6 - LA FILOSOFIA DEL POSITIVISMO 1. Positivismo e società borghese 2. Le tesi fondamentali del Positivismo 3. Positivismo, Romanticismo e Illuminismo 4. John Stuart Mill: Positivismo ed empirismo 5. Evoluzionismo e Positivismo POSITIVISMO E SOCIETÀ 1. Positivismo e società borghese L'età del Positivismo occupa gran parte del XIX secolo. Infatti Auguste Comte (1798-1857) inaugura nel 1830 l’elaborazione teorica con la pubblicazione della sua opera più importante, il Corso di filosofia positiva (1830-1842), destinata a costituire in seguito un punto di riferimento fondamentale per tutti i filosofi e gli scienziati di indirizzo positivista, ma la fase di egemonia intellettuale e sociale si dispiega solo nella seconda metà del secolo. Infatti, mentre nella prima metà del secolo il positivismo appare offuscato dalla preponderante influenza romanticoidealistica, successivamente diviene la filosofia egemone della cultura europea. È un'età particolare per l'Europa poiché a partire dai decenni centrali del secolo si assiste al definitivo affermarsi di quella classe che era stata protagonista della Rivoluzione francese e dell'età napoleonica, la borghesia. Il decollo della scienza, della tecnica, del sistema industriale e degli scambi commerciali, e l'estensione della cultura su larga scala determinano in questo periodo un clima generale di fiducia entusiastica nelle forze dell'uomo e nelle potenzialità della scienza e della tecnica. L'affermarsi della società borghese va di pari passo alla notevole espansione in tutta Europa dell'industria moderna, basata sul lavoro degli operai, sull'impiego delle macchine nel processo produttivo, e quindi interessata sempre più alle applicazioni tecniche del sapere scientifico. Cambiano anche molti altri aspetti della società: inizia il dominio coloniale europeo, vengono intensificati i trasporti e migliorati i mezzi di comunicazione; aumentano le grandi concentrazioni urbane; si forma il proletariato, cioè la massa di popolazione impiegata nel processo di produzione industriale. Il positivismo riflette questi cambiamenti e rappresenta la cultura e la filosofia della società borghese e industriale Nel complesso, il positivismo della seconda metà del secolo appare quindi come la filosofia della moderna società industriale e tecnico-scientifica, e come l'espressione culturale delle speranze, degli ideali e delle infatuazioni ottimistiche che tutt'a un tratto caratterizzarono la storia moderna. Non a caso, esso si sviluppò principalmente in quelle nazioni (come l'Inghilterra, la Francia e la Germania) che all'epoca erano all'avanguardia per progresso industriale e tecnicoscientifico, mentre impiegò più tempo ad affermarsi nei paesi (come l'Italia) che si trovavano invece in maggiore ritardo sotto questo aspetto. Dal punto di vista socio-politico, il positivismo della seconda metà dell'Ottocento può essere considerato come l'ideologia tipica della borghesia liberale dell'Occidente. A questo proposito, Ludovico Geymonat ha osservato che, sebbene non si possa sostenere in modo rigido l'equazione "positivismo = borghesia", riducendo in tal modo un movimento di pensiero così complesso a determinate matrici sociali (tanto più che, da parte della borghesia, il positivismo trovò non solo incoraggiamenti, ma anche opposizioni), indubbiamente, nel suo complesso, esso BORGHESE Il positivismo la filosofia ___________ _______ nella ____________________ _________________ La seconda metà dell’Ottocento: la definitiva ______________________ _________________________ la fiducia nella ___________________ e nella ________________________ industria, lavoro ________________ e _____________________ Il positivismo la filosofia della società ______________: l’ottimistica _______________ nella società _______________________ ctr marxismo (critica della società _______ ____________ e de suoi ____________ ________________________ 131 espresse anche, e in modo accentuato, gli ideali e i punti di vista della borghesia, con la quale condivise la mentalità ottimistica circa la moderna società industriale e la tendenza politica ostile al rivoluzionarismo marxista che proprio in quegli anni andava elaborando una visione fortemente critica dell'esistente, anzi una vera e propria fotografia in negativo dei "costi umani" collegati alle strutture socioeconomiche del capitalismo industriale. La rilevanza del Positivismo nell'ambito della cultura ottocentesca è stata notevole. Infatti, per la sua capacità di porsi come interprete dei dinamismi della società industriale moderna e dello sviluppo tecnico scientifico, esso ha finito per divenire un'autentica «moda culturale» e per rappresentare la forma mentis di tutta un'età. Di conseguenza, come si è parlato di un'« epoca» o di una «civiltà» rinascimentale o illuministica, così si può discorrere, a buon diritto, di un'epoca o di una civiltà positivistica, il cui «spirito» si estende dalla letteratura alla politica, dall'arte alla storiografia, dalla pedagogia all'antropologia criminale. Senza riferimento all' «atmosfera» positivista non si comprenderebbero, ad esempio, decisivi fenomeni letterari come il realismo ed il verismo (che rappresentano la «concretizzazione artistica del richiamo positivista ai « fatti». La ___________________ positivista : letteratura: _______________________ ________________________ arte: ___________________________ LE OPERE A. COMTE, Corso di filosofia positiva (1830-42) S. MILL, Sistema di logica deduttiva e induttiva (1843) H. SPENCER, I primi principi (1862-93) C. DARWIN, L'origine delle specie per mezzo della selezione naturale (1859) C. DARWIN, L'origine dell'uomo e la selezione sessuale (1871) 2. Le tesi fondamentali del Positivismo 2.1 La fiducia nella scienza e il rifiuto della metafisica 2.2 La scienza come strumento per la soluzione dei problemi della società e dell'uomo LE TESI FONDAMENTALI DEL POSITIVISMO 2.1 La fiducia nella scienza e il rifiuto della metafisica Il movimento positivistico risente in particolare dei grandi progressi che l'indagine scientifica e le sue applicazioni tecniche attuano, dalla matematica alla fisica, dalla chimica alla medicina, dall'analisi della società all'analisi della mente. Di questo processo di maturazione rende pienamente conto lo sforzo teorico di Auguste Comte1, il quale, osservando la specializzazione crescente delle diverse discipline scientifiche, rinuncia a elaborare in sede filosofica una visione complessiva della realtà, per concentrarsi invece su un lavoro di sistemazione e classificazione dei campi del sapere secondo i rispettivi oggetti e le rispettive metodologie. Compito della filosofia non è più quello di accedere a una conoscenza metafisica dei principi, ma piuttosto quello di indicare le linee di sviluppo che hanno permesso ai diversi saperi dell'uomo di pervenire al loro stadio «scientifico». Il filosofo positivista, secondo Comte, deve quindi assecondare il progresso che a partire dal Seicento, con la rivoluzione astronomica e con l'avvento della nuova fisica, le singole scienze hanno avviato per proprio conto. Tale progresso non 1 Per la vita e le opere vedi pag. 148 Comte: filosofia no __________________ ma capire come i saperi sono pervenuti ___ _______________________ 132 coincide soltanto con una crescente accumulazione di dati e di conoscenze specifiche, ma ha il suo momento culminante nell'adozione di una prospettiva nuova, ossia di un nuovo metodo di indagine, fondato sulla sistematica osservazione dei fatti naturali e sulla elaborazione delle leggi corrispondenti. I contenuti filosofici del positivismo possono essere raccolti intorno ad alcune tesi principali non solo condivise dai protagonisti del movimento, ma via via largamente diffuse nell'opinione pubblica. La tesi fondamentale del positivismo, come emerge già da quanto si è detto di Comte, è quella che considera la scienza come la sola forma di sapere valido. Tutti i grandi filosofi del passato, da Aristotele a Kant, avevano preso in seria considerazione il problema della scienza (intesa come un tipo di conoscenza nettamente superiore a quella comune), ma i positivisti affrontano la stessa questione da un'angolatura notevolmente diversa, senza più cercare nella filosofia il fondamento della scienza, ma fondando piuttosto la prima sulla seconda. In virtù dei suoi innegabili successi teorici e pratici, la scienza è ormai un'impresa del tutto autosufficiente. Questi successi convincono tutte le persone di buon senso che essa ha ormai imboccato la via giusta. Questa tesi ha due corollari, innanzitutto: il metodo scientifico è il modello al quale deve uniformarsi qualsiasi conoscenza che aspiri a una qualche verità. Si tratta di un modello che consiste nel privilegiare l'osservazione e l'esperienza ("empirismo") e nel ricercare leggi di carattere generale che consentano di spiegare e prevedere i fenomeni osservati. Secondo il positivismo questo metodo deve essere applicato anche allo studio dei fenomeni umani e sociali: non c'è, quindi, alcuna differenza di impostazione fra scienze della natura e scienze dell'uomo. Tale corollario, o meglio la stessa fiducia nella scienza, ha quindi a suo fondamento anche un’altra tesi condivisa dai positivisti: la persuasione che il mondo è una realtà sostanzialmente omogenea, governata da leggi regolari che si possono gradualmente individuare. Il secondo corollario che deriva dal considerare la scienza come la sola forma di Il metodo scientifico: osservazioni _____________ _____________________________ LE TESI FONDAMENTALI DEL POSITIVISMO 1 - _____________________________ non filosofia che __________ la ______ ______________________ ma _____________________________ ________________________________ sulla base dei _____________________ ______________________________ 2 - ____________________________ ______________________________ LE TESI FONDAMENTALI DEL POSITIVISMO 1 - la scienza come la sola forma di sapere valido A - ________________________________________________________________________________________________ B -________________________________________________________________________________________________ C - ________________________________________________________________________________________________ Ruolo filosofia: a – Comte: _________________________________________________ della scienza ________: riflettere ______________________________________ dell'opera scientifica ______________: una specie di super-scienza: ________________________________________________________________ 2 - ________________________________________________________________________________________________________ 3 _________________________________________________________________________________________________________ sapere valido impone di considerare conoscenza non vera quella che deriva da esperienze conoscitive che non raggiungono il rigore metodologico richiesto dalla scienza positiva (pensiamo per esempio all'arte, all'esperienza religiosa o all'etica); tali campi devono riconoscere nella scienza una fonte superiore di verità 133 ogni volta che si delinea la possibilità di un conflitto fra le diverse sfere culturali; da questo corollario deriva, come è evidente, l'affermazione del sapere scientifico come criterio ultimo di orientamento e legittimazione in seno alla società.Ciò significa fare dell'esperienza e della ragione i punti di riferimento della filosofia, per cercare di eliminare da essa le questioni ritenute non risolvibili empiricamente, come per esempio quelle della metafisica e della teologia tradizionali, o come le concezioni idealistiche della realtà. Così, ad esempio Comte contrappone al «chimerico» della metafisica il reale, ai sistemi ipoteticoastratti le osservazioni e i ragionamenti «positivi» (ossia controllabili). D’altra parte lo stesso termine"positivismo" è l'abbreviazione di «filosofia positiva», e "positivo è utilizzato in riferimento a ciò che è reale e concreto, cioè "fondato su fatti osservati e discussi", in opposizione quindi a ciò che è immaginario e astratto, cioè meramente "congetturale". Positivismo designa quindi una filosofia che si basa sui fatti e sull'esperienza, su ciò che si ritiene essere reale e non immaginario. Il termine, con la sua opposizione a "ciò che è congetturale", è coniato da Claude-Henri de Rouvroy, conte di Saint-Simon (1760-1825), ma entra nell'uso comune dopo la ripresa fattane da Comte, il principale esponente del positivismo francese. E proprio la Francia può essere considerata la patria del movimento, così come era stata un centro fondamentale dell'Illuminismo; dalla Francia il movimento si diffonde subito in Inghilterra, da cui provengono gli altri due esponenti di maggior spicco del movimento ovvero John Stuart Mill (1806-73) e Herbert Spencer (1820-1903), e, con un po' di ritardo, giunge in Germania e in Italia. Fiducia nella scienza e rifiuto della metafisica accomunano pertanto tutti i positivisti, siano essi filosofi di professione o cultori di scienze particolari. Resta da chiedersi quale posto occupi per i positivisti la filosofia. Quasi tutti i positivisti, chi più e chi meno, riconoscono qualche campo di indagine alla disciplina filosofica (campo che varia da pensatore a pensatore), anche se, generalmente, si tratta di un margine piuttosto ristretto e subordinato alla scienza, di cui finisce per essere un completamento. Gli atteggiamenti adottati in merito dai Positivisti, sebbene piuttosto variegati, possono essere considerati tre. Il primo è quello proposto da Comte, secondo cui la filosofia altro non è se non una classificazione e una storia della scienza (ed è proprio ciò che egli fa nei suoi scritti), con l'inevitabile conseguenza che la filosofia si riduce ad epistemologia (studio della scienza e riflessione su di essa). Del secondo atteggiamento è vessillifero John Stuart Mill: si tratta di un atteggiamento caratterizzato da una maggiore attenzione per i problemi logicometodologici: la filosofia viene cioè ridotta a pura logica e metodologia, ovvero è tenuta a riflettere sui metodi e sulla logica dell'opera scientifica (e non è un caso che la principale opera di Mill si intitoli Logica ). Il terzo ed ultimo atteggiamento, proposto da Spencer, è quello che più di tutti dà peso alla filosofia, ma che tende anche di più a ridurla a scienza: in definitiva, per Spencer e per gli altri positivisti che la pensano come lui, la filosofia è una specie di super-scienza; ciascuno di noi, infatti, ha le sue esperienze quotidiane e tende a generalizzarle per trarne delle regole di comportamento (e la scienza fa la stessa cosa, in maniera sistematica, per quel che riguarda la natura), ma poi, al di là delle leggi relativamente generali, è possibile individuare leggi generalissime che non valgono per un campo della realtà piuttosto che per un altro, ma, viceversa, valgono per tutta quanta la realtà. Con Spencer, poi, affiora l'elemento che forse più contraddistingue il Positivismo rispetto al razionalismo seicentesco e settecentesco: se è vero che in comune hanno il marcato interesse per le scienze (a tal punto da arrivare a considerarle come unico sapere valido), tuttavia è diverso il tipo di scienza a cui fanno appello. Infatti, quando la filosofia prende come modello di indagine la scienza, tende Comte: chimerico ctr ______________________ positivo = _____________________ _________________________ L’origine __________________ del Positivismo: ________________ La diffusione in __________________: ________________ e ______________ Spencer: _____________________ come_______________________ dopo _______________________ (____________________________) 134 sempre a scegliere quella più in voga al momento, cosicchè se ai suoi tempi Platone si era servito della scienza medica di matrice ippocratea, i filosofi del Seicento e del settecento, invece, avevano preferito la fisica matematizzata di stampo galileiano e newtoniano, e il "Discorso sul metodo" di Cartesio ne è una prova lampante, poichè il pensatore francese afferma esplicitamente di aver ravvisato nella matematica il vero modello conoscitivo. Spencer e i positivisti, dal canto loro, vivono in un'epoca in cui sulla fisica newtoniana è prevalsa la biologia, maggiormente in sintonia con gli slanci vitalistici tipici dell'età romantica: ecco perchè, a differenza dell'Illuminismo e del razionalismo, il Positivismo sceglie la biologia e, in particolare, Spencer estende l'evoluzionismo biologico all'intera realtà. 2.2 La scienza come strumento per la soluzione dei problemi della società e dell'uomo Una terza tesi consiste nella fiducia che la scienza rappresenti lo strumento per la soluzione dei problemi della società e dell'uomo, costituendo quindi una visione ottimistica del futuro dell'umanità. Poiché la scienza è in continua espansione, questo porta con sé la fiducia che il progresso sociale e scientifico condurrà a una società migliore e più giusta: il positivismo è accompagnato, insomma, da ottimismo e fiducia nell'avvenire. Una profonda fede nel progresso del sapere e della società, non più affidato ad agenti metafisici, ma che spesso viene concepito in modo acritico e necessario, come una sorta di dinamismo inarrestabile, inscritto nelle cose stesse. Questo ottimismo — presente soprattutto nelle classi dirigenti e capitalistiche, ma anche nelle classi popolari, le quali rispetto al passato vivono effettivamente in condizioni più agiate, o meno dure — si traduce in un vero e proprio culto per il pensiero scientifico e tecnico. Così, se l'Umanesimo aveva celebrato soprattutto il modello umano del filologo, l'Illuminismo quello del filosofo e il Romanticismo quello del poeta, il positivismo esalta in primo luogo lo scienziato, di cui incarnazione massima è considerato quel "Newton della biologia" che è Charles Darwin. E, accanto allo scienziato, il positivismo glorifica l'industriale, l'ingegnere, il medico e anche il maestro, visto come diffusore di cultura presso la povera gente. Tutte queste figure diverranno celebri anche grazie a una serie di rappresentazioni letterarie molto note — da quelle di Jules Verne a quelle di Edmondo De Amicis —, delle quali il positivismo rappresenta la forma e la coscienza filosofica. L'ottimismo della borghesia in ascesa induce a pensare che l'umanità sia sulla strada di continui miglioramenti nelle condizioni di vita materiale e intellettuale, prevalentemente grazie ai progressi della conoscenza scientifica. A partire da queste premesse, il positivismo assume una spiccata valenza sociale, in quanto il progresso delle scienze è da esso considerato come il vettore di un corrispondente progresso materiale della società. Secondo Comte poiché “sono le idee che dirigono il mondo” è il sapere a condizionare l’organizzazione complessiva della società, come dimostra la legge dei tre stadi che secondo il filosofo francese scandisce e guida il processo di sviluppo delle culture e delle civiltà umane. Nel Corso di filosofia positiva, la sua opera principale, la legge afferma che ogni conoscenza, nel corso del suo sviluppo, attraversa necessariamente tre fasi successive: uno stadio teologico, uno stadio metafisico e uno stadio scientifico o «positivo». Lo «stadio teologico», o «fittizio», rappresenta la prima fase dello sviluppo della conoscenza, sia individuale sia collettiva. A questo stadio gli uomini cercano di 3 - ____________________________ ___________________________ il modello umano ________________ _________________________________ COMTE: LA LEGGE DEI TRE STADI Sapere _______________________ Tre stadi: 1 - ______________________________ Sapere: ricerca _________________ _________________________ eventi naturali prodotti da ____________ _______________________________ 135 conoscere la natura ultima delle cose e le loro cause finali: essi si rappresentano perciò i fenomeni naturali e gli eventi del mondo come prodotti dall'intervento di entità soprannaturali (frutto della fantasia umana). Lo «stadio metafisico», o «astratto», rappresenta la seconda fase dello sviluppo dello spirito umano, di collegamento fra il primo e il terzo. In esso le spiegazioni degli eventi del mondo vengono cercate non in entità soprannaturali ma in entità e forze astratte, essenze profonde inerenti ai vari enti, le quali darebbero conto della natura e del comportamento di tali enti. Appartengono a esso, per esempio, le teorie della sostanza della filosofia moderna (vedi la sostanza estesa e pensante di Cartesio). Nello «stadio positivo», o «scientifico», invece, gli uomini abbandonano il ricorso a entità soprannaturali e metafisiche e cercano la spiegazione degli eventi in «leggi generali», cioè nelle relazioni costanti che reggono il comportamento dei fenomeni osservati. A esse si giunge non attraverso l'immaginazione e la fantasia ma attraverso il ragionamento, che