
osservazione dei fatti naturali e sulla elaborazione delle leggi corrispondenti.
I contenuti filosofici del positivismo possono essere raccolti intorno ad alcune tesi
principali non solo condivise dai protagonisti del movimento, ma via via
largamente diffuse nell'opinione pubblica.
La tesi fondamentale del positivismo, come emerge già da quanto si è detto di
Comte, è quella che considera la scienza come la sola forma di sapere valido.
Tutti i grandi filosofi del passato, da Aristotele a Kant, avevano preso in seria
considerazione il problema della scienza (intesa come un tipo di conoscenza
nettamente superiore a quella comune), ma i positivisti affrontano la stessa
questione da un'angolatura notevolmente diversa, senza più cercare nella filosofia
il fondamento della scienza, ma fondando piuttosto la prima sulla seconda. In virtù dei suoi innegabili successi teorici e pratici, la scienza è ormai un'impresa del
tutto autosufficiente. Questi successi convincono tutte le persone di buon senso
che essa ha ormai imboccato la via giusta.
Questa tesi ha due corollari, innanzitutto: il metodo scientifico è il modello al
quale deve uniformarsi qualsiasi conoscenza che aspiri a una qualche verità. Si
tratta di un modello che consiste nel privilegiare l'osservazione e l'esperienza
("empirismo") e nel ricercare leggi di carattere generale che consentano di
spiegare e prevedere i fenomeni osservati. Secondo il positivismo questo metodo
deve essere applicato anche allo studio dei fenomeni umani e sociali: non c'è,
quindi, alcuna differenza di impostazione fra scienze della natura e scienze
dell'uomo.
Tale corollario, o meglio la stessa fiducia nella scienza, ha quindi a suo
fondamento anche un’altra tesi condivisa dai positivisti: la persuasione che il
mondo è una realtà sostanzialmente omogenea, governata da leggi regolari che si
possono gradualmente individuare.
Il secondo corollario che deriva dal considerare la scienza come la sola forma di
Il metodo scientifico:
osservazioni _____________ 
_____________________________
LE TESI FONDAMENTALI DEL POSITIVISMO
1 - _____________________________
non filosofia che __________ la ______
______________________
ma _____________________________
________________________________
sulla base dei _____________________
______________________________
2 - ____________________________
______________________________
LE TESI FONDAMENTALI DEL POSITIVISMO
1 - la scienza come la sola forma di sapere valido
A - ________________________________________________________________________________________________
B -________________________________________________________________________________________________
C - ________________________________________________________________________________________________
Ruolo filosofia:
a – Comte: _________________________________________________ della scienza
________: riflettere ______________________________________ dell'opera scientifica
______________: una specie di super-scienza: ________________________________________________________________
2 - ________________________________________________________________________________________________________
3 _________________________________________________________________________________________________________
sapere valido impone di considerare conoscenza non vera quella che deriva da
esperienze conoscitive che non raggiungono il rigore metodologico richiesto dalla
scienza positiva (pensiamo per esempio all'arte, all'esperienza religiosa o
all'etica); tali campi devono riconoscere nella scienza una fonte superiore di verità
133
ogni volta che si delinea la possibilità di un conflitto fra le diverse sfere culturali;
da questo corollario deriva, come è evidente, l'affermazione del sapere scientifico
come criterio ultimo di orientamento e legittimazione in seno alla società.Ciò
significa fare dell'esperienza e della ragione i punti di riferimento della filosofia,
per cercare di eliminare da essa le questioni ritenute non risolvibili
empiricamente, come per esempio quelle della metafisica e della teologia
tradizionali, o come le concezioni idealistiche della realtà. Così, ad esempio
Comte contrappone al «chimerico» della metafisica il reale, ai sistemi ipoteticoastratti le osservazioni e i ragionamenti «positivi» (ossia controllabili). D’altra
parte lo stesso termine"positivismo" è l'abbreviazione di «filosofia positiva», e
"positivo è utilizzato in riferimento a ciò che è reale e concreto, cioè "fondato su
fatti osservati e discussi", in opposizione quindi a ciò che è immaginario e
astratto, cioè meramente "congetturale".
Positivismo designa quindi una filosofia che si basa sui fatti e sull'esperienza, su
ciò che si ritiene essere reale e non immaginario. Il termine, con la sua
opposizione a "ciò che è congetturale", è coniato da Claude-Henri de Rouvroy,
conte di Saint-Simon (1760-1825), ma entra nell'uso comune dopo la ripresa
fattane da Comte, il principale esponente del positivismo francese. E proprio la
Francia può essere considerata la patria del movimento, così come era stata un
centro fondamentale dell'Illuminismo; dalla Francia il movimento si diffonde
subito in Inghilterra, da cui provengono gli altri due esponenti di maggior spicco
del movimento ovvero John Stuart Mill (1806-73) e Herbert Spencer (1820-1903),
e, con un po' di ritardo, giunge in Germania e in Italia.
Fiducia nella scienza e rifiuto della metafisica accomunano pertanto tutti i
positivisti, siano essi filosofi di professione o cultori di scienze particolari.
Resta da chiedersi quale posto occupi per i positivisti la filosofia. Quasi tutti i
positivisti, chi più e chi meno, riconoscono qualche campo di indagine alla
disciplina filosofica (campo che varia da pensatore a pensatore), anche se,
generalmente, si tratta di un margine piuttosto ristretto e subordinato alla scienza,
di cui finisce per essere un completamento. Gli atteggiamenti adottati in merito
dai Positivisti, sebbene piuttosto variegati, possono essere considerati tre. Il primo
è quello proposto da Comte, secondo cui la filosofia altro non è se non una
classificazione e una storia della scienza (ed è proprio ciò che egli fa nei suoi
scritti), con l'inevitabile conseguenza che la filosofia si riduce ad epistemologia
(studio della scienza e riflessione su di essa).
Del secondo atteggiamento è vessillifero John Stuart Mill: si tratta di un
atteggiamento caratterizzato da una maggiore attenzione per i problemi logicometodologici: la filosofia viene cioè ridotta a pura logica e metodologia, ovvero è
tenuta a riflettere sui metodi e sulla logica dell'opera scientifica (e non è un caso
che la principale opera di Mill si intitoli Logica ). Il terzo ed ultimo
atteggiamento, proposto da Spencer, è quello che più di tutti dà peso alla filosofia,
ma che tende anche di più a ridurla a scienza: in definitiva, per Spencer e per gli
altri positivisti che la pensano come lui, la filosofia è una specie di super-scienza;
ciascuno di noi, infatti, ha le sue esperienze quotidiane e tende a generalizzarle
per trarne delle regole di comportamento (e la scienza fa la stessa cosa, in maniera
sistematica, per quel che riguarda la natura), ma poi, al di là delle leggi
relativamente generali, è possibile individuare leggi generalissime che non
valgono per un campo della realtà piuttosto che per un altro, ma, viceversa,
valgono per tutta quanta la realtà.
Con Spencer, poi, affiora l'elemento che forse più contraddistingue il Positivismo
rispetto al razionalismo seicentesco e settecentesco: se è vero che in comune
hanno il marcato interesse per le scienze (a tal punto da arrivare a considerarle
come unico sapere valido), tuttavia è diverso il tipo di scienza a cui fanno appello.
Infatti, quando la filosofia prende come modello di indagine la scienza, tende
Comte:
chimerico ctr ______________________
positivo = _____________________
_________________________
L’origine __________________ del
Positivismo: ________________
La diffusione in __________________:
________________ e ______________
Spencer: _____________________
come_______________________
dopo _______________________
(____________________________)
134
sempre a scegliere quella più in voga al momento, cosicchè se ai suoi tempi
Platone si era servito della scienza medica di matrice ippocratea, i filosofi del
Seicento e del settecento, invece, avevano preferito la fisica matematizzata di
stampo galileiano e newtoniano, e il "Discorso sul metodo" di Cartesio ne è una
prova lampante, poichè il pensatore francese afferma esplicitamente di aver
ravvisato nella matematica il vero modello conoscitivo. Spencer e i positivisti, dal
canto loro, vivono in un'epoca in cui sulla fisica newtoniana è prevalsa la
biologia, maggiormente in sintonia con gli slanci vitalistici tipici dell'età
romantica: ecco perchè, a differenza dell'Illuminismo e del razionalismo, il
Positivismo sceglie la biologia e, in particolare, Spencer estende l'evoluzionismo
biologico all'intera realtà.
2.2 La scienza come strumento per la soluzione dei problemi della società e
dell'uomo
Una terza tesi consiste nella fiducia che la scienza rappresenti lo strumento per la
soluzione dei problemi della società e dell'uomo, costituendo quindi una visione
ottimistica del futuro dell'umanità. Poiché la scienza è in continua espansione,
questo porta con sé la fiducia che il progresso sociale e scientifico condurrà a una
società migliore e più giusta: il positivismo è accompagnato, insomma, da
ottimismo e fiducia nell'avvenire.
Una profonda fede nel progresso del sapere e della società, non più affidato ad
agenti metafisici, ma che spesso viene concepito in modo acritico e necessario,
come una sorta di dinamismo inarrestabile, inscritto nelle cose stesse.