fa ricorso a ipotesi, le quali, a loro volta, devono essere verificate dall'osservazione empirica. A questo stadio si raggiunge infine la conoscenza scientifica della realtà e si afferma una vera e propria «filosofia positiva». La legge dei tre stadi non è concepita da Comte solo come la legge di sviluppo della civiltà umana nel suo complesso: è anche la legge dello sviluppo psichico e culturale dell'individuo, che passa nel corso della sua vita dallo stadio teologico dell'infanzia allo stadio positivo della maturità: «chi di noi non ricorda, contemplando la sua propria storia - chiede Comte - che è stato successivamente, rispetto alle nozioni più importanti, "teologo" nella sua infanzia, "metafisico" nella sua giovinezza e "fisico" nella sua virilità?». La legge, applicandosi al progresso delle conoscenze umane, definisce però anche il senso complessivo della civiltà europea e la direzione generale della storia. A una determinata fase di sviluppo delle conoscenze corrisponde infatti una determinata forma di organizzazione della società. Ciò significa che l'umanità ha attraversato, in momenti successivi, una fase teologica (dalle società arcaiche al Medioevo), una fase metafisica (coincidente con il periodo «critico» che va dal Rinascimento alla Rivoluzione francese) e una fase scientifica, la cui piena e definitiva realizzazione è, tuttavia, ancora in corso di svolgimento. Allo stadio teologico corrisponde l'organizzazione militare della società, allo stadio metafisico corrisponde quella fase di transizione che culmina, come appena accennato, nella Rivoluzione francese, mentre allo stadio positivo corrisponde la società industriale. Comte definisce epoche «organiche» la prima e la terza, che corrispondono ai modelli teologico e scientifico: in queste fasi le società sono organizzate secondo scopi ben determinati e la loro omogeneità è assicurata dalla condivisione di un sistema comune di credenze. Rispetto a esse, la fase intermedia si caratterizzerebbe, invece, come un'epoca «critica», non essendo organizzata secondo principi e valori fortemente condivisi da tutto il corpo sociale, ma mostrando invece una spiccata tendenza alla disgregazione e alla negazione delle credenze precedenti. Comte ritiene che la nuova filosofia positiva possa indicare le linee per costruire il nuovo ordine sociale, quello della società industriale, grazie al concorso di tutte le conoscenze scientifiche e sulla base di un costante incremento del potenziale tecnico-industriale. L'analisi di Comte, da questo punto di vista, procede in una direzione opposta rispetto a quella di Marx. Egli non riconosce infatti alcun ruolo emancipativo autonomo alla classe lavoratrice e non considera la lotta di classe come strumento di progresso, ma solo come fattore di disordine. La nuova società dovrà sorgere piuttosto dallo sforzo congiunto di tutti i partecipanti, accettando tuttavia come un dato di fatto la duplice funzione egemonica della classe degli società: _________________________ 2 - ____________________________ Sapere: ricerca ____________________ spiegazione dei ____________________ società: transizione 3 - _____________________________ Sapere: ________________________ società: ________________________ legge dello sviluppo della __________ __________ e dell’_________________ Epoche __________________ e di __________________________ 136 industriali e della classe intellettuale degli scienziati. Una diversa vocazione "sociale" è presente nel Positivismo inglese che si ispira all’utilitarismo di Jeremy Bentham (1748-1832). Esso altro non è se non quella tesi etico-politica basata sull'idea che il fondamentale valore etico da perseguire sia la ricerca della felicità, intesa come somma dei piaceri; per raggiungerla,occorre effettuare, in una maniera che evoca l'antico epicureismo, un 3 - LA SCIENZA COME STRUMENTO PER LA SOLUZIONE DEI PROBLEMI DELLA SOCIETÀ E DELL'UOMO ___________: un nuovo ordine sociale grazie alle ______________________________ - funzione egemonica di ____________ ____________________________________________ Positivismo inglese: D. Ricardo (1772-1823) Contro ______________ interessi privati e ________________ (_________) interessi ____________ delle diverse classi sociali. ________________ molla sistema quindi per lo _____________ sua difesa contro rendita fondiaria e ___________________ J. Bentham (1748-1832): Utilità = la felicità del _________________________________________ che non può essere raggiunta _________________________ ma deve essere _________________________________________ J. S. Mill ( ___________- _____________) diritti di libertà dell'individuo + _______________________________________ necessità di ______________________________________ per realizzare la maggiore felicità possibile per il maggior numero di uomini T. R. Malthus ( ___________- _____________) crescente divario in atto tra crescita demografica e _______________________________ singolo individuo ________________ e privi ________________________________ perché _________________________________________________________________ H. Spencer dalla ________________________________ (società ________________) alla cooperazione _______________ (società ________________) calcolo dei piaceri. Ma l'utilitarismo non implica puramente la ricerca del piacere immediato (ed è in questo che si distingue dall'edonismo), bensì sostiene la ricerca del piacere differito e, soprattutto, la felicità come somma di piaceri non viene intesa su un piano esclusivamente individuale, ma, al contrario, come felicità collettiva, destinata al maggior numero possibile di persone (quest'idea era vivissima anche nell'Illuminismo di Beccaria, ad esempio). Bentham fa quindi dell’utilità il parametro fondamentale non della sola attività del singolo, ma anche di quello delle istituzioni. Infatti, come l’utilità è alla base dell’attività morale del singolo allo stesso modo alla base dell’azione delle istituzioni vi deve essere l’utilità, la felicità del massimo numero possibile di persone; utilità che non può essere raggiunta spontaneamente dal mercato ma deve essere ricercata attivamente dalle istituzioni, come volevano i democratici. Oltrechè all'Illuminismo i sostenitori dell'utilitarismo si rifanno al liberalismo. Si tratta però di un liberalismo concepito in maniera diversa da autore ad autore: il pastore anglicano Thomas Robert Malthus (1766-1834), dopo aver sostenuto, a seguito di una lucida analisi, il crescente divario in atto tra la crescita demografica e quella delle risorse per la sussistenza, si faceva portavoce di un liberalismo 137 radicale e sfrenato, secondo cui ogni singolo individuo è e deve essere libero e privo di assistenza e solidarietà, in modo tale che a prevalere siano i più forti, a soccombere i più deboli. Già nei primi decenni dell’Ottocento l’ottimismo di Smith venne in parte rivisto da nuove analisi economiche e nuove teorie sociali. Infatti, negli stessi anni di Malthus, David Ricardo (1772-1823), era in disaccordo con l'estremismo del pastore anglicano e metteva in forse l’ottimismo liberista di Adam Smith dubitando dell’esistenza di quella mano invisibile (ipotizzata da Smith) che fa sì che se ciascuno persegue legittimamente i propri interessi personali, alla fine aiuta tutti. Nell’ottica di Ricardo infatti l’armonia degli interessi privati e collettivi viene sostituita da un’analisi degli interessi contrastanti delle diverse classi sociali. Le categorie necessarie per studiare il sistema economico sono, secondo Ricardo, la rendita, il profitto e il salario, sulla base dei quali si definiscono tre gruppi sociali: i proprietari terrieri, i capitalisti industriali e i lavoratori salariati. Tra di essi si distribuisce la ricchezza globale e da ciò nasce la conflittualità economica e sociale. Secondo Ricardo il profitto è la molla del nuovo sistema: ne deriva quindi che una sua compressione dovuta a benefici eccessivi sul versante della rendita fondiaria o del salario intralcerebbe lo sviluppo generale. Da ultimo, John Stuart Mill il cui liberalismo di impronta democratica e progressista, non si limita a sancire i diritti di libertà dell'individuo di fronte ai poteri dello Stato, ma punta altresì al riconoscimento di alcuni di quei diritti di natura sociale che appaiono sempre più minacciati nelle condizioni della moderna società industriale. Mill nutre, infatti, la convinzione che si debbano orientare il mercato e la società in una direzione che possa realizzare la maggiore felicità possibile per il maggior numero di uomini (e le tesi di Malthus non spingono certo in tale direzione). In altre parole, l'economia, secondo i dettami del liberismo più genuino, va lasciata al suo corso affinchè produca il più possibile; ma poi, in ambito politico, bisogna invece intervenire per realizzare una più equa distribuzione delle ricchezze. Mill denuncia inoltre la tendenza moderna a una crescente burocratizzazione e le minacce di un dispotismo dell'opinione pubblica. Egli insiste sugli aspetti mistificatori dell'idea della sovranità popolare e addita il regime plebiscitario di Napoleone III come esempio di un sistema dove il consenso di massa è manipolato e non implica una vera libertà politica . Analogamente Mill polemizza contro il socialismo, perché intravede nei suoi ideali egualitari il rischio di un’oppressione della società sull’individuo. La libertà politica infatti, secondo Mill, è misurata dalla possibilità di dissenso individuale: non solo e non tanto dalla centralità del principio di maggioranza, quanto piuttosto dalla garanzia dei diritti delle minoranze. Il pluralismo è una sua condizione essenziale. Mill d’altra parte non argomenta il principio della libertà politica sulla base di un ragionamento di tipo giusnaturalistico (in base cioè a un supposto diritto naturale): egli ritiene che l'idea di diritti presociali inalienabili sia solo una finzione teorica. La giustificazione di Mill è piuttosto di tipo utilitaristico. Per Mill la libertà politica dovrebbe essere preferita perché essa è più del dispotismo idonea a favorire il benessere gener al e: in primo luogo, perché educa gli individui, sviluppa le loro capacità e li rende più forti e coraggiosi; in secondo luogo, perché consente di sperimentare diverse possibili soluzioni per i problemi sociali e dunque accresce la razionalità delle scelte politiche; e, in terzo luogo, perché il sentimento di libertà, a parità di altre condizioni, rende gli uomini più felici. Mill si pronuncia a favore dell'istruzione universale e dell'estensione del suffragio. Sostiene l’opportunità di mettere alla prova le ipotesi socialiste su piccola scala, Mill: I pericoli __________________________ 1 ________________________________: manipolazione ______________________ 2_________________________________: __________________________________ Libertà politica = ___________________ _________________________________ La giustificazione ___________________ della democrazia: democrazia = + _________________ _________________ perché: 1 _________________________________ 2 _________________________________ 3 _________________________________ 138 in forme cooperative, e di praticare politiche di redistribuzione del reddito, al fine di diffondere in tutti gli strati della società quella possibilità di libera espressione della personalità che la sperequazione delle ricchezze finora ha limitato ai ceti più abbienti. E, ancora più significativamente, si batte contro la soggezione delle donne al dominio maschile e alla famiglia patriarcale. Mill rifiuta l’idea che tale soggezione discenda da una inferiorità naturale della donna: essa discende invece per lui da una storia di continui soprusi, che ha convertito la debolezza fisica in servitù e ha creato artificialmente una natura femminile tutta finalizzata alle esigenze degli uomini. Accanto al liberalismo democratico, nella seconda metà del secolo, si afferma tuttavia anche un liberalismo intransigentemente antistatalista, propugnatore di una visione competitiva della società. Sulla formazione di tale filone liberale esercitano un influsso decisivo le idee di Darwin (1809-1882) e soprattutto il cosiddetto darwinismo sociale, cioè la proposta di estendere la portata delle idee darwiniane dal campo dei rapporti tra le specie biologiche al campo dei rapporti tra gli individui e i gruppi umani. Così come Darwin ha mostrato che la lotta per l'esistenza e la selezione naturale costituiscono il motore dell’evoluzione delle specie viventi, il darwinismo sociale suggerisce l’ipotesi che il progresso della civiltà umana sia legato alla competizione tra individuo e individuo, e tra comunità e comunità; competizione che porta all’eliminazione delle forme sociali meno perfette e al prevalere delle più perfette. Herbert Spencer rappresenta il maggiore esempio di queste posizioni. Per Spencer l’evoluzione segue leggi naturali non solo per le specie ma anche nel campo delle società umane, leggi che comportano il passaggio ad uno stato di maggior complessità. Spencer interpretando la storia della società nel quadro del processo generale dell'evoluzione ne trae la certezza di un progresso che non potrà non realizzarsi in modo spontaneo, indipendentemente dagli sforzi umani per promuoverlo o per indirizzarlo nell'uno o nell'altro senso. Così le società tendono a passare dal tipo militare, fondato sulla cooperazione coatta, sulla soggezione degli individui alla collettività e sul primato dei guerrieri, al tipo industriale fondato sulla cooperazione volontaria, sulla libera concorrenza degli individui e sul primato dei produttori. Via via che si afferma la società industriale si affievolisce l’esigenza di un controllo politico. Lo stato dovrebbe intervenire il meno possibile limitandosi a garantire la leale competizione fra individui: infatti, per Spencer, ogni intervento filantropico premia, con grave danno del meccanismo evolutivo, gli elementi meno idonei, impedendo il prevalere dei più adatti. Forma estrema di insensato interventismo statale è il socialismo che rappresenta una regressione dalla società industriale alla società militare. Per Spencer, il principio della selezione naturale vale nei rapporti tra gli individui così come nei rapporti tra le comunità. Infatti nei loro conflitti anche le società più evolute prevalgono inevitabilmente su quelle meno evolute. Non è un caso perciò, e ha una precisa giustificazione nello sviluppo complessivo della civiltà, se una società evoluta come quella inglese ha potuto creare un vasto impero coloniali sottomettendo le società più primitive con cui è entrata in contatto. La disuguaglianza sociale che Locke aveva giustificato con l’introduzione della moneta diventava per i nuovi liberali di destra un fattore naturale, indipendente dalla volontà umana. Infatti, Locke ipotizza che l’uguaglianza naturale tra gli uomini sia stata superata nel momento in cui questi ultimi hanno accettato, convenzionalmente, l’uso della moneta. La sua introduzione ha, infatti, consentito di superare i limiti naturali che erano posti all’accumulazione di beni, costituiti dal non potersi impadronire di una quantità di beni eccedenti la capacità di usarli, in quanto sarebbero deperiti, e dal non sottrarre agli altri i beni necessari. Agli occhi di Locke, che in questo modo sembra ignorare l’esistenza del secondo limite che pure considera naturale, l’introduzione della moneta, che supera il limite imposto Le richieste ________________________: 1 _________________________________ __________________________________ 2 _________________________________ 3 _________________________________ Spencer: dalla _____________________________ alla politica progresso sociale = __________________ __________________________________ Spencer: l’evoluzione ________________ delle società: società __________________________ società ___________________________ il non intervento ____________________ socialismo = _______________________ la giustificazione del _________________ La giustificazione della_______________ __________________________________ 139 dalla possibilità di deteriorasi dei beni, appare sufficiente per giustificare il superamento dell’uguaglianza naturale. Il darwinismo sociale sembra dunque accentuare gli aspetti conservatori presenti nelle teorie liberali finendo per considerare un dato naturale, e quindi in quanto tale non da giustificare, la disuguaglianza sociale che Locke, quasi due secoli prima, tentava invece, pur con qualche problema, di giustificare 3. Positivismo, Romanticismo e Illuminismo Alcune delle tematiche fin qui evidenziate ricordano senz'altro l'atmosfera culturale dell'Illuminismo, con la sua condanna della metafisica e la sua richiesta di un sapere fondato sulla ragione e sull'esperienza. Tuttavia gli illuministi erano generalmente critici nei confronti della società del loro tempo e orientati a modificarne decisamente la struttura, mentre per la maggior parte dei positivisti la fiducia nella scienza e nelle sue applicazioni tecnico-industriali è piuttosto un motivo di conservazione, cioè di mantenimento dello sviluppo sociale entro una via ormai validamente intrapresa. Il Positivismo, con il tempo, ha finito per sembrare, a molti filosofi, come un nuovo dogmatismo avente la pretesa di racchiudere l'uomo negli schemi riduttivi della scienza. Anzi, il Positivismo, nonostante la sua pretesa di praticare la filosofia come sintesi unificatrice del sapere sperimentale, è apparso come una nuova metafisica non certo più rigorosa di quella del passato. Tutto ciò spiega la massiccia «reazione antipositivistica», che ha caratterizzato la filosofia degli ultimi decenni dell'Ottocento e degli inizi del Novecento. Controffensiva cui ha contribuito l'espansione stessa delle scienze, che si sono sviluppate in direzioni contrastanti con il quadro gnoseologico ed epistemologico presupposto o delineato dal Positivismo. Una seconda differenza fra illuministi e positivisti riguarda il modello di scienza considerato: gli interessi degli illuministi si erano concentrati soprattutto sulla meccanica razionale, con le sue applicazioni all'astronomia e alla cosmologia, mentre le scienze prese in maggiore considerazione dai positivisti sono la biologia, la chimica e la medicina. Nel corso dell'Ottocento verranno poi in primo piano nuovi saperi, come la psicologia e la sociologia, la cui fondazione avverrà in un contesto già fortemente segnato dalla riflessione sul metodo avviata dal positivismo stesso. Merita di essere meglio analizzato anche il rapporto con le filosofie romantiche: quando Comte asserisce che il Positivismo è affermazione del reale in opposizione al chimerico, il chimerico in questione è proprio quello delle filosofie romantiche; tuttavia, nonostante l’accesa intenzione di staccarserne, il Positivismo è pur sempre un figlio dell’era romantica e lo si può evincere dalla fede costante nell’Assoluto, inteso non come l’avevano inteso (in modo metafisico) Fichte, Schelling e Hegel; al contrario, l’Assoluto a cui aspirano i Positivisti è la scienza, che, non a caso, viene da loro assolutizzata e tende a scivolare nello scientismo che, come la religione, finisce per essere una fede, quella ch'è stata chiamata, non a caso, la «romanticizzazione» (ossia 1'assolutizzazione) della scienza. Inoltre anche il positivismo sente profondamente l'esigenza di reagire alla profonda crisi politico-spirituale seguita all'età rivoluzionaria, ricercando un nuovo rapporto tra l'individuo, la società e la storia - un rapporto nel quale i due ultimi poli o dimensioni vengono in più modi privilegiati rispetto al primo. Infine non è del tutto esatto dire che il positivismo viene dopo il romanticismo e lo storicismo idealistico, perché come abbiamo visto il Positivismo conosce le sue POSITIVISMO, ROMANTICISMO E ILLUMINISMO Differenze con l’__________________: Come l’Illuminismo condanna ________ _________________ e sapere = _______ ___________________________ ma a differenza dell’_________________ 1 - non _______________________ della _______________________ dall’inizio _____________________ Positivismo = nuova _______________ ___________________________ 2 – scienza di riferimento non _________ ________________________ ma ______ ________________________________ e le nuove scienze nate in ambito positivista: ________________________ rapporto con il Romanticismo 1 - positivo ≠ da _________________ (_____________________) ma la scienza è vista come ___________ _________________________________ della scienza 2 - ricerca nuovo rapporto ___________ ____________________ ma privilegiando dimensione _________ __________ (______________e società) 140 prime elaborazioni già nel corso degli anni venti dell’Ottocento. 