Questo ottimismo — presente soprattutto nelle classi dirigenti e capitalistiche, ma
anche nelle classi popolari, le quali rispetto al passato vivono effettivamente in
condizioni più agiate, o meno dure — si traduce in un vero e proprio culto per il
pensiero scientifico e tecnico.
Così, se l'Umanesimo aveva celebrato soprattutto il modello umano del filologo,
l'Illuminismo quello del filosofo e il Romanticismo quello del poeta, il
positivismo esalta in primo luogo lo scienziato, di cui incarnazione massima è
considerato quel "Newton della biologia" che è Charles Darwin. E, accanto allo
scienziato, il positivismo glorifica l'industriale, l'ingegnere, il medico e anche il
maestro, visto come diffusore di cultura presso la povera gente. Tutte queste
figure diverranno celebri anche grazie a una serie di rappresentazioni letterarie
molto note — da quelle di Jules Verne a quelle di Edmondo De Amicis —, delle
quali il positivismo rappresenta la forma e la coscienza filosofica.
L'ottimismo della borghesia in ascesa induce a pensare che l'umanità sia sulla
strada di continui miglioramenti nelle condizioni di vita materiale e intellettuale,
prevalentemente grazie ai progressi della conoscenza scientifica. A partire da
queste premesse, il positivismo assume una spiccata valenza sociale, in quanto il
progresso delle scienze è da esso considerato come il vettore di un corrispondente
progresso materiale della società.
Secondo Comte poiché “sono le idee che dirigono il mondo” è il sapere a
condizionare l’organizzazione complessiva della società, come dimostra la legge
dei tre stadi che secondo il filosofo francese scandisce e guida il processo di
sviluppo delle culture e delle civiltà umane. Nel Corso di filosofia positiva, la sua
opera principale, la legge afferma che ogni conoscenza, nel corso del suo
sviluppo, attraversa necessariamente tre fasi successive: uno stadio teologico, uno
stadio metafisico e uno stadio scientifico o «positivo».
Lo «stadio teologico», o «fittizio», rappresenta la prima fase dello sviluppo della
conoscenza, sia individuale sia collettiva. A questo stadio gli uomini cercano di
3 - ____________________________
___________________________
il modello umano ________________
_________________________________
COMTE: LA LEGGE DEI TRE STADI
Sapere  _______________________
Tre stadi:
1 - ______________________________
Sapere: ricerca _________________
_________________________ 
eventi naturali prodotti da ____________
_______________________________
135
conoscere la natura ultima delle cose e le loro cause finali: essi si rappresentano
perciò i fenomeni naturali e gli eventi del mondo come prodotti dall'intervento di
entità soprannaturali (frutto della fantasia umana).
Lo «stadio metafisico», o «astratto», rappresenta la seconda fase dello sviluppo
dello spirito umano, di collegamento fra il primo e il terzo. In esso le spiegazioni
degli eventi del mondo vengono cercate non in entità soprannaturali ma in entità e
forze astratte, essenze profonde inerenti ai vari enti, le quali darebbero conto della
natura e del comportamento di tali enti. Appartengono a esso, per esempio, le
teorie della sostanza della filosofia moderna (vedi la sostanza estesa e pensante di
Cartesio).
Nello «stadio positivo», o «scientifico», invece, gli uomini abbandonano il ricorso
a entità soprannaturali e metafisiche e cercano la spiegazione degli eventi in
«leggi generali», cioè nelle relazioni costanti che reggono il comportamento dei
fenomeni osservati. A esse si giunge non attraverso l'immaginazione e la fantasia
ma attraverso il ragionamento, che fa ricorso a ipotesi, le quali, a loro volta,
devono essere verificate dall'osservazione empirica. A questo stadio si raggiunge
infine la conoscenza scientifica della realtà e si afferma una vera e propria
«filosofia positiva».
La legge dei tre stadi non è concepita da Comte solo come la legge di sviluppo
della civiltà umana nel suo complesso: è anche la legge dello sviluppo psichico e
culturale dell'individuo, che passa nel corso della sua vita dallo stadio teologico
dell'infanzia allo stadio positivo della maturità: «chi di noi non ricorda,
contemplando la sua propria storia - chiede Comte - che è stato successivamente,
rispetto alle nozioni più importanti, "teologo" nella sua infanzia, "metafisico"
nella sua giovinezza e "fisico" nella sua virilità?».
La legge, applicandosi al progresso delle conoscenze umane, definisce però anche
il senso complessivo della civiltà europea e la direzione generale della storia. A
una determinata fase di sviluppo delle conoscenze corrisponde infatti una
determinata forma di organizzazione della società. Ciò significa che l'umanità ha
attraversato, in momenti successivi, una fase teologica (dalle società arcaiche al
Medioevo), una fase metafisica (coincidente con il periodo «critico» che va dal
Rinascimento alla Rivoluzione francese) e una fase scientifica, la cui piena e
definitiva realizzazione è, tuttavia, ancora in corso di svolgimento. Allo stadio
teologico corrisponde l'organizzazione militare della società, allo stadio
metafisico corrisponde quella fase di transizione che culmina, come appena
accennato, nella Rivoluzione francese, mentre allo stadio positivo corrisponde la
società industriale.
Comte definisce epoche «organiche» la prima e la terza, che corrispondono ai
modelli teologico e scientifico: in queste fasi le società sono organizzate secondo
scopi ben determinati e la loro omogeneità è assicurata dalla condivisione di un
sistema comune di credenze. Rispetto a esse, la fase intermedia si caratterizzerebbe, invece, come un'epoca «critica», non essendo organizzata secondo
principi e valori fortemente condivisi da tutto il corpo sociale, ma mostrando
invece una spiccata tendenza alla disgregazione e alla negazione delle credenze
precedenti.
Comte ritiene che la nuova filosofia positiva possa indicare le linee per costruire il
nuovo ordine sociale, quello della società industriale, grazie al concorso di tutte
le conoscenze scientifiche e sulla base di un costante incremento del potenziale
tecnico-industriale. L'analisi di Comte, da questo punto di vista, procede in una
direzione opposta rispetto a quella di Marx. Egli non riconosce infatti alcun ruolo
emancipativo autonomo alla classe lavoratrice e non considera la lotta di classe
come strumento di progresso, ma solo come fattore di disordine. La nuova società
dovrà sorgere piuttosto dallo sforzo congiunto di tutti i partecipanti, accettando
tuttavia come un dato di fatto la duplice funzione egemonica della classe degli
società: _________________________
2 - ____________________________
Sapere: ricerca ____________________
spiegazione dei ____________________
società: transizione
3 - _____________________________
Sapere: ________________________
società: ________________________
legge dello sviluppo della __________
__________ e dell’_________________
Epoche __________________ e di
__________________________
136
industriali e della classe intellettuale degli scienziati.
Una diversa vocazione "sociale" è presente nel Positivismo inglese che si ispira
all’utilitarismo di Jeremy Bentham (1748-1832). Esso altro non è se non quella
tesi etico-politica basata sull'idea che il fondamentale valore etico da perseguire
sia la ricerca della felicità, intesa come somma dei piaceri; per
raggiungerla,occorre effettuare, in una maniera che evoca l'antico epicureismo, un
3 - LA SCIENZA COME
STRUMENTO PER LA SOLUZIONE DEI PROBLEMI DELLA SOCIETÀ E DELL'UOMO
___________: un nuovo ordine sociale grazie alle ______________________________ - funzione egemonica di ____________
____________________________________________
Positivismo inglese:
D. Ricardo (1772-1823)
Contro ______________ interessi privati e ________________ (_________) interessi ____________ delle diverse classi sociali.
________________ molla sistema quindi per lo _____________ sua difesa contro rendita fondiaria e ___________________
J. Bentham (1748-1832):
Utilità = la felicità del _________________________________________ che non può essere raggiunta _________________________
ma deve essere _________________________________________
J. S. Mill ( ___________- _____________)
diritti di libertà dell'individuo + _______________________________________
necessità di ______________________________________ per realizzare la maggiore felicità possibile per il maggior numero di uomini
T. R. Malthus ( ___________- _____________)
crescente divario in atto tra crescita demografica e _______________________________  singolo individuo ________________ e
privi ________________________________ perché _________________________________________________________________
H. Spencer
dalla ________________________________ (società ________________) alla cooperazione _______________ (società ________________)
calcolo dei piaceri. Ma l'utilitarismo non implica puramente la ricerca del piacere
immediato (ed è in questo che si distingue dall'edonismo), bensì sostiene la
ricerca del piacere differito e, soprattutto, la felicità come somma di piaceri non
viene intesa su un piano esclusivamente individuale, ma, al contrario, come
felicità collettiva, destinata al maggior numero possibile di persone (quest'idea era
vivissima anche nell'Illuminismo di Beccaria, ad esempio). Bentham fa quindi
dell’utilità il parametro fondamentale non della sola attività del singolo, ma anche
di quello delle istituzioni. Infatti, come l’utilità è alla base dell’attività morale del
singolo allo stesso modo alla base dell’azione delle istituzioni vi deve essere
l’utilità, la felicità del massimo numero possibile di persone; utilità che non può
essere raggiunta spontaneamente dal mercato ma deve essere ricercata attivamente
dalle istituzioni, come volevano i democratici.