4. John Stuart Mill: Positivismo ed empirismo In Inghilterra la diffusione del positivismo fu promossa soprattutto da John Stuart Mill, in un contesto culturale che aveva le sue radici nell'Illuminismo, nel liberalismo radicale e nell'empirismo di Hume. Per i filosofi inglesi l'anello di congiunzione fra il pensiero degli illuministi e la nuova filosofia positiva fu rappresentato dall'utilitarismo, tradizione di pensiero delineatasi fra la fine del secolo XVIII e l'inizio del XIX grazie a pensatori come Jeremy Bentham e James Mill, padre di John Stuart Mill. Di solito si distinguono due fasi nello sviluppo del positivismo inglese: la prima — dominata appunto dalla figura di Mill — fu soprattutto rivolta a problemi logico psicologici ed economico-politici, in stretti rapporti (di analogia, ma anche di differenza) con il positivismo francese; la seconda fu invece dominata dalla problematica evoluzionistica, introdotta nella filosofia da Spencer verso la metà del secolo, ma subito enormemente favorita dai successi della biologia evoluzionistica di Darwin. Insieme ad Auguste Comte, con cui intrattiene un lungo rapporto epistolare, John Stuart Mill (1806-1873)2 è fra i maggiori esponenti del positivismo europeo. Sostenitore di una concezione empiristica in epistemologia, liberale in politica e utilitarista in etica, John Stuart Mill è uno dei filosofi dell'Ottocento più presenti nel dibattito contemporaneo, ancora oggi punto di riferimento della riflessione epistemologica ed etico-politica. Abbiamo accennato al fatto che il positivismo di Comte assumeva l'esigenza empiristica come uno dei propri cardini fondamentali; la stessa cosa si può dire di quello di Mill. Fra i due esiste però una profonda differenza. Per Comte l'esigenza empiristica si traduceva in un semplice appello ai fatti concreti, intesi nel senso alquanto generico che il linguaggio comune attribuisce a questo termine. Tale appello serviva a Comte soprattutto per escludere dal campo delle conoscenze positive le ipotesi e le posizioni metafisiche, cioè non verificabili empiricamente. Per Mill invece — che si rivela in ciò fedele seguace della tradizione settecentesca inglese — l'empirismo implica la riduzione integrale della realtà conosciuta a «stati di coscienza» e l'analisi dettagliata dei contenuti delle nostre percezioni. La teoria positivistica della conoscenza subisce così una svolta, assumendo quale suo fondamento, in luogo della nozione un po' generica di esperienza, il riferimento preciso al piano dei fenomeni percettivi: fenomeni isolati uno dall'altro, chiusi ciascuno nella propria particolarità e proprio perciò forniti di un certo tipo di assolutezza — l'assolutezza del «dato». Una volta determinati i dati costitutivi elementari dell'esperienza, si tratterà di determinare il modo in cui questi si combinano fra loro per dare luogo alle varie forme di conoscenza comune e scientifica. Gli elementi costitutivi anzidetti risulterebbero legati gli uni agli altri da due tipi fondamentali di relazioni, quella di «somiglianza e dissimiglianza» e quella di «simultaneità e successione». A partire dagli stati di coscienza e sulla base di queste relazioni sarebbe possibile ricostruire tutti gli stati più complessi mediante una «chimica psicologica»; questa si distaccherebbe dall'associazionismo settecentesco perché farebbe ricorso non più a pure combinazioni meccaniche degli elementi ultimi dell'esperienza, bensì a «combinazioni» che, analogamente alle combinazioni chimiche, possono dare luogo a qualcosa di relativamente nuovo rispetto ai componenti. Questa interpretazione fenomenistica dell'esperienza sta alla base di tutta la filosofia di Mill: sia della sua logica sia della sua concezione del mondo e dell'io. 2 Per la vita e le opere vedi pag. 148 JOHN STUART MILL: POSITIVISMO ED EMPIRISMO Il Positivismo ________________: __________________ + liberalismo __ ___________ + ____________ (Hume) _________________________ _____________________ Due fasi: 1 - _____________ 2- _________________________ JOHN STUART MILL Epistemologia: _________________ Politica: _______________________ (vedi pag. 138) Etica: ________________________ L’empirismo di _______________: appello ai fatti _________________ al fine di escludere ________________ l’empirismo di ______________: la conoscenza deriva dalle __________ ______ quindi da ________________ ____________________ La _____________________________: i fenomeni percettivi sono combinati tra di loro da relazioni di: somiglianza / _____________________ ____________________ e successione per dar vita a qualcosa _____________ ai componenti 141 Mill dedica alla logica e all'epistemologia la sua opera più importante, il Sistema di logica deduttiva e induttiva, che affronta il problema di come sia possibile ottenere una conoscenza vera attraverso l'inferenza di alcune proposizioni del linguaggio da altre proposizioni. Ci sono per Mill due generi di conoscenza: alcune verità sono conosciute direttamente attraverso un'intuizione empirica immediata; altre sono invece conosciute indirettamente mediante l'inferenza da altre verità. La logica tratta di questo secondo genere di conoscenza: suo oggetto di studio non è l'intuizione diretta della verità di una determinata proposizione, ma la dimostrazione di una proposizione attraverso altre proposizioni. Il primo passo che Mill affronta è quello di chiarire che cosa sia una «proposizione» del linguaggio. Mill parte dal linguaggio in quanto esso è «uno strumento del pensiero, così come è anche un mezzo di comunicazione dei pensieri». Tutto ciò che può essere oggetto di assenso e di dissenso, quando viene espresso nel linguaggio, assume la forma di una proposizione. Le proposizioni sono formate da almeno due termini: il soggetto e il predicato. Ciò su cui si concentra la logica, però, non è il singolo termine, ma la proposizione, perché solo la proposizione può essere vera o falsa: «ogni verità e ogni errore - scrive Mill risiedono nelle proposizioni». Le proposizioni sono quindi enunciati del linguaggio che possono essere veri o falsi, e possono essere di due tipi: proposizioni verbali, quelle in cui, come nei giudizi analitici di Kant, il predicato esprime un concetto già contenuto nel soggetto; proposizioni reali, quelle in cui, come nei giudizi sintetici di Kant, il predicato esprime un concetto che non è già contenuto nel soggetto. Con le proposizioni reali si ha un effettivo accrescimento della conoscenza, mentre con le proposizioni verbali non si aggiunge nulla a quanto già conosciuto del soggetto della proposizione. Nella logica tradizionale, il modello di inferenza corretta è la deduzione del sillogismo, con il quale partendo da due premesse, una generale e una particolare, si dimostra una conclusione particolare. La forma più nota di sillogismo è la seguente: «Tutti gli uomini sono mortali; il duca di Wellington è un uomo; dunque il duca di Wellington è mortale». L'inferenza del sillogismo è corretta; tuttavia, sostiene Mill, essa non aggiunge nulla a quanto già affermato nelle premesse. Il problema a cui la logica deduttiva non dà risposta è allora: come sappiamo che le premesse sono vere? La risposta di Mill è che lo sappiamo attraverso l'osservazione costante di casi particolari: è solo attraverso la ripetuta osservazione della morte di singoli uomini che possiamo inferire la proposizione generale «tutti gli uomini sono mortali», la quale ci consente di sintetizzare in una sola espressione un gran numero di osservazioni particolari. Le verità generali si basano dunque su ripetute osservazioni particolari da cui vengono tratte per inferenza induttiva. La vera inferenza, dunque, non è la deduzione dal generale al particolare, perché la proposizione generale è in realtà solo un passaggio intermedio di un'inferenza che va dal particolare al particolare. L'inferenza vera è quindi una induzione dal particolare al particolare: si parte dall'osservazione ripetuta di casi particolari, si inferiscono da essa certe verità generali, e si deducono infine altre verità particolari: «ogni inferenza è da particolari a particolari». Secondo Mill, tutti i generi di conoscenza hanno questa base nell'induzione da casi particolari e sono perciò di natura empirica. Le stesse proposizioni della geometria e della matematica sono generalizzazioni tratte dall'osservazione ripetuta: «le scienze deduttive o dimostrative - scrive - sono tutte, senza eccezione, scienze induttive e la loro evidenza è quella dell'esperienza». LA LOGICA Due tipi di conoscenza: 1 - intuizione empirica______________ 2 - __________________ da altre verità oggetto logica: ___ linguaggio = ___________________ _________________________ usa __________________________ di due tipi: 1 – proposizioni ________________ il predicato _____________________ nel soggetto 2 - _____________________________ il predicato _____________________ nel soggetto Due tipi di inferenza: A- _________________________: il _________________________: premessa _________________ + premessa __________________ la conclusione non ________________ una ____________________(premessa _________) deriva da _____________ _______________________________ B - ____________________________: non dal __________________ al _________________________ ma osservazione ___________________ verità ___________________ deduzione __________________ 142 L'induzione è quindi «una generalizzazione dall'esperienza. Essa consiste nell'inferire da alcuni casi singoli in cui si osserva che un fenomeno si verifica, ch'esso si verifica in tutti i casi di una certa classe». Tuttavia, proprio per questa inferenza di una proposizione universale da singoli casi particolari, l'induzione si imbatte nel problema su cui aveva richiamato l'attenzione Hume, giudicandolo insolubile: l'esperienza ci mette, infatti, a disposizione solo un numero limitato di casi, per quanto esso possa essere alto, e non è mai in grado di giustificare il passaggio dai singoli casi osservati a "tutti" i casi osservabili. Chi ci garantisce, cioè, che dopo aver osservato che il sole è sorto oggi, ed è sorto ieri e l'altro ieri, esso sorgerà ancora domani? O che dopo aver osservato la morte di un uomo e di un altro e un altro ancora, siamo giustificati a dire che tutti gli uomini sono mortali? Mill risponde a questo problema attraverso il ricorso a un principio generale che guida la nostra esperienza: il principio di uniformità della natura. È perché il corso della natura è uniforme che l’osservazione di un numero limitato di casi è sufficiente a garantire la validità dell'inferenza da una verità particolare a una verità generale, è in base a questo principio che siamo cioè giustificati a credere che il sole sorgerà ancora domani o che tutti gli uomini sono mortali. In natura, ciò che accade in relazione a un determinato fenomeno in una determinata circostanza accadrà anche in relazione a un fenomeno a esso del tutto simile in una circostanza del tutto simile. Il principio di uniformità della natura si traduce allora nella validità di una legge universale: la legge di causalità. Secondo Mill, è infatti possibile concepire un ordine e quindi un'uniformità della natura solo se consideriamo la natura retta da leggi universali di carattere causale: «è una legge che ogni evento dipenda da qualche legge». Tuttavia, il principio di causalità e di uniformità è vero, per Mill, perché è esso stesso derivato dall'osservazione della natura. L'uniformità della natura è quindi una generalizzazione ottenuta per induzione, la quale serve però a fondare la correttezza di tutte le altre induzioni. A molti commentatori questa è parsa una soluzione compromessa in un imbarazzante circolo vizioso. da ______________ casi a _________ casi = inferenza _________________ Infondate? No perché: ___________________________ della natura per cui: la natura è retta da ______________ ____________ di carattere __________ La legge di ____________________ è una legge che ogni _____________ dipenda da qualche ____________ ma uniformità della __________________ generalizzazione ottenuta per ________ _________ che serve a fondare la correttezza _____________________ 5. Evoluzionismo e Positivismo 5.1 Charles Darwin:l’evoluzionismo scientifico 5.2 Herbert Spencer: la metafisica della scienza EVOLUZIONISMO E POSITIVISMO 5.1 Charles Darwin:l’evoluzionismo scientifico Il movimento di pensiero che viene solitamente definito evoluzionismo si sviluppa in Europa nella seconda metà del XIX secolo e può essere considerato una branca e una prosecuzione del più generale movimento positivista risultando centrale per comprendere diversi tratti specifici della cultura del secondo Ottocento. Esamineremo l’opera di Darwin, che appare sempre più come un punto di riferimento obbligato per tutte le scienze che studiano la vita, con l'intento non però di approfondirne le varie implicazioni scientifiche, ma quello di coglierne la più ampia portata culturale e l'impatto che esso ha avuto sul sistema delle convinzioni etiche, metafisiche e religiose sulle quali si fondava in precedenza la visione tradizionale dell'uomo e del mondo. La portata ____________________ dell’opera di ___________________ Evoluzionismo e _________________: due rivoluzioni ___________________ 143 Charles Darwin (1809-1882)3 non è un filosofo, ma un biologo e un naturalista; tuttavia la formulazione della sua riflessione scientifica, la «teoria dell'evoluzione delle specie», ebbe notevolissime conseguenze filosofiche, tanto da essere considerata una vera e propria rivoluzione intellettuale, al pari di quella di Copernico e Galileo. Nella sua opera più importante L'origine delle specie per mezzo della selezione naturale, Darwin riprende la tesi di una progressiva trasformazione nel tempo delle specie viventi (il cosiddetto "trasformismo"), già presente nel XVIII secolo e sostenuta agli inizi dell'Ottocento da Jean-Baptiste Lamarck (1744-1829). Questa tesi si opponeva alla più tradizionale tesi dell'immutabilità nel tempo delle specie (il cosiddetto "fissismo"), sostenuta agli inizi dell'Ottocento da Georges Cuvier (1769- 1832), la quale si accordava con il racconto biblico della creazione divina degli animali. Per Lamarck è l'influenza dell'ambiente esterno a spiegare l'evoluzione delle varie specie animali: queste, nel corso delle generazioni, modificano le proprie caratteristiche per garantire un miglior adattamento all'ambiente. Pur richiamandosi al trasformismo, Darwin corregge la teoria di Lamarck: studiando la notevole diversità della flora e della fauna presenti nelle isole Galapagos, che pure sono caratterizzate dalle stesse condizioni ambientali, giunge alla conclusione che non è l'ambiente a determinare le modificazioni degli individui della specie, ma la selezione naturale. La natura e l'ambiente, anziché incidere direttamente sulle caratteristiche individuali, producono la selezione delle caratteristiche più adatte. Le modificazioni individuali possono essere prodotte nei modi più disparati, anche casuali; solo alcune di queste modificazioni, tuttavia, sopravvivono e si tramandano agli individui successivi, e cioè quelle che sono in grado di superare la selezione operata dalla natura. È la cosiddetta teoria della selezione naturale: poiché le risorse naturali non sono sufficienti per tutti, gli individui si trovano in una situazione di continua lotta per l'esistenza (una tesi che Darwin riprende dalla lettura del Saggio sui principi della popolazione dell'economista Thomas Robert Malthus) e solo quelli più adatti sopravvivono e sono in grado di trasmettere i propri caratteri ai discendenti. C'è quindi una selezione naturale, analoga alla selezione artificiale dell'uomo sugli animali e sulle piante, ma su una scala immensamente più grande; ed è questa selezione che spiega l'estinzione di alcune specie animali e il sopravvivere e modificarsi nel tempo delle altre. La pubblicazione dell'Origine delle specie ebbe grande risonanza e suscitò vivaci polemiche: l'ipotesi che era alla base dell'opera si scontrava con la descrizione biblica della creazione delle specie viventi da parte di Dio (idea che è alla base del cosiddetto "creazionismo", per il quale tutte le specie viventi sono create da Dio e conservano inalterato il proprio carattere). E inoltre, dando grande peso alle variazioni casuali delle caratteristiche individuali e alla selezione naturale di individui in perenne lotta per la vita, la teoria evoluzionistica eliminava ogni riferimento a un ordine finalistico della natura e dei fenomeni biologici. All'immagine di un mondo sostanzialmente statico veniva a sostituirsi quella di un mondo in continua evoluzione e la specie umana, un tempo regina della creazione, si scopriva ora un semplice frammento nella struttura generale degli organismi viventi. Che il darwinismo non fosse soltanto una teoria fra le altre, ma il fulcro di una nuova concezione del mondo e di un vero e proprio cambiamento di paradigma nella considerazione dell'uomo, è stato sottolineato ai primi del Novecento da Sigmund Freud, il quale ha attribuito a Darwin il secondo grande sovvertimento di valori della modernità, dopo quello operato da Copernico. Stando agli esiti 3 Per la vita e le opere vedi pag. 149 dal __________________________ (__________________) all’__________________________ (__________________) ctr ________________ (______________) Lamark: gli animali _______________ le loro caratteristiche per ___________ _________________________ Darwin: le mutazioni avvengano a ____ la ______________________ premia gli individui più _________________ la _____________________________: lotta per _________________________ a causa della ________________ delle _______________________ (vedi ______________________) Le novità della teoria evoluzionista: 1 – negava il _____________________ 2 – negava _______________________ 3 – al mondo ___________________ sostituiva un mondo ______________ 4 – l’uomo non più ________________ Freud: il superamento del _________ ______________________________ 144 della ricerca biologica, l'uomo non doveva soltanto prendere atto della sua marginalità nell'universo, ma abbandonare altresì la pretesa di occupare una posizione privilegiata nell'economia della creazione, per riconoscersi parte del mondo animale, soggetto alle medesime leggi che valgono per tutto l'ambito del vivente. Dalle polemiche seguite alla pubblicazione dell'Origine delle specie, Darwin fu motivato a scrivere l'altra sua grande opera, L'origine dell'uomo, nella quale la teoria della selezione naturale viene estesa all'uomo stesso. La specie umana non è stata creata direttamente da Dio (sulla cui esistenza Darwin si dichiarò "agnostico", cioè sospese il giudizio), ma deriva dall'evoluzione nel tempo delle specie animali inferiori: è da un antenato comune con la scimmia che è nato l'uomo. La selezione naturale spiega la modificazione fisica dell'uomo rispetto alle scimmie e spiega anche il suo sviluppo intellettuale e morale. Non si riscontra quindi alcuna differenza qualitativa fra l'uomo e gli animali più evoluti, ma solo una differenza di grado, dovuta alla selezione naturale; e ciò non vale soltanto per le caratteristiche fisiche, ma anche per le caratteristiche psichiche e spirituali. La stessa espressione dei sentimenti e delle emozioni, sostiene Darwin nell'Espressione delle emozioni nell'uomo e negli animali, attesta questa somiglianza e rivela la loro parentela. Le conseguenze filosofiche della teoria darwiniana sono enormi: non solo la natura non presenta alcun ordine finalistico e intenzionale (antifinalismo), ma l'uomo stesso non può più essere considerato al centro di essa e al centro della creazione. L'uomo è soltanto un animale accidentalmente più evoluto. Con la teoria della selezione naturale, l'uomo perde la centralità nella natura (rifiuto dell'antropocentrismo) e la natura perde la tradizionale immagine di armonia e semplicità, presentandosi come un insieme complesso e disarmonico. Nell'Origine dell'uomo Darwin affronta anche il problema della genesi della moralità. Il senso e la coscienza morale si presentano come prodotto della simpatia e degli istinti che portano alla lode e al biasimo dei propri simili, sentimenti comuni all'uomo come agli animali più sviluppati, e la cui presenza è frutto della selezione naturale, poiché aumenta la possibilità di superare la lotta per la sopravvivenza. Tuttavia, solo l'uomo è capace di approvazione e disapprovazione morale, e questa differenza, sebbene non sia sufficiente a stabilire una separazione qualitativa fra uomo e animali, è comunque indice di una distanza nel grado di evoluzione. Seppure in maniera molto cauta, in quest'opera Darwin estende la selezione naturale anche al contesto storico-sociale, spiegando, alla luce di questa teoria, il colonialismo e la sopraffazione sulle popolazioni indigene. Questa tendenza all'estensione della selezione naturale al contesto