Oltrechè all'Illuminismo i sostenitori dell'utilitarismo si rifanno al liberalismo. Si
tratta però di un liberalismo concepito in maniera diversa da autore ad autore: il
pastore anglicano Thomas Robert Malthus (1766-1834), dopo aver sostenuto, a
seguito di una lucida analisi, il crescente divario in atto tra la crescita demografica
e quella delle risorse per la sussistenza, si faceva portavoce di un liberalismo
137
radicale e sfrenato, secondo cui ogni singolo individuo è e deve essere libero e
privo di assistenza e solidarietà, in modo tale che a prevalere siano i più forti, a
soccombere i più deboli.
Già nei primi decenni dell’Ottocento l’ottimismo di Smith venne in parte
rivisto da nuove analisi economiche e nuove teorie sociali.
Infatti, negli stessi anni di Malthus, David Ricardo (1772-1823), era in
disaccordo con l'estremismo del pastore anglicano e metteva in forse l’ottimismo
liberista di Adam Smith dubitando dell’esistenza di quella mano invisibile
(ipotizzata da Smith) che fa sì che se ciascuno persegue legittimamente i propri
interessi personali, alla fine aiuta tutti.
Nell’ottica di Ricardo infatti l’armonia degli interessi privati e collettivi viene
sostituita da un’analisi degli interessi contrastanti delle diverse classi sociali.
Le categorie necessarie per studiare il sistema economico sono, secondo
Ricardo, la rendita, il profitto e il salario, sulla base dei quali si definiscono tre
gruppi sociali: i proprietari terrieri, i capitalisti industriali e i lavoratori salariati.
Tra di essi si distribuisce la ricchezza globale e da ciò nasce la conflittualità
economica e sociale. Secondo Ricardo il profitto è la molla del nuovo sistema:
ne deriva quindi che una sua compressione dovuta a benefici eccessivi sul
versante della rendita fondiaria o del salario intralcerebbe lo sviluppo generale.
Da ultimo, John Stuart Mill il cui liberalismo di impronta democratica e
progressista, non si limita a sancire i diritti di libertà dell'individuo di fronte ai
poteri dello Stato, ma punta altresì al riconoscimento di alcuni di quei diritti di
natura sociale che appaiono sempre più minacciati nelle condizioni della moderna
società industriale. Mill nutre, infatti, la convinzione che si debbano orientare il
mercato e la società in una direzione che possa realizzare la maggiore felicità
possibile per il maggior numero di uomini (e le tesi di Malthus non spingono certo
in tale direzione). In altre parole, l'economia, secondo i dettami del liberismo più
genuino, va lasciata al suo corso affinchè produca il più possibile; ma poi, in
ambito politico, bisogna invece intervenire per realizzare una più equa
distribuzione delle ricchezze.
Mill denuncia inoltre la tendenza moderna a una crescente burocratizzazione e le
minacce di un dispotismo dell'opinione pubblica. Egli insiste sugli aspetti
mistificatori dell'idea della sovranità popolare e addita il regime plebiscitario di
Napoleone III come esempio di un sistema dove il consenso di massa è
manipolato e non implica una vera libertà politica . Analogamente Mill polemizza
contro il socialismo, perché intravede nei suoi ideali egualitari il rischio di
un’oppressione della società sull’individuo. La libertà politica infatti, secondo
Mill, è misurata dalla possibilità di dissenso individuale: non solo e non tanto
dalla centralità del principio di maggioranza, quanto piuttosto dalla garanzia dei
diritti delle minoranze. Il pluralismo è una sua condizione essenziale.
Mill d’altra parte non argomenta il principio della libertà politica sulla base di un
ragionamento di tipo giusnaturalistico (in base cioè a un supposto diritto
naturale): egli ritiene che l'idea di diritti presociali inalienabili sia solo una
finzione teorica. La giustificazione di Mill è piuttosto di tipo utilitaristico. Per
Mill la libertà politica dovrebbe essere preferita perché essa è più del
dispotismo idonea a favorire il benessere gener al e: in primo luogo, perché educa
gli individui, sviluppa le loro capacità e li rende più forti e coraggiosi; in secondo
luogo, perché consente di sperimentare diverse possibili soluzioni per i
problemi sociali e dunque accresce la razionalità delle scelte politiche; e, in
terzo luogo, perché il sentimento di libertà, a parità di altre condizioni, rende gli
uomini più felici.
Mill si pronuncia a favore dell'istruzione universale e dell'estensione del
suffragio.
Sostiene l’opportunità di mettere alla prova le ipotesi socialiste su piccola scala,
Mill:
I pericoli __________________________
1 ________________________________:
manipolazione ______________________
2_________________________________:
__________________________________
Libertà politica = ___________________
_________________________________
La giustificazione ___________________
della democrazia:
democrazia = + _________________
_________________ perché:
1 _________________________________
2 _________________________________
3 _________________________________
138
in forme cooperative, e di praticare politiche di redistribuzione del reddito, al
fine di diffondere in tutti gli strati della società quella possibilità di libera
espressione della personalità che la sperequazione delle ricchezze finora ha
limitato ai ceti più abbienti. E, ancora più significativamente, si batte contro la
soggezione delle donne al dominio maschile e alla famiglia patriarcale. Mill rifiuta
l’idea che tale soggezione discenda da una inferiorità naturale della donna: essa
discende invece per lui da una storia di continui soprusi, che ha convertito la
debolezza fisica in servitù e ha creato artificialmente una natura femminile tutta
finalizzata alle esigenze degli uomini.
Accanto al liberalismo democratico, nella seconda metà del secolo, si afferma
tuttavia anche un liberalismo intransigentemente antistatalista, propugnatore di
una visione competitiva della società. Sulla formazione di tale filone liberale
esercitano un influsso decisivo le idee di Darwin (1809-1882) e soprattutto il cosiddetto darwinismo sociale, cioè la proposta di estendere la portata delle idee
darwiniane dal campo dei rapporti tra le specie biologiche al campo dei rapporti tra
gli individui e i gruppi umani. Così come Darwin ha mostrato che la lotta per
l'esistenza e la selezione naturale costituiscono il motore dell’evoluzione delle
specie viventi, il darwinismo sociale suggerisce l’ipotesi che il progresso della civiltà
umana sia legato alla competizione tra individuo e individuo, e tra comunità e
comunità; competizione che porta all’eliminazione delle forme sociali meno
perfette e al prevalere delle più perfette.
Herbert Spencer rappresenta il maggiore esempio di queste posizioni. Per Spencer
l’evoluzione segue leggi naturali non solo per le specie ma anche nel campo delle
società umane, leggi che comportano il passaggio ad uno stato di maggior
complessità. Spencer interpretando la storia della società nel quadro del processo
generale dell'evoluzione ne trae la certezza di un progresso che non potrà non
realizzarsi in modo spontaneo, indipendentemente dagli sforzi umani per
promuoverlo o per indirizzarlo nell'uno o nell'altro senso.
Così le società tendono a passare dal tipo militare, fondato sulla cooperazione
coatta, sulla soggezione degli individui alla collettività e sul primato dei
guerrieri, al tipo industriale fondato sulla cooperazione volontaria, sulla libera
concorrenza degli individui e sul primato dei produttori. Via via che si
afferma la società industriale si affievolisce l’esigenza di un controllo politico. Lo
stato dovrebbe intervenire il meno possibile limitandosi a garantire la leale
competizione fra individui: infatti, per Spencer, ogni intervento filantropico premia, con
grave danno del meccanismo evolutivo, gli elementi meno idonei, impedendo il
prevalere dei più adatti. Forma estrema di insensato interventismo statale è il
socialismo che rappresenta una regressione dalla società industriale alla società militare.
Per Spencer, il principio della selezione naturale vale nei rapporti tra gli individui così
come nei rapporti tra le comunità. Infatti nei loro conflitti anche le società più
evolute prevalgono inevitabilmente su quelle meno evolute. Non è un caso
perciò, e ha una precisa giustificazione nello sviluppo complessivo della
civiltà, se una società evoluta come quella inglese ha potuto creare un vasto
impero coloniali sottomettendo le società più primitive con cui è entrata in contatto.
La disuguaglianza sociale che Locke aveva giustificato con l’introduzione della
moneta diventava per i nuovi liberali di destra un fattore naturale, indipendente
dalla volontà umana. Infatti, Locke ipotizza che l’uguaglianza naturale tra gli
uomini sia stata superata nel momento in cui questi ultimi hanno accettato,
convenzionalmente, l’uso della moneta. La sua introduzione ha, infatti, consentito
di superare i limiti naturali che erano posti all’accumulazione di beni, costituiti dal
non potersi impadronire di una quantità di beni eccedenti la capacità di usarli, in
quanto sarebbero deperiti, e dal non sottrarre agli altri i beni necessari. Agli occhi
di Locke, che in questo modo sembra ignorare l’esistenza del secondo limite che
pure considera naturale, l’introduzione della moneta, che supera il limite imposto
Le richieste ________________________:
1 _________________________________
__________________________________
2 _________________________________
3 _________________________________
Spencer:
dalla _____________________________
alla politica
progresso sociale = __________________
__________________________________
Spencer: l’evoluzione ________________
delle società:
società __________________________
società ___________________________
il non intervento ____________________
socialismo = _______________________
la giustificazione del _________________
La giustificazione della_______________
__________________________________
139
dalla possibilità di deteriorasi dei beni, appare sufficiente per giustificare il
superamento dell’uguaglianza naturale.
Il darwinismo sociale sembra dunque accentuare gli aspetti conservatori presenti
nelle teorie liberali finendo per considerare un dato naturale, e quindi in quanto
tale non da giustificare, la disuguaglianza sociale che Locke, quasi due secoli
prima, tentava invece, pur con qualche problema, di giustificare
3. Positivismo, Romanticismo e Illuminismo
Alcune delle tematiche fin qui evidenziate ricordano senz'altro l'atmosfera
culturale dell'Illuminismo, con la sua condanna della metafisica e la sua richiesta
di un sapere fondato sulla ragione e sull'esperienza. Tuttavia gli illuministi erano
generalmente critici nei confronti della società del loro tempo e orientati a
modificarne decisamente la struttura, mentre per la maggior parte dei positivisti la
fiducia nella scienza e nelle sue applicazioni tecnico-industriali è piuttosto un motivo di conservazione, cioè di mantenimento dello sviluppo sociale entro una via
ormai validamente intrapresa.
Il Positivismo, con il tempo, ha finito per sembrare, a molti filosofi, come un
nuovo dogmatismo avente la pretesa di racchiudere l'uomo negli schemi riduttivi
della scienza. Anzi, il Positivismo, nonostante la sua pretesa di praticare la
filosofia come sintesi unificatrice del sapere sperimentale, è apparso come una
nuova metafisica non certo più rigorosa di quella del passato. Tutto ciò spiega la
massiccia «reazione antipositivistica», che ha caratterizzato la filosofia degli
ultimi decenni dell'Ottocento e degli inizi del Novecento. Controffensiva cui ha
contribuito l'espansione stessa delle scienze, che si sono sviluppate in direzioni
contrastanti con il quadro gnoseologico ed epistemologico presupposto o
delineato dal Positivismo.
Una seconda differenza fra illuministi e positivisti riguarda il modello di scienza
considerato: gli interessi degli illuministi si erano concentrati soprattutto sulla
meccanica razionale, con le sue applicazioni all'astronomia e alla cosmologia,
mentre le scienze prese in maggiore considerazione dai positivisti sono la
biologia, la chimica e la medicina. Nel corso dell'Ottocento verranno poi in primo
piano nuovi saperi, come la psicologia e la sociologia, la cui fondazione avverrà
in un contesto già fortemente segnato dalla riflessione sul metodo avviata dal
positivismo stesso.
Merita di essere meglio analizzato anche il rapporto con le filosofie romantiche:
quando Comte asserisce che il Positivismo è affermazione del reale in
opposizione al chimerico, il chimerico in questione è proprio quello delle filosofie
romantiche; tuttavia, nonostante l’accesa intenzione di staccarserne, il Positivismo
è pur sempre un figlio dell’era romantica e lo si può evincere dalla fede costante
nell’Assoluto, inteso non come l’avevano inteso (in modo metafisico) Fichte,
Schelling e Hegel; al contrario, l’Assoluto a cui aspirano i Positivisti è la scienza,
che, non a caso, viene da loro assolutizzata e tende a scivolare nello scientismo
che, come la religione, finisce per essere una fede, quella ch'è stata chiamata, non
a caso, la «romanticizzazione» (ossia 1'assolutizzazione) della scienza. Inoltre
anche il positivismo sente profondamente l'esigenza di reagire alla profonda crisi
politico-spirituale seguita all'età rivoluzionaria, ricercando un nuovo rapporto tra
l'individuo, la società e la storia - un rapporto nel quale i due ultimi poli o
dimensioni vengono in più modi privilegiati rispetto al primo.
Infine non è del tutto esatto dire che il positivismo viene dopo il romanticismo e
lo storicismo idealistico, perché come abbiamo visto il Positivismo conosce le sue
POSITIVISMO, ROMANTICISMO E
ILLUMINISMO
Differenze con l’__________________:
Come l’Illuminismo condanna ________
_________________ e sapere = _______
___________________________ ma
a differenza dell’_________________
1 - non _______________________ della
_______________________
dall’inizio _____________________
Positivismo = nuova _______________
___________________________
2 – scienza di riferimento non _________
________________________ ma ______
________________________________
e le nuove scienze nate in ambito
positivista: ________________________
rapporto con il Romanticismo
1 - positivo ≠ da _________________
(_____________________)
ma la scienza è vista come ___________
_________________________________
della scienza
2 - ricerca nuovo rapporto ___________
____________________
ma privilegiando dimensione _________
__________ (______________e società)
140
prime elaborazioni già nel corso degli anni venti dell’Ottocento.
4. John Stuart Mill: Positivismo ed empirismo
In Inghilterra la diffusione del positivismo fu promossa soprattutto da John Stuart
Mill, in un contesto culturale che aveva le sue radici nell'Illuminismo, nel
liberalismo radicale e nell'empirismo di Hume. Per i filosofi inglesi l'anello di
congiunzione fra il pensiero degli illuministi e la nuova filosofia positiva fu
rappresentato dall'utilitarismo, tradizione di pensiero delineatasi fra la fine del
secolo XVIII e l'inizio del XIX grazie a pensatori come Jeremy Bentham e James
Mill, padre di John Stuart Mill. Di solito si distinguono due fasi nello sviluppo del
positivismo inglese: la prima — dominata appunto dalla figura di Mill — fu
soprattutto rivolta a problemi logico psicologici ed economico-politici, in stretti
rapporti (di analogia, ma anche di differenza) con il positivismo francese; la
seconda fu invece dominata dalla problematica evoluzionistica, introdotta nella filosofia da Spencer verso la metà del secolo, ma subito enormemente favorita dai
successi della biologia evoluzionistica di Darwin.
Insieme ad Auguste Comte, con cui intrattiene un lungo rapporto epistolare, John
Stuart Mill (1806-1873)2 è fra i maggiori esponenti del positivismo europeo.
Sostenitore di una concezione empiristica in epistemologia, liberale in politica e
utilitarista in etica, John Stuart Mill è uno dei filosofi dell'Ottocento più presenti
nel dibattito contemporaneo, ancora oggi punto di riferimento della riflessione
epistemologica ed etico-politica.
Abbiamo accennato al fatto che il positivismo di Comte assumeva l'esigenza
empiristica come uno dei propri cardini fondamentali; la stessa cosa si può dire di
quello di Mill. Fra i due esiste però una profonda differenza. Per Comte l'esigenza
empiristica si traduceva in un semplice appello ai fatti concreti, intesi nel senso
alquanto generico che il linguaggio comune attribuisce a questo termine. Tale
appello serviva a Comte soprattutto per escludere dal campo delle conoscenze
positive le ipotesi e le posizioni metafisiche, cioè non verificabili empiricamente.
Per Mill invece — che si rivela in ciò fedele seguace della tradizione settecentesca
inglese — l'empirismo implica la riduzione integrale della realtà conosciuta a
«stati di coscienza» e l'analisi dettagliata dei contenuti delle nostre percezioni. La
teoria positivistica della conoscenza subisce così una svolta, assumendo quale suo
fondamento, in luogo della nozione un po' generica di esperienza, il riferimento
preciso al piano dei fenomeni percettivi: fenomeni isolati uno dall'altro, chiusi
ciascuno nella propria particolarità e proprio perciò forniti di un certo tipo di
assolutezza — l'assolutezza del «dato».
Una volta determinati i dati costitutivi elementari dell'esperienza, si tratterà di
determinare il modo in cui questi si combinano fra loro per dare luogo alle varie
forme di conoscenza comune e scientifica. Gli elementi costitutivi anzidetti
risulterebbero legati gli uni agli altri da due tipi fondamentali di relazioni, quella
di «somiglianza e dissimiglianza» e quella di «simultaneità e successione». A
partire dagli stati di coscienza e sulla base di queste relazioni sarebbe possibile
ricostruire tutti gli stati più complessi mediante una «chimica psicologica»; questa
si distaccherebbe dall'associazionismo settecentesco perché farebbe ricorso non
più a pure combinazioni meccaniche degli elementi ultimi dell'esperienza, bensì a
«combinazioni» che, analogamente alle combinazioni chimiche, possono dare
luogo a qualcosa di relativamente nuovo rispetto ai componenti. Questa
interpretazione fenomenistica dell'esperienza sta alla base di tutta la filosofia di
Mill: sia della sua logica sia della sua concezione del mondo e dell'io.