storico e sociale, ben oltre gli intenti dello stesso Darwin, ebbe grande diffusione verso la fine del secolo e fu alla base del cosiddetto darwinismo sociale, una corrente di pensiero politico di carattere conservatore, che rifacendosi alle tesi dello scienziato inglese giunse a giustificare la discriminazione delle classi deboli e subalterne, sulla base del fatto che la selezione naturale avrebbe posto in una situazione di predominio solo i ceti più forti e adatti. È chiaramente l'eredità meno interessante della riflessione darwiniana, l'aspetto nel quale essa cessa di essere una teoria scientifica per divenire un'ideologia al servizio della lotta politica. Per molti aspetti Darwin è un autore "scomodo" ancora oggi, e il libro L'origine delle specie non è stato ancora del tutto accettato nel canone dei testi fondamentali che è necessario prima o poi incontrare nel corso di un normale curriculum di studi. Anzi, in anni recenti negli Stati Uniti d'America una presunta dottrina "alternativa" ispirata ai principi della teologia naturale ottocentesca, la dottrina del cosiddetto "disegno intelligente", ha riportato in auge negli ambienti L’origine _____________________ l’_____________________ dell’uomo: la scomparsa _____________________ qualitative tra ____________________ sia per le caratteristiche ____________ che per quelle ____________________ l’uomo = _______________________ 5 – la natura come insieme __________ ________________________________ L’ _____________________ della moralità simpatia – lode / _________________ sentimenti comuni a _______________ e ______________________ premiati dalla __________________________ l’estensione della selezione naturale __ _______________________________: il _____________________________ ________________________ al servizio della _____________________ Le resistenza all’__________________ in ___________________________ la pseudo-__________________ del _____________________________ 145 del fondamentalismo religioso quella prospettiva creazionistica che l'opera di Darwin aveva scalzato. Secondo questa dottrina pseudo- scientifica alcune caratteristiche dell'universo (per esempio i fenomeni che riguardano l'ambito della vita) sarebbero spiegabili solo facendo riferimento a un progetto elaborato da una causa intelligente, cioè da Dio stesso. Poco importa sottolineare a questo proposito la reazione di tutta la comunità scientifica, che ha voluto sottolineare la differenza profonda fra una teoria come quella di Darwin, che può contare su un gran numero di evidenze empiriche ed è compatibile con la maggior parte degli sviluppi più recenti della biologia e delle scienze naturali, e una dottrina fondata su convinzioni di carattere metafisico e religioso, legittime sul piano personale, ma destituite di ogni oggéttività scientifica. Il punto è infatti che gli attacchi alla teoria dell'evoluzione per selezione naturale muovono proprio da posizioni che pretendono di avere i crismi della scienza e che la dottrina "neocreazionista" vorrebbe godere di una par condicio nell'ambito dell'insegnamento scolastico, un po' come se qualcuno considerasse il modello astronomico tolemaico un'ipotesi plausibile accanto a quello copernicano. Forse ancora oggi si ha paura ad accettare l'idea di un'origine completamente materiale del nostro corpo e della nostra mente, perché si crede che una tale accettazione comporterebbe la caduta di ogni fondamento non solo religioso, ma anche etico. In realtà, la teoria di Darwin non dimostra affatto che non esistono entità trascendenti, né impedisce a ciascuno di continuare a coltivare le proprie credenze religiose. Meno che mai scalfisce le basi etiche della convivenza fra gli uomini, che dipendono da fattori di natura del tutto diversa. Semplicemente, Darwin non si è occupato di queste cose. I tentativi di costruire un evoluzionismo cristiano sono stati molto meno numerosi nel mondo cattolico, che si rivelò più chiuso di quello protestante. Il caso più noto è anche quello più recente, e riguarda le difficoltà incontrate dal "gesuita scomodo", il paleontologo francese Pierre Teilhard de Chardin (18811955), autore di una teoria finalistica secondo cui tutta l'evoluzione tende alla comparsa dell'uomo («ominazione»). Solo nel 1950 si ebbe una vera, ma limitata, apertura all'evoluzionismo con l'enciclica Humani generis di Pio XII: la questione dell'evoluzione poteva essere discussa dai «competenti»; l'evoluzione era ammissibile per il corpo dell'uomo, ma si ribadiva la creazione divina dell'anima individuale e il dogma del peccato originale. Altri passi nella direzione del dialogo fra scienza e fede sono stati compiuti sotto i pontificati di Giovanni Paolo II (1978-2005) e Benedetto XVI (2005-2013). Essi hanno tuttavia ribadito l'unicità della natura spirituale dell'uomo e la sua condizione di creatura privilegiata; hanno respinto senza appello l'idea che l'evoluzione possa non essere la realizzazione di un disegno divino. 5.2. Herbert Spencer: l’evoluzionismo metafisico Darwinismo credenze _____________ ed _____________________ Le resistenze del mondo ____________ _______________________________: l’evoluzione ____________________ all’_________________________ i punti fermi del _________________: centralità ________________________ natura __________________ dell’uomo evoluzione diretta da ______________ _________________________ HERBERT SPENCER: L’EVOLUZIONISMO METAFISICO Herbert Spencer4 fu il filosofo che meglio d'ogni altro realizzò quella mediazione tra positivismo ed evoluzionismo che nella cultura ultimo-ottocentesca ebbe uno L’estensione dell’ _____________ straordinario successo. Spencer, infatti, estende la teoria dell'evoluzione dall'am- all’intera ________________ bito della biologia a quello dell'intera realtà. Egli giunge alla formulazione di una teoria dell'evoluzione prima e in modo indipendente rispetto a Darwin, trovando ma prima di __________________ nell'opera del naturalista inglese solo la conferma delle proprie tesi. Esistono nette differenze fra i due. Il concetto generale di evoluzione ha in Spencer un evidente carattere metafisico; esso non risulta, infatti, legato a un 4 Per la vita e le opere vedi pag. 148 146 campo di ricerche specifiche sperimentalmente controllabili, ma è una definizione che tende a presentarci il rapporto evolutivo come qualcosa di unico e universale, capace di sintetizzare in sé tutti i processi evolutivi concreti, scoperti dalle varie scienze. In altri termini, il compito che si è prefisso Spencer non è quello — di carattere scientifico — di dare una risposta al problema delle specie allora al centro delle ricerche dei naturalisti, ma piuttosto quello di spiegare in modo unitario tutti i fenomeni della realtà e unificare così, in un sistema articolato, tutte le scienze; Darwin invece si attiene al problema della formazione di nuove specie viventi. Vi è un'ulteriore differenza tra i due teorici dell'evoluzione. Mentre per Darwin la selezione naturale è la base dell'evoluzione, per Spencer ne è solo un aspetto, un «agente secondario». In realtà, egli è piuttosto un lamarckiano, per il peso determinante che riconosce all'adattamento all'ambiente e alle modificazioni di funzioni a strutture trasmissibili per eredità. Nella sua opera più importante, I primi principi, Spencer delinea il sistema generale della filosofia evoluzionistica, il «sistema di filosofia sintetica», così chiamato perché alla filosofia viene attribuito il compito di coordinare e unificare sinteticamente i risultati delle varie scienze. La filosofia è dunque concepita come la scienza più generale, la quale si pone al vertice del sistema costituito dalle varie scienze. Queste si distinguono in: scienze inorganiche, come la fisica; scienze organiche, come la biologia e la psicologia; scienze superorganiche come la sociologia e l'etica. La filosofia svolge il processo di collegamento e unificazione dei singoli dati di esperienza che dalla conoscenza più comune giunge a quella scientifica. Proprio per questo suo carattere di generalità, la filosofia sintetica individua una legge che vige in tutti gli ambiti della realtà, da quello fisico a quello biologico a quello sociale e culturale (dal sistema solare, agli organismi viventi, alla società, all'arte e al linguaggio). È la legge generale dell'evoluzione. L'evoluzione è caratterizzata da Spencer come un processo di integrazione della materia e concomitante dissipazione del movimento, nel quale la materia passa: da uno stato incoerente a uno stato più coerente; da uno stato omogeneo a uno stato eterogeneo; da uno stato indefinito a uno stato più definito. Per comprendere il primo punto possiamo pensare alla differenza fra creature che continuano a vivere nelle singole parti anche se tagliate a pezzi e quelle che invece sono composte di organi che vivono l'uno per l'altro e per mezzo dell'altro; la maggiore coerenza che si produce nel corso dell'evoluzione è quindi soprattutto maggiore coordinazione delle parti di un organismo. Il secondo punto indica che nell'evoluzione la materia, integrandosi, si differenzia, diventa multiforme, acquista nuove funzioni, in modo tale che gli organismi superiori presentano un'organizzazione più complessa rispetto a quelli inferiori. Il terzo punto, infine, ci dice che l'evoluzione è un movimento dalla confusione all'ordine, da una sistemazione indeterminata a una sistemazione determinata. Spencer non si cura affatto di esaminare criticamente il senso preciso di questi passaggi, ma si accontenta di affermare, con dogmatica sicurezza, che essi sono riscontrabili ovunque: nella formazione del sistema solare come nello sviluppo del mondo organico, nei processi psichici come in quelli sociali, fino agli atti squisitamente etici. Nella storia, comunque, non si assiste solo all'evoluzione, in essa si riscontra piuttosto un'alternanza ritmica tra fasi di evoluzione e fasi di dissoluzione, ma queste ultime avranno necessariamente come conseguenza ulteriori fasi di evoluzione, governate dalla loro legge. Rimane dunque, nell'opera di Spencer, un'impronta generale di ottimismo e di fiducia nel progresso. Secondo Spencer, però, la scienza e la filosofia non esauriscono la conoscenza della realtà. Una parte della realtà resta inevitabilmente fuori dalla possibilità ≠ Spencer e _______________ 1 - Spencer evoluzionismo a carattere ____________________________ ____________ evoluzionismo per spiegare ___________________ 2 – Darwin: ____________________ Spencer _______________________ La filosofia ____________________ = _________________ sinteticamente i risultati delle diverse_______________ filosofia scienze ________________ (sociologia e etica ) scienze ________________ (biologia e psicologia) scienze _______________ (fisica) filosofia = legge che vale _________ ___________________ = legge generale dell’____________________ evoluzione = ____________________ della materia ____________________ del movimento attraverso cui la materia passa da: 1 – stato _______________ a stato ______________ (più coordinazione tra __________________________) 2 – stato _______________ a stato ______________ (più _____________ __________________) 3 – stato _______________ a stato ______________ (più _____________ _________) Evoluzioni + ___________________ ma storia _____________________ 147 della conoscenza umana, rimane sempre cioè una parte di mistero. La presenza dell'Inconoscibile non è colta dalla scienza ma dalla religione, la quale ha a che fare con il Mistero, che rimane fuori dalla possibilità della conoscenza umana. Inoltre solo la religione comprende che questo Mistero non è inerte, ma esercita la sua forza e il suo potere su tutti i fenomeni sensibili. Le religioni storiche hanno preteso di determinare simbolicamente questo Mistero, mentre questa pretesa sarà abbandonata dalla religione evoluta, che riconoscerà il Mistero in quanto tale, cioè come non conoscibile e non determinabile. Se la scienza si occupa del conoscibile e del relativo, la religione si occupa dell'inconoscibile e dell'assoluto. Vita e opere L’_____________________________ Scienza e ____________________ non conoscono tutta ___________ rimane ___________________ = il _____________ compreso dalla _____ _______ in forma ________________ Auguste Comte nacque a Montpellier nel 1798. A sedici anni entrò nell'École Polytechnique, dove trovò un ambiente fortemente influenzato dalle idee di Saint-Simon, di cui fu il segretario personale e collaboratore per sette anni. Nel 1822 se ne staccò e pubblicò un'interessante opera: Piano dei lavori scientifici necessari per riorganizzare la società, che ottenne un notevolissimo successo. In una seconda edizione del 1824 le darà il titolo, più breve ed espressivo, di Politica positiva. Il periodo più fecondo per l'attività di Comte fu quello che va dal 1830 al 1842; durante questi anni egli pubblicò i sei volumi del suo Corso di filosofia positiva, che gli procurarono immediatamente una notevole fama in Francia e più ancora in Inghilterra. Non valsero però, come sperava, a procurargli un posto di professore titolare all'École Polytechnique, ma anzi indussero i matematici di quell’istituto, offesi perché il Corso non riconosceva alla loro scienza una posizione di privilegio, a togliergli anche l'incarico di esaminatore in precedenza affidatogli. Così egli dovette ridursi a vivere del solo frutto delle lezioni private. Negli ultimi anni, alcuni amici e ammiratori francesi e inglesi, fra cui John Stuart Mill, agevolarono la sua condizione con una modesta pensione. Fra il 1851 e il 1854 pubblicò, in quattro volumi, il Sistema di politica positiva o trattato di sociologia istituente la Religione dell'Umanità; nel 1852 usciva il Catechismo positivista o esposizione sommaria della religione universale. Queste ultime due opere segnano l'ultima fase del pensiero di Comte: fase in cui egli abbandonò la vera e propria ricerca filosofica, per dedicarsi a fondare una nuova religione, la «Religione dell'Umanità», di cui si eresse a pontefice. Morì nel 1857, lasciando incompiuta la Sintesi soggettiva o sistema universale delle concezioni proprie dello stato normale dell'umanità. John Stuart Mill nacque a Londra nel 1806. Il padre James fu filosofo ed economista, discepolo di Bentham e sostenitore della dottrina utilitaristica. John Stuart Mill, dopo una fanciullezza trascorsa in studi precoci, diretti dal padre in senso spiccatamente intellettualistico, cominciò a collaborare con la «Westminster Review», che era il principale organo del radicalismo riformista. Entrò frattanto, a soli diciassette anni, nella Compagnia delle Indie, nella quale raggiunse in breve le più alte cariche. Nel 1826 ebbe una profonda crisi, durante la quale comprese la necessità di una cultura più viva e più ricca, basata non solo sullo sviluppo delle qualità intellettuali, ma anche sulla fantasia e sul sentimento. Si dedicò quindi con passione alla lettura delle opere dei saint-simoniani e di Comte, dalle quali rimase profondamente influenzato. Da quel momento acquistò una piena indipendenza di pensiero e, pur aderendo ancora a molte idee filosofiche e politiche degli utilitaristi, seppe dare alle proprie ricerche una nuova ricchezza di contenuto e un'impronta nettamente personale. Continuò a occuparsi attivamente di politica, diventando uno dei più autorevoli sostenitori del regime liberale democratico. Ricordiamo i suoi sforzi a favore di una larga partecipazione dei cittadini alle amministrazioni locali, la sua difesa di un sistema elettorale capace di garantire un'effettiva rappresentanza alle minoranze e, soprattutto, la sua energica lotta per l'eguaglianza dei sessi. Fu per alcuni anni membro della Camera dei Comuni. Morì ad Avignone, in Francia, nel 1873. Le principali opere filosofiche di Mill sono: Sistema di logica deduttiva e induttiva (1843); Comte e il positivismo (1865); Tre saggi sulla religione, usciti postumi nel 1874. Molta importanza ebbero gli scritti economico-politici, fra i quali la fondamentale opera Principi di economia politica (1848), il saggio Sulla libertà (1859), L'asservimento delle donne (1869). Di notevole interesse è, infine, la sua Autobiografia (1873), dalla quale emerge l'immagine di un protagonista della vita culturale e politica del proprio tempo. 148 Herbert Spencer nacque a Derby nel 1820. Iniziò la propria carriera come ingegnere delle ferrovie di Londra, ma poco dopo abbandonò questo lavoro per dedicarsi completamente all'attività di scrittore. Pur essendo salito in breve a grande notorietà, condusse sempre una vita modesta e appartata. Già la sua prima opera di un certo rilievo, Statica sociale (1850), prospetta l'opportunità di concepire l'evoluzione sociale sull'analogia di quella organica. «La civiltà — dichiara — più che essere una cosa artificiosa, è una parte della natura, proprio come l'evoluzione di un embrione o lo schiudersi di un fiore». L'idea dell'evoluzione costituisce il centro dei Principi di psicologia (1855), uno dei lavori più interessanti e significativi di Spencer. Nel 1860 egli redasse e diffuse tra gli studiosi inglesi l'abbozzo (Prospectus) di una vasta opera definita di «filosofia sintetica», che si era proposto di scrivere per illustrare la fecondità del concetto di evoluzione nei vari campi del sapere. Il primo volume, dal titolo Primi principi, uscì due anni dopo, il decimo e ultimo nel 1893. Nel corso di trentatré anni di intensa e metodica attività, Spencer condusse a termine il suo programma di lavoro. Morì nel 1903, e l'anno successivo uscì la sua Autobiografia, importante fonte di conoscenze sulla sua attività. I seguaci del positivismo evoluzionistico ebbero per Spencer la più grande ammirazione, giungendo a considerarlo come l'Aristotele del secolo XIX. Charles Robert Darwin nacque nel 1809 a Shrewsbury da una famiglia di idee liberali, il cui più illustre rappresentante, Erasmus Darwin, era stato un seguace del naturalismo illuministico e aveva formulato una teoria in certo senso evoluzionistica, la cui eco doveva imprimersi nella mente del nipote Charles. Da giovane, questi fu inviato dapprima a Edimburgo per studiare medicina e poi a Cambridge per prepararsi alla carriera ecclesiastica. Ma Charles mostrava poco interesse sia per l'uno che per l'altro genere di studi, preferendo dedicarsi alle scienze naturali. Alla formulazione della teoria darwiniana concorsero diverse esperienze. Fra queste, soprattutto un viaggio che egli compì come naturalista a bordo del brigantino Beagle nel quinquennio 1831-36. Nel corso della lunga e spesso pericolosa navigazione, Darwin raccolse moltissime osservazioni che gli posero alcuni problemi riguardanti la distribuzione geografica delle specie viventi, l'origine della fauna, la parentela fra i diversi organismi. La soluzione di questi problemi gli impose un riesame della nozione generale di specie, con il rifiuto della teoria creazionistica, che in Inghilterra era largamente accolta dai naturalisti. Dopo il suo ritorno in Inghilterra, Darwin proseguì le sue ricerche sull'adattamento biologico mediante esperimenti e osservazioni nelle serre e nei giardini di casa propria, a Down House, nel Kent, dove si era ritirato per la cattiva salute. Nel 1856 iniziò a esporre la teoria sull'evoluzione in quella che sarebbe divenuta la sua opera più celebre, Sull'origine delle specie per selezione naturale, ovvero la conservazione delle razze favorite nella lotta per l'esistenza, poi pubblicata nel 1859. La prima edizione de L'origine delle specie, con una tiratura di 1250 copie, fu esaurita in un solo giorno, e anche la seconda edizione fu venduta in poco tempo. Dopo la pubblicazione, Darwin subì pesanti attacchi da parte della Chiesa anglicana e di quella cattolica. Nonostante le forti opposizioni sollevate soprattutto al di fuori della cerchia degli scienziati, la teoria finì per conquistare in pochi anni le menti più aperte e libere . Nella seconda opera fondamentale, L'origine dell'uomo e la selezione sessuale (1871) — seguita un anno dopo da L'espressione delle emozioni nell'uomo e negli animali —, Darwin sostenne la teoria secondo la quale la specie umana discende da altre specie animali. Il trasferimento del concetto di selezione naturale dal mondo animale a quello umano, e soprattutto dal piano degli organismi individuali al piano sociale, era destinato a rinfocolare le polemiche. Tuttavia, il clima culturale in quegli anni stava rapidamente cambiando. Alla sua morte, avvenuta nel 1882, Darwin ebbe gli onori nazionali dell'inumazione nell'abbazia di Westminster e nel 1885 l'arcivescovo di Canterbury, primate di Inghilterra, pronunciò pubblicamente l'elogio dello scienziato, addirittura concludendo che la teoria dell'evoluzione era compatibile con la Bibbia e poteva quindi essere accettata da ogni credente. 149