2
Per la vita e le opere vedi pag. 148
JOHN STUART MILL:
POSITIVISMO ED EMPIRISMO
Il Positivismo ________________:
__________________ + liberalismo __
___________ + ____________ (Hume)
 _________________________ 
_____________________
Due fasi:
1 - _____________
2- _________________________
JOHN STUART MILL
Epistemologia: _________________
Politica: _______________________
(vedi pag. 138)
Etica: ________________________
L’empirismo di _______________:
appello ai fatti _________________
al fine di escludere ________________
l’empirismo di ______________:
la conoscenza deriva dalle __________
______ quindi da ________________
____________________
La _____________________________:
i fenomeni percettivi sono combinati tra
di loro da relazioni di:
somiglianza / _____________________
____________________ e successione
per dar vita a qualcosa _____________
ai componenti
141
Mill dedica alla logica e all'epistemologia la sua opera più importante, il Sistema
di logica deduttiva e induttiva, che affronta il problema di come sia possibile
ottenere una conoscenza vera attraverso l'inferenza di alcune proposizioni del
linguaggio da altre proposizioni. Ci sono per Mill due generi di conoscenza:
alcune verità sono conosciute direttamente attraverso un'intuizione empirica
immediata; altre sono invece conosciute indirettamente mediante l'inferenza da
altre verità.
La logica tratta di questo secondo genere di conoscenza: suo oggetto di studio non
è l'intuizione diretta della verità di una determinata proposizione, ma la
dimostrazione di una proposizione attraverso altre proposizioni.
Il primo passo che Mill affronta è quello di chiarire che cosa sia una
«proposizione» del linguaggio. Mill parte dal linguaggio in quanto esso è «uno
strumento del pensiero, così come è anche un mezzo di comunicazione dei
pensieri».
Tutto ciò che può essere oggetto di assenso e di dissenso, quando viene espresso
nel linguaggio, assume la forma di una proposizione. Le proposizioni sono
formate da almeno due termini: il soggetto e il predicato. Ciò su cui si concentra
la logica, però, non è il singolo termine, ma la proposizione, perché solo la
proposizione può essere vera o falsa: «ogni verità e ogni errore - scrive Mill risiedono nelle proposizioni».
Le proposizioni sono quindi enunciati del linguaggio che possono essere veri o
falsi, e possono essere di due tipi: proposizioni verbali, quelle in cui, come nei
giudizi analitici di Kant, il predicato esprime un concetto già contenuto nel
soggetto; proposizioni reali, quelle in cui, come nei giudizi sintetici di Kant, il
predicato esprime un concetto che non è già contenuto nel soggetto. Con le
proposizioni reali si ha un effettivo accrescimento della conoscenza, mentre con le
proposizioni verbali non si aggiunge nulla a quanto già conosciuto del soggetto
della proposizione.
Nella logica tradizionale, il modello di inferenza corretta è la deduzione del
sillogismo, con il quale partendo da due premesse, una generale e una particolare,
si dimostra una conclusione particolare. La forma più nota di sillogismo è la
seguente: «Tutti gli uomini sono mortali; il duca di Wellington è un uomo;
dunque il duca di Wellington è mortale». L'inferenza del sillogismo è corretta;
tuttavia, sostiene Mill, essa non aggiunge nulla a quanto già affermato nelle
premesse.
Il problema a cui la logica deduttiva non dà risposta è allora: come sappiamo che
le premesse sono vere? La risposta di Mill è che lo sappiamo attraverso
l'osservazione costante di casi particolari: è solo attraverso la ripetuta
osservazione della morte di singoli uomini che possiamo inferire la proposizione
generale «tutti gli uomini sono mortali», la quale ci consente di sintetizzare in una
sola espressione un gran numero di osservazioni particolari. Le verità generali si
basano dunque su ripetute osservazioni particolari da cui vengono tratte per
inferenza induttiva.
La vera inferenza, dunque, non è la deduzione dal generale al particolare, perché
la proposizione generale è in realtà solo un passaggio intermedio di un'inferenza
che va dal particolare al particolare. L'inferenza vera è quindi una induzione dal
particolare al particolare: si parte dall'osservazione ripetuta di casi particolari, si
inferiscono da essa certe verità generali, e si deducono infine altre verità
particolari: «ogni inferenza è da particolari a particolari».
Secondo Mill, tutti i generi di conoscenza hanno questa base nell'induzione da
casi particolari e sono perciò di natura empirica. Le stesse proposizioni della
geometria e della matematica sono generalizzazioni tratte dall'osservazione
ripetuta: «le scienze deduttive o dimostrative - scrive - sono tutte, senza
eccezione, scienze induttive e la loro evidenza è quella dell'esperienza».
LA LOGICA
Due tipi di conoscenza:
1 - intuizione empirica______________
2 - __________________ da altre verità
oggetto logica: ___
linguaggio = ___________________
_________________________
usa __________________________
di due tipi:
1 – proposizioni ________________
il predicato _____________________
nel soggetto
2 - _____________________________
il predicato _____________________
nel soggetto
Due tipi di inferenza:
A- _________________________:
il _________________________:
premessa _________________ +
premessa __________________ 
la conclusione non ________________
una ____________________(premessa
_________) deriva da _____________
_______________________________
B - ____________________________:
non dal __________________ al
_________________________
ma
osservazione ___________________
verità ___________________
deduzione __________________
142
L'induzione è quindi «una generalizzazione dall'esperienza. Essa consiste
nell'inferire da alcuni casi singoli in cui si osserva che un fenomeno si verifica,
ch'esso si verifica in tutti i casi di una certa classe».
Tuttavia, proprio per questa inferenza di una proposizione universale da singoli
casi particolari, l'induzione si imbatte nel problema su cui aveva richiamato
l'attenzione Hume, giudicandolo insolubile: l'esperienza ci mette, infatti, a
disposizione solo un numero limitato di casi, per quanto esso possa essere alto, e
non è mai in grado di giustificare il passaggio dai singoli casi osservati a "tutti" i
casi osservabili. Chi ci garantisce, cioè, che dopo aver osservato che il sole è sorto
oggi, ed è sorto ieri e l'altro ieri, esso sorgerà ancora domani? O che dopo aver
osservato la morte di un uomo e di un altro e un altro ancora, siamo giustificati a
dire che tutti gli uomini sono mortali?
Mill risponde a questo problema attraverso il ricorso a un principio generale che
guida la nostra esperienza: il principio di uniformità della natura. È perché il corso
della natura è uniforme che l’osservazione di un numero limitato di casi è
sufficiente a garantire la validità dell'inferenza da una verità particolare a una
verità generale, è in base a questo principio che siamo cioè giustificati a credere
che il sole sorgerà ancora domani o che tutti gli uomini sono mortali. In natura,
ciò che accade in relazione a un determinato fenomeno in una determinata circostanza accadrà anche in relazione a un fenomeno a esso del tutto simile in una
circostanza del tutto simile.
Il principio di uniformità della natura si traduce allora nella validità di una legge
universale: la legge di causalità. Secondo Mill, è infatti possibile concepire un
ordine e quindi un'uniformità della natura solo se consideriamo la natura retta da
leggi universali di carattere causale: «è una legge che ogni evento dipenda da
qualche legge».
Tuttavia, il principio di causalità e di uniformità è vero, per Mill, perché è esso
stesso derivato dall'osservazione della natura. L'uniformità della natura è quindi
una generalizzazione ottenuta per induzione, la quale serve però a fondare la
correttezza di tutte le altre induzioni. A molti commentatori questa è parsa una
soluzione compromessa in un imbarazzante circolo vizioso.
da ______________ casi a _________
casi = inferenza _________________
Infondate?
No perché:
___________________________ della
natura per cui:
la natura è retta da ______________
____________ di carattere __________
La legge di ____________________
è una legge che ogni _____________
dipenda da qualche ____________
ma
uniformità della __________________
generalizzazione ottenuta per ________
_________ che serve a fondare la
correttezza _____________________
5. Evoluzionismo e Positivismo
5.1 Charles Darwin:l’evoluzionismo scientifico
5.2 Herbert Spencer: la metafisica della scienza
EVOLUZIONISMO E POSITIVISMO
5.1 Charles Darwin:l’evoluzionismo scientifico
Il movimento di pensiero che viene solitamente definito evoluzionismo si
sviluppa in Europa nella seconda metà del XIX secolo e può essere considerato
una branca e una prosecuzione del più generale movimento positivista risultando
centrale per comprendere diversi tratti specifici della cultura del secondo
Ottocento. Esamineremo l’opera di Darwin, che appare sempre più come un punto
di riferimento obbligato per tutte le scienze che studiano la vita, con l'intento non
però di approfondirne le varie implicazioni scientifiche, ma quello di coglierne la
più ampia portata culturale e l'impatto che esso ha avuto sul sistema delle
convinzioni etiche, metafisiche e religiose sulle quali si fondava in precedenza la
visione tradizionale dell'uomo e del mondo.
La portata ____________________
dell’opera di ___________________
Evoluzionismo e _________________:
due rivoluzioni ___________________
143
Charles Darwin (1809-1882)3 non è un filosofo, ma un biologo e un naturalista;
tuttavia la formulazione della sua riflessione scientifica, la «teoria dell'evoluzione
delle specie», ebbe notevolissime conseguenze filosofiche, tanto da essere
considerata una vera e propria rivoluzione intellettuale, al pari di quella di
Copernico e Galileo.
Nella sua opera più importante L'origine delle specie per mezzo della selezione
naturale, Darwin riprende la tesi di una progressiva trasformazione nel tempo
delle specie viventi (il cosiddetto "trasformismo"), già presente nel XVIII secolo e
sostenuta agli inizi dell'Ottocento da Jean-Baptiste Lamarck (1744-1829).
Questa tesi si opponeva alla più tradizionale tesi dell'immutabilità nel tempo delle
specie (il cosiddetto "fissismo"), sostenuta agli inizi dell'Ottocento da Georges
Cuvier (1769- 1832), la quale si accordava con il racconto biblico della creazione
divina degli animali. Per Lamarck è l'influenza dell'ambiente esterno a spiegare
l'evoluzione delle varie specie animali: queste, nel corso delle generazioni,
modificano le proprie caratteristiche per garantire un miglior adattamento
all'ambiente.
Pur richiamandosi al trasformismo, Darwin corregge la teoria di Lamarck:
studiando la notevole diversità della flora e della fauna presenti nelle isole
Galapagos, che pure sono caratterizzate dalle stesse condizioni ambientali, giunge
alla conclusione che non è l'ambiente a determinare le modificazioni degli
individui della specie, ma la selezione naturale. La natura e l'ambiente, anziché
incidere direttamente sulle caratteristiche individuali, producono la selezione delle
caratteristiche più adatte. Le modificazioni individuali possono essere prodotte nei
modi più disparati, anche casuali; solo alcune di queste modificazioni, tuttavia,
sopravvivono e si tramandano agli individui successivi, e cioè quelle che sono in
grado di superare la selezione operata dalla natura.
È la cosiddetta teoria della selezione naturale: poiché le risorse naturali non sono
sufficienti per tutti, gli individui si trovano in una situazione di continua lotta per
l'esistenza (una tesi che Darwin riprende dalla lettura del Saggio sui principi della
popolazione dell'economista Thomas Robert Malthus) e solo quelli più adatti
sopravvivono e sono in grado di trasmettere i propri caratteri ai discendenti. C'è
quindi una selezione naturale, analoga alla selezione artificiale dell'uomo sugli
animali e sulle piante, ma su una scala immensamente più grande; ed è questa
selezione che spiega l'estinzione di alcune specie animali e il sopravvivere e
modificarsi nel tempo delle altre.
La pubblicazione dell'Origine delle specie ebbe grande risonanza e suscitò vivaci
polemiche: l'ipotesi che era alla base dell'opera si scontrava con la descrizione
biblica della creazione delle specie viventi da parte di Dio (idea che è alla base del
cosiddetto "creazionismo", per il quale tutte le specie viventi sono create da Dio e
conservano inalterato il proprio carattere). E inoltre, dando grande peso alle
variazioni casuali delle caratteristiche individuali e alla selezione naturale di
individui in perenne lotta per la vita, la teoria evoluzionistica eliminava ogni
riferimento a un ordine finalistico della natura e dei fenomeni biologici.
All'immagine di un mondo sostanzialmente statico veniva a sostituirsi quella di un
mondo in continua evoluzione e la specie umana, un tempo regina della creazione,
si scopriva ora un semplice frammento nella struttura generale degli organismi
viventi.
Che il darwinismo non fosse soltanto una teoria fra le altre, ma il fulcro di una
nuova concezione del mondo e di un vero e proprio cambiamento di paradigma
nella considerazione dell'uomo, è stato sottolineato ai primi del Novecento da
Sigmund Freud, il quale ha attribuito a Darwin il secondo grande sovvertimento
di valori della modernità, dopo quello operato da Copernico. Stando agli esiti
3
Per la vita e le opere vedi pag. 149
dal __________________________
(__________________)
all’__________________________
(__________________)
ctr
________________ (______________)
Lamark: gli animali _______________
le loro caratteristiche per ___________
_________________________
Darwin: le mutazioni avvengano a ____
la ______________________ premia
gli individui più _________________
la _____________________________:
lotta per _________________________
a causa della ________________ delle
_______________________ (vedi
______________________)
Le novità della teoria evoluzionista:
1 – negava il _____________________
2 – negava _______________________
3 – al mondo ___________________
sostituiva un mondo ______________
4 – l’uomo non più ________________
Freud: il superamento del _________
______________________________
144
della ricerca biologica, l'uomo non doveva soltanto prendere atto della sua
marginalità nell'universo, ma abbandonare altresì la pretesa di occupare una
posizione privilegiata nell'economia della creazione, per riconoscersi parte del
mondo animale, soggetto alle medesime leggi che valgono per tutto l'ambito del
vivente.
Dalle polemiche seguite alla pubblicazione dell'Origine delle specie, Darwin fu
motivato a scrivere l'altra sua grande opera, L'origine dell'uomo, nella quale la
teoria della selezione naturale viene estesa all'uomo stesso. La specie umana non è
stata creata direttamente da Dio (sulla cui esistenza Darwin si dichiarò
"agnostico", cioè sospese il giudizio), ma deriva dall'evoluzione nel tempo delle
specie animali inferiori: è da un antenato comune con la scimmia che è nato
l'uomo. La selezione naturale spiega la modificazione fisica dell'uomo rispetto
alle scimmie e spiega anche il suo sviluppo intellettuale e morale.
Non si riscontra quindi alcuna differenza qualitativa fra l'uomo e gli animali più
evoluti, ma solo una differenza di grado, dovuta alla selezione naturale; e ciò non
vale soltanto per le caratteristiche fisiche, ma anche per le caratteristiche
psichiche e spirituali. La stessa espressione dei sentimenti e delle emozioni,
sostiene Darwin nell'Espressione delle emozioni nell'uomo e negli animali, attesta
questa somiglianza e rivela la loro parentela.
Le conseguenze filosofiche della teoria darwiniana sono enormi: non solo la
natura non presenta alcun ordine finalistico e intenzionale (antifinalismo), ma
l'uomo stesso non può più essere considerato al centro di essa e al centro della
creazione. L'uomo è soltanto un animale accidentalmente più evoluto. Con la
teoria della selezione naturale, l'uomo perde la centralità nella natura (rifiuto
dell'antropocentrismo) e la natura perde la tradizionale immagine di armonia e
semplicità, presentandosi come un insieme complesso e disarmonico.
Nell'Origine dell'uomo Darwin affronta anche il problema della genesi della
moralità.
Il senso e la coscienza morale si presentano come prodotto della simpatia e degli
istinti che portano alla lode e al biasimo dei propri simili, sentimenti comuni
all'uomo come agli animali più sviluppati, e la cui presenza è frutto della
selezione naturale, poiché aumenta la possibilità di superare la lotta per la sopravvivenza. Tuttavia, solo l'uomo è capace di approvazione e disapprovazione
morale, e questa differenza, sebbene non sia sufficiente a stabilire una separazione
qualitativa fra uomo e animali, è comunque indice di una distanza nel grado di
evoluzione.
Seppure in maniera molto cauta, in quest'opera Darwin estende la selezione
naturale anche al contesto storico-sociale, spiegando, alla luce di questa teoria, il
colonialismo e la sopraffazione sulle popolazioni indigene.
Questa tendenza all'estensione della selezione naturale al contesto storico e
sociale, ben oltre gli intenti dello stesso Darwin, ebbe grande diffusione verso la
fine del secolo e fu alla base del cosiddetto darwinismo sociale, una corrente di
pensiero politico di carattere conservatore, che rifacendosi alle tesi dello
scienziato inglese giunse a giustificare la discriminazione delle classi deboli e
subalterne, sulla base del fatto che la selezione naturale avrebbe posto in una
situazione di predominio solo i ceti più forti e adatti. È chiaramente l'eredità meno
interessante della riflessione darwiniana, l'aspetto nel quale essa cessa di essere
una teoria scientifica per divenire un'ideologia al servizio della lotta politica.
Per molti aspetti Darwin è un autore "scomodo" ancora oggi, e il libro L'origine
delle specie non è stato ancora del tutto accettato nel canone dei testi
fondamentali che è necessario prima o poi incontrare nel corso di un normale
curriculum di studi. Anzi, in anni recenti negli Stati Uniti d'America una presunta
dottrina "alternativa" ispirata ai principi della teologia naturale ottocentesca, la
dottrina del cosiddetto "disegno intelligente", ha riportato in auge negli ambienti
L’origine _____________________
l’_____________________ dell’uomo:
la scomparsa _____________________
qualitative tra ____________________
sia per le caratteristiche ____________
che per quelle ____________________
l’uomo = _______________________
5 – la natura come insieme __________
________________________________
L’ _____________________ della
moralità
simpatia – lode / _________________
sentimenti comuni a _______________
e ______________________ premiati
dalla __________________________
l’estensione della selezione naturale __
_______________________________:
il _____________________________
________________________ al
servizio della _____________________
Le resistenza all’__________________
in ___________________________
la pseudo-__________________
del _____________________________
145
del fondamentalismo religioso quella prospettiva creazionistica che l'opera di
Darwin aveva scalzato. Secondo questa dottrina pseudo- scientifica alcune
caratteristiche dell'universo (per esempio i fenomeni che riguardano l'ambito della
vita) sarebbero spiegabili solo facendo riferimento a un progetto elaborato da una
causa intelligente, cioè da Dio stesso. Poco importa sottolineare a questo
proposito la reazione di tutta la comunità scientifica, che ha voluto sottolineare la
differenza profonda fra una teoria come quella di Darwin, che può contare su un
gran numero di evidenze empiriche ed è compatibile con la maggior parte degli
sviluppi più recenti della biologia e delle scienze naturali, e una dottrina fondata
su convinzioni di carattere metafisico e religioso, legittime sul piano personale,
ma destituite di ogni oggéttività scientifica. Il punto è infatti che gli attacchi alla
teoria dell'evoluzione per selezione naturale muovono proprio da posizioni che
pretendono di avere i crismi della scienza e che la dottrina "neocreazionista"
vorrebbe godere di una par condicio nell'ambito dell'insegnamento scolastico, un
po' come se qualcuno considerasse il modello astronomico tolemaico un'ipotesi
plausibile accanto a quello copernicano.
Forse ancora oggi si ha paura ad accettare l'idea di un'origine completamente
materiale del nostro corpo e della nostra mente, perché si crede che una tale
accettazione comporterebbe la caduta di ogni fondamento non solo religioso, ma
anche etico. In realtà, la teoria di Darwin non dimostra affatto che non esistono
entità trascendenti, né impedisce a ciascuno di continuare a coltivare le proprie
credenze religiose. Meno che mai scalfisce le basi etiche della convivenza fra gli
uomini, che dipendono da fattori di natura del tutto diversa. Semplicemente,
Darwin non si è occupato di queste cose.
I tentativi di costruire un evoluzionismo cristiano sono stati molto meno numerosi
nel mondo cattolico, che si rivelò più chiuso di quello protestante.
Il caso più noto è anche quello più recente, e riguarda le difficoltà incontrate dal
"gesuita scomodo", il paleontologo francese Pierre Teilhard de Chardin (18811955), autore di una teoria finalistica secondo cui tutta l'evoluzione tende alla
comparsa dell'uomo («ominazione»). Solo nel 1950 si ebbe una vera, ma limitata,
apertura all'evoluzionismo con l'enciclica Humani generis di Pio XII: la questione
dell'evoluzione poteva essere discussa dai «competenti»; l'evoluzione era
ammissibile per il corpo dell'uomo, ma si ribadiva la creazione divina dell'anima
individuale e il dogma del peccato originale. Altri passi nella direzione del
dialogo fra scienza e fede sono stati compiuti sotto i pontificati di Giovanni Paolo
II (1978-2005) e Benedetto XVI (2005-2013). Essi hanno tuttavia ribadito
l'unicità della natura spirituale dell'uomo e la sua condizione di creatura
privilegiata; hanno respinto senza appello l'idea che l'evoluzione possa non essere
la realizzazione di un disegno divino.
5.2. Herbert Spencer: l’evoluzionismo metafisico
Darwinismo credenze _____________
ed _____________________
Le resistenze del mondo ____________
_______________________________:
l’evoluzione ____________________
all’_________________________
i punti fermi del _________________:
centralità ________________________
natura __________________ dell’uomo
evoluzione diretta da ______________
_________________________
HERBERT SPENCER:
L’EVOLUZIONISMO METAFISICO
Herbert Spencer4 fu il filosofo che meglio d'ogni altro realizzò quella mediazione
tra positivismo ed evoluzionismo che nella cultura ultimo-ottocentesca ebbe uno L’estensione dell’ _____________
straordinario successo. Spencer, infatti, estende la teoria dell'evoluzione dall'am- all’intera ________________
bito della biologia a quello dell'intera realtà. Egli giunge alla formulazione di una
teoria dell'evoluzione prima e in modo indipendente rispetto a Darwin, trovando ma prima di __________________
nell'opera del naturalista inglese solo la conferma delle proprie tesi.
Esistono nette differenze fra i due. Il concetto generale di evoluzione ha in
Spencer un evidente carattere metafisico; esso non risulta, infatti, legato a un
4
Per la vita e le opere vedi pag. 148
146
campo di ricerche specifiche sperimentalmente controllabili, ma è una definizione
che tende a presentarci il rapporto evolutivo come qualcosa di unico e universale,
capace di sintetizzare in sé tutti i processi evolutivi concreti, scoperti dalle varie
scienze.
In altri termini, il compito che si è prefisso Spencer non è quello — di carattere
scientifico — di dare una risposta al problema delle specie allora al centro delle
ricerche dei naturalisti, ma piuttosto quello di spiegare in modo unitario tutti i
fenomeni della realtà e unificare così, in un sistema articolato, tutte le scienze;
Darwin invece si attiene al problema della formazione di nuove specie viventi.
Vi è un'ulteriore differenza tra i due teorici dell'evoluzione. Mentre per Darwin la
selezione naturale è la base dell'evoluzione, per Spencer ne è solo un aspetto, un
«agente secondario». In realtà, egli è piuttosto un lamarckiano, per il peso
determinante che riconosce all'adattamento all'ambiente e alle modificazioni di
funzioni a strutture trasmissibili per eredità.
Nella sua opera più importante, I primi principi, Spencer delinea il sistema
generale della filosofia evoluzionistica, il «sistema di filosofia sintetica», così
chiamato perché alla filosofia viene attribuito il compito di coordinare e unificare
sinteticamente i risultati delle varie scienze. La filosofia è dunque concepita come
la scienza più generale, la quale si pone al vertice del sistema costituito dalle varie
scienze. Queste si distinguono in: scienze inorganiche, come la fisica; scienze
organiche, come la biologia e la psicologia; scienze superorganiche come la
sociologia e l'etica.
La filosofia svolge il processo di collegamento e unificazione dei singoli dati di
esperienza che dalla conoscenza più comune giunge a quella scientifica.
Proprio per questo suo carattere di generalità, la filosofia sintetica individua una
legge che vige in tutti gli ambiti della realtà, da quello fisico a quello biologico a
quello sociale e culturale (dal sistema solare, agli organismi viventi, alla società,
all'arte e al linguaggio). È la legge generale dell'evoluzione.
L'evoluzione è caratterizzata da Spencer come un processo di integrazione della
materia e concomitante dissipazione del movimento, nel quale la materia passa:
da uno stato incoerente a uno stato più coerente; da uno stato omogeneo a uno
stato eterogeneo; da uno stato indefinito a uno stato più definito.
Per comprendere il primo punto possiamo pensare alla differenza fra creature che
continuano a vivere nelle singole parti anche se tagliate a pezzi e quelle che
invece sono composte di organi che vivono l'uno per l'altro e per mezzo dell'altro;
la maggiore coerenza che si produce nel corso dell'evoluzione è quindi soprattutto
maggiore coordinazione delle parti di un organismo. Il secondo punto indica che
nell'evoluzione la materia, integrandosi, si differenzia, diventa multiforme,
acquista nuove funzioni, in modo tale che gli organismi superiori presentano
un'organizzazione più complessa rispetto a quelli inferiori. Il terzo punto, infine,
ci dice che l'evoluzione è un movimento dalla confusione all'ordine, da una
sistemazione indeterminata a una sistemazione determinata.
Spencer non si cura affatto di esaminare criticamente il senso preciso di questi
passaggi, ma si accontenta di affermare, con dogmatica sicurezza, che essi sono
riscontrabili ovunque: nella formazione del sistema solare come nello sviluppo
del mondo organico, nei processi psichici come in quelli sociali, fino agli atti
squisitamente etici.
Nella storia, comunque, non si assiste solo all'evoluzione, in essa si riscontra
piuttosto un'alternanza ritmica tra fasi di evoluzione e fasi di dissoluzione, ma
queste ultime avranno necessariamente come conseguenza ulteriori fasi di
evoluzione, governate dalla loro legge. Rimane dunque, nell'opera di Spencer,
un'impronta generale di ottimismo e di fiducia nel progresso.
Secondo Spencer, però, la scienza e la filosofia non esauriscono la conoscenza
della realtà. Una parte della realtà resta inevitabilmente fuori dalla possibilità
≠ Spencer e _______________
1 - Spencer evoluzionismo a carattere
____________________________
____________ evoluzionismo per
spiegare ___________________
2 – Darwin: ____________________
Spencer _______________________
La filosofia ____________________ =
_________________ sinteticamente i
risultati delle diverse_______________
filosofia
scienze ________________ (sociologia
e etica )
scienze ________________ (biologia e
psicologia)
scienze _______________ (fisica)
filosofia = legge che vale _________
___________________ = legge
generale dell’____________________
evoluzione = ____________________
della materia ____________________
del movimento attraverso cui la materia
passa da:
1 – stato _______________ a stato
______________ (più coordinazione
tra __________________________)
2 – stato _______________ a stato
______________ (più _____________
__________________)
3 – stato _______________ a stato
______________ (più _____________
_________)
Evoluzioni + ___________________
ma storia _____________________
147
della conoscenza umana, rimane sempre cioè una parte di mistero.
La presenza dell'Inconoscibile non è colta dalla scienza ma dalla religione, la
quale ha a che fare con il Mistero, che rimane fuori dalla possibilità della
conoscenza umana. Inoltre solo la religione comprende che questo Mistero non è
inerte, ma esercita la sua forza e il suo potere su tutti i fenomeni sensibili. Le
religioni storiche hanno preteso di determinare simbolicamente questo Mistero,
mentre questa pretesa sarà abbandonata dalla religione evoluta, che riconoscerà il
Mistero in quanto tale, cioè come non conoscibile e non determinabile. Se la
scienza si occupa del conoscibile e del relativo, la religione si occupa
dell'inconoscibile e dell'assoluto.
Vita e opere
L’_____________________________
Scienza e ____________________ non
conoscono tutta ___________
rimane ___________________ = il
_____________ compreso dalla _____
_______ in forma ________________
Auguste Comte nacque a Montpellier nel 1798. A sedici anni entrò nell'École Polytechnique, dove trovò
un ambiente fortemente influenzato dalle idee di Saint-Simon, di cui fu il segretario personale e
collaboratore per sette anni. Nel 1822 se ne staccò e pubblicò un'interessante opera: Piano dei lavori
scientifici necessari per riorganizzare la società, che ottenne un notevolissimo successo. In una seconda
edizione del 1824 le darà il titolo, più breve ed espressivo, di Politica positiva.
Il periodo più fecondo per l'attività di Comte fu quello che va dal 1830 al 1842; durante questi anni egli
pubblicò i sei volumi del suo Corso di filosofia positiva, che gli procurarono immediatamente una
notevole fama in Francia e più ancora in Inghilterra. Non valsero però, come sperava, a procurargli un
posto di professore titolare all'École Polytechnique, ma anzi indussero i matematici di quell’istituto, offesi
perché il Corso non riconosceva alla loro scienza una posizione di privilegio, a togliergli anche l'incarico
di esaminatore in precedenza affidatogli. Così egli dovette ridursi a vivere del solo frutto delle lezioni
private. Negli ultimi anni, alcuni amici e ammiratori francesi e inglesi, fra cui John Stuart Mill,
agevolarono la sua condizione con una modesta pensione.
Fra il 1851 e il 1854 pubblicò, in quattro volumi, il Sistema di politica positiva o trattato di sociologia
istituente la Religione dell'Umanità; nel 1852 usciva il Catechismo positivista o esposizione sommaria
della religione universale. Queste ultime due opere segnano l'ultima fase del pensiero di Comte: fase in
cui egli abbandonò la vera e propria ricerca filosofica, per dedicarsi a fondare una nuova religione, la
«Religione dell'Umanità», di cui si eresse a pontefice. Morì nel 1857, lasciando incompiuta la Sintesi
soggettiva o sistema universale delle concezioni proprie dello stato normale dell'umanità.
John Stuart Mill nacque a Londra nel 1806. Il padre James fu filosofo ed economista, discepolo di
Bentham e sostenitore della dottrina utilitaristica. John Stuart Mill, dopo una fanciullezza trascorsa in
studi precoci, diretti dal padre in senso spiccatamente intellettualistico, cominciò a collaborare con la
«Westminster Review», che era il principale organo del radicalismo riformista. Entrò frattanto, a soli
diciassette anni, nella Compagnia delle Indie, nella quale raggiunse in breve le più alte cariche. Nel 1826
ebbe una profonda crisi, durante la quale comprese la necessità di una cultura più viva e più ricca, basata
non solo sullo sviluppo delle qualità intellettuali, ma anche sulla fantasia e sul sentimento. Si dedicò
quindi con passione alla lettura delle opere dei saint-simoniani e di Comte, dalle quali rimase
profondamente influenzato. Da quel momento acquistò una piena indipendenza di pensiero e, pur
aderendo ancora a molte idee filosofiche e politiche degli utilitaristi, seppe dare alle proprie ricerche una
nuova ricchezza di contenuto e un'impronta nettamente personale.
Continuò a occuparsi attivamente di politica, diventando uno dei più autorevoli sostenitori del regime
liberale democratico. Ricordiamo i suoi sforzi a favore di una larga partecipazione dei cittadini alle
amministrazioni locali, la sua difesa di un sistema elettorale capace di garantire un'effettiva rappresentanza alle minoranze e, soprattutto, la sua energica lotta per l'eguaglianza dei sessi. Fu per alcuni
anni membro della Camera dei Comuni. Morì ad Avignone, in Francia, nel 1873.
Le principali opere filosofiche di Mill sono: Sistema di logica deduttiva e induttiva (1843); Comte e il
positivismo (1865); Tre saggi sulla religione, usciti postumi nel 1874. Molta importanza ebbero gli scritti
economico-politici, fra i quali la fondamentale opera Principi di economia politica (1848), il saggio Sulla
libertà (1859), L'asservimento delle donne (1869). Di notevole interesse è, infine, la sua Autobiografia
(1873), dalla quale emerge l'immagine di un protagonista della vita culturale e politica del proprio tempo.
148
Herbert Spencer nacque a Derby nel 1820. Iniziò la propria carriera come ingegnere delle ferrovie di
Londra, ma poco dopo abbandonò questo lavoro per dedicarsi completamente all'attività di scrittore. Pur
essendo salito in breve a grande notorietà, condusse sempre una vita modesta e appartata.
Già la sua prima opera di un certo rilievo, Statica sociale (1850), prospetta l'opportunità di concepire
l'evoluzione sociale sull'analogia di quella organica. «La civiltà — dichiara — più che essere una cosa
artificiosa, è una parte della natura, proprio come l'evoluzione di un embrione o lo schiudersi di un fiore».
L'idea dell'evoluzione costituisce il centro dei Principi di psicologia (1855), uno dei lavori più
interessanti e significativi di Spencer. Nel 1860 egli redasse e diffuse tra gli studiosi inglesi l'abbozzo
(Prospectus) di una vasta opera definita di «filosofia sintetica», che si era proposto di scrivere per
illustrare la fecondità del concetto di evoluzione nei vari campi del sapere. Il primo volume, dal titolo
Primi principi, uscì due anni dopo, il decimo e ultimo nel 1893. Nel corso di trentatré anni di intensa e
metodica attività, Spencer condusse a termine il suo programma di lavoro. Morì nel 1903, e l'anno
successivo uscì la sua Autobiografia, importante fonte di conoscenze sulla sua attività.
I seguaci del positivismo evoluzionistico ebbero per Spencer la più grande ammirazione, giungendo a
considerarlo come l'Aristotele del secolo XIX.
Charles Robert Darwin nacque nel 1809 a Shrewsbury da una famiglia di idee liberali, il cui più illustre
rappresentante, Erasmus Darwin, era stato un seguace del naturalismo illuministico e aveva formulato una
teoria in certo senso evoluzionistica, la cui eco doveva imprimersi nella mente del nipote Charles. Da
giovane, questi fu inviato dapprima a Edimburgo per studiare medicina e poi a Cambridge per prepararsi
alla carriera ecclesiastica. Ma Charles mostrava poco interesse sia per l'uno che per l'altro genere di studi,
preferendo dedicarsi alle scienze naturali.
Alla formulazione della teoria darwiniana concorsero diverse esperienze. Fra queste, soprattutto un
viaggio che egli compì come naturalista a bordo del brigantino Beagle nel quinquennio 1831-36. Nel
corso della lunga e spesso pericolosa navigazione, Darwin raccolse moltissime osservazioni che gli
posero alcuni problemi riguardanti la distribuzione geografica delle specie viventi, l'origine della fauna, la
parentela fra i diversi organismi. La soluzione di questi problemi gli impose un riesame della nozione generale di specie, con il rifiuto della teoria creazionistica, che in Inghilterra era largamente accolta dai
naturalisti.
Dopo il suo ritorno in Inghilterra, Darwin proseguì le sue ricerche sull'adattamento biologico mediante
esperimenti e osservazioni nelle serre e nei giardini di casa propria, a Down House, nel Kent, dove si era
ritirato per la cattiva salute.
Nel 1856 iniziò a esporre la teoria sull'evoluzione in quella che sarebbe divenuta la sua opera più celebre,
Sull'origine delle specie per selezione naturale, ovvero la conservazione delle razze favorite nella lotta
per l'esistenza, poi pubblicata nel 1859.
La prima edizione de L'origine delle specie, con una tiratura di 1250 copie, fu esaurita in un solo giorno, e
anche la seconda edizione fu venduta in poco tempo. Dopo la pubblicazione, Darwin subì pesanti attacchi
da parte della Chiesa anglicana e di quella cattolica. Nonostante le forti opposizioni sollevate soprattutto
al di fuori della cerchia degli scienziati, la teoria finì per conquistare in pochi anni le menti più aperte e
libere .
Nella seconda opera fondamentale, L'origine dell'uomo e la selezione sessuale (1871) — seguita un anno
dopo da L'espressione delle emozioni nell'uomo e negli animali —, Darwin sostenne la teoria secondo la
quale la specie umana discende da altre specie animali. Il trasferimento del concetto di selezione naturale
dal mondo animale a quello umano, e soprattutto dal piano degli organismi individuali al piano sociale,
era destinato a rinfocolare le polemiche. Tuttavia, il clima culturale in quegli anni stava rapidamente
cambiando. Alla sua morte, avvenuta nel 1882, Darwin ebbe gli onori nazionali dell'inumazione
nell'abbazia di Westminster e nel 1885 l'arcivescovo di Canterbury, primate di Inghilterra, pronunciò
pubblicamente l'elogio dello scienziato, addirittura concludendo che la teoria dell'evoluzione era
compatibile con la Bibbia e poteva quindi essere accettata da ogni credente.
149